Raccolta Legislazione
Il 5 settembre 2024 a Vilnius, Lituania, è stata firmata la
Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’IA, i diritti umani, la
democrazia e lo Stato di diritto. Il Trattato rappresenta il primo accordo
internazionale giuridicamente vincolante in materia di IA e ha lo scopo di
bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei principi
fondamentali dell’ordinamento giuridico democratico.
Il Consiglio d’Europa ha adottato il 30 maggio 2024 un
pacchetto di nuove norme per il contrasto al riciclaggio di denaro e al
finanziamento del terrorismo. Esso comprende: 1) la prevenzione dell'uso del
sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo; 2) i
meccanismi che gli stati membri devono istituire per prevenire l'uso del
sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che
modifica la Direttiva (UE) n. 2019/1937, e modifica e abroga la Direttiva (UE)
n. 2015/849; 3) il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che
istituisce l'Autorità per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del
terrorismo e che modifica i Regolamenti (UE) n. 1093/2010, (UE) n. 1094/2010 e
(UE) n. 1095/2010. I testi sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale UE lo
scorso 19 giugno 2024; il Regolamento antiriciclaggio si applicherà tre anni
dopo l'entrata in vigore. Gli Stati membri avranno due anni di tempo per
recepire alcune parti della Direttiva antiriciclaggio e tre anni per recepirne
altre parti.
In data 13 giugno 2024 è entrata in vigore la Direttiva UE
14 maggio 2024, n. 2024/1385/UE sulla lotta alla violenza contro le donne e
alla violenza domestica, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione
Europea in data 24 maggio 2024, Serie L, alla quale gli Stati membri sono
tenuti ad allinearsi entro il 14 giugno 2027. La direttiva cerca di fornire un
quadro giuridico generale volto a prevenire e combattere efficacemente la
violenza contro le donne e la violenza domestica in tutta l'Unione. La
direttiva fornisce delle definizioni delle nozioni di “violenza contro le
donne” e di “violenza domestica” e individua una serie di atteggiamenti dei
quali chiede agli Stati membri la punizione come reati: mutilazioni genitali
femminili (art. 3); matrimonio forzato (art. 4); condivisione non consensuale di
materiale intimo o manipolato (art. 5); stalking online (art. 6); molestie
online (art. 7); istigazione alla violenza o all'odio online (art. 8).
Ulteriori misure concernono la protezione delle vittime e l’accesso alla
giustizia, l'assistenza alle vittime, la raccolta di dati, la prevenzione dei
reati, il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati membri.
Con l’espressione udienza
presidenziale ci si riferisce all’udienza di comparazione dei coniugi davanti
al presidente del tribunale, nella quale vengono assunti i provvedimenti
temporanei necessari per la tutela dei coniugi e dei figli.
Con la nuova legge di
bilancio, che accelera sul debutto della riforma del processo civile, i coniugi
saranno “ obbligati “ a dedurre prima dell’udienza, tutti gli elementi del loro
contrasto, prevedendo il nuovo sistema, l’eliminazione dell’udienza
presidenziale.
Questa decisione, oltre a
suscitare diverse perplessità, soprattutto per le misure concernenti le
procedure minorili, pone spontanea la domanda riguardo l’emissione della sentenza
parziale di separazione.
Durante la causa infatti
è – comunque – possibile chiedere, ed ottenere, subito nell’udienza
presidenziale una “sentenza parziale” di divorzio sullo status, che
consente di ottenere lo “stato civile libero”, e quindi di poter risposarsi,
convolando immediatamente a nuove nozze.
Il riferimento normativo
per quanto riguarda la sentenza parziale di divorzio è rappresentato dall’art.
709 bis c.p.c. che afferma “ all’udienza davanti al giudice istruttore si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo,
e del quarto al decimo. Si applicà altresì l’articolo 184. Nel caso in cui il
processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei
figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non
definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto
appello immediato che è deciso in camera di consiglio”.
La Corte di Cassazione
con il provvedimento n. 6145/2018 della VI Sezione Civile ha
precisato che la sentenza parziale di separazione, nonostante la
causa prosegua poi per l’addebito o per altre statuizioni, è
giustificata dalla presenza di una disaffezione e dal distacco spirituale di
uno dei coniugi nei confronti dell’altro che rende intollerabile la convivenza.
La pronuncia immediata sullo status consente, secondo la Corte, di
evitare condotte processuali dilatorie che possono incidere negativamente sui
diritti di una delle parti.
A detta di ciò Con la
nuova legge di bilancio, l’eliminazione dell’udienza presidenziale, inciderà
sull’emissione e il rilascio della sentenza parziale di separazione?
In tema di poteri
istruttori del giudice, l'art. 507 rappresenta una norma di cruciale
importanza, in quanto attribuisce allo stesso la facoltà di disporre, anche
d'ufficio e solo una volta terminata l'acquisizione delle prove, l'assunzione
di nuovi mezzi di prova, se risulta assolutamente necessario.
Attraverso l'attribuzione
di tali poteri istruttori è stata introdotta una deroga al principio
dispositivo sancito dall' art. 190 c.p.p, in virtù del quale il diritto alla
prova è prerogativa delle parti; deroga che si è resa necessaria al fine di
fronteggiare eventuali situazioni di incompletezza istruttoria, consentendo,
così, al giudice di giungere ad una completa rappresentazione del fatto. Tale
potere di iniziativa probatoria si giustifica quindi alla luce di un’incertezza
relativa ad una istruzione dibattimentale incompleta, che necessita di
ulteriori acquisizioni, al fine di consentire all'organo giudicante di giungere
all'emissione della sentenza in una situazione di completezza probatoria.
Affinché il giudice possa
ammettere d'ufficio nuove prove sono necessarie alcune precise condizioni:
- Innanzitutto, occorre che sia terminata
l'acquisizione delle prove richieste dalle parti, nonché la lettura degli atti
consentiti;
-
In secondo luogo, il ricorso all'art. 507
può aversi solo se l'assunzione della nuova prova risulti "assolutamente
necessaria". Tale assoluta necessità sussiste quando il mezzo di prova
risulta dagli atti del giudizio e la sua assunzione appare decisiva.
-
Infine, deve sussistere il carattere di
novità del mezzo di prova richiesto.
Con particolare attenzione al saggio grafico, questo si
configura come uno strumento di indagine fondamentale per il lavoro peritale. Il
giudice può disporre l’acquisizione del saggio grafico che deve essere
rilasciato dalla persona la cui firma o scrittura è oggetto di verifica, oppure
può essere richiesto dal perito nominato che potrà procedere in tal senso, dopo
aver ricevuto l’autorizzazione dal giudice. L’acquisizione di quest’ultimo avviene,
più specificatamente, ex art. 75 disp.att.c.p.p. che riconosce al giudice, nei
procedimenti per falsità in atti, di
disporre che l'imputato, se possibile alla presenza del perito, rilasci una
scrittura di comparazione, facendo menzione dell'eventuale rifiuto
dell'imputato stesso e di quant'altro interessi per valutare la genuinità della
scrittura.
Il rilascio di saggio grafico non può essere
equiparato alle dichiarazioni autoindizianti la cui inutilizzabilità in caso di
violazione delle prescrizioni è prevista dall’art. 63 cod. proc. pen. e,
pertanto, non è affetto da nullità il provvedimento con cui il giudice disponga
la raccolta di essi, al fine di sottoporli al perito quali scritture di comparazione
senza averne dato avviso alle parti ed in mancanza dell’intervento dei
difensori. (Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 7 marzo 2013, n. 16400).
La Legge
sull’affidamento condiviso (Legge n. 54, 8 febbraio 2006, ha introdotto il
principio della bi-genitorialità a tutela del minore, il quale ha diritto a
ricevere supporto affettivo e risorse di mantenimento da entrambi i genitori. A volte però accade che l’esercizio della
bi-genitorialità sia reso difficile dal comportamento di uno dei genitori che
non adempie ai propri obblighi o che addirittura si comporti in modo
pregiudizievole per la crescita dei figli. Il legislatore quindi ha predisposto
uno strumento per la soluzione di contrasti tra genitori in ordine
all’esercizio della responsabilità genitoriale sulla prole, che è l’art. 709
ter cpc, che interviene in tutte le questioni riguardanti l’istruzione,
l’educazione, la salute, ovvero le controversie relative alle modalità
dell’affidamento, come i diritti di visita, i tempi di permanenza o il genitore
che ostacola l’altro nel rapporto con il figlio, o ancora in tutte le questioni
relative alla decisione unilaterale del genitore collocatario di mutare il
luogo di residenza proprio e del figlio, quelle relative all’educazione dei
figli, come l’individuazione della scuola, l’scrizione del figlio al catechismo,
ecc., nonché in tutti quei casi in cui il comportamento del genitore arrechi un
pregiudizio al minore.
Il procedimento ex
art.709 ter c.p.c. può essere instaurato sia in via principale che in via
incidentale, nei giudizi di separazione o di divorzio, ovvero nei casi di
affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio. Il presupposto applicativo di
tale procedimento è rappresentato dalla presenza di un provvedimento (sentenza,
decreto di omologa o provvedimenti provvisori), relativo all’esercizio della
responsabilità genitoriale, o delle modalità di affidamento della prole minorenne.
La legge 206/2021 ha
apportato alcune modifiche all’art. 709 ter. Il nuovo testo testualmente
recita:
“Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine
all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità
dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i
procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di
residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e
adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che
comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento
delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e
può, anche congiuntamente:
1)
ammonire il genitore inadempiente;
2)
disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti
del minore;
3)
disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti
dell'altro anche individuando la somma
giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei
provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce
titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o
inosservanza ai sensi dell'articolo 614 bis;
4)
condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa
pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della
Cassa delle ammende.
I
provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi
ordinari”.
Con la riformulazione del numero 3) il legislatore ha quindi voluto prevedere la possibilità per il giudice, che intenda condannare uno dei due genitori al risarcimento dei danni a favore dell’altro, di fissare altresì la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
La riforma del diritto di famiglia (L. 26 novembre 2021, n. 206) si è
occupata anche di modificare il riparto delle competenze tra Tribunale
ordinario e Tribunale per i Minorenni, riscrivendo l'intero art. 38 disp. att.
c.c. (la norma perderà efficacia - tra il 2024 e il 2025 - entrerà a regime il
Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie).
Il nuovo testo dell'art. 38 disp. att. c.c. è il seguente:
"Sono di competenza del tribunale
per i minorenni i procedimenti previsti dagli articoli 84, 90, 250, ultimo
comma, 251, 317 bis, ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma,
del Codice Civile. Sono di competenza del tribunale ordinario i procedimenti
previsti dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del Codice Civile, anche se instaurati
su ricorso del pubblico ministero, quando è già pendente o è instaurato
successivamente, tra le stesse parti, giudizio di separazione, scioglimento o
cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli
articoli 250, quarto comma, 268, 277, secondo comma, e 316 del codice civile,
dell'articolo 710 del codice di procedura civile e dell'articolo 9 della legge
1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per i minorenni,
d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro il termine di
quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti
temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al
tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua.
I provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro
efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con
provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero della
procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, nei casi di
trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al tribunale ordinario,
provvede alla trasmissione dei propri atti al pubblico ministero della procura
della Repubblica presso il tribunale ordinario.
Il tribunale per i minorenni è competente
per il ricorso previsto dall'articolo 709 ter del codice di procedura civile
quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un
procedimento previsto dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del Codice Civile.
Nei casi in cui è già pendente o viene instaurato autonomo procedimento
previsto dall'articolo 709 ter del codice di procedura civile davanti al
tribunale ordinario, quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza
indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli
opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e
trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il
procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale
ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati,
modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni.
Sono emessi dal tribunale ordinario i
provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la
competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di
affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili,
gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.
Fermo restando quanto previsto per le
azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono
immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il
provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone
davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni".
La Riforma ha quindi riplasmato l'art. 38
disp. att. c.c. E' stata mantenuta la competenza del Tribunale per i Minorenni
per le autonome domande de potestate (artt. 330, 332, 333, 334 e 335), quelle
di autorizzazione del minore ultrasedicenne a contrarre matrimonio (art.84/90
c.c.) e a continuare nell'esercizio dell'impresa (art. 371, ultimo comma c.c.),
quelle di autorizzazione al riconoscimento del figlio incestuoso (art. 251
c.c.) e relative alle domande degli ascendenti a mantenere rapporti
significativi con i minori (art. 317 bis c.c.).
E' stata invece spostata la competenza
sull'autorizzazione al riconoscimento del figlio da parte del genitore
infrasedicenne (art. 250, ultimo comma c.c.) al Tribunale per i Minorenni; è
stata fissata la competenza del Tribunale ordinario per tutte le domande de
potestate (limitazione o decadenza dell'esercizio della responsabilità
genitoriale) in tutti i casi in cui sia pendente o risulti anche
successivamente instaurato innanzi al Tribunale ordinario un procedimento di
separazione, di divorzio, di regolamentazione dell'esercizio della
responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, o di modifica
delle condizioni di separazione o di divorzio.
La vis actractiva a
favore del Tribunale opererà anche nell’ipotesi di azione di stato esercitata prima
o dopo l’inizio del giudizio minorile, davanti al Tribunale ordinario
(riconoscimento ex art. 250 c.c., impugnazione del riconoscimento per difetto
di veridicità ex art. 263 e seguenti c.c., dichiarazione giudiziale di
paternità o maternità ex art. 269 c.c.). Non opererà invece nell’ipotesi di
azione di disconoscimento della paternità e del reclamo e della contestazione
dello stato di figlio.
È altresì di competenza
del Tribunale per i Minorenni il procedimento ex art. 709 ter c.p.c. qualora
sia già pendente o sia instaurato successivamente un procedimento de potestate
innanzi al Giudice minorile.
È previsto anche che
tutte le volte in pendono contemporaneamente innanzi al Tribunale per i Minorenni
un giudizio de potestate e, innanzi al Tribunale ordinario, un procedimento
della crisi familiare o un’azione di stato, il Giudice minorile (d’ufficio o su
istanza di parte), entro 15 giorni dalla richiesta, può adottare tutti i
provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse del minore e deve trasmettere
gli atti al Tribunale ordinario, il quale disporrà la riunione dei due
procedimenti davanti a lui.
Art. 78.(Curatore speciale).Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza,e vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato all'incapace, allapersona giuridica o all'associazione non riconosciuta un curatorespeciale che li rappresenti o assista finche' subentri colui al qualespetta la rappresentanza o l'assistenza.Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale alrappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante.((Il giudice provvede alla nomina del curatore speciale del minore,anche d'ufficio e a pena di nullità degli atti del procedimento:1) con riguardo ai casi in cui il pubblico ministero abbiachiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi igenitori, o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenzadell'altro;2) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo403 del codice civile o di affidamento del minore ai sensi degli3) nel caso in cui dai fatti emersi nel procedimento venga allaluce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precludernel'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi igenitori;4) quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiutoquattordici anni.))((In ogni caso il giudice può nominare un curatore speciale quandoi genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati arappresentare gli interessi del minore; il provvedimento di nominadel curatore deve essere succintamente motivato)).
Art. 80.(Provvedimento di nomina del curatore speciale).L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone alconciliatore o al presidente dell'ufficio giudiziario davanti alquale s'intende proporre la causa. ((Se la necessità di nominare uncuratore speciale sorge nel corso di un procedimento, anche di naturacautelare, alla nomina provvede, d'ufficio, il giudice che procede)).Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentitepossibilmente le persone interessate, provvede con decreto. Questo ècomunicato al pubblico ministero affinché' provochi, quando occorre,i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza oassistenza dell'incapace, della persona giuridica o dell'associazionenon riconosciuta.((Al curatore speciale del minore il giudice può attribuire nelprovvedimento di nomina, ovvero con provvedimento non impugnabileadottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanzasostanziale. Il curatore speciale del minore procede al suo ascolto.Il minore che abbia compiuto quattordici anni, i genitori cheesercitano la responsabilità genitoriale, il tutore o il pubblicoministero possono chiedere con istanza motivata al presidente deltribunale o al giudice che procede, che decide con decreto nonimpugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze o perchémancano o sono venuti meno i presupposti per la sua nomina)).
LEGGE
4 maggio 1983, n. 184
Disciplina
dell'adozione e dell'affidamento dei minori.
(Vigente al: 31-3-2022)
TITOLO I
((PRINCIPI GENERALI))
La Camera dei
deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
ART. 1.
1. Il minore ha
diritto di crescere ed essere educato nell'ambito
della propria famiglia.
2. Le condizioni di
indigenza dei genitori o del genitore esercente
la ((responsabilita')) genitoriale non possono essere di
ostacolo
all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia.
A tal
fine a favore della famiglia sono disposti interventi di
sostegno e
di aiuto.
3. Lo Stato, le
regioni e gli enti locali, nell'ambito delle
proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel
rispetto
della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie
disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di
prevenire
l'abbandono e di consentire al minore di essere educato
nell'ambito
della propria famiglia. Essi promuovono altresi' iniziative
di
formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e
l'adozione e di
sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare,
organizzano
corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli
operatori
sociali nonché' incontri di formazione e preparazione per le
famiglie
e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione
minori.
I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o
associazioni
senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei
minori e
delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al
presente comma.
4. Quando la famiglia
non è in grado di provvedere alla crescita e
all'eduzione del minore, si applicano gli istituti di cui
alla
presente legge.
5. Il diritto del
minore a vivere, crescere ed essere educato
nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione
di sesso,
di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto
della
identità culturale del minore e comunque non in contrasto
con i
principi fondamentali dell'ordinamento.
((TITOLO IBIS.
DELL'AFFIDAMENTO DEL MINORE))
ART. 2.
1. Il minore
temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo,
nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai
sensi
dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente
con
figli minori, o ad una persona singola, in grado di
assicurargli il
mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni
affettive di
cui egli ha bisogno.
1-bis. Gli enti
locali possono promuovere la sensibilizzazione e la
formazione di affidatari per favorire l'affidamento
familiare dei
minori stranieri non accompagnati, in via prioritaria
rispetto al
ricovero in una struttura di accoglienza.
1-ter.
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1-bis non
devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica; gli
enti locali provvedono nei limiti delle risorse disponibili
nei
propri bilanci.
2. Ove non sia
possibile l'affidamento nei termini di cui al comma
1, e' consentito l'inserimento del minore in una comunità di
tipo
familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza
pubblico o
privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino
a
quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di
provenienza.
Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può
avvenire
solo presso una comunità di tipo familiare.
3. In caso di necessità
e urgenza l'affidamento può essere
disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui
all'articolo 1, commi 2 e 3.
((3-bis. I
provvedimenti adottati ai sensi dei commi 2 e 3 devono
indicare espressamente le ragioni per le quali non si
ritiene
possibile la permanenza nel nucleo familiare originario e le
ragioni
per le quali non sia possibile procedere ad un affidamento
ad una
famiglia, fermo restando quanto disposto dall'articolo 4,
comma 3)).
4. Il ricovero in
istituto deve essere superato entro il 31
dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove
cio' non
sia possibile, mediante inserimento in comunita' di tipo
familiare
caratterizzate da organizzazione e da rapporti
interpersonali
analoghi a quelli di una famiglia.
5. Le regioni, nell'ambito
delle proprie competenze e sulla base di
criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano,
definiscono gli standard minimi dei servizi e
dell'assistenza che
devono essere forniti dalle comunita' di tipo familiare e
dagli
istituti e verificano periodicamente il rispetto dei
medesimi.
ART. 3.
1. I legali
rappresentanti delle comunita' di tipo familiare e
degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i
poteri
tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I
del titolo
X del libro primo del codice civile, fino a quando non si
provveda
alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali
l'esercizio della
((responsabilita' genitoriale)) o della tutela sia impedito.
2. Nei casi previsti
dal comma 1, entro trenta giorni
dall'accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono
proporre
istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che
prestano
anche gratuitamente la propria attivita' a favore delle
comunita' di
tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o
privati non
possono essere chiamati a tale incarico.
3. Nel caso in cui i
genitori riprendano l'esercizio della
((responsabilita' genitoriale)), le comunita' di tipo
familiare e gli
istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al
giudice
tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale
esercizio.
ART. 4.
1. L'affidamento
familiare e' disposto dal servizio sociale locale,
previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore
esercente la
responsabilita' genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il
minore che
ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di eta'
inferiore, in
considerazione della sua capacita' di discernimento. Il
giudice
tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il
provvedimento con decreto.
2. Ove manchi
l'assenso dei genitori esercenti la responsabilita'
genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i
minorenni. Si
applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
3. Nel provvedimento
di affidamento familiare devono essere
indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonche' i
tempi e i
modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario,
e le
modalita' attraverso le quali i genitori e gli altri
componenti il
nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore.
Deve
altresi' essere indicato il servizio sociale locale cui e'
attribuita
la responsabilita' del programma di assistenza, nonche' la
vigilanza
durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente
informati
il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a
seconda che si
tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il
servizio
sociale locale cui e' attribuita la responsabilita' del
programma di
assistenza, nonche' la vigilanza durante l'affidamento, deve
riferire
senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i
minorenni del
luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di
provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento
di
particolare rilevanza ed e' tenuto a presentare una
relazione
semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla
sua
presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle
condizioni di
difficolta' del nucleo familiare di provenienza.
4. Nel provvedimento
di cui al comma 3, deve inoltre essere
indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento
che deve
essere rapportabile al complesso di interventi volti al
recupero
della famiglia d'origine. Tale periodo non puo' superare la
durata di
ventiquattro mesi ed e' prorogabile, dal tribunale per i
minorenni,
qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al
minore.
5. L'affidamento
familiare cessa con provvedimento della stessa
autorita' che lo ha disposto, valutato l'interesse del
minore, quando
sia venuta meno la situazione di difficolta' temporanea
della
famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in
cui la
prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
5-bis. Qualora,
durante un prolungato periodo di affidamento, il
minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni
del capo
II del titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti
dall'articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo
adottare,
il tribunale per i minorenni, nel decidere sull'adozione,
tiene conto
dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e
duraturo
consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria.
5-ter. Qualora, a
seguito di un periodo di affidamento, il minore
faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in
affidamento ad
altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, e' comunque
tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la
continuita'
delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi
durante
l'affidamento.
5-quater. Il giudice,
ai fini delle decisioni di cui ai commi 5-bis
e 5-ter, tiene conto anche delle valutazioni documentate dei
servizi
sociali, ascoltato il minore che ha compiuto gli anni dodici
o anche
di eta' inferiore se capace di discernimento.
((5-quinquies. Nel
caso di minore rimasto privo di un ambiente
familiare idoneo a causa della morte del genitore, cagionata
volontariamente dal coniuge, anche legalmente separato o
divorziato,
dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione
civile e'
cessata, dal convivente o da persona legata al genitore
stesso, anche
in passato, da relazione affettiva, il tribunale competente,
eseguiti
i necessari accertamenti, provvede privilegiando la
continuita' delle
relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i
parenti
fino al terzo grado. Nel caso in cui vi siano fratelli o
sorelle, il
tribunale provvede assicurando, per quanto possibile, la
continuita'
affettiva tra gli stessi.
5-sexies. Su segnalazione
del tribunale competente, i servizi
sociali assicurano ai minori di cui al comma 5-quinquies un
adeguato
sostegno psicologico e l'accesso alle misure di sostegno
volte a
garantire il diritto allo studio e l'inserimento
nell'attivita'
lavorativa)).
6. Il giudice
tutelare, trascorso il periodo di durata previsto,
ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti
il
servizio sociale locale interessato ed il minore che ha
compiuto gli
anni dodici e anche il minore di eta' inferiore, in considerazione
della sua capacita' di discernimento, richiede, se
necessario, al
competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori
provvedimenti nell'interesse del minore.
7. Le disposizioni
del presente articolo si applicano, in quanto
compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una
comunita'
di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o
privato.
ART. 5.
1. L'affidatario deve
accogliere presso di se' il minore e
provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e
istruzione,
tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non
vi sia
stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice
civile,
o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite
dall'autorita'
affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni
dell'articolo 316 del codice civile. In ogni caso
l'affidatario
esercita i poteri connessi con la responsabilita'
genitoriale in
relazione agli ordinari rapporti con la istituzione
scolastica e con
le autorita' sanitarie. ((L'affidatario o l'eventuale
famiglia
collocataria devono essere convocati, a pena di nullita',
nei
procedimenti civili in materia di responsabilita'
genitoriale, di
affidamento e di adottabilita' relativi al minore affidato
ed hanno
facolta' di presentare memorie scritte nell'interesse del
minore)).
2. Il servizio
sociale, nell'ambito delle proprie competenze, su
disposizione del giudice ovvero secondo le necessita' del
caso,
svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i
rapporti
con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa
del minore
secondo le modalita' piu' idonee, avvalendosi anche delle
competenze
professionali delle altre strutture del territorio e
dell'opera delle
associazioni familiari eventualmente indicate dagli
affidatari.
3. Le norme di cui ai
commi 1 e 2 si applicano, in quanto
compatibili, nel caso di minori ospitati presso una
comunita' di tipo
familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza
pubblico
o privato".
4. Lo Stato, le
regioni e gli enti locali, nell'ambito delle
proprie competenze e nei limiti delle disponibilita'
finanziarie dei
rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di
aiuto
economico in favore della famiglia affidataria.
TITOLO II
DELL'ADOZIONE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
ART. 6.
1. L'adozione e'
consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno
tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere
avuto
luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di
fatto.
2. I coniugi devono
essere affettivamente idonei e capaci di
educare, istruire e mantenere i minori che intendano
adottare.
3. L'eta' degli
adottanti deve superare di almeno diciotto e di non
piu' di quarantacinque anni l'eta' dell'adottando.
4. Il requisito della
stabilita' del rapporto di cui al comma 1
puo' ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano
convissuto
in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un
periodo di
tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni
accerti la
continuita' e la stabilita' della convivenza, avuto riguardo
a tutte
le circostanze del caso concreto.
5. I limiti di cui al
comma 3 possono essere derogati, qualora il
tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione
derivi
un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
6. Non e' preclusa
l'adozione quando il limite massimo di eta'
degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura
non
superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di
figli
((anche)) adottivi dei quali almeno uno sia in eta' minore,
ovvero
quando l'adozione riguardi un fratello o una sorella del
minore gia'
dagli stessi adottato.
7. Ai medesimi
coniugi sono consentite piu' adozioni anche con atti
successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini
dell'adozione
l'avere gia' adottato un fratello dell'adottando o il fare
richiesta
di adottare piu' fratelli, ovvero la disponibilita'
dichiarata
all'adozione di minori che si trovino nelle condizioni
indicate
dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle
persone handicappate".
8. Nel caso di
adozione dei minori di eta' superiore a dodici anni
o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della
legge 5
febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti
locali possono
intervenire, nell'ambito delle proprie competenze e nei
limiti delle
disponibilita' finanziarie dei rispettivi bilanci, con
specifiche
misure di carattere economico, eventualmente anche mediante
misure di
sostegno alla formazione e all'inserimento sociale, fino
all'eta' di
diciotto anni degli adottati.
ART. 7.
((1. L'adozione e'
consentita a favore dei minori dichiarati in
stato di adottabilita' ai sensi degli articoli seguenti.
2. Il minore, il
quale ha compiuto gli anni quattordici, non puo'
essere adottato se non presta personalmente il proprio
consenso, che
deve essere manifestato anche quando il minore compia l'eta'
predetta
nel corso del procedimento. Il consenso dato puo' comunque
essere
revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione.
3. Se l'adottando ha
compiuto gli anni dodici deve essere
personalmente sentito; se ha un'eta' inferiore, deve essere
sentito,
in considerazione della sua capacita' di discernimento)).
CAPO II
DELLA DICHIARAZIONE DI ADOTTABILITA'
ART. 8.
1. Sono dichiarati in
stato di adottabilita' dal tribunale per i
minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di
cui sia
accertata la situazione di abbandono perche' privi di
assistenza
morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti
tenuti a
provvedervi, purche' la mancanza di assistenza non sia
dovuta a causa
di forza maggiore di carattere transitorio.
2. La situazione di
abbandono sussiste, sempre che ricorrano le
condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si
trovino presso
istituti di assistenza pubblici o privati o comunita' di
tipo
familiare ovvero siano in affidamento familiare.
3. Non sussiste causa
di forza maggiore quando i soggetti di cui al
comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi
sociali
locali ((, anche all'esito della segnalazione di cui
all'articolo
79-bis,)) e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal
giudice.
4. Il procedimento di
adottabilita' deve svolgersi fin dall'inizio
con l'assistenza legale del minore e dei genitori o degli
altri
parenti, di cui al comma 2 dell'articolo 10.
ART. 9.
1. Chiunque ha
facolta' di segnalare all'autorita' pubblica
situazioni di abbandono di minori di eta'. I pubblici
ufficiali, gli
incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un
servizio di
pubblica necessita' debbono riferire al piu' presto al
procuratore
della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del
luogo in cui
il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in
situazione di
abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio
ufficio.
2. Gli istituti di
assistenza pubblici o privati e le comunita' di
tipo familiare devono trasmettere semestralmente al
procuratore della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove
hanno
sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro con
l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della
localita' di
residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle
condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore
della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le
necessarie
informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di
dichiarare
l'adottabilita' di quelli tra i minori segnalati o collocati
presso
le comunita' di tipo familiare o gli istituti di assistenza
pubblici
o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano
in
situazioni di abbandono, specificandone i motivi.
3. Il procuratore
della Repubblica presso il tribunale per i
minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con
relazione
informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni
negli
istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al
comma 2.
Puo' procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.
4. Chiunque, non
essendo parente entro il quarto grado, accoglie
stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora
l'accoglienza
si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve,
trascorso
tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica
presso il tribunale per i minorenni. L'omissione della
segnalazione
puo' comportare l'inidoneita' ad ottenere affidamenti
familiari o
adottivi e l'incapacita' all'ufficio tutelare.
5. Nello stesso
termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve
essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi
non sia
parente entro il quarto grado il figlio minore per un
periodo non
inferiore a sei mesi. L'omissione della segnalazione puo'
comportare
la decadenza dalla ((responsabilita' genitoriale)) sul
figlio a norma
dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della
procedura di
adottabilita'.
ART. 10.
1. Il presidente del
tribunale per i minorenni o un giudice da lui
delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma
2,
provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo
allo
stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente,
all'occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli
organi di
pubblica sicurezza, piu' approfonditi accertamenti sulle
condizioni
giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha
vissuto e
vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di
abbandono.
2. All'atto
dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i
genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che
abbiano
rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il
presidente del tribunale per i minorenni li invita a
nominare un
difensore e li informa della nomina di un difensore di
ufficio per il
caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal
difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti
disposti dal
tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e
prendere
visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo
previa
autorizzazione del giudice.
3. Il tribunale puo'
disporre in ogni momento e fino
all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento
provvisorio
nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento
temporaneo
presso una famiglia o una comunita' di tipo familiare, la
sospensione
della ((responsabilita' genitoriale)) dei genitori sul
minore, la
sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la
nomina di
un tutore provvisorio.
4. In caso di urgente
necessita', i provvedimenti di cui al comma 3
possono essere adottati dal presidente del tribunale per i
minorenni
o da un giudice da lui delegato.
5. Il tribunale,
entro trenta giorni, deve confermare, modificare o
revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma
4. Il
tribunale provvede in camera di consiglio con l'intervento
del
pubblico ministero, sentite tutte le parti interessate ed
assunta
ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere sentito il
minore
che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di eta'
inferiore,
in considerazione della sua capacita' di discernimento. I
provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico
ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli
articoli
330 e seguenti del codice civile.
ART. 11.
Quando dalle indagini
previste nell'articolo precedente risultano
deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti
parenti
entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con
il
minore, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare
lo stato
di adottabilita', salvo che esistano istanze di adozione ai
sensi
dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni
decide
nell'esclusivo interesse del minore.
Nel caso in cui non
risulti l'esistenza di genitori ((...)) che
abbiano riconosciuto il minore o la cui paternita' o
maternita' sia
stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i
minorenni, senza
eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente
alla
dichiarazione dello stato di adottabilita' a meno che non vi
sia
richiesta di sospensione della procedura da parte di chi,
affermando
di essere uno dei genitori ((...)), chiede termine per
provvedere al
riconoscimento. La sospensione puo' essere disposta dal
tribunale per
un periodo massimo di due mesi sempreche' nel frattempo il
minore sia
assistito dal genitore ((...)) o dai parenti fino al quarto
grado o
in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto
con il
genitore ((...)).
Nel caso di non
riconoscibilita' per difetto di eta' del genitore,
la procedura e' rinviata anche d'ufficio sino al compimento
del
sedicesimo anno di eta' del genitore ((...)), purche'
sussistano le
condizioni menzionate nel comma precedente. Al compimento
del
sedicesimo anno, il genitore puo' chiedere ulteriore
sospensione per
altri due mesi. ((Il genitore autorizzato al riconoscimento
prima del
compimento del sedicesimo anno ai sensi dell'articolo 250,
quinto
comma, del codice civile, puo' chiedere ulteriore
sospensione per
altri due mesi dopo l'autorizzazione.))
Ove il tribunale
sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei commi
precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore
provvisorio.
Se entro detti
termini viene effettuato il riconoscimento, deve
dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono
morale e
materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato
il
riconoscimento, si provvede senza altra formalita' di
procedura alla
pronuncia dello stato di adottabilita'.
Il tribunale, in ogni
caso, anche a mezzo dei servizi locali,
informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o
comunque quello
reperibile, che si possono avvalere delle facolta' di cui al
secondo
e terzo comma.
Intervenuta la
dichiarazione di adottabilita' e l'affidamento
preadottivo, il riconoscimento e' privo di efficacia. Il
giudizio per
la dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita' e'
sospeso di
diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione
divenuta
definitiva.
ART. 12.
Quando attraverso le
indagini effettuate consta l'esistenza dei
genitori o di parenti entro il quarto grado indicati
nell'articolo
precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con
il
minore, e ne e' nota la residenza, il presidente del
tribunale per i
minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione,
entro un
congruo termine, dinanzi a se' o ad un giudice da lui delegato.
Nel caso in cui i
genitori o i parenti risiedano fuori dalla
circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la
loro
audizione puo' essere delegata al tribunale per i minorenni
del luogo
della loro residenza.
In caso di residenza
all'estero e' delegata l'autorita' consolare
competente.
Udite le
dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente
del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne
ravvisi
l'opportunita', impartisce con decreto motivato ai genitori
o ai
parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale,
il
mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore,
stabilendo al
tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi
direttamente o
avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai
quali puo'
essere affidato l'incarico di operare al fine di piu' validi
rapporti
tra il minore e la famiglia.
Il presidente o il
giudice delegato puo', altresi', chiedere al
pubblico ministero di promuovere l'azione per la
corresponsione degli
alimenti a carico di chi vi e' tenuto per legge e, al tempo
stesso,
dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ((ai sensi del
comma 3
dell'articolo 10)).
ART. 13.
Nel caso in cui i
genitori ed i parenti di cui all'articolo
precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia
conosciuta la
residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i
minorenni
provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140
e 143 del
codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite
gli organi
di pubblica sicurezza.
ART. 14.
(( 1. Il tribunale
per i minorenni puo' disporre, prima della
dichiarazione di adottabilita', la sospensione del
procedimento,
quando da particolari circostanze emerse dalle indagini
effettuate
risulta che la sospensione puo' riuscire utile nell'interesse
del
minore. In tal caso la sospensione e' disposta con ordinanza
motivata
per un periodo non superiore a un anno.
2. La sospensione e'
comunicata ai servizi sociali locali
competenti perche' adottino le iniziative opportune)).
ART. 15.
1. A conclusione
delle indagini e degli accertamenti previsti dagli
articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono
di cui
all'articolo 8, lo stato di adottabilita' del minore e'
dichiarato
dal tribunale per i minorenni quando:
a) i genitori ed i parenti
convocati ai sensi degli articoli 12 e
13 non si sono presentati senza giustificato motivo;
b) l'audizione dei
soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato
il persistere della mancanza di assistenza morale e
materiale e la
non disponibilita' ad ovviarvi;
((c) le prescrizioni
impartite ai sensi dell'articolo 12 sono
rimaste inadempiute per responsabilita' dei genitori ovvero
e'
provata l'irrecuperabilita' delle capacita' genitoriali dei
genitori
in un tempo ragionevole.))
2. La dichiarazione
dello stato di adottabilita' del minore e'
disposta dal tribunale per i minorenni in camera di
consiglio con
sentenza, sentito il pubblico ministero, nonche' il
rappresentante
dell'istituto di assistenza pubblico o privato o della
comunita' di
tipo familiare presso cui il minore e' collocato o la
persona cui
egli e' affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il
tutore, ove
esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e
anche il
minore di eta' inferiore, in considerazione della sua capacita'
di
discernimento.
3. La sentenza e'
notificata per esteso al pubblico ministero, ai
genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo
12, al
tutore, nonche' al curatore speciale ove esistano, con
contestuale
avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione
nelle
forme e nei termini di cui all'articolo 17.
ART. 16.
(( 1. Il tribunale
per i minorenni, esaurita la procedura prevista
nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano
i
presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilita'
dichiara
che non vi e' luogo a provvedere.
2. La sentenza e'
notificata per esteso al pubblico ministero, ai
genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo
12,
nonche' al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il
tribunale
per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni
nell'interesse del
minore.
3. Si applicano gli
articoli 330 e seguenti del codice civile)).
ART. 17.
(( 1. Avverso la
sentenza il pubblico ministero e le altre parti
possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello,
sezione per
i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La
Corte,
sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni
altro
opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di
consiglio e
provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro
quindici
giorni dalla pronuncia. La sentenza e' notificata d'ufficio
al
pubblico ministero e alle altre parti.
2. Avverso la
sentenza della Corte d'appello e' ammesso ricorso per
Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i
motivi di
cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell'articolo 360 del
codice
di procedura civile. Si applica altresi' il secondo comma
dello
stesso articolo.
3. L'udienza di
discussione dell'appello e del ricorso deve essere
fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi
atti
introduttivi)).
ART. 18.
(( 1. La sentenza
definitiva che dichiara lo stato di adottabilita'
e' trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i
minorenni,
su apposito registro conservato presso la cancelleria del
tribunale
stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il
decimo giorno
successivo a quello della comunicazione che la sentenza di
adottabilita' e' divenuta definitiva. A questo effetto, il
cancelliere del giudice dell'impugnazione deve inviare
immediatamente
apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i
minorenni)).
ART. 19.
Durante lo stato di
adottabilita' e' sospeso l'esercizio della
((responsabilita' genitoriale)).
Il tribunale per i
minorenni nomina un tutore, ove gia' non esista,
e adotta gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del
minore.
ART. 20.
Lo stato di
adottabilita' cessa per adozione o per il
raggiungimento della maggiore eta' da parte dell'adottando.
ART. 21.
(( 1. Lo stato di
adottabilita' cessa altresi' per revoca,
nell'interesse del minore, in quanto siano venute meno le
condizioni
di cui all'articolo 8, comma 1, successivamente alla
sentenza di cui
al comma 2 dell'articolo 15.
2. La revoca e'
pronunciata dal tribunale per i minorenni d'ufficio
o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del
tutore.
3. Il tribunale
provvede in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero.
4. Nel caso in cui
sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato
di adottabilita' non puo' essere revocato)).
CAPO III
DELL'AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
ART. 22.
(( 1. Coloro che
intendono adottare devono presentare domanda al
tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale
disponibilita' ad
adottare piu' fratelli ovvero minori che si trovino nelle
condizioni
indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio
1992, n.
104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i
diritti
delle persone handicappate. E' ammissibile la presentazione
di piu'
domande anche successive a piu' tribunali per i minorenni,
purche' in
ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali
precedentemente
aditi. I tribunali cui la domanda e' presentata possono
richiedere
copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai
medesimi
coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresi'
essere
comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla
presentazione e puo' essere rinnovata.
2. In ogni momento a
coloro che intendono adottare devono essere
fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.
3. Il tribunale per i
minorenni, accertati previamente i requisiti
di cui all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate
indagini
di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali
degli
enti locali singoli o associati, nonche' avvalendosi delle
competenti
professionalita' delle aziende sanitarie locali ed
ospedaliere, dando
precedenza nella istruttoria alle domande dirette
all'adozione di
minori di eta' superiore a cinque anni o con handicap
accertato ai
sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
4. Le indagini, che
devono essere tempestivamente avviate e
concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare
la
capacita' di educare il minore, la situazione personale ed
economica,
la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi
per i quali
questi ultimi desiderano adottare il minore. Con
provvedimento
motivato, il termine entro il quale devono concludersi le
indagini
puo' essere prorogato una sola volta e per non piu' di
centoventi
giorni.
5. Il tribunale per i
minorenni, in base alle indagini effettuate,
sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella
maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del
minore.
6. Il tribunale per i
minorenni, in camera di consiglio, sentiti il
pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove
esistano, il
minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore
di eta'
inferiore, in considerazione della sua capacita' di
discernimento,
omessa ogni altra formalita' di procedura, dispone, senza
indugio,
l'affidamento preadottivo, determinandone le modalita' con
ordinanza.
Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve
manifestare
espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.
7. Il tribunale per i
minorenni deve in ogni caso informare i
richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi
dalle
indagini. Non puo' essere disposto l'affidamento di uno solo
di piu'
fratelli, tutti in stato di adottabilita', salvo che non
sussistano
gravi ragioni. L'ordinanza e' comunicata al pubblico
ministero, ai
richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento
preadottivo
e' immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni,
annotato a cura
del cancelliere a margine della trascrizione di cui
all'articolo 18.
8. Il tribunale per i
minorenni vigila sul buon andamento
dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice
tutelare e
dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di
accertate
difficolta', convoca, anche separatamente, gli affidatari e
il
minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al
fine di
valutare le cause all'origine delle difficolta'. Ove
necessario,
dispone interventi di sostegno psicologico e sociale)).
ART. 23.
(( 1. L'affidamento
preadottivo e' revocato dal tribunale per i
minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o
del tutore
o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all'articolo
22, comma
8, quando vengano accertate difficolta' di idonea convivenza
ritenute
non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca e'
adottato dal
tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con
decreto
motivato. Debbono essere sentiti, oltre al pubblico
ministero ed al
presentatore dell'istanza di revoca, il minore che abbia
compiuto gli
anni dodici e anche il minore di eta' inferiore, in
considerazione
della sua capacita' di discernimento, gli affidatari, il
tutore e
coloro che abbiano svolto attivita' di vigilanza o di
sostegno.
2. Il decreto e'
comunicato al pubblico ministero, al presentatore
dell'istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il
decreto che
dispone la revoca dell'affidamento preadottivo e' annotato a
cura del
cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione
di cui
all'articolo 18.
3. In caso di revoca,
il tribunale per i minorenni adotta gli
opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai
sensi
dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e
seguenti
del codice civile)).
ART. 24.
Il pubblico ministero
e il tutore possono impugnare il decreto del
tribunale relativo all'affidamento preadottivo o alla sua
revoca,
entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla
sezione per
i minorenni della corte d'appello.
La corte d'appello,
sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e,
ove occorra, le persone indicate nell'articolo 23 ed
effettuati ogni
altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera
di
consiglio con decreto motivato.
CAPO IV
DELLA DICHIARAZIONE DI ADOZIONE
ART. 25.
1. Il tribunale per i
minorenni che ha dichiarato lo stato di
adottabilita', decorso un anno dall'affidamento, sentiti i
coniugi
adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il
minore
di eta' inferiore, in considerazione della sua capacita' di
discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che
abbiano
svolto attivita' di vigilanza o di sostegno, verifica che
ricorrano
tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza
altra
formalita' di procedura, provvede sull'adozione con sentenza
in
camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare
luogo
all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni
quattordici deve
manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti
della coppia
prescelta.
((1-bis. Le disposizioni
di cui al comma 1 si applicano anche
nell'ipotesi di prolungato periodo di affidamento ai sensi
dell'articolo 4, comma 5-bis)).
2. Qualora la domanda
di adozione venga proposta da coniugi che
hanno discendenti, questi, se maggiori degli anni dodici,
debbono
essere sentiti.
3. Nell'interesse del
minore il termine di cui al comma 1 puo'
essere prorogato di un anno, d'ufficio o su domanda dei
coniugi
affidatari, con ordinanza motivata.
4. Se uno dei coniugi
muore o diviene incapace durante
l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del
minore,
puo' essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro
coniuge nei
confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto,
dalla
data della morte.
5. Se nel corso
dell'affidamento preadottivo interviene separazione
tra i coniugi affidatari, l'adozione puo' essere disposta
nei
confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo
interesse del
minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.
6. La sentenza che
decide sull'adozione e' comunicata al pubblico
ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.
7. Nel caso di
provvedimento negativo viene meno l'affidamento
preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli
opportuni
provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi
dell'articolo
10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del
codice
civile.
ART. 26.
(( 1. Avverso la
sentenza che dichiara se fare luogo o non fare
luogo all'adozione, entro trenta giorni dalla notifica, puo'
essere
proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni
della
Corte d'appello da parte del pubblico ministero, dagli
adottanti e
dal tutore del minore. La Corte d'appello, sentite le parti
ed
esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia
sentenza. La
sentenza e' notificata d'ufficio alle parti per esteso.
2. Avverso la
sentenza della Corte d'appello e' ammesso ricorso per
Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni
dalla
notifica della stessa, solo per i motivi di cui al primo
comma,
numero 3, dell'articolo 360 del codice di procedura civile.
3. L'udienza di
discussione dell'appello e del ricorso per
Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal
deposito dei
rispettivi atti introduttivi.
4. La sentenza che
pronuncia l'adozione, divenuta definitiva, e'
immediatamente trascritta nel registro di cui all'articolo
18 e
comunicata all'ufficiale dello stato civile che la annota a
margine
dell'atto di nascita dell'adottato. A questo effetto, il
cancelliere
del giudice dell'impugnazione deve immediatamente dare
comunicazione
della definitivita' della sentenza al cancelliere del
tribunale per i
minorenni.
5. Gli effetti
dell'adozione si producono dal momento della
definitivita' della sentenza)).
ART. 27.
Per effetto
dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio
((nato nel matrimonio)) degli adottanti, dei quali assume e
trasmette
il cognome.
Se l'adozione e'
disposta nei confronti della moglie separata, ai
sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il
cognome della
famiglia di lei.
Con l'adozione
cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia
d'origine, salvi i divieti matrimoniali.
ART. 28.
1. Il minore adottato
e' informato di tale sua condizione ed i
genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi
ritengono
piu' opportuni.
2. Qualunque
attestazione di stato civile riferita all'adottato
deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo
cognome e
con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternita' e
alla
maternita' del minore e dell'annotazione di cui all'articolo
26,
comma 4.
3. L'ufficiale di
stato civile, l'ufficiale di anagrafe e qualsiasi
altro ente pubblico o privato, autorita' o pubblico ufficio
debbono
rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni,
estratti
o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di
adozione,
salvo autorizzazione espressa dell'autorita' giudiziaria.
Non e'
necessaria l'autorizzazione qualora la richiesta provenga
dall'ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano
impedimenti matrimoniali.
4. Le informazioni
concernenti l'identita' dei genitori biologici
possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti
la
((responsabilita' genitoriale)), su autorizzazione del
tribunale per
i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi.
Il
tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e
accompagnata da
adeguata preparazione e assistenza del minore. Le
informazioni
possono essere fornite anche al responsabile di una
struttura
ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i
presupposti
della necessita' e della urgenza e vi sia grave pericolo per
la
salute del minore.
5. L'adottato,
raggiunta l'eta' di venticinque anni, puo' accedere
a informazioni che riguardano la sua origine e l'identita'
dei propri
genitori biologici. Puo' farlo anche raggiunta la maggiore
eta', se
sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua
salute
psico-fisica. L'istanza deve essere presentata al tribunale
per i
minorenni del luogo di residenza.
6. Il tribunale per i
minorenni procede all'audizione delle persone
di cui ritenga opportuno l'ascolto; assume tutte le
informazioni di
carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che
l'accesso
alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento
all'equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita
l'istruttoria,
il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l'accesso
alle
notizie richieste.
7. L'accesso alle
informazioni non e' consentito nei confronti
della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere
essere
nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. (20)
8. Fatto salvo quanto
previsto dai commi precedenti,
l'autorizzazione non e' richiesta per l'adottato maggiore di
eta'
quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti
irreperibili.
-------------
AGGIORNAMENTO (20)
La Corte
Costituzionale, con sentenza 18 - 22 novembre 2013, n. 278
(in G.U. 1a s.s. 27/11/2013, n. 48), ha dichiarato
"l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 28, comma 7, della legge 4
maggio 1983,
n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito
dall'art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno
2003, n.
196 (Codice in materia di protezione dei dati personali),
nella parte
in cui non prevede - attraverso un procedimento, stabilito
dalla
legge, che assicuri la massima riservatezza - la
possibilita' per il
giudice di interpellare la madre - che abbia dichiarato di
non voler
essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del d.P.R. 3
novembre
2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la
semplificazione
dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo
2, comma
12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) - su richiesta del
figlio, ai
fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione".
TITOLO III
DELL'ADOZIONE INTERNAZIONALE
CAPO I
DELL'ADOZIONE DI MINORI
STRANIERI
ART. 29.
((1. L'adozione di
minori stranieri ha luogo conformemente ai
principi e secondo le direttive della Convenzione per la
tutela dei
minori e la cooperazione in materia di adozione
internazionale, fatta
a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata
"Convenzione", a
norma delle disposizioni contenute nella presente legge.))
ART. 29-bis
(( 1. Le persone
residenti in Italia, che si trovano nelle
condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono
adottare un
minore straniero residente all'estero, presentano
dichiarazione di
disponibilita' al tribunale per i minorenni del distretto in
cui
hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro
idoneita' all'adozione.
2. Nel caso di
cittadini italiani residenti in uno Stato straniero,
fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma 4, e'
competente
il tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova
il luogo
della loro ultima residenza; in mancanza, e' competente il
tribunale
per i minorenni di Roma.
3. Il tribunale per i
minorenni, se non ritiene di dover
pronunciare immediatamente decreto di inidoneita' per
manifesta
carenza dei requisiti, trasmette, entro quindici giorni
dalla
presentazione, copia della dichiarazione di disponibilita'
ai servizi
degli enti locali.
4. I servizi
socio-assistenziali degli enti locali singoli o
associati, anche avvalendosi per quanto di competenza delle
aziende
sanitarie locali e ospedaliere, svolgono le seguenti
attivita':
a) informazione
sull'adozione internazionale e sulle relative
procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di
solidarieta'
nei confronti dei minori in difficolta', anche in
collaborazione con
gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter;
b) preparazione degli
aspiranti all'adozione, anche in
collaborazione con i predetti enti;
c) acquisizione di
elementi sulla situazione personale, familiare
e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro
ambiente
sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro
attitudine
a farsi carico di un'adozione internazionale, sulla loro
capacita' di
rispondere in modo adeguato alle esigenze di piu' minori o
di uno
solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori
che essi
sarebbero in grado di accogliere, nonche' acquisizione di
ogni altro
elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per
i
minorenni della loro idoneita' all'adozione.
5. I servizi
trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito
all'attivita' svolta, una relazione completa di tutti gli
elementi
indicati al comma 4, entro i quattro mesi successivi alla
trasmissione della dichiarazione di disponibilita'.))
ART. 30.
(( 1. Il tribunale
per i minorenni, ricevuta la relazione di cui
all'articolo 29-bis, comma 5, sente gli aspiranti
all'adozione, anche
a mezzo di un giudice delegato, dispone se necessario gli
opportuni
approfondimenti e pronuncia, entro i due mesi successivi,
decreto
motivato attestante la sussistenza ovvero l'insussistenza
dei
requisiti per adottare.
2. Il decreto di
idoneita' ad adottare ha efficacia per tutta la
durata della procedura, che deve essere promossa dagli
interessati
entro un anno dalla comunicazione del provvedimento. Il
decreto
contiene anche indicazioni per favorire il migliore incontro
tra gli
aspiranti all'adozione ed il minore da adottare.
3. Il decreto e'
trasmesso immediatamente, con copia della
relazione e della documentazione esistente negli atti, alla
Commissione di cui all'articolo 38 e, se gia' indicato dagli
aspiranti all'adozione, all'ente autorizzato di cui
all'articolo
39-ter.
4. Qualora il decreto
di idoneita', previo ascolto degli
interessati, sia revocato per cause sopravvenute che
incidano in modo
rilevante sul giudizio di idoneita', il tribunale per i
minorenni
comunica immediatamente il relativo provvedimento alla
Commissione ed
all'ente autorizzato di cui al comma 3.
5. Il decreto di
idoneita' ovvero di inidoneita' e quello di revoca
sono reclamabili davanti alla corte d'appello, a termini
degli
articoli 739 e 740 del codice di procedura civile, da parte
del
pubblico ministero e degli interessati.))
ART. 31.
1. Gli aspiranti all'adozione, che abbiano ottenuto il
decreto di
idoneita', devono conferire incarico a curare la procedura
di
adozione ad uno degli enti autorizzati di cui all'articolo
39-ter.
2. Nelle situazioni
considerate dall'articolo 44, primo comma,
lettera a), il tribunale per i minorenni puo' autorizzare
gli
aspiranti adottanti, valutate le loro personalita', ad
effettuare
direttamente le attivita' previste alle lettere b), d), e),
f) ed h)
del comma 3 del presente articolo.
3. L'ente autorizzato
che ha ricevuto l'incarico di curare la
procedura di adozione:
a) informa gli
aspiranti sulle procedure che iniziera' e sulle
concrete prospettive di adozione;
b) svolge le pratiche
di adozione presso le competenti autorita'
del Paese indicato dagli aspiranti all'adozione tra quelli
con cui
esso intrattiene rapporti, trasmettendo alle stesse la
domanda di
adozione, unitamente al decreto di idoneita' ed alla
relazione ad
esso allegata, affinche' le autorita' straniere formulino le
proposte
di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da
adottare;
c) raccoglie
dall'autorita' straniera la proposta di incontro tra
gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, curando
che sia
accompagnata da tutte le informazioni di carattere sanitario
riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti la sua
famiglia di
origine e le sue esperienze di vita;
d) trasferisce tutte
le informazioni e tutte le notizie
riguardanti il minore agli aspiranti genitori adottivi,
informandoli
della proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed
il
minore da adottare e assistendoli in tutte le attivita' da
svolgere
nel Paese straniero;
e) riceve il consenso
scritto all'incontro tra gli aspiranti
all'adozione ed il minore da adottare, proposto
dall'autorita'
straniera, da parte degli aspiranti all'adozione, ne
autentica le
firme e trasmette l'atto di consenso all'autorita'
straniera,
svolgendo tutte le altre attivita' dalla stessa richieste;
l'autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti puo'
essere
effettuata anche dall'impiegato comunale delegato
all'autentica o da
un notaio o da un segretario di qualsiasi ufficio
giudiziario;
f) riceve
dall'autorita' straniera attestazione della sussistenza
delle condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e
concorda
con la stessa, qualora ne sussistano i requisiti,
l'opportunita' di
procedere all'adozione ovvero, in caso contrario, prende
atto del
mancato accordo e ne da' immediata informazione alla
Commissione di
cui all'articolo 38 comunicandone le ragioni; ove sia
richiesto dallo
Stato di origine, approva la decisione di affidare il minore
o i
minori ai futuri genitori adottivi;
g) informa
immediatamente la Commissione, il tribunale per i
minorenni e i servizi dell'ente locale della decisione di
affidamento
dell'autorita' straniera e richiede alla Commissione,
trasmettendo la
documentazione necessaria, l'autorizzazione all'ingresso e
alla
residenza permanente del minore o dei minori in Italia;
h) certifica la data
di inserimento del minore presso i coniugi
affidatari o i genitori adottivi;
i) riceve
dall'autorita' straniera copia degli atti e della
documentazione relativi al minore e li trasmette
immediatamente al
tribunale per i minorenni e alla Commissione;
l) vigila sulle
modalita' di trasferimento in Italia e si adopera
affinche' questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei
futuri
adottanti;
m) svolge in
collaborazione con i servizi dell'ente locale
attivita' di sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso
del
minore in Italia su richiesta degli adottanti;
n) ((LETTERA ABROGATA
DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151))
o) certifica,
nell'ammontare complessivo agli effetti di quanto
previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del
testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le spese sostenute dai
genitori
adottivi per l'espletamento della procedura di adozione.
ART. 32.
1. La Commissione di
cui all'articolo 38, ricevuti gli atti di cui
all'articolo 31 e valutate le conclusioni dell'ente
incaricato,
dichiara che l'adozione risponde al superiore interesse del
minore e
ne autorizza l'ingresso e la residenza permanente in Italia.
2. La dichiarazione
di cui al comma 1 non e' ammessa:
a) quando dalla
documentazione trasmessa dall'autorita' del Paese
straniero non emerge la situazione di abbandono del minore e
la
constatazione dell'impossibilita' di affidamento o di
adozione nello
Stato di origine;
b) qualora nel Paese
straniero l'adozione non determini per
l'adottato l'acquisizione dello stato di figlio ((nato nel
matrimonio)) e la cessazione dei rapporti giuridici fra il
minore e
la famiglia di origine, a meno che i genitori ((biologici))
abbiano
espressamente consentito al prodursi di tali effetti.
3. Anche quando
l'adozione pronunciata nello Stato straniero non
produce la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia
d'origine, la stessa puo' essere convertita in una adozione
che
produca tale effetto, se il tribunale per i minorenni la
riconosce
conforme alla Convenzione. Solo in caso di riconoscimento di
tale
conformita', e' ordinata la trascrizione.
4. Gli uffici
consolari italiani all'estero collaborano, per quanto
di competenza, con l'ente autorizzato per il buon esito
della
procedura di adozione. Essi, dopo aver ricevuto formale
comunicazione
da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 39, comma
1,
lettera h), rilasciano il visto di ingresso per adozione a
beneficio
del minore adottando.
ART. 33.
((1. Ai minori che
non sono muniti di visto di ingresso rilasciato
ai sensi dell'articolo 32 della presente legge e che non
sono
accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il
quarto grado
si applicano le disposizioni dell'articolo 19, comma 1-bis,
del testo
unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286)).
2. E' fatto divieto
alle autorita' consolari italiane di concedere
a minori stranieri il visto di ingresso nel territorio dello
Stato a
scopo di adozione, al di fuori delle ipotesi previste dal
presente
Capo e senza la previa autorizzazione della Commissione di
cui
all'articolo 38.
3. Coloro che hanno
accompagnato alla frontiera un minore al quale
non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a
proprie spese
al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici
di
frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione
affinche'
prenda contatto con il Paese di origine del minore per
assicurarne la
migliore collocazione nel suo superiore interesse.
4. Il divieto di cui
al comma 1 non opera nel caso in cui, per
eventi bellici, calamita' naturali o eventi eccezionali
secondo
quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998,
n. 40, o
per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia
possibile
l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e
sempre che
sussistano motivi di esclusivo interesse del minore
all'ingresso
nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera
segnalano
l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i
minorenni competente in relazione al luogo di residenza di
coloro che
lo accompagnano.
5. Qualora sia
comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel
territorio dello Stato al di fuori delle situazioni
consentite, il
pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo
segnala
al tribunale per i minorenni competente in relazione al
luogo in cui
il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno
provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede
ai sensi
dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti,
ovvero
segnala la situazione alla Commissione affinche' prenda
contatto con
il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi
dell'articolo
34.
ART. 34.
(( 1. Il minore che
ha fatto ingresso nel territorio dello Stato
sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di
affidamento
a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di
tutti i
diritti attribuiti al minore italiano in affidamento
familiare.
2. Dal momento
dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai
fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i
servizi
socio-assistenziali degli enti locali e gli enti
autorizzati, su
richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i
genitori
adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al
tribunale per
i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le
eventuali
difficolta' per gli opportuni interventi.
3. Il minore adottato
acquista la cittadinanza italiana per effetto
della trascrizione del provvedimento di adozione nei
registri dello
stato civile.))
ART. 35.
1. L'adozione
pronunciata all'estero produce nell'ordinamento
italiano gli effetti di cui all'articolo 27.
2. Qualora l'adozione
sia stata pronunciata nello Stato estero
prima dell'arrivo del minore in Italia, il tribunale
verifica che nel
provvedimento dell'autorita' che ha pronunciato l'adozione
risulti la
sussistenza delle condizioni delle adozioni internazionali
previste
dall'articolo 4 della Convenzione.
3. Il tribunale
accerta inoltre che l'adozione non sia contraria ai
principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di
famiglia
e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse
del
minore, e se sussistono la certificazione di conformita'
alla
Convenzione di cui alla lettera i) e l'autorizzazione
prevista dalla
lettera h) del comma 1 dell'articolo 39, ordina la
trascrizione del
provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.
4. Qualora l'adozione
debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore
in Italia, il tribunale per i minorenni riconosce il
provvedimento
dell'autorita' straniera come affidamento preadottivo, se
non
contrario ai principi fondamentali che regolano nello Stato
il
diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al
superiore
interesse del minore, e stabilisce la durata del predetto
affidamento
in un anno che decorre dall'inserimento del minore nella
nuova
famiglia. Decorso tale periodo, se ritiene che la sua
permanenza
nella famiglia che lo ha accolto e' tuttora conforme
all'interesse
del minore, il tribunale per i minorenni pronuncia
l'adozione e ne
dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. In
caso
contrario, anche prima che sia decorso il periodo di
affidamento
preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di cui
all'articolo
21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia
compiuto gli
anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i
provvedimenti da
assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere
personalmente
sentito; se di eta' inferiore ((deve essere sentito)) ove
cio' non
alteri il suo equilibrio psico-emotivo, tenuto conto della
valutazione dello psicologo nominato dal tribunale.
5. Competente per la
pronuncia dei provvedimenti e' il tribunale
per i minorenni del distretto in cui gli aspiranti
all'adozione hanno
la residenza nel momento dell'ingresso del minore in Italia.
6. Fatto salvo quanto
previsto nell'articolo 36, non puo' comunque
essere ordinata la trascrizione nei casi in cui:
a) il provvedimento
di adozione riguarda adottanti non in
possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana
sull'adozione;
b) non sono state
rispettate le indicazioni contenute nella
dichiarazione di idoneita';
c) non e' possibile
la conversione in adozione produttiva degli
effetti di cui all'articolo 27;
d) l'adozione o
l'affidamento stranieri non si sono realizzati
tramite le autorita' centrali e un ente autorizzato;
e) l'inserimento del
minore nella famiglia adottiva si e'
manifestato contrario al suo interesse.
ART. 36.
1. L'adozione
internazionale dei minori provenienti da Stati che
hanno ratificato la Convenzione, o che nello spirito della
Convenzione abbiano stipulato accordi bilaterali, puo'
avvenire solo
con le procedure e gli effetti previsti dalla presente
legge.
2. L'adozione o
affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un
Paese non aderente alla Convenzione ne' firmatario di
accordi
bilaterali, possono essere dichiarati efficaci in Italia a
condizione
che:
a) sia accertata la
condizione di abbandono del minore straniero
o il consenso dei genitori ((biologici)) ad una adozione che
determini per il minore adottato l'acquisizione dello stato
di figlio
((nato nel matrimonio)) degli adottanti e la cessazione dei
rapporti
giuridici fra il minore e la famiglia d'origine;
b) gli adottanti
abbiano ottenuto il decreto di idoneita'
previsto dall'articolo 30 e le procedure adottive siano
state
effettuate con l'intervento della Commissione di cui
all'articolo 38
e di un ente autorizzato;
c) siano state
rispettate le indicazioni contenute nel decreto di
idoneita';
d) sia stata concessa
l'autorizzazione prevista dall'articolo 39,
comma 1, lettera h).
3. Il relativo
provvedimento e' assunto dal tribunale per i
minorenni che ha emesso il decreto di idoneita'
all'adozione. Di tale
provvedimento e' data comunicazione alla Commissione, che provvede
a
quanto disposto dall'articolo 39, comma 1, lettera e).
4. L'adozione
pronunciata dalla competente autorita' di un Paese
straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al
momento
della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello
stesso e
di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene
riconosciuta
ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale
per i
minorenni, purche' conforme ai principi della Convenzione.
ART. 37.
1. Successivamente
all'adozione, la Commissione di cui all'articolo
38 puo' comunicare ai genitori adottivi, eventualmente
tramite il
tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno
rilevanza
per lo stato di salute dell'adottato.
2. Il tribunale per i
minorenni che ha emesso i provvedimenti
indicati dagli articoli 35 e 36 e la Commissione conservano
le
informazioni acquisite sull'origine del minore,
sull'identita' dei
suoi genitori ((biologici)) e sull'anamnesi sanitaria del
minore e
della sua famiglia di origine.
3. Per quanto concerne
l'accesso alle altre informazioni valgono le
disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani.
ART. 37-bis
(( 1. Al minore
straniero che si trova nello Stato in situazione di
abbandono si applica la legge italiana in materia di
adozione, di
affidamento e di provvedimenti necessari in caso di
urgenza.))
ART. 38
1. Ai fini indicati
dall'articolo 6 della Convenzione e' costituita
presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la
Commissione per le
adozioni internazionali.
2. ((COMMA ABROGATO
DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233)). ((19))
3. ((COMMA ABROGATO
DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233)). ((19))
4. ((COMMA ABROGATO
DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233)). ((19))
5. La Commissione si
avvale di personale dei ruoli della Presidenza
del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni
pubbliche.
---------------
AGGIORNAMENTO (19)
- Il D.L. 18 maggio
2006, n. 181, convertito con modificazioni
dalla L. 17 luglio 2006, n. 233, ha disposto (con l'art. 1,
comma
19-quinquies) l'abrogazione dei commi 2, 3 e 4 del presente
articolo
a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento
previsto
dall'art. 1, comma 19-quinquies del D.L. medesimo.
- Il regolamento di
cui all'art. 1, comma 19-quinquies del D.L. 18
maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla L.
17 luglio
2006, n. 233, e' stato emanato con D.P.R. 8 giugno 2007, n.
108,
pubblicato in G.U. 25/07/2007, n. 171.
ART. 39
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181,
CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233))
((19))
---------------
AGGIORNAMENTO (19)
- Il D.L. 18 maggio
2006, n. 181, convertito con modificazioni
dalla L. 17 luglio 2006, n. 233, ha disposto (con l'art. 1,
comma
19-quinquies) l'abrogazione del presente articolo a
decorrere dalla
data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'art.
1, comma
19-quinquies del D.L. medesimo.
- Il regolamento di
cui all'art. 1, comma 19-quinquies del D.L. 18
maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla L.
17 luglio
2006, n. 233, e' stato emanato con D.P.R. 8 giugno 2007, n.
108,
pubblicato in G.U. 25/07/2007, n. 171.
ART. 39-bis
(( 1. Le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano
nell'ambito delle loro competenze:
a) concorrono a
sviluppare una rete di servizi in grado di
svolgere i compiti previsti dalla presente legge;
b) vigilano sul
funzionamento delle strutture e dei servizi che
operano nel territorio per l'adozione internazionale, al
fine di
garantire livelli adeguati di intervento;
c) promuovono la
definizione di protocolli operativi e
convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonche' forme
stabili di
collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari
minorili.
2. Le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano possono
istituire un servizio per l'adozione internazionale che sia
in
possesso dei requisiti di cui all'articolo 39-ter e svolga
per le
coppie che lo richiedano al momento della presentazione
della domanda
di adozione internazionale le attivita' di cui all'articolo
31, comma
3.
3. I servizi per
l'adozione internazionale di cui al comma 2 sono
istituiti e disciplinati con legge regionale o provinciale
in
attuazione dei principi di cui alla presente legge. Alle
regioni e
alle province autonome di Trento e di Bolzano sono delegate le
funzioni amministrative relative ai servizi per l'adozione
internazionale.))
ART. 39-ter
(( 1. Al fine di
ottenere l'autorizzazione prevista dall'articolo
39, comma 1, lettera c), e per conservarla, gli enti debbono
essere
in possesso dei seguenti requisiti:
a) essere diretti e
composti da persone con adeguata formazione e
competenza nel campo dell'adozione internazionale, e con
idonee
qualita' morali;
b) avvalersi
dell'apporto di professionisti in campo sociale,
giuridico e psicologico, iscritti al relativo albo
professionale, che
abbiano la capacita' di sostenere i coniugi prima, durante e
dopo
l'adozione;
c) disporre di
un'adeguata struttura organizzativa in almeno una
regione o in una provincia autonoma in Italia e delle
necessarie
strutture personali per operare nei Paesi stranieri in cui
intendono
agire;
d) non avere fini di
lucro, assicurare una gestione contabile
assolutamente trasparente, anche sui costi necessari per
l'espletamento della procedura, ed una metodologia operativa
corretta
e verificabile;
e) non avere e non
operare pregiudiziali discriminazioni nei
confronti delle persone che aspirano all'adozione, ivi
comprese le
discriminazioni di tipo ideologico e religioso;
f) impegnarsi a
partecipare ad attivita' di promozione dei
diritti dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di
cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le
organizzazioni non governative, e di attuazione del
principio di
sussidiarieta' dell'adozione internazionale nei Paesi di
provenienza
dei minori;
g) avere sede legale
nel territorio nazionale.))
ART. 39-quater
((ARTICOLO ABROGATO
DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N.151))
CAPO II
DELL'ESPATRIO DI MINORI A SCOPO
DI ADOZIONE
ART. 40.
I residenti
all'estero, stranieri o cittadini italiani, che
intendono adottare un cittadino italiano minore di eta',
devono
presentare domanda al console italiano competente per
territorio, che
la inoltra al tribunale per i minorenni del distretto dove
si trova
il luogo di dimora del minore, ovvero il luogo del suo ultimo
domicilio; in mancanza di dimora o di precedente domicilio
nello
Stato, e' competente il tribunale per i minorenni di Roma.
((Agli stranieri
stabilmente residenti in Paesi che hanno
ratificato la Convenzione, in luogo della procedura
disciplinata dal
primo comma si applicano le procedure stabilite nella
Convenzione per
quanto riguarda l'intervento ed i compiti delle autorita'
centrali e
degli enti autorizzati. Per il resto si applicano le
disposizioni
della presente legge)).
ART. 41.
Il console del luogo
ove risiedono gli adottanti vigila sul buon
andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi, ove lo
ritenga
opportuno, dell'ausilio di idonee organizzazioni
assistenziali
italiane o straniere.
Qualora insorgano
difficolta' di ambientamento del minore nella
famiglia dei coniugi affidatari o si verifichino, comunque,
fatti
incompatibili con l'affidamento preadottivo, il console deve
immediatamente darne notizia scritta al tribunale per i
minorenni che
ha pronunciato l'affidamento.
Il console del luogo
ove risiede il minore vigila per quanto di
propria competenza perche' i provvedimenti dell'autorita'
italiana
relativi al minore abbiano esecuzione e se del caso provvede
al
rimpatrio del minore.
((Nel caso di
adozione di minore stabilmente residente in Italia da
parte di cittadini stranieri residenti stabilmente in Paesi
che hanno
ratificato la Convenzione, le funzioni attribuite al console
dal
presente articolo sono svolte dall'autorita' centrale straniera
e
dall'ente autorizzato)).
ART. 42.
Qualora sia in corso
nel territorio dello Stato un procedimento di
adozione di un minore affidato a stranieri, o a cittadini
italiani
residenti all'estero, non puo' essere reso esecutivo un
provvedimento
di adozione dello stesso minore pronunciato da autorita'
straniera.
ART. 43.
Le disposizioni ((di
cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 9)) si
applicano anche ai cittadini italiani residenti all'estero.
Per quanto riguarda
lo svolgimento delle funzioni consolari, si
applicano, in quanto compatibili, gli articoli 34, 35 e 36
del
decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.
200.
Competente ad
accertare la situazione di abbandono del cittadino
minore di eta' che si trovi all'estero e a disporre i conseguenti
provvedimenti temporanei nel suo interesse ai sensi
dell'articolo 10,
compreso se del caso il rimpatrio, e' il tribunale per i
minorenni
del distretto ove si trova il luogo di ultimo domicilio del
minore;
in mancanza di precedente domicilio nello Stato e'
competente il
tribunale per i minorenni di Roma.
TITOLO IV
DELL'ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI
CAPO I
DELL'ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI
E DEI SUOI EFFETTI
ART. 44.
1. I minori possono
essere adottati anche quando non ricorrono le
condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:
a) da persone unite
al minore da vincolo di parentela fino al
sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo,
((anche
maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento,))
quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel
caso in cui il minore sia figlio anche
adottivo dell'altro coniuge;
c) quando il minore
si trovi nelle condizioni indicate
dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n.
104, e sia
orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la
constatata impossibilita' di affidamento
preadottivo.
2. L'adozione, nei
casi indicati nel comma 1, e' consentita anche
in presenza di figli.
3. Nei casi di cui
alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione
e' consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non e'
coniugato. Se
l'adottante e' persona coniugata e non separata, l'adozione
puo'
essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da
parte di
entrambi i coniugi.
4. Nei casi di cui
alle lettere a) e d) del comma 1 l'eta'
dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella
di coloro
che egli intende adottare.
ART. 45.
(( 1. Nel
procedimento di adozione nei casi previsti dall'articolo
44 si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando
che abbia
compiuto il quattordicesimo anno di eta'.
2. Se l'adottando ha
compiuto gli anni dodici deve essere
personalmente sentito; se ha una eta' inferiore, deve essere
sentito,
in considerazione della sua capacita' di discernimento.
3. In ogni caso, se
l'adottando non ha compiuto gli anni
quattordici, l'adozione deve essere disposta dopo che sia
stato
sentito il suo legale rappresentante.
4. Quando l'adozione
deve essere disposta nel caso previsto
dall'articolo 44, comma 1, lettera c), deve essere sentito
il legale
rappresentante dell'adottando in luogo di questi, se lo
stesso non
puo' esserlo o non puo' prestare il proprio consenso ai
sensi del
presente articolo a causa delle sue condizioni di
minorazione)).
ART. 46.
Per l'adozione e'
necessario l'assenso dei genitori e del coniuge
dell'adottando.
Quando e' negato
l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale,
sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, puo',
ove ritenga
il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse
dell'adottando,
pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che l'assenso sia
stato
rifiutato dai genitori esercenti la ((responsabilita'
genitoriale)) o
dal coniuge, se convivente, dell'adottando. Parimenti il
tribunale
puo' pronunciare l'adozione quando e' impossibile ottenere
l'assenso
per incapacita' o irreperibilita' delle persone chiamate ad
esprimerlo.
ART. 47.
(( 1. L'adozione
produce i suoi effetti dalla data della sentenza
che la pronuncia. Finche' la sentenza non e' emanata, tanto
l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro
consenso.
2. Se uno dei coniugi
muore dopo la prestazione del consenso e
prima della emanazione della sentenza, si puo' procedere, su
istanza
dell'altro coniuge, al compimento degli atti necessari per
l'adozione.
3. Se l'adozione e'
ammessa, essa produce i suoi effetti dal
momento della morte dell'adottante)).
ART. 48.
Se il minore e'
adottato da due coniugi, o dal coniuge di uno dei
genitori, la ((responsabilita' genitoriale)) sull'adottato
ed il
relativo esercizio spettano ad entrambi.
L'adottante ha
l'obbligo di mantenere l'adottato, di istruirlo ed
educarlo conformemente a quanto prescritto dall'articolo 147
del
codice civile.
Se l'adottato ha beni
propri, l'amministrazione di essi, durante la
minore eta' dell'adottato stesso, spetta all'adottante, il
quale non
ne ha l'usufrutto legale, ma puo' impiegarne le rendite per
le spese
di mantenimento, istruzione ed educazione del minore con
l'obbligo di
investirne l'eccedenza in modo fruttifero. Si applicano le
disposizioni dell'articolo 382 del codice civile.
ART. 49.
(( 1. L'adottante
deve fare l'inventario dei beni dell'adottato e
trasmetterlo al giudice tutelare entro trenta giorni dalla
data della
comunicazione della sentenza di adozione. Si osservano, in
quanto
applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del
capo I
del titolo X del libro primo del codice civile.
2. L'adottante che
omette di fare l'inventario nel termine
stabilito o fa un inventario infedele puo' essere privato
dell'amministrazione dei beni dal giudice tutelare, salvo
l'obbligo
del risarcimento dei danni)).
ART. 50.
Se cessa l'esercizio
da parte dell'adottante o degli adottanti
della ((responsabilita' genitoriale)), il tribunale per i
minorenni
su istanza dell'adottato, dei suoi parenti o affini o del
pubblico
ministero, o anche d'ufficio, puo' emettere i provvedimenti
opportuni
circa la cura della persona dell'adottato, la sua
rappresentanza e
l'amministrazione dei suoi beni, anche se ritiene
conveniente che
l'esercizio della ((responsabilita' genitoriale)) sia
ripreso dai
genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e
seguenti
del codice civile.
ART. 51.
La revoca
dell'adozione puo' essere pronunciata dal tribunale su
domanda dell'adottante, quando l'adottato maggiore di
quattordici
anni abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei
suoi
discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso
di loro
di delitto punibile con pena restrittiva della liberta'
personale non
inferiore nel minimo a tre anni.
Se l'adottante muore
in conseguenza dell'attentato, la revoca
dell'adozione puo' essere chiesta da coloro ai quali si
devolverebbe
l'eredita' in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.
Il tribunale, assunte
informazioni ed effettuato ogni opportuno
accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero,
l'adottante e
l'adottato, pronuncia la sentenza.
Il tribunale, sentito
il pubblico ministero ed il minore, puo'
emettere altresi' i provvedimenti opportuni con decreto in
camera di
consiglio circa la cura della persona del minore, la
rappresentanza e
l'amministrazione dei beni.
Si applicano gli
articoli 330 e seguenti del codice civile.
Nei casi in cui siano
adottati i provvedimenti di cui al quarto
comma, il tribunale li segnala al giudice tutelare ai fini
della
nomina di un tutore.
ART. 52.
Quando i fatti
previsti nell'articolo precedente sono stati
compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il
coniuge o
i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca puo' essere
pronunciata su domanda dell'adottato o su istanza del
pubblico
ministero.
Il tribunale, assunte
informazioni ed effettuato ogni opportuno
accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero,
l'adottante e
l'adottato che abbia compiuto gli anni dodici e anche di
eta'
inferiore, in considerazione della sua capacita' di
discernimento,
pronuncia sentenza.
Inoltre il tribunale,
sentiti il pubblico ministero ed il minore
che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di
eta'
inferiore, puo' dare provvedimenti opportuni con decreto in
camera di
consiglio circa la cura della persona del minore, la sua
rappresentanza e l'amministrazione dei beni, anche se
ritiene
conveniente che l'esercizio della ((responsabilita'
genitoriale)) sia
ripreso dai genitori.
Si applicano gli
articoli 330 e seguenti del codice civile.
Nei casi in cui siano
adottati i provvedimenti di cui al terzo
comma il tribunale li segnala al giudice tutelare al fine
della
nomina di un tutore.
ART. 53.
La revoca
dell'adozione puo' essere promossa dal pubblico ministero
in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli
adottanti.
Si applicano le disposizioni
di cui ai precedenti articoli.
ART. 54.
Gli effetti
dell'adozione cessano quando passa in giudicato la
sentenza di revoca.
Se tuttavia la revoca
e' pronunziata dopo la morte dell'adottante
per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti
sono esclusi dalla successione dell'adottante.
ART. 55.
Si applicano al
presente capo le disposizioni degli articoli 293,
294, 295, 299, 300 e 304 del codice civile.
CAPO II
DELLE FORME DELL'ADOZIONE
IN CASI PARTICOLARI
ART. 56.
Competente a
pronunciarsi sull'adozione e' il tribunale per i
minorenni del distretto dove si trova il minore.
Il consenso
dell'adottante e dell'adottando che ha compiuto i
quattordici anni e del legale rappresentante dell'adottando
deve
essere manifestato personalmente al presidente del tribunale
o ad un
giudice da lui delegato.((3))
L'assenso delle
persone indicate nell'articolo 46 puo' essere dato
da persona munita di procura speciale rilasciata per atto
pubblico o
per scrittura privata autenticata.
Si applicano gli
articoli 313 e 314 del codice civile, ferma
restando la competenza del tribunale per i minorenni e della
sezione
per i minorenni della corte di appello.
---------------
AGGIORNAMENTO (3)
La Corte
Costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n. 182
(in G.U. 1a s.s. 24/2/1988, n. 8) ha dichiarato "la
illegittimita'
costituzionale degli artt. 45, secondo comma, e 56, secondo
comma"
nella parte in cui e' previsto il consenso anziche'
l'audizione del
legale rappresentante del minore."
ART. 57.
Il tribunale
verifica:
1) se ricorrono le
circostanze di cui all'articolo 44;
2) se l'adozione
realizza il preminente interesse del minore.
A tal fine il
tribunale per i minorenni, sentiti i genitori
dell'adottando, dispone l'esecuzione di adeguate indagini da
effettuarsi, tramite i servizi locali e gli organi di
pubblica
sicurezza, sull'adottante, sul minore e sulla di lui
famiglia.
L'indagine dovra'
riguardare in particolare:
((a) l'idoneita'
affettiva e la capacita' di educare e istruire
il minore, la situazione personale ed economica, la salute,
l'ambiente familiare degli adottanti;))
b) i motivi per i
quali l'adottante desidera adottare il minore;
c) la personalita'
del minore;
d) la possibilita' di
idonea convivenza, tenendo conto della
personalita' dell'adottante e del minore.
TITOLO V
MODIFICHE AL TITOLO VIII
DEL LIBRO I DEL CODICE CIVILE
ART. 58.
L'intitolazione del
titolo VIII del libro I del codice civile e'
sostituita dalla seguente: "Dell'adozione di persone
maggiori di
eta'".
ART. 59.
L'intitolazione del
capo I del titolo VIII del libro I del codice
civile e' sostituita dalla seguente: "Dell'adozione di
persone
maggiori di eta' e dei suoi effetti".
ART. 60.
Le disposizioni di
cui al capo I del titolo VIII del libro I del
codice civile non si applicano alle persone minori di eta'.
ART. 61.
L'articolo 299 del
codice civile e' sostituito dal seguente:
"ART. 299. -
Cognome dell'adottato. - L'adottato assume il cognome
dell'adottante e lo antepone al proprio.
L'adottato che sia
figlio naturale non riconosciuto dai propri
genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il
riconoscimento
successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il
cognome del
genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia
successivamente revocata.
Il figlio naturale
che sia stato riconosciuto dai propri genitori e
sia successivamente adottato, assume il cognome
dell'adottante.
Se l'adozione e'
compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome
del marito.
Se l'adozione e'
compiuta da una donna maritata, l'adottato, che
non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia
di lei".
ART. 62.
L'articolo 307 del
codice civile e' sostituito dal seguente:
"ART. 307. -
Revoca per indegnita' dell'adottante. - Quando i fatti
previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti
dall'adottante
contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti
o gli
ascendenti di lui, la revoca puo' essere pronunciata su
domanda
dell'adottato".
ART. 63.
L'intitolazione del
capo II del titolo VIII del libro I del codice
civile e' sostituita dalla seguente: "Delle forme
dell'adozione di
persone di maggiore eta'".
ART. 64.
L'articolo 312 del
codice civile e' sostituito dal seguente:
"ART. 312. -
Accertamenti del tribunale. - Il tribunale, assunte le
opportune informazioni, verifica:
1) se tutte le
condizioni della legge sono state adempiute;
2) se l'adozione
conviene all'adottando".
ART. 65.
L'articolo 313 del
codice civile e' sostituito dal seguente:
"ART. 313. -
Provvedimento del tribunale. - Il tribunale, in camera
di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni
altra
formalita' di procedura, provvede con decreto motivato
decidendo di
far luogo o non far luogo alla adozione.
L'adottante, il
pubblico ministero, l'adottando, entro trenta
giorni dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del
tribunale con reclamo alla corte di appello, che decide in
camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero".
ART. 66.
I primi due commi
dell'articolo 314 del codice civile sono
sostituiti dai seguenti:
"Il decreto che
pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, e'
trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente,
entro il
decimo giorno successivo a quello della relativa
comunicazione, da
effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte
del
cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito
registro e
comunicato all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a
margine
dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura di cui
al comma precedente deve essere altresi'
trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione,
passata
in giudicato".
ART. 67.
Sono abrogati: il
secondo e il terzo comma dell'articolo 293, il
secondo e il terzo comma dell'articolo 296, gli articoli
301, 302,
303, 308 e 310 del codice civile.
E' abrogato altresi'
il capo III del titolo VIII del libro I del
codice civile.
TITOLO VI
NORME FINALI, PENALI
E TRANSITORIE
ART. 68.
Il primo comma
dell'articolo 38 delle disposizioni di attuazione
del codice civile e' sostituito dal seguente:
"Sono di
competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati dagli articoli 84, 90, 171, 194, secondo comma,
250, 252,
262, 264, 316, 317-bis, 330, 332, 333, 334, 335 e 371,
ultimo comma,
nonche' nel caso di minori dall'articolo 269, primo comma,
del codice
civile".
ART. 69.
In aggiunta a quanto
disposto nell'articolo 51 delle disposizioni
di attuazione del codice civile, nel registro delle tutele
devono
essere annotati i provvedimenti emanati dal tribunale per i
minorenni
ai sensi dell'articolo 10 della presente legge.
ART. 70.
(( 1. I pubblici
ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio
che omettono di riferire alla procura della Repubblica
presso il
tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in
situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in
ragione del
proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell'articolo 328 del
codice
penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessita'
sono puniti
con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa
da lire
500.000 a lire 2.500.000.
2. I rappresentanti
degli istituti di assistenza pubblici o privati
che omettono di trasmettere semestralmente alla procura
della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni l'elenco di
tutti i
minori ricoverati o assistiti, ovvero forniscono
informazioni
inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi,
sono
puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la
multa da
lire 500.000 a lire 5.000.000)).
ART. 71.
Chiunque, in
violazione delle norme di legge in materia di
adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore,
ovvero
lo avvia all'estero perche' sia definitivamente affidato, e'
punito
con la reclusione da uno a tre anni.
Se il fatto e'
commesso dal tutore ovvero da altra persona cui il
minore e' affidato per ragioni di educazione, di istruzione,
di
vigilanza e di custodia, la pena e' aumentata della meta'.
Se il fatto e'
commesso dal genitore la condanna comporta la
perdita della relativa ((responsabilita' genitoriale)) e
l'apertura
della procedura di adottabilita'; se e' commesso dal tutore
consegue
la rimozione dall'ufficio; se e' commesso dalla persona cui
il minore
e' affidato consegue la inidoneita' ad ottenere affidamenti
familiari
o adottivi e l'incapacita' all'ufficio tutelare.
Se il fatto e'
commesso da pubblici ufficiali, da incaricati di un
pubblico servizio, da esercenti la professione sanitaria o
forense,
da appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati
nei casi
di cui all'articolo 61, numeri 9 e 11, del codice penale, la
pena e'
raddoppiata.
La pena stabilita nel
primo comma del presente articolo si applica
anche a coloro che, consegnando o promettendo denaro od
altra
utilita' a terzi, accolgono minori in illecito affidamento
con
carattere di definitivita'. La condanna comporta la
inidoneita' ad
ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacita'
all'ufficio
tutelare.
Chiunque svolga opera
di mediazione al fine di realizzare
l'affidamento di cui al primo comma e' punito con la
reclusione fino
ad un anno o con multa da lire 500.000 a lire 5.000.000.
ART. 72.
Chiunque, per
procurarsi danaro o altra utilita', in violazione
delle disposizioni della presente legge, introduce nello
Stato uno
straniero minore di eta' perche' sia definitivamente
affidato a
cittadini italiani e' punito con la reclusione da uno a tre
anni.
La pena stabilita nel
precedente comma si applica anche a coloro
che, consegnando o promettendo danaro o altra utilita' a
terzi,
accolgono stranieri minori di eta' in illecito affidamento
con
carattere di definitivita'. La condanna comporta
l'inidoneita' a
ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacita'
all'ufficio
tutelare.
ART. 72-bis
(( 1. Chiunque svolga
per conto di terzi pratiche inerenti
all'adozione di minori stranieri senza avere previamente
ottenuto
l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera
c), e'
punito con la pena della reclusione fino a un anno o con la
multa da
uno a dieci milioni di lire.
2. La pena e' della
reclusione da sei mesi a tre anni e della multa
da due a sei milioni di lire per i legali rappresentanti ed
i
responsabili di associazioni o di agenzie che trattano le
pratiche di
cui al comma 1.
3. Fatti salvi i casi
previsti dall'articolo 36, comma 4, coloro
che, per l'adozione di minori stranieri, si avvalgono
dell'opera di
associazioni, organizzazioni, enti o persone non autorizzati
nelle
forme di legge sono puniti con le pene di cui al comma 1
diminuite di
un terzo)).
ART. 73.
Chiunque essendone a
conoscenza in ragione del proprio ufficio
fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei
cui
confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in
qualsiasi modo
notizie circa lo stato di figlio ((adottivo)) e' punito con
la
reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire 200.000 a
lire
2.000.000.
Se il fatto e'
commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato
di pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da
sei mesi
a tre anni.
Le disposizioni di
cui ai commi precedenti si applicano anche a chi
fornisce tali notizie successivamente all'affidamento
preadottivo e
senza l'autorizzazione del tribunale per i minorenni.
ART. 74.
Gli ufficiali di
stato civile trasmettono immediatamente al
competente tribunale per i minorenni comunicazione,
sottoscritta dal
dichiarante, dell'avvenuto riconoscimento da parte di
persona
coniugata di un figlio ((nato fuori del matrimonio)) non
riconosciuto
dall'altro genitore.
Il tribunale dispone l'esecuzione di opportune indagini per
accertare
la veridicita' del riconoscimento.
Nel caso in cui vi
siano fondati motivi per ritenere che ricorrano
gli estremi dell'impugnazione del riconoscimento il
tribunale per i
minorenni assume, anche d'ufficio, i provvedimenti di cui
all'articolo 264, secondo comma, del codice civile.
ART. 75.
((ARTICOLO ABROGATO
DAL D.P.R. 30 MAGGIO 2002, N. 115))
ART. 76.
Alle procedure
relative all'adozione di minori stranieri in corso o
gia' definite al momento di entrata in vigore della presente
legge
continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data
medesima.((2))
------------
AGGIORNAMENTO (2)
La Corte Costituzionale, con sentenza 1-18 luglio 1986, n.
199 ( in
G.U. 1a s.s. 25/7/1986, n. 36) dichiara la illegittimita'
costituzionale dell'art. 76 " nella parte in cui
preclude
l'applicazione dell'art. 37 alle procedure gia' iniziate nei
confronti di minore straniero in stato di abbandono in
Italia."
ART. 77.
Gli articoli da 404 a
413 del codice civile sono abrogati. Per le
affiliazioni gia' pronunciate alla data di entrata in vigore
della
presente legge si applicano i divieti e le autorizzazioni di
cui
all'articolo 87 del codice civile.
ART. 78.
Il quarto comma
dell'articolo 87 del codice civile e' sostituito
dal seguente:
"Il tribunale,
su ricorso degli interessati, con decreto emesso in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, puo'
autorizzare
il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se
si tratti
di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione
puo'
essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4,
quando
l'affinita' deriva da matrimonio dichiarato nullo".
ART. 79.
Entro tre anni
dall'entrata in vigore della presente legge i
coniugi che risultino forniti dei requisiti di cui
all'articolo 6
possono chiedere al tribunale per i minorenni di dichiarare,
sempreche' il provvedimento risponda agli interessi
dell'adottato e
dell'affiliato, con decreto motivato, l'estensione degli
effetti
della adozione nei confronti degli affiliati o adottati ai
sensi
dell'articolo 291 del codice civile, precedentemente in
vigore, se
minorenni all'epoca del relativo provvedimento. (1)(4)
Il tribunale dispone
l'esecuzione delle opportune indagini di cui
all'articolo 57, sugli adottanti e sull'adottato o
affiliato.
Gli adottati o
affiliati che abbiano compiuto gli anni dodici e ((,
in considerazione della loro capacita' di discernimento,))
anche i
minori di eta' inferiore devono essere sentiti; se hanno
compiuto gli
anni quattordici devono prestare il consenso.
Il coniuge
dell'adottato o affiliato, se convivente e non
legalmente separato, deve prestare l'assenso.
I discendenti degli
adottanti o affilianti che hanno superato gli
anni quattordici devono essere sentiti.
Se gli adottati o
affiliati sono figli legittimi o riconosciuti e'
necessario l'assenso dei genitori. Nel caso di
irreperibilita' o di
rifiuto non motivato, su ricorso degli adottanti o
affilianti,
sentiti il pubblico ministero, i genitori dell'adottato o
affiliato e
quest'ultimo, se ha compiuto gli anni dodici, decide il
tribunale con
sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene
luogo
dell'assenso mancante.
Al decreto relativo
all'estensione degli effetti dell'adozione si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 25, 27 e 28,
in quanto
compatibili.
Il decreto del tribunale
per i minorenni che nega l'estensione
degli effetti dell'adozione puo' essere impugnato anche
dall'adottato
o affiliato se maggiorenne.
------------
AGGIORNAMENTO (1)
La Corte
Costituzionale, con sentenza 1-18 luglio 1986, n. 198 (in
G.U. 1a s.s. 25/7/1986, n. 36) ha dichiarato "la
illegittimita'
costituzionale dell'art. 79, primo comma" nella ipotesi
di coniugi
non piu' uniti in matrimonio alla data della presentazione
della
domanda di estensione degli effetti dell'adozione, non
consente di
pronunziare l'estensione stessa nei confronti degli adottati
ai sensi
dell'art. 291 del codice civile, precedentemente in
vigore."
-------------
AGGIORNAMENTO (4)
La Corte
Costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n.183
(in G.U. 1a s.s. 24/2/1988, n. 8) ha dichiarato "la
illegittimita'
costituzionale dell'art. 79, primo comma" nella parte
in cui non
consente l'estensione degli effetti dell'adozione
legittimante nei
confronti dei minori adottati con adozione ordinaria quando
la
differenza di eta' tra adottanti ed adottato superi i 40
anni."
ART. 79-bis.
((1. Il giudice
segnala ai comuni le situazioni di indigenza di
nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per
consentire
al minore di essere educato nell'ambito della propria
famiglia.))
ART. 80.
(( 1. Il giudice, se
del caso ed anche in relazione alla durata
dell'affidamento, puo' disporre che gli assegni familiari e
le
prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati
temporaneamente in favore dell'affidatario.
2. Le disposizioni di
cui all'articolo 12 del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni,
all'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla
legge 8
marzo 2000, n. 53, si applicano anche agli affidatari di cui
al comma
1.
3. Alle persone
affidatarie si estendono tutti i benefici in tema
di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di
permessi per
malattia, di riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici.
4. Le regioni
determinano le condizioni e modalita' di sostegno
alle famiglie, persone e comunita' di tipo familiare che
hanno minori
in affidamento, affinche' tale affidamento si possa fondare
sulla
disponibilita' e l'idoneita' all'accoglienza
indipendentemente dalle
condizioni economiche)). ((12))
------------
AGGIORNAMENTO (12)
Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 ha disposto (con l'art,86
comma 2
lettera c) l'abrogazione delle le parole ""e gli
articoli 6 e 7 della
legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano anche agli
affidatari di
cui al comma precedente" del secondo comma
dell'articolo 80 della
legge 4 maggio 1983, n. 184 ".
ART. 81.
L'ultimo comma
dell'articolo 244 del codice civile e' sostituito
dal seguente:
"L'azione puo'
essere altresi' promossa da un curatore speciale
nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su
istanza del
figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico
ministero
quando si tratta di minore di eta' inferiore".
ART. 82.
Gli atti, i documenti
ed i provvedimenti relativi alle procedure
previste dalla presente legge nei riguardi di persone minori
di eta',
sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da ogni
spesa,
tassa e diritto dovuti ai pubblici uffici.
Sono ugualmente
esenti gli atti ed i documenti relativi
all'esecuzione dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei
procedimenti su indicati.
Agli oneri derivanti
dall'attuazione della presente legge, valutati
in annue lire 100.000.000, si provvede mediante corrispondente
riduzione del capitolo 1589 dello stato di previsione del
Ministero
di grazia e giustizia per l'anno finanziario 1983 e
corrispondenti
capitoli degli esercizi successivi.
Il Ministro del
tesoro e' autorizzato ad apportare con propri
decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge,
munita del sigillo dello Stato, sara' inserta
nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della
Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e
di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 4
maggio 1983
PERTINI
FANFANI - DARIDA -
COLOMBO -
ROGNONI - FORTE -
GORIA
Visto, il Guardasigilli: DARIDA
Art. 640 bis
c.p. - Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
“La pena è della reclusione da due a sette
anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero
altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello
Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”.
Che tipo di reato è: truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni
pubbliche.
Soggetto attivo: chiunque.
Oggetto materiale: si tratta non solo di contributi, finanziamenti e
mutui agevolati, ma di tutte le varie forme di concessione di denaro o di beni erogati da soggetti di
diritto pubblico.
Condotta: induzione in errore.
Elemento soggettivo: dolo generico, diretto o indiretto.
(di Tullia Mauro)
Art. 316 ter c.p. - Indebita percezione di erogazioni
pubbliche
“Salvo che il fatto costituisca il reato
previsto dall'articolo 640 bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o
attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per
sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello
stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o
dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è
della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico
ufficiale o da un
incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi
poteri. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi
finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.
Quando la somma
indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da
euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del
beneficio conseguito”.
Che tipo di reato è: indebita percezione di erogazioni a danno dello
Stato.
Soggetto attivo: chiunque.
Oggetto giuridico: patrimonio dello stato, di un ente pubblico e delle comunità
Europee.
Oggetto materiale: concessione di contributi, finanziamenti o mutui da
parte di enti pubblici.
Condotta:
fatto di chi, avendo ottenuto il finanziamento, non lo destina alla finalità
per cui era stato erogato (reato omissivo).
Elemento soggettivo: Dolo generico, diretto o indiretto.
(di Tullia Mauro)
Art. 316 bis c.p. - Malversazione di erogazioni
pubbliche
“Chiunque, estraneo alla pubblica
amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti
destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di
attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni”.
Che tipo di reato è: malversazione.
Soggetto attivo: chiunque.
Soggetto passivo: lo Stato, la Comunità europea o altro ente pubblico.
Oggetto giuridico: interesse dei soggetti passivi.
Oggetto materiale: erogazione di un contributo, di una sovvenzione o di
un finanziamento destinato a finalità di interesse pubblico.
Condotta: diversa destinazione che il beneficiario dà a quella somma o a
una parte di essa.
Elemento soggettivo: dolo generico.
(di Tullia Mauro)
Art. 314 c.p. - Peculato
"Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per
ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra
cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e
sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole
ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo,
è stata immediatamente restituita".
Che tipo di reato è: peculato, che è un reato plurioffensivo.
Soggetto attivo: trattandosi di un reato proprio, soggetto attivo del
delitto di peculato può essere solo un pubblico ufficiale oppure un incaricato di pubblico
servizio. Sono escluse, pertanto, forme di responsabilità per quanti esercitino un servizio di
pubblica necessità.
Oggetto giuridico: integrità del patrimonio.
Oggetto materiale: denaro.
Condotta: il delitto di peculato si configura con l'indebita
appropriazione di denaro o altra cosa mobile che si trova, al momento della consumazione del reato (ovvero al
momento del tentativo di consumazione), nel possesso o comunque nella disponibilità del
soggetto attivo, in ragione del suo ufficio o del suo servizio. Anche l'indebita
alienazione, distruzione, semplice detenzione, utilizzo di denaro o di altra cosa mobile
integra questa fattispecie delittuosa.
Art.
270 c.p. - Associazioni sovversive
“Chiunque
nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige
associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti
economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente
l’ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da
cinque a dieci anni.
Chiunque
partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da
uno a tre anni.
Le
pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o
forma simulata, le associazioni di cui al primo comma, delle quali sia stato
ordinato lo scioglimento”.
L’articolo sopramenzionato fa parte del Libro secondo, Titolo I e ci troviamo all’interno dei delitti contro la personalità dello stato.
La norma è atta a tutelare l'integrità dello Stato nei confronti delle aggressioni interne che tendono a sovvertire violentemente l’ordinamento. Ha assunto la configurazione attuale dopo l'intervento operato con la legge 24 febbraio 2006 (art. 2), in quanto in precedenza era diretta a reprimere le sole associazioni comuniste, socialiste e anarchiche.
I
delitti associativi diretti contro la personalità dello Stato rappresentano le
fattispecie più importanti all'interno del presente capo e trattasi di reato di pericolo, per
la cui configurabilità occorre, l'esistenza di una struttura organizzata, anche
elementare, che presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l'attuazione
del progetto criminoso e tale da giustificare la valutazione di pericolosità.
Ogni
condotta violenta e programmaticamente diretta a menomare le libertà costituzionalmente riconosciute esprime la sovversione, penalmente sanzionata,
dei fondamentali ordinamenti sociali dello Stato.
Il
dolo è specifico, in quanto la costituzione dell'associazione violenta deve
essere voluta al fine di sovvertire con la violenza gli ordinamenti statali.
Il
partecipante viene punito più lievemente, mentre coloro che ricostituiscono un'associazione della quale era stato ordinato lo scioglimento sono soggetti ad
un aggravamento di pena.
(di Tullia Mauro)
LEGGE 8 marzo 2017, n. 24
Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e
della persona
assistita, nonché' in materia di responsabilità
professionale degli
esercenti le professioni sanitarie. (17G00041)
(GU n.64 del 17-3-2017)
Vigente al: 1-4-2017
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
Sicurezza
delle cure in sanita'
1. La sicurezza delle cure e' parte costitutiva del
diritto alla
salute ed e' perseguita nell'interesse
dell'individuo e della
collettivita'.
2. La sicurezza delle cure si realizza anche
mediante l'insieme di
tutte le attivita' finalizzate alla prevenzione e
alla gestione del
rischio connesso all'erogazione di prestazioni
sanitarie e l'utilizzo
appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche
e organizzative.
3. Alle attivita' di prevenzione del rischio messe
in atto dalle
strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e
private, e' tenuto
a concorrere tutto il personale, compresi i liberi
professionisti che
vi operano in regime di convenzione con il Servizio
sanitario
nazionale.
Art. 2
Attribuzione
della funzione di garante per il diritto alla salute al
Difensore
civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri
regionali
per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del
paziente.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
affidare all'ufficio del Difensore civico la funzione di garante per
il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e
il supporto tecnico.
2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il
diritto alla salute, puo' essere adito gratuitamente da ciascun
soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o
mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del
sistema dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria.
3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti
relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la
fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso
con i poteri e le modalita' stabiliti dalla legislazione regionale.
4. In ogni regione e' istituito, con le risorse umane, strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per
la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che
raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e
private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul
contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica
unificata a livello nazionale, all'Osservatorio nazionale delle buone
pratiche sulla sicurezza nella sanita', di cui all'articolo 3.
5. All'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,
e' aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«d-bis) predisposizione di una
relazione annuale consuntiva sugli
eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause
che hanno prodotto l'evento avverso e sulle conseguenti iniziative
messe in atto. Detta relazione e' pubblicata nel sito internet della
struttura sanitaria».
Art. 3
Osservatorio
nazionale delle buone pratiche
sulla
sicurezza nella sanita'
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l'Agenzia nazionale
per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l'Osservatorio nazionale
delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita', di seguito
denominato «Osservatorio».
2. L'Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio
sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all'articolo 2, i dati
regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonche' alle cause,
all'entita', alla frequenza e all'onere finanziario del contenzioso
e, anche mediante la predisposizione, con l'ausilio delle societa'
scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle
professioni sanitarie di cui all'articolo 5, di linee di indirizzo,
individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio
sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza
delle cure nonche' per la formazione e l'aggiornamento del personale
esercente le professioni sanitarie.
3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una
relazione sull'attivita' svolta dall'Osservatorio.
4. L'Osservatorio, nell'esercizio delle sue funzioni, si avvale
anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in
sanita' (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.
Art. 4
Trasparenza
dei dati
1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e
private sono soggette all'obbligo di trasparenza, nel rispetto del
codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro
sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli
interessati aventi diritto, in conformita' alla disciplina
sull'accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal
codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fornisce la documentazione
sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in
formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni
caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione
della suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, le strutture sanitarie pubbliche e
private adeguano i regolamenti interni adottati in attuazione della
legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.
3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili,
mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a
tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, verificati
nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio,
prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui
all'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come
modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.
4. All'articolo 37 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285,
dopo il comma 2 e' inserito il seguente:
«2-bis. I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto possono
concordare con il direttore sanitario o sociosanitario l'esecuzione
del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in
altro luogo, e possono disporre la presenza di un medico di loro
fiducia».
Art. 5
Buone
pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni
previste
dalle linee guida
1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle
prestazioni sanitarie con finalita' preventive, diagnostiche,
terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si
attengono, salve le specificita' del caso concreto, alle
raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del
comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche'
dalle societa' scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche
delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e
regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette
raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono
alle buone pratiche clinico-assistenziali.
2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle societa'
scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al
comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:
a) i requisiti minimi di rappresentativita' sul territorio
nazionale;
b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da
prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei
professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle
decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo di
lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci
preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla
dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e
all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualita'
della produzione tecnico-scientifica;
c) le procedure di iscrizione all'elenco nonche' le verifiche sul
mantenimento dei requisiti e le modalita' di sospensione o
cancellazione dallo stesso.
3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai
soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per
le linee guida (SNLG), il quale e' disciplinato nei compiti e nelle
funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la
procedura di cui all'articolo 1, comma 28, secondo periodo, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge. L'Istituto superiore di sanita' pubblica nel proprio sito
internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal
SNLG, previa verifica della conformita' della metodologia adottata a
standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonche'
della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto
delle raccomandazioni.
4. Le attivita' di cui al comma 3 sono svolte nell'ambito delle
risorse umane, finanziarie e strumentali gia' disponibili a
legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Art. 6
Responsabilita'
penale dell'esercente la professione sanitaria
1. Dopo l'articolo 590-quinquies del codice penale e' inserito il
seguente:
«Art. 590-sexies (Responsabilita'
colposa per morte o lesioni
personali in ambito sanitario). - Se i fatti di cui agli articoli 589
e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si
applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo
comma.
Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la
punibilita' e' esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni
previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di
legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche
clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle
predette linee guida risultino adeguate alle specificita' del caso
concreto».
2. All'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189,
il comma 1 e' abrogato.
Art. 7
Responsabilita'
civile della struttura e
dell'esercente
la professione sanitaria
1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che,
nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di
esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e
ancorche' non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi
degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte
dolose o colpose.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle
prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione
intramuraria ovvero nell'ambito di attivita' di sperimentazione e di
ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio
sanitario nazionale nonche' attraverso la telemedicina.
3. L'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2
risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice
civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione
contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella
determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta
dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 5
della presente legge e dell'articolo 590-sexies del codice penale,
introdotto dall'articolo 6 della presente legge.
4. Il danno conseguente all'attivita' della struttura sanitaria o
sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione
sanitaria e' risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli
138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto
legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con
la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base
dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle
fattispecie da esse non previste, afferenti alle attivita' di cui al
presente articolo.
5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme
imperative ai sensi del codice civile.
Art. 8
Tentativo
obbligatorio di conciliazione
1. Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile
relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da
responsabilita' sanitaria e' tenuto preliminarmente a proporre
ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile
dinanzi al giudice competente.
2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce
condizione di procedibilita' della domanda di risarcimento. E' fatta
salva la possibilita' di esperire in alternativa il procedimento di
mediazione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece
applicazione l'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n.
132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n.
162. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di
decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima
udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui
all'articolo 696-bis del codice di procedura civile non e' stato
espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna alle
parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a
se' dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di
completamento del procedimento.
3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si
concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del
ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda
sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o
dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il
giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso
di cui all'articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal
caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si
applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura
civile.
4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica
preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il
disposto dell'articolo 15 della presente legge, e' obbligatoria per
tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui
all'articolo 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di
risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono
di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato,
quando l'impresa di assicurazione non ha formulato l'offerta di
risarcimento nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica
preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia
della sentenza all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni
(IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata
partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il
giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento
delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del
giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata
equitativamente, in favore della parte che e' comparsa alla
conciliazione.
Art. 9
Azione
di rivalsa o di responsabilita' amministrativa
1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione
sanitaria puo' essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.
2. Se l'esercente la professione sanitaria non e' stato parte del
giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno,
l'azione di rivalsa nei suoi confronti puo' essere esercitata
soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di
titolo giudiziale o stragiudiziale ed e' esercitata, a pena di
decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.
3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la
struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di
assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l'esercente la
professione sanitaria non e' stato parte del giudizio.
4. In nessun caso la transazione e' opponibile all'esercente la
professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.
5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta
dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o
sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o
dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del
medesimo articolo 7, l'azione di responsabilita' amministrativa, per
dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione
sanitaria e' esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei
conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994,
n. 20, e dall'articolo 52, secondo comma, del testo unico di cui al
regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, si tiene conto delle
situazioni di fatto di particolare difficolta', anche di natura
organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica,
in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo
della condanna per la responsabilita' amministrativa e della
surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice
civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non puo' superare
una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del
corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della
condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o
successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al
passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda
di risarcimento proposta dal danneggiato, l'esercente la professione
sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie
pubbliche, non puo' essere preposto ad incarichi professionali
superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce
oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici
concorsi per incarichi superiori.
6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato
nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o
nei confronti dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con
la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della
surrogazione richiesta dall'impresa di assicurazione, ai sensi
dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo
evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari
al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la
retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta
causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo,
moltiplicato per il triplo. Il limite alla misura della rivalsa, di
cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli
esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma 2.
7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilita'
amministrativa il giudice puo' desumere argomenti di prova dalle
prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti
della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di
assicurazione se l'esercente la professione sanitaria ne e' stato
parte.
Art. 10
Obbligo
di assicurazione
1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private
devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe
misure per la responsabilita' civile verso terzi e per la
responsabilita' civile verso prestatori d'opera, ai sensi
dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.
90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.
114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo
operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e
private, compresi coloro che svolgono attivita' di formazione,
aggiornamento nonche' di sperimentazione e di ricerca clinica. La
disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni
sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero
in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche'
attraverso la telemedicina. Le strutture di cui al primo periodo
stipulano, altresi', polizze assicurative o adottano altre analoghe
misure per la copertura della responsabilita' civile verso terzi
degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli
effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 9. Le disposizioni di cui al
periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la
professione sanitaria di cui al comma 2.
2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria
attivita' al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del
presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa
in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa
nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con
il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo l'obbligo
di cui all'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13
agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
settembre 2011, n. 148, all'articolo 5 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e
all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.
3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9
e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione
sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o
sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a
proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa
grave.
4. Le strutture di cui al comma 1 rendono nota, mediante
pubblicazione nel proprio sito internet, la denominazione
dell'impresa che presta la copertura assicurativa della
responsabilita' civile verso i terzi e verso i prestatori d'opera di
cui al comma 1, indicando per esteso i contratti, le clausole
assicurative ovvero le altre analoghe misure che determinano la
copertura assicurativa.
5. Con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i
criteri e le modalita' per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza
e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione che
intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con
gli esercenti la professione sanitaria.
6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, di concerto con il Ministro della salute e con il
Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti l'IVASS,
l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le
Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che
erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazione
nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le
Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni
sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
delle categorie professionali interessate, nonche' le associazioni di
tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti
minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e
sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni
sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far
corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce
i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di
operativita' delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta
del rischio, richiamate dal comma 1; disciplina altresi' le regole
per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di
un'impresa di assicurazione nonche' la previsione nel bilancio delle
strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a
riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri
denunciati. A tali fondi si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993,
n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n.
67.
7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, di
concerto con il Ministro della salute e sentito l'IVASS, entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione
stipulate ai sensi dei commi 1 e 2, e alle altre analoghe misure
adottate ai sensi dei commi 1 e 6 e sono stabiliti, altresi', le
modalita' e i termini per la comunicazione di tali dati da parte
delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e
degli esercenti le professioni sanitarie all'Osservatorio. Il
medesimo decreto stabilisce le modalita' e i termini per l'accesso a
tali dati.
Art. 11
Estensione
della garanzia assicurativa
1. La garanzia assicurativa deve prevedere una operativita'
temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la
conclusione del contratto assicurativo, purche' denunciati
all'impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della
polizza. In caso di cessazione definitiva dell'attivita'
professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di
ultrattivita' della copertura per le richieste di risarcimento
presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e
riferite a fatti generatori della responsabilita' verificatisi nel
periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di
retroattivita' della copertura. L'ultrattivita' e' estesa agli eredi
e non e' assoggettabile alla clausola di disdetta.
Art. 12
Azione
diretta del soggetto danneggiato
1. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 8, il soggetto
danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle
somme per le quali e' stato stipulato il contratto di assicurazione,
nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura
assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o
private di cui al comma 1 dell'articolo 10 e all'esercente la
professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.
2. Non sono opponibili al danneggiato, per l'intero massimale di
polizza, eccezioni derivanti dal contratto diverse da quelle
stabilite dal decreto di cui all'articolo 10, comma 6, che definisce
i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture
sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le
professioni sanitarie di cui all'articolo 10, comma 2.
3. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso
l'assicurato nel rispetto dei requisiti minimi, non derogabili
contrattualmente, stabiliti dal decreto di cui all'articolo 10, comma
6.
4. Nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione della
struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata a norma del
comma 1 e' litisconsorte necessario la struttura medesima; nel
giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione dell'esercente la
professione sanitaria a norma del comma 1 e' litisconsorte necessario
l'esercente la professione sanitaria. L'impresa di assicurazione,
l'esercente la professione sanitaria e il danneggiato hanno diritto
di accesso alla documentazione della struttura relativa ai fatti
dedotti in ogni fase della trattazione del sinistro.
5. L'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di
assicurazione e' soggetta al termine di prescrizione pari a quello
dell'azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o
privata o l'esercente la professione sanitaria.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere
dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6
dell'articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi
delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e
sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.
Art. 13
Obbligo
di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato
sulla sua responsabilita'
1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 7,
comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura
assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi
1 e 2, comunicano all'esercente la professione sanitaria
l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal
danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica
dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o
lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia
dell'atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e
sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro dieci giorni
comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta
elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato,
con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardivita' o l'incompletezza
delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l'ammissibilita' delle
azioni di rivalsa o di responsabilita'
amministrativa di cui all'articolo 9.
Art. 14
Fondo di
garanzia per i danni derivanti da
responsabilita'
sanitaria
1. E' istituito, nello stato di previsione del Ministero della
salute, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita'
sanitaria. Il Fondo di garanzia e' alimentato dal versamento di un
contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio
delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i danni causati
da responsabilita' sanitaria. A tal fine il predetto contributo e'
versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato
al Fondo di garanzia. Il Ministero della salute con apposita
convenzione affida alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici
(CONSAP) Spa la gestione delle risorse del Fondo di garanzia.
2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute,
da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro e dell'economia e delle finanze, sentite
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle
imprese di assicurazione, sono definiti:
a) la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate
all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i
danni causati da responsabilita' sanitaria;
b) le modalita' di versamento del contributo di cui alla lettera
a);
c) i principi cui dovra' uniformarsi la convenzione tra il
Ministero della salute e la CONSAP Spa;
d) le modalita' di intervento, il funzionamento e il regresso del
Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.
3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 concorre al risarcimento
del danno nei limiti delle effettive disponibilita' finanziarie.
4. La misura del contributo di cui al comma 2, lettera a), e'
aggiornata annualmente con apposito decreto del Ministro della
salute, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in
relazione alle effettive esigenze della gestione del Fondo di
garanzia.
5. Ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2,
lettera a), la CONSAP Spa trasmette ogni anno al Ministero della
salute e al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della
gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1, riferito all'anno
precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui
al comma 2.
6. Gli oneri per l'istruttoria e la gestione delle richieste di
risarcimento sono posti a carico del Fondo di garanzia di cui al
comma 1.
7. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 risarcisce i danni
cagionati da responsabilita' sanitaria nei seguenti casi:
a) qualora il danno sia di
importo eccedente rispetto ai
massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla
struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero
dall'esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto di cui
all'articolo 10, comma 6;
b) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o
privata ovvero l'esercente la professione sanitaria risultino
assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi in
stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa o vi
venga posta successivamente;
c) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o
privata ovvero l'esercente la professione sanitaria siano sprovvisti
di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell'impresa
assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione
dall'albo dell'impresa assicuratrice stessa.
8. Il decreto di cui all'articolo 10, comma 6, prevede che il
massimale minimo sia rideterminato in relazione all'andamento del
Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del presente
articolo.
9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai
sinistri denunciati per la prima volta dopo la data di entrata in
vigore della presente legge.
10. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 15
Nomina
dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti
nei
giudizi di responsabilita' sanitaria
1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad
oggetto la responsabilita' sanitaria, l'autorita' giudiziaria affida
l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico
specializzato in medicina legale e a uno o piu' specialisti nella
disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto
oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare,
scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano
in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o
in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare
nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in
possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della
conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.
2. Negli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle
disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,
n. 1368, e dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono
essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti
esperti in medicina. In sede di revisione degli albi e' indicata,
relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente,
l'esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al
numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli
revocati.
3. Gli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle
disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,
n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono
essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di
garantire, oltre a quella medico-legale, un'idonea e adeguata
rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a
tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per la nomina
tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.
4. Nei casi di cui al comma 1, l'incarico e' conferito al collegio
e, nella determinazione del compenso globale, non si applica
l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del
collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Art. 16
Modifiche
alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, in materia di
responsabilita'
professionale del personale sanitario
1. All'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre
2015, n. 208, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «I
verbali e gli atti conseguenti all'attivita' di gestione del rischio
clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di
procedimenti giudiziari».
2. All'articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,
le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle
seguenti: «, in medicina legale ovvero da personale dipendente con
adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel
settore».
Art. 17
Clausola
di salvaguardia
1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme
di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
Art. 18
Clausola
di invarianza finanziaria
1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle
disposizioni di cui alla presente legge nell'ambito delle risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e
comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 8 marzo 2017
MATTARELLA
Gentiloni
Silveri, Presidente del
Consiglio
dei ministri
Visto, il Guardasigilli: Orlando
Preambolo
Gli Stati Parti della presente Convenzione,
Considerando che lo Statuto delle Nazioni Unite è basato sui principi della dignità e dell'eguaglianza di tutti gli esseri umani, e che tutti gli Stati membri si sono impegnati ad agire, sia congiuntamente sia separatamente in collaborazione con l'Organizzazione, allo scopo di raggiungere uno degli obiettivi delle Nazioni Unite, e precisamente: sviluppare ed incoraggiare il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione,
Considerando che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo proclama che tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali per dignità e diritti e che ciascuno può valersi di tutti i diritti e di tutte le libertà che vi sono enunciate, senza alcuna distinzione di razza, colore od origine nazionale,
Considerando che tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge ed hanno diritto ad una uguale protezione legale contro ogni discriminazione ed ogni incitamento alla discriminazione,
Considerando che le Nazioni Unite hanno condannato il colonialismo e tutte le pratiche segregazionistiche e discriminatorie che lo accompagnano, sotto qualunque forma e in qualunque luogo esistano, e che la Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali, del 14 dicembre 1960 (Risoluzione n. 1514 [XV] dell'Assemblea Generale) ha asserito e proclamato solennemente la necessità di porvi rapidamente ed incondizionatamente fine,
Considerando che la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 20 novembre 1963 (Risoluzione n. 1904 [XVIII] dell'Assemblea Generale) asserisce solennemente la necessità di eliminare rapidamente tutte le forme e tutte le manifestazioni di discriminazione razziale in ogni parte del mondo, nonché di assicurare la comprensione ed il rispetto della dignità della persona umana,
Convinti che qualsiasi dottrina di superiorità fondata sulla distinzione tra le razze è falsa scientificamente, condannabile moralmente ed ingiusta e pericolosa socialmente, e che nulla potrebbe giustificare la discriminazione razziale, né in teoria né in pratica,
Riaffermando che la discriminazione tra gli esseri umani per motivi fondati sulla razza, il colore o l'origine etnica costituisce un ostacolo alle amichevoli e pacifiche relazioni tra le Nazioni ed è suscettibile di turbare la pace e la sicurezza tra i popoli nonché la consistenza armoniosa degli individui che vivono all'interno di uno stesso Stato,
Convinti che l'esistenza di barriere razziali è incompatibile con gli ideali di ogni società umana,
Allarmati dalle manifestazioni di discriminazione razziale che hanno ancora luogo in certe regioni del mondo e dalle politiche dei governi fondate sulla superiorità o sull'odio razziale, quali le politiche di "apartheid", di segregazione o di separazione,
Risoluti ad adottare tutte, le misure necessarie all'eliminazione di ogni forma e di ogni manifestazione di discriminazione razziale nonché a prevenire ed a combattere le dottrine e le pratiche razziali allo scopo di favorire il buon accordo tra le razze ed a costruire una comunità internazionale libera da ogni forma di segregazione e di discriminazione razziale,
Ricordando la Convenzione sulla discriminazione in materia di impiego e di professione adottata dall'Organizzazione nazionale del lavoro nel 1958 e la Convenzione sulla lotta contro la discriminazione in materia di insegnamento adottata 1960 dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione la scienza e la cultura,
Desiderosi di dare esecuzione ai principi enunciati nella Dichiarazione delle Nazioni Unite e relativi all'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale nonché di assicurare il più rapidamente possibile l'adozione di misure pratiche a tale scopo,
Hanno convenuto quanto segue:
Parte I
Articolo 1.
1. Nella presente Convenzione, l'espressione "discriminazione razziale" sta ad indicare ogni distinzione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica.
2. La presente Convenzione non si applica alle distinzioni, esclusioni, restrizioni o trattamenti preferenziali stabiliti da uno Stato Parte della Convenzione a seconda che si tratti di propri cittadini o dei non-cittadini.
3. Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come contrastante con le disposizioni legislative degli Stati Parti della Convenzione e che si riferiscono alla nazionalità, alla cittadinanza o alla naturalizzazione, a condizione che tali disposizioni, non siano discriminatorie nei confronti di una particolare nazionalità.
4. Le speciali misure adottate al solo scopo di assicurare convenientemente il progresso di alcuni gruppi razziali od etnici o di individui cui occorra la protezione necessaria per permettere loro il godimento e l'esercizio dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in condizioni di eguaglianza, non sono considerate misure di discriminazione razziale, a condizione tuttavia che tali misure non abbiano come risultato la conservazione di diritti distinti per speciali gruppi razziali e che non vengano tenute in vigore una volta che siano raggiunti gli obiettivi che si erano prefisse.
Articolo 2.
1. Gli Stati contraenti condannano la discriminazione razziale e si impegnano a continuare, con tutti i mezzi adeguati e senza indugio, una politica tendente ad eliminare ogni forma di discriminazione razziale ed a favorire l'intesa tra tutte le razze e, a tale scopo:
a) Ogni Stato contraente si impegna a non porre in opera atti o pratiche di discriminazione razziale a danno di individui, gruppi di individui od istituzioni ed a fare in modo che tutte le pubbliche attività e le pubbliche istituzioni, nazionali e locali, si uniformino a tale obbligo;
b) Ogni Stato contraente si impegna a non incoraggiare, difendere ed appoggiare la discriminazione razziale praticata da qualsiasi individuo od organizzazione;
c) Ogni Stato contraente deve adottare delle efficaci misure per rivedere le politiche governative nazionali e locali e per modificare, abrogare o annullare ogni legge ed ogni disposizione regolamentare che abbia il risultato di creare la discriminazione o perpetuarla ove esista;
d) Ogni Stato contraente deve, se le circostanze lo richiedono, vietare e por fine con tutti i mezzi più opportuni, provvedimenti legislativi compresi, alla discriminazione praticata da singoli individui, gruppi od organizzazioni;
e) Ogni Stato contraente s'impegna, ove occorra, a favorire le organizzazioni ed i movimenti integrazionisti multirazziali e gli altri mezzi atti ad eliminare le barriere che esistono tra le razze, nonché a scoraggiare quanto tende a rafforzare la separazione razziale.
2. Gli Stati contraenti, se le circostanze lo richiederanno, adotteranno delle speciali e concrete misure in campo sociale, economico, culturale o altro, allo scopo di assicurare nel modo dovuto lo sviluppo o la protezione di alcuni gruppi razziali o di individui appartenenti a tali gruppi per garantire loro, in condizioni di parità, il pieno esercizio dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tali misure non potranno avere, in alcun caso, il risultato di mantenere i diritti disuguali o distinti per speciali gruppi razziali, una volta che siano stati raggiunti gli obiettivi che si erano prefissi.
Articolo 3.
Gli Stati contraenti condannano in particolar modo la segregazione razziale e l'"apartheid" e si impegnano a prevenire, vietare ed eliminare sui territori sottoposti alla loro giurisdizione, tutte le pratiche di tale natura.
Articolo 4.
Gli Stati contraenti condannano ogni propaganda ed organizzazione che s'ispiri a concetti ed a teorie basate sulla superiorità di una razza o di un gruppo di individui di un certo colore o di una certa origine etnica, o che pretendano di giustificare o di incoraggiare ogni forma di odio e di discriminazione razziale, e si impegnano ad adottare immediatamente misure efficaci per eliminare ogni incitamento ad una tale discriminazione od ogni atto discriminatorio, tenendo conto, a tale scopo, dei principi formulati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei diritti chiaramente enunciati nell'art. 5 della presente Convenzione, ed in particolare:
a) a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, così come ogni aiuto portato ad attività razzistiche, compreso il loro finanziamento;
b) a dichiarare illegali ed a vietare le organizzazioni le attività di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attività di propaganda che incitino alla discriminazione razziale e che l'incoraggino, nonché a dichiarare reato punibile dalla legge la partecipazione a tali organizzazioni od a tali attività;
c) a non permettere né alle pubbliche autorità, né alle pubbliche istituzioni, nazionali o locali, l'incitamento o l'incoraggiamento alla discriminazione razziale.
Articolo 5.
In base agli obblighi fondamentali di cui all'art. 2 della presente Convenzione, gli Stati contraenti si impegnano a vietare e ad eliminare la discriminazione razziale in tutte le forme ed a garantire a ciascuno il diritto all'eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di razza, colore od origine nazionale o etnica, nel pieno godimento, in particolare, dei seguenti diritti:
a) Diritto ad un eguale trattamento avanti i tribunali ed a ogni altro organo che amministri la giustizia;
b) Diritto alla sicurezza personale ed alla protezione dello Stato contro le violenze o le sevizie da parte sia di funzionari governativi, sia di ogni individuo, gruppo od istituzione;
c) Diritti politici, ed in particolare il diritto di partecipare alle elezioni, di votare e di presentarsi come candidato in base al sistema del suffragio universale ed eguale per tutti, il diritto di partecipare al governo ed alla direzione degli affari pubblici, a tutti i livelli, nonché il diritto di accedere, a condizioni di parità, alle cariche pubbliche;
d) Altri diritti civili quali:
i) il diritto di circolare liberamente e di scegliere la propria residenza all'interno dello Stato;
ii) il diritto di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, e di tornare nel proprio paese;
iii) il diritto alla nazionalità;
iv) il diritto a contrarre matrimonio ed alla scelta del proprio coniuge;
v) il diritto alla proprietà di qualsiasi individuo, sia in quanto singolo sia in società con altri;
vi) il diritto all'eredità;
vii) il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione;
viii) il diritto alla libertà di opinione e di espressione;
ix) il diritto alla libertà di riunione e di pacifica associazione;
e) i diritti economici, sociali e culturali, ed in particolare:
i) i diritti al lavoro, alla libera scelta del proprio lavoro, a condizioni di lavoro eque e soddisfacenti, alla protezione dalla disoccupazione, ad un salario uguale a parità di lavoro uguale, ad una remunerazione equa e soddisfacente;
ii) il diritto di fondare dei sindacati e di iscriversi a sindacati;
iii) il diritto all'alloggio;
iv) il diritto alla sanità, alle cure mediche, alla previdenza sociale ed ai servizi sociali;
v) il diritto all'educazione ed alla formazione professionale;
vi) il diritto di partecipare in condizioni di parità ad attività culturali;
f) il diritto di accesso a tutti i luoghi e servizi destinati ad uso pubblico, quali i mezzi di trasporto, gli alberghi, i ristoranti, i caffè, gli spettacoli ed i parchi.
Articolo 6.
Gli Stati contraenti garantiranno ad ogni individuo sottoposto alla propria giurisdizione una protezione ed un mezzo gravame effettivi davanti ai tribunali nazionali ed agli altri organismi dello Stato competenti, per tutti gli atti di discriminazione razziale che, contrariamente alla presente Convenzione, ne violerebbero i diritti individuali e le libertà fondamentali nonché il diritto di chiedere a tali tribunali una giusta ed adeguata riparazione o soddisfazione per qualsiasi danno di cui potrebbe essere stata vittima a seguito di una tale discriminazione.
Articolo 7.
Gli Stati contraenti si impegnano ad adottare immediate ed efficaci misure, in particolare nei campi dell'insegnamento, dell'educazione, della cultura e dell'informazione, per lottare contro i pregiudizi che portano alla discriminazione razziale e a favorire la comprensione, la tolleranza e l'amicizia tra le nazioni ed i gruppi razziali ed etnici, nonché a promuovere gli scopi ed i princìpi dello Statuto delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, e della presente Convenzione.
Parte II
Articolo 8.
1. È istituito un Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale (qui appresso indicato "il Comitato") composto di diciotto esperti noti per il loro alto senso morale e la loro imparzialità, che vengono eletti dagli Stati contraenti fra i loro cittadini e che vi partecipano a titolo personale, tenuto conto di una equa ripartizione geografica e della rappresentanza delle varie forme di civiltà nonché dei più importanti sistemi giuridici.
2. I membri del Comitato sono eletti a scrutinio segreto dalla lista di candidati designati dagli Stati contraenti. Ogni Stato contraente può designare un candidato scelto tra i propri cittadini.
3. La prima elezione avrà luogo sei mesi dopo la data di entrata in vigore della presente Convenzione. Almeno tre mesi prima della data di ogni elezione, il Segretario generale delle Nazioni Unite invia agli Stati contraenti una lettera per invitarli a presentare le proprie candidature entro un termine di due mesi. Il Segretario generale compila la lista per ordine alfabetico di tutti i candidati così designati e la comunica agli Stati contraenti.
4. I membri del Comitato sono eletti nel corso di una riunione degli Stati contraenti, indetta dal Segretario generale presso la Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. In tale riunione, ove il quorum è formato dai due terzi degli Stati contraenti, vengono eletti membri del Comitato i candidati che ottengono il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti degli Stati contraenti presenti e votanti.
5. a) I membri del Comitato restano in carica quattro anni. Tuttavia, il mandato di nove tra i membri eletti nel corso della prima elezione avrà termine dopo due anni; subito dopo la prima elezione, il nome di questi nove membri sarà sorteggiato dal Presidente del Comitato;
b) Per colmare le casuali vacanze, lo Stato contro cui l'esperto abbia cessato di esercitare le proprie funzioni di Membro del Comitato nominerà un altro esperto tra i concittadini, con riserva dell'approvazione del Comitato.
6. Le spese dei membri del Comitato, per il periodo in cui assolvono le loro funzioni in seno al Comitato, sono a carico degli Stati contraenti.
Articolo 9.
1. Gli Stati contraenti s'impegnano a presentare al Segretario generale delle Nazioni Unite, perché venga esaminato dal Comitato, un rapporto sulle misure di carattere legislativo, giudiziario, amministrativo o di altro genere che sono state prese per dare esecuzione alle disposizioni della presente Convenzione:
a) entro il termine di un anno a partire dall'entrata in vigore della Convenzione, per ogni Stato interessato per ciò che lo riguarda e
b) in seguito, ogni due anni ed inoltre ogni volta che il Comitato ne farà richiesta. Il Comitato può chiedere agli Stati contraenti delle informazioni supplementari.
2. Il Comitato sottopone ogni anno all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per il tramite del Segretario generale, un rapporto sulle proprie attività e può dare dei suggerimenti e fare raccomandazioni di carattere generale in base ai rapporti ed alle informazioni che ha ricevuto da Stati contraenti. Tali suggerimenti e raccomandazioni di carattere generale unitamente, ove occorra, alle osservazioni degli Stati contraenti, vengono portate a conoscenza dell'Assemblea Generale.
Articolo 10.
1. Il Comitato stabilisce il proprio regolamento interno.
2. Il Comitato nomina il proprio ufficio per un periodo di due anni.
3. Il servizio di segreteria del Comitato è fornito dal Segretario generale delle Nazioni Unite.
4. Il Comitato tiene normalmente le proprie riunioni presso la Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Articolo 11.
1. Qualora uno Stato contraente ritenga che un altro Stato contraente non applichi le disposizioni della presente Convenzione, può richiamare l'attenzione del Comitato sulla questione. Il Comitato trasmette allora la comunicazione allo Stato contraente interessato. Entro un termine di tre mesi, lo Stato che ha ricevuto la comunicazione manda al Comitato le giustificazioni o delle dichiarazioni scritte che chiariscano il problema ed indichino, ove occorra, le eventuali misure adottate da detto Stato per porre rimedio alla situazione.
2. Ove, entro un termine di sei mesi a partire dalla data del ricevimento della comunicazione iniziale da parte dello Stato destinatario, il problema non sia stato risolto con soddisfazione di entrambi gli Stati, sia mediante negoziati bilaterali che mediante qualsiasi altra procedura di cui potranno disporre, sia l'uno che l'altro avranno il diritto di sottoporre nuovamente il problema al Comitato inviandone notifica al Comitato stesso nonché all'altro Stato interessato.
3. Il Comitato non può occuparsi di una questione che gli è sottoposta in conformità del paragrafo 2 del presente articolo, che dopo essersi accertato che tutti i ricorsi interni a disposizione sono stati utilizzati o esperiti conformemente ai principi generalmente riconosciuti del diritto internazionale. Tale regola non viene applicata quando le procedure di ricorso superano termini ragionevoli.
4. Il Comitato può rivolgersi direttamente agli Stati contraenti per chiedere loro tutte le informazioni supplementari relative alla questione che gli viene sottoposta.
5. Allorché, in applicazione del presente articolo, il Comitato esamina una questione, gli Stati contraenti interessati hanno diritto di nominare un rappresentante che parteciperà, senza diritto di voto, ai lavori del Comitato per tutta la durata delle discussioni.
Articolo 12.
1. a) Dopo che il Comitato ha ricevuto e vagliato tutte le informazioni che sono ritenute necessarie, il Presidente nomina una Commissione conciliativa ad hoc (qui appresso indicata "la Commissione") composta di cinque persone che possono essere o meno membri del Comitato. I membri sono nominati con il pieno ed unanime consenso delle Parti in controversia e la Commissione pone i propri buoni uffici a disposizione degli Stati interessati, allo scopo di giungere ad una amichevole soluzione del problema, basata sul rispetto della presente Convenzione.
b) Se gli Stati Parti nella controversia non giungono ad un'intesa sulla totale o parziale composizione della Commissione entro un termine di tre mesi, i membri della Commissioni che non hanno ottenuto il consenso degli Stati Parti nella controversia vengono scelti a scrutinio segreto tra i membri del Comitato ed eletti a maggioranza di due terzi dei membri del Comitato stesso.
2. I membri della Commissione partecipano a titolo personale. Essi non devono essere cittadini di uno degli Stati Parti nella controversia, né cittadini di uno Stato che non sia parte della presente Convenzione.
3. La Commissione elegge il proprio Presidente ed adotta il proprio regolamento interno.
4. La Commissione tiene normalmente le proprie riunioni presso la Sede della Organizzazione delle Nazioni Unite o in ogni altro luogo conveniente che verrà stabilito dalla Commissione stessa.
5. Il Segretariato di cui al paragrafo 3 dell'art. 10 della presente Convenzione pone ugualmente i propri servigi a disposizione della Commissione ogni volta che una controversia tra gli Stati Parti comporti la costituzione della Commissione stessa.
6. Tutte le spese sostenute dai membri della Commissione vengono ripartite in ugual misura tra gli Stati Parti nella controversia, sulla base di valutazioni eseguite dal Segretario generale delle Nazioni Unite.
7. Il Segretario generale sarà autorizzato, ove occorra, a rimborsare al Membri della Commissione le spese sostenute, prima ancora che il rimborso sia stato effettuato dagli Stati nella controversia in conformità al paragrafo 6 del presente articolo.
8. Le informazioni ricevute ed esaminate dal Comitato sono poste a disposizione della Commissione, e la Commissione può chiedere agli Stati interessati di fornirle ogni informazione supplementare al riguardo.
Articolo 13.
1. Dopo aver studiato il problema in tutti i suoi aspetti, la Commissione prepara e sottopone al Presidente del Comitato un rapporto con le sue conclusioni su tutte le questioni di fatto relative alla vertenza tra le parti e con le raccomandazioni che ritiene più opportune per giungere ad una amichevole soluzione della controversia.
2. Il Presidente del Comitato trasmette il rapporto della Commissione a ciascuno degli Stati Parti nella controversia. Detti Stati fanno conoscere al Presidente del Comitato, entro il termine di tre mesi, se accettano o meno le raccomandazioni contenute nel rapporto della Commissione.
3. Allo spirare del termine di cui al paragrafo 2 del presente articolo, il Presidente del Comitato comunica il rapporto della Commissione nonché le dichiarazioni degli Stati Parti interessati agli altri Stati Parti della Convenzione.
Articolo 14.
1. Ogni Stato contraente può dichiarare in ogni momento di riconoscere al Comitato la competenza di ricevere ed esaminare comunicazioni provenienti da persone o da gruppi di persone sotto la propria giurisdizione che si lamentino di essere vittime di una violazione, da parte del detto Stato contraente, di uno qualunque dei diritti sanciti dalla presente Convenzione. Il Comitato non può ricevere le comunicazioni relative ad uno Stato contraente che non abbia fatto una tale dichiarazione.
2. Ogni Stato contraente che faccia una dichiarazione in base al paragrafo 1 del presente articolo, può istituire o designare, nel quadro del proprio ordinamento giuridico nazionale, un organismo che avrà la competenza di esaminare le petizioni provenienti da individui o da gruppi di individui sotto la giurisdizione di detto Stato che lamentino di essere vittima di una violazione di uno qualunque dei diritti enunciati nella presente Convenzione e che abbiano esaurito gli altri ricorsi locali a loro disposizione.
3. La dichiarazione fatta in conformità del paragrafo 1 del presente articolo, nonché il nome di ogni organismo istituito o designato ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo sono depositati dallo Stato contraente interessato presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che ne invia copia agli altri Stati contraenti. La dichiarazione può essere ritirata in qualsiasi momento mediante notifica indirizzata al Segretario generale, ma tale ritiro non influisce in alcun modo sulle comunicazioni delle quali il Comitato è già investito.
4. L'Organismo istituito o designato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo dovrà tenere un registro delle petizioni, e copie del registro certificate conformi saranno depositate ogni anno presso il Segretario generale per il tramite dei competenti canali, restando inteso che il contenuto di dette copie non verrà reso pubblico.
5. Chi abbia rivolto una petizione e non riesca ad avere soddisfazione dall'Organismo istituito o designato conforme al paragrafo 2 del presente articolo, ha il diritto di inviare in merito, entro sei mesi, una comunicazione al Comitato.
6. a) Il Comitato, sottopone a titolo confidenziale qualsiasi comunicazione che gli venga inviata all'attenzione dello Stato contraente che si suppone abbia violato una qualsiasi delle disposizioni della Convenzione, ma l'identità dell'individuo o dei gruppi di individui interessati non dovrà essere rivelata senza il consenso esplicito di detto individuo o del detto gruppo di individui. Il Comitato non riceve comunicazioni anonime.
b) Entro i tre mesi seguenti lo Stato in questione comunica per iscritto al Comitato le proprie giustificazioni o dichiarazioni a chiarimento del problema con indicate, ove occorra, le misure eventualmente adottate per porre rimedio alla situazione.
7. a) Il Comitato esamina le comunicazioni tenendo conto di tutte le informazioni che ha ricevuto dallo Stato contraente interessato e dall'autore della petizione. Il Comitato esaminerà le comunicazioni provenienti dall'autore di una petizione soltanto dopo essersi accertato che quest'ultimo ha già esaurito tutti i ricorsi interni disponibili. Tuttavia, tale norma non viene applicata allorquando le procedure di ricorso superano un termine ragionevole.
b) Il Comitato invia i propri suggerimenti e le eventuali raccomandazioni allo Stato contraente interessato ed all'autore della petizione.
8. Il Comitato include nel proprio rapporto annuale un riassunto di tali comunicazioni e, ove occorra, un riassunto delle giustificazioni e delle dichiarazioni degli Stati contraenti interessati unitamente ai propri suggerimenti ed alle proprie raccomandazioni.
9. Il Comitato ha la competenza di adempiere le funzioni di cui al presente articolo soltanto se almeno dieci Stati Parti della Convenzione sono legati da dichiarazioni fatte in conformità al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 15.
1. In attesa che vengano realizzati gli obiettivi della Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali, contenuta nella Risoluzione 1514(XV) dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in data 14 dicembre 1960, le disposizioni della presente Convenzione non limitano per nulla il diritto di petizione accordato a tali popoli da altri strumenti internazionali o dall'Organizzazione delle Nazioni Unite o dalle sue istituzioni specializzate.
2. a) Il Comitato istituito conformemente al paragrafo 1 dell'art. 8 della presente Convenzione riceve copia delle petizioni provenienti dagli organi delle Nazioni Unite che si occupano di questioni che abbiano rapporto diretto con i principi e gli obiettivi della presente Convenzione, ed esprime il proprio parere e fa le proprie raccomandazioni circa le petizioni ricevute al momento dell'esame delle petizioni provenienti dagli abitanti di territori sotto amministrazione fiduciaria o non autonomi o di ogni altro territorio al quale si applichi la Risoluzione 1514 (XV) dell'Assemblea Generale, e che riguardino questioni previste dalla presente Convenzione, delle quali i summenzionati organi sono investiti.
b) Il Comitato riceve dagli organi competenti delle Nazioni Unite, copie dei rapporti concernenti le misure di ordine legislativo, giudiziario, amministrativo o altro riguardanti direttamente i principi e gli obiettivi della presente Convenzione che le potenze amministranti hanno applicato nei territori citati al comma a) del presente paragrafo ed esprime dei pareri e fa delle raccomandazioni a tali organi.
3. Il Comitato include nei suoi rapporti all'Assemblea Generale un riassunto delle petizioni e dei rapporti ricevuti da organi delle Nazioni Unite, nonché i pareri e le raccomandazioni che gli sono stati richiesti dai summenzionati rapporti e petizioni.
4. Il Comitato prega il Segretario generale delle Nazioni Unite di fornirgli tutte le informazioni riguardanti gli obiettivi della presente Convenzione, di cui esso disponga e relative ai territori citati al comma a) del paragrafo 2 del presente articolo.
Articolo 16.
Le disposizioni della presente Convenzione concernenti le misure da adottare per definire una controversia o per tacitare una lagnanza vengono applicate indipendentemente dalle altre procedure di definizione di vertenze o di ricorsi in materia di discriminazioni previste dagli strumenti costitutivi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle sue istituzioni specializzate o nelle Convenzioni adottate da tali organizzazioni, né vietano agli Stati contraenti di ricorrere ad altre procedure per la definizione di una controversia, in base agli accordi internazionali generali o particolari che li legano.
Parte III
Articolo 17.
1. La presente Convenzione è aperta alla firma di ogni Stato membro delle Nazioni Unite, o membro di una qualsiasi delle sue istituzioni specializzate, di ogni Stato Parte dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, nonché di ogni altro Stato invitato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a divenire parte della presente Convenzione.
2. La presente Convenzione è sottoposta a ratifica e gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
Articolo 18.
1. La presente Convenzione resterà aperta all'adesione di ogni Stato citato al paragrafo 1 dell'art. 17 della Convenzione.
2. L'adesione avverrà mediante il deposito di uno strumento di adesione presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
Articolo 19.
1. La presente Convenzione entrerà in vigore trenta giorni dopo la data del deposito, presso il Segretario generale delle Nazioni Unite, del ventisettesimo strumento di ratifica o di adesione.
2. Per ogni Stato che ratificherà la presente Convenzione o che vi aderirà dopo il deposito del ventisettesimo strumento di ratifica o di adesione, la presente Convenzione entrerà in vigore trenta giorni dopo la data del deposito, da parte dello Stato in questione, del proprio strumento di ratifica o di adesione.
Articolo 20.
1. Il Segretario generale delle Nazioni Unite riceverà e comunicherà a tutti gli Stati che sono divenuti parti della presente Convenzione, il testo delle riserve che saranno state formulate all'atto della ratifica o dell'adesione. Ogni Stato che sollevi delle obiezioni contro la riserva ne informerà il Segretario generale entro il termine di 90 giorni a partire dalla data di tale comunicazione, che esso non accetta la riserva in questione.
2. Non sarà autorizzata alcuna riserva che sia incompatibile con l'oggetto e lo scopo della presente Convenzione e del pari di ogni altra riserva che abbia per effetto la paralisi del funzionamento di uno qualsiasi degli organi creati dalla Convenzione. Una riserva verrà considerata come rientrante nella categoria di cui sopra, quando i due terzi degli Stati Parti alla Convenzione sollevino delle obiezioni.
3. Le riserve possono in ogni momento essere ritirate mediante notifica indirizzata al Segretario generale. La notifica avrà effetto alla data del suo ricevimento.
Articolo 21.
Ogni Stato contraente può denunciare la presente Convenzione mediante notifica inviata al Segretario generale delle Nazioni Unite. La denuncia avrà effetto un anno dopo la data in cui il Segretario generale ne avrà ricevuto notifica.
Articolo 22.
Ogni controversia tra due o più Stati contraenti in merito all'interpretazione o all'applicazione della presente Convenzione, che non sia stata definita mediante negoziati o a mezzo di procedure espressamente previste dalla presente Convenzione, sarà portata, a richiesta di una qualsiasi delle parti in controversia, dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia perché essa decida in merito, a meno che le parti in controversia non convengano di definire la questione altrimenti.
Articolo 23.
1. Ogni Stato contraente può formulare in ogni momento una domanda di revisione della presente Convenzione, mediante notifica scritta indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite.
2. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite deciderà sulle eventuali misure da adottare riguardo a tale richiesta.
Articolo 24.
Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite informerà tutti gli Stati citati al paragrafo 1 dell'art. 17 della presente Convenzione:
a) delle firme apposte alla presente Convenzione e degli strumenti di ratifica e di adesione depositati conformemente agli artt. 17 e 18;
b) della data alla quale la presente Convenzione entrerà in vigore in base all'art. 19;
c) delle comunicazioni e delle dichiarazioni ricevute in base agli artt. 14, 20 e 23;
d) delle denunce notificate in base all'art. 21.
Articolo 25.
1. La presente Convenzione, i cui testi inglese, cinese, spagnolo, francese e russo fanno egualmente fede, sarà depositata negli archivi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
2. Il Segretario generale delle Nazioni Unite farà avere una copia della presente Convenzione certificata conforme a tutti gli Stati appartenenti ad una qualsiasi delle categorie citate al paragrafo 1 dell'art 17 della Convenzione.
L’articolo 416 del c.p. (il cui testo è sopra riportato) fa parte del Libro secondo, Titolo V ed il soggetto attivo nel reato di associazione per delinquere può essere chiunque.
Per
quanto riguarda il Primo comma consiste nel promuovere, costituire o
organizzare l’associazione.
Il Secondo comma
consiste nel rivestire il ruolo di capo, ovvero, di soggetto che regola l’attività
dell’associazione occupando una posizione di superiorità o supremazia gerarchica.
Con riferimento al Terzo comma, invece, essa consiste nella semplice partecipazione, ovviamente ad una associazione finalizzata alla commissione di delitti e composta da almeno tre membri.
Il bene protetto è costituito dall’ordine pubblico poiché sarebbe minacciato dalla semplice esistenza di un’associazione stabile che ha come programma la commissione di delitti. La norma incriminatrice ripropone la struttura fondamentale del reato associativo, dando vita a due distinte ipotesi di reato.
Nella prima ipotesi delittuosa abbiamo che la condotta incriminatrice consiste nel promuovere, costituire o organizzare l’associazione per la nozione generale di “promuovere” o “costituire”.
Nella seconda ipotesi delittuosa invece il fatto tipico consiste nel partecipare all’associazione e i partecipanti devono essere almeno tre, anche se l’esistenza di un numero minimo di tre persone non è di per se sufficiente a dar vita a una vera e propria associazione penalmente rilevante; poiché occorre distinguere quest’ultima con il fenomeno del concorso di persone in uno stesso reato.
I requisiti che
differenziano l’associazione dal concorso sono:
1) un vincolo associativo stabile o permanente fra tre
o più soggetti, destinato a durare anche dopo l’eventuale realizzazione di
ciascun delitto programmato.
2) L’indeterminatezza del programma criminoso poiché dall’altra parte il concorso di persone nel reato dà vita a un vincolo occasionale tra più persone circoscritto alla realizzazione di uno o più reati determinati.
L’associazione deve avere come scopo la commissione di più delitti quindi deve mirare all’attuazione di un indeterminato programma delittuoso; però i delitti programmati possono però essere tutti della stessa specie sicché l’indeterminatezza del programma può avere riguardo anche solo alla loro entità numerica.
Il dolo consiste nella conoscenza e volontà di far parte in maniera permanente del sodalizio criminoso ed è necessaria l’intenzione di contribuire all’attuazione del generico programma criminoso.
Il reato si consuma nel momento in cui viene ad esistenza l’associazione perché è in quel momento che sorge pericolo per l’ordine pubblico trattandosi di reato di pericolo.
L’associazione per delinquere è reato permanente per cui la consumazione si protrae finché l'associazione rimane in vita.
Nell’associazione, i promotori sono coloro che si fanno iniziatori dell’associazione. I costitutori sono coloro che con la loro attività determinano o concorrono a determinare la nascita dell’associazione.
Gli organizzatori sono coloro che coordinano l’attività dei singoli soci per assicurare la vita dell’associazione.
I partecipanti sono coloro i quali esplicano attività di carattere materiale strumentale alla sopravvivenza dell’associazione o al perseguimento degli scopi sociali.
Infine i capi sono
coloro che regolano in tutto o in parte l’attività collettiva con poteri di supremazia sugli
altri membri dell’associazione.
(di Tullia Mauro)
Con
la Sentenza Andreotti, il tema del concorso eventuale nel reato di associazione
di stampo mafioso viene affrontato a partire da un punto di vista diverso: mentre, infatti, la matrice delle Sentenze Demitry e Carnevale
fu rappresentata dal c.d. «aggiustamento dei processi», in questa occasione
oggetto della controversia processuale fu lo «scambio politico-mafioso».
IL FATTO
Con
decreto del 2 marzo 1995 veniva disposto il giudizio dinanzi al Tribunale di
Palermo nei confronti di Giulio Andreotti perché rispondesse del reato di cui
all’art. 416 c.p. (associazione per delinquere) per aver messo a disposizione
dell’associazione per delinquere «Cosa Nostra» l’influenza e il potere
derivanti dalla sua posizione di esponente politico, e ciò partecipando
personalmente ad incontri con esponenti dell’organizzazione, intrattenendo
rapporti continuativi con essa, e rafforzando la potenzialità criminale della
medesima; il tutto al fine di tutelare gli interessi e il raggiungimento degli
scopi criminali dell’organizzazione criminale.
Ci
furono tre gradi di giudizio per il processo contro Andreotti che fu iscritto
nel registro delle notizie di reato il 4 marzo del 1993.
In
considerazione dell’immunità prevista, per il soggetto parlamentare, dall’art.
68 della Costituzione il 27 marzo 1993 venne inoltrata agli Uffici di Presidenza
del Senato della Repubblica la richiesta di autorizzazione a procedere
parlamentare. La Procura della Repubblica di Palermo richiese di poter
procedere nei confronti di Giulio Andreotti per i reati di cui agli artt. 110 e
416 c.p. (concorso ‘esterno’ in associazione per delinquere ‘semplice’) e agli artt. 110 e 416 bis c.p. (concorso ‘esterno’ in
associazione di tipo mafioso).
Il
6 maggio 1993 la Giunta delle autorizzazioni e delle immunità del Senato della
Repubblica diede parere positivo sulla richiesta di autorizzazione a procedere,
escludendo la sussistenza di fumus persecutionis oggettivo e soggettivo nei
confronti di Giulio Andreotti.
Successivamente,
il 13 maggio 1993 il Senato della Repubblica concesse, su richiesta dello
stesso Giulio Andreotti, l’autorizzazione a procedere parlamentare.
Il
21 maggio 1994 i P.M. Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato
formularono, in 'modifica' delle precedenti ipotesi di reato, richiesta di
rinvio a giudizio nei confronti di Giulio Andreotti.
Andreotti
fu così imputato del reato di cui all'art. 416 c.p. (associazione per
delinquere), per avere messo a disposizione dell'associazione per delinquere
denominata Cosa Nostra, per la tutela degli interessi e per il raggiungimento
degli scopi criminali della stessa, l'influenza e il potere derivanti dalla sua posizione di
esponente di vertice di una corrente politica, nonché dalle relazioni intessute
nel corso della sua attività; partecipando in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all’espansione
dell’associazione medesima.
LE
CONCLUSIONI
Con
tale pronuncia, la Seconda Sezione Penale della Cassazione è giunta a sostenere
che «la partecipazione all’associazione criminosa si sostanzia nella volontà dei suoi vertici di includervi il soggetto e nell’impegno assunto
da costui di contribuirne alla vita attraverso una condotta a forma libera, ma in ogni caso tale da costituire un contributo apprezzabile e concreto, sul
piano causale, all’esistenza o al rafforzamento del sodalizio». Pertanto, a dire
della Corte «non è … sufficiente una condivisione meramente psicologica o
ideale di programmi e finalità della struttura criminosa, ma occorre la
concreta assunzione di un ruolo materiale al suo interno, poiché la
partecipazione implica l’apporto di un contributo nella consapevolezza e volontà di collaborare alla realizzazione del programma societario. D’altra
parte, in mancanza dell’inserimento formale nel sodalizio, è soltanto la prestazione
di contributi reali che rende concreta ed effettiva, e non meramente teorica,
la disponibilità e nel contempo e materializza la prova».
Insomma,
la Corte, con riferimento ad un periodo temporale precedente all’entrata in
vigore dell’art. 416 bis c.p. ha riconosciuto che la posizione di rilievo
nazionale dell’imputato, che aveva manifestato la “propria disponibilità” nei
confronti di “Cosa Nostra”, fosse sufficiente, in assenza di una affiliazione
formale, ad integrare la condotta di partecipazione (interna) al sodalizio.
In
più la sentenza di primo grado riconobbe anche il “forte legame sviluppatosi
sul piano politico” e lo “stretto rapporto fiduciario” fra Giulio Andreotti e
Salvo Lima, di cui fu appurata la “stabile collaborazione con Cosa Nostra”,
addirittura antecedente alla sua adesione alla corrente andreottiana nel 1968.
(di Tullia Mauro)
Il
tema del Concorso Esterno è stato ripreso, poi, nel 2003 con la Sentenza
Carnevale: con tale decisione, le SS.UU, consolidano quanto già espresso con la
Sentenza Demitry, salvo alcune parziali innovazioni.. È per tale ragione,
infatti, che la Sentenza Carnevale si pone in rapporto di continuità con la Sentenza
Demitry.
IL FATTO
Corrado
Carnevale fu presidente della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione
dal 1985 al 1993: gli veniva contestato il delitto di Concorso Esterno per aver
contribuito in maniera non occasionale alla realizzazione degli scopi
dell’associazione Cosa Nostra,
strumentalizzando le sue funzioni di presidente ed assicurando l’impunità agli
esponenti di vertice e agli altri aderenti alla medesima organizzazione nei
procedimenti penali che li coinvolgevano. In tal modo, pur non essendo
formalmente ed organicamente inserito nell’associazione, ne avrebbe comunque
determinato il «mantenimento, il rafforzamento e l’espansione». Si sospettava
una sua connivenza con la criminalità organizzata. Nella sentenza Carnevale si
allarga la fattispecie del concorso esterno, includendo “ogni condotta
idonea a mantenere o rafforzare il vincolo associativo”, indipendentemente
dalla fibrillazione. Si richiede però il dolo diretto, cioè il soggetto deve
sapere che la sua condotta sta rafforzando o mantenendo il vincolo associativo
e deve agire in tale direzione.
ANALISI
Con
tale sentenza, le SS.UU. ripercorrono l’evoluzione storica, giurisprudenziale e
dottrinale, sviluppatasi sul tema del Concorso Esterno: vengono passate in
rassegna le posizioni circa la configurabilità del delitto in parola, e
all’esito della ricostruzione la Corte ribadisce l’ammissibilità del Concorso
Esterno. Viene precisato, in particolare, che assume la qualità di concorrente
esterno la persona che, priva dell’affectio societatis, fornisce un concreto,
specifico, consapevole e volontario
contributo all’associazione, purché questo abbia un’effettiva
rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento
dell’associazione medesima e sia comunque diretto alla realizzazione, anche
parziale, del programma criminoso della medesima. Gli elementi di novità
concernono alcune precisazioni circa l’elemento oggettivo e soggettivo
della condotta del Concorrente Esterno, nonché circa la »situazione
patologica di «fibrillazione in cui versa l’organizzazione criminosa e
rispetto alla quale si apprezza l’atteggiamento del concorrente eventuale.
Rispetto
all’elemento oggettivo e soggettivo della condotta:
a)
Elemento Oggettivo: il
contributo deve poter essere apprezzato come idoneo, in termini
di concretezza/specificità/rilevanza, a determinare la conservazione o il
rafforzamento dell’associazione. Non è rilevante la continuità, la ripetizione
o la singolarità della condotta, tantomeno è rilevante la sola «contiguità
compiacente», la «vicinanza» o la «disponibilità» nei riguardi del sodalizio o
di suoi esponenti: piuttosto, ad essere rilevanti sono le attività
positive che forniscano un contributo atto a determinare un oggettivo
apporto di rafforzamento o di consolidamento dell’associazione.
In sostanza, ciò che conta non è la mera disponibilità dell’estraneo a
conferire il contributo richiestogli, bensì l’effettività di tale
contributo, nel senso che a seguito di un impulso proveniente dall’ente
criminale il soggetto si sia di fatto attivato nella direzione indicatagli.
b)
Elemento Soggettivo:
sull’elemento soggettivo la Sentenza Carnevale differisce dalla Sentenza
Demitry; viene infatti richiesto il dolo diretto, nella forma
della rappresentazione circa l’utilità apportata alla realizzazione del
programma criminoso, anche solo parzialmente. In particolare, viene precisato
che il concorrente esterno è tale quando, pur essendo estraneo all’associazione,
della quale non intende far parte, apporti un contributo che «sa» e «vuole»
sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso.
In altre parole, ciò che caratterizza l’elemento soggettivo del concorrente
eventuale è la consapevolezza di contribuire in proprio alla vita
dell’associazione e alla realizzazione del programma criminoso, senza la volontà
di aderirvi in maniera stabile ed organica.
Rispetto,
invece, alla situazione di «fibrillazione», la Sentenza Carnevale
ha mitigato la portata di tale circostanza rispetto a quanto delineato dalla Sentenza
Demitry. La Corte, in tale occasione, ha posto in discussione la centralità
dello stato di crisi dell’organizzazione, ritenendo che la fattispecie concorsuale
non debba necessariamente configurarsi allorquando si verifichi una situazione
di anormalità, potendosi realizzare anche quando la condotta dell’extraneus sia
diretta al rafforzamento e alla conservazione dell’associazione.
LE
CONCLUSIONI
In
conclusione, con la Sentenza Carnevale sono stati effettuati alcuni passi in
avanti in tema di Concorso Esterno. Infatti, pur ponendosi in continuità con la
Sentenza Demitry, le SS.UU. hanno individuato alcune caratteristiche ulteriori
del fenomeno:
a)
In primo luogo, il punto nodale in tema di condotta
è l’individuazione del livello di intensità idoneo a considerare
tale condotta come concorso
esterno, per cui diventa sempre cruciale la valutazione dell’effettività del
contributo, mentre in tema di elemento soggettivo viene precisato che quello dell’extraneus
non sia tanto un dolo specifico quanto un dolo diretto.
b)
In secondo luogo, ridimensionando il ruolo
dello «stato di fibrillazione», la Corte ha precisato che la fattispecie
concorsuale sia riconducibile ad una gamma più ampia di eventi: non più solo il
mantenimento in vita dell’associazione, ma anche la sua «conservazione»
o il suo «rafforzamento».
Tuttavia
l’inchiesta dura dieci anni, fino all’assoluzione del 30 ottobre 2002. La Corte
suprema ha scritto nero su bianco che la decisione del giudice di secondo grado
è «assolutamente carente nella individuazione di elementi che possano ritenersi
davvero idonei a dimostrare che le deliberazioni della Cassazione, oggetto di
contestazione, non furono espressione della volontà collegiale formatasi
liberamente attraverso l’apporto di volontà individuali determinatesi
autonomamente, indipendentemente da influenze e condizionamenti altrui, bensì
il risultato del comportamento dell’imputato, illecito in quanto volto a
favorire l’associazione criminale Cosa Nostra». Per questo la sentenza di
condanna viene annullata dalla Cassazione. Un annullamento senza rinvio, poiché
le lacune non possono essere colmate in un eventuale giudizio di rinvio. «Tanto
si ricava – si legge nelle motivazioni della sentenza di Cassazione – dalla
completa e minuziosa disamina degli atti compiuta in sede di merito, in cui si è
indagato su ogni circostanza che a tal fine sembra rilevante. Indagine che
tuttavia ha proposto o elementi inutilizzabili, o elementi già disattesi, o
elementi non dotati di alcuna, rilevante significazione». In sostanza la
sentenza viene annullata senza rinvio perché il fatto ascritto a Carnevale non
sussiste.
(di Tullia Mauro)
L’istituto del Concorso
Esterno è pervenuto all’attenzione delle SS. UU. della Cassazione, per la prima
volta, nel 1994.
Con
la Sentenza de quo la Suprema Corte ha superato il preesistente contrasto
giurisprudenziale sull’ammissibilità della fattispecie, e ciò non soltanto ammettendone
la configurabilità, ma addirittura individuando una serie di «criteri sicuri»
per qualificare la figura del «Concorrente Esterno» e per delimitare l’ambito
di punibilità della condotta di quest’ultimo, in contrapposizione alla figura
del «Partecipe».
IL FATTO
Con ordinanza del 17
giugno 1994 il Tribunale di Salerno emetteva, nei confronti di Giuseppe
Demitry, ordinanza di custodia cautelare per aver concorso nell’associazione
camorristica capeggiata da Carmine Alfieri e Pasquale Galasso, svolgendo
«un’attività di intermediazione» tra il giudice Vito Masi e Pasquale Galasso
per «l’aggiustamento» di un procedimento penale a carico dei membri del
sodalizio criminoso.
La Sentenza Demetry è
passata alla storia per essere stato il primo tassello che ha portato alla
definitiva configurazione del reato di concorso esterno in associazione
mafiosa. La sentenza Demitry è datata 5 ottobre 1994, data in cui la Corte di
Cassazione si espresse accogliendo la tesi favorevole alla configurabilità del
concorso “esterno” in associazione per delinquere di stampo mafioso.
L’obiettivo di quella
sentenza era andare a distinguere chiaramente tra la figura del partecipe al
reato, noto come concorrente necessario: e la figura del concorrente eventuale.
Tutto era nato da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data
17 giugno 1994 dal Tribunale di Salerno nei confronti di Giuseppe Demitry, ex
sottosegretario socialista che, secondo i giudici di Salerno, aveva stretto
rapporti con i clan per ostacolare l’attività delle toghe.
Da qui nacque l’iter che
portò a delineare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa così
come arrivato ai giorni nostri.
ANALISI
Le SS.UU., anzitutto, al
fine di ammettere la configurabilità del delitto, hanno provveduto ad
individuare le distinzioni tra le figure del Concorrente Necessario (il
Partecipe) e il Concorrente Eventuale (il Concorrente Esterno). In particolare:
a) Il Concorrente
Necessario (Partecipe) è tale perché pone in essere una condotta di
«partecipazione», intesa come «stabile permanenza del vincolo associativo tra gli
autori»; sicché la condotta deve sostanziarsi in un «far parte» del sodalizio,
nel senso che deve rispecchiare un grado di compenetrazione tale che il
soggetto vi sia stabilmente incardinato con determinati e continui compiti,
anche per settori di competenza.
b) Il Concorrente
Eventuale (Concorrente Esterno), invece, è colui che, non essendo parte del
sodalizio, pone in essere una condotta «atipica» che, per essere rilevante,
deve contribuire alla realizzazione della condotta tipica posta in essere da altri:
in altre parole, egli apporta un contributo che consente agli associati di
realizzare la condotta tipica di cui all’art. 416-bis c.p.
In secondo luogo, sempre
ai fini della distinzione, le SS.UU. hanno approfondito il tema dell’elemento
soggettivo del reato:
a) Il Concorrente
Necessario «non può non muoversi con la volontà di far parte dell’associazione
e con la volontà di voler contribuire alla realizzazione degli scopi della
stessa». Perciò, quello del Partecipe è un Dolo Specifico.
b) Il Concorrente Eventuale,
invece, «vorrà la sua condotta e non la condotta di far parte
dell’associazione», pur consapevole di agevolare l’associazione medesima,
Sicché, quello del Concorrente Esterno è un Dolo Generico, dato che egli vuole
e sa di agevolare l’organizzazione, ma si disinteressa degli obiettivi che la
stessa si propone di conseguire.
Tenendo conto di tali
profili oggettivi e soggettivi, le SS.UU. hanno allora individuato i connotati
del Concorrente Esterno, contrapponendoli a quelli del Partecipe:
a) Il Partecipe è colui
che «fa parte dell’associazione» in quanto entra nella medesima e ne diventa
parte integrante: infatti, è colui «senza il cui apporto quotidiano o assiduo,
l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta
speditezza». Il Partecipe, poi, può assumere graduazione diversa (Promotore,
Organizzatore, Dirigente, Affiliato), ma in ogni caso il dato essenziale è che
grazie alla sua azione diretta l’associazione «fa le proprie fortune». Del
resto, sebbene a vario titolo, si tratta pur sempre di soggetti che agiscono
nella «fisiologia» dell’associazione.
b) Il Concorrente
Esterno, invece, «non fa parte dell’associazione», anzi egli non vuole affatto
farne parte; ciononostante l’associazione si rivolge ad esso sia per colmare temporanei
vuoti in un determinato ruolo, sia soprattutto nel momento in cui la fisiologia
dell’associazione entra in «fibrillazione», cioè attraversa una fase patologica
che per essere superata esige il contributo temporaneo e limitato di un
soggetto esterno.
In sintesi, se il
Partecipe esercita il proprio ruolo nella «normalità» della vita associativa,
il Concorrente Esterno interviene invece in una fase di «fibrillazione
patologica» (nel caso di specie il procedimento penale a carico dei membri, che
rischia di incrinare la sussistenza dell’associazione), cioè di emergenza della
vita dell’associazione.
LE CONCLUSIONI
Le SS.UU. hanno stabilito
che il «Concorso Esterno» è configurabile per quei soggetti che, sebbene non
facciano parte della societas sceleris, forniscano, sia pure mediante un solo
intervento, un contributo all’ente delittuoso tale da consentirgli il
Mantenimento in Vita, anche limitatamente ad un determinato settore, onde poter
perseguire i propri scopi.
(di Tullia Mauro)
art. 1
La Camera dei
deputati ed il
Senato della Repubblica
hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data di
entrata in
vigore della presente
legge, uno o
piu' decreti
legislativi recanti il riassetto
formale e sostanziale del processo
civile, mediante novelle al
codice di procedura civile e alle leggi
processuali speciali, in funzione
di obiettivi di
semplificazione,
speditezza e
razionalizzazione del processo
civile, nel rispetto
della garanzia del
contraddittorio, attenendosi ai principi e criteri
direttivi previsti dalla presente
legge.
2. Gli schemi dei decreti
legislativi di cui al comma
1 sono
adottati su proposta del Ministro
della giustizia di concerto con il
Ministro dell'economia
e delle finanze
e con il
Ministro per
l'innovazione tecnologica e
la transizione digitale.
I medesimi
schemi sono trasmessi alle Camere
perche' su di essi sia espresso il
parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per
i
profili finanziari entro il
termine di sessanta giorni
dalla data
della ricezione. Decorso il
predetto termine i decreti possono essere
emanati anche in mancanza dei
pareri. Qualora detto termine scada nei
trenta giorni antecedenti
alla scadenza del
termine previsto per
l'esercizio della delega o
successivamente, quest'ultimo e' prorogato
di sessanta giorni. Il Governo,
qualora non intenda conformarsi
ai
pareri parlamentari, trasmette
nuovamente i testi alle Camere con le
sue osservazioni
e con eventuali
modificazioni, corredate dei
necessari elementi integrativi
di informazione e
motivazione. I
pareri definitivi delle
Commissioni competenti per materia
e per i
profili finanziari sono espressi
entro venti giorni dalla data della
nuova trasmissione. Decorso tale
termine, i decreti possono
essere
comunque emanati.
3. Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni
dalla data di entrata in vigore
dell'ultimo dei decreti legislativi
adottati in attuazione della
delega di cui al comma 1 e nel rispetto
dei principi e criteri direttivi
fissati dalla presente legge, puo'
adottare disposizioni
integrative e correttive
dei decreti
legislativi medesimi.
4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto
o i
decreti legislativi recanti
modifiche alle discipline della procedura
di mediazione e
della negoziazione assistita
sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a)
riordinare e semplificare
la disciplina degli
incentivi
fiscali relativi alle procedure
stragiudiziali di risoluzione delle
controversie prevedendo: l'incremento
della misura dell'esenzione
dall'imposta di registro di cui
all'articolo 17, comma 3, del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
la semplificazione della procedura
prevista per
la determinazione del
credito d'imposta di
cui
all'articolo 20 del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28,
e il
riconoscimento di
un credito d'imposta
commisurato al compenso
dell'avvocato che assiste la
parte nella procedura di mediazione, nei
limiti previsti
dai parametri professionali; l'ulteriore
riconoscimento di un credito
d'imposta commisurato al
contributo
unificato versato dalle parti
nel giudizio che
risulti estinto a
seguito della conclusione
dell'accordo di mediazione;
l'estensione
del patrocinio a spese dello
Stato alle procedure di mediazione e di
negoziazione assistita; la
previsione di un
credito d'imposta in
favore degli organismi di
mediazione commisurato
all'indennita' non
esigibile dalla parte che si
trova nelle condizioni per l'ammissione
al patrocinio a spese dello
Stato; la riforma delle spese di
avvio
della procedura di mediazione
e delle indennita'
spettanti agli
organismi di mediazione; un
monitoraggio del rispetto del
limite di
spesa destinato alle misure
previste che, al verificarsi di eventuali
scostamenti rispetto
al predetto limite
di spesa, preveda
il
corrispondente aumento del
contributo unificato;
b) eccezion fatta per l'arbitrato,
armonizzare, all'esito del
monitoraggio che dovra' essere
effettuato sull'area di applicazione
della mediazione obbligatoria, la
normativa in materia di procedure
stragiudiziali di risoluzione
delle controversie previste dalla legge
e, allo scopo, raccogliere tutte
le discipline in
un testo unico
degli strumenti complementari
alla giurisdizione (TUSC), anche
con
opportuna valorizzazione delle
singole competenze in ragione
delle
materie nelle quali dette
procedure possono intervenire;
c) estendere il ricorso obbligatorio
alla mediazione, in via
preventiva, in
materia di contratti
di associazione in
partecipazione, di consorzio, di
franchising, di opera, di rete, di
somministrazione, di societa' di
persone e di
subfornitura, fermo
restando il ricorso alle
procedure di risoluzione
alternativa delle
controversie previsto da leggi
speciali e fermo restando che, quando
l'esperimento del
procedimento di mediazione
e' condizione di
procedibilita' della domanda
giudiziale, le parti
devono essere
necessariamente assistite
da un difensore
e la condizione
si
considera avverata se il primo
incontro dinanzi al
mediatore si
conclude senza l'accordo e che,
in ogni caso, lo svolgimento
della
mediazione non preclude la
concessione dei provvedimenti urgenti
e
cautelari, ne'
la trascrizione della
domanda giudiziale. In
conseguenza di questa estensione
rivedere la formulazione del comma
1-bis dell'articolo 5 del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Prevedere, altresi', che decorsi
cinque anni dalla data di entrata in
vigore del
decreto legislativo che
estende la mediazione
come
condizione di procedibilita' si
proceda a una verifica,
alla luce
delle risultanze
statistiche,
dell'opportunita' della permanenza
della procedura di mediazione
come condizione di procedibilita';
d)
individuare, in caso
di mediazione obbligatoria nei
procedimenti di opposizione a
decreto ingiuntivo, la parte che deve
presentare la domanda di
mediazione, nonche' definire il regime del
decreto ingiuntivo laddove la
parte obbligata non abbia soddisfatto
la condizione di procedibilita';
e) riordinare le disposizioni
concernenti lo svolgimento
della
procedura di mediazione nel
senso di favorire
la partecipazione
personale delle parti, nonche'
l'effettivo confronto sulle questioni
controverse, regolando le
conseguenze della mancata partecipazione;
f) prevedere la possibilita'
per le parti
del procedimento di
mediazione di delegare,
in presenza di giustificati motivi,
un
proprio rappresentante a
conoscenza dei fatti e munito
dei poteri
necessari per la soluzione
della controversia e
prevedere che le
persone giuridiche
e gli enti
partecipano al procedimento
di
mediazione avvalendosi di
rappresentanti o delegati a conoscenza
dei
fatti e
muniti dei poteri
necessari per la
soluzione della
controversia;
g) prevedere per i rappresentanti delle
amministrazioni pubbliche
di cui all'articolo 1, comma
2, del
decreto legislativo 30
marzo
2001, n. 165, che la
conciliazione nel procedimento
di mediazione
ovvero in sede giudiziale non da'
luogo a responsabilita' contabile,
salvo il caso in cui sussista
dolo o colpa grave, consistente nella
negligenza inescusabile derivante
dalla grave violazione della legge
o dal travisamento dei fatti;
h) prevedere che l'amministratore del condominio e' legittimato ad
attivare un procedimento di
mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi,
e prevedere che l'accordo di
conciliazione riportato nel verbale o la
proposta del
mediatore sono sottoposti all'approvazione
dell'assemblea condominiale che
delibera con le maggioranze previste
dall'articolo 1136 del
codice civile e
che, in caso
di mancata
approvazione, la conciliazione si
intende non conclusa o la proposta
del mediatore non approvata;
i) prevedere, quando il mediatore procede ai sensi dell'articolo 8,
comma 4, del decreto legislativo
4 marzo 2010, n. 28, la possibilita'
per le parti di stabilire, al
momento della nomina dell'esperto, che
la sua relazione possa
essere prodotta in
giudizio e liberamente
valutata dal giudice;
l) procedere alla revisione della
disciplina sulla formazione
e
sull'aggiornamento dei mediatori,
aumentando la durata della stessa,
e dei criteri di idoneita' per
l'accreditamento dei formatori teorici
e pratici, prevedendo che coloro
che non abbiano
conseguito una
laurea nelle
discipline giuridiche possano
essere abilitati a
svolgere l'attivita' di mediatore
dopo aver conseguito
un'adeguata
formazione tramite specifici
percorsi di approfondimento giuridico,
senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica;
m) potenziare i
requisiti di qualita'
e trasparenza del
procedimento di mediazione, anche
riformando i criteri indicatori dei
requisiti di serieta' ed
efficienza degli enti pubblici o privati per
l'abilitazione a costituire
gli organismi di
mediazione di cui
all'articolo 16 del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28,
e le
modalita' della loro
documentazione per l'iscrizione
nel registro
previsto dalla medesima norma;
n) riformare e
razionalizzare i criteri
di valutazione
dell'idoneita' del responsabile
dell'organismo di mediazione, nonche'
degli obblighi del responsabile
dell'organismo di mediazione e del
responsabile scientifico
dell'ente di formazione;
o) valorizzare e incentivare la mediazione demandata dal
giudice,
di cui all'articolo 5, comma 2,
del decreto legislativo 4 marzo 2010,
n. 28, in un regime di
collaborazione necessaria fra
gli uffici
giudiziari, le
universita', nel rispetto
della loro autonomia,
l'avvocatura, gli organismi di
mediazione, gli enti e le associazioni
professionali e di categoria sul
territorio, che consegua stabilmente
la formazione degli operatori, il
monitoraggio delle esperienze e la
tracciabilita' dei provvedimenti
giudiziali che demandano le
parti
alla mediazione. Agli stessi fini
prevedere l'istituzione di percorsi
di formazione in mediazione per i
magistrati e la valorizzazione di
detta formazione e dei
contenziosi definiti a seguito di mediazione o
comunque mediante accordi
conciliativi, al fine
della valutazione
della carriera dei magistrati
stessi;
p) prevedere che le
procedure di mediazione
e di negoziazione
assistita possano
essere svolte, su
accordo delle parti,
con
modalita' telematiche e
che gli incontri
possano svolgersi con
collegamenti da remoto;
q) prevedere, per le
controversie di cui
all'articolo 409 del
codice di
procedura civile, fermo
restando quanto disposto
dall'articolo 412-ter del
medesimo codice, senza che cio' costituisca
condizione di
procedibilita' dell'azione, la
possibilita' di
ricorrere alla negoziazione assistita,
a condizione che
ciascuna
parte sia assistita dal proprio
avvocato, nonche', ove le parti
lo
ritengano, anche dai rispettivi
consulenti del lavoro, e
prevedere
altresi' che
al relativo accordo
sia assicurato il
regime di
stabilita' protetta di cui
all'articolo 2113, quarto
comma, del
codice civile;
r) semplificare la procedura
di negoziazione assistita,
anche
prevedendo che, salvo diverse
intese tra le parti, sia utilizzato un
modello di convenzione elaborato
dal Consiglio nazionale forense;
s) prevedere, nell'ambito
della procedura di
negoziazione
assistita, quando la convenzione
di cui all'articolo 2, comma 1, del
decreto-legge 12
settembre 2014, n.
132, convertito, con
modificazioni, dalla legge
10 novembre 2014,
n. 162, la
prevede
espressamente, la
possibilita' di svolgere,
nel rispetto del
principio del contraddittorio e
con la necessaria partecipazione di
tutti gli avvocati
che assistono le
parti coinvolte, attivita'
istruttoria, denominata «
attivita' di istruzione
stragiudiziale »,
consistente nell'acquisizione di
dichiarazioni da parte di terzi su
fatti rilevanti in relazione
all'oggetto della controversia e nella
richiesta alla controparte di
dichiarare per iscritto, ai fini di cui
all'articolo 2735 del codice
civile, la verita' di
fatti ad essa
sfavorevoli e favorevoli alla
parte richiedente;
t) prevedere, nell'ambito
della disciplina dell'attivita' di
istruzione stragiudiziale, in
particolare:
1) garanzie per le parti e i terzi, anche per cio' che concerne le
modalita' di
verbalizzazione delle dichiarazioni, compresa
la
possibilita' per i terzi di non
rendere le dichiarazioni, prevedendo
in tal caso misure volte ad
anticipare l'intervento del giudice
al
fine della loro acquisizione;
2) sanzioni penali per chi rende dichiarazioni false e conseguenze
processuali per la
parte che si
sottrae all'interrogatorio, in
particolar modo consentendo al
giudice di tener conto della condotta
ai fini delle spese del giudizio
e di quanto previsto dagli articoli
96 e 642, secondo comma, del
codice di procedura civile;
3) l'utilizzabilita' delle
prove raccolte nell'ambito
dell'attivita' di istruzione
stragiudiziale nel successivo giudizio
avente ad oggetto l'accertamento degli
stessi fatti e
iniziato,
riassunto o
proseguito dopo l'insuccesso
della procedura di
negoziazione assistita, fatta
salva la possibilita' per il giudice di
disporne la rinnovazione,
apportando le necessarie
modifiche al
codice di procedura civile;
4) che il compimento di abusi nell'attivita' di acquisizione delle
dichiarazioni costituisca per
l'avvocato grave illecito disciplinare,
indipendentemente dalla
responsabilita' prevista da altre norme;
u)
apportare modifiche all'articolo
6 del decreto-legge
12
settembre 2014, n. 132,
convertito, con modificazioni, dalla legge 10
novembre 2014,
n. 162: prevedendo
espressamente che, fermo
il
principio di cui al comma 3
del medesimo articolo
6, gli accordi
raggiunti a seguito di
negoziazione assistita possano contenere anche
patti di
trasferimenti immobiliari con
effetti obbligatori;
disponendo che
nella convenzione di
negoziazione assistita il
giudizio di congruita' previsto
dall'articolo 5, ottavo comma, della
legge 1° dicembre 1970, n. 898,
sia effettuato dai difensori con la
certificazione dell'accordo delle
parti; adeguando le
disposizioni
vigenti quanto
alle modalita' di
trasmissione dell'accordo;
prevedendo che gli accordi muniti
di nulla osta o di autorizzazione
siano conservati, in originale,
in apposito archivio tenuto presso i
Consigli dell'ordine degli
avvocati di cui all'articolo 11 del citato
decreto-legge 12
settembre 2014, n.
132, che rilasciano
copia
autentica dell'accordo
alle parti, ai difensori
che hanno
sottoscritto l'accordo
e ai terzi
interessati al contenuto
patrimoniale dell'accordo
stesso; prevedendo l'irrogazione
di una
sanzione amministrativa
pecuniaria a carico dei difensori che violino
l'obbligo di trasmissione
degli originali ai
Consigli dell'ordine
degli avvocati, analoga a quella
prevista dal comma 4 dell'articolo 6
del citato decreto-legge n. 132
del 2014.
5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto
o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di
cognizione di primo
grado davanti al
tribunale in composizione
monocratica sono adottati nel rispetto
dei
seguenti principi e criteri
direttivi:
a) assicurare la semplicita', la
concentrazione e l'effettivita'
della tutela e la ragionevole
durata del processo;
b) prevedere che nell'atto di citazione i fatti e gli elementi
di
diritto costituenti le ragioni
della domanda, di
cui all'articolo
163, terzo comma, numero 4), del
codice di procedura civile,
siano
esposti in modo chiaro e
specifico;
c) stabilire che nell'atto di citazione sia contenuta l'indicazione
specifica dei mezzi di prova dei
quali l'attore intende valersi e dei
documenti che offre in
comunicazione, di cui all'articolo 163,
terzo
comma, numero 5), del codice di
procedura civile;
d) prevedere che l'atto di citazione
contenga, in aggiunta
ai
requisiti di cui all'articolo
163, terzo comma, numero 7), del codice
di procedura civile, l'ulteriore
avvertimento che la difesa tecnica
mediante avvocato e' obbligatoria
ai sensi degli
articoli 82 e
seguenti del codice di procedura
civile, in tutti i giudizi davanti
al tribunale, fatta eccezione per
i casi di cui all'articolo 86 del
medesimo codice, e che la
parte, sussistendone i
presupposti di
legge, puo' presentare istanza
per l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato;
e) prevedere che nella comparsa di risposta di cui all'articolo 167
del codice di procedura civile il
convenuto proponga tutte
le sue
difese e prenda posizione sui
fatti posti dall'attore a
fondamento
della domanda in modo chiaro e
specifico e che, ferme le preclusioni
di cui all'articolo 167, secondo
comma, primo periodo, del codice di
procedura civile, indichi i mezzi
di prova di cui intende valersi e i
documenti che offre in
comunicazione;
f) prevedere che
l'attore, entro un
congruo termine prima
dell'udienza di comparizione, a
pena di decadenza puo' proporre
le
domande e
le eccezioni che
sono conseguenza della
domanda
riconvenzionale o delle eccezioni
del convenuto e chiedere di essere
autorizzato a chiamare un terzo
ai sensi degli articoli 106 e 269,
terzo comma, del codice di
procedura civile se l'esigenza e'
sorta
dalle difese
del convenuto, nonche'
in ogni caso
precisare e
modificare le domande, le
eccezioni e le conclusioni gia' formulate
e, a pena di decadenza,
indicare i nuovi
mezzi di prova
e le
produzioni documentali; prevedere
che entro un
successivo termine
anteriore all'udienza di
comparizione il convenuto puo' modificare le
domande, le eccezioni e le
conclusioni gia' formulate e, a pena
di
decadenza, indicare i mezzi
di prova
ed effettuare le
produzioni
documentali e che entro un
ulteriore termine prima dell'udienza
di
comparizione le parti possono
replicare alle domande
ed eccezioni
formulate nelle memorie
integrative e indicare la prova contraria;
g) determinare i termini per le memorie di cui alla lettera f) in
modo tale da permettere la celere
trattazione del processo garantendo
in ogni caso
il principio del
contradditorio e il
piu' ampio
esercizio del diritto di
difesa, se del
caso anche ampliando
il
termine a comparire previsto
dall'articolo 163-bis e il termine per
la costituzione del convenuto
previsto dall'articolo 166 del codice
di procedura civile;
h) adeguare la disciplina della
chiamata in causa
del terzo e
dell'intervento volontario ai
principi di cui alle lettere da c) a
g);
i) adeguare le disposizioni
sulla trattazione della
causa ai
principi di cui alle lettere da
c) a g) e prevedere che:
1) nel corso dell'udienza di comparizione le parti devono comparire
personalmente ai
fini del tentativo
di conciliazione previsto
dall'articolo 185
del codice di
procedura civile; la
mancata
comparizione personale senza
giustificati motivi e' valutabile
dal
giudice ai fini
dell'articolo 116, secondo
comma, del codice
di
procedura civile;
2) il giudice
provvede sulle richieste
istruttorie all'esito
dell'udienza, predisponendo il
calendario del processo e disponendo
che l'udienza per l'assunzione
delle prove sia fissata entro novanta
giorni;
l) prevedere che, esaurita la
trattazione e istruzione
della
causa:
1) il giudice, ove abbia disposto la discussione
orale della
causa ai sensi dell'articolo
281-sexies del codice
di procedura
civile, possa riservare il
deposito della sentenza entro un termine
non superiore a trenta giorni
dall'udienza di discussione;
2)
il giudice, ove
non proceda ai
sensi dell'articolo
281-sexies del
codice di procedura
civile, fissi l'udienza
di
rimessione della causa in
decisione e di conseguenza:
2.1) assegni un termine perentorio non
superiore a sessanta
giorni prima di tale udienza
per il
deposito di note
scritte di
precisazione delle conclusioni;
2.2) assegni termini perentori
non superiori a
trenta e
quindici giorni prima di tale
udienza per il deposito rispettivamente
delle comparse conclusionali e
delle memorie di replica, salvo che le
parti non vi rinuncino
espressamente;
2.3) all'udienza riservi la decisione e
provveda al deposito
della sentenza nei successivi
trenta giorni nelle cause in
cui il
tribunale decide in composizione
monocratica ovvero nei
successivi
sessanta giorni
nelle cause in cui il
tribunale decide in
composizione collegiale;
m) modificare l'articolo 185-bis del codice
di procedura civile
prevedendo che
il giudice possa
formulare una proposta
di
conciliazione fino al momento in
cui trattiene la causa in decisione;
n) prevedere che il procedimento previsto
dagli articoli 702-bis
e seguenti del codice di
procedura civile:
1) sia sistematicamente collocato nel
libro II del codice
di
procedura civile;
2) assuma la
denominazione di «procedimento
semplificato di
cognizione»;
3) ferma la possibilita' che l'attore vi ricorra di sua iniziativa
nelle controversie
di competenza del
tribunale in composizione
monocratica, debba essere
adottato in ogni procedimento, anche
nelle
cause in cui il tribunale giudica
in composizione collegiale, quando
i fatti di causa siano tutti non
controversi, quando l'istruzione
della causa si basi su prova
documentale o di
pronta soluzione o
richieda un'attivita'
istruttoria costituenda non
complessa,
stabilendo che, in difetto,
la causa sia
trattata con il
rito
ordinario di cognizione e che
nello stesso modo si proceda ove
sia
avanzata domanda
riconvenzionale priva delle
condizioni di
applicabilita' del procedimento
semplificato;
4) sia disciplinato mediante l'indicazione
di termini e
tempi
prevedibili e
ridotti rispetto a
quelli previsti per
il rito
ordinario per lo
svolgimento delle difese
e il maturare
delle
preclusioni, nel rispetto del
contraddittorio fra le parti;
5) si concluda con sentenza;
o) prevedere che, nel corso del giudizio
di primo
grado, nelle
controversie di competenza del
tribunale che hanno ad oggetto diritti
disponibili:
1) il giudice possa, su istanza
di parte, pronunciare
ordinanza
provvisoria di accoglimento
provvisoriamente esecutiva, in tutto o in
parte, della domanda
proposta, quando i
fatti costitutivi sono
provati e le difese del convenuto
appaiono manifestamente infondate;
2) l'ordinanza di
accoglimento sia reclamabile
ai sensi
dell'articolo 669-terdecies del
codice di procedura
civile e non
acquisti efficacia di giudicato
ai sensi dell'articolo
2909 del
codice civile, ne' possa avere
autorita' in altri processi;
3) in caso di accoglimento del reclamo, il procedimento di
merito
prosegua davanti a un
magistrato diverso appartenente
al medesimo
ufficio;
p) prevedere che, nel corso del giudizio
di primo
grado, nelle
controversie di competenza
del tribunale in
materia di diritti
disponibili:
1) all'esito della prima udienza di comparizione delle parti e di
trattazione della causa il
giudice possa, su
istanza di parte,
pronunciare ordinanza provvisoria
di rigetto della domanda proposta,
quando quest'ultima e'
manifestamente infondata ovvero se e' omesso o
risulta assolutamente incerto
il requisito stabilito
dall'articolo
163, terzo comma, numero 3), del
codice di procedura civile ovvero se
manca l'esposizione dei fatti di
cui al numero 4) del predetto terzo
comma;
2) l'ordinanza di cui al
numero 1) sia
reclamabile ai sensi
dell'articolo 669-terdecies del
codice di procedura
civile e non
acquisti efficacia di giudicato
ai sensi dell'articolo
2909 del
codice civile, ne' possa avere
autorita' in altri processi;
3) in caso di accoglimento del reclamo,
il procedimento prosegua
davanti a un magistrato diverso
appartenente al medesimo ufficio;
q) coordinare la disciplina dell'articolo 164,
quarto, quinto e
sesto comma, del codice di
procedura civile con quanto previsto
al
numero 1) della lettera p);
r) estendere l'applicabilita'
della procedura di
convalida, di
licenza per scadenza del
contratto e di sfratto per
morosita' anche
ai contratti di comodato di beni
immobili e di affitto d'azienda;
s) disciplinare i rapporti
tra collegio e
giudice monocratico,
prevedendo che:
1) il collegio, quando rilevi che una causa, rimessa davanti a se'
per la decisione, deve essere
decisa dal tribunale in
composizione
monocratica, rimetta la causa al
giudice istruttore con ordinanza non
impugnabile perche' decida quale
giudice monocratico, senza fissare
ulteriori udienze;
2) il giudice, quando rilevi che una causa, gia' riservata per la
decisione davanti a se' quale
giudice monocratico, deve essere decisa
dal tribunale in
composizione collegiale, senza
fissare ulteriori
udienze, rimetta la causa al
collegio per la decisione con ordinanza
comunicata alle parti, ciascuna
delle quali, entro dieci giorni dalla
comunicazione, puo'
chiedere la fissazione
dell'udienza di
discussione davanti al collegio,
senza che in tal caso sia necessario
precisare nuovamente le
conclusioni e debbano essere
assegnati alle
parti ulteriori termini per il
deposito di atti difensivi;
3) in caso di mutamento
del rito, gli
effetti sostanziali e
processuali della domanda si
producano secondo le
norme del rito
seguite prima
del mutamento, restino
ferme le decadenze
e le
preclusioni gia'
maturate secondo le
norme seguite prima
del
mutamento e il giudice fissi alle
parti un
termine perentorio per
l'eventuale integrazione degli
atti introduttivi;
4) in caso di cause connesse oggetto di riunione, prevalga il rito
collegiale, restando
ferme le decadenze
e le preclusioni
gia'
maturate in ciascun procedimento
prima della riunione;
t) modificare, in conformita' ai
criteri di cui
al presente
comma, le connesse disposizioni
del codice di procedura civile.
6. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto
o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di
cognizione di primo
grado davanti al
tribunale in composizione
collegiale sono adottati nel
rispetto dei
seguenti principi e criteri
direttivi:
a) ridurre i casi in cui il
tribunale giudica in
composizione
collegiale, in considerazione
dell'oggettiva complessita' giuridica e
della rilevanza economico-sociale
delle controversie;
b) prevedere che nel processo operi un regime di preclusioni e di
fissazione dell'oggetto della
causa analogamente a quanto
previsto
per il procedimento davanti al
tribunale in composizione monocratica.
7. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto
o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di
cognizione di primo
grado davanti al
giudice di pace sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi
e
criteri direttivi:
a) uniformare il
processo davanti al
giudice di pace
al
procedimento davanti al tribunale
in composizione monocratica;
b) provvedere a una rideterminazione della competenza del
giudice
di pace in materia civile, anche
modificando le previsioni
di cui
all'articolo 27 del decreto
legislativo 13 luglio 2017, n. 116.
8. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto
o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di giudizio di
appello sono adottati
nel rispetto dei
seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere che
i termini per
le impugnazioni previsti
dall'articolo 325 del
codice di procedura
civile decorrono dal
momento in cui la sentenza
e' notificata anche
per la parte
che
procede alla notifica;
b) prevedere che l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia
anche quando l'impugnazione
principale e' dichiarata improcedibile;
c) prevedere che, negli atti introduttivi dell'appello disciplinati
dagli articoli
342 e 434
del codice di
procedura civile, le
indicazioni previste a pena di
inammissibilita' siano esposte in modo
chiaro, sintetico e specifico;
d) individuare la forma con cui, nei
casi previsti dall'articolo
348 del
codice di procedura
civile, l'appello e'
dichiarato
improcedibile e il relativo
regime di controllo;
e) prevedere, fuori dei
casi in cui
deve essere pronunciata
l'improcedibilita' dell'appello
secondo quanto previsto dall'articolo
348 del codice di procedura
civile, che l'impugnazione che non ha una
ragionevole probabilita' di
essere accolta sia
dichiarata
manifestamente infondata e
prevedere che la decisione di
manifesta
infondatezza sia assunta a
seguito di trattazione orale con
sentenza
succintamente motivata anche
mediante rinvio a precedenti conformi;
modificare conseguentemente gli
articoli 348-bis e 348-ter del codice
di procedura civile;
f) modificare la
disciplina dei provvedimenti
sull'esecuzione
provvisoria in appello,
prevedendo:
1) che la sospensione dell'efficacia
esecutiva o dell'esecuzione
della sentenza impugnata sia disposta
sulla base di un giudizio
prognostico di
manifesta fondatezza dell'impugnazione o,
alternativamente, sulla base di
un grave e irreparabile pregiudizio
derivante dall'esecuzione
della sentenza anche
in relazione alla
possibilita' di insolvenza di
una delle parti
quando la sentenza
contiene la condanna al pagamento
di una somma di denaro;
2) che l'istanza di cui al numero
1) possa essere
proposta o
riproposta nel corso del giudizio
di appello, anche
con ricorso
autonomo, a
condizione che il ricorrente indichi,
a pena di
inammissibilita', gli
specifici elementi sopravvenuti
dopo la
proposizione dell'impugnazione;
3) che, qualora
l'istanza sia dichiarata
inammissibile o
manifestamente infondata, il
giudice, con ordinanza non impugnabile,
puo' condannare la parte che l'ha
proposta al pagamento
in favore
della cassa delle ammende di una
somma non inferiore ad euro 250 e
non superiore ad euro
10.000. L'ordinanza e'
revocabile con la
sentenza che definisce il
giudizio;
g) introdurre modifiche all'articolo 287 del codice
di procedura
civile prevedendo che,
nell'ambito del procedimento
di correzione
delle sentenze e delle ordinanze,
le parti
possano fare richiesta
congiunta, da depositare almeno
cinque giorni prima
dell'udienza
fissata, di non presenziarvi. In
caso di
richiesta non congiunta,
prevedere che il giudice abbia
comunque facolta' di invitare la parte
resistente a depositare note scritte,
senza fissazione di
apposita
udienza;
h) introdurre modifiche all'articolo 288 del codice
di procedura
civile, prevedendo la
possibilita' di ricorrere al procedimento
di
correzione nei casi in cui si
voglia contestare l'attribuzione o la
quantificazione delle spese di
lite liquidate con un
provvedimento
gia' passato in giudicato,
prevedendo altresi' che tale
procedimento
non sia piu' esperibile decorso
un anno dalla
pubblicazione del
provvedimento;
i) prevedere che
per la trattazione
del procedimento
sull'esecuzione provvisoria il
presidente del collegio,
fermi i
poteri di sospensione
immediata previsti dall'articolo
351, terzo
comma, secondo periodo, del
codice di procedura civile, designa
il
consigliere istruttore e ordina
la comparizione delle parti davanti
al predetto consigliere
e prevedere che,
sentite le parti,
il
consigliere istruttore riferisce
al collegio per
l'adozione dei
provvedimenti sull'esecuzione
provvisoria;
l) prevedere che la trattazione davanti
alla corte d'appello
si
svolge davanti al consigliere
istruttore, designato dal presidente,
al quale sono
attribuiti i poteri
di dichiarare la
contumacia
dell'appellato, di procedere
alla riunione degli
appelli proposti
contro la
stessa sentenza, di
procedere al tentativo
di
conciliazione, di
ammettere i mezzi
di prova, di
procedere
all'assunzione dei
mezzi istruttori e di fissare
udienza di
discussione della
causa davanti al
collegio anche ai
sensi
dell'articolo 281-sexies
del codice di
procedura civile, fermo
restando il potere
del collegio di
impartire provvedimenti per
l'ulteriore istruzione della
causa e di disporre, anche d'ufficio, la
riassunzione davanti a se' di uno
o piu' mezzi di prova;
m) introdurre la possibilita' che, all'esito dell'udienza in camera
di consiglio
fissata per la
decisione sull'istanza prevista
dall'articolo 283
del codice di
procedura civile, il
collegio
provveda ai sensi dell'articolo
281-sexies del codice di
procedura
civile, assegnando ove richiesto
un termine per il deposito di note
conclusive scritte antecedente
all'udienza di discussione;
n) prevedere che, esaurita l'attivita' prevista dagli articoli 350
e 351 del codice di
procedura civile, il
consigliere istruttore
assegna termini perentori non
superiori a sessanta
giorni per il
deposito di
note scritte contenenti
la precisazione delle
conclusioni, termini non
superiori a trenta giorni per il
deposito
delle comparse conclusionali e
termini non superiori
a quindici
giorni per il deposito delle
memorie di replica e fissa
successiva
udienza avanti a se' nella quale
la causa e' rimessa in decisione e
il consigliere
istruttore si riserva
di riferire al
collegio;
prevedere altresi' che la
sentenza e' depositata
nei successivi
sessanta giorni;
o) riformulare gli articoli 353
e 354 del
codice di procedura
civile, riducendo le fattispecie
di rimessione della causa in primo
grado ai casi di violazione del
contraddittorio.
9. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto
o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di giudizio di
cassazione sono adottati nel
rispetto dei
seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere che il ricorso debba contenere la chiara ed essenziale
esposizione dei fatti della causa
e la chiara e sintetica esposizione
dei motivi per i quali si chiede
la cassazione;
b) uniformare i riti camerali disciplinati dall'articolo 380-bis e
dall'articolo 380-bis.1 del
codice di procedura civile, prevedendo:
1) la soppressione della sezione
prevista dall'articolo 376
del
codice di procedura civile e lo
spostamento della relativa competenza
dinanzi alle sezioni semplici;
2) la soppressione del
procedimento disciplinato dall'articolo
380-bis del codice di procedura
civile;
c) estendere la pronuncia in camera di consiglio all'ipotesi in cui
la Corte
riconosca di dover
dichiarare
l'improcedibilita' del
ricorso;
d) prevedere, quanto alla fase decisoria del procedimento in camera
di consiglio disciplinato
dagli articoli 380-bis.1
e 380-ter del
codice di
procedura civile, che,
al termine della
camera di
consiglio, l'ordinanza,
succintamente motivata, possa
essere
immediatamente depositata
in cancelleria, rimanendo
ferma la
possibilita' per
il collegio di
riservare la redazione
e la
pubblicazione della stessa entro
sessanta giorni dalla deliberazione;
e) introdurre un procedimento
accelerato, rispetto all'ordinaria
sede camerale,
per la definizione
dei ricorsi inammissibili,
improcedibili o manifestamente
infondati, prevedendo:
1) che il giudice della Corte formuli una proposta di
definizione
del ricorso,
con la sintetica
indicazione delle ragioni
dell'inammissibilita', dell'improcedibilita' o
della manifesta
infondatezza ravvisata;
2) che la proposta sia comunicata agli avvocati delle parti;
3) che, se nessuna delle parti chiede la fissazione della camera di
consiglio nel termine di venti
giorni dalla comunicazione, il ricorso
si intenda rinunciato e il
giudice pronunci decreto di
estinzione,
liquidando le spese, con
esonero della parte
soccombente che non
presenta la richiesta di cui
al presente numero
dal pagamento di
quanto previsto dall'articolo 13,
comma 1-quater, del testo unico di
cui al decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio
2002, n.
115;
f) prevedere che la Corte proceda in
udienza pubblica quando la
questione di diritto e' di
particolare rilevanza, anticipando fino
a
quaranta giorni prima
dell'udienza l'onere di
comunicazione della
data della stessa al pubblico
ministero e agli avvocati, introducendo
la facolta' per il pubblico
ministero di depositare una memoria non
oltre quindici giorni prima
dell'udienza;
g) introdurre la possibilita' per il
giudice di merito,
quando
deve decidere una questione di
diritto sulla quale ha preventivamente
provocato il contraddittorio tra
le parti, di sottoporre direttamente
la questione alla Corte di
cassazione per la risoluzione del
quesito
posto, prevedendo che:
1) l'esercizio del potere di rinvio
pregiudiziale alla Corte di
cassazione e' subordinato alla
sussistenza dei seguenti presupposti:
1.1) la questione e' esclusivamente
di diritto, non
ancora
affrontata dalla Corte di
cassazione e di particolare importanza;
1.2) la questione presenta gravi
difficolta' interpretative;
1.3) la
questione e' suscettibile
di porsi in
numerose
controversie;
2) ricevuta l'ordinanza con la quale
il giudice sottopone
la
questione, il
Primo presidente, entro
novanta giorni, dichiara
inammissibile la
richiesta qualora risultino
insussistenti i
presupposti di cui al numero 1)
della presente lettera;
3)
nel caso in
cui non provvede
a dichiarare
l'inammissibilita', il Primo
presidente assegna la
questione alle
sezioni unite o alla sezione
semplice tabellarmente competente;
4) la Corte di cassazione decide enunciando
il principio di
diritto in esito ad un
procedimento da svolgere
mediante pubblica
udienza, con la requisitoria
scritta del pubblico ministero
e con
facolta' per le parti di
depositare brevi memorie entro un
termine
assegnato dalla Corte stessa;
5) il rinvio pregiudiziale in cassazione
sospende il giudizio
di merito ove e' sorta la
questione oggetto di rinvio;
6) il provvedimento con il quale la Corte
di cassazione decide
sulla questione e' vincolante nel
procedimento nell'ambito del quale
e' stata rimessa la
questione e conserva
tale effetto, ove il
processo si estingua, anche nel
nuovo processo che e' instaurato con
la riproposizione della medesima
domanda nei confronti delle medesime
parti.
10. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di revocazione a
seguito di sentenze emesse dalla
Corte
europea dei diritti dell'uomo
sono adottati nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) prevedere che, ferma restando l'esigenza
di evitare duplicita'
di ristori, sia esperibile il
rimedio della revocazione
previsto
dall'articolo 395 del codice di
procedura civile nel caso in cui, una
volta formatosi
il giudicato, il
contenuto della sentenza
sia
successivamente dichiarato dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo
contrario, in tutto o in parte,
alla Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali ovvero a uno dei
suoi Protocolli e non sia
possibile rimuovere la violazione tramite
tutela per equivalente;
b) prevedere che, nell'ambito del procedimento per
revocazione a
seguito di sentenza emessa dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo,
siano fatti salvi i diritti
acquisiti dai terzi in buona fede che non
hanno partecipato al processo
svoltosi innanzi alla Corte europea dei
diritti dell'uomo;
c) prevedere che, nell'ambito del procedimento per
revocazione a
seguito di sentenza emessa dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo,
la legittimazione attiva a
promuovere l'azione di revocazione
spetti
alle parti del processo svoltosi
innanzi a tale Corte, ai loro eredi
o aventi causa e al pubblico
ministero;
d) prevedere, nell'ambito
del procedimento per
revocazione a
seguito di sentenza emessa dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo,
un termine per l'impugnazione
non superiore a
novanta giorni che
decorra dalla comunicazione o, in
mancanza, dalla pubblicazione della
sentenza della Corte europea dei
diritti dell'uomo ai
sensi del
regolamento della Corte stessa;
e) prevedere l'onere per l'Agente del Governo di comunicare a tutte
le parti del processo che ha dato
luogo alla sentenza
sottoposta
all'esame della Corte europea dei
diritti dell'uomo e
al pubblico
ministero la pendenza del
procedimento davanti alla Corte stessa,
al
fine di consentire loro di
fornire elementi informativi o, nei limiti
consentiti dal regolamento della
Corte europea dei diritti dell'uomo,
di richiedere di essere
autorizzati all'intervento;
f) operare gli
adattamenti delle disposizioni
del codice di
procedura civile, del
codice civile e
delle altre disposizioni
legislative che si rendano
necessari in seguito all'adozione
delle
norme attuative dei principi e
criteri direttivi di cui alle lettere
a), b), c), d) ed e).
11. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di controversie di
lavoro e previdenza sono adottati nel
rispetto del seguente principio
e criterio direttivo:
unificare e
coordinare la
disciplina dei procedimenti
di impugnazione dei
licenziamenti, anche quando
devono essere risolte questioni relative
alla qualificazione del rapporto
di lavoro, adottando le
opportune
norme transitorie, prevedendo
che:
a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta
domanda di reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro
abbia
carattere prioritario;
b) le azioni di impugnazione dei
licenziamenti dei soci
delle
cooperative, anche
ove consegua la
cessazione del rapporto
associativo, siano introdotte con
ricorso ai sensi degli articoli 409
e seguenti del codice di
procedura civile;
c) le azioni di nullita' dei licenziamenti discriminatori, ove non
siano proposte con ricorso ai
sensi dell'articolo 414 del codice di
procedura civile,
possano essere introdotte,
ricorrendone i
presupposti, con i rispettivi
riti speciali di cui agli articoli 38
del codice delle pari
opportunita' tra uomo
e donna, di
cui al
decreto legislativo 11
aprile 2006, n.
198, e 28
del decreto
legislativo 1° settembre 2011, n.
150, stabilendo che la proposizione
dell'azione, nell'una o
nell'altra forma, preclude la possibilita' di
agire successivamente in giudizio
con rito diverso.
12. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche alla disciplina del processo di
esecuzione sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere che, per valere come titolo per l'esecuzione forzata,
le sentenze e gli altri
provvedimenti dell'autorita' giudiziaria
e
gli atti ricevuti da notaio
o da
altro pubblico ufficiale
devono
essere formati in copia attestata
conforme all'originale, abrogando
le disposizioni
del codice di
procedura civile e
le altre
disposizioni legislative che si
riferiscono alla formula esecutiva e
alla spedizione in forma
esecutiva;
b) prevedere che
se il creditore
presenta l'istanza di cui
all'articolo 492-bis del codice
di procedura civile, il termine
di
cui all'articolo 481, primo
comma, del codice di procedura
civile,
rimane sospeso
e riprende a
decorrere dalla conclusione
delle
operazioni previste dal
secondo comma dell'articolo
492-bis del
medesimo codice;
c) prevedere che
il termine prescritto
dal secondo comma
dell'articolo 567 del codice
di procedura civile
per il deposito
dell'estratto del catasto
e dei certificati
delle iscrizioni e
trascrizioni ovvero del
certificato notarile sostitutivo coincide con
quello previsto dal combinato
disposto degli articoli 497 e 501 del
medesimo codice per il deposito
dell'istanza di vendita, prevedendo
che il
predetto termine puo'
essere prorogato di
ulteriori
quarantacinque giorni,
nei casi previsti
dal terzo comma
dell'articolo 567 del codice di
procedura civile;
d) prevedere che il custode di cui all'articolo 559 del codice
di
procedura civile
collabori con l'esperto
nominato ai sensi
dell'articolo 569 del codice di
procedura civile al controllo della
completezza della documentazione
di cui
all'articolo 567, secondo
comma, del codice di procedura
civile;
e) prevedere che
il giudice dell'esecuzione provvede
alla
sostituzione del
debitore nella custodia
nominando il custode
giudiziario entro quindici giorni
dal deposito della documentazione
di cui al secondo comma
dell'articolo 567 del codice
di procedura
civile, contemporaneamente alla
nomina dell'esperto di
cui
all'articolo 569 del medesimo
codice, salvo che la custodia non abbia
alcuna utilita' ai fini
della conservazione o
amministrazione del
bene ovvero per la vendita;
f) prevedere che il giudice dell'esecuzione ordina la
liberazione
dell'immobile pignorato non
abitato dall'esecutato e dal suo nucleo
familiare ovvero occupato da
soggetto privo di titolo opponibile alla
procedura, al piu' tardi nel
momento in cui pronuncia l'ordinanza con
cui e' autorizzata la vendita o
sono delegate le relative operazioni
e che ordina la
liberazione dell'immobile abitato
dall'esecutato
convivente col nucleo familiare
al momento in cui pronuncia
il
decreto di trasferimento, ferma
restando comunque la possibilita' di
disporre anticipatamente la
liberazione nei casi di impedimento alle
attivita' degli ausiliari del
giudice, di ostacolo del
diritto di
visita di potenziali acquirenti,
di omessa manutenzione del cespite
in uno stato di buona conservazione
o di violazione
degli altri
obblighi che la legge pone a
carico dell'esecutato o degli occupanti;
g) prevedere che la relazione di stima
e gli avvisi
di vendita
siano redatti secondo schemi
standardizzati;
h) prevedere che sia il custode
ad attuare il
provvedimento di
liberazione dell'immobile
pignorato secondo le
disposizioni del
giudice dell'esecuzione immobiliare,
senza l'osservanza delle
formalita' di cui
agli articoli 605 e seguenti
del codice di
procedura civile, successivamente alla
pronuncia del decreto
di
trasferimento nell'interesse
dell'aggiudicatario o dell'assegnatario
se questi non lo esentano;
i) prevedere che
la delega delle
operazioni di vendita
nell'espropriazione immobiliare
ha durata annuale,
con incarico
rinnovabile da parte del giudice
dell'esecuzione, e che in tale
periodo il
professionista delegato deve
svolgere almeno tre
esperimenti di vendita con
l'obbligo di una tempestiva
relazione al
giudice sull'esito di ciascuno
di essi,
nonche' prevedere che il
giudice dell'esecuzione esercita
una diligente vigilanza
sull'esecuzione delle attivita'
delegate e sul rispetto dei tempi per
esse stabiliti, con
l'obbligo di provvedere
immediatamente alla
sostituzione del
professionista in caso
di mancato o
tardivo
adempimento;
l) prevedere un termine di venti giorni
per la proposizione
del
reclamo al giudice
dell'esecuzione avverso l'atto del
professionista
delegato ai sensi dell'articolo
591-ter del codice
di procedura
civile e prevedere che
l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione
decide il reclamo possa essere
impugnata con l'opposizione
di cui
all'articolo 617 dello stesso
codice;
m) prevedere che
il professionista delegato
procede alla
predisposizione del progetto di
distribuzione del ricavato in
base
alle preventive
istruzioni del giudice
dell'esecuzione,
sottoponendolo alle
parti e convocandole
innanzi a se'
per
l'audizione, nel rispetto del
termine di cui all'articolo
596 del
codice di procedura civile;
nell'ipotesi prevista dall'articolo 597
del codice
di procedura civile
o qualora non
siano avanzate
contestazioni al progetto,
prevedere che il professionista delegato
lo dichiara esecutivo e
provvede entro sette
giorni al pagamento
delle singole quote agli aventi
diritto secondo le
istruzioni del
giudice dell'esecuzione;
prevedere che in caso di contestazioni
il
professionista rimette le parti
innanzi al giudice dell'esecuzione;
n) prevedere:
1) che il debitore, con istanza
depositata non oltre
dieci
giorni prima dell'udienza prevista
dall'articolo 569, primo
comma,
del codice
di procedura civile,
puo' chiedere al
giudice
dell'esecuzione di essere
autorizzato a procedere
direttamente alla
vendita dell'immobile pignorato
per un prezzo non inferiore al prezzo
base indicato nella relazione di
stima, prevedendo che
all'istanza
del debitore deve
essere sempre allegata
l'offerta di acquisto
irrevocabile per centoventi
giorni e che, a garanzia della serieta'
dell'offerta, e' prestata
cauzione in misura
non inferiore a un
decimo del prezzo proposto;
2)
che il giudice
dell'esecuzione, con decreto,
deve:
verificata l'ammissibilita'
dell'istanza, disporre che
l'esecutato
rilasci l'immobile nella disponibilita' del
custode entro trenta
giorni a pena di decadenza
dall'istanza, salvo che il bene
sia
occupato con titolo opponibile
alla procedura; disporre
che entro
quindici giorni e' data
pubblicita', ai sensi dell'articolo
490 del
codice di procedura civile,
dell'offerta pervenuta rendendo noto che
entro sessanta giorni possono
essere formulate ulteriori offerte di
acquisto, garantite da cauzione
in misura non inferiore a un decimo
del prezzo proposto, il quale
non puo'
essere inferiore a quello
dell'offerta gia' presentata a
corredo dell'istanza dell'esecutato;
convocare il debitore, i
comproprietari, il creditore
procedente, i
creditori intervenuti,
i creditori iscritti
e gli offerenti
a
un'udienza da fissare entro
novanta giorni per la deliberazione
sull'offerta e, in caso di
pluralita' di offerte, per la gara tra gli
offerenti;
3)
che con il
provvedimento con il
quale il giudice
dell'esecuzione aggiudica l'immobile
al miglior offerente
devono
essere stabilite le modalita' di
pagamento del prezzo,
da versare
entro novanta giorni, a pena di
decadenza ai sensi dell'articolo 587
del codice di procedura civile;
4)
che il giudice
dell'esecuzione puo' delegare
uno dei
professionisti iscritti
nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle
disposizioni per l'attuazione
del codice di
procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui
al regio decreto 18 dicembre 1941,
n. 1368, alla deliberazione sulle
offerte e allo svolgimento
della
gara, alla
riscossione del prezzo
nonche' alle operazioni
di
distribuzione del ricavato e che,
una volta riscosso interamente il
prezzo, ordina la cancellazione
delle trascrizioni dei pignoramenti e
delle iscrizioni ipotecarie ai
sensi dell'articolo 586 del codice di
procedura civile;
5) che, se nel
termine assegnato il
prezzo non e'
stato
versato, il giudice provvede ai
sensi degli articoli 587 e 569
del
codice di procedura civile;
6) che l'istanza di cui al numero 1) puo'
essere formulata per
una sola volta a pena di
inammissibilita';
o)
prevedere criteri per la determinazione dell'ammontare,
nonche' del termine di durata
delle misure di coercizione indiretta
di cui all'articolo 614-bis del
codice di procedura civile; prevedere
altresi' l'attribuzione al giudice
dell'esecuzione del potere
di
disporre dette misure quando il
titolo esecutivo e' diverso
da un
provvedimento di condanna oppure
la misura non e' stata richiesta al
giudice che ha pronunciato tale
provvedimento;
p) prevedere che, nelle operazioni di
vendita dei beni immobili
compiute nelle procedure
esecutive individuali e
concorsuali, gli
obblighi previsti dal decreto
legislativo 21 novembre 2007, n. 231, a
carico del cliente si applicano
anche agli aggiudicatari e
che il
giudice emette
il decreto di
trasferimento soltanto dopo
aver
verificato l'avvenuto rispetto di
tali obblighi;
q) istituire presso il Ministero della
giustizia la banca
dati
per le aste
giudiziali, contenente i dati identificativi degli
offerenti, i
dati identificativi del
conto bancario o
postale
utilizzato per versare la
cauzione e il prezzo
di aggiudicazione,
nonche' le relazioni di stima. I
dati identificativi degli offerenti,
del conto e dell'intestatario
devono essere messi a disposizione, su
richiesta, dell'autorita'
giudiziaria, civile e penale.
13. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi
recanti modifiche alla
disciplina dei
procedimenti in camera di
consiglio sono adottati nel rispetto
dei
seguenti principi e criteri
direttivi:
a) ridurre i casi in cui il tribunale provvede
in composizione
collegiale, limitandoli alle
ipotesi in cui e' previsto l'intervento
del pubblico ministero ovvero ai
procedimenti in cui il tribunale e'
chiamato a
pronunciarsi in ordine
all'attendibilita' di stime
effettuate o alla buona
amministrazione di cose comuni, operando
i
conseguenti adattamenti delle
disposizioni di cui al
capo VI del
titolo II del libro IV del codice
di procedura civile e consentendo
il rimedio del
reclamo di cui
all'articolo 739 del codice di
procedura civile ai decreti emessi
dal tribunale in
composizione
monocratica, individuando
per tale rimedio
la competenza del
tribunale in composizione
collegiale;
b) prevedere interventi volti a
trasferire alle amministrazioni
interessate, ai notai e ad altri
professionisti dotati di specifiche
competenze alcune delle funzioni
amministrative, nella volontaria
giurisdizione, attualmente
assegnate al giudice civile e al giudice
minorile, individuando altresi'
gli specifici ambiti e limiti di tale
trasferimento di funzioni.
14. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi che
provvedono alla revisione dei procedimenti in
camera di consiglio e alle
modifiche del procedimento
sommario di
cognizione di primo grado sono
adottati nel rispetto
dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) modificare l'articolo 30 del decreto
legislativo 1° settembre
2011, n. 150, specificando che si
svolgono in camera di consiglio, in
assenza di contraddittorio, i
procedimenti volti ad
ottenere la
dichiarazione di esecutivita' di
una decisione straniera
e quelli
volti ad ottenere in via
principale l'accertamento della
sussistenza
dei presupposti per il
riconoscimento di una decisione
straniera ai
sensi degli atti indicati di
seguito:
1) regolamento (CE) n. 2201/2003 del
Consiglio, del 27 novembre
2003, relativo alla competenza,
al riconoscimento e
all'esecuzione
delle decisioni
in materia matrimoniale e
in materia di
responsabilita' genitoriale,
che abroga il
regolamento (CE) n.
1347/2000;
2) regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008,
relativo alla competenza, alla
legge applicabile, al riconoscimento e
all'esecuzione delle decisioni
e alla
cooperazione in materia
di
obbligazioni alimentari;
3) regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del 24
giugno 2016,
che attua la cooperazione
rafforzata nel settore della
competenza,
della legge applicabile, del
riconoscimento e dell'esecuzione delle
decisioni in materia di regimi
patrimoniali tra coniugi;
4) regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24
giugno 2016,
che attua la cooperazione
rafforzata nel settore della
competenza,
della legge applicabile, del
riconoscimento e dell'esecuzione delle
decisioni in materia di effetti
patrimoniali delle unioni registrate;
5) regolamento (UE) n. 650/2012
del Parlamento europeo
e del
Consiglio, del 4 luglio 2012,
relativo alla competenza, alla
legge
applicabile, al riconoscimento
e all'esecuzione delle
decisioni e
all'accettazione e all'esecuzione
degli atti pubblici in materia di
successioni e alla creazione di
un certificato successorio europeo;
b) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) il giudice
provveda con decreto motivato,
avverso il quale puo' essere promosso
ricorso ai sensi della lettera
c);
c) prevedere che
i ricorsi avverso
le decisioni rese
nei
procedimenti di cui alla lettera
a), nonche' i giudizi sulle domande
di diniego del riconoscimento
promosse ai sensi degli atti indicati
nei numeri da 1) a 5) della
lettera a) siano trattati con
il rito
sommario di cognizione di cui
agli articoli 702-bis e seguenti
del
codice di procedura civile, o con
altro rito ordinario semplificato;
d) prevedere che le
domande di diniego
del riconoscimento o
dell'esecuzione previste
dal regolamento (UE)
n. 606/2013 del
Parlamento europeo e del
Consiglio, del 12 giugno 2013,
relativo al
riconoscimento reciproco
delle misure di
protezione in materia
civile, siano trattate con il
rito sommario di cognizione di cui agli
articoli 702-bis e seguenti del
codice di procedura civile,
o con
altro rito ordinario
semplificato;
e) prevedere che, fatti salvi i procedimenti di cui agli
articoli
615 e seguenti del codice di
procedura civile, si applichi il
rito
sommario di cognizione, o
altro rito ordinario
semplificato, ai
procedimenti di diniego del
riconoscimento o dell'esecuzione e di
accertamento dell'assenza di
motivi di diniego
del riconoscimento
previsti dagli atti di seguito
indicati:
1) regolamento (UE) n.
1215/2012 del Parlamento
europeo e del
Consiglio, del
12 dicembre 2012,
concernente la competenza
giurisdizionale, il
riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni
in
materia civile e commerciale;
2) regolamento (UE)
2015/848 del Parlamento
europeo e del
Consiglio, del 20 maggio 2015,
relativo alle procedure di insolvenza
(rifusione);
3) regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25
giugno 2019,
relativo alla competenza, al
riconoscimento e all'esecuzione delle
decisioni in materia matrimoniale
e in
materia di responsabilita'
genitoriale, e alla sottrazione
internazionale di minori;
f) prevedere che i ricorsi di cui agli atti indicati nelle lettere
a), c)
ed e) siano
promossi innanzi alla
corte d'appello
territorialmente competente ai
sensi delle disposizioni e nei termini
previsti da tali atti;
g) prevedere che le decisioni
della corte d'appello
rese sui
ricorsi di cui alle lettere a),
c) ed e) siano impugnabili
innanzi
alla Corte di cassazione;
h) prevedere che i criteri di cui
alle lettere da a) a
g) si
estendano, con gli opportuni
adattamenti, ai procedimenti volti
ad
ottenere la dichiarazione di
esecutivita' di una decisione straniera
o in via principale
l'accertamento della sussistenza dei
presupposti
per il riconoscimento di una
decisione straniera, o il
diniego di
tale riconoscimento, allorche'
l'efficacia di tali decisioni si fondi
su una convenzione
internazionale.
15. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche alla disciplina dell'arbitrato
sono adottati nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
a) rafforzare le
garanzie di imparzialita' e
indipendenza
dell'arbitro, reintroducendo la
facolta' di ricusazione
per gravi
ragioni di convenienza nonche'
prevedendo l'obbligo di rilasciare, al
momento dell'accettazione della
nomina, una dichiarazione che
contenga tutte le circostanze di
fatto rilevanti ai fini delle sopra
richiamate garanzie, prevedendo
l'invalidita' dell'accettazione nel
caso di omessa dichiarazione,
nonche' in particolare la decadenza nel
caso in cui, al momento dell'accettazione della
nomina, l'arbitro
abbia omesso di dichiarare le
circostanze che, ai sensi dell'articolo
815 del codice di procedura
civile, possono essere fatte valere come
motivi di ricusazione;
b) prevedere in modo esplicito l'esecutivita' del decreto
con il
quale il presidente della corte
d'appello dichiara l'efficacia
del
lodo straniero con contenuto di
condanna;
c) prevedere l'attribuzione agli
arbitri rituali del
potere di
emanare misure cautelari nell'ipotesi
di espressa volonta'
delle
parti in tal senso, manifestata
nella convenzione di arbitrato o in
atto scritto
successivo, salva diversa
disposizione di legge;
mantenere per tali ipotesi in
capo al giudice ordinario
il potere
cautelare nei soli casi di
domanda anteriore all'accettazione degli
arbitri; disciplinare
il reclamo cautelare
davanti al giudice
ordinario per i motivi di
cui all'articolo 829,
primo comma, del
codice di procedura civile e
per contrarieta' all'ordine
pubblico;
disciplinare le modalita' di
attuazione della misura cautelare sempre
sotto il controllo del giudice
ordinario;
d) prevedere, nel caso di
decisione secondo diritto,
il potere
delle parti di indicazione e
scelta della legge applicabile;
e) ridurre a sei mesi il termine di cui all'articolo 828,
secondo
comma, del
codice di procedura
civile per la
proposizione
dell'impugnazione per nullita'
del lodo
rituale, equiparandolo al
termine di cui all'articolo 327,
primo comma, del codice di procedura
civile;
f) prevedere, nella prospettiva di riordino organico della materia
e di semplificazione della
normativa di riferimento,
l'inserimento
nel codice di procedura
civile delle norme
relative all'arbitrato
societario e la conseguente
abrogazione del decreto legislativo
17
gennaio 2003,
n. 5; prevedere
altresi' la reclamabilita'
dell'ordinanza di
cui all'articolo 35,
comma 5, del
decreto
legislativo 17 gennaio 2003, n.
5, che
decide sulla richiesta
di
sospensione della delibera;
g) disciplinare la translatio
iudicii tra giudizio
arbitrale e
giudizio ordinario e tra giudizio
ordinario e giudizio arbitrale;
h) prevedere che, in tutti i casi, le nomine degli arbitri da parte
dell'autorita' giudiziaria siano
improntate a criteri che assicurino
trasparenza, rotazione ed
efficienza.
16. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche alla normativa in materia
di
consulenti tecnici sono adottati
nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) rivedere il percorso di iscrizione
dei consulenti presso
i
tribunali, favorendo
l'accesso alla professione
anche ai piu'
giovani;
b) distinguere le varie figure professionali, caratterizzate da
percorsi formativi differenti
anche per il tramite dell'unificazione
o
aggiornamento degli elenchi,
favorendo la formazione
di
associazioni nazionali di
riferimento;
c) creazione di un albo nazionale
unico, al quale
magistrati e
avvocati possano accedere per
ricercare le figure professionali piu'
adeguate al singolo caso;
d) favorire la mobilita' dei professionisti tra le
diverse corti
d'appello, escludendo obblighi
di cancellazione da un distretto
all'altro;
e) prevedere la formazione
continua dei consulenti
tecnici e
periti;
f) tutelare la salute, la gravidanza o
le situazioni contingenti
che possono verificarsi nel corso
dell'anno lavorativo, prevedendo la
possibilita' di richiesta di
sospensione volontaria come prevista in
altri ambiti lavorativi;
g) istituire presso le corti d'appello una commissione di verifica
deputata al
controllo della regolarita'
delle nomine, ai cui
componenti non spettano compensi,
gettoni di presenza, rimborsi
di
spese o altri emolumenti comunque
denominati.
17. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi
recanti disposizioni dirette
a rendere i
procedimenti civili piu' celeri
ed efficienti sono
adottati nel
rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) prevedere che, nei procedimenti davanti
al giudice di pace, al
tribunale, alla corte d'appello
e alla Corte
di cassazione, il
deposito dei documenti e di tutti
gli atti delle parti che sono
in
giudizio con il ministero di un
difensore abbia luogo esclusivamente
con modalita' telematiche, o
anche mediante altri mezzi tecnologici,
e che spetti
al capo dell'ufficio
autorizzare il deposito
con
modalita' non telematiche
unicamente quando i sistemi informatici del
dominio giustizia non siano
funzionanti e sussista
una situazione
d'urgenza, assicurando che
agli interessati sia
data conoscenza
adeguata e tempestiva anche
dell'avvenuta riattivazione del sistema;
b) prevedere che, in tutti i procedimenti
civili, il deposito
telematico di atti e documenti
di parte
possa avvenire anche
con
soluzioni tecnologiche diverse
dall'utilizzo della posta elettronica
certificata nel
rispetto della normativa,
anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la
trasmissione e la
ricezione dei
documenti informatici;
c) prevedere che, nel caso di utilizzo di
soluzioni tecnologiche
diverse dalla posta elettronica
certificata, in tutti i procedimenti
civili, il deposito si abbia
per avvenuto nel
momento in cui e'
generato il
messaggio di conferma
del completamento della
trasmissione;
d) prevedere che i provvedimenti del
giudice e gli
atti del
processo per i quali la legge non
richiede forme determinate possano
essere compiuti nella forma piu'
idonea al raggiungimento del
loro
scopo, nel
rispetto dei principi
di chiarezza e
sinteticita',
stabilendo che sia assicurata la
strutturazione di campi
necessari
all'inserimento delle
informazioni nei registri del
processo, nel
rispetto dei criteri e dei limiti
stabiliti con decreto adottato dal
Ministro della
giustizia, sentiti il
Consiglio superiore della
magistratura e il Consiglio
nazionale forense;
e) prevedere il divieto di sanzioni
sulla validita' degli
atti
per il mancato rispetto delle
specifiche tecniche sulla forma,
sui
limiti e
sullo schema informatico
dell'atto, quando questo
ha
comunque raggiunto lo scopo, e
che della violazione delle specifiche
tecniche, o dei criteri e limiti
redazionali, si possa tener
conto
nella disciplina delle spese;
f) rivedere la disciplina
delle modalita' di
versamento del
contributo unificato per i
procedimenti davanti al giudice
ordinario
e, in particolare:
1) prevedere che tale versamento possa
avvenire:
1.1)
con sistemi telematici
di pagamento tramite
la
piattaforma tecnologica di cui
all'articolo 5, comma 2, del
codice
dell'amministrazione digitale, di
cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, ovvero con carte di
debito, di credito o prepagate o con
altri mezzi di pagamento
con moneta elettronica
disponibili nel
circuito bancario o postale, come
previsto dall'articolo 4, comma 9,
del decreto-legge
29 dicembre 2009,
n. 193, convertito,
con
modificazioni, dalla legge 22
febbraio 2010, n. 24;
1.2) con strumenti di pagamento
non telematici, in
conto
corrente postale intestato alla
tesoreria dello Stato;
1.3) presso le rivendite di generi di
monopolio e di valori
bollati, con rilascio di
contrassegni emessi ai sensi dell'articolo
3, comma 1, lettera a), del decreto
del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 642, di
valore corrispondente all'importo dovuto;
1.4)
mediante bonifico, con
strumenti di pagamento
non
telematici, ai sensi del
regolamento di cui al decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 9
ottobre 2006, n. 293;
2) disciplinare i mezzi tramite i
quali deve essere
data la
prova del versamento;
3) prevedere che nei procedimenti davanti
al giudice ordinario,
quando uno degli atti di cui
all'articolo 14 del testo unico
delle
disposizioni legislative e regolamentari
in materia di
spese di
giustizia, di cui al decreto
del Presidente della
Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, e' depositato
con modalita' telematiche,
il
contributo unificato
sia corrisposto esclusivamente con
sistemi
telematici di pagamento;
4) prevedere, nella procedura di liquidazione giudiziale,
che il
contributo unificato
sia corrisposto esclusivamente con
sistemi
telematici di pagamento;
5) prevedere che il versamento
con modalita' diverse
da quelle
prescritte non liberi la parte
dagli obblighi di cui all'articolo 14
del testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, e che
la relativa istanza
di rimborso debba
essere proposta, a
pena di decadenza,
entro trenta giorni
dal
pagamento;
6) rivedere la disciplina dell'articolo 197 del testo unico di cui
al decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002, n.
115,
prevedendo e disciplinando il
versamento anche con sistemi telematici
delle spettanze degli ufficiali
giudiziari;
g) rivedere la disciplina delle attestazioni di conformita' di cui
agli articoli 16-bis,
comma 9-bis, 16-decies
e 16-undecies del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n.
179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n.
221, al
fine di consentire
tali
attestazioni per tutti gli atti
trasmessi con modalita' telematiche
all'ufficiale giudiziario o dal
medesimo ricevuti con
le stesse
modalita';
h) introdurre, in funzione dell'attuazione dei principi e
criteri
direttivi di
cui alla presente
legge, misure di
riordino e
implementazione delle
disposizioni in materia
di processo civile
telematico;
i) prevedere all'articolo 22 delle
disposizioni per l'attuazione
del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto
18 dicembre 1941,
n. 1368, che
le funzioni di
consulente presso
le sezioni specializzate
dei tribunali con
competenza distrettuale
possono essere affidate
ai consulenti
iscritti negli albi dei tribunali
del distretto;
l) prevedere che il giudice, fatta salva
la possibilita' per le
parti costituite di opporsi, puo'
disporre che le udienze civili che
non richiedono la presenza di
soggetti diversi dai difensori, dalle
parti, dal pubblico ministero
e dagli ausiliari
del giudice si
svolgano con collegamenti
audiovisivi a distanza,
individuati e
regolati con provvedimento del
direttore generale per i sistemi
informativi automatizzati del
Ministero della giustizia;
m) prevedere che,
fatta salva la
possibilita' per le
parti
costituite di opporsi, il giudice
puo', o deve in caso di richiesta
congiunta delle parti,
disporre che le
udienze civili che
non
richiedono la presenza di
soggetti diversi dai
difensori, dalle
parti, dal pubblico ministero e
dagli ausiliari del
giudice siano
sostituite dal deposito
telematico di note scritte contenenti le sole
istanze e conclusioni da
effettuare entro il
termine perentorio
stabilito dal giudice;
n) prevedere che il giudice, in luogo dell'udienza di comparizione
per il giuramento del consulente
tecnico d'ufficio, puo' disporre il
deposito telematico di
una dichiarazione sottoscritta
con firma
digitale recante il giuramento di
cui all'articolo 193 del codice di
procedura civile;
o) prevedere che nei procedimenti di
separazione consensuale, di
istanza congiunta di scioglimento
o cessazione degli effetti civili
del matrimonio
le parti possono
formulare rinuncia alla
partecipazione all'udienza,
confermando nelle conclusioni del ricorso
la volonta' di non volersi
riconciliare con l'altra
parte purche'
offrano una descrizione
riassuntiva delle disponibilita' reddituali e
patrimoniali relative
al triennio antecedente
e depositino la
relativa documentazione;
p) prevedere che, nei procedimenti di interdizione, inabilitazione
e amministrazione di
sostegno, all'udienza per
l'esame
dell'interdicendo,
dell'inabilitando o della persona per la quale sia
richiesta la nomina di amministratore di sostegno sia
di regola
prevista la comparizione
personale del soggetto destinatario
della
misura, con
facolta' per il
giudice di disporre
l'udienza in
modalita' da remoto mediante collegamenti
audiovisivi a distanza,
individuati e
regolati con provvedimento
del Ministero della
giustizia, nelle ipotesi in cui
la comparizione personale
potrebbe
arrecare grave pregiudizio per il
soggetto destinatario della misura;
q) prevedere che
il provvedimento cautelare
di sospensione
dell'esecuzione delle
deliberazioni assunte da qualsiasi organo
di
associazioni, fondazioni, societa',
ovvero condominio, non perde
efficacia in caso
di estinzione del
giudizio, anche quando
la
relativa domanda e' stata
proposta in corso di causa; prevedere che i
provvedimenti di
sospensione delle deliberazioni dell'assemblea
condominiale di cui all'articolo
1137 del codice civile non perdono
efficacia ove non sia
successivamente instaurato il
giudizio di
merito;
r) prevedere che
la dichiarazione di
inefficacia di cui
all'articolo 669-novies del
codice di procedura civile assume anche
in caso di contestazioni la forma
dell'ordinanza.
18. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche alla disciplina
dell'ufficio
per il processo istituito presso
i tribunali e le corti
d'appello,
anche ad integrazione delle
disposizioni dell'articolo 16-octies del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n.
179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2012, n.
221, e delle disposizioni di cui al
decreto legislativo 13
luglio 2017, n.
116, sono adottati
nel
rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) prevedere che l'ufficio per il processo, sotto la direzione e il
coordinamento di uno o piu'
magistrati dell'ufficio, sia organizzato
individuando i requisiti
professionali del personale da
assegnare a
tale struttura facendo
riferimento alle figure gia' previste
dalla
legge;
b) prevedere altresi'
che all'ufficio per
il processo sono
attribuiti, previa formazione
degli addetti alla struttura:
1) compiti di supporto ai magistrati comprendenti, tra le altre, le
attivita' preparatorie per
l'esercizio della funzione giurisdizionale
quali lo studio dei fascicoli,
l'approfondimento giurisprudenziale e
dottrinale, la selezione dei
presupposti di mediabilita' della lite,
la predisposizione di bozze
di provvedimenti, il
supporto nella
verbalizzazione, la
cooperazione per l'attuazione
dei progetti
organizzativi finalizzati a
incrementare la capacita'
produttiva
dell'ufficio, ad abbattere
l'arretrato e a prevenirne la formazione;
2) compiti di supporto per l'ottimale
utilizzo degli strumenti
informatici;
3) compiti di coordinamento
tra l'attivita' del
magistrato e
l'attivita' del cancelliere;
4) compiti di catalogazione, archiviazione e messa a
disposizione
di precedenti giurisprudenziali;
5) compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro;
c) prevedere che presso la Corte di cassazione
siano istituite
una o piu' strutture
organizzative denominate ufficio per il processo
presso la Corte di cassazione, in
relazione alle quali:
1)
individuare i requisiti professionali del personale da assegnare
a tale struttura
organizzativa, facendo riferimento
alle figure
previste dalla legislazione vigente
per le corti
d'appello e i
tribunali ordinari, in coerenza
con la specificita' delle
funzioni
della Corte di cassazione;
2) prevedere che all'ufficio per il processo presso
la Corte di
cassazione, sotto la direzione e
il coordinamento del presidente o di
uno o piu' magistrati
da lui delegati,
previa formazione degli
addetti alla struttura, sono
attribuiti compiti:
2.1) di assistenza per l'analisi delle
pendenze e dei flussi
delle sopravvenienze;
2.2) di supporto ai magistrati,
comprendenti, tra l'altro, la
compilazione della scheda del
ricorso, corredata delle informazioni
pertinenti quali la materia, la
sintesi dei motivi e l'esistenza di
precedenti specifici,
lo svolgimento dei
compiti necessari per
l'organizzazione delle udienze e
delle camere di consiglio, anche con
l'individuazione di tematiche
seriali, lo svolgimento di
attivita'
preparatorie relative
ai provvedimenti giurisdizionali, quali
ricerche di
giurisprudenza, di legislazione,
di dottrina e di
documentazione al fine di
contribuire alla complessiva
gestione dei
ricorsi e dei relativi
provvedimenti giudiziali;
2.3) di supporto per
l'ottimale utilizzo degli
strumenti
informatici;
2.4) di raccolta di materiale e
documentazione anche per le
attivita' necessarie per
l'inaugurazione dell'anno giudiziario;
d) prevedere l'istituzione, presso
la Procura generale
della
Corte di cassazione, di una o
piu' strutture organizzative denominate
ufficio spoglio, analisi e
documentazione, in relazione alle quali:
1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare
a tale struttura, facendo riferimento
alle figure previste
dalla
legislazione vigente per le corti
d'appello e i tribunali ordinari,
in coerenza con la specificita'
delle attribuzioni della
Procura
generale in materia di intervento
dinanzi alla Corte di cassazione;
2) prevedere che alla predetta struttura
organizzativa, sotto la
supervisione e gli indirizzi
degli avvocati generali e dei magistrati
dell'ufficio, previa formazione
degli addetti alla struttura,
sono
attribuiti compiti:
2.1) di assistenza per l'analisi
preliminare dei procedimenti
che pervengono
per l'intervento, per
la formulazione delle
conclusioni e per il deposito delle
memorie dinanzi alle
sezioni
unite e alle sezioni semplici
della Corte;
2.2) di supporto ai magistrati
comprendenti, tra l'altro,
l'attivita' di ricerca e analisi
su precedenti, orientamenti e prassi
degli uffici giudiziari di merito
che formano oggetto dei ricorsi e
di individuazione delle questioni
che possono formare
oggetto del
procedimento per
l'enunciazione del principio
di diritto
nell'interesse della legge
previsto dall'articolo 363 del
codice di
procedura civile;
2.3) di supporto per
l'ottimale utilizzo degli
strumenti
informatici;
2.4)
di raccolta di
materiale e documentazione per la
predisposizione dell'intervento
del Procuratore generale in occasione
dell'inaugurazione dell'anno
giudiziario.
19. Per l'attuazione delle disposizioni di cui
al comma 18, il
Ministero della giustizia e'
autorizzato ad assumere, con decorrenza
non anteriore al 1° gennaio 2023,
un contingente di 500
unita' di
personale da
inquadrare nella III
area funzionale, posizione
economica F1, con contratto di
lavoro a tempo indeterminato.
20. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi
recanti modifiche alla
disciplina del
procedimento notificatorio sono
adottati nel rispetto dei
seguenti
principi e criteri direttivi:
a) prevedere, quando il destinatario
della notificazione e' un
soggetto per il quale la legge
prevede l'obbligo di munirsi
di un
indirizzo di posta
elettronica certificata risultante
da pubblici
elenchi o quando il
destinatario ha eletto
domicilio digitale ai
sensi dell'articolo 3-bis,
comma 1-bis, del
codice
dell'amministrazione digitale, di
cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, iscritto nel
pubblico elenco dei domicili digitali delle
persone fisiche e degli altri
enti di
diritto privato non tenuti
all'iscrizione in albi
professionali o nel registro delle imprese
ai
sensi dell'articolo
6-quater del
medesimo codice, che
la
notificazione degli atti in
materia civile e
stragiudiziale sia
eseguita dall'avvocato
esclusivamente a mezzo di posta
elettronica
certificata, nel
rispetto della normativa,
anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la
trasmissione e la
ricezione dei
documenti informatici;
b) prevedere che, quando
la notificazione a
mezzo di posta
elettronica certificata non sia
possibile o non abbia esito positivo
per causa
imputabile al destinatario,
l'avvocato provveda alla
notificazione esclusivamente mediante
inserimento, a spese
del
richiedente, nell'area web
riservata di cui
all'articolo 359 del
codice della crisi d'impresa e
dell'insolvenza, di cui
al decreto
legislativo 12 gennaio 2019, n.
14, che la notificazione si abbia per
eseguita nel decimo giorno
successivo a quello in cui
e' compiuto
l'inserimento e che, solo quando
la notificazione non sia possibile o
non abbia esito positivo per
cause non imputabili al destinatario, la
notificazione si esegua con le
modalita' ordinarie;
c) prevedere che, quando la notificazione
deve essere eseguita a
mezzo di
posta elettronica certificata
o mediante inserimento
nell'area web
riservata, sia vietato
all'ufficiale giudiziario
eseguire, su richiesta di un
avvocato, notificazioni di atti in
materia civile e
stragiudiziale, salvo che
l'avvocato richiedente
dichiari che il destinatario
della notificazione non dispone di un
indirizzo di posta
elettronica certificata risultante
da pubblici
elenchi ovvero che la
notificazione a mezzo
di posta elettronica
certificata non e' risultata
possibile o non ha avuto esito positivo
per cause non imputabili al
destinatario;
d)
adottare misure di
semplificazione del procedimento
di
notificazione nei casi in cui la
stessa e' effettuata dall'ufficiale
giudiziario, al fine di agevolare
l'uso di strumenti informatici
e
telematici.
21. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
dirette a rafforzare i doveri di
leale collaborazione delle parti e
dei terzi sono adottati nel
rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere il riconoscimento dell'Amministrazione della giustizia
quale soggetto danneggiato nei
casi di responsabilita' aggravata e,
conseguentemente, specifiche
sanzioni a favore
della cassa delle
ammende;
b) prevedere conseguenze processuali e sanzioni pecuniarie nei casi
di rifiuto
non giustificato di
consentire l'ispezione prevista
dall'articolo 118 del codice di
procedura civile e nei casi
di
rifiuto o inadempimento non
giustificati dell'ordine di esibizione
previsto dall'articolo 210 del
medesimo codice;
c) prevedere la fissazione di un termine non superiore a
sessanta
giorni entro il quale la
pubblica amministrazione, cui
sono state
richieste informazioni ai sensi
dell'articolo 213 del
codice di
procedura civile, deve
trasmetterle o deve comunicare le ragioni
del
diniego.
22. Il decreto o i decreti legislativi attuativi della
delega di
cui al comma 1 sono adottati
altresi' nel rispetto
dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) curare il coordinamento con
le disposizioni vigenti,
anche
modificando la formulazione e la
collocazione delle norme del codice
di procedura civile, del codice
civile e delle norme
contenute in
leggi speciali non
direttamente investite dai
principi e criteri
direttivi di delega, comprese le
disposizioni del testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque
e impianti elettrici, di
cui al
regio decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775, in modo da renderle ad essi
conformi, operando le necessarie
abrogazioni e adottando le opportune
disposizioni transitorie;
b) apportare le necessarie modifiche alla legge 24 marzo 2001,
n.
89, sostituendo
all'introduzione del giudizio
nelle forme del
procedimento sommario di
cognizione di cui agli articoli 702-bis
e
seguenti del codice di procedura
civile quali rimedi preventivi, la
stipulazione, anche fuori dei
casi in
cui l'accesso preventivo
a
strumenti alternativi
per la risoluzione
della controversia
costituisce condizione di
procedibilita' della domanda giudiziale, di
una convenzione di negoziazione
assistita ovvero la
partecipazione
personale al procedimento di
mediazione anche successivamente al
primo incontro ovvero la partecipazione
attiva ad altri procedimenti
di conciliazione e mediazione
previsti da disposizioni speciali
e,
per i
giudizi davanti alla
corte d'appello, alla
proposizione
d'istanza di decisione in
udienza, all'esito di discussione
orale,
preceduta dalla sola precisazione
delle conclusioni nel corso della
medesima udienza;
c) prevedere che il difetto di giurisdizione:
1) sia rilevabile nel giudizio di primo grado anche d'ufficio e nei
successivi gradi del processo
solo quando e' oggetto
di specifico
motivo di impugnazione;
2) non sia eccepibile nel giudizio di gravame da parte dell'attore
che ha promosso il giudizio di
primo grado.
23. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche alla disciplina processuale per
la realizzazione di un rito unificato
denominato «procedimento in
materia di persone, minorenni e
famiglie» sono adottati nel rispetto
dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) prevedere l'introduzione di nuove
disposizioni in un apposito
titolo IV-bis del libro II del
codice di procedura civile, rubricato
«Norme per il
procedimento in materia
di persone, minorenni
e
famiglie», recante la disciplina del
rito applicabile a
tutti i
procedimenti relativi allo stato
delle persone, ai minorenni e alle
famiglie di competenza del
tribunale ordinario, del tribunale
per i
minorenni e del giudice
tutelare, con esclusione
dei procedimenti
volti alla
dichiarazione di adottabilita', dei
procedimenti di
adozione di minori
di eta' e dei procedimenti
attribuiti alla
competenza delle sezioni istituite
dal decreto-legge 17 febbraio
2017, n. 13, convertito, con
modificazioni, dalla legge
13 aprile
2017, n. 46, e con abrogazione,
riordino, coordinamento, modifica ed
integrazione delle disposizioni
vigenti;
b) nei procedimenti di cui alla lettera
a), prevedere che in
presenza di allegazioni di violenza
domestica o di
genere siano
assicurate: su
richiesta, adeguate misure
di salvaguardia e
protezione, avvalendosi delle
misure di cui all'articolo 342-bis del
codice civile; le necessarie
modalita' di coordinamento
con altre
autorita' giudiziarie, anche
inquirenti; l'abbreviazione dei termini
processuali nonche' specifiche
disposizioni processuali e sostanziali
per evitare la vittimizzazione
secondaria. Qualora un figlio minore
rifiuti di incontrare uno o
entrambi i genitori, prevedere
che il
giudice, personalmente, sentito
il minore e assunta ogni informazione
ritenuta necessaria, accerta con
urgenza le cause
del rifiuto ed
assume i
provvedimenti nel superiore
interesse del minore,
considerando ai fini della
determinazione dell'affidamento dei
figli
e degli incontri con i figli
eventuali episodi di violenza. In ogni
caso, garantire che gli eventuali
incontri tra i genitori e il figlio
avvengano, se necessario, con
l'accompagnamento dei servizi sociali e
non compromettano la sicurezza
della vittima. Prevedere che, qualora
il giudice ritenga
di avvalersi dell'ausilio
di un consulente,
procede alla sua nomina con provvedimento
motivato, indicando gli
accertamenti da svolgere; il consulente
del giudice eventualmente
nominato si attiene ai
protocolli e alle
metodologie riconosciuti
dalla comunita'
scientifica senza effettuare
valutazioni su
caratteristiche e profili
di personalita' estranee
agli stessi;
prevedere esplicitamente,
inoltre, che i provvedimenti di cui
agli
articoli 342-bis
e seguenti del
codice civile possono
essere
richiesti ed emessi anche dal
tribunale per i minorenni e quando la
convivenza e' gia' cessata;
c)
prevedere la competenza
del tribunale in
composizione
collegiale, con facolta' di
delega per la trattazione e l'istruzione
al giudice relatore, stabilendo
che nel tribunale per i minorenni la
prima udienza di cui alla lettera
l) e le
udienze all'esito delle
quali devono
essere adottati provvedimenti decisori,
anche
provvisori, sono tenute dal
giudice relatore, con facolta'
per lo
stesso di delegare ai giudici
onorari specifici adempimenti
e con
l'esclusione della facolta' di
delegare l'ascolto dei
minorenni,
l'assunzione delle testimonianze
e tutti gli
atti riservati al
giudice togato;
d) procedere al riordino dei criteri di
competenza territoriale,
prevedendo quale criterio
di competenza prevalente
quello della
residenza abituale del minore che
corrisponde al luogo
in cui si
trova di fatto il centro della
sua vita al momento della proposizione
della domanda, salvo il caso
di illecito trasferimento, prevedendo
altresi' che per
il cambio di
residenza ovvero per
la scelta
dell'istituto scolastico anche
prima della separazione dei genitori
sia sempre necessario il consenso
di entrambi i genitori, ovvero, in
difetto, del giudice;
e) disporre l'intervento necessario
del pubblico ministero,
ai
sensi dell'articolo 70 del codice
di procedura civile, fermo restando
il potere del
pubblico ministero nei
procedimenti di cui
agli
articoli 330, 332, 333, 334 e 335
del codice civile e in quelli
di
cui alla legge 4 maggio 1983, n.
184, di proporre la relativa azione;
f) prevedere l'introduzione del giudizio
con ricorso, redatto in
modo sintetico, contenente:
l'indicazione del giudice, le generalita'
e la residenza abituale del
ricorrente, del resistente e dei
figli
comuni della
coppia, minorenni, maggiorenni
economicamente non
autosufficienti o portatori di
handicap grave ai sensi dell'articolo
3, comma 3, della legge
5 febbraio 1992,
n. 104, ai
quali il
procedimento si
riferisce; la determinazione dell'oggetto
della
domanda; l'esposizione dei fatti
e degli
elementi di diritto
sui
quali si fonda la domanda con le
relative conclusioni; l'indicazione,
a pena di decadenza per le sole
domande aventi ad
oggetto diritti
disponibili, dei mezzi di prova e
dei documenti di cui il ricorrente
intenda avvalersi;
il deposito di
copia dei provvedimenti
eventualmente gia' adottati
all'esito di uno dei procedimenti di cui
alla lettera a); l'indicazione
di procedimenti penali
in cui una
delle parti o il minorenne sia
persona offesa; nelle
ipotesi di
domande di natura economica, il
deposito di copia delle denunce dei
redditi e di documentazione
attestante le disponibilita' mobiliari,
immobiliari e
finanziarie delle parti
degli ultimi tre
anni,
disponendo le sanzioni per il
mancato deposito della documentazione
senza giustificato motivo ovvero
per il deposito di
documentazione
inesatta o incompleta; prevedere
che con gli atti
introduttivi le
parti depositino altresi' un
piano genitoriale che
illustri gli
impegni e le attivita' quotidiane
dei minori, relativamente
alla
scuola, al
percorso educativo, alle
eventuali attivita'
extrascolastiche, sportive,
culturali e ricreative, alle
frequentazioni parentali
e amicali, ai
luoghi abitualmente
frequentati, alle vacanze
normalmente godute; prevedere che all'esito
del deposito del ricorso sia
fissata con decreto la data dell'udienza
di comparizione delle parti
davanti al giudice relatore, da
tenere
entro novanta giorni dal deposito
del ricorso; prevedere inoltre che
il capo dell'ufficio giudiziario
vigili sul rispetto di tale termine
e ne tenga conto nella
formulazione dei rapporti per la valutazione
di professionalita'; prevedere
con la fissazione
della data
l'indicazione del termine per
la notificazione del
ricorso e del
decreto e del termine per la
costituzione della parte convenuta, con
possibilita' per
il giudice relatore
di assumere provvedimenti
d'urgenza nell'interesse delle
parti e dei
minori prima
dell'instaurazione del
contraddittorio, quando cio'
potrebbe
pregiudicare l'attuazione
del provvedimento o
in presenza di
pregiudizio imminente
ed irreparabile, fissando
l'udienza di
comparizione delle parti per la
conferma, modifica o revoca di tali
provvedimenti entro i successivi
quindici giorni; prevedere che con
il decreto di
fissazione della prima
udienza il giudice
debba
informare le parti della
possibilita' di avvalersi della mediazione
familiare, con esclusione dei
casi in cui una delle parti sia stata
destinataria di condanna anche
non definitiva o
di emissione dei
provvedimenti cautelari civili o
penali per fatti di reato previsti
dagli articoli 33 e seguenti
della Convenzione del Consiglio d'Europa
sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle
donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di
cui alla legge 27 giugno 2013, n.
77;
g) prevedere che, in assenza di
limitazioni o provvedimenti
di
decadenza della
responsabilita'
genitoriale, nell'assumere i
provvedimenti circa l'affido dei figli
minori il giudice
indichi
quali sono
le informazioni che
ciascun genitore deve
obbligatoriamente comunicare
all'altro;
h) prevedere che il convenuto debba
costituirsi mediante comparsa
di costituzione, redatta in modo
sintetico, nella quale devono essere
proposte, a pena di decadenza,
eventuali domande riconvenzionali ed
eccezioni processuali e di merito
non rilevabili d'ufficio, nonche'
contestazioni specifiche sui
fatti affermati dal ricorrente e, a pena
di decadenza
per le sole
domande aventi ad
oggetto diritti
disponibili, i
mezzi di prova
e i documenti,
oltre alla
documentazione indicata nella
lettera f) e con le stesse sanzioni per
il mancato deposito della
documentazione senza giustificato
motivo
ovvero per il deposito di
documentazione inesatta o incompleta;
i) disciplinare le difese del
ricorrente in caso
di domande
riconvenzionali del convenuto,
nonche' la possibilita' di precisare e
modificare le domande e proporre
nuove istanze istruttorie alla luce
delle difese
della controparte; prevedere
in ogni caso
la
possibilita' di introdurre nel
corso del giudizio
domande nuove
relative all'affidamento e al
mantenimento dei figli
minori e di
quelli maggiorenni portatori di
handicap grave ai sensi dell'articolo
3, comma 3,
della legge 5
febbraio 1992, n.
104, nonche' la
possibilita' di introdurre
domande nuove relative
al mantenimento
delle parti
e dei figli
maggiorenni non economicamente
autosufficienti nelle sole
ipotesi di fatti sopravvenuti ovvero
di
nuovi accertamenti istruttori;
l) prevedere che la
prima udienza si
svolga con necessaria
comparizione personale
delle parti per
essere sentite, anche
separatamente, e per il
tentativo di conciliazione, disponendo
le
sanzioni per la mancata comparizione
senza giustificato motivo
e
prevedendo in ogni caso la data
di decorrenza dei
provvedimenti a
contenuto economico, con facolta'
di farli retroagire alla data della
domanda o
comunque della prima
udienza, e che
il verbale di
conciliazione costituisca titolo
esecutivo e titolo per l'iscrizione
di ipoteca giudiziale; prevedere
che, in caso di mancata comparizione
del convenuto senza giustificato
motivo, il giudice adotta comunque i
provvedimenti provvisori e
urgenti all'esito della
prima udienza,
determinando la data
di decorrenza dei
provvedimenti di natura
economica anche a far data
dalla domanda; prevedere
che la prima
udienza debba svolgersi con
necessaria comparizione personale delle
parti per il tentativo di
conciliazione, con esclusione delle ipotesi
in cui siano allegate o segnalate
violenze di genere o domestiche, e
che il giudice possa formulare
una proposta di definizione motivata
anche tenendo conto di
tutte le circostanze
e delle risultanze
istruttorie acquisite; prevedere
che la mancata comparizione
senza
giustificato motivo sia valutata
ai sensi dell'articolo 116, secondo
comma, del codice di procedura
civile e che possa
altresi' essere
tenuta in considerazione ai fini
delle spese di
lite; prevedere
infine che il verbale di
conciliazione costituisca titolo esecutivo e
titolo per l'iscrizione di
ipoteca giudiziale;
m) prevedere che, qualora
il tentativo di
conciliazione non
riesca, il presidente,
anche d'ufficio, sentiti
le parti ed i
rispettivi difensori, assuma con
ordinanza i provvedimenti temporanei
e urgenti che reputa opportuni
nell'interesse della prole
e dei
coniugi, nonche' che il tentativo
di conciliazione non sia esperito
nei casi in cui sia allegata
qualsiasi forma di
violenza prevista
dalla Convenzione del Consiglio
d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti
delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio
2011, di cui alla legge 27 giugno 2013,
n. 77; in tali casi
la comparizione personale
delle parti deve
avvenire in orari differiti;
n) prevedere che il giudice relatore possa,
con esclusione delle
fattispecie in cui siano allegate
violenze di genere o
domestiche,
secondo quanto
previsto dalla citata
Convenzione del Consiglio
d'Europa sulla
prevenzione e la
lotta contro la
violenza nei
confronti delle donne e la
violenza domestica, invitare le
parti ad
esperire un tentativo di
mediazione familiare; in caso di rifiuto
di
una delle parti, il giudice
pronuncia i provvedimenti
temporanei ed
urgenti;
o)
prevedere che l'attivita'
professionale del mediatore
familiare, la sua formazione, le
regole deontologiche e le
tariffe
applicabili siano regolate
secondo quanto previsto dalla
legge 14
gennaio 2013, n. 4;
p) prevedere l'istituzione, presso
ciascun tribunale, di un
elenco dei mediatori familiari
iscritti presso le associazioni
del
settore, secondo quanto
disciplinato dalla legge 14 gennaio 2013,
n.
4, con possibilita' per le parti
di scegliere il mediatore tra quelli
iscritti in tale elenco;
prevedere che i mediatori familiari
siano
dotati di
adeguata formazione e
specifiche competenze nella
disciplina giuridica della
famiglia, nonche' in materia di tutela dei
minori e di violenza contro le
donne e di violenza domestica, e che i
mediatori abbiano l'obbligo di
interrompere la loro opera nel caso in
cui emerga qualsiasi forma di
violenza;
q) prevedere che alla prima udienza, in
mancanza di conciliazione
tra le parti, il giudice, ove la
causa sia matura per la decisione,
inviti le parti alla
discussione, pronunciando sentenza
definitiva
ovvero parziale qualora possa
essere decisa la sola domanda relativa
allo stato delle persone e il
procedimento debba continuare per la
definizione delle ulteriori
domande;
r) prevedere che qualora il processo debba
continuare il giudice
relatore, nel contraddittorio tra
le parti: adotti i
provvedimenti
temporanei e urgenti che reputa
opportuni nell'interesse delle parti
stesse, nel limite delle
rispettive domande e anche d'ufficio
per i
minori, per i figli maggiorenni
non economicamente autosufficienti e
per i
figli maggiorenni portatori
di handicap grave
ai sensi
dell'articolo 3, comma 3, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104,
che
costituiscono titolo esecutivo e
titolo per l'iscrizione di ipoteca
giudiziale, disciplinando il
regime della reclamabilita' dinanzi al
giudice, che decide in
composizione collegiale; ammetta le prove
o
adotti gli altri provvedimenti
istruttori, fissando l'udienza per la
prosecuzione del
giudizio; prevedere che
nell'adottare i
provvedimenti temporanei e
urgenti il giudice possa
formulare una
proposta di piano genitoriale
nella quale illustrare la complessiva
situazione di vita del minore e le
sue esigenze dal punto di
vista
dell'affidamento e dei tempi di
frequentazione dei genitori, nonche'
del mantenimento,
dell'istruzione, dell'educazione e
dell'assistenza
morale del minore, nel rispetto
dei principi previsti dall'articolo
337-ter del codice civile;
prevedere altresi' che
all'interno del
piano genitoriale
siano individuati i
punti sui quali
vi sia
l'accordo dei genitori e che
il mancato rispetto
delle condizioni
previste nel piano genitoriale
costituisce comportamento sanzionabile
ai sensi dell'articolo 709-ter
del codice di procedura civile;
s)
prevedere che il
giudice dispone in
ogni caso la
videoregistrazione dell'audizione
del minore;
t) prevedere che il giudice, anche
relatore, previo ascolto non
delegabile del minore anche
infradodicenne, ove capace di esprimere
la propria volonta', fatti salvi
i casi di impossibilita' del minore,
possa adottare provvedimenti
relativi ai minori d'ufficio e anche in
assenza di istanze, salvaguardando
il contraddittorio tra le parti a
pena di nullita' del
provvedimento; prevedere che il
giudice, anche
relatore, possa disporre d'ufficio
mezzi di prova
a tutela dei
minori, nonche' delle vittime di
violenze, anche al
di fuori dei
limiti stabiliti
dal codice civile,
sempre garantendo il
contraddittorio e il diritto alla
prova contraria, disciplinando
i
poteri istruttori officiosi di
indagine patrimoniale;
u) stabilire che i provvedimenti
temporanei ed urgenti
debbano
contenere le modalita' e i
termini di prosecuzione del giudizio,
che
possano essere modificati o
revocati dal giudice, anche relatore, nel
corso del giudizio in
presenza di fatti
sopravvenuti o di
nuovi
accertamenti istruttori, che
mantengano la loro efficacia in caso di
estinzione del
processo e che
siano disciplinate le
forme di
controllo dei provvedimenti
emessi nel corso del giudizio;
v) modificare l'articolo 178
del codice di
procedura civile
introducendo una disposizione in
cui si preveda
che, una volta
istituito il tribunale per le
persone, per i
minorenni e per le
famiglie, l'ordinanza
del giudice istruttore
in materia di
separazione e di affidamento dei
figli e' impugnabile dalle parti con
reclamo immediato al collegio,
che il reclamo deve essere
proposto
nel termine perentorio di venti
giorni dalla lettura alla
presenza
delle parti oppure dalla
ricezione della relativa notifica e
che il
collegio decide in camera
di consiglio entro
trenta giorni dal
deposito del reclamo;
z) prevedere che per la
fase decisoria il
giudice relatore,
esaurita l'istruzione, fissi
davanti a se' l'udienza di
rimessione
della causa in decisione con
assegnazione dei termini per gli scritti
difensivi finali, che all'udienza
la causa sia posta in decisione dal
giudice relatore che si riserva
di riferire al collegio
e che la
sentenza venga depositata nel
termine di sessanta giorni;
aa) prevedere che in presenza di
allegazioni o segnalazioni
di
comportamenti di un genitore tali
da ostacolare il mantenimento di un
rapporto equilibrato
e continuativo con
l'altro genitore e la
conservazione di rapporti
significativi con gli ascendenti e con i
parenti di ciascun ramo genitoriale
siano assicurate l'abbreviazione
dei termini processuali e la
concreta attuazione dei
provvedimenti
adottati nell'interesse del
minore;
bb) prevedere che nel processo di
separazione tanto il ricorrente
quanto il
convenuto abbiano facolta' di
proporre domanda di
scioglimento o
cessazione degli effetti
civili del matrimonio,
disponendo che
quest'ultima sia procedibile
solo all'esito del
passaggio in giudicato della
sentenza parziale che abbia pronunciato
la separazione e fermo il
rispetto del termine previsto dall'articolo
3 della legge 1° dicembre 1970,
n. 898, e che
sia ammissibile la
riunione dei procedimenti aventi
ad oggetto queste domande
qualora
pendenti tra
le stesse parti
dinanzi al medesimo
tribunale,
assicurando in entrambi i casi
l'autonomia dei diversi
capi della
sentenza, con specificazione
della decorrenza dei relativi effetti;
cc) stabilire che nei procedimenti di separazione
personale e di
scioglimento o cessazione
degli effetti civili
del matrimonio le
parti possano, sino alla prima
udienza di comparizione, concludere un
accordo sulla legge applicabile
alla separazione e al
divorzio ai
sensi degli articoli 8 e 9
del regolamento (UE)
n. 1259/2010 del
Consiglio, del 20 dicembre 2010;
dd) prevedere: la nomina, anche d'ufficio,
del curatore speciale
del minore; il riordino delle
disposizioni in materia di ascolto del
minore, anche
alla luce della
normativa sovranazionale di
riferimento; la predisposizione
di autonoma regolamentazione della
consulenza tecnica psicologica,
anche con l'inserimento nell'albo dei
consulenti tecnici d'ufficio di
indicazioni relative alle specifiche
competenze; la possibilita' di
nomina di un tutore del minore, anche
d'ufficio, nel corso e all'esito
dei procedimenti di cui alla lettera
a), e in caso di adozione di
provvedimenti ai sensi degli
articoli
330 e 333 del codice civile;
ee) prevedere la facolta' per il
giudice, anche relatore,
su
richiesta concorde
di entrambe le
parti, di nominare
un
professionista, scelto tra quelli
iscritti nell'albo dei consulenti
tecnici d'ufficio, ovvero anche
al di fuori dell'albo in presenza di
concorde richiesta delle parti,
dotato di specifiche competenze
in
grado di coadiuvare il giudice
per determinati interventi sul nucleo
familiare, per superare conflitti
tra le parti, per fornire ausilio
per i minori e per la ripresa o
il miglioramento delle relazioni tra
genitori e figli;
ff) adottare, per i procedimenti di cui
alla lettera a), puntuali
disposizioni per
regolamentare l'intervento dei
servizi
socio-assistenziali o
sanitari, in funzione
di monitoraggio,
controllo e accertamento, prevedendo
che nelle relazioni
redatte
siano tenuti
distinti con chiarezza
i fatti accertati,
le
dichiarazioni rese dalle parti
e le valutazioni
formulate dagli
operatori, con diritto delle
parti e dei loro
difensori di avere
visione di ogni relazione ed
accertamento compiuto dai responsabili
del servizio socio-assistenziale
o sanitario, e, fermo restando
il
principio generale dell'interesse
del minore a mantenere
relazioni
significative con i genitori, sia
assicurato che nelle
ipotesi di
violenze di genere e domestiche
tale intervento sia disposto solo in
quanto specificamente diretto
alla protezione della vittima
e del
minore e
sia adeguatamente motivato,
nonche' disciplinando
presupposti e limiti
dell'affidamento dei minorenni
al servizio
sociale; dettare disposizioni per
individuare modalita' di esecuzione
dei provvedimenti relativi ai
minori, prevedendo che
queste siano
determinate dal giudice in
apposita udienza in contraddittorio con le
parti, salvo che sussista il
concreto e attuale pericolo, desunto da
circostanze specifiche ed
oggettive, di sottrazione del minore
o di
altre condotte
che potrebbero pregiudicare l'attuazione del
provvedimento, che in caso di
mancato accordo l'esecuzione
avvenga
sotto il controllo del
giudice, anche con
provvedimenti assunti
nell'immediatezza, che
nell'esecuzione sia sempre salvaguardato
il
preminente interesse alla
salute psicofisica del
minorenne e che
l'uso della
forza pubblica, sostenuto
da adeguata e
specifica
motivazione, sia limitato ai soli
casi in cui
sia assolutamente
indispensabile e sia posto in
essere per il
tramite di personale
specializzato;
gg) riformare la disciplina dei procedimenti
per la tutela
e
l'affidamento dei minori previsti
dal codice civile e dalla legge 4
maggio 1983, n. 184, e in
particolare:
1)
prevedere cause di
incompatibilita' con l'assunzione
dell'incarico di
consulente tecnico d'ufficio
nonche' con lo
svolgimento delle funzioni di
assistente sociale nei procedimenti che
riguardano l'affidamento dei
minori, per coloro che rivestono cariche
rappresentative in strutture o
comunita' pubbliche o private presso
le quali sono inseriti
i minori, che
partecipano alla gestione
complessiva delle medesime
strutture, che prestano a favore di esse
attivita' professionale, anche a
titolo gratuito, o che fanno parte
degli organi sociali di societa'
che le gestiscono,
nonche' per
coloro il cui coniuge, parte
dell'unione civile, convivente, parente
o affine entro il quarto grado
svolge le medesime funzioni presso le
citate strutture
o comunita'; apportare
modifiche al regio
decreto-legge 20 luglio 1934, n.
1404, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 maggio 1935, n.
835, per adeguare
le ipotesi di
incompatibilita' ivi previste per
i giudici onorari a quelle previste
dal presente numero;
2) introdurre il divieto di affidamento
dei minori a
persone
che sono parenti o affini entro
il quarto grado del giudice che ha
disposto il collocamento, del
consulente tecnico d'ufficio
o di
coloro che hanno
svolto le funzioni
di assistente sociale
nel
medesimo procedimento nonche' il
divieto di collocamento dei minori
presso strutture
o comunita' pubbliche
o private nelle
quali
rivestono cariche
rappresentative, o partecipano
alla gestione
complessiva o prestano a favore
di esse attivita' professionale anche
a titolo gratuito o fanno parte
degli organi sociali di societa' che
le gestiscono, persone che sono
parente o affine
entro il quarto
grado, convivente, parte
dell'unione civile o coniuge del giudice che
ha disposto il collocamento, del
consulente tecnico d'ufficio o di
coloro che hanno
svolto le funzioni
di assistente sociale
nel
medesimo procedimento;
hh) introdurre un unico
rito per i
procedimenti su domanda
congiunta di separazione
personale dei coniugi, di
divorzio e di
affidamento dei figli
nati fuori del
matrimonio, modellato sul
procedimento previsto dall'articolo
711 del codice
di procedura
civile, disponendo
che nel ricorso
debba essere contenuta
l'indicazione delle condizioni
reddituali, patrimoniali e degli oneri
a carico delle parti, prevedendo
la possibilita' che l'udienza per il
tentativo di conciliazione delle
parti si svolga con
modalita' di
scambio di note scritte e che le
parti possano a tal fine rilasciare
dichiarazione contenente la
volonta' di non
volersi riconciliare;
introdurre un unico rito per i
procedimenti relativi alla
modifica
delle condizioni di separazione
ai sensi dell'articolo 711 del codice
di procedura civile, alla
revisione delle condizioni di
divorzio ai
sensi dell'articolo 9 della legge
1° dicembre 1970, n. 898, e alla
modifica delle
condizioni relative ai
figli di genitori
non
coniugati, strutturato mediante
presentazione di istanza congiunta e
successiva decisione da parte del
tribunale, prevedendo la fissazione
dell'udienza di comparizione
personale delle parti nei soli casi di
richiesta congiunta delle parti
ovvero nelle ipotesi
in cui il
tribunale ravvisi la necessita'
di approfondimenti in
merito alle
condizioni proposte dalle parti;
ii) procedere al riordino della disciplina
di cui agli articoli
145 e 316 del codice civile,
attribuendo la relativa competenza
al
giudice anche su
richiesta di una
sola parte e prevedendo
la
possibilita' di
ordinare al coniuge
inadempiente al dovere
di
contribuire ai bisogni della
famiglia previsto dall'articolo 143 del
codice civile di versare una quota
dei propri redditi
in favore
dell'altro; prevedere altresi'
che il relativo provvedimento
possa
valere in via esecutiva diretta
contro il terzo, in analogia a quanto
previsto dall'articolo 8 della
legge 1° dicembre 1970, n. 898;
ll) procedere al riordino della
disciplina di cui
all'articolo
156 del codice civile,
all'articolo 8 della legge 1°
dicembre 1970,
n. 898, all'articolo 3 della legge
10 dicembre 2012,
n. 219, e
all'articolo 316-bis del codice
civile, introducendo un unico modello
processuale strutturato in analogia
a quanto previsto dall'articolo 8
della legge 1° dicembre 1970, n.
898, e che tenga conto dell'assenza
di limiti prevista dall'articolo
156 del codice civile per adottare
le garanzie a tutela
dell'adempimento delle obbligazioni
a carico
dell'onerato e per il sequestro;
mm) procedere al riordino della
disciplina di cui
all'articolo
709-ter del codice di procedura
civile, con possibilita' di adottare
anche d'ufficio,
previa instaurazione del
contraddittorio,
provvedimenti ai sensi
dell'articolo 614-bis del codice di
procedura
civile in caso di inadempimento
agli obblighi di fare e di non fare
anche quando relativi ai minori;
nn) predisporre autonoma regolamentazione per
il giudizio di
appello, per tutti i procedimenti
di cui alla lettera a);
oo) prevedere che i provvedimenti adottati
dal giudice tutelare,
inclusi quelli emessi ai sensi
dell'articolo 720-bis del codice
di
procedura civile in materia
di amministrazione di
sostegno, siano
reclamabili al tribunale che
decide in composizione monocratica per
quelli aventi contenuto
patrimoniale gestorio e in composizione
collegiale in tutti gli altri
casi; prevedere che del collegio
non
possa far parte il giudice che ha
emesso il provvedimento reclamato.
24. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti norme
per l'istituzione del tribunale per
le persone, per i minorenni
e per
le famiglie sono
adottati con
l'osservanza dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) riorganizzare il funzionamento e le
competenze del tribunale
per i minorenni di cui al
regio decreto-legge 20
luglio 1934, n.
1404, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935,
n.
835, che assume la denominazione
di «tribunale per le persone, per i
minorenni e per le famiglie»
composto dalla sezione distrettuale
e
dalle sezioni circondariali,
prevedendo che la sezione distrettuale
sia costituita presso ciascuna
sede di corte d'appello o di sezione
di corte d'appello e che le
sezioni circondariali siano
costituite
presso ogni sede di
tribunale ordinario di cui all'articolo
42
dell'ordinamento giudiziario, di
cui al
regio decreto 30 gennaio
1941, n. 12, collocata nel
distretto di corte d'appello o di
sezione
di corte
d'appello in cui ha sede
la sezione distrettuale;
organizzare il tribunale per le
persone, per i minorenni e
per le
famiglie nell'ambito delle
attuali dotazioni organiche del
personale
di magistratura, del
personale amministrativo, dirigenziale
e non
dirigenziale, e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica;
b) trasferire le competenze civili, penali
e di sorveglianza del
tribunale per i minorenni alle sezioni
distrettuali del tribunale per
le persone, per i minorenni e per
le famiglie, ad
eccezione delle
competenze civili indicate nella
lettera c) che sono trasferite alle
sezioni circondariali;
c) attribuire alle sezioni
circondariali del tribunale
per le
persone, per i minorenni e per le
famiglie le competenze assegnate al
tribunale per i minorenni
dall'articolo 38 delle
disposizioni per
l'attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto 30 marzo 1942, n.
318, dall'articolo 403
del codice
civile e dai titoli I e I-bis
della legge 4 maggio
1983, n. 184,
oltre a tutte le competenze
civili attribuite al tribunale ordinario
nelle cause riguardanti lo stato
e la capacita' delle
persone, ad
esclusione delle
cause aventi ad
oggetto la cittadinanza,
l'immigrazione e il
riconoscimento della protezione internazionale,
nonche' quelle
riguardanti la famiglia,
l'unione civile, le
convivenze, i minori e tutti i
procedimenti di competenza del giudice
tutelare, nonche' i procedimenti
aventi ad oggetto il
risarcimento
del danno endo-familiare;
d) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria per
svolgere le
funzioni di
presidente della sezione
distrettuale e la minore
anzianita' di servizio necessaria
per svolgere quelle di presidente
della sezione circondariale;
e) determinare le
competenze del presidente
della sezione
distrettuale e del presidente
della sezione circondariale;
f) stabilire che i giudici assegnati al tribunale per le
persone,
per i minorenni e per le famiglie
siano scelti tra quelli dotati di
specifiche competenze
nelle materie attribuite
all'istituendo
tribunale, stabilire l'anzianita'
di servizio necessaria e disporre
che non si applichi
il limite dell'assegnazione decennale
nella
funzione;
g) stabilire che i magistrati siano assegnati in via esclusiva
al
tribunale per le
persone, per i
minorenni e per
le famiglie;
disciplinare la possibilita'
di applicazione, anche
per singoli
procedimenti individuati con
criteri predeterminati nei provvedimenti
tabellari con
provvedimento del presidente
della sezione
distrettuale, dei giudici delle
sezioni circondariali alla
sezione
distrettuale ovvero dei
giudici della sezione
distrettuale alle
sezioni circondariali, prevedendo
la possibilita' che le udienze, in
caso di applicazione, possano
svolgersi con modalita' di scambio di
note scritte o di collegamento da
remoto e con possibilita' per il
giudice di tenere udienza in
luogo diverso dall'ufficio;
h) stabilire che i magistrati onorari assegnati ai tribunali per i
minorenni al momento
dell'istituzione del tribunale per le persone,
per i minorenni
e per le
famiglie, ferme le
disposizioni che
prevedono la loro presenza nella
composizione dei collegi secondo i
principi di delega di seguito
indicati, siano assegnati all'ufficio
per il processo gia' esistente
presso il tribunale ordinario per le
funzioni da svolgere nell'ambito
delle sezioni circondariali
del
tribunale per le persone, per i
minorenni e per le famiglie;
i) disciplinare composizione ed attribuzioni dell'ufficio
per il
processo secondo quelle
previste per l'ufficio
per il processo
costituito presso
i tribunali ordinari
ai sensi dell'articolo
16-octies del decreto-legge 18
ottobre 2012, n. 179, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17
dicembre 2012, n.
221, prevedendola
possibilita' di
demandare ai giudici
onorari, che integreranno
l'ufficio, oltre alle funzioni
previste per l'ufficio per il processo
presso il
tribunale ordinario, funzioni
di conciliazione, di
informazione sulla mediazione
familiare, di ausilio all'ascolto del
minore e di sostegno ai minorenni
e alle parti, con attribuzione di
specifici compiti
puntualmente delegati dal
magistrato togato
assegnatario del procedimento,
secondo le competenze previste dalla
legislazione vigente;
l) stabilire che nelle
materie del penale
minorile la sezione
distrettuale del tribunale per le
persone, per i minorenni e per le
famiglie sia competente per tutti
i procedimenti gia' attribuiti alla
competenza del tribunale per i
minorenni e giudichi in composizione
monocratica o
collegiale secondo le
disposizioni vigenti che
disciplinano la materia;
m) stabilire che, nelle materie
della sorveglianza minorile,
la
sezione distrettuale del
tribunale per le persone, per i minorenni
e
per le
famiglie sia competente
per tutti i
procedimenti gia'
attribuiti alla competenza del
tribunale per i minorenni e giudichi
in composizione monocratica o
collegiale secondo le
disposizioni
vigenti che disciplinano la
materia;
n) stabilire che, nei procedimenti civili che rientrano nelle loro
rispettive competenze, secondo
quanto previsto nelle lettere b) e c),
le sezioni circondariali
giudichino in composizione monocratica e
le
sezioni distrettuali
giudichino in composizione
collegiale, con
esclusione dei soli procedimenti
di cui ai titoli II, III e IV della
legge 4 maggio 1983, n. 184,
per i
quali le sezioni
distrettuali
giudicano in composizione collegiale,
con collegio composto da due
magistrati togati e da due
magistrati onorari;
o) stabilire che: ogni
provvedimento che definisce
il giudizio
adottato dal giudice della
sezione circondariale sia
impugnabile
dinanzi alla
sezione distrettuale, che
giudica in composizione
collegiale, prevedendo che del
collegio non possa
far parte il
giudice che ha emesso il
provvedimento impugnato; ogni
provvedimento
che definisce il giudizio
adottato, quale giudice di prima istanza,
dalla sezione distrettuale nelle
materie di competenza della stessa
sia impugnabile dinanzi
alla sezione di
corte d'appello per i
minorenni;
p) stabilire che avverso i provvedimenti di cui
alla lettera o)
possa essere
proposto ricorso per
cassazione e avverso
i
provvedimenti provvisori emessi
ai sensi degli articoli 330, 332 e
333 del codice civile dalle
sezioni distrettuali del tribunale per le
persone, per i minorenni e per
le famiglie, su
reclamo proposto
avverso i
provvedimenti provvisori emessi
dalle sezioni
circondariali, possa essere
proposto ricorso per cassazione ai sensi
dell'articolo 111 della
Costituzione;
q) stabilire che nel settore civile ogni provvedimento provvisorio
adottato dalle sezioni
circondariali che presenti contenuti
decisori
sia reclamabile
dinanzi alla sezione
distrettuale e che
ogni
provvedimento provvisorio
adottato dalla sezione
distrettuale che
presenti contenuti decisori nelle
materie di competenza della stessa
sia reclamabile dinanzi
alla sezione di
corte d'appello per i
minorenni, fatto salvo quanto
previsto dalla legge 15 gennaio 1994,
n. 64, in materia di sottrazione
internazionale di minorenni;
r) stabilire per i
procedimenti civili elencati
nel comma 23,
lettera a), l'applicazione del
rito unificato in materia di persone,
minorenni e famiglie previsto dal
medesimo comma 23,
salvo quanto
previsto dalle lettere n), o) e
q) del presente comma;
s) stabilire che per i procedimenti
civili non ricompresi
nella
lettera r) si applichino le
disposizioni processuali vigenti
che
disciplinano la materia;
t) riorganizzare il
funzionamento e le
competenze dell'ufficio
della procura della Repubblica
presso il tribunale per i
minorenni
che assume la denominazione di
ufficio della procura della Repubblica
presso il tribunale per
le persone, per i minorenni
e per le
famiglie, attribuendo,
inoltre, all'ufficio le
funzioni civili
attribuite all'ufficio della
procura della Repubblica
presso il
tribunale ordinario nelle
materie di competenza
del costituendo
tribunale; stabilire
che le funzioni
del pubblico ministero
attribuite siano svolte, sia
presso le sezioni
distrettuali sia
presso le sezioni circondariali,
anche con l'utilizzo di modalita' di
collegamento da remoto, da individuare
con decreto del
Ministero
della giustizia;
u) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria per
svolgere le
funzioni di procuratore della
Repubblica presso il tribunale per le
persone, per i minorenni e per le
famiglie;
v) stabilire l'anzianita'
di servizio necessaria
perche' i
magistrati possano essere
assegnati all'ufficio della procura della
Repubblica presso il tribunale
per le persone, per i minorenni e per
le famiglie;
z) stabilire che per l'iniziale
costituzione dei tribunali per le
persone, per i minorenni e per
le famiglie e
delle procure della
Repubblica presso i suddetti tribunali,
con decreto del
Ministro
della giustizia, sentito il
Consiglio superiore della magistratura,
da emanare entro un anno dalla
data di entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui al presente
comma, sia determinata
la pianta
organica dei
magistrati addetti alle
sezioni distrettuali e
circondariali dei tribunali per
le persone, per i minorenni e per le
famiglie e alle procure della
Repubblica presso i suddetti tribunali,
nell'ambito della dotazione
organica del personale di magistratura,
con decorrenza dalla data
indicata nei decreti legislativi
stessi;
disporre che i magistrati con
funzione di presidente di tribunale per
i
minorenni siano assegnati
quali presidenti delle
sezioni
distrettuali dei costituendi tribunali
e che i presidenti di sezione
presso i tribunali ordinari,
assegnati anche in via
non esclusiva
alle materie di competenza delle
costituende sezioni circondariali,
siano nominati,
previa domanda, presidenti
delle sezioni
circondariali, individuando
i criteri di
selezione in caso
di
richieste superiori al numero di
posti disponibili, privilegiando i
magistrati con
maggiore esperienza maturata
nelle materie di
competenza del costituendo tribunale;
disporre che i
procuratori
della Repubblica delle procure
della Repubblica presso i
tribunali
per i minorenni siano assegnati
quali procuratori della
Repubblica
delle procure
della Repubblica presso
i costituendi tribunali;
stabilire che l'assegnazione e'
prevista fino alla
scadenza del
termine stabilito per
l'assegnazione delle funzioni dirigenziali
e
semi-dirigenziali, computando
in tale
periodo quello gia' svolto
nella precedente funzione;
prevedere che i magistrati gia'
assegnati
ai tribunali per i minorenni e,
in via
anche non esclusiva,
alle
sezioni di corte d'appello per
i minorenni siano
assegnati alle
sezioni distrettuali e che
i magistrati assegnati
nei tribunali
ordinari, in via anche non esclusiva,
alle materie di
competenza
delle sezioni circondariali
siano assegnati alle
stesse, previa
domanda dei
magistrati interessati, individuando
i criteri di
selezione in
caso di richieste
superiori al numero
di posti
disponibili, privilegiando
i magistrati con
maggiore esperienza
maturata nelle materie
di competenza del
costituendo tribunale;
prevedere che i magistrati
assegnati alla procura della
Repubblica
presso il tribunale per i minorenni
siano assegnati alla
procura
della Repubblica presso il
costituendo tribunale;
aa) stabilire che il personale di
cancelleria e le
dotazioni
materiali assegnati al tribunale
per i minorenni siano assegnati alla
sezione distrettuale del
tribunale per le persone, per i minorenni
e
per le famiglie e che il
personale di cancelleria
e le dotazioni
materiali assegnati in
ciascun tribunale allo
svolgimento delle
funzioni amministrative connesse
alle materie trasferite
alle
istituende sezioni
circondariali siano alle
stesse assegnati con
provvedimenti del Ministero della
giustizia;
bb) stabilire l'informatizzazione del
tribunale per le persone,
per i minorenni e per le
famiglie e dell'ufficio
di procura, con
l'introduzione della consolle del
magistrato e del pubblico ministero
per tutti
i procedimenti civili
di competenza dell'istituendo
tribunale, da
attuare con provvedimenti del
Ministero della
giustizia;
cc)
stabilire che le
disposizioni contenute nei
decreti
legislativi di cui al presente
comma abbiano efficacia decorsi
due
anni dalla data della loro
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
25. Il Governo e' delegato ad emanare,
entro il termine
del 31
dicembre 2024,
le norme necessarie
al coordinamento delle
disposizioni dei decreti
legislativi adottati ai sensi del
comma 24
con tutte
le altre leggi
dello Stato nonche'
la disciplina
transitoria volta
ad assicurare la
rapida trattazione dei
procedimenti pendenti, civili e
penali, fissando le fasi
oltre le
quali i
procedimenti saranno definiti
secondo le disposizioni
previgenti.
26. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i
decreti legislativi recanti
modifiche al codice di procedura civile
in materia di processo di
cognizione di primo
grado davanti al
tribunale in composizione
collegiale sono adottati nel
rispetto del
seguente principio e criterio
direttivo: modificare l'articolo
336
del codice civile, prevedendo che
la legittimazione a richiedere
i
relativi provvedimenti competa,
oltre che ai soggetti gia' previsti
dalla norma, anche al
curatore speciale del
minore, qualora gia'
nominato; che il tribunale sin
dall'avvio del procedimento nomini il
curatore speciale del minore, nei
casi in cui cio' e' previsto a pena
di nullita'
del provvedimento di
accoglimento; che con
il
provvedimento con cui adotta
provvedimenti temporanei nell'interesse
del minore, il tribunale fissi
l'udienza di comparizione delle parti,
del curatore del minore se
nominato e del pubblico ministero entro un
termine perentorio, proceda
all'ascolto del minore, direttamente
e
ove ritenuto necessario con
l'ausilio di un
esperto, e all'esito
dell'udienza confermi, modifichi
o revochi i provvedimenti emanati.
27. All'articolo 403 del codice civile sono apportate le
seguenti
modificazioni:
a) al primo comma, le parole: « Quando il minore e'
moralmente o
materialmente abbandonato
o e' allevato
in locali insalubri
o
pericolosi, oppure da persone per
negligenza, immoralita', ignoranza
o per altri motivi incapaci di
provvedere all'educazione di
lui »
sono sostituite dalle seguenti:
«Quando il minore e'
moralmente o
materialmente abbandonato
o si trova
esposto, nell'ambiente
familiare, a grave pregiudizio
e pericolo per
la sua incolumita'
psico-fisica e vi e' dunque
emergenza di provvedere»;
b) dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:
«La pubblica autorita' che ha adottato il provvedimento emesso
ai
sensi del primo comma ne da'
immediato avviso orale
al pubblico
ministero presso
il tribunale per
i minorenni, nella
cui
circoscrizione il minore ha la
sua residenza abituale;
entro le
ventiquattro ore successive al
collocamento del minore in sicurezza,
con l'allontanamento da uno o da
entrambi i genitori o dai soggetti
esercenti la
responsabilita' genitoriale, trasmette
al pubblico
ministero il provvedimento
corredato di ogni documentazione
utile e
di sintetica relazione che
descrive i motivi dell'intervento a tutela
del minore.
Il pubblico ministero, entro le successive settantadue ore, se non
dispone la revoca
del collocamento, chiede
al tribunale per i
minorenni la convalida del
provvedimento; a tal fine puo'
assumere
sommarie informazioni e
disporre eventuali accertamenti.
Con il
medesimo ricorso il pubblico
ministero puo' formulare richieste
ai
sensi degli articoli 330 e
seguenti.
Entro le successive quarantotto ore il tribunale per i
minorenni,
con decreto del presidente o del
giudice da lui delegato,
provvede
sulla richiesta di convalida del
provvedimento, nomina il
curatore
speciale del minore e il
giudice relatore e
fissa l'udienza di
comparizione delle parti
innanzi a questo
entro il termine
di
quindici giorni. Il decreto e'
immediatamente comunicato al pubblico
ministero e all'autorita' che ha
adottato il provvedimento
a cura
della cancelleria. Il ricorso
e il
decreto sono notificati
entro
quarantotto ore agli esercenti la
responsabilita' genitoriale e al
curatore speciale a cura del
pubblico ministero che a tal fine puo'
avvalersi della polizia
giudiziaria.
All'udienza il giudice relatore interroga liberamente le
parti e
puo' assumere informazioni;
procede inoltre all'ascolto del
minore
direttamente e, ove ritenuto necessario,
con l'ausilio di un esperto.
Entro i quindici giorni
successivi il tribunale per i
minorenni, in
composizione collegiale,
pronuncia decreto con cui conferma, modifica
o
revoca il decreto
di convalida, puo'
adottare provvedimenti
nell'interesse del minore e
qualora siano state proposte
istanze ai
sensi degli
articoli 330 e
seguenti da' le
disposizioni per
l'ulteriore corso del procedimento.
Il decreto e'
immediatamente
comunicato alle parti a cura
della cancelleria.
Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del
decreto il pubblico
ministero, gli esercenti
la responsabilita'
genitoriale e il curatore speciale
possono proporre reclamo
alla
corte d'appello ai sensi
dell'articolo 739 del codice di
procedura
civile. La
corte d'appello provvede
entro sessanta giorni
dal
deposito del reclamo.
Il provvedimento emesso dalla pubblica autorita' perde efficacia se
la trasmissione degli atti
da parte
della pubblica autorita',
la
richiesta di convalida da parte
del pubblico ministero e i
decreti
del tribunale per i
minorenni non intervengono
entro i termini
previsti. In questo caso il
tribunale per i
minorenni adotta i
provvedimenti temporanei e
urgenti nell'interesse del minore.
Qualora il minore sia collocato in
comunita' di tipo
familiare,
quale ipotesi
residuale da applicare
in ragione dell'accertata
esclusione di possibili soluzioni
alternative, si applicano le norme
in tema di affidamento familiare».
28. All'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice
civile e disposizioni
transitorie, di cui al regio decreto
30 marzo
1942, n. 318, il primo comma e'
sostituito dai seguenti:
«Sono di competenza del tribunale per i
minorenni i procedimenti
previsti dagli articoli 84,
90, 250,
ultimo comma, 251,
317-bis,
ultimo comma, 330, 332, 333, 334,
335 e 371, ultimo comma, del codice
civile. Sono di competenza
del tribunale ordinario
i procedimenti
previsti dagli articoli 330, 332,
333, 334 e 335 del codice civile,
anche se instaurati su ricorso
del pubblico ministero, quando e' gia'
pendente o e'
instaurato successivamente, tra le stesse
parti,
giudizio di separazione, scioglimento
o cessazione degli
effetti
civili del matrimonio, ovvero
giudizio ai sensi degli articoli 250,
quarto comma, 268, 277,
secondo comma, e
316 del codice
civile,
dell'articolo 710 del codice di
procedura civile e dell'articolo
9
della legge 1° dicembre 1970, n.
898. In questi casi il tribunale per
i minorenni, d'ufficio o su richiesta
di parte, senza
indugio e
comunque entro il termine di
quindici giorni dalla richiesta, adotta
tutti gli opportuni provvedimenti
temporanei e urgenti nell'interesse
del minore e trasmette gli atti
al tribunale ordinario, innanzi
al
quale il procedimento,
previa riunione, continua.
I provvedimenti
adottati dal tribunale per i
minorenni conservano la loro efficacia
fino a
quando sono confermati,
modificati o revocati
con
provvedimento emesso dal
tribunale ordinario. Il pubblico ministero
della procura della Repubblica
presso il tribunale per i minorenni,
nei casi di trasmissione degli
atti dal tribunale per i minorenni al
tribunale ordinario, provvede
alla trasmissione dei propri atti
al
pubblico ministero della procura
della Repubblica presso il tribunale
ordinario.
Il tribunale per
i minorenni e'
competente per il
ricorso
previsto dall'articolo 709-ter
del codice di procedura civile quando
e' gia' pendente o e'
instaurato successivamente, tra le stesse
parti, un procedimento previsto
dagli articoli 330, 332, 333, 334 e
335 del codice civile. Nei casi
in cui
e' gia' pendente
o viene
instaurato autonomo procedimento
previsto dall'articolo 709-ter del
codice di
procedura civile davanti
al tribunale ordinario,
quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta
di parte, senza
indugio e
comunque non oltre quindici
giorni dalla richiesta, adotta tutti gli
opportuni provvedimenti
temporanei e urgenti
nell'interesse del
minore e trasmette gli atti al
tribunale per i minorenni, innanzi al
quale il procedimento,
previa riunione, continua.
I provvedimenti
adottati dal tribunale ordinario
conservano la loro efficacia fino a
quando sono confermati,
modificati o revocati
con provvedimento
emesso dal tribunale per i
minorenni».
29. All'articolo 26-bis,
primo comma, del
codice di procedura
civile, le parole: «il giudice
del luogo dove il terzo debitore ha la
residenza, il domicilio, la
dimora o la sede» sono sostituite dalle
seguenti: «il
giudice del luogo
dove ha sede
l'ufficio
dell'Avvocatura dello Stato nel
cui distretto il
creditore ha la
residenza, il domicilio, la
dimora o la sede».
30. All'articolo 78 del codice di procedura civile sono
aggiunti,
in fine, i seguenti commi:
«Il giudice
provvede alla nomina
del curatore speciale
del
minore, anche
d'ufficio e a pena di
nullita' degli atti
del
procedimento:
1) con riguardo ai casi in cui il pubblico ministero abbia chiesto
la decadenza
dalla responsabilita' genitoriale
di entrambi i
genitori, o in cui uno
dei genitori abbia
chiesto la decadenza
dell'altro;
2) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 403
del codice civile o di
affidamento del minore ai sensi degli articoli
2 e seguenti della legge 4 maggio
1983, n. 184;
3) nel caso in cui dai fatti emersi
nel procedimento venga
alla
luce una situazione di pregiudizio
per il minore tale da precluderne
l'adeguata rappresentanza processuale
da parte di
entrambi i
genitori;
4) quando ne
faccia richiesta il
minore che abbia
compiuto
quattordici anni.
In ogni caso il giudice puo' nominare un
curatore speciale quando
i genitori appaiono per gravi
ragioni temporaneamente inadeguati
a
rappresentare gli interessi del
minore; il provvedimento di
nomina
del curatore deve essere
succintamente motivato».
31. All'articolo 80 del codice di procedura civile sono
apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se la
necessita' di nominare un
curatore speciale sorge nel corso
di un
procedimento, anche
di natura cautelare,
alla nomina provvede,
d'ufficio, il giudice che
procede»;
b) dopo il secondo comma e' aggiunto il seguente:
«Al curatore speciale del minore il
giudice puo' attribuire nel
provvedimento di nomina,
ovvero con provvedimento
non impugnabile
adottato nel corso del giudizio,
specifici poteri di rappresentanza
sostanziale. Il curatore speciale
del minore procede al suo ascolto.
Il minore che
abbia compiuto quattordici
anni, i genitori
che
esercitano la responsabilita'
genitoriale, il tutore o il
pubblico
ministero possono chiedere con
istanza motivata al
presidente del
tribunale o al giudice che
procede, che decide
con decreto non
impugnabile, la revoca del
curatore per gravi inadempienze o
perche'
mancano o sono venuti meno i
presupposti per la sua nomina».
32. All'articolo 543 del codice di procedura civile, dopo il quarto
comma sono aggiunti i seguenti:
«Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata
nell'atto di pignoramento,
notifica al debitore e al terzo l'avviso
di avvenuta iscrizione a ruolo
con indicazione del numero di
ruolo
della procedura
e deposita l'avviso
notificato nel fascicolo
dell'esecuzione. La mancata
notifica dell'avviso o il
suo mancato
deposito nel fascicolo
dell'esecuzione determina l'inefficacia
del
pignoramento.
Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di piu'
terzi,
l'inefficacia si produce solo nei
confronti dei terzi
rispetto ai
quali non e' notificato o
depositato l'avviso. In ogni caso,
ove la
notifica dell'avviso di cui al
presente comma non sia effettuata, gli
obblighi del debitore e del terzo
cessano alla data
dell'udienza
indicata nell'atto di
pignoramento».
33. All'articolo 709-ter, secondo comma, del codice
di procedura
civile, il numero 3) e'
sostituito dal seguente:
«3) disporre il risarcimento dei
danni a carico
di uno dei
genitori nei
confronti dell'altro anche
individuando la somma
giornaliera dovuta per ciascun
giorno di violazione o di inosservanza
dei provvedimenti assunti dal
giudice. Il provvedimento del giudice
costituisce titolo esecutivo per
il pagamento delle somme dovute per
ogni violazione o inosservanza ai
sensi dell'articolo 614-bis».
34. Alle disposizioni per
l'attuazione del codice
di procedura
civile e disposizioni
transitorie, di cui al regio
decreto 18
dicembre 1941, n. 1368, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, terzo comma,
sono aggiunte, in
fine, le
seguenti parole:
«; 7) della
neuropsichiatria infantile, della
psicologia dell'eta'
evolutiva e della
psicologia giuridica o
forense»;
b) all'articolo 15, dopo il primo comma e' inserito il seguente:
«Con riferimento alla categoria di cui
all'articolo 13, terzo
comma, numero 7), la
speciale competenza tecnica
sussiste qualora
ricorrano, alternativamente o
congiuntamente, i seguenti requisiti:
1) comprovata esperienza professionale
in materia di
violenza
domestica e nei confronti di
minori;
2) possesso di
adeguati titoli di
specializzazione o
approfondimento post-universitari in
psichiatria, psicoterapia,
psicologia dell'eta'
evolutiva o psicologia
giuridica o forense,
purche' iscritti
da almeno cinque
anni nei rispettivi
albi
professionali;
3) aver svolto per almeno cinque anni attivita' clinica con minori
presso strutture pubbliche o
private».
35. All'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre
2014, n. 132,
convertito, con modificazioni,
dalla legge 10 novembre 2014, n. 162,
sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) alla rubrica, dopo le parole: «o di divorzio» sono aggiunte
le
seguenti: «, di affidamento e
mantenimento dei figli nati fuori del
matrimonio, e loro modifica, e di
alimenti»;
b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:
«1-bis. La convenzione di negoziazione
assistita da almeno un
avvocato per parte puo' essere
conclusa tra i genitori al
fine di
raggiungere una
soluzione consensuale per la disciplina
delle
modalita' di affidamento e
mantenimento dei figli minori nati fuori
del matrimonio,
nonche' per la
disciplina delle modalita'
di
mantenimento dei figli
maggiorenni non economicamente autosufficienti
nati fuori del matrimonio e per
la modifica delle
condizioni gia'
determinate. Puo'
altresi' essere conclusa
tra le parti
per
raggiungere una
soluzione consensuale per
la determinazione
dell'assegno di
mantenimento richiesto ai
genitori dal figlio
maggiorenne economicamente non
autosufficiente e per
la
determinazione degli alimenti, ai
sensi dell'articolo 433 del codice
civile, e per la modifica di tali
determinazioni»;
c) al comma 3, primo periodo, le parole: «
nei casi
di cui al
comma 1 » sono sostituite dalle
seguenti: « nei casi di cui ai commi
1 e 1-bis » e sono aggiunte,
in fine,
le seguenti parole: «, di
affidamento e di
mantenimento dei figli
minori nati fuori
del
matrimonio, nonche' i
procedimenti per la disciplina delle
modalita'
di mantenimento dei
figli maggiorenni non
economicamente
autosufficienti e per la modifica
delle condizioni gia' determinate,
per la determinazione degli
alimenti e per la loro modifica».
36. All'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n.
13, convertito, con
modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,
e' aggiunto, in fine, il seguente
periodo: «Quando l'attore risiede
all'estero le
controversie di accertamento dello
stato di
cittadinanza italiana sono
assegnate avendo riguardo al
comune di
nascita del padre, della madre o
dell'avo cittadini italiani».
37. Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo
si
applicano ai procedimenti
instaurati a decorrere dal
centottantesimo
giorno successivo alla data di
entrata in vigore
della presente
legge.
38. Dall'attuazione della presente
legge, salvo quanto
previsto
dalle disposizioni di cui ai
commi 4, lettera a),
9, lettera e),
numero 3), e 19, e dei
decreti legislativi da
essa previsti, non
devono derivare nuovi
o maggiori oneri
a carico della
finanza
pubblica. Le amministrazioni interessate
provvedono ai relativi
adempimenti nell'ambito
delle risorse umane,
strumentali e
finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
39. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 4, lettera
a), e' autorizzata la spesa di
4,4 milioni di euro per l'anno 2022 e
di 60,6 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2023. Al relativo
onere si provvede, quanto a 4,4
milioni di euro per l'anno 2022 e a
15 milioni di
euro annui a
decorrere dall'anno 2023,
mediante
corrispondente riduzione del Fondo
per interventi strutturali
di
politica economica di cui
all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge
29 novembre 2004, n. 282,
convertito, con modificazioni, dalla
legge
27 dicembre 2004, n. 307, quanto
a 15 milioni
di euro annui
a
decorrere dall'anno 2023,
mediante corrispondente riduzione del Fondo
di cui all'articolo 1, comma 200,
della legge 23 dicembre 2014,
n.
190, e, quanto a 30,6 milioni di
euro annui a
decorrere dall'anno
2023, mediante
corrispondente riduzione delle
proiezioni dello
stanziamento del fondo speciale
di parte corrente iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2021-2023,
nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della
missione «Fondi da ripartire» dello stato
di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno
2021, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo
al Ministero della giustizia.
40. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui
al comma 9, lettera e),
numero 3), valutati
in euro 586.894
per
l'anno 2022 e in euro 1. 173.788
a decorrere dall'anno
2023, si
provvede mediante
corrispondente riduzione delle
proiezioni dello
stanziamento del fondo speciale
di parte corrente iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2021-2023,
nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della
missione «Fondi da ripartire» dello stato
di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno
2021, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo
al Ministero della giustizia.
41. Per l'attuazione delle disposizioni
di cui al
comma 19 e'
autorizzata la spesa di euro
23.383.320 annui a decorrere dall'anno
2023. Al relativo onere si
provvede mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di
cui all'articolo 1, comma 860, della
legge 30 dicembre 2020, n.
178. Conseguentemente, all'articolo
1
della legge 30 dicembre 2020,
n. 178,
sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 858, primo periodo,
le parole: «3.000
unita'» sono
sostituite dalle seguenti: «2.410
unita'», le parole: «1.500 unita'»
sono sostituite dalle seguenti:
«1.205 unita'», le
parole: «1.200
unita'» sono sostituite dalle
seguenti: «961 unita'» e
le parole:
«300 unita'» sono sostituite
dalle seguenti: «244 unita'»;
b) al comma 860, la
cifra: «119.010.951» e'
sostituita dalla
seguente: «95.627.631».
42. Il Ministro dell'economia e delle
finanze e' autorizzato
ad
apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
43. I decreti legislativi di attuazione della delega contenuta nel
presente articolo sono corredati
di relazione tecnica che dia conto
della neutralita'
finanziaria dei medesimi
ovvero dei nuovi
o
maggiori oneri da essi
derivanti e dei
corrispondenti mezzi di
copertura.
44. In conformita' all'articolo
17, comma 2,
della legge 31
dicembre 2009, n.
196, qualora uno
o piu' decreti
legislativi
determinino nuovi o maggiori
oneri che non trovino compensazione al
proprio interno, i medesimi
decreti legislativi sono
emanati solo
successivamente o
contestualmente all'entrata in
vigore dei
provvedimenti legislativi
che stanzino le
occorrenti risorse
finanziarie.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara'
inserita
nella Raccolta
ufficiale degli atti
normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 26 novembre 2021
MATTARELLA
Draghi,
Presidente del Consiglio
dei ministri
Cartabia,
Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Cartabia
art. 1 note (parte 1)
NOTE
Avvertenza
Il testo delle note qui pubblicato
e' stato redatto
dall'amministrazione competente
per materia ai
sensi
dell'articolo 10, commi
2 e 3
del testo unico
delle
disposizioni sulla
promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente
della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della
Repubblica italiana,
approvato con decreto del
Presidente della Repubblica
28
dicembre 1985, n. 1092, al
solo fine di
facilitare la
lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali
e'
operato il rinvio.
Restano invariati il
valore e
l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Per gli atti dell'Unione
europea vengono forniti
gli
estremi
di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale
dell'Unione europea (GUUE).
Note all'art. 1:
- Si riporta il testo degli
articoli 5, commi 1-bis e
2,
8, comma 4,
16, 17, comma
3, e 20
del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione
dell'articolo
60 della legge 18
giugno 2009, n.
69, in materia
di
mediazione finalizzata alla
conciliazione delle
controversie civili e commerciali):
«Art. 5 (Condizione di
procedibilita' e rapporti con
il processo). - 1. Omissis.
1-bis. Chi intende esercitare
in giudizio un'azione
relativa a una
controversia in materia
di condominio,
diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di
famiglia, locazione,
comodato, affitto di
aziende,
risarcimento del danno derivante da
responsabilita' medica
e sanitaria e da diffamazione con il
mezzo della stampa o
con altro mezzo di
pubblicita', contratti assicurativi,
bancari e finanziari, e' tenuto, assistito
dall'avvocato,
preliminarmente a esperire il
procedimento di mediazione ai
sensi del presente decreto ovvero
i procedimenti previsti
dal decreto legislativo 8 ottobre
2007, n. 179,
e dai
rispettivi regolamenti di attuazione
ovvero il procedimento
istituito in attuazione dell'articolo
128-bis del testo
unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia di cui
al
decreto legislativo 1°
settembre 1993, n.
385, e
successive modificazioni, ovvero il
procedimento istituito
in
attuazione dell'articolo 187-ter
del Codice delle
assicurazioni private di
cui al decreto
legislativo 7
settembre 2005, n.
209, per le
materie ivi regolate.
L'esperimento del procedimento di
mediazione e' condizione
di procedibilita' della domanda
giudiziale. A decorrere
dall'anno 2018,
il Ministro della
giustizia riferisce
annualmente alle
Camere sugli effetti
prodotti e sui
risultati conseguiti dall'applicazione delle
disposizioni
del presente comma.
L'improcedibilita' deve essere eccepita
dal convenuto, a pena di
decadenza, o rilevata
d'ufficio
dal giudice, non oltre la prima udienza.
Il giudice ove
rilevi che la mediazione e' gia'
iniziata, ma non
si e'
conclusa, fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del
termine di cui all'articolo 6.
Allo stesso modo
provvede
quando la mediazione non
e' stata esperita,
assegnando
contestualmente alle parti il
termine di quindici
giorni
per
la presentazione della
domanda di mediazione.
Il
presente comma non si applica
alle azioni previste
dagli
articoli 37, 140 e 140-bis del codice
del consumo di cui al
decreto legislativo 6 settembre 2005,
n. 206, e successive
modificazioni.
2. Fermo quanto previsto dal
comma 1-bis e
salvo
quanto disposto dai commi 3 e 4, il
giudice, anche in sede
di giudizio di appello, valutata la
natura della causa, lo
stato dell'istruzione e il
comportamento delle parti, puo'
disporre l'esperimento del procedimento
di mediazione; in
tal caso, l'esperimento del
procedimento di mediazione e'
condizione di procedibilita' della
domanda giudiziale anche
in sede di appello. Il provvedimento
di cui al
periodo
precedente e' adottato prima
dell'udienza di precisazione
delle
conclusioni ovvero, quando
tale udienza non e'
prevista prima della discussione
della causa. Il
giudice
fissa la successiva udienza dopo la
scadenza del termine di
cui all'articolo 6 e, quando la
mediazione non e'
gia'
stata
avviata, assegna contestualmente alle
parti il
termine di quindici
giorni per la
presentazione della
domanda di mediazione.
2-bis. - 6. Omissis.».
«Art. 8 (Procedimento). - 1. -
3. Omissis.
4. Quando non puo' procedere ai
sensi del comma
1,
ultimo periodo, il mediatore
puo' avvalersi di
esperti
iscritti negli albi dei consulenti
presso i tribunali. Il
regolamento di procedura
dell'organismo deve prevedere le
modalita' di calcolo e liquidazione
dei compensi spettanti
agli esperti.
4-bis. - 5.
Omissis.».
«Art. 16 (Organismi di
mediazione e registro. Elenco
dei formatori). - 1. Gli enti
pubblici o privati, che diano
garanzie di
serieta' ed efficienza,
sono abilitati a
costituire organismi
deputati, su istanza
della parte
interessata, a gestire il
procedimento di mediazione nelle
materie di cui all'articolo 2 del
presente decreto. Gli
organismi devono essere iscritti nel
registro.
2. La formazione del
registro e la
sua revisione,
l'iscrizione, la
sospensione e la
cancellazione degli
iscritti, l'istituzione di
separate sezioni del
registro
per la trattazione degli affari
che richiedono specifiche
competenze anche in materia di consumo
e internazionali,
nonche' la determinazione delle
indennita' spettanti agli
organismi sono
disciplinati con appositi
decreti del
Ministro della giustizia, di
concerto, relativamente alla
materia del
consumo, con il
Ministro dello sviluppo
economico. Fino all'adozione di tali
decreti si applicano,
in quanto compatibili, le
disposizioni dei decreti
del
Ministro della giustizia 23 luglio
2004, n. 222 e 23 luglio
2004, n. 223. A tali disposizioni si
conformano, sino alla
medesima data,
gli organismi di
composizione
extragiudiziale previsti
dall'articolo 141 del codice del
consumo, di cui al decreto
legislativo 6 settembre 2005, n.
206, e successive modificazioni.
3. L'organismo, unitamente alla
domanda di iscrizione
nel registro, deposita presso il
Ministero della giustizia
il proprio regolamento di procedura
e il codice
etico,
comunicando ogni successiva
variazione. Nel regolamento
devono essere previste, fermo quanto
stabilito dal presente
decreto, le procedure telematiche
eventualmente utilizzate
dall'organismo, in modo da garantire
la sicurezza delle
comunicazioni e il rispetto della
riservatezza dei dati. Al
regolamento devono
essere allegate le
tabelle delle
indennita' spettanti agli
organismi costituiti da
enti
privati, proposte per l'approvazione
a norma dell'articolo
17. Ai fini dell'iscrizione nel registro
il Ministero della
giustizia valuta l'idoneita' del
regolamento.
4. La
vigilanza sul registro
e' esercitata dal
Ministero della giustizia e, con
riferimento alla sezione
per la trattazione degli affari in
materia di consumo
di
cui
al comma 2,
anche dal Ministero
dello sviluppo
economico.
4-bis. Gli avvocati iscritti
all'albo sono di diritto
mediatori. Gli avvocati iscritti ad
organismi di mediazione
devono essere
adeguatamente formati in
materia di
mediazione e mantenere la propria
preparazione con percorsi
di aggiornamento teorico-pratici
a cio'
finalizzati, nel
rispetto di quanto previsto
dall'articolo 55-bis del codice
deontologico forense.
Dall'attuazione della presente
disposizione non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
5. Presso il Ministero della
giustizia e' istituito,
con decreto ministeriale,
l'elenco dei formatori
per la
mediazione. Il
decreto stabilisce i
criteri per
l'iscrizione, la
sospensione e la
cancellazione degli
iscritti, nonche' per
lo svolgimento dell'attivita' di
formazione, in
modo da garantire
elevati livelli di
formazione dei
mediatori. Con lo
stesso decreto, e'
stabilita la data a decorrere dalla
quale la partecipazione
all'attivita' di
formazione di cui
al presente comma
costituisce per il mediatore requisito
di qualificazione
professionale.
6. L'istituzione
e la tenuta
del registro e
dell'elenco dei
formatori avvengono nell'ambito
delle
risorse umane, finanziarie e
strumentali gia' esistenti, e
disponibili a legislazione vigente,
presso il Ministero
della giustizia e il Ministero dello
sviluppo economico,
per la parte di rispettiva
competenza, e, comunque, senza
nuovi o maggiori oneri per il
bilancio dello Stato.».
«Art. 17 (Risorse, regime
tributario e indennita'). -
1. - 2. Omissis.
3. Il verbale di accordo
e' esente dall'imposta
di
registro entro
il limite di
valore di 50.000
euro,
altrimenti l'imposta e' dovuta per la
parte eccedente.
4. - 9.
Omissis.».
«Art. 20 (Credito d'imposta).
- 1.
Alle parti che
corrispondono l'indennita' ai
soggetti abilitati a svolgere
il procedimento di
mediazione presso gli
organismi e'
riconosciuto, in caso di
successo della mediazione,
un
credito d'imposta commisurato
all'indennita' stessa, fino a
concorrenza di euro cinquecento,
determinato secondo quanto
disposto dai commi 2 e 3.
In caso di
insuccesso della
mediazione, il credito d'imposta e'
ridotto della meta'.
2. A
decorrere dall'anno 2011,
con decreto del
Ministro della giustizia, entro
il 30
aprile di ciascun
anno, e' determinato l'ammontare delle
risorse a valere
sulla quota del "Fondo unico
giustizia" di cui all'articolo
2, comma 7, lettera b),
del decreto-legge 16
settembre
2008, n. 143, convertito, con
modificazioni, dalla legge 13
novembre 2008, n.
181, destinato alla
copertura delle
minori entrate derivanti
dalla concessione del
credito
d'imposta di cui
al comma 1
relativo alle mediazioni
concluse nell'anno precedente. Con il
medesimo decreto e'
individuato il credito d'imposta effettivamente spettante
in relazione all'importo di ciascuna
mediazione in misura
proporzionale alle
risorse stanziate e,
comunque, nei
limiti dell'importo indicato al comma
1.
3. Il
Ministero della giustizia
comunica
all'interessato l'importo del
credito d'imposta spettante
entro 30 giorni dal termine indicato
al comma 2 per la sua
determinazione e trasmette, in via
telematica, all'Agenzia
delle entrate l'elenco dei
beneficiari e i relativi importi
a ciascuno comunicati.
4. Il credito d'imposta deve
essere indicato, a pena
di
decadenza, nella dichiarazione
dei redditi ed e'
utilizzabile a decorrere dalla
data di
ricevimento della
comunicazione di cui al comma 3, in
compensazione ai sensi
dell'articolo 17 del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n.
241, nonche', da parte delle persone
fisiche non titolari
di redditi d'impresa o di lavoro
autonomo, in diminuzione
delle imposte sui redditi. Il credito
d'imposta non da'
luogo a rimborso e non concorre alla
formazione del reddito
ai fini delle imposte sui
redditi, ne' del
valore della
produzione netta
ai fini dell'imposta
regionale sulle
attivita' produttive e non rileva ai
fini del rapporto di
cui agli articoli 61 e 109, comma 5,
del testo unico delle
imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
5. Ai fini della copertura
finanziaria delle minori
entrate derivanti dal presente
articolo il Ministero della
giustizia provvede annualmente
al versamento dell'importo
corrispondente all'ammontare delle
risorse destinate ai
crediti d'imposta
sulla contabilita' speciale
n. 1778
"Agenzia delle entrate - Fondi
di bilancio".».
- Si riporta il testo degli
articoli 2 e
11 del
decreto-legge 12 settembre 2014, n.
132 (Misure urgenti di
degiurisdizionalizzazione ed
altri interventi per
la
definizione dell'arretrato in materia
di processo civile),
convertito, con modificazioni, dalla
legge 10 novembre
2014, n. 162:
«Art. 2 (Convenzione di
negoziazione assistita da uno
o piu' avvocati). -
1. La convenzione
di negoziazione
assistita da uno o piu' avvocati e'
un accordo mediante il
quale le parti convengono di
cooperare in buona fede e con
lealta' per risolvere in via
amichevole la controversia
tramite l'assistenza di avvocati
iscritti all'albo anche ai
sensi dell'articolo 6 del
decreto legislativo 2
febbraio
2001, n. 96.
1-bis. E'
fatto obbligo per
le amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo
1, comma 2,
del decreto
legislativo 30
marzo 2001, n.
165, di affidare
la
convenzione di negoziazione alla propria
avvocatura, ove
presente.
2. La convenzione di negoziazione deve
precisare:
a) il
termine concordato dalle
parti per
l'espletamento della procedura, in
ogni caso non inferiore
a un mese e non superiore
a tre mesi,
prorogabile per
ulteriori trenta giorni su accordo
tra le parti;
b) l'oggetto
della controversia, che
non deve
riguardare diritti indisponibili o
vertere in materia
di
lavoro.
3. La convenzione e' conclusa
per un periodo di tempo
determinato dalle parti, fermo
restando il termine di cui
al comma 2, lettera a).
4. La convenzione di
negoziazione e' redatta, a pena
di nullita', in forma scritta.
5. La convenzione e' conclusa
con l'assistenza di uno
o piu' avvocati.
6. Gli
avvocati certificano l'autografia delle
sottoscrizioni apposte alla
convenzione sotto la
propria
responsabilita' professionale.
7. E' dovere deontologico degli
avvocati informare il
cliente all'atto
del conferimento dell'incarico della
possibilita' di ricorrere alla
convenzione di negoziazione
assistita.».
«Art. 11 (Raccolta dei dati). -
1. I
difensori che
sottoscrivono l'accordo
raggiunto dalle parti
a seguito
della convenzione sono
tenuti a trasmetterne
copia al
Consiglio dell'ordine circondariale
del luogo ove l'accordo
e' stato raggiunto, ovvero al
Consiglio dell'ordine presso
cui e' iscritto uno degli avvocati.
2. Con cadenza annuale il
Consiglio nazionale forense
provvede al monitoraggio delle procedure
di negoziazione
assistita e
ne trasmette i
dati al Ministero
della
giustizia.
2-bis. Il Ministro della
giustizia trasmette alle
Camere, con cadenza annuale, una
relazione sullo stato di
attuazione delle disposizioni di
cui al presente
capo,
contenente, in particolare, i dati
trasmessi ai sensi del
comma 2, distinti per tipologia di controversia,
unitamente
ai
dati relativi alle
controversie iscritte a
ruolo
nell'anno di
riferimento, a loro
volta distinti per
tipologia.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 6 del
citato
decreto-legge 12
settembre 2014, n.
132, cosi' come
modificato dalla presente legge:
«Art. 6 (Convenzione di
negoziazione assistita da uno
o piu' avvocati per le soluzioni
consensuali di separazione
personale, di
cessazione degli effetti
civili o di
scioglimento del matrimonio, di
modifica delle condizioni
di separazione o di divorzio, di
affidamento e mantenimento
dei figli nati fuori del matrimonio,
e loro modifica, e di
alimenti). - 1. La convenzione di
negoziazione assistita da
almeno un avvocato per
parte puo' essere
conclusa tra
coniugi al fine di raggiungere una
soluzione consensuale di
separazione personale, di cessazione
degli effetti civili
del matrimonio, di scioglimento del
matrimonio nei casi di
cui all'articolo 3, primo comma, numero
2), lettera b),
della
legge 1° dicembre
1970, n. 898,
e successive
modificazioni, di modifica delle
condizioni di separazione
o di divorzio.
1-bis. La convenzione di negoziazione
assistita da
almeno un avvocato per parte
puo' essere conclusa
tra i
genitori al fine di raggiungere
una soluzione consensuale
per
la disciplina delle
modalita' di affidamento
e
mantenimento dei figli minori
nati fuori del
matrimonio,
nonche' per la disciplina delle modalita' di
mantenimento
dei figli maggiorenni non
economicamente autosufficienti
nati
fuori del matrimonio
e per la
modifica delle
condizioni gia' determinate. Puo'
altresi' essere conclusa
tra le parti per raggiungere una
soluzione consensuale per
la determinazione dell'assegno di
mantenimento richiesto ai
genitori dal
figlio maggiorenne economicamente non
autosufficiente e per la
determinazione degli alimenti, ai
sensi
dell'articolo 434 del
codice civile, e
per la
modifica di tali determinazioni.
2. In mancanza di figli minori,
di figli maggiorenni
incapaci o
portatori di handicap
grave ai sensi
dell'articolo 3, comma 3, della legge
5 febbraio 1992, n.
104, ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo
raggiunto a
seguito di convenzione
di negoziazione
assistita e' trasmesso
al procuratore della
Repubblica
presso il tribunale competente il
quale, quando non ravvisa
irregolarita', comunica agli avvocati
il nullaosta per gli
adempimenti ai sensi del comma 3.
In presenza di
figli
minori, di figli
maggiorenni incapaci o
portatori di
handicap grave ovvero
economicamente non autosufficienti,
l'accordo raggiunto
a seguito di
convenzione di
negoziazione assistita
deve essere trasmesso
entro il
termine di dieci giorni al
procuratore della Repubblica
presso il tribunale competente,
il quale, quando
ritiene
che
l'accordo risponde all'interesse dei
figli, lo
autorizza. Quando
ritiene che l'accordo
non risponde
all'interesse dei figli, il
procuratore della Repubblica lo
trasmette, entro
cinque giorni, al
presidente del
tribunale, che fissa, entro i successivi
trenta giorni, la
comparizione delle
parti e provvede
senza ritardo.
All'accordo autorizzato si applica il
comma 3.
3. L'accordo raggiunto a seguito
della convenzione
produce gli
effetti e tiene
luogo dei provvedimenti
giudiziali che definiscono, nei casi
di cui ai commi 1 e
1-bis, i
procedimenti di separazione
personale, di
cessazione degli
effetti civili del
matrimonio, di
scioglimento del matrimonio e di
modifica delle condizioni
di
separazione o di
divorzio , di
affidamento e di
mantenimento dei figli minori
nati fuori del
matrimonio,
nonche' i procedimenti per la
disciplina delle modalita' di
mantenimento dei
figli maggiorenni non
economicamente
autosufficienti e per la modifica
delle condizioni gia'
determinate, per la determinazione
degli alimenti e per la
loro modifica. Nell'accordo si da'
atto che
gli avvocati
hanno tentato di conciliare le parti
e le hanno informate
della possibilita' di esperire
la mediazione familiare
e
che gli avvocati hanno informato
le parti
dell'importanza
per il minore di trascorrere tempi adeguati
con ciascuno
dei
genitori. L'avvocato della
parte e' obbligato
a
trasmettere, entro
il termine di
dieci giorni,
all'ufficiale dello stato civile
del Comune in
cui il
matrimonio fu iscritto o
trascritto, copia, autenticata
dallo stesso, dell'accordo munito
delle certificazioni di
cui all'articolo 5.
4. All'avvocato che viola
l'obbligo di cui al comma
3, terzo periodo, e' applicata
la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 2.000 ad euro
10.000. Alla irrogazione
della sanzione di cui al periodo che
precede e' competente
il Comune in cui devono
essere eseguite le
annotazioni
previste dall'articolo 69 del decreto
del Presidente della
Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
5. Al decreto
del Presidente della
Repubblica 3
novembre 2000,
n. 396, sono
apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 49, comma 1,
dopo la lettera g) e'
inserita la seguente:
"g-bis) gli
accordi raggiunti a
seguito di
convenzione di
negoziazione assistita da
uno o piu'
avvocati ovvero autorizzati, conclusi
tra coniugi al fine
di raggiungere una
soluzione consensuale di
cessazione
degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento
del
matrimonio";
b) all'articolo 63, comma 2,
dopo la lettera h) e'
aggiunta la seguente:
"h-bis) gli
accordi raggiunti a
seguito di
convenzione di
negoziazione assistita da
uno o piu'
avvocati conclusi tra coniugi al
fine di
raggiungere una
soluzione consensuale
di separazione personale,
di
cessazione degli
effetti civili del
matrimonio, di
scioglimento del matrimonio,
nonche' di modifica
delle
condizioni di separazione o di
divorzio";
c) all'articolo 69, comma 1,
dopo la lettera d) e'
inserita la seguente:
"d-bis) degli accordi
raggiunti a seguito
di
convenzione di
negoziazione assistita da
uno o piu'
avvocati ovvero autorizzati, conclusi
tra coniugi al fine
di raggiungere una soluzione
consensuale di separazione
personale, di
cessazione degli effetti
civili del
matrimonio, di scioglimento del
matrimonio;".».
- Si riporta il
testo dell'articolo 1
del decreto
legislativo 30
marzo 2001, n.
165 (Norme generali
sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze
delle
amministrazioni pubbliche):
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di
applicazione) (Art. 1
del decreto legislativo n. 29 del
1993, come modificato
dall'art. 1 del decreto legislativo
n. 80 del 1998). - 1.
Le
disposizioni del presente
decreto disciplinano
l'organizzazione degli uffici e i
rapporti di lavoro e di
impiego alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche,
tenuto conto delle autonomie
locali e di
quelle delle
regioni e
delle province autonome,
nel rispetto
dell'articolo 97, comma primo, della
Costituzione, al fine
di:
a) accrescere l'efficienza
delle amministrazioni in
relazione a quella dei corrispondenti
uffici e servizi dei
Paesi dell'Unione europea, anche
mediante il coordinato
sviluppo di sistemi informativi
pubblici;
b) razionalizzare il costo
del lavoro pubblico,
contenendo la spesa complessiva per
il personale, diretta e
indiretta, entro i vincoli di finanza
pubblica;
c) realizzare
la migliore utilizzazione delle
risorse umane nelle pubbliche
amministrazioni, assicurando
la formazione e lo sviluppo
professionale dei dipendenti,
applicando condizioni uniformi
rispetto a quelle del lavoro
privato, garantendo pari opportunita'
alle lavoratrici ed
ai lavoratori nonche'
l'assenza di qualunque
forma di
discriminazione e di violenza morale
o psichica.
2. Per amministrazioni
pubbliche si intendono tutte
le amministrazioni dello Stato, ivi
compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e
le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni
dello Stato ad
ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i
Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e
associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti
autonomi case popolari,
le
Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici
nazionali, regionali
e locali, le
amministrazioni, le
aziende e
gli enti del
Servizio sanitario nazionale,
l'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le
Agenzie di cui
al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Fino alla revisione
organica della disciplina di
settore, le disposizioni
di
cui al presente decreto continuano ad
applicarsi anche al
CONI.
3. Le disposizioni del presente
decreto costituiscono
principi fondamentali ai
sensi dell'articolo 117
della
Costituzione. Le Regioni a statuto
ordinario si attengono
ad esse tenendo conto delle
peculiarita' dei rispettivi
ordinamenti. I principi
desumibili dall'articolo 2
della
legge 23 ottobre 1992, n. 421, e
successive modificazioni,
e dall'articolo 11, comma 4, della
legge 15 marzo 1997, n.
59,
e successive modificazioni ed
integrazioni,
costituiscono altresi', per le
Regioni a statuto speciale e
per le province autonome di Trento
e di Bolzano,
norme
fondamentali di
riforma economico-sociale della
Repubblica.».
- Si riporta il testo degli articoli
143, 145, 156,
316, 316-bis, 330,
332, 333, 334,
335, 336, 337-ter,
342-bis e 342-ter del codice civile:
«Art. 143 (Diritti e doveri
reciproci dei coniugi). -
Con il matrimonio il marito e
la moglie acquistano
gli
stessi diritti e assumono i medesimi
doveri.
Dal matrimonio
deriva l'obbligo reciproco
alla
fedelta', all'assistenza morale
e materiale, alla
collaborazione nell'interesse della
famiglia e alla
coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti,
ciascuno in relazione
alle proprie sostanze e alla
propria capacita' di
lavoro
professionale o casalingo, a
contribuire ai bisogni della
famiglia.».
«Art. 145 (Intervento del giudice).
- In caso
di
disaccordo
ciascuno dei coniugi
puo' chiedere, senza
formalita', l'intervento del giudice
il quale, sentite le
opinioni espresse dai coniugi e, per
quanto opportuno, dai
figli conviventi che abbiano compiuto
il sedicesimo anno,
tenta di raggiungere una soluzione
concordata.
Ove questa non sia possibile e
il disaccordo concerna
la fissazione della residenza o altri
affari essenziali, il
giudice, qualora
ne sia richiesto
espressamente e
congiuntamente dai coniugi, adotta,
con provvedimento non
impugnabile, la soluzione che
ritiene piu' adeguata
alle
esigenze dell'unita' e della vita
della famiglia.».
«Art. 156 (Effetti della
separazione sui rapporti
patrimoniali tra i coniugi). - Il
giudice, pronunziando la
separazione, stabilisce a vantaggio
del coniuge cui non sia
addebitabile la
separazione il diritto
di ricevere
dall'altro coniuge
quanto e' necessario
al suo
mantenimento, qualora
egli non abbia
adeguati redditi
propri.
L'entita' di tale
somministrazione e' determinata in
relazione alle circostanze
e ai redditi dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di
prestare gli alimenti di cui
agli articoli 433 e seguenti.
Il giudice che pronunzia la
separazione puo' imporre
al coniuge di prestare idonea
garanzia reale o personale se
esiste il pericolo che egli possa
sottrarsi all'adempimento
degli obblighi
previsti dai precedenti
commi e
dall'articolo 155.
La sentenza
costituisce titolo per
l'iscrizione
dell'ipoteca giudiziale ai sensi
dell'articolo 2818.
In caso di inadempienza,
su richiesta dell'avente
diritto, il giudice puo' disporre il
sequestro di parte dei
beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi,
tenuti a
corrispondere anche
periodicamente somme di
danaro
all'obbligato, che
una parte di
esse venga versata
direttamente agli aventi diritto.
Qualora sopravvengano giustificati motivi
il giudice,
su istanza di parte, puo' disporre la
revoca o la modifica
dei provvedimenti di cui ai commi
precedenti.».
«Art. 316 (Responsabilita'
genitoriale). - Entrambi i
genitori hanno
la responsabilita' genitoriale
che e'
esercitata di comune accordo tenendo
conto delle capacita',
delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni
del figlio.
I genitori di comune
accordo stabiliscono la
residenza
abituale del minore.
In caso di contrasto
su questioni di
particolare
importanza ciascuno
dei genitori puo'
ricorrere senza
formalita' al giudice indicando i
provvedimenti che ritiene
piu' idonei.
Il giudice, sentiti i genitori
e disposto l'ascolto
del figlio minore che abbia compiuto
gli anni dodici
e
anche
di eta' inferiore
ove capace di
discernimento,
suggerisce le
determinazioni che ritiene
piu' utili
nell'interesse del figlio e
dell'unita' familiare. Se il
contrasto permane il
giudice attribuisce il potere
di
decisione a quello dei genitori
che, nel singolo
caso,
ritiene il piu' idoneo a curare
l'interesse del figlio.
Il genitore che ha riconosciuto
il figlio esercita la
responsabilita' genitoriale su di
lui. Se il riconoscimento
del
figlio, nato fuori
del matrimonio, e'
fatto dai
genitori, l'esercizio
della responsabilita' genitoriale
spetta ad entrambi.
Il genitore
che non esercita
la responsabilita'
genitoriale vigila sull'istruzione,
sull'educazione e sulle
condizioni di vita del figlio.».
«Art. 316-bis
(Concorso nel mantenimento). - I
genitori devono adempiere i loro
obblighi nei confronti dei
figli in proporzione alle rispettive
sostanze e secondo la
loro capacita' di lavoro
professionale o casalingo. Quando
i
genitori non hanno
mezzi sufficienti, gli
altri
ascendenti, in ordine di prossimita',
sono tenuti a fornire
ai genitori stessi i
mezzi necessari affinche'
possano
adempiere i loro doveri nei confronti
dei figli.
In caso di inadempimento il
presidente del tribunale,
su
istanza di chiunque
vi ha interesse,
sentito
l'inadempiente ed assunte
informazioni, puo' ordinare con
decreto che
una quota dei
redditi dell'obbligato, in
proporzione agli stessi, sia versata
direttamente all'altro
genitore o a chi sopporta le spese
per il mantenimento,
l'istruzione e l'educazione della
prole.
Il decreto, notificato agli
interessati ed al terzo
debitore, costituisce titolo
esecutivo, ma le parti ed il
terzo debitore possono proporre
opposizione nel termine di
venti giorni dalla notifica.
L'opposizione e'
regolata dalle norme
relative
all'opposizione al decreto di
ingiunzione, in quanto
applicabili.
Le parti
ed il terzo
debitore possono sempre
chiedere, con
le forme del
processo ordinario, la
modificazione e la revoca del
provvedimento.».
«Art. 330
(Decadenza dalla responsabilita'
genitoriale sui figli). - Il
giudice puo' pronunziare
la
decadenza dalla
responsabilita' genitoriale quando
il
genitore viola o trascura i doveri ad
essa inerenti o abusa
dei relativi poteri con grave
pregiudizio del figlio.
In tale caso, per
gravi motivi, il
giudice puo'
ordinare l'allontanamento del
figlio dalla residenza
familiare ovvero l'allontanamento del
genitore o convivente
che maltratta o abusa del minore.».
«Art. 332
(Reintegrazione nella responsabilita'
genitoriale). -
Il giudice puo'
reintegrare nella
responsabilita' genitoriale il
genitore che ne e' decaduto,
quando, cessate le ragioni per
le quali
la decadenza e'
stata pronunciata, e' escluso ogni
pericolo di pregiudizio
per il figlio.».
«Art. 333 (Condotta del
genitore pregiudizievole ai
figli). - Quando la
condotta di uno
o di entrambi
i
genitori non e' tale
da dare luogo
alla pronuncia di
decadenza prevista dall'articolo
330, ma
appare comunque
pregiudizievole al
figlio, il giudice,
secondo le
circostanze, puo' adottare i provvedimenti
convenienti e
puo' anche disporre l'allontanamento
di lui dalla residenza
familiare ovvero l'allontanamento del
genitore o convivente
che maltratta o abusa del minore.
Tali provvedimenti
sono revocabili in
qualsiasi
momento.».
«Art. 334 (Rimozione
dall'amministrazione). - Quando
il patrimonio del minore e' male
amministrato, il tribunale
puo' stabilire le
condizioni a cui
i genitori devono
attenersi nell'amministrazione o puo'
rimuovere entrambi o
uno solo di essi dall'amministrazione
stessa e privarli, in
tutto o in parte, dell'usufrutto
legale.
L'amministrazione e' affidata
ad un curatore, se e'
disposta la rimozione di entrambi i
genitori.».
«Art. 335
(Riammissione nell'esercizio
dell'amministrazione). -
Il genitore rimosso
dall'amministrazione ed
eventualmente privato
dell'usufrutto legale puo' essere
riammesso dal tribunale
nell'esercizio dell'una e nel
godimento dell'altro, quando
sono
cessati i motivi
che hanno provocato
il
provvedimento.».
«Art. 336 (Procedimento). - I
provvedimenti indicati
negli
articoli precedenti sono
adottati su ricorso
dell'altro genitore, dei parenti o
del pubblico ministero
e, quando si tratta di revocare
deliberazioni anteriori,
anche del genitore interessato.
Il tribunale provvede in camera
di consiglio, assunte
informazioni e sentito
il pubblico ministero;
dispone,
inoltre, l'ascolto del figlio minore
che abbia compiuto gli
anni dodici e
anche di eta'
inferiore ove capace
di
discernimento. Nei
casi in cui
il provvedimento e'
richiesto contro il genitore, questi
deve essere sentito.
In caso di
urgente necessita' il
tribunale puo'
adottare, anche
d'ufficio, provvedimenti temporanei
nell'interesse del figlio.
Per i provvedimenti di cui ai
commi precedenti, i
genitori e il minore sono assistiti
da un difensore.».
«Art. 337-ter (Provvedimenti
riguardo ai figli). - Il
figlio minore ha
il diritto di
mantenere un rapporto
equilibrato e continuativo con
ciascuno dei genitori,
di
ricevere cura, educazione, istruzione
e assistenza morale
da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli
ascendenti e con i parenti di ciascun
ramo genitoriale.
Per realizzare la finalita'
indicata dal primo comma,
nei procedimenti di cui
all'articolo 337-bis, il
giudice
adotta i provvedimenti relativi
alla prole con
esclusivo
riferimento all'interesse
morale e materiale
di essa.
Valuta prioritariamente la
possibilita' che i figli minori
restino affidati a entrambi i genitori
oppure stabilisce a
quale di essi i figli sono affidati,
determina i tempi e le
modalita' della loro
presenza presso ciascun
genitore,
fissando altresi' la misura e il modo
con cui ciascuno di
essi
deve contribuire al
mantenimento, alla cura,
all'istruzione e all'educazione dei
figli. Prende atto, se
non
contrari all'interesse dei
figli, degli accordi
intervenuti tra i genitori. Adotta
ogni altro provvedimento
relativo alla prole, ivi compreso,
in caso
di temporanea
impossibilita' di affidare il minore
ad uno dei genitori,
l'affidamento familiare.
All'attuazione dei provvedimenti
relativi all'affidamento della prole provvede
il giudice
del merito e, nel caso
di affidamento familiare,
anche
d'ufficio. A
tal fine copia
del provvedimento di
affidamento e' trasmessa, a cura del
pubblico ministero, al
giudice tutelare.
La responsabilita' genitoriale
e' esercitata da
entrambi i genitori. Le decisioni di
maggiore interesse per
i
figli relative all'istruzione, all'educazione, alla
salute e alla scelta della residenza abituale
del minore
sono
assunte di comune
accordo tenendo conto
delle
capacita', dell'inclinazione naturale
e delle
aspirazioni
dei figli. In caso di disaccordo la
decisione e' rimessa al
giudice. Limitatamente
alle decisioni su
questioni di
ordinaria amministrazione, il giudice
puo' stabilire che i
genitori esercitino
la responsabilita' genitoriale
separatamente. Qualora il genitore
non si attenga
alle
condizioni dettate,
il giudice valutera'
detto
comportamento anche al fine della
modifica delle modalita'
di affidamento.
Salvo accordi diversi
liberamente sottoscritti dalle
parti, ciascuno dei genitori provvede
al mantenimento dei
figli
in misura proporzionale
al proprio reddito;
il
giudice stabilisce, ove necessario,
la corresponsione di un
assegno periodico al fine di realizzare
il principio di
proporzionalita', da determinare
considerando:
1) le attuali esigenze del
figlio.
2) il tenore di vita goduto
dal figlio in costanza
di convivenza con entrambi i
genitori.
3) i tempi di permanenza
presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di
entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei
compiti domestici e di
cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno e' automaticamente adeguato
agli indici
ISTAT in difetto di altro parametro
indicato dalle parti o
dal giudice.
Ove le informazioni di carattere
economico fornite
dai genitori non risultino
sufficientemente documentate, il
giudice dispone un accertamento della
polizia tributaria
sui redditi e sui beni oggetto
della contestazione, anche
se intestati a soggetti diversi.».
«Art. 342-bis (Ordini di
protezione contro gli abusi
familiari). - Quando la condotta
del coniuge o
di altro
convivente e' causa di
grave pregiudizio all'integrita'
fisica o morale ovvero alla liberta'
dell'altro coniuge o
convivente, il giudice, su istanza di
parte, puo' adottare
con
decreto uno o piu' dei
provvedimenti di cui
all'articolo 342-ter.».
«Art. 342-ter (Contenuto degli
ordini di protezione).
- Con il decreto di cui all'articolo
342-bis il giudice
ordina al coniuge o convivente, che
ha tenuto la condotta
pregiudizievole, la cessazione
della stessa condotta
e
dispone l'allontanamento dalla casa
familiare del coniuge o
del convivente che ha tenuto la
condotta pregiudizievole
prescrivendogli altresi', ove
occorra, di non avvicinarsi
ai luoghi abitualmente
frequentati dall'istante, ed in
particolare al luogo di lavoro, al
domicilio della famiglia
d'origine, ovvero al domicilio di
altri prossimi congiunti
o
di altre persone
ed in prossimita'
dei luoghi di
istruzione dei figli della
coppia, salvo che
questi non
debba frequentare i medesimi luoghi
per esigenze di lavoro.
Il giudice
puo' disporre, altresi',
ove occorra
l'intervento dei servizi sociali del territorio
o di un
centro di mediazione familiare,
nonche' delle associazioni
che
abbiano come fine
statutario il sostegno
e
l'accoglienza di donne e minori o di
altri soggetti vittime
di abusi e
maltrattati; il pagamento
periodico di un
assegno a favore delle persone
conviventi che, per effetto
dei provvedimenti di cui al primo
comma, rimangono prive di
mezzi adeguati, fissando modalita' e
termini di versamento
e prescrivendo, se del caso,
che la somma
sia versata
direttamente all'avente
diritto dal datore
di lavoro
dell'obbligato, detraendola dalla
retribuzione allo stesso
spettante.
Con il medesimo decreto il
giudice, nei casi di cui
ai precedenti commi, stabilisce
la durata dell'ordine
di
protezione, che decorre dal giorno
dell'avvenuta esecuzione
dello stesso. Questa non puo' essere
superiore a un anno e
puo' essere prorogata, su
istanza di parte,
soltanto se
ricorrano gravi
motivi per il
tempo strettamente
necessario.
Con il medesimo
decreto il giudice
determina le
modalita' di
attuazione. Ove sorgano
difficolta' o
contestazioni in ordine
all'esecuzione, lo stesso giudice
provvede con
decreto ad emanare
i provvedimenti piu'
opportuni per l'attuazione, ivi compreso
l'ausilio della
forza pubblica e dell'ufficiale
sanitario.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 403 del
codice
civile, cosi' come modificato dalla
presente legge:
«Art. 403 (Intervento
della pubblica autorita'
a
favore dei minori). - Quando il
minore e' moralmente
o
materialmente abbandonato o si trova
esposto, nell'ambiente
familiare, a grave
pregiudizio e pericolo
per la sua
incolumita' psico-fisica
e vi e'
dunque emergenza di
provvedere, la pubblica autorita', a
mezzo degli organi di
protezione dell'infanzia, lo colloca
in luogo sicuro, sino
a quando si possa provvedere in
modo definitivo alla
sua
protezione.
La pubblica
autorita' che ha
adottato il
provvedimento emesso ai
sensi del primo
comma ne da'
immediato avviso orale al
pubblico ministero presso
il
tribunale per i minorenni,
nella cui circoscrizione il
minore ha la sua residenza abituale;
entro le ventiquattro
ore successive al collocamento del
minore in sicurezza, con
l'allontanamento da uno o da entrambi
i genitori o dai
soggetti esercenti
la responsabilita' genitoriale,
trasmette al pubblico ministero il
provvedimento corredato
di ogni documentazione utile e di sintetica relazione
che
descrive i motivi dell'intervento a
tutela del minore.
Il pubblico
ministero, entro le
successive
settantadue ore, se non dispone la
revoca del collocamento,
chiede al tribunale
per i minorenni
la convalida del
provvedimento; a
tal fine puo'
assumere sommarie
informazioni e disporre
eventuali accertamenti. Con il
medesimo ricorso
il pubblico ministero
puo' formulare
richieste ai sensi degli
articoli 330 e seguenti.
Entro le successive quarantotto
ore il tribunale per
i minorenni, con decreto del
presidente o del giudice
da
lui delegato, provvede sulla richiesta
di convalida del
provvedimento, nomina il curatore
speciale del minore e il
giudice relatore e fissa
l'udienza di comparizione
delle
parti innanzi a questo entro il
termine di quindici giorni.
Il
decreto e' immediatamente comunicato
al pubblico
ministero e all'autorita' che ha
adottato il provvedimento
a cura della cancelleria. Il ricorso
e il decreto
sono
notificati entro
quarantotto ore agli
esercenti la
responsabilita' genitoriale e al curatore
speciale a cura
del pubblico ministero che a tal fine
puo' avvalersi della
polizia giudiziaria.
All'udienza il giudice relatore
interroga liberamente
le parti e puo'
assumere informazioni; procede
inoltre
all'ascolto del
minore direttamente e,
ove ritenuto
necessario, con l'ausilio di un
esperto. Entro i quindici
giorni successivi
il tribunale per
i minorenni, in
composizione collegiale,
pronuncia decreto con
cui
conferma, modifica o revoca il
decreto di convalida, puo'
adottare provvedimenti nell'interesse
del minore e qualora
siano state proposte istanze ai sensi
degli articoli 330 e
seguenti da' le disposizioni
per l'ulteriore corso
del
procedimento. Il decreto e'
immediatamente comunicato alle
parti a cura della cancelleria.
Entro il termine
perentorio di dieci
giorni dalla
comunicazione del
decreto il pubblico
ministero, gli
esercenti la responsabilita' genitoriale
e il curatore
speciale possono proporre reclamo
alla corte d'appello ai
sensi dell'articolo 739 del codice di
procedura civile. La
corte d'appello provvede entro
sessanta giorni dal deposito
del reclamo.
Il provvedimento
emesso dalla pubblica
autorita'
perde efficacia se la trasmissione
degli atti da
parte
della pubblica autorita', la
richiesta di convalida
da
parte del pubblico ministero e i
decreti del tribunale per
i minorenni non intervengono entro i
termini previsti. In
questo caso
il tribunale per
i minorenni adotta
i
provvedimenti temporanei
e urgenti nell'interesse del
minore.
Qualora il minore sia collocato
in comunita' di tipo
familiare, quale ipotesi residuale da
applicare in ragione
dell'accertata esclusione
di possibili soluzioni
alternative, si applicano le norme in
tema di
affidamento
familiare.».
- Si riporta il testo degli
articoli 1136, 1137, 2113,
2735 e 2909 del codice civile:
«Art. 1136 (Costituzione
dell'assemblea e validita'
delle deliberazioni). - L'assemblea
in prima
convocazione
e'
regolarmente costituita con
l'intervento di tanti
condomini che
rappresentino i due
terzi del valore
dell'intero edificio e la maggioranza
dei partecipanti al
condominio.
Sono valide le deliberazioni
approvate con un numero
di voti che rappresenti la
maggioranza degli intervenuti e
almeno la meta' del valore
dell'edificio.
Se l'assemblea
in prima convocazione
non puo'
deliberare per mancanza di
numero legale, l'assemblea
in
seconda convocazione delibera in un
giorno successivo a
quello della prima e, in ogni caso,
non oltre dieci giorni
dalla medesima. L'assemblea
in seconda convocazione e'
regolarmente costituita con
l'intervento di tanti condomini
che rappresentino almeno un
terzo del valore
dell'intero
edificio e un terzo dei
partecipanti al condominio.
La
deliberazione e' valida
se approvata dalla
maggioranza
degli intervenuti con un numero di
voti che rappresenti
almeno un terzo del valore
dell'edificio.
Le deliberazioni che concernono
la nomina e la revoca
dell'amministratore o le liti attive
e passive relative a
materie che
esorbitano dalle attribuzioni
dell'amministratore medesimo,
le deliberazioni che
concernono la ricostruzione
dell'edificio o riparazioni
straordinarie di notevole entita' e
le deliberazioni di cui
agli articoli 1117-quater, 1120, secondo
comma, 1122-ter
nonche' 1135, terzo comma, devono
essere sempre approvate
con la maggioranza stabilita dal
secondo comma del presente
articolo.
Le deliberazioni di
cui all'articolo 1120,
primo
comma, e all'articolo 1122-bis, terzo
comma, devono essere
approvate dall'assemblea con
un numero di
voti che
rappresenti la maggioranza degli
intervenuti ed almeno
i
due terzi del valore dell'edificio.
L'assemblea non puo'
deliberare, se non consta
che
tutti gli aventi diritto sono stati
regolarmente convocati.
Delle riunioni
dell'assemblea si redige
processo
verbale da
trascrivere nel registro tenuto
dall'amministratore.».
«Art. 1137
(Impugnazione delle deliberazioni
dell'assemblea). - Le deliberazioni
prese dall'assemblea a
norma degli articoli precedenti sono
obbligatorie per tutti
i condomini.
Contro le deliberazioni
contrarie alla legge
o al
regolamento di
condominio ogni condomino
assente,
dissenziente o astenuto puo' adire
l'autorita' giudiziaria
chiedendone l'annullamento nel
termine perentorio di trenta
giorni, che decorre dalla data
della deliberazione per i
dissenzienti o astenuti e dalla data
di comunicazione della
deliberazione per gli assenti.
L'azione di annullamento non
sospende l'esecuzione
della deliberazione, salvo che la
sospensione sia ordinata
dall'autorita' giudiziaria.
L'istanza per ottenere la
sospensione proposta prima
dell'inizio della
causa di merito
non sospende ne'
interrompe il termine per la
proposizione dell'impugnazione
della deliberazione. Per quanto non
espressamente previsto,
la sospensione e' disciplinata dalle
norme di cui al libro
IV,
titolo I, capo
III, sezione I,
con l'esclusione
dell'articolo 669-octies,
sesto comma, del
codice di
procedura civile.».
«Art. 2113 (Rinunzie e
transazioni). - Le rinunzie e
le
transazioni, che hanno
per oggetto diritti
del
prestatore di lavoro derivanti da
disposizioni inderogabili
della
legge e dei
contratti o accordi
collettivi
concernenti i rapporti di cui
all'articolo 409 del codice
di procedura civile, non sono valide.
L'impugnazione deve
essere proposta, a
pena di
decadenza, entro sei mesi dalla
data di cessazione
del
rapporto o dalla data della rinunzia
o della
transazione,
se queste sono intervenute dopo la
cessazione medesima.
Le rinunzie
e le transazioni
di cui ai
commi
precedenti possono essere
impugnate con qualsiasi
atto
scritto, anche stragiudiziale, del
lavoratore idoneo a
renderne nota la volonta'.
Le disposizioni
del presente articolo
non si
applicano alla conciliazione intervenuta
ai sensi degli
articoli 185, 410, 411, 412-ter e
412-quater del codice di
procedura civile.».
«Art. 2735
(Confessione
stragiudiziale). - La
confessione stragiudiziale fatta
alla parte o
a chi la
rappresenta ha la stessa efficacia
probatoria di quella
giudiziale. Se e' fatta a un terzo o
se e' contenuta in un
testamento, e' liberamente apprezzata
dal giudice.
La confessione stragiudiziale
non puo' provarsi per
testimoni, se verte su un oggetto
per il
quale la prova
testimoniale non e' ammessa dalla
legge.».
«Art. 2909 (Cosa giudicata). -
L'accertamento contenuto
nella sentenza passata in giudicato
fa stato a ogni effetto
tra le parti, i loro eredi o aventi
causa.».
- Si riporta il testo degli articoli
26-bis, 78 e 80
del codice di procedura civile, cosi'
come modificato dalla
presente legge:
«Art. 26-bis
(Foro relativo all'espropriazione
forzata di crediti). - Quando il
debitore e' una
delle
pubbliche amministrazioni indicate
dall'articolo 413,
quinto comma, per l'espropriazione
forzata di crediti
e'
competente, salvo quanto disposto
dalle leggi speciali, il
giudice del luogo dove ha
sede l'ufficio dell'Avvocatura
dello Stato nel cui distretto il
creditore ha la residenza,
il domicilio, la dimora o la sede.
Fuori dei
casi di cui
al primo comma,
per
l'espropriazione forzata di
crediti e' competente
il
giudice del luogo in cui il debitore
ha la
residenza, il
domicilio, la dimora o la sede.».
«Art. 78 (Curatore speciale). -
Se manca la persona a
cui spetta la
rappresentanza o l'assistenza,
e vi sono
ragioni d'urgenza, puo' essere
nominato all'incapace, alla
persona giuridica o
all'associazione non riconosciuta
un
curatore speciale che li
rappresenti o assista
finche'
subentri colui
al quale spetta
la rappresentanza o
l'assistenza.
Si procede
altresi' alla nomina
di un curatore
speciale al
rappresentato, quando vi
e' conflitto
d'interessi col rappresentante.
Il giudice provvede alla nomina
del curatore speciale
del minore, anche d'ufficio e a pena
di nullita' degli atti
del procedimento:
1) con
riguardo ai casi
in cui il
pubblico
ministero abbia chiesto la decadenza
dalla responsabilita'
genitoriale di entrambi i
genitori, o in
cui uno dei
genitori abbia chiesto la decadenza
dell'altro;
2) in caso di adozione
di provvedimenti ai
sensi
dell'articolo 403 del codice civile
o di
affidamento del
minore ai sensi degli articoli 2 e
seguenti della legge 4
maggio 1983, n. 184;
3) nel
caso in cui
dai fatti emersi
nel
procedimento venga alla luce una
situazione di pregiudizio
per il minore tale da precluderne
l'adeguata rappresentanza
processuale da parte di entrambi i
genitori;
4) quando ne faccia richiesta
il minore che abbia
compiuto quattordici anni.
In ogni caso il
giudice puo' nominare
un curatore
speciale quando i
genitori appaiono per
gravi ragioni
temporaneamente inadeguati a rappresentare
gli interessi
del minore; il provvedimento di
nomina del curatore
deve
essere succintamente motivato.».
«Art. 80
(Provvedimento di nomina
del curatore
speciale). - L'istanza per la nomina
del curatore speciale
si propone al giudice di pace o al
presidente dell'ufficio
giudiziario davanti al quale si
intende proporre la causa.
Se la necessita' di nominare un
curatore speciale sorge nel
corso di un procedimento, anche di
natura cautelare, alla
nomina provvede, d'ufficio, il
giudice che procede.
Il giudice,
assunte le opportune
informazioni e
sentite possibilmente le persone
interessate, provvede con
decreto. Questo
e' comunicato al
pubblico ministero
affinche' provochi, quando occorre, i
provvedimenti per la
costituzione della
normale rappresentanza o
assistenza
dell'incapace, della persona
giuridica o dell'associazione
non riconosciuta.
Al curatore speciale
del minore il
giudice puo'
attribuire nel
provvedimento di nomina,
ovvero con
provvedimento non
impugnabile adottato nel
corso del
giudizio, specifici poteri di rappresentanza sostanziale.
Il curatore speciale del minore
procede al suo ascolto. Il
minore che abbia compiuto quattordici
anni, i genitori che
esercitano la responsabilita'
genitoriale, il tutore o il
pubblico ministero possono chiedere
con istanza motivata al
presidente del tribunale o al
giudice che procede,
che
decide con decreto non impugnabile,
la revoca del curatore
per gravi inadempienze o perche'
mancano o sono venuti meno
i presupposti per la sua nomina.».
- Si riporta il testo degli
articoli 70, 82, 83,
84,
85, 86, 96, 106, 116, 118, 163, 163-bis,
164, 166, 167,
178, 185, 185-bis e 193 del codice di
procedura civile:
«Art. 70
(Intervento in causa
del pubblico
ministero). - Il pubblico ministero
deve intervenire a pena
di nullita' rilevabile d'ufficio:
1) nelle cause che egli
stesso potrebbe proporre;
2) nelle cause matrimoniali,
comprese quelle di
separazione personale dei coniugi;
3) nelle cause riguardanti lo
stato e la capacita'
delle persone;
[4) nelle
cause collettive e
nelle cause
individuali di lavoro in grado di
appello;]
5) negli altri casi previsti
dalla legge.
Deve intervenire nelle cause
davanti alla corte
di
cassazione nei casi stabiliti dalla
legge.
Puo' infine intervenire in ogni
altra causa in cui
ravvisa un pubblico interesse.».
«Art. 82 (Patrocinio). -
Davanti al giudice di pace
le parti possono stare
in giudizio personalmente
nelle
cause il cui valore non eccede euro
1.100.
Negli altri casi, le
parti non possono
stare in
giudizio se non col ministero o
con l'assistenza di un
difensore. Il giudice di pace
tuttavia, in considerazione
della natura ed entita' della causa,
con decreto emesso
anche su istanza verbale della parte,
puo' autorizzarla a
stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui
la legge dispone
altrimenti,
davanti al tribunale
e alla corte
d'appello le parti
debbono stare in giudizio col
ministero di un procuratore
legalmente esercente; e davanti
alla Corte di
cassazione
col ministero di un avvocato iscritto
nell'apposito albo.».
«Art. 83 (Procura alle liti). -
Quando la parte sta
in giudizio col ministero di
un difensore, questi
deve
essere munito di procura.
La procura alle liti puo'
essere generale o speciale,
e deve essere conferita
con atto pubblico
o scrittura
privata autenticata.
La procura speciale puo'
essere anche apposta
in
calce
o a margine
della citazione, del
ricorso, del
controricorso, della comparsa di
risposta o d'intervento,
del precetto o della domanda
d'intervento nell'esecuzione,
ovvero della memoria di nomina
del nuovo difensore,
in
aggiunta o in sostituzione del
difensore originariamente
designato. In tali casi
l'autografia della sottoscrizione
della parte deve
essere certificata dal
difensore. La
procura si considera apposta in calce
anche se
rilasciata
su foglio separato che sia pero'
congiunto materialmente
all'atto cui si
riferisce, o su
documento informatico
separato sottoscritto
con firma digitale
e congiunto
all'atto cui si riferisce
mediante strumenti informatici,
individuati con
apposito decreto del
Ministero della
giustizia. Se la procura alle liti
e' stata
conferita su
supporto cartaceo,
il difensore che
si costituisce
attraverso strumenti
telematici ne trasmette
la copia
informatica autenticata con
firma digitale, nel
rispetto
della
normativa, anche regolamentare, concernente
la
sottoscrizione, la
trasmissione e la
ricezione dei
documenti informatici e trasmessi in
via telematica.
La procura speciale si presume
conferita soltanto per
un determinato grado del processo,
quando nell'atto non e'
espressa volonta' diversa.».
«Art. 84 (Poteri del
difensore). - Quando la
parte
sta in giudizio col ministero
del difensore, questi
puo'
compiere e ricevere, nell'interesse della
parte stessa,
tutti gli atti del processo che
dalla legge non
sono ad
essa espressamente riservati.
In ogni caso non puo' compiere
atti che importano
disposizione del diritto in contesa,
se non ne ha ricevuto
espressamente il potere.».
«Art. 85 (Revoca e
rinuncia alla procura).
- La
procura puo' essere sempre revocata e
il difensore puo'
sempre rinunciarvi, ma la revoca e
la rinuncia non
hanno
effetto nei confronti dell'altra
parte finche' non
sia
avvenuta la sostituzione del
difensore.».
«Art. 86 (Difesa personale della parte). - La parte o
la persona che la rappresenta
o assiste, quando
ha la
qualita' necessaria per esercitare
l'ufficio di difensore
con procura presso il giudice adito, puo'
stare in giudizio
senza il ministero di altro
difensore.».
«Art. 96 (Responsabilita'
aggravata). - Se
risulta
che la parte soccombente ha agito o
resistito in giudizio
con mala fede
o colpa grave,
il giudice, su
istanza
dell'altra parte, la condanna,
oltre che alle
spese, al
risarcimento dei danni, che liquida,
anche d'ufficio, nella
sentenza.
Il giudice che accerta
l'inesistenza del diritto per
cui
e' stato eseguito
un provvedimento cautelare,
o
trascritta domanda
giudiziale, o iscritta
ipoteca
giudiziale, oppure
iniziata o compiuta
l'esecuzione
forzata, su istanza della parte
danneggiata condanna al
risarcimento dei danni l'attore o il
creditore procedente,
che ha agito senza la normale
prudenza. La liquidazione dei
danni e' fatta a norma del comma
precedente.
In ogni caso, quando pronuncia
sulle spese ai sensi
dell'articolo 91,
il giudice, anche
d'ufficio, puo'
altresi' condannare la parte
soccombente al pagamento,
a
favore della controparte,
di una somma
equitativamente
determinata.».
«Art. 106
(Intervento su istanza
di parte). -
Ciascuna parte puo' chiamare nel
processo un terzo al quale
ritiene comune
la causa o
dal quale pretende
essere
garantita.».
«Art. 116 (Valutazione
delle prove). -
Il giudice
deve
valutare le prove
secondo il suo
prudente
apprezzamento, salvo che la legge
disponga altrimenti.
Il giudice puo' desumere argomenti
di prova dalle
risposte che le parti
gli danno a
norma dell'articolo
seguente, dal loro rifiuto
ingiustificato a consentire le
ispezioni che egli ha ordinate e, in
generale, dal contegno
delle parti stesse nel processo.».
«Art. 118 (Ordine d'ispezione
di persone e di cose).
- Il giudice puo'
ordinare alle parti
e ai terzi
di
consentire sulla loro persona o sulle
cose in loro possesso
le ispezioni che appaiono
indispensabili per conoscere
i
fatti della causa, purche' cio' possa
compiersi senza grave
danno per la parte o per il terzo, e
senza costringerli a
violare uno dei segreti previsti
negli articoli 351 e 352
del Codice di procedura penale.
Se la parte rifiuta di eseguire
tale ordine senza
giusto motivo, il giudice puo' da
questo rifiuto desumere
argomenti di prova a norma
dell'articolo 116 secondo comma.
Se rifiuta il terzo, il
giudice lo condanna
a una
pena pecuniaria da euro 250 a euro
1.500.».
«Art. 163 (Contenuto della
citazione). - La domanda
si propone mediante citazione a
comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale
stabilisce al principio
dell'anno giudiziario, con
decreto approvato dal
primo
presidente della corte di appello, i
giorni della settimana
e le ore delle udienze destinate
esclusivamente alla prima
comparizione delle parti.
L'atto di citazione deve
contenere:
1) l'indicazione del
tribunale davanti al quale la
domanda e' proposta;
2) il nome, il cognome, la
residenza e il
codice
fiscale dell'attore,
il nome, il
cognome, il codice
fiscale, la residenza o
il domicilio o
la dimora del
convenuto e
delle persone che
rispettivamente li
rappresentano o li assistono. Se
attore o convenuto e' una
persona giuridica, un'associazione
non riconosciuta o un
comitato, la citazione deve contenere
la denominazione o la
ditta, con l'indicazione dell'organo
o ufficio che ne ha la
rappresentanza in giudizio;
3) la
determinazione della cosa
oggetto della
domanda;
4) l'esposizione dei fatti
e degli elementi
di
diritto costituenti
le ragioni della
domanda, con le
relative conclusioni;
5) l'indicazione specifica
dei mezzi di prova dei
quali
l'attore intende valersi
e in particolare
dei
documenti che offre in comunicazione;
6) il
nome e il
cognome del procuratore
e
l'indicazione della procura, qualora
questa sia stata gia'
rilasciata;
7) l'indicazione
del giorno dell'udienza di
comparizione; l'invito
al convenuto a
costituirsi nel
termine di venti giorni
prima dell'udienza indicata
ai
sensi e nelle forme stabilite
dall'art. 166, ovvero
di
dieci giorni prima in caso di
abbreviazione dei termini, e
a comparire, nell'udienza
indicata, dinanzi al
giudice
designato ai sensi dell'art. 168-bis,
con l'avvertimento
che la costituzione oltre i suddetti
termini implica le
decadenze di cui agli articoli 38 e
167.
L'atto di
citazione, sottoscritto a
norma
dell'articolo 125,
e' consegnato dalla
parte o dal
procuratore all'ufficiale
giudiziario, il quale lo notifica
a norma degli articoli 137 e
seguenti.».
«Art. 163-bis (Termini
per comparire). -
Tra il
giorno della
notificazione della citazione
e quello
dell'udienza di comparizione
debbono intercorrere termini
liberi non minori di novanta
giorni se il
luogo della
notificazione si trova in Italia e di
centocinquanta giorni
se si trova all'estero.
Nelle cause
che richiedono pronta
spedizione il
presidente puo', su
istanza dell'attore e
con decreto
motivato in calce dell'atto originale
e delle copie della
citazione, abbreviare fino alla
meta' i
termini indicati
dal primo comma.
Se il termine assegnato
dall'attore ecceda il minimo
indicato dal primo comma, il
convenuto, costituendosi prima
della
scadenza del termine
minimo, puo' chiedere
al
presidente del tribunale che, sempre
osservata la misura di
quest'ultimo termine, l'udienza per
la comparizione delle
parti sia fissata con congruo
anticipo su quella indicata
dall'attore. Il presidente provvede
con decreto, che deve
essere comunicato dal cancelliere
all'attore, almeno cinque
giorni liberi prima dell'udienza
fissata dal presidente.».
«Art. 164 (Nullita' della citazione).
- La citazione
e' nulla se e'
omesso o risulta
assolutamente incerto
alcuno dei requisiti stabiliti nei
numeri 1) e 2) dell'art.
163, se manca l'indicazione
della data dell'udienza
di
comparizione, se e' stato assegnato
un termine a comparire
inferiore a quello stabilito dalla
legge ovvero se
manca
l'avvertimento previsto dal n. 7)
dell'art. 163.
Se il convenuto non si
costituisce in giudizio,
il
giudice, rilevata la nullita' della citazione
ai sensi del
primo comma, ne dispone d'ufficio la
rinnovazione entro un
termine perentorio. Questa
sana i vizi
e gli effetti
sostanziali e processuali della
domanda si producono
sin
dal momento della prima
notificazione. Se la rinnovazione
non viene eseguita, il
giudice ordina la
cancellazione
della causa dal ruolo e il
processo si estingue
a norma
dell'art. 307, comma terzo.
La costituzione del
convenuto sana i
vizi della
citazione e
restano salvi gli
effetti sostanziali e
processuali di cui
al secondo comma;
tuttavia, se il
convenuto deduce l'inosservanza dei
termini a comparire o
la mancanza dell'avvertimento
previsto dal n. 7) dell'art.
163, il giudice fissa una nuova
udienza nel rispetto
dei
termini.
La citazione e' altresi' nulla
se e' omesso o risulta
assolutamente incerto il requisito
stabilito nel n. 3)
dell'art. 163 ovvero se manca
l'esposizione dei fatti
di
cui al n. 4) dello stesso articolo.
Il giudice, rilevata la
nullita' ai sensi del comma
precedente, fissa all'attore
un termine perentorio
per
rinnovare la citazione o, se il
convenuto si e' costituito,
per
integrare la domanda.
Restano ferme le
decadenze
maturate e salvi
i diritti quesiti
anteriormente alla
rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione
della domanda, il
giudice
fissa l'udienza ai sensi del secondo comma
dell'art. 183 e
si applica l'art. 167.».
«Art. 166
(Costituzione del convenuto).
- Il
convenuto deve costituirsi
a mezzo del
procuratore, o
personalmente nei casi consentiti
dalla legge, almeno venti
giorni prima dell'udienza di
comparizione fissata nell'atto
di citazione, o almeno dieci
giorni prima nel
caso di
abbreviazione di
termini a norma
del secondo comma
dell'art. 163-bis
ovvero almeno venti
giorni prima
dell'udienza fissata
a norma dell'art.
168-bis quinto
comma, depositando in
cancelleria il proprio
fascicolo
contenente la comparsa di cui
all'art. 167 con
la copia
della citazione notificata, la procura e i
documenti che
offre in comunicazione.».
«Art. 167 (Comparsa di
risposta). - Nella comparsa di
risposta il convenuto deve
proporre tutte le
sue difese
prendendo posizione
sui fatti posti
dall'attore a
fondamento della domanda, indicare le
proprie generalita' e
il codice fiscale, i mezzi di prova
di cui intende valersi
e i documenti che offre
in comunicazione, formulare
le
conclusioni.
A pena
di decadenza deve
proporre le eventuali
domande riconvenzionali e le eccezioni
processuali e di
merito che non siano rilevabili
d'ufficio. Se e' omesso o
risulta assolutamente incerto
l'oggetto o il titolo della
domanda riconvezionale, il giudice,
rilevata la nullita',
fissa al convenuto un termine perentorio
per integrarla.
Restano ferme le decadenze
maturate e salvi
i diritti
acquisiti anteriormente alla
integrazione.
Se intende chiamare un
terzo in
causa, deve farne
dichiarazione nella stessa comparsa e
provvedere ai sensi
dell'art. 269.».
«Art. 178 (Controllo del
collegio sulle ordinanze). -
Le parti, senza bisogno di mezzi
d'impugnazione, possono
proporre al collegio, quando la causa
e' rimessa a questo a
norma dell'articolo 189, tutte le questioni
risolute dal
giudice istruttore con ordinanza
revocabile.
L'ordinanza del giudice
istruttore, che non operi in
funzione di giudice unico, quando
dichiara l'estinzione del
processo e' impugnabile dalle parti
con reclamo immediato
al collegio.
Il reclamo
deve essere proposto
nel termine
perentorio di dieci
giorni, decorrente dalla
pronuncia
dell'ordinanza se
avvenuta in udienza,
o altrimenti
decorrente dalla comunicazione
dell'ordinanza medesima.
Il reclamo e' presentato
con semplice dichiarazione
nel verbale d'udienza, o con ricorso
al giudice istruttore.
Se il reclamo e' presentato
in udienza, il
giudice
assegna nella stessa udienza, ove le
parti lo
richiedano,
il termine per la comunicazione di
una memoria, e
quello
successivo per la comunicazione
di una replica.
Se il
reclamo e' proposto con ricorso, questo
e' comunicato a
mezzo della cancelleria
alle altre parti,
insieme con
decreto, in calce, del giudice istruttore,
che assegna un
termine per la
comunicazione dell'eventuale memoria
di
risposta. Scaduti tali termini, il
collegio provvede entro
i quindici giorni successivi.».
«Art. 185 (Tentativo di
conciliazione). - Il giudice
istruttore, in caso di richiesta
congiunta delle parti,
fissa
la comparizione delle
medesime al fine
di
interrogarle liberamente e di
provocarne la conciliazione.
Il giudice istruttore ha altresi'
facolta' di fissare
la
predetta udienza
di comparizione personale
a norma
dell'articolo 117.
Quando e' disposta
la comparizione
personale, le parti hanno facolta'
di farsi
rappresentare
da un procuratore generale o speciale il quale deve essere
a conoscenza dei fatti della causa.
La procura deve essere
conferita con atto pubblico o
scrittura privata autenticata
e deve attribuire al procuratore il potere
di conciliare o
transigere la controversia. Se la
procura e' conferita con
scrittura privata, questa puo' essere
autenticata anche dal
difensore della
parte. La mancata
conoscenza, senza
giustificato motivo, dei fatti
della causa da
parte del
procuratore e'
valutata ai sensi
del secondo comma
dell'articolo 116.
Il tentativo di conciliazione
puo' essere rinnovato
in qualunque momento dell'istruzione.
Quando le parti si sono
conciliate, si forma processo
verbale della convenzione conclusa.
Il processo verbale
costituisce titolo esecutivo.».
«Art. 185-bis
(Proposta di conciliazione del
giudice). - Il giudice, alla prima
udienza, ovvero sino a
quando e' esaurita l'istruzione, formula
alle parti ove
possibile, avuto riguardo alla
natura del giudizio,
al
valore della controversia e
all'esistenza di questioni di
facile e
pronta soluzione di
diritto, una proposta
transattiva o conciliativa. La proposta
di conciliazione
non puo' costituire motivo di
ricusazione o astensione del
giudice.».
«Art. 193 (Giuramento del
consulente). - Alla udienza
di comparizione il giudice istruttore
ricorda al consulente
l'importanza delle funzioni che e' chiamato
ad adempiere, e
ne riceve il giuramento di bene e
fedelmente adempiere le
funzioni affidategli al solo
scopo di
fare conoscere ai
giudici la verita'.».
- Si riporta il testo degli articoli
210, 213, 269,
281-sexies, 283, 288, 325, 327, 342,
348, 348-bis, 348-ter,
350, 351, 353, 354 del codice di
procedura civile:
«Art. 210 (Ordine di
esibizione alla parte
o al
terzo). - Negli stessi limiti entro i
quali puo' essere
ordinata a norma dell'articolo 118
l'ispezione di cose in
possesso di una parte o di un terzo,
il giudice istruttore,
su istanza di parte puo' ordinare
all'altra parte o a un
terzo di esibire in giudizio un
documento o altra cosa di
cui ritenga necessaria l'acquisizione
al processo.
Nell'ordinare l'esibizione, il
giudice da' i
provvedimenti opportuni circa il
tempo, il luogo e il modo
dell'esibizione.
Se l'esibizione importa una
spesa, questa deve essere
in
ogni caso anticipata
dalla parte che
ha proposta
l'istanza di esibizione.».
«Art. 213 (Richiesta
d'informazioni alla pubblica
amministrazione). - Fuori dei casi
previsti negli articoli
210 e
211, il giudice
puo' richiedere d'ufficio
alla
pubblica amministrazione le
informazioni scritte relative
ad atti e documenti dell'amministrazione stessa,
che e'
necessario acquisire al processo.».
«Art. 269 (Chiamata di un
terzo in
causa). - Alla
chiamata di un terzo nel processo a
norma dell'art. 106, la
parte provvede mediante citazione a
comparire nell'udienza
fissata dal
giudice istruttore ai
sensi del presente
articolo, osservati i termini
dell'art. 163-bis.
Il convenuto che intenda
chiamare un terzo in causa
deve,
a pena di
decadenza, farne dichiarazione
nella
comparsa di risposta e
contestualmente chiedere al giudice
istruttore lo spostamento della prima
udienza allo scopo di
consentire la citazione del terzo nel
rispetto dei termini
dell'art. 163-bis. Il
giudice istruttore, entro
cinque
giorni dalla richiesta, provvede con
decreto a fissare la
data della nuova udienza. Il
decreto e' comunicato
dal
cancelliere alle
parti costituite. La
citazione e'
notificata al terzo a cura del
convenuto.
Ove, a seguito delle
difese svolte dal
convenuto
nella
comparsa di risposta,
sia sorto l'interesse
dell'attore a chiamare in causa un
terzo, l'attore deve, a
pena di decadenza, chiederne l'autorizzazione al
giudice
istruttore nella prima udienza. Il
giudice istruttore, se
concede l'autorizzazione, fissa
una nuova udienza
allo
scopo di consentire la citazione del
terzo nel rispetto dei
termini dell'art. 163-bis. La
citazione e' notificata
al
terzo
a cura dell'attore
entro il termine
perentorio
stabilito dal giudice.
La
parte che chiama
in causa il
terzo, deve
depositare la
citazione notificata entro
il termine
pervisto dall'art. 165, e il terzo
deve costituirsi a norma
dell'art. 166.
Nell'ipotesi prevista dal terzo
comma restano ferme
per le parti le preclusioni
ricollegate alla prima udienza
di trattazione, ma i termini eventuali
di cui al
sesto
comma dell'articolo 183 sono fissati
dal giudice istruttore
nella udienza di comparizione del terzo.».
«Art. 281-sexies (Decisione a
seguito di trattazione
orale). -
Se non dispone
a norma dell'articolo
281-quinquies, il giudice, fatte
precisare le conclusioni,
puo' ordinare la discussione orale
della causa nella stessa
udienza o, su istanza di parte, in
un'udienza successiva e
pronunciare sentenza al termine della
discussione, dando
lettura del dispositivo e della concisa esposizione
delle
ragioni di fatto e di diritto della
decisione.
In tal caso, la sentenza si
intende pubblicata con la
sottoscrizione da parte del giudice
del verbale che la
contiene ed e' immediatamente
depositata in cancelleria.».
«Art. 283 (Provvedimenti
sull'esecuzione provvisoria
in appello). - Il
giudice dell'appello, su
istanza di
parte, proposta con l'impugnazione
principale o con quella
incidentale, quando sussistono
gravi e fondati
motivi,
anche in relazione alla possibilita'
di insolvenza di una
delle parti, sospende in
tutto o in
parte l'efficacia
esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata,
con o
senza cauzione.
Se l'istanza
prevista dal comma
che precede e'
inammissibile o manifestamente
infondata il giudice,
con
ordinanza non impugnabile, puo' condannare
la parte che
l'ha proposta ad una pena pecuniaria
non inferiore ad euro
250
e non superiore
ad euro 10.000.
L'ordinanza e'
revocabile con la sentenza che
definisce il giudizio.».
«Art. 288 (Procedimento di correzione).
- Se tutte le
parti concordano nel chiedere
la stessa correzione,
il
giudice provvede con decreto.
Se e' chiesta da una delle parti,
il giudice, con
decreto da
notificarsi insieme col ricorso
a norma
dell'articolo 170 primo e
terzo comma, fissa
l'udienza
nella quale le parti
debbono comparire davanti
a lui.
Sull'istanza il giudice provvede
con ordinanza, che
deve
essere annotata sull'originale del
provvedimento.
Se e' chiesta la correzione di
una sentenza dopo un
anno dalla pubblicazione, il ricorso
e il decreto debbono
essere notificati alle altre parti
personalmente.
Le sentenze possono essere
impugnate relativamente
alle parti corrette nel termine ordinario
decorrente dal
giorno in
cui e' stata
notificata l'ordinanza di
correzione.».
«Art. 325 (Termini per le
impugnazioni). - Il termine
per proporre l'appello, la
revocazione e l'opposizione di
terzo di cui all'art. 404, secondo
comma, e' di
trenta
giorni. E' anche di trenta giorni il
termine per proporre
la revocazione e l'opposizione
di terzo
sopra menzionata
contro la sentenza delle corti di
appello.
Il termine per proporre il
ricorso per cassazione e'
di giorni sessanta.».
«Art. 327 (Decadenza
dall'impugnazione). -
Indipendentemente dalla
notificazione, l'appello, il
ricorso per Cassazione
e la revocazione
per i motivi
indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo
395 non possono
proporsi dopo decorsi sei mesi dalla
pubblicazione della
sentenza.
Questa disposizione non si
applica quando la
parte
contumace dimostra
di non aver
avuto conoscenza del
processo per nullita' della citazione
o della notificazione
di essa, e per nullita' della
notificazione degli atti di
cui all'art. 292.».
«Art. 342
(Forma dell'appello). -
L'appello si
propone con citazione contenente le
indicazioni prescritte
dall'articolo 163.
L'appello deve essere
motivato. La
motivazione dell'appello
deve contenere, a
pena di
inammissibilita':
1) l'indicazione delle parti
del provvedimento che
si
intende appellare e
delle modifiche che
vengono
richieste alla ricostruzione del
fatto compiuta dal giudice
di primo grado;
2) l'indicazione delle
circostanze da cui deriva la
violazione della legge e della loro
rilevanza ai fini della
decisione impugnata.
Tra il giorno della citazione
e quello
della prima
udienza di trattazione devono
intercorrere termini liberi
non minori di quelli previsti
dall'art. 163-bis.».
«Art. 348
(Improcedibilita'
dell'appello). -
L'appello e' dichiarato
improcedibile, anche d'ufficio, se
l'appellante non si costituisce in
termini.
Se l'appellante
non compare alla
prima udienza,
benche' si sia anteriormente
costituito, il collegio, con
ordinanza non impugnabile, rinvia la
causa ad una prossima
udienza, della
quale il cancelliere
da' comunicazione
all'appellante. Se anche alla nuova
udienza l'appellante
non compare, l'appello e' dichiarato
improcedibile anche
d'ufficio.».
«Art. 348-bis
(Inammissibilita'
dell'appello). -
Fuori dei casi in cui deve essere
dichiarata con sentenza
l'inammissibilita' o
l'improcedibilita' dell'appello,
l'impugnazione e'
dichiarata inammissibile dal
giudice
competente quando non ha una ragionevole
probabilita' di
essere accolta.
Il primo comma non si applica
quando:
a) l'appello e' proposto
relativamente a una delle
cause di cui all'articolo 70, primo
comma;
b) l'appello e'
proposto a norma
dell'articolo
702-quater.».
«Art. 348-ter
(Pronuncia
sull'inammissibilita'
dell'appello). - All'udienza di cui
all'articolo 350 il
giudice, prima di procedere alla trattazione,
sentite le
parti, dichiara
inammissibile l'appello, a
norma
dell'articolo 348-bis,
primo comma, con
ordinanza
succintamente motivata,
anche mediante il
rinvio agli
elementi di fatto riportati in uno o
piu' atti di causa e
il riferimento a precedenti conformi.
Il giudice provvede
sulle spese a norma dell'articolo 91.
L'ordinanza di inammissibilita'
e' pronunciata solo
quando sia per l'impugnazione principale
che per quella
incidentale di cui all'articolo 333
ricorrono i presupposti
di cui al primo comma dell'articolo
348-bis. In mancanza,
il
giudice procede alla
trattazione di tutte
le
impugnazioni comunque proposte contro
la sentenza.
Quando e' pronunciata
l'inammissibilita', contro il
provvedimento di primo grado puo'
essere proposto, a norma
dell'articolo 360, ricorso per
cassazione. In tal caso il
termine per
il ricorso per
cassazione avverso il
provvedimento di primo grado decorre
dalla comunicazione o
notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che
dichiara
l'inammissibilita'. Si
applica l'articolo 327, in
quanto
compatibile.
Quando l'inammissibilita' e'
fondata sulle stesse
ragioni, inerenti alle questioni
di fatto, poste
a base
della decisione impugnata, il ricorso
per cassazione di cui
al comma precedente puo' essere
proposto esclusivamente per
i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3)
e 4) del primo comma
dell'articolo 360.
La disposizione di cui al
quarto comma si
applica,
fuori dei casi di cui all'articolo
348-bis, secondo comma,
lettera a), anche al ricorso
per cassazione avverso
la
sentenza d'appello che
conferma la decisione
di primo
grado.».
«Art. 350 (Trattazione). -
Davanti alla corte
di
appello la trattazione dell'appello
e' collegiale; ma il
presidente del collegio puo' delegare
per l'assunzione dei
mezzi
istruttori uno dei
suoi componenti; davanti
al
tribunale l'appello
e' trattato e
deciso dal giudice
monocratico.
Nella prima
udienza di trattazione
il giudice
verifica la regolare costituzione del
giudizio
e, quando
occorre, ordina l'integrazione di
esso o la notificazione
prevista dall'art. 332, oppure
dispone che si rinnovi
la
notificazione dell'atto di appello.
Nella stessa
udienza il giudice
dichiara la
contumacia dell'appellato, provvede
alla riunione degli
appelli proposti contro la
stessa sentenza e
procede al
tentativo di conciliazione
ordinando, quando occorre,
la
comparizione personale delle parti.».
«Art. 351
(Provvedimenti
sull'esecuzione
provvisoria). - Sull'istanza prevista
dall'articolo 283 il
giudice provvede con ordinanza non
impugnabile nella prima
udienza.
La parte puo', con ricorso al
giudice, chiedere che
la
decisione sulla sospensione
sia pronunciata prima
dell'udienza di comparizione. Davanti
alla corte di appello
il ricorso e' presentato al presidente
del collegio.
Il presidente
del collegio o
il tribunale, con
decreto in calce al ricorso, ordina
la comparizione delle
parti in camera di consiglio,
rispettivamente, davanti al
collegio o davanti
a se'. Con
lo stesso decreto,
se
ricorrono giusti
motivi di urgenza,
puo' disporre
provvisoriamente l'immediata
sospensione dell'efficacia
esecutiva o dell'esecuzione della
sentenza; in tal
caso,
all'udienza in
camera di consiglio
il collegio o il
tribunale conferma,
modifica o revoca
il decreto con
ordinanza non impugnabile.
Il giudice, all'udienza
prevista dal primo comma, se
ritiene la causa matura per la
decisione, puo' provvedere
ai sensi dell'articolo 281-sexies.
Se per la
decisione
sulla sospensione e' stata fissata
l'udienza di cui al
terzo comma, il giudice
fissa apposita udienza
per la
decisione della
causa nel rispetto
dei termini a
comparire.».
«Art. 353 (Rimessione al primo
giudice per ragioni di
giurisdizione). - Il
giudice d'appello, se
riforma la
sentenza
di primo grado
dichiarando che il
giudice
ordinario ha sulla causa la
giurisdizione negata dal primo
giudice, pronuncia sentenza con la
quale rimanda le parti
davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel
termine
perentorio di tre mesi dalla
notificazione della sentenza.
Se contro la sentenza d'appello
e' proposto ricorso
per cassazione, il termine e'
interrotto.».
«Art. 354 (Rimessione al
primo giudice per
altri
motivi). -
Fuori dei casi
previsti nell'articolo
precedente, il giudice di
appello non puo'
rimettere la
causa al primo
giudice, tranne che dichiari nulla
la
notificazione della
citazione introduttiva, oppure
riconosca che nel giudizio di primo
grado doveva essere
integrato il contraddittorio o non
doveva essere estromessa
una parte, ovvero dichiari la
nullita' della sentenza
di
primo grado a norma dell'articolo 161
secondo comma.
Il giudice
d'appello rimette la
causa al primo
giudice anche nel caso di
riforma della sentenza
che ha
pronunciato sulla estinzione del
processo a norma e nelle
forme dell'articolo 308.
Nei casi di rimessione al primo
giudice previsti nei
commi precedenti,
si applicano le
disposizioni
dell'articolo 353.
Se il giudice d'appello
dichiara la nullita' di altri
atti
compiuti in primo
grado, ne ordina,
in quanto
possibile, la rinnovazione a norma
dell'articolo 356.».
- Si riporta il testo degli articoli 363,
376, 380-bis,
380-bis.1., 380-ter, 395, 409, 410,
411, 412-ter, 414, 434,
481, 490, 492-bis, 497
e 501 del
codice di procedura
civile:
«Art. 363 (Principio di diritto
nell'interesse della
legge). - Quando le parti non
hanno proposto ricorso
nei
termini di legge o vi hanno
rinunciato, ovvero quando
il
provvedimento non e' ricorribile
in cassazione e
non e'
altrimenti impugnabile, il
Procuratore generale presso la
Corte di cassazione puo'
chiedere che la
Corte enunci
nell'interesse della legge il
principio di diritto al quale
il giudice di merito avrebbe dovuto
attenersi.
La richiesta del
procuratore generale, contenente una
sintetica esposizione del fatto e
delle ragioni di diritto
poste
a fondamento dell'istanza,
e' rivolta al
primo
presidente, il quale puo' disporre
che la Corte si pronunci
a
sezioni unite se
ritiene che la
questione e' di
particolare importanza.
Il principio di diritto puo'
essere pronunciato dalla
Corte anche d'ufficio, quando il
ricorso proposto dalle
parti e' dichiarato inammissibile, se
la Corte ritiene che
la questione decisa e' di particolare
importanza.
La pronuncia
della Corte non
ha effetto
sul
provvedimento del giudice di
merito.».
«Art. 376 (Assegnazione dei
ricorsi alle sezioni). -
Il primo presidente, tranne quando
ricorrono le condizioni
previste dall'articolo 374, assegna i
ricorsi ad apposita
sezione, che verifica se sussistono
i presupposti per la
pronuncia in camera di consiglio
ai sensi dell'articolo
375, primo comma, numeri 1) e 5). Se,
a un sommario esame
del
ricorso, la suddetta
sezione non ravvisa
tali
presupposti, il presidente, omessa
ogni formalita', rimette
gli atti alla sezione semplice.
La parte, che ritiene di
competenza delle sezioni
unite un ricorso assegnato a una
sezione semplice, puo'
proporre al primo presidente istanza
di rimessione alle
sezioni unite, fino a dieci
giorni prima dell'udienza
di
discussione del ricorso.
All'udienza della sezione
semplice, la rimessione
puo' essere disposta soltanto su
richiesta del pubblico
ministero o d'ufficio, con ordinanza
inserita nel processo
verbale.».
«Art. 380-bis
(Procedimento per la
decisione in
camera di consiglio
sull'inammissibilita' o sulla manifesta
fondatezza o infondatezza del
ricorso). - Nei casi previsti
dall'articolo 375, primo comma,
numeri 1) e 5), su proposta
del relatore della
sezione indicata nell'articolo
376,
primo comma, il presidente fissa
con decreto l'adunanza
della Corte indicando se e' stata
ravvisata un'ipotesi di
inammissibilita', di manifesta infondatezza
o di manifesta
fondatezza del ricorso.
Almeno venti giorni prima
della data stabilita
per
l'adunanza, il decreto e'
notificato agli avvocati
delle
parti, i quali hanno facolta' di
presentare memorie non
oltre cinque giorni prima.
Se ritiene che non
ricorrano le ipotesi
previste
dall'articolo 375, primo comma,
numeri 1) e 5), la Corte in
camera di consiglio rimette la causa
alla pubblica udienza
della sezione semplice.».
«Art. 380-bis.1
(Procedimento per la
decisione in
camera di consiglio dinanzi alla
sezione semplice). - Della
fissazione del ricorso in camera di
consiglio dinanzi alla
sezione semplice ai sensi dell'articolo
375, secondo comma,
e' data comunicazione
agli avvocati delle
parti e al
pubblico ministero
almeno quaranta giorni
prima. Il
pubblico ministero puo' depositare
in cancelleria le sue
conclusioni scritte
non oltre venti
giorni prima
dell'adunanza in camera di
consiglio. Le parti
possono
depositare le loro memorie non oltre
dieci giorni prima
dell'adunanza in
camera di consiglio.
In camera di
consiglio la Corte giudica senza
l'intervento del pubblico
ministero e delle parti.».
«Art. 380-ter (Procedimento
per la
decisione sulle
istanze di regolamento di
giurisdizione e di competenza). -
Nei casi previsti dall'articolo
375, primo comma,
numero
4), il presidente richiede al pubblico
ministero le sue
conclusioni scritte.
Le conclusioni e il decreto del
presidente che fissa
l'adunanza sono notificati, almeno
venti giorni prima, agli
avvocati delle parti, che
hanno facolta' di
presentare
memorie non
oltre cinque giorni prima
della medesima
adunanza.
In camera
di consiglio la
Corte giudica senza
l'intervento del pubblico ministero e
delle parti.».
«Art. 395
(Casi di revocazione).
- Le sentenze
pronunciate in grado d'appello o in
unico grado possono
essere impugnate per revocazione:
1. se sono l'effetto del dolo
di una delle parti in
danno dell'altra;
2. se si e' giudicato in base
a prove riconosciute
o comunque dichiarate false dopo la
sentenza oppure che la
parte soccombente ignorava
essere state riconosciute
o
dichiarate tali prima della sentenza;
3. se dopo la sentenza sono stati
trovati uno o
piu' documenti decisivi che
la parte non
aveva potuto
produrre in giudizio per causa di
forza maggiore o per
fatto dell'avversario;
4. se la sentenza e' l'effetto
di un errore
di
fatto risultante dagli atti o
documenti della causa. Vi e'
questo errore
quando la decisione
e' fondata sulla
supposizione di
un fatto la
cui verita' e'
incontrastabilmente esclusa,
oppure quando e'
supposta
l'inesistenza di un fatto la cui
verita' e' positivamente
stabilita, e tanto nell'uno quanto
nell'altro caso se il
fatto non costitui' un
punto controverso sul
quale la
sentenza ebbe a pronunciare;
5. se la sentenza e'
contraria ad altra precedente
avente fra le parti autorita' di cosa
giudicata, purche'
non abbia pronunciato sulla relativa
eccezione;
6. se la sentenza e' effetto del dolo del giudice,
accertato con sentenza passata in
giudicato.».
«Art. 409 (Controversie
individuali di lavoro). - Si
osservano le
disposizioni del presente
capo nelle
controversie relative a:
1) rapporti di lavoro
subordinato privato, anche se
non inerenti all'esercizio di una
impresa;
2) rapporti di mezzadria, di
colonia parziaria, di
compartecipazione agraria,
di affitto a
coltivatore
diretto, nonche' rapporti
derivanti da altri
contratti
agrari, salva la competenza
delle sezioni specializzate
agrarie;
3) rapporti
di agenzia, di
rappresentanza
commerciale ed altri rapporti
di collaborazione che si
concretino in una
prestazione di opera
continuativa e
coordinata, prevalentemente personale,
anche se non a
carattere subordinato.
La collaborazione si
intende
coordinata quando,
nel rispetto delle
modalita' di
coordinamento stabilite di comune
accordo dalle parti, il
collaboratore organizza
autonomamente l'attivita'
lavorativa;
4) rapporti
di lavoro dei
dipendenti di enti
pubblici che
svolgono esclusivamente o
prevalentemente
attivita' economica;
5) rapporti
di lavoro dei
dipendenti di enti
pubblici ed altri rapporti di
lavoro pubblico, sempreche'
non siano devoluti dalla legge ad
altro giudice.».
«Art. 410 (Tentativo di
conciliazione). - Chi intende
proporre in giudizio
una domanda relativa
ai rapporti
previsti dall'articolo 409 puo'
promuovere, anche tramite
l'associazione sindacale alla quale
aderisce o conferisce
mandato, un previo tentativo di
conciliazione presso la
commissione di conciliazione
individuata secondo i criteri
di cui all'articolo 413.
La comunicazione della
richiesta di espletamento del
tentativo di conciliazione interrompe
la prescrizione e
sospende, per la durata del tentativo di
conciliazione e
per i venti giorni successivi
alla sua conclusione,
il
decorso di ogni termine di decadenza.
Le commissioni di conciliazione
sono istituite presso
la Direzione provinciale del
lavoro. La commissione
e'
composta dal direttore
dell'ufficio stesso o
da un suo
delegato o da un magistrato collocato
a riposo, in qualita'
di presidente, da quattro rappresentanti effettivi
e da
quattro supplenti
dei datori di
lavoro e da
quattro
rappresentanti effettivi
e da quattro
supplenti dei
lavoratori, designati
dalle rispettive organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello
territoriale.
Le commissioni, quando se ne
ravvisi la necessita',
affidano il
tentativo di conciliazione a
proprie
sottocommissioni, presiedute dal
direttore della Direzione
provinciale del
lavoro o da
un suo delegato,
che
rispecchino la composizione prevista
dal terzo comma.
In
ogni caso per la validita' della
riunione e' necessaria la
presenza del Presidente e di almeno un rappresentante dei
datori di lavoro e almeno un
rappresentante dei lavoratori.
La richiesta
del tentativo di
conciliazione,
sottoscritta dall'istante, e'
consegnata o spedita mediante
raccomandata con
avviso di ricevimento.
Copia della
richiesta del
tentativo di conciliazione
deve essere
consegnata o spedita
con raccomandata con
ricevuta di
ritorno a cura della stessa parte
istante alla controparte.
La richiesta deve precisare:
1) nome, cognome e residenza
dell'istante e del
convenuto; se l'istante o il convenuto
sono una persona
giuridica, un'associazione non
riconosciuta o un comitato,
l'istanza deve indicare la
denominazione o la ditta nonche'
la sede;
2) il luogo dove e' sorto il
rapporto ovvero dove
si trova l'azienda o sua dipendenza
alla quale e' addetto
il lavoratore o presso la quale egli
prestava la sua opera
al momento della fine del rapporto;
3) il luogo dove devono essere
fatte alla parte
istante le comunicazioni inerenti
alla procedura;
4) l'esposizione dei fatti e
delle ragioni posti a
fondamento della pretesa.
Se la controparte intende
accettare la procedura di
conciliazione, deposita
presso la commissione di
conciliazione, entro venti giorni
dal ricevimento della
copia della richiesta, una memoria
contenente le difese e
le eccezioni in fatto e in
diritto, nonche' le
eventuali
domande in via
riconvenzionale. Ove cio'
non avvenga,
ciascuna delle
parti e' libera
di adire l'autorita'
giudiziaria. Entro i dieci giorni
successivi al deposito,
la commissione fissa la
comparizione delle parti
per il
tentativo di conciliazione, che deve
essere tenuto entro i
successivi trenta
giorni. Dinanzi alla
commissione il
lavoratore puo' farsi assistere anche
da un'organizzazione
cui aderisce o conferisce mandato.
La conciliazione
della lite da
parte di chi
rappresenta la pubblica
amministrazione, anche in
sede
giudiziale ai sensi dell'articolo
420, commi primo, secondo
e terzo, non puo' dar luogo a
responsabilita', salvi i casi
di dolo e colpa grave.».
«Art. 411 (Processo verbale di
conciliazione). - Se
la
conciliazione esperita ai
sensi dell'articolo 410
riesce, anche limitatamente ad una
parte della domanda,
viene redatto separato processo
verbale sottoscritto dalle
parti e dai componenti della
commissione di conciliazione.
Il giudice, su istanza della parte
interessata, lo dichiara
esecutivo con decreto.
Se non si
raggiunge l'accordo tra
le parti, la
commissione di conciliazione
deve formulare una
proposta
per
la bonaria definizione
della controversia. Se la
proposta non e' accettata, i termini
di essa sono riassunti
nel verbale con
indicazione delle valutazioni
espresse
dalle parti. Delle
risultanze della proposta
formulata
dalla
commissione e non
accettata senza adeguata
motivazione il giudice tiene conto in
sede di giudizio.
Ove il tentativo di
conciliazione sia stato richiesto
dalle parti, al ricorso depositato
ai sensi
dell'articolo
415
devono essere allegati
i verbali e
le memorie
concernenti il tentativo di
conciliazione non riuscito. Se
il
tentativo di conciliazione
si e' svolto
in sede
sindacale, ad esso non si applicano
le disposizioni di cui
all'articolo 410.
Il processo verbale
di avvenuta
conciliazione e' depositato presso la
Direzione provinciale
del lavoro a cura di una delle parti
o per il
tramite di
un'associazione sindacale. Il
direttore, o un suo delegato,
accertatane l'autenticita',
provvede a depositarlo
nella
cancelleria del tribunale nella cui
circoscrizione e' stato
redatto. Il giudice, su istanza della
parte interessata,
accertata la
regolarita' formale del
verbale di
conciliazione, lo dichiara esecutivo
con decreto.».
«Art. 412-ter (Altre modalita'
di conciliazione e
arbitrato previste dalla
contrattazione collettiva). - La
conciliazione e
l'arbitrato, nelle materie
di cui
all'articolo 409, possono essere
svolti altresi' presso le
sedi e con le modalita' previste
dai contratti collettivi
sottoscritti dalle
associazioni sindacali maggiormente
rappresentative.».
«Art. 414 (Forma della domanda).
- La domanda
si
propone con ricorso, il quale deve
contenere:
1. l'indicazione del giudice;
2. il nome, il cognome,
nonche' la residenza o il
domicilio eletto dal ricorrente nel comune
in cui ha sede
il giudice adito, il nome, il cognome
e la residenza o il
domicilio o la
dimora del convenuto;
se ricorrente o
convenuto e' una persona
giuridica, un'associazione non
riconosciuta o un comitato, il ricorso
deve indicare la
denominazione o ditta nonche' la sede
del ricorrente o del
convenuto;
3. la determinazione
dell'oggetto della domanda;
4. l'esposizione dei fatti
e degli elementi
di
diritto sui quali si fonda
la domanda con
le relative
conclusioni;
5. l'indicazione specifica
dei mezzi di prova
di
cui il ricorrente intende avvalersi
e in
particolare dei
documenti che si offrono in
comunicazione.».
«Art. 434 (Deposito del
ricorso in appello).
- Il
ricorso deve
contenere le
indicazioni prescritte
dall'articolo 414.
L'appello deve essere
motivato. La
motivazione dell'appello
deve contenere, a
pena di
inammissibilita':
1) l'indicazione delle parti
del provvedimento che
si
intende appellare e
delle modifiche che
vengono
richieste alla ricostruzione del
fatto compiuta dal giudice
di primo grado;
2) l'indicazione delle
circostanze da cui deriva la
violazione della legge e della loro
rilevanza ai fini della
decisione impugnata.
Il ricorso deve essere
depositato nella cancelleria
della
corte di appello
entro trenta giorni
dalla
notificazione della sentenza, oppure
entro quaranta giorni
nel caso in cui la notificazione
abbia dovuto effettuarsi
all'estero.».
«Art. 481 (Cessazione
dell'efficacia del precetto). -
Il precetto diventa inefficace, se
nel termine di novanta
giorni dalla
sua notificazione non
e' iniziata
l'esecuzione.
Se contro il precetto e'
proposta opposizione, il
termine rimane sospeso e
riprende a decorrere
a norma
dell'articolo 627.».
«Art. 490 (Pubblicita'
degli avvisi). -
Quando la
legge dispone che di un atto
esecutivo sia data
pubblica
notizia, un avviso contenente
tutti i
dati, che possono
interessare il pubblico, deve essere
inserito sul portale
del
Ministero della giustizia
in un'area pubblica
denominata "portale delle
vendite pubbliche".
In caso di espropriazione di
beni mobili registrati,
per un valore superiore a 25.000
euro, e di beni immobili,
lo stesso avviso, unitamente a
copia dell'ordinanza del
giudice e
della relazione di
stima redatta ai
sensi
dell'articolo 173-bis delle
disposizioni di attuazione del
presente codice, e' altresi'
inserito in appositi
siti
internet almeno quarantacinque giorni
prima del termine per
la presentazione delle offerte o della
data dell'incanto.
Anche su istanza
del creditore procedente
o dei
creditori intervenuti muniti di
titolo esecutivo il giudice
puo' disporre inoltre che
l'avviso sia inserito
almeno
quarantacinque giorni
prima del termine
per la
presentazione delle offerte una o
piu' volte sui quotidiani
di informazione locali aventi
maggiore diffusione nella
zona interessata o, quando opportuno,
sui quotidiani di
informazione nazionali o che sia divulgato
con le forme
della pubblicita'
commerciale. Sono equiparati
ai
quotidiani, i
giornali di informazione locale,
multisettimanali o settimanali editi
da soggetti iscritti
al Registro operatori della
comunicazione (ROC) e
aventi
caratteristiche editoriali analoghe a
quelle dei quotidiani
che
garantiscono la maggior
diffusione nella zona
interessata. Nell'avviso
e' omessa l'indicazione del
debitore.».
«Art. 492-bis (Ricerca con
modalita' telematiche dei
beni
da pignorare). - Su istanza
del creditore, il
presidente del tribunale del luogo in
cui il debitore ha la
residenza, il domicilio, la dimora o
la sede, verificato il
diritto della parte
istante a procedere
ad esecuzione
forzata, autorizza la ricerca con modalita'
telematiche dei
beni da pignorare. L'istanza
deve contenere l'indicazione
dell'indirizzo di posta elettronica
ordinaria ed il numero
di fax del difensore nonche', ai fini
dell'articolo 547,
dell'indirizzo di posta elettronica
certificata. L'istanza
non puo' essere proposta prima che
sia decorso il termine
di cui all'articolo 482. Se vi e'
pericolo nel ritardo, il
presidente del tribunale
autorizza la ricerca
telematica
dei
beni da pignorare
prima della notificazione del
precetto (3).
Fermo quanto previsto dalle
disposizioni in materia
di accesso ai
dati e alle
informazioni degli archivi
automatizzati del Centro elaborazione
dati istituito presso
il Ministero dell'interno ai
sensi dell'articolo 8
della
legge 1° aprile 1981, n. 121, con
l'autorizzazione di cui
al primo comma il presidente del
tribunale o un giudice da
lui delegato dispone che
l'ufficiale giudiziario acceda
mediante collegamento telematico
diretto ai dati contenuti
nelle banche dati delle pubbliche
amministrazioni e, in
particolare, nell'anagrafe
tributaria, compreso l'archivio
dei
rapporti finanziari, e in quelle
degli enti
previdenziali, per l'acquisizione di
tutte le informazioni
rilevanti per
l'individuazione di cose
e crediti da
sottoporre ad
esecuzione, comprese quelle
relative ai
rapporti intrattenuti dal debitore
con istituti di credito
e datori di lavoro o committenti.
Terminate le operazioni
l'ufficiale giudiziario redige
un unico
processo verbale
nel quale indica tutte le banche
dati interrogate e le
relative risultanze.
L'ufficiale giudiziario procede
a
pignoramento munito del titolo
esecutivo e del
precetto,
anche acquisendone copia dal
fascicolo informatico. Nel
caso di cui al primo comma, quarto
periodo, il precetto e'
consegnato o trasmesso all'ufficiale
giudiziario prima che
si proceda al pignoramento.
Se l'accesso ha consentito di
individuare cose che si
trovano in luoghi appartenenti al
debitore compresi nel
territorio di
competenza dell'ufficiale giudiziario,
quest'ultimo accede agli stessi per
provvedere d'ufficio
agli adempimenti di cui agli articoli
517, 518 e 520. Se i
luoghi non sono compresi nel
territorio di competenza
di
cui al periodo precedente, copia
autentica del verbale e'
rilasciata al creditore che,
entro quindici giorni
dal
rilascio a pena d'inefficacia della
richiesta, la presenta,
unitamente all'istanza per gli
adempimenti di cui
agli
articoli 517,
518 e 520,
all'ufficiale giudiziario
territorialmente
competente.
L'ufficiale giudiziario, quando
non rinviene una cosa
individuata mediante l'accesso nelle
banche dati di cui al
secondo comma,
intima al debitore
di indicare entro
quindici giorni il luogo in cui si
trova, avvertendolo che
l'omessa o
la falsa comunicazione
e' punita a
norma
dell'articolo 388, sesto comma, del
codice penale.
Se l'accesso ha consentito di
individuare crediti del
debitore o
cose di quest'ultimo che
sono nella
disponibilita' di terzi,
l'ufficiale giudiziario notifica
d'ufficio, ove possibile a norma
dell'articolo 149-bis o a
mezzo telefax, al debitore e
al terzo il
verbale, che
dovra' anche contenere l'indicazione
del credito per cui si
procede, del
titolo esecutivo e
del precetto,
dell'indirizzo di posta elettronica
certificata di cui al
primo comma, del luogo
in cui il
creditore ha eletto
domicilio o
ha dichiarato di
essere residente,
dell'ingiunzione, dell'invito
e dell'avvertimento al
debitore di cui all'articolo 492,
primo, secondo e
terzo
comma, nonche' l'intimazione al terzo
di non disporre delle
cose o delle somme dovute, nei limiti
di cui
all'articolo
546. Il verbale di cui al presente
comma e' notificato al
terzo per estratto, contenente
esclusivamente i dati a
quest'ultimo riferibili.
Quando l'accesso ha
consentito di individuare
piu'
crediti del debitore o piu' cose di
quest'ultimo che sono
nella
disponibilita' di terzi
l'ufficiale giudiziario
sottopone ad esecuzione i beni scelti
dal creditore.
Quando l'accesso ha consentito
di individuare sia
cose di cui al terzo comma che
crediti o cose di
cui al
quinto comma,
l'ufficiale giudiziario sottopone
ad
esecuzione i beni scelti dal
creditore.».
«Art. 497
(Cessazione dell'efficacia del
pignoramento). - Il pignoramento
perde efficacia quando dal
suo compimento sono trascorsi
quarantacinque giorni senza
che sia stata chiesta l'assegnazione
o la vendita.».
«Art. 501 (Termine dilatorio
dal pignoramento). -
L'istanza di assegnazione o di vendita
dei beni
pignorati
non puo' essere proposta se non
decorsi dieci giorni
dal
pignoramento, tranne che per le
cose deteriorabili, delle
quali puo' essere disposta
l'assegnazione o la
vendita
immediata.».
- Il Capo VI del Titolo II del
libro IV del codice di
procedura civile reca: «Disposizioni
comuni ai procedimenti
in camera di consiglio».
- Si riporta il testo
dell'articolo 543 del codice di
procedura civile, cosi'
come modificato dalla
presente
legge:
«Art. 543 (Forma del
pignoramento). - Il pignoramento
di crediti del debitore verso terzi o
di cose del debitore
che sono in possesso di terzi,
si esegue mediante
atto
notificato al terzo e al debitore
a norma
degli articoli
137 e seguenti.
L'atto deve
contenere, oltre all'ingiunzione al
debitore di cui all'articolo 492:
1.
l'indicazione del credito
per il quale
si
procede, del titolo esecutivo e del
precetto;
2. l'indicazione, almeno generica,
delle cose o
delle somme dovute e l'intimazione al
terzo di non disporne
senza ordine di giudice;
3. la dichiarazione di
residenza o l'elezione
di
domicilio nel comune in cui ha sede
il tribunale competente
nonche' l'indicazione dell'indirizzo
di posta
elettronica
certificata del creditore procedente;
4. la citazione del debitore
a comparire davanti al
giudice competente, con l'invito al
terzo a comunicare la
dichiarazione di
cui all'articolo 547
al creditore
procedente entro dieci giorni a mezzo
raccomandata ovvero a
mezzo di posta elettronica
certificata; con l'avvertimento
al
terzo che in
caso di mancata
comunicazione della
dichiarazione, la stessa
dovra' essere resa
dal terzo
comparendo in un'apposita udienza e
che quando il terzo non
compare o, sebbene comparso, non
rende la dichiarazione, il
credito pignorato o il possesso di
cose di appartenenza del
debitore, nell'ammontare o
nei termini indicati
dal
creditore, si considereranno non contestati
ai fini del
procedimento in
corso e dell'esecuzione fondata
sul
provvedimento di assegnazione.
Nell'indicare l'udienza
di comparizione si
deve
rispettare il termine previsto
nell'articolo 501.
Eseguita l'ultima
notificazione, l'ufficiale
giudiziario consegna senza ritardo al
creditore l'originale
dell'atto di citazione. Il creditore deve
depositare nella
cancelleria del tribunale
competente per l'esecuzione
la
nota di iscrizione a ruolo, con copie
conformi dell'atto di
citazione, del titolo
esecutivo e del precetto, entro
trenta giorni dalla consegna. La
conformita' di tali copie
e' attestata dall'avvocato del
creditore ai soli fini del
presente articolo. Il cancelliere al
momento del deposito
forma il fascicolo dell'esecuzione.
Il pignoramento perde
efficacia quando la nota di
iscrizione a ruolo e le copie
degli atti di cui al secondo periodo
sono depositate oltre
il termine di trenta giorni dalla consegna
al creditore.
Il creditore,
entro la data
dell'udienza di
comparizione indicata nell'atto
di pignoramento, notifica
al debitore e al terzo l'avviso
di avvenuta iscrizione
a
ruolo con indicazione del numero di
ruolo della procedura e
deposita l'avviso notificato nel
fascicolo dell'esecuzione.
La mancata notifica dell'avviso o il
suo mancato deposito
nel fascicolo dell'esecuzione
determina l'inefficacia del
pignoramento.
Qualora il pignoramento sia
eseguito nei confronti di
piu' terzi, l'inefficacia si produce
solo nei confronti dei
terzi rispetto ai quali non
e' notificato o
depositato
l'avviso. In ogni caso, ove la
notifica dell'avviso di cui
al presente comma non sia
effettuata, gli obblighi
del
debitore e
del terzo cessano
alla data dell'udienza
indicata nell'atto di pignoramento.
Quando procede
a norma dell'articolo 492-bis,
l'ufficiale giudiziario consegna
senza ritardo al creditore
il verbale, il titolo
esecutivo ed il
precetto, e si
applicano le disposizioni di cui al
quarto comma. Decorso
il termine di cui all'articolo 501,
il creditore pignorante
e
ognuno dei creditori
intervenuti muniti di
titolo
esecutivo possono chiedere
l'assegnazione o la
vendita
delle cose
mobili o l'assegnazione dei
crediti.
Sull'istanza di cui al periodo
precedente il giudice fissa
l'udienza per l'audizione del
creditore e del debitore
e
provvede a norma degli articoli 552 o
553. Il decreto con
cui viene fissata l'udienza di cui al
periodo precedente e'
notificato a cura del creditore
procedente e deve contenere
l'invito e l'avvertimento al terzo di
cui al numero 4) del
secondo comma.».
- Si riporta il testo degli articoli
559, 567, 569,
586, 587, 591-ter, 596
e 597 del
codice di procedura
civile:
«Art. 559
(Custodia dei beni
pignorati). - Col
pignoramento il debitore e' costituito
custode dei beni
pignorati e di tutti gli accessori,
comprese le pertinenze
e i frutti, senza diritto a compenso.
Su istanza del creditore
pignorante o di un creditore
intervenuto, il
giudice dell'esecuzione, sentito
il
debitore, puo' nominare custode una
persona diversa dallo
stesso debitore. Il giudice provvede
a nominare una persona
diversa quando l'immobile non sia
occupato dal debitore.
Il giudice provvede alla
sostituzione del custode in
caso di inosservanza degli obblighi
su di lui incombenti.
Il giudice, se custode
dei beni pignorati
e' il
debitore e salvo che per la
particolare natura degli stessi
ritenga che la sostituzione non abbia
utilita', dispone, al
momento in cui pronuncia l'ordinanza
con cui e' autorizzata
la vendita o disposta la delega delle
relative operazioni,
che custode dei beni medesimi sia
la persona incaricata
delle dette operazioni o l'istituto
di cui al primo comma
dell'articolo 534.
Qualora tale istituto non sia
disponibile o debba
essere sostituito, e' nominato
custode altro soggetto.
I provvedimenti di cui ai
commi che precedono
sono
pronunciati con ordinanza non
impugnabile.».
«Art. 567 (Istanza di vendita).
- Decorso il termine
di cui all'articolo 501, il creditore
pignorante e ognuno
dei
creditori intervenuti muniti
di titolo esecutivo
possono chiedere la vendita
dell'immobile pignorato.
Il creditore che richiede la vendita
deve provvedere,
entro sessanta giorni dal deposito
del ricorso, ad allegare
allo stesso l'estratto del catasto,
nonche' i certificati
delle
iscrizioni e trascrizioni
relative all'immobile
pignorato effettuate
nei venti anni
anteriori alla
trascrizione del pignoramento;
tale documentazione puo'
essere sostituita da un certificato
notarile attestante le
risultanze delle
visure catastali e
dei registri
immobiliari.
Il termine di
cui al secondo
comma puo' essere
prorogato una
sola volta su
istanza dei creditori
o
dell'esecutato, per giusti
motivi e
per una durata
non
superiore ad ulteriori
sessanta giorni. Un
termine di
sessanta giorni e'
inoltre assegnato al
creditore dal
giudice, quando lo stesso ritiene che
la documentazione da
questi depositata debba essere
completata. Se la
proroga
non
e' richiesta o non e'
concessa, oppure se
la
documentazione non e' integrata
nel termine assegnato
ai
sensi di quanto previsto nel periodo
precedente, il giudice
dell'esecuzione, anche d'ufficio,
dichiara l'inefficacia
del pignoramento relativamente
all'immobile per il
quale
non
e' stata depositata
la prescritta documentazione.
L'inefficacia e'
dichiarata con ordinanza,
sentite le
parti. Il
giudice, con l'ordinanza, dispone
la
cancellazione della
trascrizione del pignoramento. Si
applica l'articolo 562, secondo
comma. Il giudice dichiara
altresi' l'estinzione del processo esecutivo
se non vi sono
altri beni pignorati.».
«Art. 569 (Provvedimento
per l'autorizzazione della
vendita). - A seguito dell'istanza di
cui all'articolo 567
il
giudice dell'esecuzione, entro
quindici giorni dal
deposito della documentazione di
cui al secondo
comma
dell'articolo 567, nomina l'esperto
che presta giuramento
in
cancelleria mediante sottoscrizione del
verbale di
accettazione e fissa l'udienza
per la
comparizione delle
parti e dei creditori di cui
all'articolo 498 che non siano
intervenuti. Tra la
data del provvedimento
e la data
fissata per l'udienza non possono
decorrere piu' di novanta
giorni. Salvo quanto disposto dagli articoli
565 e 566, non
oltre
trenta giorni prima
dell'udienza, il creditore
pignorante e
i creditori gia'
intervenuti ai sensi
dell'articolo 499
depositano un atto, sottoscritto
personalmente dal creditore e
previamente notificato al
debitore esecutato, nel quale e'
indicato l'ammontare del
residuo credito per
cui si procede,
comprensivo degli
interessi maturati, del criterio di
calcolo di quelli
in
corso
di maturazione e
delle spese sostenute
fino
all'udienza. In difetto, agli effetti
della liquidazione
della somma di cui al primo comma
dell'articolo 495, il
credito resta definitivamente fissato
nell'importo indicato
nell'atto di precetto o di
intervento, maggiorato dei soli
interessi al tasso legale e delle
spese successive.
All'udienza le parti possono
fare osservazioni circa
il tempo e le modalita' della
vendita, e debbono proporre,
a pena di decadenza, le opposizioni
agli atti esecutivi, se
non sono gia' decadute dal diritto di
proporle.
Nel caso in cui il giudice
disponga con ordinanza la
vendita forzata, fissa un termine non
inferiore a novanta
giorni, e non
superiore a centoventi,
entro il quale
possono essere
proposte offerte d'acquisto
ai sensi
dell'articolo 571. Il giudice con
la medesima ordinanza
stabilisce le modalita' con cui deve
essere prestata la
cauzione, se la vendita e' fatta in
uno o piu' lotti,
il
prezzo
base determinato a
norma dell'articolo 568,
l'offerta minima, il termine,
non superiore a
centoventi
giorni dall'aggiudicazione, entro
il quale il
prezzo
dev'essere depositato, con le
modalita' del deposito
e
fissa, al giorno successivo
alla scadenza del
termine,
l'udienza per la deliberazione
sull'offerta e per la gara
tra gli offerenti di cui all'articolo
573. Quando ricorrono
giustificati motivi,
il giudice dell'esecuzione puo'
disporre che
il versamento del
prezzo abbia luogo
ratealmente ed entro un termine
non superiore a
dodici
mesi. Il giudice provvede ai sensi
dell'articolo 576 solo
quando ritiene probabile che la vendita con
tale modalita'
possa
aver luogo ad un prezzo
superiore della meta'
rispetto al
valore del bene,
determinato a norma
dell'articolo 568.
Con la stessa ordinanza, il
giudice stabilisce, salvo
che sia pregiudizievole per gli
interessi dei creditori o
per
il sollecito svolgimento
della procedura, che il
versamento della cauzione, la
presentazione delle offerte,
lo svolgimento della gara tra
gli offerenti e,
nei casi
previsti, l'incanto, nonche' il
pagamento del prezzo, siano
effettuati con modalita' telematiche, nel
rispetto della
normativa regolamentare di cui
all'articolo 161-ter delle
disposizioni per l'attuazione del
presente codice.
Se vi sono opposizioni il tribunale
le decide con
sentenza e quindi il giudice
dell'esecuzione dispone la
vendita con ordinanza.
Con la medesima ordinanza il
giudice fissa il termine
entro il quale essa deve essere
notificata, a cura
del
creditore che
ha chiesto la vendita
o di un
altro
autorizzato, ai creditori di cui
all'articolo 498 che non
sono comparsi.».
«Art. 586 (Trasferimento del
bene espropriato). -
Avvenuto il
versamento del prezzo,
il giudice
dell'esecuzione puo' sospendere la
vendita quando ritiene
che il prezzo offerto sia
notevolmente inferiore a quello
giusto, ovvero pronunciare
decreto col quale
trasferisce
all'aggiudicatario il bene espropriato,
ripetendo la
descrizione contenuta nell'ordinanza
che dispone la vendita
e
ordinando che si
cancellino le trascrizioni dei
pignoramenti e le iscrizioni
ipotecarie, se queste ultime
non
si riferiscono ad
obbligazioni assuntesi
dall'aggiudicatario a norma
dell'articolo 508. Il giudice
con
il decreto ordina
anche la cancellazione delle
trascrizioni dei pignoramenti e delle
iscrizioni ipotecarie
successive alla trascrizione del
pignoramento.
Il decreto
contiene altresi' l'ingiunzione al
debitore o al custode di rilasciare
l'immobile venduto.
Esso costituisce titolo per
la trascrizione della
vendita sui libri
fondiari e titolo
esecutivo per il
rilascio.».
«Art. 587 (Inadempienza
dell'aggiudicatario). - Se il
prezzo non e' depositato nel termine
stabilito, il giudice
dell'esecuzione con
decreto dichiara la
decadenza
dell'aggiudicatario, pronuncia la
perdita della cauzione a
titolo di multa e quindi
dispone un nuovo
incanto. La
disposizione di
cui al periodo
precedente si applica
altresi' nei
confronti
dell'aggiudicatario che non ha
versato anche una
sola rata entro
dieci giorni dalla
scadenza del termine; il giudice dell'esecuzione
dispone la
perdita a titolo di multa anche
delle rate gia'
versate.
Con il decreto adottato a norma del
periodo precedente, il
giudice ordina altresi'
all'aggiudicatario che sia
stato
immesso nel possesso di rilasciare
l'immobile al custode;
il decreto e' attuato dal custode
a norma dell'articolo
560, quarto comma.
Per il
nuovo incanto si
procede a norma
degli
articoli 576 e seguenti. Se il
prezzo che se
ne ricava,
unito alla cauzione confiscata,
risulta inferiore a quello
dell'incanto precedente,
l'aggiudicatario inadempiente e'
tenuto al pagamento della
differenza.».
«Art. 591-ter (Ricorso al
giudice dell'esecuzione). -
Quando, nel corso delle
operazioni di vendita,
insorgono
difficolta', il professionista
delegato puo' rivolgersi al
giudice dell'esecuzione, il quale
provvede con decreto. Le
parti e gli interessati possono
proporre reclamo avverso il
predetto decreto
nonche' avverso gli
atti del
professionista delegato con ricorso
allo stesso giudice, il
quale provvede con ordinanza; il ricorso non
sospende le
operazioni di vendita salvo che
il giudice, concorrendo
gravi
motivi, disponga la
sospensione. Contro il
provvedimento del giudice e' ammesso
il reclamo ai
sensi
dell'articolo 669-terdecies.».
«Art. 596 (Formazione del
progetto di distribuzione).
- Se non si puo' provvedere a norma
dell'articolo 510 primo
comma, il
giudice dell'esecuzione o
il professionista
delegato a norma dell'articolo
591-bis, non piu' tardi di
trenta giorni dal versamento del
prezzo, provvede a formare
un progetto di distribuzione, anche
parziale, contenente la
graduazione dei creditori che vi
partecipano, e lo deposita
in cancelleria
affinche' possa essere
consultato dai
creditori e dal debitore, fissando
l'udienza per la
loro
audizione. Il progetto di
distribuzione parziale non puo'
superare il novanta per cento delle
somme da ripartire.
Tra la comunicazione
dell'invito e l'udienza debbono
intercorrere almeno dieci giorni.
Il giudice
dell'esecuzione puo' disporre
la
distribuzione, anche parziale, delle
somme ricavate, in
favore di creditori aventi
diritto all'accantonamento a
norma dell'articolo 510, terzo comma,
ovvero di creditori i
cui crediti costituiscano oggetto di
controversia a norma
dell'articolo 512, qualora sia
presentata una fideiussione
autonoma, irrevocabile e a prima
richiesta, rilasciata da
uno dei soggetti di cui
all'articolo 574, primo
comma,
secondo periodo, idonea a
garantire la restituzione
alla
procedura delle somme che risultino
ripartite in eccesso,
anche in forza di provvedimenti
provvisoriamente esecutivi
sopravvenuti, oltre agli
interessi, al tasso
applicato
dalla
Banca centrale europea
alle sue piu'
recenti
operazioni di rifinanziamento
principali, a decorrere dal
pagamento e
sino all'effettiva restituzione. La
fideiussione e' escussa dal
custode o dal
professionista
delegato su autorizzazione del
giudice. Le disposizioni del
presente comma
si applicano anche
ai creditori che
avrebbero diritto alla distribuzione
delle somme ricavate
nel caso in cui risulti
insussistente, in tutto o in parte,
il credito del soggetto avente diritto
all'accantonamento
ovvero oggetto di controversia a
norma del primo
periodo
del presente comma. ».
«Art. 597
(Mancata comparizione). -
La mancata
comparizione alla prima udienza e in
quella fissata a norma
dell'articolo 485 ultimo comma, importa
approvazione del
progetto per gli effetti di cui
all'articolo seguente.».
- Si riporta il testo degli articoli
605, 606, 607,
608, 608-bis, 614-bis, 615,
616, 617, 642,
669-novies,
669-terdecies, 702-bis, 702-ter,
702-quater del codice di
procedura civile:
«Art. 605 (Precetto per
consegna o rilascio). - Il
precetto per consegna di beni mobili o
rilascio di beni
immobili deve
contenere, oltre le
indicazioni di cui
all'articolo 480, anche la
descrizione sommaria dei
beni
stessi.
Se il titolo esecutivo dispone
circa il termine della
consegna o
del rilascio, l'intimazione
va fatta con
riferimento a tale termine.».
«Art. 606 (Modo della
consegna). - Decorso il termine
indicato nel precetto, l'ufficiale
giudiziario, munito del
titolo esecutivo e del precetto, si
reca sul luogo in cui
le cose si trovano e le ricerca a
norma dell'articolo 513;
quindi ne fa consegna alla parte istante
o a persona da lei
designata.».
«Art. 607
(Cose pignorate). -
Se le cose
da
consegnare sono pignorate,
la consegna non
puo' avere
luogo, e la parte istante deve fare
valere le sue ragioni
mediante opposizione
a norma degli
articoli 619 e
seguenti.».
«Art. 608 (Modo del rilascio).
- L'esecuzione inizia
con
la notifica dell'avviso
con il quale
l'ufficiale
giudiziario comunica almeno dieci
giorni prima alla parte,
che e' tenuta a rilasciare
l'immobile, il giorno e l'ora in
cui procedera'.
Nel giorno
e nell'ora stabiliti,
l'ufficiale
giudiziario, munito del titolo
esecutivo e del precetto, si
reca sul luogo
dell'esecuzione e, facendo
uso, quando
occorre, dei poteri a lui
consentiti dall'articolo 513,
immette la parte istante o una
persona da lei designata nel
possesso dell'immobile, del quale
le consegna le
chiavi,
ingiungendo agli eventuali
detentori di riconoscere
il
nuovo possessore.».
«Art. 608-bis
(Estinzione dell'esecuzione per
rinuncia della
parte istante). -
L'esecuzione di cui
all'articolo 605 si estingue se la
parte istante, prima
della
consegna o del
rilascio, rinuncia con
atto da
notificarsi alla
parte esecutata e
da consegnarsi
all'ufficiale giudiziario
procedente.».
«Art. 614-bis (Misure di coercizione
indiretta). -
Con
il provvedimento di
condanna all'adempimento di
obblighi diversi dal
pagamento di somme
di denaro il
giudice, salvo che cio' sia
manifestamente iniquo, fissa,
su
richiesta di parte,
la somma di
denaro dovuta
dall'obbligato per
ogni violazione o
inosservanza
successiva ovvero per
ogni ritardo nell'esecuzione del
provvedimento. Il provvedimento
di condanna costituisce
titolo esecutivo per il pagamento
delle somme dovute
per
ogni violazione o inosservanza. Le
disposizioni di cui al
presente comma non si applicano alle
controversie di lavoro
subordinato pubblico
o privato e
ai rapporti di
collaborazione coordinata
e continuativa di
cui
all'articolo 409.
Il giudice determina
l'ammontare della somma di cui
al primo comma tenuto conto del
valore della controversia,
della natura della prestazione,
del danno quantificato
o
prevedibile e di ogni altra
circostanza utile.».
«Art. 615
(Forma dell'opposizione). -
Quando si
contesta il diritto della parte
istante a procedere
ad
esecuzione forzata e questa non e'
ancora iniziata, si puo'
proporre opposizione al precetto con
citazione davanti al
giudice competente per materia o
valore e per territorio a
norma
dell'articolo 27. Il
giudice, concorrendo gravi
motivi, sospende su istanza di parte
l'efficacia esecutiva
del titolo. Se il diritto della parte
istante e' contestato
solo parzialmente, il
giudice procede alla
sospensione
dell'efficacia esecutiva
del titolo esclusivamente in
relazione alla parte contestata.
Quando e' iniziata
l'esecuzione, l'opposizione di cui
al comma precedente e quella che
riguarda la pignorabilita'
dei
beni si propongono
con ricorso al
giudice
dell'esecuzione stessa. Questi fissa
con decreto l'udienza
di comparizione delle parti
davanti a se'
e il termine
perentorio per la notificazione del
ricorso e del decreto.
Nell'esecuzione per
espropriazione
l'opposizione e'
inammissibile se e' proposta dopo che
e' stata disposta la
vendita o l'assegnazione a norma
degli articoli 530, 552,
569, salvo che sia fondata su
fatti sopravvenuti ovvero
l'opponente dimostri
di non aver
potuto proporla
tempestivamente per causa a lui non
imputabile.».
«Art. 616 (Provvedimenti sul
giudizio di cognizione
introdotto dall'opposizione). - Se
competente per la causa
e' l'ufficio giudiziario al quale
appartiene il giudice
dell'esecuzione questi fissa
un termine perentorio
per
l'introduzione del giudizio di merito
secondo le modalita'
previste in ragione
della materia e
del rito, previa
iscrizione a ruolo, a
cura della parte
interessata,
osservati i
termini a comparire
di cui all'articolo
163-bis, o
altri se previsti,
ridotti della meta';
altrimenti rimette la causa dinanzi
all'ufficio giudiziario
competente
assegnando un termine
perentorio per la
riassunzione della causa».
«Art. 617 (Forma
dell'opposizione). - Le opposizioni
relative alla regolarita' formale
del titolo esecutivo
e
del
precetto si propongono,
prima che sia
iniziata
l'esecuzione, davanti al giudice
indicato nell'articolo 480
terzo comma, con atto
di citazione da
notificarsi nel
termine perentorio di venti giorni dalla
notificazione del
titolo esecutivo o del precetto.
Le opposizioni di cui al comma
precedente che sia
stato impossibile proporre prima
dell'inizio
dell'esecuzione e quelle
relative alla notificazione
del
titolo esecutivo e del
precetto e ai
singoli atti di
esecuzione si
propongono con ricorso
al giudice
dell'esecuzione nel termine
perentorio di venti giorni dal
primo atto di esecuzione, se
riguardano il titolo esecutivo
o il precetto, oppure dal giorno in
cui i singoli
atti
furono compiuti.».
«Art. 642 (Esecuzione
provvisoria). - Se il credito
e'
fondato su cambiale,
assegno bancario, assegno
circolare, certificato di
liquidazione di borsa, o su atto
ricevuto da
notaio o da
altro pubblico ufficiale
autorizzato, il
giudice, su istanza
del ricorrente,
ingiunge al
debitore di pagare
o consegnare senza
dilazione, autorizzando in
mancanza l'esecuzione
provvisoria del decreto e
fissando il termine
ai soli
effetti dell'opposizione.
L'esecuzione provvisoria puo'
essere concessa anche
se vi e' pericolo di grave
pregiudizio nel ritardo, ovvero
se il ricorrente produce documentazione sottoscritta
dal
debitore, comprovante il diritto
fatto valere; il giudice
puo' imporre al ricorrente una cauzione.
In tali
casi il giudice
puo' anche autorizzare
l'esecuzione senza
l'osservanza del termine
di cui
all'articolo 482.».
«Art. 669-novies
(Inefficacia del provvedimento
cautelare). - Se il procedimento di
merito non e' iniziato
nel termine perentorio
di cui all'articolo
669-octies,
ovvero se successivamente al suo inizio si
estingue il
provvedimento cautelare perde la sua
efficacia.
In entrambi i casi, il
giudice che ha
emesso il
provvedimento, su
ricorso della parte
interessata,
convocate le
parti con decreto
in calce al
ricorso,
dichiara, se non c'e' contestazione,
con ordinanza avente
efficacia esecutiva,
che il provvedimento
e' divenuto
inefficace e
da' le disposizioni necessarie
per
ripristinare
la situazione precedente.
In caso di
contestazione l'ufficio giudiziario
al quale appartiene il
giudice che ha emesso il
provvedimento cautelare decide con
sentenza provvisoriamente esecutiva,
salva la possibilita'
di emanare in
corso di causa
i provvedimenti di cui
all'articolo 669-decies.
Il provvedimento cautelare
perde altresi' efficacia
se non e' stata versata la cauzione
di cui all'articolo
669-undecies, ovvero se con sentenza,
anche non passata in
giudicato, e' dichiarato inesistente
il diritto a cautela
del quale era stato concesso. In tal
caso i
provvedimenti
di cui al comma precedente sono pronunciati
nella stessa
sentenza o, in mancanza, con
ordinanza a seguito di ricorso
al giudice che ha emesso il
provvedimento.
Se la causa di merito e'
devoluta alla giurisdizione
di un giudice straniero o ad
arbitrato italiano o estero,
il provvedimento cautelare, oltre che
nei casi previsti nel
primo e nel terzo comma, perde
altresi' efficacia:
1) se la parte che l'aveva
richiesto non presenta
domanda di esecutorieta' in Italia
della sentenza straniera
o del lodo arbitrale entro i termini
eventualmente previsti
a
pena di decadenza
dalla legge o
dalle convenzioni
internazionali;
2) se sono pronunciati sentenza
straniera, anche
non passata in giudicato, o lodo
arbitrale che dichiarino
inesistente il diritto per il
quale il
provvedimento era
stato concesso. Per la dichiarazione
di inefficacia del
provvedimento cautelare e per le
disposizioni di ripristino
si applica il secondo comma del
presente articolo.».
«Art. 669-terdecies (Reclamo
contro i
provvedimenti
cautelari). - Contro l'ordinanza con
la quale e'
stato
concesso o negato il provvedimento
cautelare e' ammesso
reclamo nel termine perentorio di
quindici giorni dalla
pronuncia in udienza ovvero dalla
comunicazione o dalla
notificazione se anteriore.
Il reclamo contro i
provvedimenti del giudice singolo
del tribunale si propone al collegio,
del quale non
puo'
far parte il
giudice che ha
emanato il provvedimento
reclamato. Quando
il provvedimento cautelare
e' stato
emesso dalla Corte d'appello, il
reclamo si propone
ad
altra sezione della stessa Corte o,
in mancanza, alla Corte
d'appello piu' vicina.
Il procedimento e' disciplinato
dagli articoli 737 e
738.
Le circostanze e i motivi
sopravvenuti al momento
della proposizione del reclamo
debbono essere proposti, nel
rispetto del principio del contraddittorio, nel
relativo
procedimento. Il
tribunale puo' sempre
assumere
informazioni e acquisire nuovi
documenti. Non e' consentita
la rimessione al primo giudice.
Il collegio, convocate le
parti, pronuncia, non oltre
venti giorni
dal deposito del
ricorso, ordinanza non
impugnabile con la quale
conferma, modifica o
revoca il
provvedimento cautelare.
Il reclamo
non sospende l'esecuzione del
provvedimento; tuttavia il presidente
del tribunale o della
Corte investiti del reclamo, quando
per motivi sopravvenuti
il provvedimento arrechi grave danno,
puo' disporre con
ordinanza non impugnabile la
sospensione dell'esecuzione o
subordinarla alla prestazione di
congrua cauzione.».
«Art. 702-bis
(Forma della domanda.
Costituzione
delle parti). - Nelle cause in cui il
tribunale giudica in
composizione monocratica, la domanda
puo' essere proposta
con
ricorso al tribunale
competente. Il ricorso,
sottoscritto a norma dell'articolo
125, deve contenere le
indicazioni di cui ai numeri 1), 2),
3), 4),
5) e 6) e
l'avvertimento di
cui al numero
7) del terzo
comma
dell'articolo 163.
A seguito
della presentazione del
ricorso il
cancelliere forma il fascicolo
d'ufficio e lo
presenta
senza ritardo al presidente del
tribunale, il quale designa
il
magistrato cui e'
affidata la trattazione
del
procedimento.
Il giudice designato fissa con
decreto l'udienza di
comparizione delle parti, assegnando
il termine per la
costituzione del convenuto, che deve
avvenire non oltre
dieci giorni prima dell'udienza; il
ricorso, unitamente al
decreto di fissazione dell'udienza, deve
essere notificato
al convenuto almeno trenta giorni
prima della data fissata
per la sua costituzione.
Il convenuto deve
costituirsi mediante deposito
in
cancelleria della comparsa di
risposta, nella quale
deve
proporre le sue difese e prendere
posizione sui fatti posti
dal ricorrente a fondamento della
domanda, indicare i mezzi
di prova di cui intende avvalersi e i
documenti che offre
in comunicazione, nonche' formulare
le conclusioni. A pena
di
decadenza deve proporre
le eventuali domande
riconvenzionali e le eccezioni
processuali e di merito che
non sono rilevabili d'ufficio.
Se il convenuto intende
chiamare un terzo in garanzia
deve,
a pena di
decadenza, farne dichiarazione
nella
comparsa di costituzione e chiedere
al giudice designato lo
spostamento dell'udienza. Il
giudice, con decreto
comunicato dal cancelliere alle parti
costituite, provvede
a fissare la data della nuova udienza
assegnando un termine
perentorio per la citazione del
terzo. La costituzione del
terzo in giudizio avviene a norma del
quarto comma.».
«Art. 702-ter
(Procedimento). - Il
giudice, se
ritiene di essere incompetente, lo
dichiara con ordinanza.
Se rileva che la
domanda non rientra
tra quelle
indicate nell'articolo 702-bis, il
giudice, con ordinanza
non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello
stesso
modo provvede sulla domanda
riconvenzionale.
Se ritiene
che le difese
svolte dalle parti
richiedono un'istruzione non
sommaria, il giudice,
con
ordinanza non
impugnabile, fissa l'udienza
di cui
all'articolo 183. In tal caso si
applicano le disposizioni
del libro II.
Quando la causa relativa alla
domanda riconvenzionale
richiede un'istruzione non sommaria,
il giudice ne dispone
la separazione.
Se non provvede ai sensi dei
commi precedenti, alla
prima udienza il giudice, sentite le
parti, omessa ogni
formalita' non essenziale al
contraddittorio, procede nel
modo che ritiene piu' opportuno agli
atti di istruzione
rilevanti in
relazione all'oggetto del
provvedimento
richiesto e provvede con
ordinanza all'accoglimento o al
rigetto delle domande.
L'ordinanza e'
provvisoriamente esecutiva e
costituisce titolo per l'iscrizione
di ipoteca giudiziale e
per la trascrizione.
Il giudice provvede in ogni
caso sulle spese
del
procedimento ai sensi degli articoli
91 e seguenti.».
«Art. 702-quater (Appello). -
L'ordinanza emessa ai
sensi del sesto comma dell'articolo 702-ter
produce gli
effetti di cui all'articolo 2909 del
codice civile se non
e' appellata entro trenta giorni
dalla sua comunicazione o
notificazione. Sono ammessi nuovi
mezzi di prova e
nuovi
documenti quando il collegio li
ritiene indispensabili ai
fini della decisione, ovvero la parte
dimostra di non aver
potuto proporli nel corso del
procedimento sommario per
causa ad essa non imputabile. Il presidente
del collegio
puo' delegare l'assunzione dei mezzi
istruttori ad uno dei
componenti del collegio.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 709-ter del codice
di procedura civile, cosi' come
modificato dalla presente
legge:
«Art. 709-ter
(Soluzione delle controversie e
provvedimenti in caso di inadempienze
o violazioni). - Per
la soluzione delle controversie
insorte tra i genitori in
ordine all'esercizio della responsabilita' genitoriale
o
delle modalita' dell'affidamento e'
competente il giudice
del procedimento in
corso. Per i
procedimenti di cui
all'articolo 710 e' competente il
tribunale del luogo
di
residenza del minore.
A seguito del ricorso, il
giudice convoca le parti e
adotta i
provvedimenti opportuni. In
caso di gravi
inadempienze o di atti che
comunque arrechino pregiudizio
al minore od
ostacolino il corretto
svolgimento delle
modalita' dell'affidamento, puo'
modificare i provvedimenti
in vigore e puo', anche
congiuntamente:
1) ammonire il genitore
inadempiente;
2) disporre il risarcimento
dei danni, a carico di
uno dei genitori, nei confronti del
minore;
3) disporre il risarcimento
dei danni a carico di
uno
dei genitori nei
confronti dell'altro anche
individuando la somma giornaliera
dovuta per ciascun giorno
di violazione o di inosservanza
dei provvedimenti assunti
dal
giudice. Il provvedimento
del giudice costituisce
titolo esecutivo per il pagamento
delle somme dovute
per
ogni
violazione o inosservanza
ai sensi dell'articolo
614-bis;
4) condannare il genitore
inadempiente al pagamento
di una sanzione amministrativa
pecuniaria, da un minimo di
75 euro a un massimo di 5.000
euro a
favore della Cassa
delle ammende.
I provvedimenti assunti dal
giudice del procedimento
sono impugnabili nei modi ordinari.».
- Si riporta il testo degli
articoli 711, 720-bis, 739,
815, 828 e 829 del codice di
procedura civile:
«Art. 711 (Separazione
consensuale). - Nel caso
di
separazione consensuale
previsto nell'articolo 158
del
Codice civile, il presidente, su
ricorso di entrambi
i
coniugi, deve sentirli
nel giorno da
lui stabilito e
procurare di conciliarli nel modo
indicato nell'articolo
708.
Se il ricorso e' presentato da
uno solo dei coniugi
si applica l'articolo 706 ultimo
comma.
Se la conciliazione non
riesce, si da'
atto nel
processo verbale del consenso dei
coniugi alla separazione
e delle condizioni riguardanti i
coniugi stessi e la prole.
La separazione consensuale
acquista efficacia con la
omologazione del tribunale, il quale
provvede in camera di
consiglio su relazione del
presidente.
Le condizioni
della separazione consensuale
sono
modificabili a norma dell'articolo
precedente.».
«Art. 720-bis (Norme
applicabili ai procedimenti in
materia di amministrazione di
sostegno). - Ai procedimenti
in materia di amministrazione di
sostegno si applicano, in
quanto compatibili, le disposizioni
degli articoli 712,
713, 716, 719 e 720.
Contro il decreto del giudice
tutelare e' ammesso
reclamo alla corte d'appello a norma
dell'articolo 739.
Contro il decreto della
corte d'appello pronunciato
ai sensi del secondo comma puo'
essere proposto ricorso per
cassazione.».
«Art. 739 (Reclami delle
parti). - Contro i decreti
del giudice tutelare si puo' proporre
reclamo con ricorso
al tribunale che pronuncia in camera
di consiglio. Contro i
decreti pronunciati dal tribunale in
camera di consiglio in
primo grado si puo' proporre reclamo
con ricorso alla corte
d'appello, che pronuncia anch'essa in
camera di consiglio.
Il reclamo
deve essere proposto
nel termine
perentorio di dieci giorni dalla comunicazione
del decreto,
se e'
dato in confronto
di una sola
parte, o dalla
notificazione se e' dato in confronto
di piu' parti.
Salvo che
la legge disponga
altrimenti, non e'
ammesso reclamo contro i decreti
della corte d'appello
e
contro quelli
del tribunale pronunciati
in sede di
reclamo.».
«Art. 815 (Ricusazione degli
arbitri). - Un arbitro
puo' essere ricusato:
1) se non ha le qualifiche
espressamente convenute
dalle parti;
2) se egli
stesso, o un
ente, associazione o
societa' di cui sia
amministratore, ha interesse
nella
causa;
3) se egli stesso o il
coniuge e' parente fino al
quarto grado o e' convivente o
commensale abituale di una
delle parti, di un
rappresentante legale di
una delle
parti, o di alcuno dei difensori;
4) se egli stesso o il
coniuge ha causa pendente o
grave
inimicizia con una
delle parti, con
un suo
rappresentante legale, o con alcuno
dei suoi difensori;
5) se e' legato ad una delle
parti, a una societa'
da questa controllata, al soggetto
che la controlla, o a
societa' sottoposta a comune
controllo, da un rapporto di
lavoro subordinato
o da un
rapporto continuativo di
consulenza o di prestazione d'opera
retribuita, ovvero da
altri rapporti di natura patrimoniale
o associativa che ne
compromettono l'indipendenza; inoltre,
se e' tutore
o
curatore di una delle parti;
6) se ha prestato consulenza,
assistenza o difesa
ad una delle parti in una precedente
fase della vicenda o
vi ha deposto come testimone.
Una parte non puo'
ricusare l'arbitro che
essa ha
nominato o
contribuito a nominare
se non per
motivi
conosciuti dopo la nomina.
La ricusazione
e' proposta mediante
ricorso al
presidente del
tribunale indicato nell'articolo 810,
secondo comma, entro il termine perentorio
di dieci giorni
dalla
notificazione della nomina
o dalla sopravvenuta
conoscenza della
causa di ricusazione.
Il presidente
pronuncia con ordinanza non
impugnabile, sentito l'arbitro
ricusato e le parti e assunte,
quando occorre, sommarie
informazioni.
Con ordinanza il presidente
provvede sulle spese. Nel
caso di manifesta inammissibilita' o
manifesta infondatezza
dell'istanza di ricusazione condanna
la parte che
l'ha
proposta al pagamento, in favore
dell'altra parte, di una
somma equitativamente determinata non
superiore al triplo
del massimo del compenso spettante all'arbitro singolo
in
base alla tariffa forense.
La proposizione
dell'istanza di ricusazione
non
sospende il
procedimento arbitrale, salvo
diversa
determinazione degli arbitri. Tuttavia,
se l'istanza e'
accolta, l'attivita' compiuta
dall'arbitro ricusato o con
il suo concorso e' inefficace.».
«Art. 828
(Impugnazione per nullita'). -
L'impugnazione per nullita' si
propone, nel termine
di
novanta giorni dalla notificazione
del lodo, davanti alla
corte d'appello
nel cui distretto
e' la sede
dell'arbitrato.
L'impugnazione non e' piu'
proponibile decorso un
anno dalla data dell'ultima
sottoscrizione.
L'istanza per la correzione del
lodo non sospende il
termine per l'impugnazione; tuttavia
il lodo
puo' essere
impugnato relativamente alle parti
corrette nei termini
ordinari, a decorrere
dalla comunicazione dell'atto
di
correzione.».
«Art. 829 (Casi di
nullita'). - L'impugnazione per
nullita' e'
ammessa, nonostante qualunque
preventiva
rinuncia, nei casi seguenti:
1) se la convenzione
d'arbitrato e' invalida, ferma
la disposizione dell'articolo 817,
terzo comma;
2) se gli arbitri non sono
stati nominati con le
forme e nei modi prescritti nei capi
II e VI del presente
titolo, purche' la nullita' sia stata
dedotta nel giudizio
arbitrale;
3) se il lodo e'
stato pronunciato da
chi non
poteva essere nominato arbitro a
norma dell'articolo 812;
4) se il lodo ha pronunciato
fuori dei limiti della
convenzione d'arbitrato, ferma
la disposizione
dell'articolo 817, quarto comma, o ha deciso
il merito
della controversia in ogni altro caso
in cui il merito non
poteva essere deciso;
5) se il lodo non
ha i requisiti
indicati nei
numeri 5), 6), 7) dell'articolo 823;
6) se il lodo e' stato pronunciato dopo
la scadenza
del termine stabilito, salvo il
disposto dell'articolo 821;
7) se nel procedimento non
sono state osservate le
forme prescritte dalle parti sotto
espressa sanzione di
nullita' e la nullita' non e' stata
sanata;
8) se il lodo e' contrario ad
altro precedente lodo
non piu' impugnabile o a precedente
sentenza passata in
giudicato tra le parti purche' tale
lodo o
tale sentenza
sia stata prodotta nel procedimento;
9) se non
e' stato osservato
nel procedimento
arbitrale il principio del
contraddittorio;
10) se il
lodo conclude il
procedimento senza
decidere il merito della
controversia e il
merito della
controversia doveva essere deciso
dagli arbitri;
11) se
il lodo contiene
disposizioni
contraddittorie;
12) se il lodo non ha
pronunciato su alcuna delle
domande ed eccezioni proposte
dalle parti in
conformita'
alla convenzione di arbitrato.
La parte che ha dato causa a un
motivo di nullita', o
vi ha rinunciato, o che non ha
eccepito nella prima istanza
o
difesa successiva la
violazione di una
regola che
disciplina lo svolgimento del
procedimento arbitrale, non
puo' per questo motivo impugnare il lodo.
L'impugnazione per violazione
delle regole di diritto
relative al
merito della controversia
e' ammessa se
espressamente disposta
dalle parti o
dalla legge. E'
ammessa in ogni caso l'impugnazione delle
decisioni per
contrarieta' all'ordine pubblico.
L'impugnazione per violazione
delle regole di diritto
relative al merito della controversia
e' sempre ammessa:
1) nelle controversie previste
dall'articolo 409;
2) se
la violazione delle
regole di diritto
concerne la soluzione di questione
pregiudiziale su materia
che non puo' essere oggetto di
convenzione di arbitrato.
Nelle controversie previste
dall'articolo 409, il
lodo e' soggetto ad impugnazione
anche per violazione dei
contratti e accordi collettivi.».
- Il regolamento (CE), n.
2201/2003 del Consiglio del
27
novembre 2003, relativo
alla competenza, al
riconoscimento e all'esecuzione delle
decisioni in materia
matrimoniale e in materia di responsabilita' genitoriale,
che abroga il regolamento (CE) n.
1347/2000, e' pubblicato
nella G.U.U.E. 23 dicembre 2003, n. L
338.
- Il regolamento (CE) n. 4/2009
del Consiglio del 18
dicembre 2008,
relativo alla competenza,
alla legge
applicabile, al
riconoscimento e all'esecuzione delle
decisioni e alla cooperazione in materia
di obbligazioni
alimentari, e' pubblicato nella
G.U.U.E. 10 gennaio 2009,
n. L 7.
- Il regolamento (CE) n.
2016/1103 del Consiglio del 24
giugno 2016, che
attua la cooperazione
rafforzata nel
settore della competenza,
della legge applicabile,
del
riconoscimento e dell'esecuzione
delle decisioni in materia
di regimi patrimoniali tra coniugi,
e' pubblicato nella
G.U.U.E. 8 luglio 2016, n. L 183.
- Il regolamento (CE), n.
2016/1104 del Consiglio del
24 giugno 2016, che attua la cooperazione
rafforzata nel
settore della competenza,
della legge applicabile,
del
riconoscimento e dell'esecuzione
delle decisioni in materia
di
effetti patrimoniali delle
unioni registrate, e'
pubblicato nella G.U.U.E. 8 luglio
2016, n. L 183.
-
Il regolamento (CE)
n. 650/2012 del
Parlamento
europeo e del
Consiglio 4 luglio
2012, relativo alla
competenza, alla legge applicabile,
al riconoscimento e
all'esecuzione delle
decisioni e all'accettazione e
all'esecuzione degli
atti pubblici in
materia di
successioni e alla creazione di un
certificato successorio
europeo, e' pubblicato nella G.U.U.E.
27 luglio 2012, n. L
201.
-
Il regolamento (CE)
n. 606/2013 del
Parlamento
europeo e del Consiglio del 12 giugno
2013, relativo al
riconoscimento reciproco delle
misure di protezione
in
materia civile, e' pubblicato
nella G.U.U.E. 29
giugno
2013, n. L 181.
- Il regolamento
(CE) n. 1215/2012
del Parlamento
europeo e del Consiglio del 12
dicembre 2012, concernente
la
competenza giurisdizionale, il
riconoscimento e
l'esecuzione delle
decisioni in materia
civile e
commerciale (rifusione), e'
pubblicato nella G.U.U.E.
20
dicembre 2012, n. L 351.
-
Il regolamento (CE)
n. 2015/848 del
Parlamento
europeo e del Consiglio del 20 maggio
2015, relativo alle
procedure di insolvenza (rifusione)
e' pubblicato nella
G.U.U.E. 5 giugno 2015, n. L 141.
- Il regolamento (CE) n.
2019/1111 del Consiglio del 25
giugno 2019, relativo alla
competenza, al riconoscimento e
all'esecuzione delle decisioni in
materia matrimoniale e in
materia di responsabilita'
genitoriale, e alla sottrazione
internazionale di minori (rifusione),
e' pubblicato nella
G.U.U.E. 2 luglio 2019, n. L 178.
- La legge 27 giugno 2013, n. 77,
recante «Ratifica ed
esecuzione della Convenzione del
Consiglio d'Europa sulla
prevenzione e la lotta contro la
violenza nei confronti
delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11
maggio 2011»,
e' pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale
1°luglio 2013, n. 152.
art. 1 note (parte 2)
- Si riporta il testo
dell'articolo 27 del
decreto
legislativo 13 luglio 2017, n. 116
(Riforma organica della
magistratura onoraria e altre
disposizioni sui giudici di
pace, nonche' disciplina transitoria
relativa ai magistrati
onorari in servizio, a norma della
legge 28 aprile 2016, n.
57):
"Art. 27 (Ampliamento della
competenza del giudice di
pace in materia civile). - 1. Al
codice di procedura civile
sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al
libro primo sono
apportate le seguenti
modificazioni:
1) all'articolo
7, sono apportate
le seguenti
modificazioni:
a) al primo comma, la
parola: «cinquemila» e'
sostituita dalla seguente:
«trentamila»;
b) al secondo comma,
la parola: «ventimila»
e'
sostituita dalla seguente:
«cinquantamila»;
c) al terzo comma
sono apportate le
seguenti
modificazioni:
1) il numero 1) e'
sostituito dal seguente: «1)
per le cause relative ad apposizione
di termini;»;
2) il numero 2) e'
sostituito dal seguente: «2)
per le cause in materia di condominio
negli edifici, come
definite ai
sensi dell'articolo 71-quater
delle
disposizioni per l'attuazione del
codice civile;»;
3) dopo
il numero 3-bis),
sono aggiunti i
seguenti:
«3-ter) per le cause nelle
materie di cui al
libro terzo, titolo II, Capo II,
Sezione VI del
codice
civile, fatta eccezione per quella
delle distanze nelle
costruzioni;
3-quater) per le cause
relative alle materie di
cui al libro terzo, titolo II,
Capo II,
Sezione VII del
codice civile, fatta eccezione per
quella delle distanze di
cui agli articoli 905, 906 e 907 del
medesimo codice;
3-quinquies) per
le cause in
materia di
stillicidio e di acque di cui al
libro terzo, titolo
II,
Capo II, sezioni VIII e IX del codice
civile;
3-sexies) per le cause in
materia di occupazione
e di invenzione di cui al libro
terzo, titolo II, Capo III,
sezione I del codice civile;
3-septies) per
le cause in
materia di
specificazione, unione e commistione
di cui al libro terzo,
titolo II, Capo III, sezione II del
codice civile;
3-octies) per le cause in
materia di enfiteusi di
cui al libro terzo, titolo IV del
codice civile;
3-novies) per le cause
in materia di
esercizio
delle servitu' prediali;
3-decies) per
le cause di
impugnazione del
regolamento e delle deliberazioni di
cui agli articoli 1107
e 1109 del codice civile;
3-undecies) per le cause in
materia di diritti ed
obblighi del possessore nella
restituzione della cosa, di
cui al libro terzo, titolo VIII,
Capo II,
Sezione I del
codice civile.»;
d) dopo il terzo comma sono
aggiunti, in fine, i
seguenti:
«Il giudice
di pace e'
altresi' competente,
purche' il valore della controversia,
da determinarsi a
norma dell'articolo 15, non
sia superiore a
trentamila
euro:
1) per le cause in materia
di usucapione dei beni
immobili e dei diritti reali
immobiliari;
2) per le cause in materia
di riordinamento della
proprieta' rurale di cui al libro
terzo, titolo II,
Capo
II, sezione II del codice civile;
3) per le cause in materia
di accessione;
4) per le cause in materia di
superficie.
Quando una causa di
competenza del giudice di pace
a norma dei commi terzo, numeri da
3-ter) a 3-undecies), e
quarto e' proposta, contro la stessa
parte, congiuntamente
ad un'altra causa di competenza del
tribunale, le relative
domande, anche in assenza di altre
ragioni di connessione,
sono proposte innanzi al tribunale
affinche' siano decise
nello stesso processo.»;
2) dopo l'articolo 15 e'
inserito il seguente:
«Art. 15-bis
(Esecuzione forzata). -
Per
l'espropriazione forzata di cose
mobili e' competente
il
giudice di pace.
Per l'espropriazione
forzata di cose immobili e
di crediti e' competente il
tribunale.
Se cose mobili sono soggette
all'espropriazione
forzata insieme con l'immobile nel
quale si
trovano, per
l'espropriazione e'
competente il tribunale
anche
relativamente ad esse.
Per la consegna e il
rilascio di cose nonche' per
l'esecuzione forzata degli obblighi
di fare e di non fare
e' competente il tribunale.»;
3) all'articolo 113,
secondo comma, la
parola:
«millecento» e'
sostituita dalla seguente:
«duemilacinquecento»;
b) al libro terzo,
titolo II, sono
apportate le
seguenti modificazioni:
1) all'articolo 513, terzo
comma, le parole: «Il
presidente del tribunale o un giudice
da lui delegato» sono
sostituite dalle seguenti: «Il
giudice di pace»;
2) all'articolo 518,
sesto comma, la
parola:
«tribunale» e'
sostituita dalle seguenti:
«giudice di
pace»;
3) all'articolo 519,
primo comma, le
parole:
«presidente del tribunale o da un
giudice da lui delegato»
sono sostituite dalle seguenti:
«giudice di pace»;
4) all'articolo 520,
primo comma, la
parola:
«tribunale» e'
sostituita dalle seguenti:
«giudice di
pace»;
5) all'articolo 521-bis, quinto comma, la
parola:
«tribunale» e'
sostituita dalle seguenti:
«giudice di
pace»;
6) all'articolo
543, la parola:
«tribunale»,
ovunque ricorra, e' sostituita dalla
seguente: «giudice»;
c) al libro quarto, titolo
IV, sono
apportate le
seguenti modificazioni:
1) all'articolo 763, primo
comma, dopo le parole:
«dal giudice» sono inserite le
seguenti: «di pace»;
2) all'articolo 764, primo
comma, dopo le parole:
«al giudice» sono inserite le
seguenti: «di pace»;
3) all'articolo
765, secondo comma,
sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo,
la parola: «tribunale»
e'
sostituita dalle seguenti: «giudice
di pace»;
b) il secondo periodo e'
soppresso;
4) all'articolo 769 la
parola: «tribunale» e'
sostituita, ovunque ricorra,
dalle seguenti: «giudice
di
pace».
2. Al
codice civile sono
apportate le seguenti
modificazioni:
a) al
libro secondo sono
apportate le seguenti
modificazioni:
1) all'articolo 485, primo
comma, secondo periodo,
la
parola: «tribunale» e'
sostituita dalle seguenti:
«giudice di pace»;
2) all'articolo 620
sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al secondo comma,
le parole: «tribunale
del
circondario» sono sostituite
dalle seguenti: «giudice
di
pace del luogo»;
b) al sesto comma,
la parola: «tribunale»
e'
sostituita dalle seguenti: «giudice
di pace»;
3) all'articolo
621, primo comma,
le parole:
«tribunale del circondario» sono
sostituite dalle seguenti:
«giudice di pace del luogo»;
4)
all'articolo 736, secondo
comma, la parola:
«tribunale» e'
sostituita dalle seguenti:
«giudice di
pace».
b) al
libro quarto sono
apportate le seguenti
modificazioni:
1) all'articolo 1211
la parola: «tribunale»
e'
sostituita dalle seguenti: «giudice
di pace»;
2) all'articolo
1514, primo comma,
la parola:
«tribunale» e'
sostituita dalle seguenti:
«giudice di
pace»;
3) all'articolo 1515, terzo
comma, le parole: «dal
tribunale» sono sostitute dalle
seguenti: «dal giudice di
pace»;
4) all'articolo 1841, la
parola: «tribunale» e'
sostituita, ovunque ricorra,
dalle seguenti: «giudice
di
pace».
3. Alle disposizioni per
l'attuazione del codice civile
sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 51-bis, le parole: «620,
secondo e
sesto comma, 621, primo comma,»,
nonche' le parole: «e 736,
secondo comma,» sono soppresse;
b) all'articolo 57, il primo
comma e' sostituito dal
seguente: «Le azioni previste
dall'articolo 849 del codice
sono di competenza del tribunale, in
quanto non siano
di
competenza del giudice di pace a
norma dell'articolo 7,
quarto comma, del codice di procedura
civile.»;
c) all'articolo 57-bis,
le parole: «tribunale
in
composizione monocratica» sono
sostituite dalle seguenti:
«giudice di pace»;
d) dopo l'articolo 60 sono
inseriti i seguenti:
«Art. 60-bis. - Le
domande previste dall'articolo
1105, quarto comma, del codice si
propongono con ricorso al
giudice di pace.
Art. 60-ter. -
Sull'impugnazione del regolamento e
delle deliberazioni, di cui agli
articoli 1107 e 1109 del
codice, e' competente il giudice di
pace.»;
e) all'articolo
64, sono apportate
le seguenti
modificazioni:
1) al primo comma, le parole:
«il tribunale» sono
sostituite dalle seguenti: «il
giudice di pace»;
2) il secondo comma e'
sostituito dal seguente:
«Contro il provvedimento del giudice
di pace
puo' essere
proposto reclamo in tribunale
entro dieci giorni
dalla
notificazione o dalla
comunicazione.»;
f) l'articolo 73-bis e'
abrogato;
g) all'articolo
77, secondo comma,
la parola:
«pretore» e' sostituita dalle
seguenti: «giudice di pace»;
h) all'articolo 79,
sono apportate le
seguenti
modificazioni:
1) al primo comma, le parole:
«dal presidente del
tribunale» sono sostituite dalle
seguenti: «dal giudice di
pace»;
2) il secondo comma
e' sostituito dal seguente: «Il
giudice di pace provvede con decreto,
sentito il creditore.
Contro tale
decreto e' ammesso
reclamo a norma
dell'articolo 739 del codice di
procedura civile.».
4. All'articolo 17, comma 2,
della legge 7 marzo 1996,
n.
108, le parole:
«presidente del tribunale»
sono
sostituite dalle seguenti: «giudice
di pace».
5. All'articolo 13, comma 2, del
decreto legislativo 1°
settembre 2011, n. 150, le parole:
«la corte di
appello»
sono sostituite dalle seguenti: «il
tribunale».".
- Si riporta il testo
dell'articolo 38 del
decreto
legislativo 11 aprile 2006,
n. 198 (Codice
delle pari
opportunita' tra uomo e donna,
a norma dell'articolo
6
della legge 28 novembre 2005, n.
246):
«Art. 38 (Provvedimento
avverso le discriminazioni)
(legge 9 dicembre 1977, n.
903, articolo 15;
legge 10
aprile 1991, n. 125, articolo 4,
comma 13). - 1.
Qualora
vengano poste in essere
discriminazioni in violazione dei
divieti di cui al capo II del presente
titolo o di cui
all'articolo 11 del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n.
66, o
comunque discriminazioni nell'accesso
al lavoro,
nella promozione e nella formazione
professionale, nelle
condizioni di lavoro compresa la
retribuzione, nonche' in
relazione alle
forme pensionistiche complementari
collettive di cui al decreto
legislativo 5 dicembre 2005,
n. 252, su ricorso del lavoratore o,
per sua delega, delle
organizzazioni sindacali,
delle associazioni e
delle
organizzazioni rappresentative del
diritto o dell'interesse
leso, o della consigliera o
del consigliere di
parita'
della citta' metropolitana e dell'ente
di area vasta di cui
alla
legge 7 aprile
2014, n. 56
o regionale
territorialmente competente, il
tribunale in funzione
di
giudice del
lavoro del luogo
ove e' avvenuto
il
comportamento denunziato,
nei due giorni
successivi,
convocate le parti e
assunte sommarie informazioni,
se
ritenga sussistente la violazione di
cui al ricorso, oltre
a provvedere, se richiesto, al
risarcimento del danno anche
non patrimoniale, nei limiti
della prova fornita,
ordina
all'autore del
comportamento denunciato, con
decreto
motivato ed immediatamente esecutivo,
la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione
degli effetti.
2. L'efficacia esecutiva del
decreto non puo' essere
revocata fino alla sentenza con cui
il giudice definisce il
giudizio instaurato a norma del comma
seguente.
3. Contro il decreto e' ammessa
entro quindici giorni
dalla
comunicazione alle parti
opposizione davanti al
giudice che decide con sentenza immediatamente esecutiva.
Si osservano le disposizioni degli articoli
413 e seguenti
del codice di procedura civile.
4. L'inottemperanza al decreto
di cui al primo comma
o alla sentenza pronunciata nel
giudizio di opposizione e'
punita con l'ammenda fino a 50.000
euro o l'arresto fino a
sei mesi.
5. La tutela davanti al
giudice amministrativo e'
disciplinata dall'articolo 119
del codice del
processo
amministrativo.
6. Ferma restando l'azione ordinaria,
le disposizioni
di cui ai commi da 1 a 5 si applicano
in tutti i casi
di
azione individuale in giudizio
promossa dalla persona che
vi abbia interesse o su sua
delega da un'organizzazione
sindacale, dalle
associazioni e dalle
organizzazioni
rappresentative del diritto o
dell'interesse leso, o dalla
consigliera o dal consigliere della
citta' metropolitana e
dell'ente di area vasta di cui alla
legge 7 aprile 2014, n.
56 o regionale di parita'.».
- Si riporta il testo
degli articoli 28
e 30 del
decreto legislativo 1° settembre
2011, n. 150 (Disposizioni
complementari al codice di procedura
civile in materia di
riduzione e semplificazione dei
procedimenti civili di
cognizione, ai sensi dell'articolo 54
della legge 18 giugno
2009, n. 69):
«Art. 28
(Delle controversie in
materia di
discriminazione). -
1. Le controversie
in materia di
discriminazione di
cui all'articolo 44
del decreto
legislativo 25
luglio 1998, n.
286, quelle di
cui
all'articolo 4 del decreto
legislativo 9 luglio 2003,
n.
215, quelle di cui all'articolo 4 del
decreto legislativo 9
luglio 2003, n. 216, quelle di cui
all'articolo 3 della
legge 1° marzo 2006, n. 67, e
quelle di cui
all'articolo
55-quinquies del decreto legislativo 11
aprile 2006, n.
198, sono regolate dal rito sommario
di cognizione, ove non
diversamente disposto dal presente
articolo.
2. E' competente il tribunale
del luogo in
cui il
ricorrente ha il domicilio.
3. Nel giudizio di primo grado
le parti possono stare
in giudizio personalmente.
4. Quando il ricorrente
fornisce elementi di fatto,
desunti anche da dati di carattere
statistico, dai quali si
puo' presumere l'esistenza di atti,
patti o
comportamenti
discriminatori, spetta al
convenuto l'onere di
provare
l'insussistenza della
discriminazione. I dati di carattere
statistico possono essere relativi
anche alle assunzioni,
ai regimi contributivi,
all'assegnazione delle mansioni e
qualifiche, ai trasferimenti, alla
progressione in carriera
e ai licenziamenti dell'azienda
interessata.
5. Con l'ordinanza
che definisce il
giudizio il
giudice puo' condannare il
convenuto al risarcimento
del
danno anche non patrimoniale e
ordinare la cessazione del
comportamento, della condotta o dell'atto
discriminatorio
pregiudizievole, adottando,
anche nei confronti
della
pubblica amministrazione, ogni altro
provvedimento idoneo a
rimuoverne gli effetti. Al fine di
impedire la ripetizione
della
discriminazione, il giudice
puo' ordinare di
adottare, entro il termine
fissato nel provvedimento, un
piano di rimozione delle
discriminazioni accertate. Nei
casi
di comportamento discriminatorio di
carattere
collettivo, il piano e' adottato
sentito l'ente collettivo
ricorrente.
6. Ai fini della liquidazione
del danno, il giudice
tiene
conto del fatto
che l'atto o
il comportamento
discriminatorio costituiscono
ritorsione ad una precedente
azione giudiziale
ovvero ingiusta reazione
ad una
precedente attivita' del soggetto
leso volta ad ottenere il
rispetto del principio della parita'
di trattamento.
7. Quando accoglie la
domanda proposta, il
giudice
puo' ordinare la pubblicazione del
provvedimento, per una
sola volta e a spese del
convenuto, su un
quotidiano di
tiratura nazionale.
Dell'ordinanza e' data
comunicazione
nei casi previsti dall'articolo 44,
comma 11, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
dall'articolo 4, comma
1,
del decreto legislativo
9 luglio 2003,
n. 215,
dall'articolo 4, comma 2,
del decreto legislativo 9 luglio
2003, n. 216, e dall'articolo
55-quinquies, comma 8, del
decreto legislativo 11 aprile 2006,
n. 198.».
«Art. 30 (Delle controversie in
materia di attuazione
di sentenze e
provvedimenti stranieri di
giurisdizione
volontaria e contestazione del riconoscimento). -
1. Le
controversie aventi ad oggetto
l'attuazione di sentenze e
provvedimenti stranieri di giurisdizione
volontaria di cui
all'articolo 67 della legge 31 maggio
1995, n.
218, sono
regolate dal rito sommario di
cognizione.
2. E' competente la corte
di appello del
luogo di
attuazione del provvedimento.».
- Il decreto legislativo 21
novembre 2007, n.
231,
recante «Attuazione della direttiva
2005/60/CE concernente
la prevenzione dell'utilizzo
del sistema finanziario
a
scopo di riciclaggio dei
proventi di attivita' criminose e
di finanziamento del terrorismo
nonche' della direttiva
2006/70/CE che ne reca misure di
esecuzione», e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 14 dicembre
2007, n. 290, S.O.
-
Si riporta il
testo degli articoli
13, comma
1-quater, 14
e 197 del
decreto del Presidente
della
Repubblica 30 maggio
2002, n. 115
(Testo unico delle
disposizioni legislative e
regolamentari in materia
di
spese di giustizia (Testo A)):
«Art. 13 (L) (Importi). - 1. -
1-ter. Omissis.
1-quater. Quando
l'impugnazione, anche incidentale,
e' respinta integralmente o e'
dichiarata inammissibile o
improcedibile, la parte che
l'ha proposta e'
tenuta a
versare un
ulteriore importo a
titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per la
stessa impugnazione,
principale o incidentale, a
norma del comma
1-bis. Il
giudice da' atto nel
provvedimento della sussistenza
dei
presupposti di cui al periodo precedente
e l'obbligo di
pagamento sorge al momento del
deposito dello stesso.
1-quinquies. - 6-quinquies.
Omissis.».
«Art. 14 (L) (Obbligo di
pagamento). - 1. La
parte
che per prima si costituisce in
giudizio, che deposita il
ricorso introduttivo, ovvero che, nei
processi esecutivi di
espropriazione forzata, fa istanza
per l'assegnazione o la
vendita dei
beni pignorati, e'
tenuta al pagamento
contestuale del contributo unificato.
1-bis. La parte che fa istanza
a norma dell'articolo
492-bis, primo comma, del codice di
procedura civile e'
tenuta al pagamento contestuale del
contributo unificato.
2. Il valore dei processi, determinato
ai sensi
del
codice di
procedura civile, senza
tener conto degli
interessi, deve risultare da apposita
dichiarazione resa
dalla parte nelle conclusioni
dell'atto introduttivo, anche
nell'ipotesi di prenotazione a
debito.
3. La parte di cui al
comma 1,
quando modifica la
domanda o
propone domanda riconvenzionale o
formula
chiamata in causa, cui consegue
l'aumento del valore della
causa, e'
tenuta a farne
espressa dichiarazione e a
procedere al contestuale
pagamento integrativo. Le
altre
parti, quando modificano la
domanda o propongono
domanda
riconvenzionale o formulano chiamata
in causa
o svolgono
intervento autonomo,
sono tenute a
farne espressa
dichiarazione e a procedere al
contestuale pagamento di un
autonomo contributo
unificato, determinato in
base al
valore della domanda proposta.
3-bis. Nei processi tributari,
il valore della lite,
determinato, per ciascun atto
impugnato anche in appello,
ai
sensi del comma
2 dell'articolo 12
del decreto
legislativo 31
dicembre 1992, n.
546, e successive
modificazioni, deve risultare
da apposita dichiarazione
resa dalla parte
nelle conclusioni del
ricorso, anche
nell'ipotesi di prenotazione a
debito.
3-ter. Nel processo
amministrativo per valore della
lite nei ricorsi di cui all'articolo
119, comma 1, lettera
a) del decreto legislativo
2 luglio 2010,
n. 104, si
intende l'importo posto a base
d'asta individuato dalle
stazioni appaltanti
negli atti di
gara, ai sensi
dell'articolo 29, del decreto
legislativo 12 aprile 2006,
n. 163. Nei ricorsi di
cui all'articolo 119,
comma 1,
lettera b) del decreto legislativo 2
luglio 2010, n. 104,
in
caso di controversie
relative all'irrogazione di
sanzioni, comunque denominate,
il valore e'
costituito
dalla somma di queste.».
«Art. 197
(L) (Pagamento delle
spettanze degli
ufficiali giudiziari relative a
notifiche a richiesta
di
parte
nel processo penale,
civile, amministrativo,
contabile e tributario). - 1. La
parte che ha richiesto la
notificazione versa all'ufficiale giudiziario
i diritti e
le spese di spedizione o l'indennita'
di trasferta.
2. Le spese
eventualmente necessarie per
l'invio
della raccomandata di cui agli
articoli 139, 140 e 660, del
codice di procedura civile sono anticipate
dall'ufficiale
giudiziario e rimborsate dalla parte.
3. Per le spese degli atti
esecutivi e quando non sia
possibile la preventiva
determinazione delle somme dovute,
o questa risulti difficoltosa per il
rilevante numero delle
richieste, la parte versa una congrua
somma a favore degli
ufficiali giudiziari.
L'eventuale somma residua,
se non
richiesta dalla
parte entro un
mese dal compimento
dell'ultimo atto richiesto, e' devoluta
allo Stato. Gli
ufficiali giudiziari provvedono
al versamento entro
un
mese.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 35 del
decreto
legislativo 17
gennaio 2003, n.
5 (Definizione dei
procedimenti in
materia di diritto
societario e di
intermediazione finanziaria, nonche'
in materia bancaria e
creditizia, in attuazione
dell'articolo 12 della legge
3
ottobre 2001, n. 366):
«Art. 35 (Disciplina inderogabile
del procedimento
arbitrale). - 1. La domanda di
arbitrato proposta dalla
societa' o
in suo confronto
e' depositata presso
il
registro delle imprese ed e'
accessibile ai soci.
2. Nel procedimento
arbitrale promosso a
seguito
della
clausola compromissoria di
cui all'articolo 34,
l'intervento di terzi a norma
dell'articolo 105 del codice
di procedura civile nonche'
l'intervento di altri soci a
norma degli articoli 106 e
107 dello stesso
codice e'
ammesso fino alla prima udienza di
trattazione. Si applica
l'articolo 820, comma secondo,
del codice di
procedura
civile.
3. Nel
procedimento arbitrale non
si applica
l'articolo 819,
primo comma, del
codice di procedura
civile; tuttavia il lodo e'
sempre impugnabile, anche
in
deroga a quanto previsto
per l'arbitrato internazionale
dall' articolo 838 del codice di
procedura civile, a norma
degli articoli 829, primo comma, e
831 dello stesso codice.
4. Le statuizioni del lodo sono
vincolanti per la
societa'.
5. La devoluzione in arbitrato,
anche non rituale, di
una
controversia non preclude
il ricorso alla
tutela
cautelare a norma dell'articolo
669-quinquies del codice di
procedura civile, ma se la clausola
compromissoria consente
la devoluzione in
arbitrato di controversie
aventi ad
oggetto la validita' di delibere
assembleari agli arbitri
compete sempre il potere di disporre,
con ordinanza non
reclamabile, la sospensione
dell'efficacia della delibera.
5-bis. I dispositivi dell'ordinanza
di sospensione e
del
lodo che decide
sull'impugnazione devono essere
iscritti, a cura degli
amministratori, nel registro delle
imprese.».
- Si riporta il
testo degli articoli
3-bis, comma
1-bis, 5, comma 2, e 6-quater del
decreto legislativo 7
marzo 2005, n. 82 (Codice
dell'amministrazione digitale):
«Art. 3-bis
(Identita' digitale e
Domicilio
digitale). - 01. - 1. Omissis.
1-bis. Fermo restando quanto previsto
al comma 1,
chiunque ha facolta' di eleggere
o modificare il
proprio
domicilio digitale
da iscrivere nell'elenco
di cui
all'articolo 6-quater. Nel caso in
cui il domicilio eletto
risulti non piu'
attivo si procede
alla cancellazione
d'ufficio dall'indice di cui
all'articolo 6-quater secondo
le modalita' fissate nelle Linee
guida.
1-ter. - 5. Omissis.».
«Art. 5 (Effettuazione di
pagamenti con modalita'
informatiche). - 1. Omissis.
2. Al
fine di dare
attuazione al comma
1, la
Presidenza del Consiglio dei ministri
mette a disposizione,
attraverso il
Sistema pubblico di
connettivita', una
piattaforma tecnologica per
l'interconnessione e
l'interoperabilita' tra le
pubbliche amministrazioni e i
prestatori di servizi di pagamento
abilitati, al fine
di
assicurare, attraverso gli
strumenti di cui
all'articolo
64,
l'autenticazione dei soggetti interessati
all'operazione in
tutta la gestione
del processo di
pagamento.
2-ter. - 5. Omissis.».
«Art. 6-quater
(Indice nazionale dei
domicili
digitali delle persone fisiche, dei
professionisti e degli
altri enti di diritto privato, non
tenuti all'iscrizione in
albi, elenchi o registri
professionali o nel registro delle
imprese). - 1. E' istituito il
pubblico elenco dei domicili
digitali delle persone fisiche, dei
professionisti e degli
altri enti di diritto privato
non tenuti all'iscrizione
nell'indice di cui
all'articolo 6-bis, nel
quale sono
indicati i domicili eletti ai sensi
dell'articolo 3-bis,
comma 1-bis. La realizzazione e
la gestione del
presente
Indice sono affidate all'AgID, che vi
provvede avvalendosi
delle strutture informatiche delle
Camere di commercio gia'
deputate alla gestione
dell'elenco di cui
all'articolo
6-bis. E' fatta salva la facolta'
del professionista, non
iscritto in albi, registri o elenchi
professionali di cui
all'articolo 6-bis, di eleggere
presso il presente Indice
un domicilio digitale professionale e
un domicilio digitale
personale diverso dal primo.
2. Per i professionisti
iscritti in albi ed elenchi
il domicilio digitale e'
l'indirizzo inserito nell'elenco
di cui all'articolo 6-bis, fermo restando
il diritto di
eleggerne uno diverso ai sensi
dell'articolo 3-bis, comma
1-bis. Ai
fini dell'inserimento dei
domicili dei
professionisti nel
predetto elenco il
Ministero dello
sviluppo economico
rende disponibili all'AgID,
tramite
servizi informatici
individuati nelle Linee
guida, i
relativi indirizzi
gia' contenuti nell'elenco
di cui
all'articolo 6-bis.
3. AgID provvede costantemente
all'aggiornamento e al
trasferimento dei domicili digitali
delle persone fisiche
contenuti nell'elenco di cui al
presente articolo nell'ANPR
e
il Ministero dell'interno provvede
costantemente
all'aggiornamento e al trasferimento
dei domicili digitali
delle persone fisiche contenuti in
ANPR nell'elenco di cui
al
presente articolo. Le
funzioni di aggiornamento
e
trasferimento dei
dati sono svolte
con le risorse
disponibili a legislazione vigente,
senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza
pubblica.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 4, comma
9, del
decreto-legge 29 dicembre 2009, n.
193 (Interventi urgenti
in
materia di funzionalita'
del sistema giudiziario),
convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 febbraio
2010:
«Art. 4 (Misure urgenti per la
digitalizzazione della
giustizia). - 1. - 8. Omissis.
9. Per consentire il pagamento,
da parte dei privati,
con sistemi telematici di
pagamento ovvero con
carte di
debito, di credito
o prepagate o
con altri mezzi
di
pagamento con moneta elettronica
disponibili nei circuiti
bancario e postale, del contributo
unificato, del diritto
di copia, del diritto di certificato,
delle spettanze degli
ufficiali giudiziari relative ad
attivita' di notificazione
ed esecuzione, delle somme per il
recupero del patrocinio a
spese dello Stato, delle spese
processuali, delle spese di
mantenimento, delle
pene pecuniarie, delle
sanzioni
amministrative pecuniarie e
delle sanzioni pecuniarie
il
Ministero della giustizia si avvale,
senza nuovi o maggiori
oneri a carico del bilancio
dello Stato, di
intermediari
abilitati che, ricevuto
il versamento delle
somme, ne
effettuano il riversamento
alla Tesoreria dello
Stato,
registrando in apposito sistema
informatico a disposizione
dell'amministrazione i pagamenti eseguiti
e la relativa
causale, la corrispondenza di ciascun
pagamento, i capitoli
e gli articoli d'entrata. Entro
60 giorni dalla
data di
entrata in vigore del presente
decreto il Ministro
della
giustizia, di concerto con
il Ministro dell'economia
e
delle finanze, determina con
proprio decreto, sentito
il
Centro nazionale
per l'informatica nella
pubblica
amministrazione, le modalita'
tecniche per il riversamento,
la rendicontazione e
l'interconnessione dei sistemi
di
pagamento, nonche'
il modello di
convenzione che
l'intermediario abilitato deve
sottoscrivere per effettuare
servizio. Il Ministero della
giustizia, di concerto con il
Ministero dell'economia e delle
finanze, stipula apposite
convenzioni a seguito di procedura
di gara ad
evidenza
pubblica per
la fornitura dei
servizi e delle
infrastrutture senza nuovi o maggiori
oneri a
carico del
bilancio dello Stato. Le
convenzioni di cui
al presente
articolo prevedono
che gli oneri
derivanti
dall'allestimento e
dal funzionamento del
sistema
informatico sono a carico degli
intermediari abilitati.
10. - 11. Omissis.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 3 del decreto del
Presidente della
Repubblica 26 ottobre
1972, n. 642
(Disciplina dell'imposta di bollo):
«Art. 3 (Modi di pagamento). -
1. L'imposta di bollo
si
corrisponde secondo le
indicazioni della tariffa
allegata:
a) mediante pagamento
dell'imposta ad intermediario
convenzionato con
l'Agenzia delle entrate,
il quale
rilascia, con modalita' telematiche,
apposito contrassegno;
b) in
modo virtuale, mediante
pagamento
dell'imposta all'ufficio dell'Agenzia
delle entrate o ad
altri uffici autorizzati o mediante
versamento in conto
corrente postale.
2. Le frazioni degli
importi dell'imposta di
bollo
dovuta in misura proporzionale sono
arrotondate ad euro
0,10 per difetto o per eccesso a
seconda che si
tratti
rispettivamente di frazioni fino ad
euro 0,05 o superiori
ad euro 0,05.
3. In ogni caso l'imposta
e' dovuta nella
misura
minima di euro 1,00,
ad eccezione delle
cambiali e dei
vaglia cambiari di cui, rispettivamente, all'articolo
6,
numero 1, lettere a) e b), e numero
2, della tariffa
-
Allegato A- annessa
al presente decreto,
per i quali
l'imposta minima e' stabilita in euro
0,50.».
-
Il decreto del
Ministero dell'economia e
delle
finanze 9 ottobre 2006, n. 293,
concernente «Regolamento
recante norme per l'introduzione di
nuove modalita' di
versamento presso le tesorerie
statali» e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 20 dicembre 2006,
n. 295.
- Si riporta il testo
degli articoli 16-bis,
comma
9-bis, 16-octies, 16-decies e
16-undecies del decreto-legge
18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori
misure urgenti per la
crescita del Paese), convertito,
con modificazioni, dalla
legge 17 dicembre 2012, n. 221:
«Art. 16-bis
(Obbligatorieta' del deposito telematico
degli atti processuali). - 1. - 9.
Omissis.
9-bis. Le copie informatiche,
anche per immagine, di
atti processuali di parte e degli
ausiliari del giudice
nonche' dei provvedimenti di
quest'ultimo, presenti nei
fascicoli informatici
o trasmessi in
allegato alle
comunicazioni telematiche dei
procedimenti indicati nel
presente articolo, equivalgono
all'originale anche se prive
della firma digitale del cancelliere
di attestazione di
conformita' all'originale. Il
difensore, il dipendente di
cui si avvale la pubblica
amministrazione per stare
in
giudizio personalmente, il
consulente tecnico, il
professionista delegato, il
curatore ed il
commissario
giudiziale possono
estrarre con modalita'
telematiche
duplicati, copie analogiche o
informatiche degli atti e dei
provvedimenti di cui al periodo
precedente ed attestare la
conformita' delle copie estratte
ai corrispondenti atti
contenuti nel fascicolo informatico.
Le copie analogiche ed
informatiche, anche per immagine, estratte
dal fascicolo
informatico e munite dell'attestazione di
conformita' a
norma del presente comma,
equivalgono all'originale. Il
duplicato informatico di
un documento informatico
deve
essere prodotto
mediante processi e
strumenti che
assicurino che il
documento informatico ottenuto
sullo
stesso sistema di memorizzazione o
su un
sistema diverso
contenga la
stessa sequenza di bit
del documento
informatico di origine. Le
disposizioni di cui al presente
comma non si applicano agli atti
processuali che contengono
provvedimenti giudiziali che autorizzano
il prelievo di
somme di denaro vincolate all'ordine
del giudice.
9-ter. - 9-octies. Omissis.».
«Art. 16-octies (Ufficio per il
processo). - 1. Al
fine di garantire
la ragionevole durata
del processo,
attraverso l'innovazione
dei modelli organizzativi ed
assicurando un piu' efficiente
impiego delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione
sono costituite,
presso le
corti di appello
e i tribunali
ordinari,
strutture
organizzative denominate "ufficio per
il
processo", mediante l'impiego
del personale di cancelleria
e di coloro che svolgono, presso
i predetti uffici,
il
tirocinio formativo
a norma dell'articolo 73
del
decreto-legge 21
giugno 2013, n.
69, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 agosto
2013, n. 98,
o la
formazione professionale dei laureati
a norma dell'articolo
37, comma 5, del decreto-legge
6 luglio 2011,
n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011,
n. 111. Fanno altresi' parte
dell'ufficio per il processo
costituito presso le corti di appello
i giudici ausiliari
di cui agli articoli 62 e seguenti
del decreto-legge 21
giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, dalla
legge 9 agosto 2013, n. 98, e
dell'ufficio per il processo
costituito presso
i tribunati, i
giudici onorari di
tribunale di cui agli articoli 42 ter
e seguenti del regio
decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
2. Il Consiglio Superiore della
Magistratura e il
Ministro della
giustizia, nell'ambito delle
rispettive
competenze, danno attuazione alle
disposizioni di cui al
comma 1, nell'ambito delle
risorse disponibili e
senza
nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.».
«Art. 16-decies
(Potere di certificazione di
conformita' delle copie degli atti e
dei provvedimenti). -
1. Il difensore, il dipendente di cui
si avvale la pubblica
amministrazione per stare in
giudizio personalmente, il
consulente tecnico, il professionista
delegato, il curatore
ed
il commissario giudiziale,
quando depositano con
modalita' telematiche
la copia informatica,
anche per
immagine, di
un atto processuale
di parte o
di un
provvedimento del giudice formato su
supporto analogico e
detenuto in originale o in copia
conforme, attestano la
conformita' della copia al predetto
atto. La copia munita
dell'attestazione di conformita'
equivale all'originale o
alla copia conforme dell'atto o del
provvedimento.».
«Art. 16-undecies
(Modalita' dell'attestazione di
conformita'). - 1. Quando
l'attestazione di conformita'
prevista dalle disposizioni della
presente sezione, dal
codice di procedura civile e dalla
legge 21 gennaio 1994,
n. 53, si riferisce ad una copia
analogica, l'attestazione
stessa e' apposta in calce o a margine della
copia o su
foglio separato, che sia pero'
congiunto materialmente alla
medesima.
2. Quando l'attestazione di
conformita' si riferisce
ad una copia informatica,
l'attestazione stessa e' apposta
nel medesimo documento informatico.
3. Nel caso previsto dal comma
2, l'attestazione di
conformita' puo' alternativamente essere
apposta su un
documento informatico separato
e l'individuazione della
copia cui si riferisce ha luogo
esclusivamente secondo le
modalita' stabilite nelle specifiche
tecniche stabilite dal
responsabile per i sistemi informativi
automatizzati del
Ministero della giustizia.
Se la copia
informatica e'
destinata alla notifica,
l'attestazione di conformita' e'
inserita nella relazione di
notificazione.
3-bis. I soggetti
di cui all'articolo
16-decies,
comma
1, che compiono
le attestazioni di
conformita'
previste dalle disposizioni della
presente sezione, dal
codice di procedura civile e dalla
legge 21 gennaio 1994,
n. 53,
sono considerati pubblici
ufficiali ad ogni
effetto.».
- Si riporta il testo dell'articolo
359 del decreto
legislativo 12 gennaio 2019, n.
14 (Codice della
crisi
d'impresa e dell'insolvenza in
attuazione della legge
19
ottobre 2017, n. 155):
«Art. 359 (Area web
riservata). - 1.
L'area web
riservata di cui all'articolo 40,
comma 6,
e' realizzata
dal Ministero dello sviluppo
economico, sentita l'Agenzia
per
l'Italia digitale, avvalendosi
delle strutture
informatiche di
cui all'articolo 6-bis,
comma 4, del
decreto legislativo
7 marzo 2005,
n. 82 (Codice
dell'amministrazione digitale).
2. Il Ministro dello sviluppo
economico, di concerto
con il Ministro della giustizia e con
il Ministro per la
pubblica amministrazione, sentito
il Garante per
la
protezione dei dati personali, con
decreto da adottarsi
entro il 1° marzo 2020, definisce in
particolare:
a) la codifica degli eventi
che generano avvisi di
mancata consegna, distinguendo
tra quelli imputabili
e
quelli non imputabili al
destinatario;
b) le modalita' di
inserimento automatico degli
atti nell'area web riservata;
c) le modalita' di accesso a
ciascuna area da parte
dei rispettivi titolari;
d) le
modalita' di comunicazione
al titolare
dell'area web riservata del link
per accedere agevolmente
all'atto oggetto della notifica,
escludendo la rilevanza di
questa comunicazione ai
fini del perfezionamento della
notifica, gia' avvenuta per effetto
dell'inserimento di cui
alla lettera seguente;
e) il contenuto e le modalita'
di rilascio alla
cancelleria dell'attestazione dell'avvenuto inserimento
dell'atto da notificare nell'area web
riservata;
f) il contenuto della
ricevuta di avvenuta notifica
mediante inserimento nell'area web
riservata e le modalita'
di firma elettronica;
g) il periodo di tempo per il
quale e'
assicurata
la
conservazione dell'atto notificato
nell'area web
riservata.
h) le misure necessarie ad
assicurare la protezione
dei dati personali.».
- Il regio decreto 11 dicembre
1933, n.
1775 recante
«Testo unico delle disposizioni di
legge sulle acque
e
impianti elettrici», e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale
8 gennaio 1934, n. 5.
- La legge 24 marzo 2001, n. 89,
recante «Previsione di
equa
riparazione in caso
di violazione del
termine
ragionevole del processo e modifica
dell'articolo 375 del
codice di procedura civile», e'
pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 3 aprile 2001, n. 78.
- Il decreto-legge 17 febbraio
2017, n. 13
recante
«Disposizioni urgenti per
l'accelerazione dei procedimenti
in materia di protezione internazionale, nonche'
per il
contrasto dell'immigrazione illegale»,
convertito, con
modificazioni, dalla legge
13 aprile 2017,
n. 46, e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
17 febbraio 2017,
n.
40.
- Si riporta il testo
dell'articolo 3 della
legge 5
febbraio 1992,
n. 104 (Legge-quadro
per l'assistenza,
l'integrazione sociale
e i diritti
delle persone
handicappate):
«Art. 3 (Soggetti aventi
diritto). - 1. E'
persona
handicappata colui che presenta
una minorazione fisica,
psichica o sensoriale, stabilizzata o
progressiva, che e'
causa di difficolta' di apprendimento,
di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da
determinare un processo
di svantaggio sociale o di
emarginazione.
2. La
persona handicappata ha
diritto alle
prestazioni stabilite in suo
favore in relazione
alla
natura e alla consistenza della
minorazione, alla capacita'
complessiva individuale residua
e alla efficacia
delle
terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione,
singola o plurima, abbia
ridotto l'autonomia personale,
correlata all'eta', in modo
da
rendere necessario un
intervento assistenziale
permanente, continuativo e globale nella
sfera individuale
o in quella di relazione, la
situazione assume connotazione
di
gravita'. Le situazioni
riconosciute di gravita'
determinano priorita' nei programmi e
negli interventi dei
servizi pubblici.
4. La presente legge si applica
anche agli stranieri
e agli apolidi, residenti, domiciliati
o aventi stabile
dimora nel territorio nazionale. Le
relative prestazioni
sono corrisposte nei limiti ed
alle condizioni previste
dalla vigente legislazione o da
accordi internazionali.».
- La legge 14 gennaio 2013, n. 4,
recante «Disposizioni
in materia di professioni non
organizzate», e' pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale 26 gennaio
2013, n. 22.
- Si riporta il testo degli
articoli 3, 8 e
9 della
legge 1°dicembre 1970, n.
898 (Disciplina dei
casi di
scioglimento del matrimonio):
«Art. 3. - Lo scioglimento
o la cessazione
degli
effetti civili del matrimonio puo'
essere domandato da uno
dei coniugi:
1) quando, dopo la
celebrazione del matrimonio,
l'altro coniuge e' stato condannato,
con sentenza passata
in giudicato, anche per fatti
commessi in precedenza:
a) all'ergastolo ovvero ad
una pena superiore ad
anni quindici, anche con piu' sentenze,
per uno o piu'
delitti non colposi, esclusi i
reati politici e
quelli
commessi per motivi di particolare
valore morale e sociale;
b) a qualsiasi pena
detentiva per il delitto di
cui all'art. 564 del codice penale e
per uno dei delitti di
cui agli articoli 519, 521, 523 e
524 del
codice penale,
ovvero per
induzione, costrizione, sfruttamento o
favoreggiamento della prostituzione;
c) a qualsiasi pena per
omicidio volontario di un
figlio ovvero per tentato omicidio a
danno del coniuge o di
un figlio;
d) a qualsiasi pena
detentiva, con due
o piu'
condanne, per i delitti di cui
all'art. 582, quando ricorra
la circostanza aggravante di cui al
secondo comma dell'art.
583, e agli articoli 570, 572 e 643
del codice penale, in
danno del coniuge o di un figlio.
Nelle ipotesi previste alla
lettera d) il giudice
competente a pronunciare lo
scioglimento o la
cessazione
degli effetti civili
del matrimonio accerta,
anche in
considerazione del comportamento
successivo del convenuto,
la
di lui inidoneita'
a mantenere o
ricostituire la
convivenza familiare.
Per tutte le ipotesi previste nel
n. 1)
del presente
articolo la domanda non e'
proponibile dal coniuge che sia
stato condannato per concorso nel
reato ovvero quando
la
convivenza coniugale e' ripresa;
2) nei casi in cui:
a) l'altro coniuge e' stato
assolto per vizio
totale di mente da uno dei delitti
previsti nelle lettere
b) e c) del numero 1) del
presente articolo, quando
il
giudice competente a
pronunciare lo scioglimento
o la
cessazione degli effetti
civili del matrimonio
accerta
l'inidoneita' del convenuto a
mantenere o ricostituire la
convivenza familiare;
b) e' stata pronunciata con
sentenza passata in
giudicato la separazione giudiziale
fra i coniugi, ovvero
e' stata omologata la separazione
consensuale ovvero e'
intervenuta separazione di fatto
quando la separazione di
fatto stessa e' iniziata almeno
due anni prima
del 18
dicembre 1970.
In tutti i predetti casi, per
la proposizione della
domanda di scioglimento
o di cessazione
degli effetti
civili del
matrimonio, le separazioni
devono essersi
protratte ininterrottamente da
almeno dodici mesi
dall'avvenuta
comparizione dei coniugi
innanzi al
presidente del tribunale nella
procedura di separazione
personale e
da sei mesi
nel caso di
separazione
consensuale, anche quando il
giudizio contenzioso si sia
trasformato in consensuale, ovvero
dalla data certificata
nell'accordo di
separazione raggiunto a
seguito di
convenzione di negoziazione assistita
da un avvocato ovvero
dalla data dell'atto contenente l'accordo
di separazione
concluso innanzi
all'ufficiale dello stato
civile.
L'eventuale interruzione
della separazione deve
essere
eccepita dalla parte convenuta.
c) il procedimento penale
promosso per i delitti
previsti dalle lettere b) e c)
del n. 1)
del presente
articolo si
e' concluso con
sentenza di non
doversi
procedere per estinzione
del reato, quando
il giudice
competente a pronunciare lo
scioglimento o la
cessazione
degli effetti civili del matrimonio
ritiene che nei fatti
commessi sussistano
gli elementi costitutivi
e le
condizioni di punibilita' dei delitti
stessi;
d) il procedimento
penale per incesto
si e'
concluso con sentenza di
proscioglimento o di assoluzione
che dichiari non punibile il fatto
per mancanze di pubblico
scandalo;
e)
l'altro coniuge, cittadino
straniero, ha
ottenuto all'estero l'annullamento
o lo
scioglimento del
matrimonio o ha contratto all'estero
nuovo matrimonio;
f) il matrimonio non e'
stato consumato;
g) e'
passata in giudicato
sentenza di
rettificazione di attribuzione di
sesso a norma della legge
14 aprile 1982, n. 164.».
«Art. 8. - Il Tribunale che
pronuncia lo scioglimento
o la cessazione degli effetti
civili del matrimonio
puo'
imporre all'obbligato di prestare
idonea garanzia reale o
personale se esiste il pericolo
che egli
possa sottrarsi
all'adempimento degli obblighi di cui
agli articoli 5 e 6.
La sentenza
costituisce titolo per
l'iscrizione
dell'ipoteca giudiziale ai sensi
dell'art. 2818 del codice
civile.
Il coniuge cui spetta
la corresponsione periodica
dell'assegno, dopo
la costituzione in
mora a mezzo
raccomandata con
avviso di ricevimento
del coniuge
obbligato e inadempiente per un
periodo di almeno
trenta
giorni, puo'
notificare il provvedimento
in cui e'
stabilita la
misura dell'assegno ai
terzi tenuti a
corrispondere periodicamente
somme di
denaro al coniuge
obbligato con l'invito a
versargli direttamente le
somme
dovute, dandone comunicazione al
coniuge inadempiente.
Ove il
terzo cui sia
stato notificato il
provvedimento non adempia, il coniuge
creditore ha azione
diretta esecutiva nei suoi confronti
per il pagamento delle
somme dovutegli quale assegno
di mantenimento ai
sensi
degli articoli 5 e 6.
Qualora il
credito del coniuge
obbligato nei
confronti dei suddetti terzi sia
stato gia' pignorato
al
momento della
notificazione,
all'assegnazione e alla
ripartizione delle somme fra
il coniuge cui
spetta la
corresponsione periodica
dell'assegno, il creditore
procedente e
i creditori intervenuti
nell'esecuzione,
provvede il giudice dell'esecuzione.
Lo Stato e gli altri enti
indicati nell'art. 1 del
testo
unico delle leggi
concernenti il sequestro,
il
pignoramento e
la cessione degli
stipendi, salari e
pensioni dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni,
approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 5
gennaio 1950, n. 180, nonche' gli
altri enti datori
di
lavoro cui sia stato notificato il
provvedimento in cui e'
stabilita la
misura dell'assegno e
l'invito a pagare
direttamente al
coniuge cui spetta
la corresponsione
periodica, non possono versare
a quest'ultimo oltre
la
meta' delle somme dovute al coniuge
obbligato, comprensive
anche degli assegni e degli
emolumenti accessori.
Per assicurare che siano
soddisfatte o conservate le
ragioni del
creditore in ordine
all'adempimento degli
obblighi di
cui agli articoli
5 e 6,
su richiesta
dell'avente diritto, il giudice puo'
disporre il sequestro
dei beni del coniuge obbligato a somministrare
l'assegno.
Le somme spettanti al coniuge
obbligato alla corresponsione
dell'assegno di cui al
precedente comma sono
soggette a
sequestro e pignoramento fino alla
concorrenza della meta'
per il soddisfacimento dell'assegno periodico
di cui
agli
articoli 5 e 6.».
«Art. 9. -
1. Qualora sopravvengono
giustificati
motivi dopo la sentenza che pronuncia
lo scioglimento o la
cessazione degli
effetti civili del
matrimonio, il
Tribunale, in camera di consiglio
e, per
i provvedimenti
relativi ai figli,
con la partecipazione del
pubblico
ministero, puo', su istanza di parte,
disporre la revisione
delle disposizioni concernenti
l'affidamento dei figli e di
quelle relative alla misura e alle
modalita' dei contributi
da corrispondere ai sensi degli
articoli 5 e 6.
2. In caso di morte dell'ex
coniuge e in assenza di
un coniuge superstite avente i
requisiti per la pensione di
reversibilita', il coniuge
rispetto al quale
e' stata
pronunciata sentenza di scioglimento
o di cessazione degli
effetti civili del matrimonio ha
diritto, se non passato a
nuove nozze e sempre che
sia titolare di assegno ai sensi
dell'art. 5, alla pensione di
reversibilita', sempre che il
rapporto da cui trae origine il trattamento
pensionistico
sia anteriore alla sentenza.
3. Qualora esista un
coniuge superstite avente
i
requisiti per la pensione
di reversibilita', una
quota
della pensione e degli altri assegni
a questi spettanti e'
attribuita dal Tribunale, tenendo
conto della durata
del
rapporto, al coniuge rispetto al
quale e' stata pronunciata
la sentenza di scioglimento o di
cessazione degli effetti
civili del matrimonio e che sia titolare
dell'assegno di
cui all'art. 5. Se in
tale condizione si
trovano piu'
persone, il Tribunale provvede a ripartire
fra tutti la
pensione e gli altri assegni,
nonche' a ripartire
tra i
restanti le quote attribuite
a chi sia
successivamente
morto o passato a nuove nozze.
4. Restano
fermi, nei limiti
stabiliti dalla
legislazione vigente, i diritti
spettanti a figli, genitori
o collaterali in merito al
trattamento di reversibilita'.
5. Alle domande giudiziali
dirette al conseguimento
della pensione di reversibilita' o di
parte di
essa deve
essere allegato un atto notorio,
ai sensi
della legge 4
gennaio 1968, n. 15, dal
quale risultino tutti gli aventi
diritto. In ogni caso, la sentenza
che accoglie la domanda
non pregiudica la tutela, nei confronti
dei beneficiari,
degli aventi
diritto pretermessi, salva
comunque
l'applicabilita' delle sanzioni
penali per le dichiarazioni
mendaci.».
- I Titoli I, I-bis, II, III e IV
della legge 4 maggio
1983, n. 184 (Diritto del minore ad
una famiglia), recano:
«TITOLO I
- Principi generali;
TITOLO I-bis -
Dell'affidamento del minore; TITOLO
II - Dell'adozione;
TITOLO III - Dell'adozione
internazionale; TITOLO IV -
Dell'adozione in casi particolari».
- Il regio decreto-legge
20 luglio 1934,
n. 1404,
recante «Istituzione e funzionamento
del tribunale per i
minorenni» e convertito in legge, con
modificazioni, dalla
legge 27 maggio 1935, n. 835, e'
pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 5 settembre 1934, n. 208.
- Si riporta il testo
dell'articolo 3 della legge
10
dicembre 2012,
n. 219 (Disposizioni in
materia di
riconoscimento dei figli naturali):
«Art. 3 (Modifica dell'articolo
38 delle disposizioni
per
l'attuazione del codice
civile e disposizioni
a
garanzia dei
diritti dei figli
agli alimenti e al
mantenimento). - 1. L'articolo
38 delle
disposizioni per
l'attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie,
di
cui al regio
decreto 30 marzo
1942, n. 318,
e'
sostituito dal seguente:
«Art. 38. - Sono di competenza del tribunale
per i
minorenni i provvedimenti
contemplati dagli articoli
84,
90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371,
ultimo comma, del codice
civile. Per i procedimenti di
cui all'articolo 333
resta
esclusa la
competenza del tribunale
per i minorenni
nell'ipotesi in cui sia in corso,
tra le stesse
parti,
giudizio di separazione o divorzio
o giudizio ai
sensi
dell'articolo 316 del codice civile;
in tale
ipotesi per
tutta la durata del processo la competenza,
anche per i
provvedimenti contemplati dalle
disposizioni richiamate nel
primo periodo, spetta al giudice
ordinario.
Sono emessi dal tribunale
ordinario i provvedimenti
relativi ai
minori per i
quali non e'
espressamente
stabilita la
competenza di una
diversa autorita'
giudiziaria. Nei procedimenti in
materia di affidamento e
di
mantenimento dei minori
si applicano, in
quanto
compatibili, gli articoli 737 e
seguenti del codice
di
procedura civile.
Fermo restando quanto
previsto per le
azioni di
stato, il tribunale competente
provvede in ogni
caso in
camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero, e i
provvedimenti emessi sono
immediatamente esecutivi, salvo
che
il giudice disponga
diversamente. Quando il
provvedimento e' emesso dal tribunale
per i minorenni, il
reclamo si propone davanti alla
sezione di corte di appello
per i minorenni.».
2. Il
giudice, a garanzia
dei provvedimenti
patrimoniali in materia di
alimenti e mantenimento
della
prole, puo' imporre
al genitore obbligato
di prestare
idonea garanzia personale o reale,
se esiste il
pericolo
che
possa sottrarsi all'adempimento degli
obblighi
suddetti. Per assicurare che siano
conservate o soddisfatte
le ragioni del creditore in ordine
all'adempimento degli
obblighi di cui al periodo
precedente, il giudice
puo'
disporre il
sequestro dei beni
dell'obbligato secondo
quanto previsto dall'articolo 8,
settimo comma, della legge
1° dicembre 1970, n. 898.
Il giudice puo'
ordinare ai
terzi, tenuti a corrispondere anche
periodicamente somme di
denaro all'obbligato, di
versare le somme
dovute
direttamente agli aventi diritto,
secondo quanto previsto
dall'articolo 8, secondo comma e
seguenti, della legge 1°
dicembre 1970,
n. 898. I
provvedimenti definitivi
costituiscono titolo
per l'iscrizione dell'ipoteca
giudiziale ai sensi dell'articolo
2818 del codice civile.».
- Si riporta
il testo dell'articolo
42 del regio
decreto 30 gennaio 1941, n. 12
(Ordinamento giudiziario):
«Art. 42 (Sede del tribunale).
- Il tribunale ha sede
in ogni capoluogo determinato nella
tabella A annessa
al
presente ordinamento.».
- La legge 15 gennaio 1994, n. 64, recante
«Ratifica ed
esecuzione della convenzione europea
sul riconoscimento e
l'esecuzione delle decisioni in
materia di affidamento dei
minori e di ristabilimento dell'affidamento, aperta
alla
firma a Lussemburgo il 20 maggio
1980, e della convenzione
sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale di
minori, aperta alla firma a L'Aja il
25 ottobre 1980; norme
di attuazione delle predette
convenzioni, nonche' della
convenzione in materia di protezione
dei minori, aperta
alla firma a L'Aja il 5 ottobre 1961,
e della
convenzione
in materia di rimpatrio dei
minori, aperta alla
firma a
L'Aja il 28 maggio 1970»,
e' pubblicata nella
Gazzetta
Ufficiale 29 gennaio 1994, n. 23,
S.O.
-
Si riporta il
testo dell'articolo 111
della
Costituzione:
«Art. 111. - La giurisdizione
si attua
mediante il
giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel
contradditorio tra le
parti, in condizioni di parita',
davanti a giudice terzo e
imparziale. La legge ne assicura la
ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge
assicura che la persona
accusata di un reato sia, nel piu'
breve tempo possibile,
informata riservatamente della
natura e dei
motivi
dell'accusa elevata a suo carico;
disponga del tempo
e
delle condizioni necessari per preparare
la sua difesa;
abbia la facolta', davanti al
giudice, di interrogare o di
far interrogare le persone che
rendono dichiarazioni a suo
carico, di ottenere la convocazione
e l'interrogatorio di
persone a sua difesa nelle stesse
condizioni dell'accusa e
l'acquisizione di ogni altro mezzo di
prova a suo favore;
sia assistita da un interprete se non
comprende o non parla
la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale e'
regolato dal principio
del
contradditorio nella
formazione della prova.
La
colpevolezza dell'imputato non
puo' essere provata
sulla
base di dichiarazioni rese da chi,
per libera scelta, si e'
sempre volontariamente sottratto
all'interrogatorio da
parte dell'imputato o del suo
difensore.
La legge regola i casi la cui
formazione della prova
non ha luogo in contradditorio per
consenso dell'imputato o
per accertata impossibilita' di
natura oggettiva o per
effetto di provata condotta illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono
essere
motivati.
Contro le sentenze e contro
i provvedimenti sulla
liberta' personale, pronunciati dagli
organi
giurisdizionali ordinari o
speciali, e' sempre
ammesso
ricorso in Cassazione per violazione
di legge. Si
puo'
derogare a
tale norma soltanto
per le sentenze
dei
Tribunali militari in tempo di
guerra.
Contro le decisioni del
Consiglio di Stato e
della
Corte dei conti il ricorso in
Cassazione e' ammesso per i
soli motivi inerenti alla
giurisdizione.».
- Si riporta il testo degli
articoli 22 e 179-ter del
regio decreto 18 dicembre 1941, n.
1368 (Disposizioni per
l'attuazione del codice di procedura
civile e disposizioni
transitorie):
«Art. 22 (Distribuzione degli
incarichi). - Tutti i
giudici che hanno sede nella
circoscrizione del tribunale
debbono affidare normalmente
le funzioni di
consulente
tecnico agli iscritti nell'albo del
tribunale medesimo.
Il giudice istruttore che
conferisce un incarico a un
consulente iscritto in albo di altro
tribunale o a persona
non iscritta in alcun albo, deve
sentire il presidente
e
indicare nel provvedimento i motivi
della scelta.
Le funzioni di consulente
presso la corte d'appello
sono normalmente affidate agli
iscritti negli albi
dei
tribunali del distretto. Se
l'incarico e' conferito
ad
iscritti in altri albi o a persone
non iscritte in
alcun
albo, deve essere sentito il primo
presidente e debbono
essere indicati nel provvedimento i
motivi della scelta.».
«Art. 179-ter
(Elenco dei professionisti che
provvedono alle operazioni
di vendita). -
Presso ogni
tribunale e' istituito un elenco
dei professionisti che
provvedono alle operazioni di
vendita. Possono ottenere
l'iscrizione nell'elenco
i professionisti di
cui agli
articoli 534-bis e 591-bis, primo
comma, del codice,
che
dimostrano di
aver assolto gli
obblighi di prima
formazione, stabiliti
con decreto avente
natura non
regolamentare del Ministro della
giustizia. Con il medesimo
decreto sono stabiliti gli obblighi
di formazione periodica
da assolvere ai fini della
conferma dell'iscrizione, sono
fissate le
modalita' per la
verifica dell'effettivo
assolvimento degli obblighi formativi
e sono individuati il
contenuto e le modalita' di
presentazione delle domande.
E' istituita presso
ciascuna corte di
appello una
commissione, la
cui composizione e'
disciplinata dal
decreto di cui al primo comma. Con il
medesimo decreto sono
disciplinate le
modalita' di funzionamento della
commissione. L'incarico di componente
della commissione ha
durata triennale, puo' essere
rinnovato una sola volta
e
non comporta alcuna indennita'
o retribuzione a
carico
dello Stato, ne' alcun tipo di
rimborso spese.
La commissione
provvede alla tenuta
dell'elenco,
all'esercizio della
vigilanza sugli iscritti,
alla
valutazione delle domande di
iscrizione e all'adozione dei
provvedimenti di cancellazione
dall'elenco.
La Scuola superiore della
magistratura elabora le
linee guida generali per la
definizione dei programmi dei
corsi di
formazione e di
aggiornamento, sentiti il
Consiglio nazionale forense, il
Consiglio nazionale dei
dottori commercialisti e
degli esperti contabili
e il
Consiglio nazionale notarile. La commissione
esercita le
funzioni di cui al terzo comma, anche
tenendo conto delle
risultanze dei rapporti riepilogativi
di cui
all'articolo
16-bis, commi 9-sexies e
9-septies, del decreto-legge
18
ottobre 2012, n. 179, convertito, con
modificazioni, dalla
legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Valuta altresi' i
motivi
per i quali sia stato revocato
l'incarico in una
o piu'
procedure esecutive.
Quando ricorrono speciali ragioni,
l'incarico puo'
essere conferito a persona non
iscritta in alcun
elenco;
nel
provvedimento di conferimento
dell'incarico devono
essere analiticamente indicati i
motivi della scelta. Per
quanto non disposto diversamente dal
presente articolo, si
applicano le
disposizioni di cui
agli articoli 13 e
seguenti in quanto compatibili. I
professionisti cancellati
dall'elenco non possono essere reinseriti
nel triennio in
corso e nel triennio successivo.».
- Si riporta il testo degli
articoli 13 e 15 del citato
regio
decreto 18 dicembre
1941, n. 1368,
cosi' come
modificato dalla presente legge:
«Art. 13 (Albo dei
consulenti tecnici). - Presso ogni
tribunale e' istituito un albo dei
consulenti tecnici.
L'albo e' diviso in categorie.
Debbono essere
sempre comprese nell'albo
le
categorie: 1.
medico-chirurgica; 2. industriale; 3.
commerciale; 4. agricola; 5.
bancaria; 6. Assicurativa; 7)
della neuropsichiatria infantile,
della psicologia
dell'eta' evolutiva
e della psicologia
giuridica o
forense.».
«Art. 15 (Iscrizione
nell'albo). - Possono ottenere
l'iscrizione nell'albo coloro che
sono forniti di speciale
competenza tecnica in una
determinata materia, sono
di
condotta morale specchiata e sono
iscritti nelle rispettive
associazioni professionali.
Con riferimento alla
categoria di cui
all'articolo
13, terzo comma, numero 7), la
speciale competenza tecnica
sussiste qualora
ricorrano,
alternativamente o
congiuntamente, i seguenti requisiti:
1) comprovata esperienza
professionale in materia
di violenza domestica e nei confronti
di minori;
2) possesso di adeguati
titoli di specializzazione
o
approfondimento
post-universitari in psichiatria,
psicoterapia, psicologia dell'eta'
evolutiva o psicologia
giuridica o forense, purche' iscritti
da almeno cinque anni
nei rispettivi albi professionali;
3) aver svolto per almeno
cinque anni attivita'
clinica con minori presso strutture
pubbliche o private.
Nessuno puo' essere iscritto in
piu' di un albo.
Sulle domande
di iscrizione decide
il comitato
indicato nell'articolo precedente.
Contro il
provvedimento del comitato
e' ammesso
reclamo, entro quindici
giorni dalla notificazione, al
comitato previsto nell'articolo.».
- Si riporta
il testo dell'articolo
38 del regio
decreto 30
marzo 1942, n.
318 (Disposizioni per
l'attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie),
cosi' come modificato dalla presente
legge:
«Art. 38. - Sono di competenza
del tribunale per i
minorenni i procedimenti previsti
dagli articoli 84,
90,
250, ultimo comma, 251, 317-bis, ultimo comma,
330, 332,
333, 334, 335 e 371, ultimo comma,
del codice civile. Sono
di
competenza del tribunale
ordinario i procedimenti
previsti dagli articoli 330, 332,
333, 334 e 335 del codice
civile, anche
se instaurati su
ricorso del pubblico
ministero, quando
e' gia' pendente
o e' instaurato
successivamente, tra
le stesse parti,
giudizio di
separazione, scioglimento o
cessazione degli effetti civili
del matrimonio, ovvero giudizio ai
sensi degli articoli
250, quarto comma, 268, 277,
secondo comma, e
316 del
codice civile, dell'articolo 710
del codice di
procedura
civile e dell'articolo 9 della legge
1° dicembre 1970, n.
898. In questi casi il tribunale per
i minorenni, d'ufficio
o su richiesta di parte, senza
indugio e comunque entro il
termine di quindici giorni dalla richiesta,
adotta tutti
gli
opportuni provvedimenti temporanei
e urgenti
nell'interesse del minore e trasmette
gli atti al tribunale
ordinario, innanzi
al quale il
procedimento, previa
riunione, continua. I provvedimenti
adottati dal tribunale
per i minorenni conservano la loro
efficacia fino a quando
sono confermati, modificati o revocati
con provvedimento
emesso dal tribunale ordinario. Il
pubblico ministero della
procura della
Repubblica presso il
tribunale per i
minorenni, nei
casi di trasmissione
degli atti dal
tribunale per i minorenni al
tribunale ordinario, provvede
alla trasmissione dei propri atti
al pubblico ministero
della
procura della Repubblica
presso il tribunale
ordinario.
Il tribunale per i
minorenni e' competente
per il
ricorso previsto
dall'articolo 709-ter del
codice di
procedura civile quando e' gia'
pendente o e'
instaurato
successivamente, tra
le stesse parti,
un procedimento
previsto dagli articoli 330, 332,
333, 334 e 335 del codice
civile. Nei casi in cui e' gia' pendente
o viene instaurato
autonomo procedimento previsto dall'articolo
709-ter del
codice di procedura civile davanti al
tribunale ordinario,
quest'ultimo, d'ufficio o
a richiesta di
parte, senza
indugio e
comunque non oltre
quindici giorni dalla
richiesta, adotta
tutti gli opportuni
provvedimenti
temporanei e urgenti nell'interesse
del minore e trasmette
gli atti al tribunale per i
minorenni, innanzi al quale il
procedimento, previa riunione, continua.
I provvedimenti
adottati dal
tribunale ordinario conservano
la loro
efficacia fino a
quando sono confermati,
modificati o
revocati con provvedimento
emesso dal tribunale
per i
minorenni.
Sono emessi dal tribunale
ordinario i provvedimenti
relativi ai
minori per i
quali non e'
espressamente
stabilita la
competenza di una
diversa autorita'
giudiziaria. Nei procedimenti in
materia di affidamento e
di
mantenimento dei minori
si applicano, in
quanto
compatibili, gli articoli 737 e seguenti del
codice di
procedura civile.
Fermo restando quanto
previsto per le
azioni di
stato, il tribunale competente
provvede in ogni
caso in
camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero, e i
provvedimenti emessi sono
immediatamente esecutivi, salvo
che
il giudice disponga
diversamente. Quando il
provvedimento e' emesso dal tribunale
per i minorenni, il
reclamo si propone davanti alla
sezione di corte di appello
per i minorenni.».
- Si riporta il testo
dell'articolo 4 del decreto-legge
17
febbraio 2017, n. 13 (Disposizioni urgenti
per
l'accelerazione dei procedimenti in
materia di protezione
internazionale, nonche' per il
contrasto dell'immigrazione
illegale), convertito, con
modificazioni, dalla legge
13
aprile 2017, n. 46, cosi' come modificato
dalla presente
legge:
«Art. 4 (Competenza
territoriale delle sezioni). - 1.
Le controversie e i procedimenti di
cui all'articolo 3,
comma 1, sono assegnati alle sezioni
specializzate di cui
all'articolo 1. E' competente territorialmente la
sezione
specializzata nella cui
circoscrizione ha sede l'autorita'
che ha adottato il provvedimento
impugnato.
2. Per
l'assegnazione delle controversie
di cui
all'articolo 35 del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n.
25, l'autorita' di cui al
comma 1 e'
costituita dalla
commissione territoriale
per il riconoscimento della
protezione internazionale o
dalla sezione che
ha
pronunciato il
provvedimento impugnato ovvero
il
provvedimento del quale e' stata
dichiarata la revoca o la
cessazione.
2-bis. Per l'assegnazione delle
controversie di cui
all'articolo 3, comma 3-bis, del
decreto legislativo 28
gennaio 2008, n. 25, l'autorita' di
cui al comma
1 e'
costituita dall'articolazione
dell'Unita' Dublino operante
presso il
Dipartimento per le
liberta' civili e
l'immigrazione del Ministero
dell'interno nonche' presso le
prefetture-uffici territoriali del
Governo che ha adottato
il provvedimento impugnato.
3. Nel caso di ricorrenti
presenti in una struttura
di accoglienza governativa o in una
struttura del sistema
di
protezione di cui
all'articolo 1-sexies del
decreto-legge 30 dicembre 1989, n.
416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28
febbraio 1990, n. 39, ovvero
trattenuti in un centro di cui
all'articolo 14 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
si applica il criterio
previsto dal comma 1, avendo riguardo
al luogo in cui la
struttura o il centro ha sede.
4. Per
l'assegnazione dei procedimenti
di cui
all'articolo 14, comma 6, del decreto
legislativo 18 agosto
2015, n. 142, si applica il criterio
di cui
al comma 1,
avendo riguardo al luogo in cui ha sede
l'autorita' che ha
adottato il provvedimento soggetto a
convalida.
5. Le controversie di cui
all'articolo 3, comma
2,
sono assegnate secondo il criterio
previsto dal comma
1,
avendo riguardo al luogo in cui
l'attore ha la
dimora.
Quando l'attore
risiede all'estero le
controversie di
accertamento dello stato
di cittadinanza italiana
sono
assegnate avendo riguardo al comune
di nascita del padre,
della madre o dell'avo cittadini
italiani.».
-
Si riporta il
testo dell'articolo 10
del
decreto-legge 29
novembre 2004, n.
282 (Disposizioni
urgenti in
materia fiscale e
di finanza pubblica),
convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre
2004, n. 307:
"Art. 10
(Proroga di termini
in materia di
definizione di illeciti edilizi). -
1. Al decreto-legge 30
settembre 2003, n.
269, convertito, con
modificazioni,
dalla
legge 24 novembre
2003, n. 326,
e successive
modificazioni, sono
apportate le seguenti
ulteriori
modifiche:
a) nell'allegato
1, le parole: «20 dicembre 2004» e
«30 dicembre 2004», indicate dopo le
parole: «seconda rata»
e: «terza rata», sono sostituite,
rispettivamente, dalle
seguenti: «31 maggio 2005» e «30
settembre 2005»;
b) nell'allegato 1, ultimo
periodo, le parole: «30
giugno 2005»,
inserite dopo le
parole: «deve essere
integrata entro il», sono
sostituite dalle seguenti:
«31
ottobre 2005»;
c) al comma 37 dell'articolo
32 le parole:
«30
giugno 2005» sono sostituite
dalle seguenti: «31
ottobre
2005».
2. La proroga al 31 maggio 2005
ed al
30 settembre
2005
dei termini stabiliti
per il versamento,
rispettivamente, della
seconda e della
terza rata
dell'anticipazione degli
oneri concessori opera
a
condizione che le regioni, prima
della data di entrata in
vigore del
presente decreto, non
abbiano dettato una
diversa disciplina.
3. Il
comma 2-quater dell'articolo 5
del
decreto-legge 12 luglio
2004, n. 168,
convertito, con
modificazioni, dalla legge
30 luglio 2004,
n. 191, e
successive modificazioni, e'
abrogato.
4. Alle
minori entrate derivanti
dal comma 1,
valutate per l'anno 2004 in 2.215,5 milioni
di euro, si
provvede con quota parte delle
maggiori entrate derivanti
dalle altre disposizioni contenute
nel presente decreto.
5. Al
fine di agevolare
il perseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica, anche
mediante interventi
volti alla riduzione della pressione
fiscale, nello stato
di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze
e' istituito un apposito «Fondo per
interventi strutturali
di politica economica», alla cui
costituzione concorrono le
maggiori entrate, valutate in 2.215,5
milioni di euro per
l'anno 2005, derivanti dal comma
1.".
- Si riporta il testo
dell'articolo 1, comma 200, della
legge
23 dicembre 2014,
n. 190 (Disposizioni
per la
formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato
(legge di stabilita' 2015)):
«Art. 1. - (Omissis).
200. Nello
stato di previsione
del Ministero
dell'economia e delle finanze e'
istituito un Fondo per far
fronte ad esigenze indifferibili che
si manifestano nel
corso della gestione, con la
dotazione di 27
milioni di
euro per l'anno 2015 e di
25 milioni di
euro annui a
decorrere dall'anno 2016. Il Fondo e'
ripartito annualmente
con uno o piu' decreti del Presidente
del Consiglio dei
ministri su proposta del Ministro
dell'economia e delle
finanze. Il Ministro
dell'economia e delle
finanze e'
autorizzato ad
apportare le occorrenti
variazioni di
bilancio.
(Omissis).».
- Si riporta il testo
dell'articolo 17, comma 2, della
legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge
di contabilita' e
finanza pubblica):
«Art. 17 (Copertura finanziaria
delle leggi). - 1.
Omissis.
2. Le leggi di delega
comportanti oneri recano
i
mezzi di copertura necessari per l'adozione
dei relativi
decreti legislativi. Qualora, in sede
di conferimento della
delega, per la complessita' della
materia trattata, non sia
possibile procedere
alla determinazione degli
effetti
finanziari derivanti
dai decreti legislativi, la
quantificazione degli
stessi e' effettuata
al momento
dell'adozione dei singoli
decreti legislativi. I
decreti
legislativi dai quali derivano nuovi
o maggiori oneri sono
emanati solo successivamente all'entrata
in vigore dei
provvedimenti legislativi
che stanzino le
occorrenti
risorse finanziarie.
A ciascuno schema
di decreto
legislativo e' allegata una relazione
tecnica, predisposta
ai sensi del comma 3,
che da' conto
della neutralita'
finanziaria del
medesimo decreto ovvero
dei nuovi o
maggiori oneri da esso derivanti e
dei corrispondenti mezzi
di copertura.
3. - 14. Omissis.».
- La legge 30
dicembre 2020, n.
178 (Bilancio di
previsione
dello Stato per
l'anno finanziario 2021 e
bilancio pluriennale
per il triennio
2021-2023), e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 322 del 30 dicembre
2020, S.O.
Per garantire al coniuge beneficiario la corresponsione del mantenimento per sé o per i figli minori da parte dell’altro coniuge, il diritto di famiglia italiano accorda una peculiare tutela che consiste nel sequestro sui beni di quest’ultimo.
Nel giudizio di separazione, tale strumento è disciplinato dall’art. 156 cc; in
quello per divorzio, dall’art. 8 l. 898/1970.
Esso non ha natura cautelare e va
tenuto distinto dal sequestro conservativo, disciplinato dagli artt. 671 ss
cpc.
Nel dettaglio, i requisiti del sequestro
nel rito di famiglia sono:
1) un credito già
dichiarato (anche provvisoriamente);
2) l’inadempimento del coniuge
obbligato.
Non è invece necessaria la sussistenza
di un periculum in mora, il quale è notoriamente indispensabile per la
concessione di qualsiasi provvedimento cautelare, tra cui il sequestro
conservativo.
Vi sono poi ulteriori differenze
tra il sequestro nel rito di famiglia e il sequestro conservativo.
Quest’ultimo, infatti, può essere
concesso anche ante causam (ex art. 669 novies cpc.), ossia
prima della causa di merito, mentre il sequestro ex art. 156 cc o art. 8 l.
div. può essere concesso solamente o all’esito o nel corso dei
rispettivi giudizi di separazione o di divorzio, ma non prima.
Ancora, il sequestro conservativo
può colpire anche l’intero patrimonio del debitore e si converte in
pignoramento al momento dell’ottenimento di un titolo favorevole.
Il sequestro nel rito di separazione o divorzio, invece, può riguardare
soltanto parte dei beni del coniuge obbligato, oltretutto non traducendosi in
pignoramento.
Un’interessante pronuncia del
Tribunale di Roma sul tema del sequestro divorzile e sul suo rapporto con il
sequestro conservativo può essere trovata qui.
Quasi una famiglia su due, in Italia, vive con un
animale domestico in casa e che, sempre più frequentemente diventa oggetto del
contendere in un quadro normativo attualmente carente. nel nostro ordinamento,
in conseguenza dell’entrata in vigore della L. 201/2010, di ratifica ed
esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da
compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987- il sentimento per gli
animali rinviene protezione costituzionale e riconoscimento europeo tanto da
costituire un vero e proprio diritto soggettivo dell’animale.
Pertanto, posto e chiarito che l’animale non è un
oggetto, è legittima facoltà dei coniugi, in caso di separazione, o dei
conviventi in caso di cessazione della convivenza more uxorio, quella di
regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione.
Invero, le clausole della separazione che
assicurano alle parti la frequentazione con l’animale, con le correlate responsabilità,
rivestono un particolare interesse per i coniugi: le condizioni relative alla
suddivisione delle spese di mantenimento e di cura rivestono un indubbio
contenuto economico, così ha confermato il Tribunale di Como, 3 dicembre 2016.
Tuttavia, il Giudice della separazione non è tenuto
ad occuparsi dell’assegnazione/affidamento degli animali all’uno o all’altro
dei coniugi né dalla loro relazione con gli stessi.
in questo quadro normativo carente, vi è una
recente decisione la quale ha così statuito “in assenza di accordo tra le
parti, alla luce della necessaria protezione del sentimento di affezione per un
animale, quale valore meritevole di tutela e tenuto conto altresì della
necessità di assicurare il benessere e il miglior sviluppo della sua identità,
ha assegnato un cane in via esclusiva al coniuge maggiormente in grado di far
fronte a tali esigenze, chiarendo che, solo in assenza di ragioni particolari
che orientino in senso diverso, può essere disposta l’assegnazione condivisa,
con collocazione alternata presso ciascuno dei coniugi (Trib. Sciacca, 19
febbraio 2019).
Alla luce di quanto sin qui esposto, in riferimento
alle spese di mantenimento dell’animale, quali le cure veterinarie, cibo e
quanto altro eventualmente necessario al suo benessere, in caso di affido
condiviso, salvo diversi accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno
dei detentori vi deve provvedere in misura proporzionale al proprio reddito,
restando in caso di affido esclusivo, a carico del detentore affidatario.
In conclusione, in assenza nel nostro ordinamento
nella disciplina di separazione dei coniugi, di una norma sull’affidamento
dell’animale familiare vi è la proposta di riforma recata dal disegno di legge
n.76, che ha ipotizzato l’introduzione, nel codice civile, dell’art. 445-ter,
rubricato “affido degli animali familiari in caso di separazione”, il quale
potrebbe prevedere che in caso di separazione dei coniugi, il tribunale, in
mancanza di accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di
comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale,
sentiti i coniugi, i conviventi, la prole, e se del caso, esperti di
comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale
alla parte in grado di garantire il maggior benessere.
Il Progetto
Conscious rappresenta un progetto innovativo finalizzato alla
realizzazione di un modello inter-sistemico volto ad evitare che un reato di
violenza venga commesso o venga compiuto nuovamente, quindi rappresenta un
progetto di prevenzione della violenza di genere.
Introduce in ambito intra
ed extra carcerario un modello di trattamento dedicato ai perpetratos (autori
del reato di violenza di genere) e costituisce una rete intersistemica di cooperazione
avente come finalità la riduzione della recidiva.
I dati dell’Unione
Europea dimostrano che una donna su tre ha subito violenza, spesso ciò avviene
in età adolescensiale.
Tale Progetto prevede il
coinvolgimento delle seguenti figure professionali:
·
gli operatori sanitari;
·
la magistratura di sorveglianza;
·
gli operatori penitenziari e gli operatori
UEPE;
·
i direttori degli istituti carcerari;
·
gli avvocati coinvolti nella difesa degli
autori di violenza;
·
i volontari chiamati ad intervenire per il
recupero sociale del perpetrator.
I fondamenti
di questo progetto sono i seguenti:
-
prevenire la violenza di genere;
-
curare e riabilitare i colpevoli di
violenze;
-
stabilire dei piani di coordinamento
nazionali per il contrasto della violenza sui bambini;
-
coordinare o adattare dei servizi di
supporto per le vittime di violenza di genere o sessuale con lo scopo di
favorire la riabilitazione dei colpevoli di violenze;
-
protezione e supporto per le vittime di
violenza.
Il Progetto Conscious è
un progetto europeo, cofinanziato dal Rights, Equality and Citizenship
Programme of the European Union (2014- 2020) approvato dalla Commissione
Europea; ed è tra i pochi progetti ammessi a finanziamento.
Il figlio minore di una coppia separata, divorziata o in corso di separazione o divorzio non può unilateralmente decidere di disattendere la collocazione disposta dal giudice o concordata tra le parti, stabilendo autonomamente con quale genitore “andare a vivere”.
Va però ricordato che il
benessere del minore rappresenta l’interesse supremo di ogni provvedimento in
materia di famiglia; pertanto il ragazzo, qualora abbia più di 12 anni, ha
diritto ad essere ascoltato in giudizio secondo quanto previsto dagli artt. 336
bis e 337 octies c.c.
Il Giudice dovrà inoltre tenere conto dei desideri espressi dal minore anche in
materia di collocazione, pur potendo disattenderne la volontà quando ritenga
che non sia confacente al suo benessere quale interesse primario. In tal caso,
dovrà adeguatamente motivare la sua decisione.
Sul punto, si è espressa anche la
giurisprudenza di legittimità. Si veda ad esempio Cass. n.
773/2012: “deve rimarcarsi che, attesa la primazia -dell'interesse
morale e materiale della prole stessa, la norma contenuta nell'art. 155 sexies,
primo comma, nella parte in cui prevede l'audizione del minore da parte del
giudice, non solo consente di realizzare la presenza nel giudizio dei figli in
quanto parti sostanziali del procedimento (Cass., Sez. in., 21 ottobre 2009, n.
22238), ma impone certamente che degli esiti di tale ascolto si tenga conto.
Naturalmente le valutazioni del giudice, in quanto doverosamente orientate a
realizzare l'interesse de minore, che può non coincidere con le opinioni dallo
stesso manifestate, potranno in tal
caso essere difformi: si impone, tuttavia, un onere di motivazione la cui
entità deve ritenersi direttamente proporzionale al grado di discernimento
attribuito al figlio.”
L’età dei 12 anni, va specificato,
rappresenta un vero e proprio discrimine nella legislazione italiana. Infatti,
per il minore dodicenne e ultradodicenne vige una “presunzione di
discernimento” che lo legittima a priori a essere ascoltato dal Giudice, mentre
è necessaria una valutazione preventiva per ammettere l’ascolto di un bambino
più piccolo.
L’Ordinanza di Cassazione n. 32309 del 13-12-2018 offre
un’efficace e dettagliata analisi della questione.
“Va osservato che l'art. 336
bis (introdotto dal D.Lgs.
28 dicembre 2013, n. 154, art. 53,
in vigore dal 7/12/2014) sancisce il generale obbligo dell'ascolto del minore.
Al riguardo, l'opinione del minore, nei procedimenti che lo riguardano,
costituisce un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo
interesse anche alla luce dell'art. 12 della Convenzione di New York del 1989
sui diritti del fanciullo, dell'art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 1996
relativa all'esercizio dei diritti dei minori, ratificata con L.
n. 77 del 2003; dell'art. 24, p. 1, della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea. Al riguardo, dall'esame delle norme che
stabiliscono l'audizione del minore "nei procedimenti nei quali devono
essere adottati provvedimenti che lo riguardano" (così testualmente recita
l'art. 336 bis c.c.) emerge una diversa modulazione dell'obbligo di ascolto del
minore dodicenne rispetto a quello di età inferiore. Per la prima ipotesi, la
presunzione della capacità di discernimento, fissata in via legislativa, impone
al giudice di primo grado di prevedere, anche officiosamente, (Cass. 19202 del
2014) una scansione procedimentale dedicata all'ascolto stesso, (Cass., n.
1687/13; n. 6129 del 2015) da svolgersi secondo le modalità stabilite dell'art.
336 bis, commi 2 e 3, all'interno delle quali spiccano l'obbligatorietà della
conduzione da parte del giudice e la preventiva informazione del minore sulla
natura del procedimento e sugli effetti dell'ascolto, salvo che motivatamente
non si ritenga l'ascolto superfluo o contrario all'interesse del minore. La
mancanza di un'esplicita motivazione al riguardo determina la nullità del
procedimento di primo grado per omessa ingiustificata audizione dello stesso
minore (…) Orbene, solo con il compimento del dodicesimo anno d'età sorge
l'obbligo del giudice di ascoltare il minore e della motivazione espressa della
scelta contraria, anche senza un'istanza di parte, a differenza che
nell'ipotesi di minore infradodicenne in cui il giudice dispone di un potere
discrezionale d'ascolto, salvo che egli debba disporne l'ascolto o motivarne
l'omissione se vi sia un'istanza di parte che indichi gli argomenti e i temi di
approfondimento sui quali si ritenga necessario l'ascolto (art.
336 c.c., comma 2). Ne discende l'infondatezza dell'eccezione
sollevata dalla difesa della controricorrente circa la mancata formulazione di
un'istanza di ascolto della minore. Per quanto esposto, l'omesso ascolto della
minore, trattandosi di procedimento avente ad oggetto il disconoscimento della
paternità della minore, ha determinato la sanzione della nullità processuale
(Cass., n. 19327/15; n. 5676/17).”
Va poi ricordato che gli artt.
337bis e seguenti cc si applicano nel caso di questioni inerenti l’esercizio
della responsabilità in casi di separazione, scioglimento del matrimonio,
cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità o all’esito dei giudizi
sui figli nati al di fuori del matrimonio, secondo quanto disposto proprio
dall’art. 337quinquies cc.
L’art. 337quinquies c.c., in
particolare, prevede che: “I genitori hanno diritto di chiedere in ogni
tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli,
l'attribuzione dell'esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e
delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del
contributo.”
Possiamo definire “truffe sentimentali” quelle condotte con cui un soggetto induce in inganno un altro, spingendolo a legarsi sentimentalmente a lui, con lo scopo di ottenere somme di denaro e vantaggi di varia natura. Questo genere di circuizione, quando il perpetratore è abile, può anche spingere il truffato a esborsi di enorme valore.
La
truffa in parola viene preparata attraverso il reperimento di informazioni che
permettano di profilare la vittima e di avvicinarla, tramite l’attenta analisi
di account social e siti di incontri. Il soggetto agente si accerterà quindi di
costruirsi una personalità fittizia basata su passioni, interessi e
problematiche in comune col soggetto da circuire. Al fine di contattare la
vittima, il truffatore cercherà poi una foto da spacciare per sua,
accompagnandola chiaramente a un nome falso. Sul punto, non di rado alla frode
sentimentale si unisce anche il furto di identità di una persona realmente
esistente ma ignara che il proprio volto e il proprio nome stiano venendo usati
da altri per fini illeciti.
Il
perpetratore stabilirà quindi un contatto con la vittima nella maniera idonea a
ottenerne la piena fiducia, ricercando punti deboli e fragilità su cui far leva
per creare un'illusione di intimità.
L’odierna
situazione sanitaria ha rappresentato un vero e proprio “laboratorio” per i
professionisti della truffa sentimentale, che hanno potuto sviluppare anche
modalità di attuazione inedite e inquietanti. Ad esempio, Il truffatore può
presentarsi come medico impegnato nella lotta al coronavirus: in questi casi le
somme vengono estorte non solo facendo leva sui sentimenti dell'altra persona e
sulla maggior vulnerabilità legata alla paura e all'isolamento, ma anche sulle
presunte attività umanitarie che il reo finge di star svolgendo. Ancora, le menzogne
impiegate potrebbero riguardare l'attuale crisi economica e lavorativa conseguita
all'emergenza sanitaria: il perpetratore simulerà di essere in enorme
difficoltà economica - ad esempio - per la chiusura prolungata della propria
attività commerciale o per il fatto di essere stato licenziato dall’azienda in
cui era assunto, aggiungendo così un elemento di verosimiglianza ai propri
artifici.
Com’è
facile immaginare, Le condotte descritte integrano fattispecie penalmente
rilevanti.
Fingere di provare sentimenti verso qualcuno al solo fine di trarre un ingiusto
profitto può configurare, infatti, il reato di truffa ex art. 640 c.p.
Sul
punto, si veda anche la più recente giurisprudenza di legittimità:
"la truffa non si apprezza per l'inganno riguardante i sentimenti
dell'agente rispetto a quelli della vittima, ma perché la menzogna circa i
propri sentimenti è intonata con tutta una situazione atta a far scambiare il
falso con il vero operando sulla psiche del soggetto passivo" (Cass.
Pen., Sez. II Speciale, n. 25165/2019).
Il
giudice dovrà valutare la portata fraudolenta della condotta verificando la
sussistenza degli elementi costituenti il reato di truffa. Dovrà a tale scopo
configurarsi non solo la mera simulazione dei sentimenti di amore ma, altresì,
una serie di comportamenti che rientrino dal punto di oggettivo e strutturale
nella fattispecie criminosa di cui ex art. 640 c.p. In particolare, gli
artifizi e raggiri dovranno essere idonei a ingannare la vittima inducendola in
errore e portandola ad effettuare disposizioni patrimoniali che altrimenti non
avrebbe eseguito. L'artificio deve quindi essere inteso come simulazione o
dissimulazione della realtà esterna tale da far percepire all'altro una
"falsa apparenza"; il raggiro deve consistere invece in una
simulazione basata su parole o argomentazioni idonee a sostituire il falso con
il vero. Nel caso delle c.d. "truffe sentimentali" gli artifizi e i
raggiri constano della manifestazione di sentimenti fasulli, della dichiarazione
della volontà di fare progetti a lungo termine (convivenza, acquisto di un
immobile, investimenti, progetti lavorativi), del palesare difficoltà
economiche anche spesso presentate come ostacoli al coronamento del "sogno
d'amore", il tutto accompagnato talvolta anche da elementi costruiti ad
hoc a sostegno della rete di menzogne tessuta dal truffatore (false
documentazioni, fotografie ecc).
Gli atti dispositivi eseguiti dal raggirato comportano quindi un ingiusto
profitto e un danno alla persona offesa per l'inganno in cui la stessa è
incorsa a causa dell’altrui comportamento fraudolento.
Una
seconda fattispecie di reato rinvenibile nei comportamenti descritti è la
sostituzione di persona ex art. 494 c.p.
La legge, infatti, punisce chi attribuendosi un falso nome, un falso stato o
false qualità personali induce la vittima in errore al fine di trarre un
ingiusto guadagno.
Secondo indirizzo giurisprudenziale costante, il reato di sostituzione di
persona può concorrere con quello di truffa sia per la diversità dei beni
giuridici tutelati sia poiché la sostituzione di persona non costituisce un
elemento necessario della truffa. Di conseguenza, lo stesso comportamento può
concretizzare l'elemento materiale di entrambi i reati. Infatti, la Corte di
Cassazione ha evidenziato che "il reato di sostituzione di persona è
compatibile con il reato di truffa, diversi essendo gli elementi costitutivi e
la natura dei beni giuridici protetti, sicché nell'ipotesi in cui con la stessa
condotta si vulneri, da un lato, sia la fede pubblica e/o la persona
"sostituita" e, dall'altro, si induca in errore la vittima di truffa
si configura concorso formale di reati" (Cass. Pen., Sez. V, n.
11918/2016.)
Vedi
anche Cass. Pen., Sez. V, n. 33862/2018: "integra il delitto di
sostituzione di persona (art. 494 c.p.) la creazione ed utilizzazione di un
profilo su social network, utilizzando abusivamente l'immagine di una persona
del tutto inconsapevole trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di
una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza. Sotto il
versante soggettivo, il dolo specifico del delitto di sostituzione di persona
consiste nel fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio, anche non
patrimoniale, ovvero di recare ad altri un danno"
Per
difendersi da questo genere di raggiri, in primis occorre sempre diffidare da sconosciuti
che propinano storie di vita inverosimilmente problematiche e legate a mestieri
pericolosi oltretutto svolti in luoghi remoti del mondo. Per verificare
l'autenticità dei racconti dell'interlocutore è bene formulare domande
specifiche, al fine di valutare le reazioni e la coerenza delle risposte. È
fondamentale, inoltre, non cedere mai a richieste di natura economica anche
quando dall'altra parte vengono prospettate le più drammatiche e gravi
problematiche.
Se si sospetta di essere caduti in una truffa sentimentale, è necessario
innanzitutto cessare i contatti col soggetto e rivolgersi subito alla polizia
postale che svolgerà tutte le indagini, al fine di risalire alla reale identità
del truffatore. A tal fine sarà d’uopo conservare chat e estratti di pagamenti
effettuati e consegnarli alle forze dell’ordine. Nel caso in cui il contato sia
avvenuto tramite siti d'incontri o social è consigliabile procedere anche alla
segnalazione al sito attraverso il quale il truffatore ha preso contatti la
prima volta.
L'art. 106, co. 1, D.L. 17 marzo
2020, n. 18 (c.d. Decreto "Cura Italia"), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17
marzo 2020 e in vigore da tale data ha previsto il differimento del termine per
l'approvazione del bilancio di 60 giorni. Infatti, la norma prevede che "ín deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse
disposizioni statutarie, l'assemblea ordinaria è convocata entro centottanta
giorni dalla chiusura dell'esercizio".
Il comma 7 del citato articolo prevede, inoltre, l'applicabilità di tali disposizioni alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale sarà in vigore lo stato di emergenza sanitario sul territorio nazionale.
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA
PRESIDENZA
Prot. n. A CU Roma, 4 maggio 2020
Richiamate le premesse dei
provvedimenti adottati da Presidenza e Dirigenza amministrativa del Tribunale
per i minorenni di Roma dal 21 febbraio al 10 aprile 2020 per l'organizzazione dell'attività
giudiziaria e dei servizi di cancelleria ed amministrativi con modalità
adeguate alla prevenzione e al contrasto della diffusione del contagio da
Covid19, in conformità alle disposizioni
di legge emanate e alle indicazioni diramate da Ministero della
Giustizia, Ministero della Salute, Consiglio Superiore della Magistratura e
Presidente della Regione Lazio;
Considerato quanto previsto
dall'art. 83 del DL. 1.7 marzo 2020 n. 18, come modificato dall'art. 36 del D.
L. 8 aprile 2020 n. 23, dalla legge di conversione 24 aprile 2020 n. 27 e
dall'art. 3 dei D.L. 30 aprile 2020 n. 28;
Visto il DPCM del 26 aprile 2020,
recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio
nazionale;
Vista l'Ordinanza del Presidente
della Regione Lazio 700037 del 304.2020;
Considerata la perdurante
necessita di adottare misure organizzative volte a contrastare l'emergenza
epidemiologica assicurando per quanto possibile continuità all'attività
giudiziaria del Tribunale per i minorenni di Roma nel settore penale, avuto
anche riguardo alle peculiari esigenze e finalità dei procedimenti a carico di
imputati di reati commessi da minorenni;
Considerate le linee guida
diramate dal Consiglio Superiore della Magistratura in accordo con Consiglio
Nazionale Forense e DGSIA del Ministero della Giustizia;
Considerato quanto previsto
dall'ari. 33 del D. PR. n. 448/88 e la idoneità delle aule destinate alla celebrazione
delle udienze penali ad assicurare le misure di distanziamento sociale indicate
come necessarie dalle Autorità competenti;
Verificate le dotazioni
tecnologiche allo stato disponibili per i collegamenti da remoto e adottate le opportune
iniziative, presso DGSIA e CISIA, per implementarle;
Sentiti il Presidente della Corte
di appello di Roma, il Procuratore Generale presso la stessa Corte, i Consigli
dell'Ordine degli Avvocati dei 9 circondari i compresi nel distretto della Corte di appello
di Roma, la Camera penale di Roma e del Lazio, l'unione Forense del Lazio e la
Camera Famiglia e minori di Roma e del Lazio;
Sentiti i magistrati del settore
penale e verificati, per il tramite dei presidenti dei collegi, il numero e lo
stato dei procedimenti iscritti nei ruoli delle udienze già fissate dinanzi ai
collegi GUP, del Dibattimento penale e del Tribunale di Sorveglianza nel
periodo 12 maggio - 31 luglio 2020;
Sentita, per il tramite del
Presidente della Giunta della Regione Lazio, l'Autorità sanitaria regionale, alla
quale sono state comunicate le misure organizzative, di cautela e protezione
fin qui adottate e da adottarsi, e riservate le opportune modifiche ed
integrazioni all'esito di eventuali successive indicazioni;
Sentita la Procuratrice della
Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Roma;
D'intesa con la Dirigenza
amministrativa
DISPONE
nelle udienze dei collegi GUP e
del Dibattimento penale previste in calendario nel periodo dal 12 maggio al 31
luglio 2020 saranno trattati, previo scaglionamento dell'orario di convocazione
di imputati e difensori, i procedimenti a carico di imputati ai quali è
applicata una misura cautelare, nonché i procedimenti, individuati nel ruolo di
ciascuna udienza dal presidente del collegio, previa intesa con i presidenti
degli altri collegi penali e civili nel caso di udienze contestuali, in numero compatibile
con l'esigenza di contingentare l’accesso di persone alla sede del Tribunale e
di assicurarne il distanziamento anche negli spazi antistanti l'edificio, nei
quali:
- sia decorso il periodo di
sospensione e prevista la verifica dell'esito della MAP dell'imputato;
- debba procedersi a valutazione
di fattibilità del progetto, già predisposto dall'USSM ai sensi dell'art. 27
Divo n. 272/89, ai fini dell'ammissione a MAP dell'imputato;
- sussista l'esigenza di non
differire la trattazione, avuto riguardo alla gravità del reato contestato, alla
condizione della persona offesa e alla personalità dell'imputato.
Nelle udienze dibattimentali
potranno inoltre essere trattati, nei limiti di compatibilità anzidetti, i procedimenti
fissati esclusivamente per:
- il cd. "smistamento"
ad altre udienze;
- la discussione e la decisione;
- l'escussione di testi ufficiali
o agenti di polizia giudiziaria.
Nelle udienze del Tribunale di
Sorveglianza previste in calendario per 18 maggio, il 5 giugno e il 3 luglio
2020 saranno trattati i procedimenti relativi a persone detenute per
l'ammissione a misure penali di comunità e a seguito di sospensione provvisoria
di tali misure disposta dal Magistrato di Sorveglianza. Saranno inoltre
trattati i procedimenti pia fissati a tali udienze, anche se relativi a persone
non detenute, per i quali risultino acquisite le informazioni necessarie alla
decisione richieste a USSM e Autorità di polizia.
Tutti gli altri procedimenti
saranno rinviati d'ufficio a data successiva al 31 luglio 2020, con provvedimenti
da adottarsi fuori udienza dal presidente del collegio. Contestualmente
all'adozione del provvedimento di rinvio, il presidente del Collegio
dibattimentale richiederà alla Procura della Repubblica per i Minorenni di
provvedete alla controcitazione dei testi eventualmente già convocati.
La Cancelleria provvederà a
notificare il decreto di rinvio o di conferma dell'udienza con eventuale indicazione
del nuovo orario.
Sul sito del Tribunale per i
minorenni di Roma sarà pubblicato un prospetto riepilogativo dei procedimenti
rinviati con l'indicazione del numero di iscrizione al ruolo, della data
dell'udienza rinviata e della data cui il procedimento è rinviato e un prospetto
dei procedimenti di cui è confermata la trattazione, con 'indicazione
dell'orario in cui il procedimento verrà trattato.
Al fine di evitare l'inutile
presentazione in Tribunale -- posto che l'accesso sarà, comunque, interdetto -
è rivolto invito ai Consigli dell'Ordine degli Avvocati del distretto, alla
Camera Penale di Roma e del Lazio, all'Unione Forense del Lazio e alla Camera
Famiglia e minori di Roma e del Lazio a sensibilizzare i propri iscritti a
verificare la ricezione delle comunicazioni di rinvio e di conferma e a
consultare il sito del Tribunale per i Minorenni di Roma,
Sarà richiesto al Consiglio
dell'Ordine negli Avvocati di Roma di garantire la presenza di un difensore di
turno per le esigenze delle udienze di convalida di fermo e di arresto e per le
udienze GUP, dibattimentali e del Tribunale di Sorveglianza.
Le udienze verranno tenute nelle
aule a piano terra dell'edificio di via dei Bresciani ti. 32, assicurandone
l'areazione e osservando le misi nt' di distanziamento e con l'uso dei dispositivi
di sicurezza individuali prescritti.
I Presidi della Polizia
Penitenziaria e dei Carabinieri in forza presso la sede del Tribunale assicureranno
la collaborazione necessaria nella chiamata dei processi, regolando e
sorvegliando l'accesso all'interno dell'edificio, che sarà consentito all’
imputato, difensore ed esercenti la responsabilità genitoriale soltanto per la
partecipazione all'udienza e previa chiamata del procedimento.
Per le udienze di cui all'art. 83
commi 17 e 17 bis del DL n. 18/20, come modificato dalla legge di conversione
n. 27 del 24 aprile 2020 e dal DL. n. 28 del 30.4.2020, verrà assicurato il
collegamento da remoto con CPA e IPM, nonché, ove possibile, il collegamento da
remoto con le Comunità presso le quali sono collocati minori con l’USSM.
Si procederà, ove possibile,
mediante collegamento da remoto anche per l'audizione di operatori dell'IJSSM o
del minorenne ai sensi dell'art. 27 nomina 1 del D.L.vo n. 272/89.
Allo scopo di limitare al massimo
l'accesso al Tribunale sino al 31 luglio 2020 i difensori faranno pervenire,
tramite casella di posta elettronica Certificata, le liste testimoniali di cui
all'art. 468 c.p.p. e le richieste indifferibili volte a visionare atti o
fascicoli penali e/o a richiedere copie,
richieste alle quali verrà con lo stesso mezzo dato riscontro dalla
Cancelleria, con l'indicazione della data e dell'ora in cui il fascicolo o
Latto saranno disponibili. Le richieste rivolte alla cancelleria del
Dibattimento o dell'Ufficio di Sorveglianza dovranno pervenire esclusivamente
alla casella PECpenale. ;
le richieste indirizzate all'Ufficio GIP/GUP e alla cancelleria del Collegio
per il riesame dovranno, invece, pervenire esclusivamente alla casella PEC.
Il presente provvedimento verrà
comunicato al Capo di Gabinetto dell'On. Ministro della Giustizia, al Capo
Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, al Capo Dipartimento della
Giustizia Minorile e di Comunità, al Presidente della Corte d'Appello di Roma,
al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma. al Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma, ai Consigli dell'Ordine
degli Avvocati del distretto della Corte di appello di Roma, alla Camera Penale
di Roma e del Lazio, all'Unione Forense del Lazio, alla Camera Famiglia e minori
di Roma e del Lazio e al Presidente della Regione Lazio.
La Presidente
L'art. 106, co. 2 e 3 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. "Decreto Cura Italia"), pubblicato in Gazzetta
Ufficiale n. 70 del 17 marzo 2020, ha previsto che le società
per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità
limitata, e le società cooperative e mutue
assicuratrici, con l'avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere - anche
in deroga alle diverse disposizioni statutarie - che l'assemblea sia svolta in modalità telematica (audio e/o tele-conferenza) e che il voto possa
essere espresso in via elettronica o per corrispondenza. In tal caso, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2370, co. 4, 2479-bis, co. 4 e 2538, co. 6 c.c. non
sarà necessario che i partecipanti all'assemblea si trovino nello stesso luogo
ove si trovano il presidente, il segretario o il notaio.
Per sole società a responsabilità limitata, è poi
prevista l'ulteriore possibilità di esprimere il voto mediante
consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.
Il trust è un negozio giuridico, originario
del sistema di common law anglosassone, che si configura per la presenza di
un soggetto disponente (settlor) che trasferisce uno o più beni ad un
soggetto fiduciario (trustee) che si obbliga a gestirli nell’interesse di un
terzo (beneficiary) oppure per il conseguimento di uno scopo determinato
e ulteriore specificatamente espresso.
Il patrimonio posto in capo al trustee è dunque separato e può essere aggredito
solo dai creditori del trust stesso.
Si tratta quindi di una figura complessa in cui si riscontrano due negozi: uno con
cui il settlor trasferisce i beni
oggetto del trust al trustee o li vincola ad una destinazione specifica,
mantenendone la proprietà, e uno con cui il trustee è designato quale amministratore
e gestore del patrimonio a lui trasferito.
Possiamo distinguere due forme di trust: quello estero in cui vi è una
scissione tra il Paese in cui si trovano i beni da amministrare e il Pase il
cui ordinamento disciplina il trust; e quello cd. interno, in cui vi è
corrispondenza tra l’ordinamento del Paese in cui è stipulato il negozio e
quello in cui si trovano i beni.
Disciplinato per la prima volta dalla Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985,
il trust non ha ancora ricevuto, nel nostro ordinamento, una regolamentazione
diretta secondo quanto previsto dall’art. 8 della Convenzione in parola, la
quale, però, è stata di per sé ratificata con la legge n. 368 del 1989.
Ciò porta a un vivace dibattito dottrinale sull’ammissibilità nel nostro
ordinamento del c.d. trust interno.
L’orientamento favorevole al suo
riconoscimento ritiene che la legge n. 368/1989, che ha ratificato la
Convezione dell’Aja, abbia aperto la strada a questa figura, consentendo una
deroga al principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.
A ciò si aggiunga che l’art. 13 della Convenzione stessa prevede che gli Stati
aderenti possano escludere il riconoscimento del trust nei loro ordinamenti con
delle norme interne apposite, le quali però – finora – non sono mai state
adottate dal legislatore nazionale: se ne dovrebbe dedurre che il trust
interno, non essendo vietato, sia consentito.
Va inoltre considerata la l. 22 giugno 2016 n. 112 (legge c.d. “sul Dopo di noi”).
Essa ha inserito il trust fra i rapporti giuridici cui può farsi ricorso per
realizzare progetti di vita in favore di disabili gravi privi dell’aiuto della
famiglia.
La predetta posizione favorevole
parte dal presupposto che la Convenzione, ancorandosi al concetto di
realizzazione di una funzione economico sociale meritevole di tutela, abbia di
fatto introdotto una nuova categoria di atti ad effetti reali: gli atti di
destinazione.
Per l’orientamento negativo,
invece, è impossibile riconoscere un trust che non abbia elementi di
internazionalità, perché la Convenzione dell’Aja non prevederebbe alcuna tutela
per una forma di trust diversa da quello internazionale. Ciò in ragione del
fatto che una norma di diritto internazionale privato non sarebbe in grado di introdurre una nuova ipotesi di patrimonio
separato rispetto a quelle previste dall’ordinamento nazionale e, quindi,
sarebbe insuscettibile di derogare al divieto di cui all’art. 2740 co. 2 c.c.
Inoltre, col riconoscimento del trust interno verrebbe a costituirsi un nuovo
diritto reale, solo temporaneo e strumentale alla soddisfazione di interessi
predeterminati, dunque non riconducibile alla proprietà (che nel nostro
ordinamento è perpetua e non vincolata a un fine specifico) nonché posto in
violazione del principio del numerus clausus dei diritti reali.
Ancora, si porrebbe un problema relativo alla violazione degli artt. 2643 e
2645 c.c. che elencano tassativamente gli atti soggetti a trascrizione.
Il trust presenta alcune analogie
e differenze con il fondo patrimoniale ex artt. 167 ss c.c.
Quest’ultimo consiste nell’individuazione di un patrimonio separato da quello
del soggetto titolare, con lo scopo specifico – come nel trust - di vincolare
determinati beni al soddisfacimento di bisogni, i quali devono necessariamente
rivestire la qualità di interessi familiari (pertanto è presupposto necessario
l’esistenza di una famiglia fondata sul matrimonio) mentre nel trust possono
avere qualsivoglia destinazione meritevole di tutela. Inoltre, il fondo patrimoniale
è un istituto tipico del diritto di famiglia italiano, mentre il trust è un
istituto atipico e derivante dal common law. ll fondo patrimoniale, poi,
non richiede accettazione, salvo che nel caso in cui sia costituito da un terzo
per atto tra vivi; a differenza del trust, in cui il trustee ha facoltà
di non accettare i beni. Si rinvengono poi differenze per quanto riguarda la
protezione patrimoniale: i beni del fondo non possono essere oggetto di
esecuzione forzata per debiti non relativi ai bisogni della famiglia. A tal
riguardo, è onere della prova dei coniugi dimostrare che il creditore fosse consapevole
della motivazione non familiare dei debiti contratti. La protezione del trust,
invece, grazie all’effetto segregativo, è totale: i creditori del disponente
non possono soddisfarsi sui beni del trust (salvo in caso di buon esito della
azione revocatoria dell’atto con cui il disponente ha dotato il fondo in trust)
e allo stesso modo i creditori del trustee non possono in
alcun modo rivalersi per debiti di quest’ultimo sui beni del fondo, perché quei
beni non si confondono con il suo patrimonio. Inoltre, neanche i creditori dei
beneficiari potranno agire sui beni o sui redditi se il trust è discrezionale. In
ultimo, il trust presenta anche differenze formali, dato che il suo atto
istitutivo può assumere la forma di scrittura privata, al contrario dell’obbligatoria
forma dell’atto pubblico per il fondo patrimoniale.
Sussistono, altresì, analogie e
differenze tra il trust e la fondazione disciplinata agli
artt. 14 ss c.c.
A differenza del trust, la fondazione è un ente costituito da un patrimonio formato
per il perseguimento di un determinato scopo. Nel trust, invece, i beni oggetto
del trust entrano nel patrimonio di un determinato soggetto (il trustee)
pur non confondendosi con gli altri beni dello stesso patrimonio. Inoltre,
I beni destinati alla fondazione, diversamente dal trust, sono soggetti a
indisponibilità, ossia l’impossibilità di distrarre tali beni dalla finalità
prevista dallo statuto, ma possono essere aggrediti dai creditori della
fondazione. Ancora, il termine di durata del trust è fissato autonomamente
dai disponenti e ha come unico limite quello previsto dalla legge richiamata
nell’atto istitutivo. Nel caso della fondazione, a norma dell’art 27 c.c.,
oltre che per le cause previste dall’atto costitutivo e dallo statuto, la
persona giuridica si estingue quando nel momento in cui scopo non è stato
raggiunto o è divenuto impossibile.
Relativamente alla responsabilità patrimoniale l’art 18 c.c. la responsabilità
degli amministratori segue le forme del mandato ex art. 1707 ss c.c.: i
creditori del mandatario non possono soddisfarsi sui beni che, in esecuzione
del mandato, questi ha acquistato in nome proprio purché, trattandosi di beni
mobili o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa
anteriore al pignoramento ovvero, nel
caso di beni immobili iscritti in pubblici registri sia anteriore al
pignoramento la trascrizione dell’atto di ritrasferimento o della domanda
giudiziale diretta a conseguirlo. Dunque, mentre i creditori del mandante
possono aggredire i beni acquistati dal mandatario in esecuzione del suo
incarico, ciò non è consentito ai creditori del beneficiary nel
caso in cui questo sia persona diversa dal settlor. Sotto il
profilo formale, le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico o con
testamento mentre il trust pur dovendo risultare per iscritto, può assumere la
forma di scrittura privata.
Vi sono poi analogie anche con il negozio
fiduciario, nonché evidenti differenze.
Prima di tutto, il negozio fiduciario ha
struttura bilaterale mentre il trust, di regola, ha struttura trilaterale.
Inoltre, nel negozio fiduciario il bene trasferito entra nel patrimonio del
fiduciario e non è immune dall’azione esecutiva dei creditori personali dello
stesso. Il beneficiary del trust, ancora, è proprietario
sostanziale del bene: potrà quindi apporte le azioni a tutela della proprietà ed
esercitare il diritto di seguito. Il fiduciante, al contrario, non essendo più
titolare di un diritto reale, non ha azioni di tutela della proprietà ma solo
un diritto al ritrasferimento e non può chiedere la risoluzione del contratto
per inadempimento dell’obbligo di ritrasferimento e il risarcimento del danno
oppure esercitare l’azione ex art. 2932 c.c.
L’art. 707 cpc, al comma 2 prevede che, nella fase presidenziale della separazione personale,
“Se il ricorrente non si presenta o rinuncia,
la domanda non ha effetto.”
Il comma 3 prevede invece che
“Se non si presenta il coniuge convenuto, il
presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la
notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.”
Secondo un orientamento meno rigido, il convenuto comparso è legittimato a far propria la domanda
dell'attore non comparso, conferendo in tal modo il necessario impulso al
processo (Scardulla).
Trib. Nola sez. I, 08/06/2012 :“In tema di separazione personale dei coniugi
la circostanza che l'art 707 comma 2 c.p.c. prevede una disciplina propria
degli effetti processuali della rinuncia operata nella fase presidenziale non
vale a stravolgere i principi generali in materia processuale ma è dettata
dalla peculiarità della natura non contenziosa della udienza presidenziale e
dalla connessa esigenza di consentire una definizione rapida del giudizio
quando non vi è interesse alla prosecuzione dello stesso, dovendosi ritenere
che la crisi coniugale sia rientrata.”
“ [L]a mancata comparizione del ricorrente non determina necessariamente la inefficacia della domanda tutte le volte in cui il contraddittorio risulti regolarmente instaurato ed alla udienza partecipi il difensore dello stesso in grado di manifestare la volontà del proprio assistito (chiedendo il rinvio della causa per impedimento ovvero rinunciando alla domanda) atteso che in queste ipotesi la mancata partecipazione incide unicamente sulla possibilità per il presidente di esperire il tentativo di conciliazione ma non determina necessariamente l'improcedibilità della domanda laddove lo stesso verifichi l'interesse di almeno una delle parti alla prosecuzione del giudizio ed alla adozione dei provvedimenti urgenti (cfr. Cass. 23070/2005 e 11059/2001),
quanto al diverso profilo della rinuncia,
ritiene questo giudice, che la stessa non determini l'inefficacia della
domanda tutte le volte in cui la resistente si sia regolarmente costituita e
non si sia limitata ad una mera attività difensiva ma abbia, a sua volta,
spiegato domanda riconvenzionale di separazione ponendosi in tal caso il dovere
per il giudice di pronunciarsi su tale domanda,
d'altro canto, diversamente, opinando si
finirebbe per consentire una strumentalizzazione del giudizio determinando una
paralisi processuale ai danni della parte che ha interesse alla prosecuzione
dello stesso, non a caso l' art 306 c.p.c. richiede ai fini della pronuncia di
estinzione del giudizio che la rinuncia sia accettata dalla parte che ha
interesse alla prosecuzione.”
Conclusioni:
Secondo (alcuna) dottrina, quindi, se il
ricorrente non compare è possibile proseguire il giudizio se c’è interesse del
convenuto.
Secondo la giurisprudenza (e alcuna dottrina), invece, l’interesse del convenuto non è sufficiente a far proseguire il giudizio se il ricorrente non si presenta. Si può proseguire solo se compare il difensore al suo posto e vi sia interesse di controparte al proseguimento
In ragione dell’emergenza
sanitaria da pandemia di covid-19, il Governo ha notoriamente adottato una
serie di disposizioni volte a consentire il funzionamento del “sistema-giustizia”
riducendo al minimo ogni contatto sociale. A tal fine, e soprattutto per il
diritto civile, da una parte è stata potenziata l’informatizzazione di tutte
quelle attività di carattere burocratico che l’avvocato svolge normalmente
presso gli uffici giudiziari (i c.d. “adempimenti”, nel linguaggio della
professione e della pratica forense) dall’altra, cosa inedita per il nostro
ordinamento, è stata disposta la celebrazione delle udienze da remoto o in
forma cartolare.
Sul primo versante, va sottolineato come l’art. 83, comma 11, del decreto legge
17 marzo 2020, n. 18 preveda infatti che “dal 9 marzo 2020 al 30 giugno
2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito
telematico anche gli atti e documenti di cui all’articolo 16-bis, comma 1-bis,
del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre
2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma
1 del medesimo articolo.” A sua volta, il richiamato art. 16-bis, comma
1-bis del d.l. 179/2012 elenchi tutti quegli atti per il quale il deposito
telematico è facoltativo. In sostanza, fino al 30 giugno 2020 è fatto obbligo
agli avvocati di depositare i suddetti atti telematicamente.
Va però ricordato che, attualmente, il processo civile telematico italiano non contempla
la possibilità di caricare determinato materiale, come file video. In assenza
di una menzione specifica a tale problema da parte delle richiamate norme
emergenziali, se ne deduce che il difensore interessato ad allegare a un atto
dei documenti dall’estensione non consentita, anche nell’odierna situazione di
distanziamento sociale imposto, si troverebbe costretto a recarsi fisicamente
in cancelleria o nell’ufficio competente per depositare CD-ROM o supporto
affine contenente i relativi file.
Per quanto riguarda l’assoluta novità introdotta nel processo civile ai tempi dell’emergenza, ossia la celebrazione “non in presenza” delle udienze, l’art. 2, comma 2, lett. f) del d.l. 8 marzo 2020, n. 11 e l’art. 7, lett. f) e h), d.l. 17 marzo 2020, n. 83, prevedono due differenti casi:
Legge 22 maggio 1978, n. 194
Norme per la tutela sociale della
maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza
(Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 1978, n. 140)
Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto alla
procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale
della maternità e tutela la vita umana
dal suo inizio.
L’interruzione volontaria della
gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo
delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali,
nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e
sviluppano i servizi socio-sanitari,
nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia
usato ai fini della limitazione delle
nascite.
Articolo 2
I consultori familiari istituiti dalla
legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla
stessa legge, assistono la donna in
stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei
spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi
sociali, sanitari e assistenziali
concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a
ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro
a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo
allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti
nel territorio speciali interventi,
quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i
quali risultino inadeguati i normali
interventi di cui alla lettera a);
d) contribuendo a far superare le cause
che potrebbero indurre la donna all’interruzione della
gravidanza. I consultori sulla base di
appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i
fini previsti dalla legge, della
collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di
associazioni del volontariato, che
possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.
La somministrazione su prescrizione
medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi
necessari per conseguire le finalità
liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è
consentita anche ai minori.
Articolo 3
Anche per l’adempimento dei compiti
ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari,
il fondo di cui all’articolo 5 della
legge 29 luglio 1975, n. 405, è aumentato con uno stanziamento di
L. 50.000.000.000 annui, da ripartirsi
fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto
articolo.
Alla copertura dell’onere di lire 50
miliardi relativo all’esercizio finanziario 1978 si provvede
mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di
previsione della spesa del Ministero del
tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è
autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
Articolo 4
Per l’interruzione volontaria della
gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi
circostanze per le quali la prosecuzione
della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero
un serio pericolo per la sua salute
fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue
condizioni economiche, o sociali o
familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o
a previsioni di anomalie o malformazioni
del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito
ai sensi dell’articolo 2, lettera a),
della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura sociosanitaria a ciò
abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Articolo 5
Il consultorio e la struttura
socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici,
hanno il compito in ogni caso, e
specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza
sia motivata dall’incidenza delle
condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della
gestante, di esaminare con la donna e
con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel
rispetto della dignità e della
riservatezza della donna e della persona indicata come padre del
concepito, le possibili soluzioni dei
problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la
porterebbero alla interruzione della
gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di
lavoratrice e di madre, di promuovere
ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna,
offrendole tutti gli aiuti necessari sia
durante la gravidanza sia dopo il parto.
Quando la donna si rivolge al medico di
sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari
necessari, nel rispetto della dignità e
della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il
padre del concepito, ove la donna lo
consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della
donna e della persona indicata come
padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli
accertamenti di cui sopra, le
circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della
gravidanza; la informa sui diritti a lei
spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare
ricorso, nonché sui consultori e le
strutture socio-sanitarie.
Quando il medico del consultorio o della
struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra
l’esistenza di condizioni tali da
rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un
certificato attestante l’urgenza. Con
tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle
sedi autorizzate a praticare la
interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di
urgenza, al termine dell’incontro il
medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il
medico di fiducia, di fronte alla
richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle
circostanze di cui all’articolo 4, le
rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna,
attestante lo stato di gravidanza e
l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni.
Trascorsi i sette giorni, la donna può
presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza,
sulla base del documento rilasciatole ai
sensi del presente comma, presso una delle sedi
autorizzate.
Articolo 6
L’interruzione volontaria della
gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto
comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici,
tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o
malformazioni del nascituro, che
determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della
donna.
Articolo 7
I processi patologici che configurino i
casi previsti dall’articolo precedente vengono accertati da un
medico del servizio
ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi
l’intervento,
che ne certifica l’esistenza. Il medico
può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è
tenuto a fornire la documentazione sul
caso e a comunicare la sua certificazione al direttore
sanitario dell’ospedale per l’intervento
da praticarsi immediatamente. Qualora l’interruzione della
gravidanza si renda necessaria per
imminente pericolo per la vita della donna, l’intervento può
essere praticato anche senza lo
svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al
di fuori delle sedi di cui all’articolo
8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al
medico provinciale. Quando sussiste la
possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della
gravidanza può essere praticata solo nel
caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e il medico che
esegue l’intervento deve adottare ogni
misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
Articolo 8
L’interruzione della gravidanza è
praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso
un ospedale generale tra quelli indicati
nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132, il
quale verifica anche l’inesistenza di
controindicazioni sanitarie.
Gli interventi possono essere altresì
praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed
enti di cui all’articolo 1, penultimo
comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di
cui alla legge 26 novembre 1973, numero
817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18
giugno 1958, n. 754, sempre che i
rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l’interruzione
della gravidanza può essere praticata anche presso case di
cura autorizzate dalla regione, fornite
di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetricoginecologici.
Il Ministro della sanità con suo decreto
limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare
gli interventi di interruzione della
gravidanza, stabilendo:
1) la percentuale degli interventi di
interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in
rapporto al totale degli interventi
operatori eseguiti nell’anno precedente presso la stessa casa di
cura;
2) la percentuale dei giorni di degenza
consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza,
rispetto al totale dei giorni di degenza
che nell’anno precedente si sono avuti in relazione alle
convenzioni con la regione.
Le percentuali di cui ai punti 1) e 2)
dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte
le case di cura.
Le case di cura potranno scegliere il
criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati.
Nei primi novanta giorni gli interventi
di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere
effettuati, dopo la costituzione delle
unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici
adeguatamente attrezzati, funzionalmente
collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione.
Il certificato rilasciato ai sensi del
terzo comma dell’articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il
documento consegnato alla donna ai sensi
del quarto comma dello stesso articolo costituiscono
titolo per ottenere in via d’urgenza
l’intervento e, se necessario, il ricovero.
Articolo 9
Il personale sanitario ed esercente le
attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle
procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed
agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando
sollevi obiezione di coscienza, con
preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve
essere comunicata al medico provinciale
e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o
dalla casa di cura, anche al direttore
sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente
legge o dal conseguimento della
abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire
prestazioni dirette alla interruzione
della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con
enti previdenziali che comporti
l’esecuzione di tali prestazioni.
L’obiezione può sempre essere revocata o
venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al
precedente comma, ma in tale caso la
dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua
presentazione al medico provinciale.
L’obiezione di coscienza esonera il
personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal
compimento delle procedure e delle
attività specificamente e necessariamente dirette a
determinare l’interruzione della
gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente
all’intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura
autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo
espletamento delle procedure previste
dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione
della gravidanza richiesti secondo le
modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla
e garantisce l’attuazione anche
attraverso la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere
invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività
ausiliarie quando, data la particolarità
delle circostanze, il loro personale intervento è
indispensabile per salvare la vita della
donna in imminente pericolo.
L’obiezione di coscienza si intende
revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende
parte a procedure o a interventi per
l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al
di fuori dei casi di cui al comma
precedente.
Articolo 10
L’accertamento, l’intervento, la cura e
la eventuale degenza relativi alla interruzione della
gravidanza nelle circostanze previste
dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui
all’articolo 8, rientrano fra le
prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto
1974, n. 386.
Sono a carico della regione tutte le
spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie
per il compimento della gravidanza
nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto
all’assistenza mutualistica.
Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche
non previste dai precedenti commi e gli accertamenti
effettuati secondo quanto previsto dal
secondo comma dell’articolo 5 e dal primo comma
dell’articolo 7 da medici dipendenti
pubblici, o che esercitino la loro attività nell’ambito di strutture
pubbliche o convenzionate con la
regione, sono a carico degli enti mutualistici, sino a che non sarà
istituito il servizio sanitario
nazionale.
Articolo 11
L’ente ospedaliero, la casa di cura o il
poliambulatorio nei quali l’intervento è stato effettuato sono
tenuti ad inviare al medico provinciale
competente per territorio una dichiarazione con la quale il
medico che lo ha eseguito dà notizia
dell’intervento stesso e della documentazione sulla base della
quale è avvenuto, senza fare menzione
dell’identità della donna.
Le lettere b) e f) dell’articolo 103 del
testo unico delle leggi sanitarie, approvato con il regio decreto
27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.
Articolo 12
La richiesta di interruzione della
gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta
personalmente dalla donna.
Se la donna è di età inferiore ai
diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto lo
assenso di chi esercita sulla donna
stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni,
quando vi siano seri motivi che
impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti
la potestà o la tutela, oppure queste,
interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro
difformi, il consultorio o la struttura
socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le
procedure di cui all’articolo 5 e
rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del
proprio parere, al giudice tutelare del
luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque
giorni, sentita la donna e tenuto conto
della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione
trasmessagli, può autorizzare la donna,
con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione
della gravidanza.
Qualora il medico accerti l’urgenza
dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della
minore di diciotto anni,
indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e
senza adire il giudice tutelare,
certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione
della gravidanza. Tale certificazione
costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se
necessario, il ricovero.
Ai fini dell’interruzione della
gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore
di diciotto anni le procedure di cui
all’articolo 7, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la
potestà o la tutela.
Articolo 13
Se la donna è interdetta per infermità
di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere
presentata, oltre che da lei
personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia
legalmente separato.
Nel caso di richiesta presentata
dall’interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore.
La richiesta presentata dal tutore o dal
marito deve essere confermata dalla donna.
Il medico del consultorio o della
struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice
tutelare, entro il termine di sette
giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione
contenente ragguagli sulla domanda e
sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque
assunto dalla donna e sulla gravidanza e
specie dell’infermità mentale di essa nonché il parere del
tutore, se espresso.
Il giudice tutelare, sentiti se lo
ritiene opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal
ricevimento della relazione, con atto
non soggetto a reclamo.
Il provvedimento del giudice tutelare ha
gli effetti di cui all’ultimo comma dell’articolo 8.
Articolo 14
Il medico che esegue l’interruzione
della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e
le indicazioni sulla regolazione delle
nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi,
che devono comunque essere attuati in
modo da rispettare la dignità personale della donna.
In presenza di processi patologici, fra
cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro,
il medico che esegue l’interruzione
della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari
per la prevenzione di tali processi.
Articolo 15
Le regioni, d’intesa con le università e
con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del
personale sanitario ed esercente le arti
ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e
responsabile, sui metodi anticoncezionali,
sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle
tecniche più moderne, più rispettose
dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose
per l’interruzione della gravidanza. Le
regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono
partecipare sia il personale sanitario
ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad
approfondire le questioni relative
all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai
metodi anticoncezionali e alle tecniche
per l’interruzione della gravidanza.
Al fine di garantire quanto disposto
dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono un programma annuale
d’aggiornamento e di informazione sulla
legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali,
sanitari e assistenziali esistenti nel
territorio regionale.
Articolo 16
Entro il mese di febbraio, a partire
dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della
Presente legge, il Ministro della sanità
presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della
legge stessa e sui suoi effetti, anche
in riferimento al problema della prevenzione.
Le regioni sono tenute a fornire le
informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun
anno, sulla base di questionari
predisposti dal Ministro.
Analoga relazione presenta il Ministro
di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di
specifica competenza del suo Dicastero.
Articolo 17
Chiunque cagiona ad una donna per colpa
l’interruzione della gravidanza è punito con la
reclusione da tre mesi a due anni.
Chiunque cagiona ad una donna per colpa
un parto prematuro è punito con la pena prevista dal
comma precedente, diminuita fino alla
metà.
Nei casi previsti dai commi precedenti,
se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste
a tutela del lavoro la pena è aumentata.
Articolo 18
Chiunque cagiona l’interruzione della
gravidanza senza il consenso della donna è punito con la
reclusione da quattro a otto anni. Si
considera come non prestato il consenso estorto con violenza
o minaccia ovvero carpito con l’inganno.
La stessa pena si applica a chiunque
provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a
provocare lesioni alla donna.
Detta pena è diminuita fino alla metà se
da tali lesioni deriva l’acceleramento del parto.
Se dai fatti previsti dal primo e dal
secondo comma deriva la morte della donna si applica la
reclusione da otto a sedici anni; se ne
deriva una lesione personale gravissima si applica la
reclusione da sei a dodici anni; se la
lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita.
Le pene stabilite dai commi precedenti
sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.
Articolo 19
Chiunque cagiona l’interruzione
volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità
indicate negli articoli 5 o 8, è punito
con la reclusione sino a tre anni.
La donna è punita con la multa fino a
lire centomila.
Se l’interruzione volontaria della
gravidanza avviene senza l’accertamento medico dei casi previsti
dalle lettere a) e b) dell’articolo 6 o
comunque senza l’osservanza delle modalità previste
dall’articolo 7, chi la cagiona è punito
con la reclusione da uno a quattro anni.
La donna è punita con la reclusione sino
a sei mesi.
Quando l’interruzione volontaria della
gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o
interdetta, fuori dei casi o senza
l’osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi la
cagiona è punito con le pene
rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla
metà. La donna non è punibile.
Se dai fatti previsti dai commi precedenti
deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre
a sette anni; se ne deriva una lesione
personale gravissima si applica la reclusione da due a
cinque anni; se la lesione personale è
grave questa ultima pena è diminuita.
Le pene stabilite dal comma precedente
sono aumentate se la morte o la lesione della donna
derivano dai fatti previsti dal quinto
comma.
Articolo 20
Le pene previste dagli articoli 18 e 19
per chi procura l’interruzione della gravidanza sono
aumentate quando il reato è commesso da
chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi
dell’articolo 9.
Articolo 21
Chiunque, fuori dei casi previsti
dall’articolo 326 del codice penale, essendone venuto a
conoscenza per ragioni di professione o
di ufficio, rivela l’identità - o comunque divulga notizie
idonee a rivelarla - di chi ha fatto
ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente
legge, è punito a norma dell’articolo
622 del codice penale.
Articolo 22
Il titolo X del libro II del codice
penale è abrogato.
Sono altresì abrogati il n. 3) del primo
comma e il n. 5) del secondo comma dell’articolo 583 del
codice penale.
DICHIARAZIONE
UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI
(adottata
dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948)
Preambolo
Considerato
che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia
umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento
della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il
disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di
barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo
in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della
libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta
aspirazione dell'uomo;
Considerato che è
indispensabile che i diritti umani siano protetti da 8 Dichiarazione universale
dei diritti umani norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia
costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia
e l'oppressione;
Considerato che è
indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli
delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti
umani fondamentali, nella
dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti
dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un
miglior tenore di vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati
membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il
rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà
fondamentali;
Considerato che una
concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima
importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L'ASSEMBLEA
GENERALE
Proclama la presente
dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi
da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni
organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi
di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti
e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere
nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto
tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti
alla loro giurisdizione.
Articolo
1
Tutti gli esseri umani
nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di
coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo
2
Ad ogni individuo
spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente
Dichiarazione, senza
distinzione alcuna, per
ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione
politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di
nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla
base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del
territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad
amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione
di sovranità.
Articolo
3
Ogni individuo ha diritto
alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Articolo
4
Nessun individuo potrà
essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta
degli
schiavi saranno proibite
sotto qualsiasi forma.
Articolo
5
Nessun individuo potrà
essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o
degradanti.
Articolo
6
Ogni individuo ha
diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Articolo
7
Tutti sono eguali dinanzi
alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela
da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni
discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento
a tale discriminazione.
Articolo
8
Ogni individuo ha diritto
ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che
violino i diritti
fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.
Articolo
9
Nessun individuo potrà
essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Articolo
10
Ogni individuo ha
diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza
davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione
dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa
penale che gli venga rivolta.
Articolo
11
Ogni individuo accusato
di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata
provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le
garanzie necessarie per la sua difesa.
Nessun individuo sarà
condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui
sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o
secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna
pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato
commesso.
Articolo
12
Nessun individuo potrà
essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua
famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore
e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla
legge contro tali interferenze o lesioni.
Articolo
13
Ogni individuo ha diritto
alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
Ogni individuo ha diritto
di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio
paese.
Articolo
14
Ogni individuo ha il
diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. Questo
diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato
per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle
Nazioni Unite.
Articolo
15
Ogni individuo ha diritto
ad una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato
della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
Articolo
16
Uomini e donne in età adatta
hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna
limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo
al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. Il
matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei
futuri coniugi.
La
famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad
essere protetta dalla società
e dallo Stato.
Articolo
17
Ogni individuo ha il diritto
ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri. Nessun individuo
potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.
Articolo
18
Ogni individuo ha diritto
alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la
libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente
o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il
proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza
dei riti.
Articolo
19
Ogni individuo ha diritto
alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere
molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni
e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Articolo
20
Ogni individuo ha diritto
alla libertà di riunione e di associazione pacifica. Nessuno può essere
costretto a far parte di un'associazione.
Articolo
21
Ogni individuo ha diritto
di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso
rappresentanti liberamente scelti. Ogni individuo ha diritto di accedere in
condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
La volontà popolare è il
fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa
attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale
ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera
votazione.
Articolo
22
Ogni individuo, in quanto
membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla
realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale
ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti
economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero
sviluppo della sua personalità.
Articolo
23
Ogni individuo ha diritto
al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni
di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza
discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
Ogni individuo che lavora
ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso
e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se
necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
Ogni individuo ha diritto
di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Articolo
24
Ogni individuo ha diritto
al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle
ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.
Articolo
25
Ogni individuo ha diritto
ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e
della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario,
all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha
diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità,
vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per
circostanze indipendenti dalla sua volontà.
La maternità e l'infanzia
hanno diritto a speciali cure ed assistenza.
Tutti i bambini, nati nel
matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.
Articolo
26
Ogni individuo ha diritto
all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le
classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere
obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla
portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a
tutti sulla base del merito.
L'istruzione deve essere
indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del
rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere
la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi
razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il
mantenimento della pace.
I genitori hanno diritto
di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
Articolo
27
Ogni individuo ha diritto
di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle
arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. Ogni
individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali
derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli
sia autore.
Articolo
28
Ogni individuo ha diritto
ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà
enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Articolo
29
Ogni individuo ha dei
doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo
della sua personalità. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà,
ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite
dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle
libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale,
dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
Questi diritti e queste
libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e
principi delle Nazioni Unite.
Articolo
30
Nulla nella presente
Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un
qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un
atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa
enunciati.
L’immobile
assegnato ad uno dei coniugi in sede di separazione o divorzio può comunque
essere oggetto di trasferimento di proprietà. Infatti, l’assegnazione è un
diritto di godimento e non impedisce il cambio della titolarità del
proprietario.
Il provvedimento
giudiziale, però, avendo data certa può essere opposto – anche se non
trascritto – al terzo acquirente. Il periodo di opponibilità sarà limitato a
nove anni in caso di provvedimento non trascritto, ovvero senza limiti di tempo
nel caso in cui il provvedimento sia stato trascritto (sempre che nel frattempo
non sia venuta meno l’assegnazione).
Tuttavia, se la
trascrizione del titolo di acquisto fosse anteriore alla data della
trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione l’opponibilità sarà
comunque limitata a nove anni. Di contro, nel caso in cui sia stato trascritto
il solo titolo di acquisto, allora l’opponibilità varrà sempre per i nove anni
ma solo nei confronti dei terzi acquirenti che erano a conoscenza della
situazione di convivenza dei coniugi separati.
La Legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice
penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela
delle vittime di violenza domestica e di genere”), anche denominata “Codice
Rosso”, ha introdotto importanti modifiche al diritto penale sostanziale e
processuale.
Tra le novità in ambito procedurale, per
alcuni reati come quelli di maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza
sessuale, gli eventuali provvedimenti di protezione delle vittime saranno
adottati più celermente. Inoltre, è previsto che la polizia giudiziaria,
acquisita la notizia di reato, possa riferire immediatamente al pubblico ministero,
anche in forma orale e che il pubblico ministero, nelle ipotesi ove proceda per
i delitti di violenza domestica o di genere, entro tre giorni dall’iscrizione
della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da
chi ha denunciato i fatti di reato (il termine di tre giorni può essere
prorogato solamente in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori
o della riservatezza delle indagini, pure nell’interesse della persona offesa).
Infine, gli atti d’indagine delegati dal pubblico ministero alla polizia
giudiziaria devono avvenire senza ritardo.
È stata modificata la
misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla
persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il
rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi
elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Il
delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra
quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.
Sono stati introdotti poi
4 nuovi reati:
-
il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti
senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni e la
multa da 5mila a 15mila euro: la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o
comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare
un danno agli interessati. La condotta può essere commessa da chiunque, dopo
averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone
interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere
privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una
relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti
informatici.
-
il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni
permanenti al viso, sanzionato con la reclusione da otto a 14 anni. Quando,
per effetto del delitto in questione, si provoca la morte della vittima, la
pena è l’ergastolo;
-
il reato di costrizione o induzione al matrimonio, punito con la
reclusione da uno a cinque anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è
commesso a danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso
all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente
in Italia;
- violazione
dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di
avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, sanzionato con la
detenzione da sei mesi a tre anni.
Vengono
poi inasprite le sanzioni già previste dal codice penale:
-
il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, da un intervallo
compreso tra un minimo di due e un massimo di sei anni, passa a un minimo di
tre e un massimo di sette;
-
lo stalking passa da un minimo di sei mesi e un massimo di cinque anni a un
minimo di un anno e un massimo di sei anni e sei mesi;
-
la violenza sessuale passa da sei a 12 anni, mentre prima andava dal minimo di
cinque e il massimo di dieci;
-
la violenza sessuale di gruppo passa a un minimo di otto e un massimo di 14,
prima era punita col minimo di sei e il massimo di 12.
Da ultimo, degno di nota, è l’estensione del termine concesso alla persona offesa dal reato di violenza sessuale per sporgere querela (dagli attuali 6 mesi a 12 mesi). Vengono inoltre ridisegnate ed inasprite le aggravanti per l’ipotesi ove la violenza sessuale sia commessa in danno di minore di età ed è stata inserita un’ulteriore circostanza aggravante per il delitto di atti sessuali con minorenne: la pena è aumentata fino a un terzo quando gli atti sono posti in essere con individui minori di 14 anni, in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, pure solo promessa. Nell’omicidio viene estesa l’applicazione delle circostanze aggravanti, facendovi rientrare finanche le relazioni personali.
LEGGE 19 luglio 2019, n.
69
Modifiche al codice
penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela
delle vittime di violenza domestica e di genere. (19G00076)
(GU n.173 del 25-7-2019)
Vigente al: 9-8-2019
La Camera dei deputati ed
il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Promulga la seguente
legge:
Art. 1
Obbligo di riferire la
notizia del reato
1. All'articolo 347,
comma 3, del codice di procedura penale, dopo le parole: « nell'articolo 407,
comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) » sono inserite le seguenti: « , del
presente codice, o di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis,
609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice
penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi
aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577,
primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice penale, ».
Art. 2
Assunzione di
informazioni
1. Dopo il comma 1-bis
dell'articolo 362 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:
«1-ter. Quando si procede
per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater,
609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dagli articoli
582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli
articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo
comma, del medesimo codice, il pubblico ministero assume informazioni dalla
persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il
termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che
sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o
della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa».
Art. 3
Atti diretti e atti
delegati
1. Dopo il comma 2
dell'articolo 370 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Se si tratta di
uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater,
609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli
articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi
degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5, 5.1, e 577, primo comma, numero
1, e secondo comma, del medesimo codice, la polizia giudiziaria procede senza
ritardo al compimento degli atti delegati dal pubblico ministero.
2-ter. Nei casi di cui al
comma 2-bis, la polizia giudiziaria pone senza ritardo a disposizione del
pubblico ministero la documentazione dell’attività nelle forme e con le modalità
previste dall'articolo 357».
Art. 4
Introduzione
dell'articolo 387-bis del codice penale in materia di violazione dei
provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di
avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa
1. Dopo l'articolo 387
del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 387-bis (Violazione
dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di
avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - Chiunque,
essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal
provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e
282-ter del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384-bis
del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Art. 5
Formazione degli
operatori di polizia
1. Entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Polizia di Stato,
l'Arma dei carabinieri e il Corpo di Polizia penitenziaria attivano presso i
rispettivi istituti di formazione specifici corsi destinati al personale che
esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla
prevenzione e al perseguimento dei reati di cui agli articoli 1, 2 e 3 o che
interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate. La
frequenza dei corsi è obbligatoria per il personale individuato
dall'amministrazione di appartenenza.
2. Al fine di assicurare l’omogeneità
dei corsi di cui al comma 1, i relativi contenuti sono definiti con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica
amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa.
Art. 6
Modifica all'articolo 165
del codice penale in materia di sospensione condizionale della pena
1. All'articolo 165 del
codice penale, dopo il quarto comma è inserito il seguente:
«Nei casi di condanna per
i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater,
609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché' agli articoli 582 e 583-quinquies
nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e
5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale
della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di
recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza
psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati».
2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui
al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. Gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero di cui all'articolo
165 del codice penale, come modificato dal citato comma 1, sono a carico del
condannato.
Art.
7
Introduzione
dell'articolo 558-bis del codice penale in materia di costrizione o induzione
al matrimonio 1. Dopo l'articolo 558 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 558-bis (Costrizione o induzione al
matrimonio). - Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a
contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque
anni.
La stessa pena si applica
a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità
psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche,
lavorative o dell’autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni
di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre
matrimonio o unione civile.
La pena è aumentata se i
fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto.
La pena è da due a sette
anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni
quattordici.
Le disposizioni del
presente articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all'estero da
cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di
cittadino italiano o di straniero residente in Italia».
Art. 8
Modifica all'articolo 11
della legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di misure in favore degli orfani
per crimini domestici e delle famiglie affidatarie
1. All'articolo 11 della
legge 11 gennaio 2018, n. 4, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. La dotazione del
Fondo di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre
2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n.
10, come modificato dall'articolo 14 della legge 7 luglio 2016, n. 122, è
incrementata di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 5 milioni
di euro per l'anno 2019 e di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno
2020, per le seguenti finalità a valere su tale incremento:
a) una quota pari a 2
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 è destinata all'erogazione di
borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento
di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento
dei medesimi nell’attività lavorativa ai sensi delle disposizioni della presente
legge, assicurando che almeno il 70 per cento di tale somma sia destinato agli
interventi in favore dei minori e che la quota restante, ove ne ricorrano i
presupposti, sia destinata agli interventi in favore dei soggetti maggiorenni
economicamente non autosufficienti;
b) una quota pari a 3
milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2020 è destinata, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 5,
comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, a misure di sostegno e di aiuto
economico in favore delle famiglie affidatarie, secondo criteri di equità
fissati con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione».
2. Alla copertura dei
maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1,
pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali»
della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Art. 9
Modifiche agli articoli
61, 572 e 612-bis del codice penale, nonché' al codice delle leggi antimafia e
delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
159
1. All'articolo 61,
numero 11-quinquies, del codice penale, le parole: «, contro la libertà
personale nonché' del delitto di cui all'articolo 572,» sono sostituite dalle
seguenti: «e contro la libertà personale,».
2. All'articolo 572 del
codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le
parole: «da due a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sette
anni»;
b) dopo il primo comma è
inserito il seguente:
«La pena è aumentata fino
alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di
donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi
dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è
commesso con armi»;
c) è aggiunto, in fine,
il seguente comma:
«Il minore di anni
diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera
persona offesa dal reato.».
3. All'articolo 612-bis,
primo comma, del codice penale, le parole:
«da sei mesi a cinque
anni» sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a sei anni e sei mesi».
4. All'articolo 4, comma
1, lettera i-ter), del codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole:
«del delitto di cui all'articolo 612-bis» sono sostituite dalle seguenti: «dei
delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis».
5. All'articolo 8, comma
5, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole
da: «di cui» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «di cui
agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter), il divieto
di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui
occorre prestare protezione o da minori».
Art. 10
Introduzione
dell'articolo 612-ter del codice penale in materia di diffusione illecita di
immagini o video sessualmente espliciti 1. Dopo l'articolo 612-bis del codice
penale è inserito il seguente:
«Art. 612-ter (Diffusione
illecita di immagini o video sessualmente espliciti). - Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti,
invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto
sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone
rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da
euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica
a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al
primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso
delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i
fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è
o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti
sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un
terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità
fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a
querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di
sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si
procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché' quando il
fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio».
Art. 11
Modifiche all'articolo
577 del codice penale 1. All'articolo 577 del codice penale sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al primo comma, numero
1, dopo le parole: «o il discendente» sono inserite le seguenti: «anche per
effetto di adozione di minorenne» e le parole: «o contro la persona legata al
colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente» sono sostituite
dalle seguenti: «o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o
ad esso legata da relazione affettiva»;
b) al secondo comma, dopo
le parole: «l'altra parte dell'unione civile, ove cessata,» sono inserite le
seguenti: «la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione
affettiva, ove cessate,» e dopo le parole: «la sorella,» sono inserite le
seguenti:
«l'adottante o l'adottato
nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile,»;
c) dopo il secondo comma è
aggiunto il seguente:
«Le circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 62, numero 1, 89, 98 e
114, concorrenti con le circostanze aggravanti di cui al primo comma, numero 1,
e al secondo comma, non possono essere ritenute prevalenti rispetto a queste».
Art. 12
Modifiche al codice
penale in materia di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni
permanenti al viso, nonché modifiche all'articolo 4-bis della legge 26 luglio
1975, n. 354 1. Dopo l'articolo 583-quater del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 583-quinquies
(Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso).
- Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la
deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da
otto a quattordici anni.
La condanna ovvero
l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444
del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo
comporta l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela,
alla curatela e all'amministrazione di sostegno».
2. All'articolo 576,
primo comma, numero 5, del codice penale, dopo la parola: «572,» è inserita la
seguente: «583-quinquies,».
3. All'articolo 583,
secondo comma, del codice penale, il numero 4 è abrogato.
4. All'articolo 585,
primo comma, del codice penale, dopo la parola: «583-bis» è inserita la
seguente: «, 583-quinquies».
5. All'articolo 4-bis
della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1-quater,
dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» è inserita la seguente:
«583-quinquies,»;
b) al comma 1-quinquies,
dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» è inserita la seguente:
«583-quinquies,».
Art. 13
Modifiche agli articoli
609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-septies e 609-octies del codice penale
1. All'articolo 609-bis,
primo comma, del codice penale le parole:
«da cinque a dieci anni»
sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dodici anni».
2. All'articolo 609-ter
del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma:
1) all'alinea, le parole:
«La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo
609-bis» sono sostituite dalle seguenti: «La pena stabilita dall'articolo
609-bis è aumentata di un terzo se i fatti ivi previsti»;
2) il numero 1) è
sostituito dal seguente:
«1) nei confronti di
persona della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo,
o il tutore»;
3) il numero 5) è
sostituito dal seguente:
«5) nei confronti di
persona che non ha compiuto gli anni diciotto»;
b) il secondo comma è
sostituito dal seguente:
«La pena stabilita
dall'articolo 609-bis è aumentata della metà se i fatti ivi previsti sono
commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici. La
pena è raddoppiata se i fatti di cui all'articolo 609-bis sono commessi nei
confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci».
3. All'articolo
609-quater del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il secondo comma è
inserito il seguente:
«La pena è aumentata se
il compimento degli atti sessuali con il minore che non abbia compiuto gli anni
quattordici avviene in cambio
di denaro o di qualsiasi
altra utilità, anche solo promessi»;
b) al terzo comma, le
parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattro anni».
4. All'articolo
609-septies del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le
parole: «articoli 609-bis, 609-ter e 609-quater» sono sostituite dalle
seguenti: «articoli 609-bis e 609-ter»;
b) al secondo comma, la
parola: «sei» è sostituita dalla seguente: «dodici»;
c) al quarto comma, il
numero 5) è abrogato.
5. All'articolo
609-octies del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, le
parole: «da sei a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a
quattordici anni»;
b) al terzo comma, le
parole: «La pena è aumentata se concorre taluna delle» sono sostituite dalle
seguenti: «Si applicano le».
Art. 14
Modifiche alle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e
agli articoli 90-bis e 190-bis del codice di procedura penale
1. Dopo l'articolo 64
delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è
inserito il seguente:
«Art. 64-bis (Trasmissione obbligatoria di
provvedimenti al giudice civile). - 1. Ai fini della decisione dei procedimenti
di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età
o all'esercizio della potestà genitoriale, copia delle ordinanze che applicano
misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca,
dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, del provvedimento con il
quale è disposta l'archiviazione e della sentenza emessi nei confronti di una
delle parti in relazione ai reati
previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies,
609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, nonché' dagli articoli 582 e
583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli
576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo
comma, del codice penale è trasmessa senza ritardo al giudice civile
procedente».
2. All'articolo 90-bis,
comma 1, lettera p), del codice di procedura penale, le parole: «e alle case
rifugio» sono sostituite dalle seguenti: «, alle case rifugio e ai servizi di
assistenza alle vittime di reato».
3. All'articolo 190-bis,
comma 1-bis, del codice di procedura penale, le parole: «anni sedici» sono
sostituite dalle seguenti:
«anni diciotto».
Art. 15
Modifiche agli articoli
90-ter, 282-ter, 282-quater, 299 e 659 del codice di procedura penale
1. All'articolo 90-ter
del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Le comunicazioni
previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo
difensore, ove nominato, se si procede per i delitti previsti dagli articoli
572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del
codice penale, nonché' dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale
nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e
5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale».
2. Al comma 1
dell'articolo 282-ter del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: «, anche disponendo l'applicazione delle particolari modalità
di controllo previste dall'articolo 275-bis».
3. Al comma 1
dell'articolo 282-quater del codice di procedura penale, dopo le parole: «alla
parte offesa» sono inserite le seguenti: «e, ove nominato, al suo difensore».
4. Al comma 2-bis
dell'articolo 299 del codice di procedura penale, le parole: «al difensore
della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa» sono
sostituite dalle seguenti: «alla persona offesa e, ove nominato, al suo
difensore».
5. Dopo il comma 1
dell'articolo 659 del codice di procedura penale e' inserito il seguente:
«1-bis. Quando a seguito
di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la
scarcerazione del condannato per
uno dei delitti previsti
dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e
612-bis del codice penale, nonché' dagli articoli 582 e 583-quinquies del
codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma,
numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale,
il pubblico ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a
mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo
difensore».
Art. 16
Modifica all'articolo 275
del codice di procedura penale 1. All'articolo 275, comma 2-bis, del codice di
procedura penale, dopo la parola: «612-bis» è inserita la seguente: «,
612-ter».
Art. 17
Modifiche all'articolo
13-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento
psicologico per i condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari
o conviventi e per atti persecutori
1. All'articolo 13-bis
della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole:
«nonché' agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in
danno di persona minorenne» sono sostituite dalle seguenti: «nonché' agli articoli
572, 583-quinquies, 609-bis, 609-octies e 612-bis del medesimo codice»;
b) è aggiunto, in fine,
il seguente comma:
«1-bis. Le persone
condannate per i delitti di cui al comma 1 possono essere ammesse a seguire
percorsi di reinserimento nella societa' e di recupero presso enti o
associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero
di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i
suddetti enti o associazioni e gli istituti penitenziari»;
c) la rubrica e'
sostituita dalla seguente: «Trattamento psicologico per i condannati per reati
sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti
persecutori».
Art. 18
Modifica all'articolo
5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in materia di riequilibrio territoriale
dei centri antiviolenza 1. All'articolo 5-bis, comma 2, lettera d), del
decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 ottobre 2013, n. 119, le parole da: «, riservando un terzo» fino alla fine
della lettera sono soppresse.
Art. 19
Modifiche al decreto
legislativo 9 novembre 2007, n. 204, recante attuazione della direttiva
2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato 1. Al decreto
legislativo 9 novembre 2007, n. 204, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, le
parole: «la procura generale della Repubblica presso la corte d'appello» sono
sostituite, ovunque ricorrono, dalle seguenti: «la procura della Repubblica
presso il tribunale»;
b) all'articolo 3, comma
1, le parole: «procura generale della Repubblica presso la corte d'appello»
sono sostituite dalle seguenti:
«procura della Repubblica
presso il tribunale»;
c) all'articolo 4, le
parole: «procura generale della Repubblica presso la corte d'appello» sono
sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «procura della Repubblica presso
il tribunale»;
d) all'articolo 7, comma
1, le parole: «delle procure generali presso le corti d'appello» sono
sostituite dalle seguenti: «delle procure della Repubblica presso i tribunali».
Art. 20
Modifica all'articolo 11
della legge 7 luglio 2016, n. 122, in materia di indennizzo in favore delle vittime
di reati intenzionali violenti
1. All'articolo 11, comma
2, della legge 7 luglio 2016, n. 122, dopo le parole: «secondo comma, del
codice penale» sono inserite le seguenti: «nonche' per il delitto di
deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui
all'articolo 583-quinquies del codice penale».
Art. 21
Clausola di invarianza
finanziaria
1. Dall'attuazione delle
disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate
provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La presente legge, munita
del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 19
luglio 2019
MATTARELLA
Conte, Presidente del
Consiglio dei ministri
Bonafede, Ministro della
giustizia
Visto, il Guardasigilli:
Bonafede
La riforma della legittima difesa (26 Aprile 2019, n. 102) ha profondamente
modificato le regole della legittima difesa all'interno di case o luoghi di
lavoro. La legittima difesa all'esterno di case o luoghi di lavoro è tuttora
regolata dalla legge del 1930, mentre la nuova legge distingue tra legittima
difesa contro un aggressore che entra nella casa o nel luogo di lavoro senza
violenza o minaccia e aggressore che lo fa con violenza o minaccia.
Nel primo caso, la legge del 13 Febbraio 2006 n. 59 è stata confermata
(stabiliva che la proporzionalità della reazione doveva essere considerata
'presunta': così, qualsiasi forma di reazione era giustificata, anche contro
l'aggressore, per proteggere i propri beni patrimoniali (confermando, comunque,
gli altri elementi di scriminante, come la rilevanza del pericolo).
Nel secondo caso, tutti gli elementi di scriminante sono stati considerati
' presunti' (la persona che si difende agisce sempre per legittima difesa):
così, il diritto di legittima difesa si trasforma in licenza di uccidere e
viola chiaramente ciò che è stabilito dalla Costituzione italiana e dalle
regole Cedu.
Per quanto riguarda il secondo caso, la legge del 2019 ha anche stabilito
che, in caso di eccesso di legittima difesa, la punizione sia sempre esclusa
per chi ha agito in condizione di 'grave turbamento', offrendo così ulteriore
impunità a coloro che eccedono nella legittima difesa. Infatti, è ragionevole
ritenere che, tenendo in considerazione quanto sia difficile stabilire il
livello di 'turbamento', il giudice tenderà a riconoscere la gravità del
turbamento e perciò a considerare non punibile chi colpevolmente ha reagito
superando i limiti della scriminante.
Di seguito, pubblichiamo il testo della riforma:
LEGGE 26 aprile 2019,
n. 36
Modifiche
al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa.
(19G00042)
(GU n. 102 del
3-5-2019)
Vigente al:
18-5-2019
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica
hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Promulga
la seguente
legge:
Art. 1
Modifiche all'articolo 52 del codice penale
1. All'articolo 52 del codice penale sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, dopo la parola: «sussiste»
e' inserita la seguente: «sempre»;
b) al terzo comma, le parole: «La disposizione
di cui al secondo comma si applica» sono sostituite dalle seguenti: «Le
disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano»;
c) dopo il terzo comma, e' aggiunto il seguente:
«Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di
legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in
essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione
fisica, da parte di una o piu' persone».
Art. 2
Modifica all'articolo 55 del codice penale
1. Dopo il primo comma dell'articolo 55 del codice
penale e' aggiunto il seguente: «Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e
quarto dell'articolo 52, la punibilita' e' esclusa se chi ha commesso il fatto
per la salvaguardia della propria o altrui incolumita' ha agito nelle
condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5)
ovvero in stato di grave turbamento, derivante
dalla situazione di pericolo in atto».
Art. 3
Modifiche all'articolo 165 del codice penale
1. All'articolo 165 del codice penale, dopo il quinto
comma e' aggiunto il seguente: «Nel caso di condanna per il reato previsto
dall'articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena e' comunque subordinata
al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla
persona offesa».
Art. 4
Modifiche all'articolo 614 del codice penale
1. All'articolo 614 del codice penale sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «da sei mesi a tre
anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;
b) al quarto comma, le parole: «da uno a cinque
anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».
Art. 5
Modifiche all'articolo 624-bis del codice penale
1. All'articolo 624-bis del codice penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «da tre a sei
anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a sette anni»;
b) al terzo comma, le parole: «da quattro a dieci
anni e della multa da euro 927 a euro 2.000» sono sostituite dalle seguenti:
«da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500».
Art. 6
Modifiche all'articolo 628 del codice penale
1. All'articolo 628 del codice penale sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: «quattro» e'
sostituita dalla seguente: «cinque»;
b) al terzo comma, alinea, la parola: «cinque»
e' sostituita dalla seguente: «sei» e le parole: «da euro 1.290 a euro 3.098»
sono sostituite dalle seguenti: «da euro 2.000 a euro 4.000»;
c) al quarto comma, la parola: «sei» e'
sostituita dalla seguente: «sette» e le parole: «da euro 1.538 a euro 3.098»
sono sostituite dalle seguenti: «da euro 2.500 a euro 4.000».
Art.
7
Modifica all'articolo 2044 del codice civile
1. All'articolo 2044 del codice civile sono aggiunti,
infine, i seguenti commi:
«Nei casi di cui all'articolo 52, commi secondo,
terzo e quarto, del codice penale, la responsabilita' di chi ha compiuto il fatto
e' esclusa.
Nel caso di cui all'articolo 55, secondo comma,
del codice penale, al danneggiato e' dovuta una indennita' la cui misura e'
rimessa all'equo apprezzamento del giudice, tenuto altresi' conto della
gravita', delle modalita' realizzative e del contributo causale della condotta
posta in essere dal danneggiato».
Art. 8
Disposizioni in materia di spese di giustizia
1. Dopo l'articolo 115 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e'
inserito il seguente:
«Art. 115-bis (L) (Liquidazione dell'onorario e
delle spese per la difesa di persona nei cui confronti e' emesso provvedimento
di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento nel
caso di legittima difesa). - 1. L'onorario e le spese spettanti al difensore,
all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte di persona nei
cui confronti e' emesso provvedimento di archiviazione motivato dalla
sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e
quarto, del codice penale o sentenza di non luogo a procedere o di
proscioglimento perche' il fatto non costituisce reato in quanto commesso in
presenza delle condizioni di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e
quarto, del codice penale nonche' all'articolo 55, secondo comma, del medesimo codice,
sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalita' previste dagli
articoli 82 e 83 ed e' ammessa opposizione ai sensi dell'articolo 84. Nel caso
in cui il difensore sia iscritto nell'albo degli avvocati di un distretto di
corte d'appello diverso da quello dell'autorita' giudiziaria procedente, in
deroga all'articolo 82, comma 2, sono sempre dovute le spese documentate e le
indennita' di trasferta nella misura minima consentita.
2. Nel caso in cui, a seguito della riapertura
delle indagini, della revoca o della impugnazione della sentenza di non luogo a
procedere o della impugnazione della sentenza di proscioglimento, sia
pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, lo Stato ha diritto di ripetere
le somme anticipate nei confronti della persona condannata».
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del
presente articolo, valutati in 590.940 euro annui a decorrere dall'anno 2019,
si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo
speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021,
nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi
da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento
relativo al Ministero della giustizia.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e'
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
Art. 9
Modifica all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale
1. Al comma 1 dell'articolo 132-bis delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di
cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo la lettera a-bis) e'
inserita la seguente: «a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli
articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze
di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma,
del codice penale».
La presente legge, munita del sigillo dello
Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di
farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 26 aprile 2019
MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri
Visto, il Guardasigilli: Bonafede
Nel
nostro ordinamento giuridico è posto l’esplicito divieto della gestazione per
altri o maternità surrogata in quanto contraria alle disposizioni in materia di
adozione dei minori. A tale scopo il comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40
vieta questa pratica asserendo che “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza,
organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la
surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e
con la multa da 600.000 a un milione di euro”. La surrogazione di maternità
quindi, integra la fattispecie di affidamento illegale di minore, anche se
fatta senza fini di lucro.
Tuttavia
tale pratica non è altrettanto vietata in altri paesi del mondo, tra i quali il
Canada, nel quale è consentita la surrogazione di maternità purché avvenga a
titolo gratuito. In tali ipotesi il giudice straniero, in seguito alla nascita
del neonato, accerta il rapporto di filiazione tra il minore ed il c.d.
genitore d’intenzione ovvero colui che non ha alcun rapporto biologico.
Tale
attività è stata oggetto di attenta analisi da parte della Corte di Cassazione,
in seguito alla richiesta avanzata da una coppia omossessuale di Trento,
sposata secondo la legge canadese ed esercenti la potestà genitoriale nei
confronti di due minori, cittadini sia italiani che canadesi, nati grazie
all’utilizzo della maternità surrogata, che aveva chiesto la trascrizione negli
atti dello stato civile del Comune di Trento del provvedimento di accertamento
di genitorialità precedentemente emesso dalla Corte di Giustizia dell’Ontario.
La
questione è stata dapprima analizzata dalla Corte di Appello di Trento, dove la
coppia aveva fatto ricorso a fronte del rifiuto della richiesta di
trascrizione, la quale aveva accolto la domanda dei ricorrenti ritenendo che il
giusto parametro in virtù del quale valutare la spettanza del riconoscimento
dell’efficacia del provvedimento straniero sia costituito dalla compatibilità
dello stesso con l’ordine pubblico internazionale; secondo i giudici d’appello
infatti la nozione di ordine pubblico deve comporsi non solo dei principi
fondamentali della Costituzione ma anche dei diritti fondamentali dell’uomo
individuati nei Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea e della CEDU. Di conseguenza, in merito al divieto posto
dalla legge n.40/2004 i giudici di merito hanno ritenuto che lo stesso non
possa rappresentare valido ostacolo alla tutela del superiore interesse dei
minori non costituendo espressione di alcun principio fondamentale
costituzionalmente tutelato.
Avverso
tale ordinanza però, proponevano ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero,
il Ministero dell’Interno e il Sindaco di Trento ai quale resisteva con
controricorso la coppia di genitori.
Il
tema ha sollevato delicatissime questioni di diritto oltre che etiche, ed è
stato infatti diversamente affrontato dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione che hanno statuito che non è consentito trascrivere in Italia nei
registri di stato civile il provvedimento straniero che riconosce il rapporto
di filiazione tra il minore e il componente di una coppia gay uniti da alcun
legame biologico, visto l’utilizzo della maternità surrogata. Le Sezioni Unite
hanno argomentato tale decisione affermando che, pur riconoscendo valore nel
nostro ordinamento ai principi e valori giuridici emergenti dal processo di
armonizzazione tra gli ordinamenti, ciò non è sufficiente a condurre i giudici
di legittimità ad elidere il divieto della surrogazione di maternità previsto
dall’art. 12, comma sesto imposto della
legge n.40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto
posto a tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti
sull’interesse del minore, nell’ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il
giudice non può sostituire la propria valutazione. La legge sopra richiamata
rappresenta, per quanto non contraddista da un contenuto costituzionalmente
vincolato, una norma “costituzionalmente necessaria” atta a definire l’esatto
punto di equilibrio tra contrapposte esigenze.
Per
tale ragione che la Corte di Cassazione ha posto l’esplicito divieto
alla trascrizione all’anagrafe italiana dell’atto di filiazione di minori
concepiti all’estero tramite utero in affitto, per i genitori che non hanno
alcun rapporto biologico con i minori. A tal riguardo ha richiamato la
giurisprudenza della Corte EDU la quale non ha ravvisato nei casi in cui non
fosse riconosciuto il rapporto di filiazione con genitore intenzionale alcuna
violazione del minore alla vita familiare. Il legame biologico o genetico
rappresenta dunque anche a parere della Corte EDU il limite oltre il quale
interviene la discrezionalità del legislatore statale il quale individua le
soluzioni più appropriate per la costituzione del rapporto genitoriale.
Le
Sezioni Unite concludono stabilendo che il rapporto di filiazione ottenuto
da madre surrogata non può essere riconosciuto in Italia
anche se attestato da un giudice straniero; tuttavia nel nostro
ordinamento vi sono strumenti legislativi, come l’adozione in casi particolari,
in grado di tutelare l’interesse del minore, pur ove esso subisca una
limitazione a fronte di diritti invece altrimenti non tutelabili, e al contempo
l’interesse di un soggetto, a realizzare il proprio progetto di genitorialità pur
in assenza di legami biologici.
Se durante il
procedimento per l’adottabilità l’adottando raggiunge la maggiore età, il
processo si estingue per cessazione della materia del contendere perché il
risultato del procedimento non è più conseguibile.
L’art. 82 GDPR dispone
che il risarcimento del danno riguardi i danni "materiali e
immateriali", ricalcando la formulazione inglese “material or non-material damage” e richiamando il concetto di “danno
patrimoniale” e “danno non patrimoniale”. Questo articolo prevede che il
legittimato passivo sia in primo luogo il titolare del trattamento coinvolto
nelle operazioni di trattamento, ma l’elemento innovativo concerne il
riconoscimento della legittimazione passiva anche in capo al responsabile del
trattamento. Bisogna specificare però che il responsabile è tenuto al
risarcimento quando: 1) ha agito in modo difforme o contrario alle istruzioni
impartite dal titolare del trattamento violando l’obbligo contrattuale, 2)
quando il titolare ha violato gli obblighi posti a suo carico dal GDPR.
L’Italia,
avendo dato vita con altri sedici Stati membri ad una cooperazione rafforzata,
risulta oggi vincolata al reg. (UE) n. 1259/2010. L’applicazione di tale
regolamento comporta quasi il totale superamento della disciplina prevista
dall’art 31 della L. 31 maggio 218 del 1995 che individua, come legge da
applicare alla separazione e allo scioglimento, la legge nazionale
comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento
del matrimonio ed aggiunge che “in
mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta
prevalentemente localizzata”. Infatti l’ambito applicativo della nuova
disciplina è pressoché universale poiché la scelta del diritto da applicare può
ricadere, non solo sulla disciplina di uno stato non partecipante alla
cooperazione rafforzata, ma anche su quella di uno stato non membro dell’UE.
La portata innovativa è di tutta evidenza: mentre l’art 31 comma 1 non
dà alcun rilievo alla volontà dei coniugi, con le novità apportate dal reg. UE
n. 1259 del 2010 si assiste al tralignamento dell’autonomia internazionalprivatistica.
L’art 5 del regolamento conferisce all’optio
legis delle parti un rilievo primario. Si demanda ai soggetti la scelta
della normativa applicabile permettendo di selezionarla all’interno di un
catalogo di leggi predeterminate e, in ipotesi, financo adottate oltreoceano.
Occorre precisare che si
tratta di una scelta orientata: è il legislatore a individuare il novero delle
leggi entro il quale le parti potranno esercitare la loro scelta. L’art 5 par 1
stabilisce che la scelta può avere ad oggetto:
“ a) la legge dello Stato di residenza abituale dei
coniugi; b) la legge dello Stato di ultima residenza abituale dei
coniugi, a condizione che uno dei due vi
risieda ancora al momento dell'accordo; c) la legge dello Stato
di cittadinanza dei coniugi ovvero di uno soltanto di essi- in tutti i casi, da
accertarsi al momento dell'accordo - e, infine, d) la legge del
foro.”
È un dato empirico che la scelta dei coniugi ricade
più frequentemente sul diritto di ordinamenti (come quello albanese e rumeno)
che, al contrario di quello italiano, non prevedono la necessità del previo
periodo di separazione ai fini dell’ottenimento di una pronuncia di divorzio.
La legittimità di una scelta di questo tipo non può essere in nessun modo contestata,
non trovando origine la ratio della previsione di un previo periodo di
separazione in uno dei principi fondamentali dell’ordinamento. Non possono
quindi essere invocate ragioni attinenti alla salvaguardia dell’ordine
pubblico.
E’ una forma di testamento scritto interamente
a mano dal testatore datato (precisando giorno, mese e anno) e sottoscritto dal
medesimo. In assenza di uno di questi tre requisiti, il testamento è nullo ai
sensi del primo comma dell’art. 606 del codice civile. Quindi non sono validi i
testamenti scritti in tutto o in parte con l’ausilio di strumenti
meccanografici e quelli scritti con mano guidata da altri.
Sono ammesse
correzioni e aggiunte per mano di terzi purché siano irrilevanti e non mutino
la sostanza del testamento. In caso contrario tali aggiunte comportano la
nullità del testamento.
Il testamento
olografo è una scrittura privata liberamente redatta dal testatore; pur essendo
sempre possibile
depositarlo presso un notaio per garantire una più sicura conservazione del
documento, ciò deve avvenire alla presenza obbligatoria di testimoni e non
produce nessun effetto giuridico.
Ai
sensi dell’art. 608 del codice civile è sempre possibile per il testatore
ritirare il testamento già depositato presso il notaio. Tale ritiro non
influisce sulla validità del testamento e non implica la volontà del testatore
di revocarlo.
In più è sempre
possibile per il testatore modificare le previsioni precedentemente
scritte.
Gli eredi possono
instaurare un giudizio per accertare la veridicità del testamento.
La Corte di
Cassazione ha stabilito più volte che in tale giudizio la perizia grafologica
deve necessariamente essere condotta sull’originale del documento. Questo per
garantire che il perito rinvenga tutti gli elementi essenziali al fine di
stabilire la veridicità del testamento. (ex
multis Cass., Sez. VI, Ord. N. 711/2018).
Le Sezioni Unite della
Cassazione con la sentenza n. 12307 del 15/06/2015 hanno stabilito che “la
parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve
proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e
grava su di essa l'onere della relativa prova, secondo i principi generali
dettati in tema di accertamento negativo.”
Il procedimento di ingiunzione (artt. 633
e ss.) è una forma speciale e abbreviata del normale processo di condanna, dal
quale differisce per la struttura, perché all’accertamento contenzioso è
sostituita una cognizione sommaria,
inizialmente senza contraddittorio, con la quale si giunge a decreto di
condanna. Contro quest’ultimo il debitore può fare opposizione, instaurando un
giudizio a cognizione piena che si svolge con tutte le garanzie del
contraddittorio. Il procedimento di ingiunzione è dunque, diretto a far
conseguire, al creditore che se ne avvalga, una pronuncia di condanna in forme
più agili e spedite rispetto a quelle tipiche della cognizione ordinaria. La
competenza ad emanare il decreto appartiene al Giudice di pace o al Tribunale
monocratico.
Secondo l’art. 633
c.p.c può ottenere un decreto ingiuntivo:
·
Chi
è creditore di una somma di denaro liquida, o di una determinata quantità di
cose fungibili;
·
Chi
ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata;
·
Gli
avvocati, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e chiunque abbia prestato la
sua opera in occasione di un processo, per il pagamento di onorari dovuti per
le loto prestazioni giudiziali;
·
I
notai ed altri esercenti una libera professione o arte per la quale esiste una
tariffa legalmente approvata , per onorari o rimborsi di spese.
La prova che il
creditore deve fornire in ordine alla esistenza del suo diritto è una prova scritta.
La domanda
d’ingiunzione si propone con ricorso,
il quale, oltre i requisiti generali di ogni atto di parte indicati
nell’art.125, deve contenere:
-
L’indicazione
delle prove che si producono (il titolo);
-
L’indicazione
del procuratore del ricorrente, oppure, quando è ammessa la costituzione di
persona, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel Comune
dove ha sede il giudice adito; in mancanza le notificazioni possono essere
fatte presso la cancelleria;
-
Se
la domanda riguarda la consegna di cose fungibili, essa deve contenere anche la
dichiarazione della somma di denaro che il ricorrente è disposto ad accettare
in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell’altra
parte.
Il ricorso va
depositato in cancelleria insieme con i documenti che si allegano. Il giudice
emette, quindi, la decisione sulla base delle prove documentali fornite inaudita altera parte.
Depositati il
ricorso ed i documenti, possono verificarsi due ipotesi:
1.
Rigetto della
domanda
(art. 640). Se il giudice ritiene
non sufficientemente giustificata la domanda, dispone che il cancelliere ne dia
notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla prova. Se il ricorrente
non vi provvede o, se la domanda non è accoglibile, il giudice, ove il ricorso
non venga ritirato, lo rigetta con decreto motivato. Il decreto di rigetto non
pregiudica, però la possibilità di riproporre la domanda.
2.
Accoglimento della
domanda (art. 641). Se
esistono le condizioni previste dall’art. 633, quindi, il ricorso è accoglibile,
il giudice pronuncia decreto motivato
col quale ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o
la quantità di cose richieste, nel termine di 40 giorni, con l’avvertimento espresso che nello stesso termine può
essere fatta opposizione e che , in
mancanza di questa, si procederà ad esecuzione
forzata.
Tuttavia il
termine per il pagamento o per la consegna non viene sempre concesso al
debitore, in quanto il giudice, su
istanza del ricorrente, può ingiungere al debitore di pagare o consegnare senza
dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto
(decreto immediatamente esecutivo), nei casi previsti dall’art. 642 c.p.c.
Il decreto,
insieme con il ricorso, deve essere notificato all’ingiunto, e dalla data di
notifica decorre il termine per l’opposizione e per il pagamento. Il decreto
diviene inefficace se non è notificato entro 60 giorni dalla pronuncia, se deve
avvenire nel territorio della Repubblica, 90 giorni negli altri casi (art.644).
La domanda però può essere riproposta.
L’opposizione è il mezzo con cui l’ingiunto, che
ritenga ingiusta la condanna, impugna il decreto. L’opposizione si propone con atto di citazione davanti allo stesso
ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice monocratico che ha emesso il
decreto ingiuntivo, nel termine di 40
giorni. Il giudizio si svolge nelle forme del procedimento ordinario
davanti al giudice adito.
La riforma del 2012 sul condominio ha rinnovato la disciplina relativa alla tenuta degli animali nelle abitazioni. A tal proposito, all’art. 1138 c.c. riguardante il regolamento di condominio, è stato inserito un ultimo comma che sostiene che le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. In sede di approvazione del testo di tale articolo si è preferito utilizzare il termine “domestico” anziché “animale da compagnia”, poiché il termine “animale domestico” dal punto di vista legale appare diverso e più ristretto rispetto a quello “animale da compagnia”. Tale modifica però non ha evitato equivoci in materia che al contrario sono aumentati. Il rischio dell’ambiguo aggettivo “domestico” è infatti quello di incrementare le liti condominiali e l’abbandono degli animali stessi.
La confusione interpretativa è stata provocata anche dal fatto che non esiste una definizione legislativa volta ad identificare quali animali sono da considerare domestici.
Le cose sono completamente differenti per quanto riguarda il caso dell’inquilino che invece di acquistare l’abitazione nel condominio, prende in affitto un appartamento all’interno dello stesso. In questo caso la normativa da la possibilità al proprietario, nel contratto di locazione, di impedire allo stesso di introdurre in casa qualsiasi animale domestico.
Per quanto invece concerne la detenzione di animali “selvatici” in Italia essa è vietata in particolare se tali animali sono reputati pericolosi o rientrano in specie protette (ad esempio ratti, canguri, lemuri, serpenti, tartarughe, orsi lavoratori, lupi, cinghiali, volpi). Questo divieto se non viene rispettato può comportare severe conseguenze stabilite dalla legge n. 150 del 1992. L’art. 6 comma 1 della predetta legge vieta a chiunque di commerciare o detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici che possono costituire pericolo per la salute o l’incolumità pubblica, pena l’applicazione di severe sanzioni penali che come precisa la legge n. 68/2015 possono essere dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da euro quindicimila a centocinquantamila. Gli animali che vengono tenuti illegalmente dovranno essere confiscati.
La Convenzione CITIES ha consentito invece di poter detenere alcune specie esotiche (pappagalli, rettili, scimmie, volpi) ma solo previa autorizzazione e con un permesso contenente tutti i dati relativi all’animale.
Quindi qualora non vi sia un esplicito divieto approvato all’unanimità da tutti i condomini si ritiene consentita la detenzione di tutti gli animali non vietati dalla legge e che non creino un pericolo per la salute e l’incolumità.
L’obiettivo del reddito di cittadinanza è fornire a tutti disoccupati in cerca di una nuova occupazione un reddito mensile di circa 780 euro.
Nella bozza di decreto attuativo della misura prevista dalla legge di bilancio 2019, il richiedente e tutti i componenti del nucleo familiare beneficiario si dovranno attivare per cercare un posto di lavoro, pena la perdita del sostegno economico per tutto il nucleo familiare.
Tale condizione non opera in caso in cui si chieda la “pensione di cittadinanza”, ma è esclusa per i componenti del nucleo beneficiario del reddito di cittadinanza pensionati o con età superiore a 65 anni.
Da marzo chi vorrà chiedere il reddito di cittadinanza dovrà presentare anche la DID a nome di tutti i componenti il nucleo familiare in età da lavoro, purché non già occupati e non frequentanti un corso di studio o di formazione. Gli stessi dovranno collaborare alla definizione del “patto per il lavoro” (ossia un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale) con gli operatori del centro per l’impiego o dei servizi sociali del comune di residenza.
Si dovranno accettare gli obblighi e gli impegni previsti nel “patto per il lavoro”, tra cui quello di eseguire corsi di formazione, di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue e di offrire la propria disponibilità alla partecipazione a progetti gestiti dal comune di residenza, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni, per almeno otto ore settimanali.
Cosa succede se il richiedente il reddito di cittadinanza è una donna separata che percepisce anche l’assegno di mantenimento dal marito?
Se l’assegno di mantenimento percepito è superiore ai 780 euro previsti del reddito di cittadinanza le sarà impedito di ottenere la nuova misura di sostentamento, se invece l’assegno di mantenimento dovesse prevedere una cifra inferiore potrebbe essere possibile la concessione alla donna separata di un’integrazione in modo da percepire, sommando le due somme, 780 euro mensili.
Invece nel caso in cui l’ex moglie, dopo il divorzio, dovesse ottenere il reddito di cittadinanza, sarebbe possibile per l’ex marito chiedere al giudice di annullare o modificare le condizioni di mantenimento in favore della ex coniuge. E tale istanza potrebbe essere anche accolta alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali che vedrebbero tutte le donne autonome e lavoratrici.
Tuttavia questo scenario è plausibile se la donna in questione è giovane e con esperienze lavorative precedenti: in questo caso le sarebbe facile trovare una nuova occupazione e usufruire soltanto del reddito di cittadinanza in attesa delle nuove proposte lavorative.
Diversa è l’ipotesi in cui l’ex moglie è una donna non più giovane che si è sempre occupata soltanto della casa e della famiglia: in questo caso sarebbe meglio continuare a percepire l’assegno di mantenimento. Ciò per ben due ordini di motivi: poiché ancora non è certo che gli ex coniugi abbiano diritto a richiedere il reddito di cittadinanza e perché non è ancora possibile capire quanto a lungo durerà questa misura e sarà mantenuta dai prossimi Governi.
Il
danno iatrogeno differenziale rappresenta una sorta di danno biologico. Può
altersì essere definito come pregiudizio alla salute collegato all’aggravamento
di una lesione o di una patologia, derivato dal comportamento colposo di un
sanitario, imputabile alla colpa di un terzo o a cause naturali. Tale pregiudizio
sussiste nelle seguenti situazioni: per errore del medico; aggravamento o
mancata guarigione della lesione alla salute; la presenza di una lesione alla
salute; l’intervento di un operatore sanitario per far fronte a tale condizione
di salute.
Da
notare è che la lesione originaria alla salute di un soggetto, sulla quale poi
si unisce il danno iatrogeno differenziale, può dipendere da due situazioni: o
dal caso fortuito, da forza maggiore o dalla condotta di un terzo incolpevole;
oppure da una condotta umana di un terzo colpevole.
È
opportuno evidenziare che l’aggravamento della lesione preesistente per colpa
del medico è rappresentato dallo stabilizzarsi di disturbi che il danneggiato
avrebbe evitato altrimenti o in quanto sarebbe guarito o perché sarebbe guarito
con disturbi permanenti ma di entità minore rispetto a quelli consolidatesi. In
tale ipotesi si pone la questione se il medico che abbia causato l’aggravamento
o la mancata guarigione debba rispondere dell’intero danno del paziente o solo
pro quota del danno a lui addebitato. Sembrerebbe giusto dire che il medico
risponda solo del danno a lui addebitabile cioè derivante dalle azioni da lui
commesse, in realtà però il legislatore prima e la giurisprudenza ermellini poi
hanno ritenuto che il medico debba rispondere dell’intero danno cagionato al
paziente indipendentemente dal fatto che la lesione sia dovuta per caso
fortuito o forza maggiore o per colpa di un terzo.
La modalità di quantificazione
del danno nel caso in cui il creditore agisca per il solo danno iatrogeno
differenziale e non per l’intero danno, è prassi di alcuni uffici giudiziari
chiedere al C.T.U quale sia il grado di invalidità permanente residuato al
danneggiato, e quanta parte dello stesso sia stato causato dalla lesione
originaria. Così l’ausiliario dovrà fornire a tal proposito due valutazioni
percentuali: una prima valutazione riguardante il danno originario, una seconda
riguardante il danno iatrogeno differenziale. Una volta quantificate tali
percentuali, si valuta la differenza tra la percentuale di invalidità in cui
versa il danneggiato e la percentuale di invalidità che ci sarebbe comunque
stata a seguito dell’intervento chirurgico così ottenendo la liquidazione del
danno de quo. Questa modalità di calcolo del danno, consistente nel sottrarre
la percentuale di invalidità permanente in concreto verificatasi a seguito
dell’errore medico alla percentuale che comunque si sarebbe verificata anche in
assenza di errore del medico, è da considerarsi errata, facendo riferimento invece
alla modalità liquidatoria
secondo il principio sancito dai Giudici di Piazza Cavour nella sentenza n.
6341/2014 secondo la quale “in tema di responsabilità medica, allorché un
paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell’integrità
fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua cattiva esecuzione,
determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che
sarebbe comunque residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell’intervento
stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve
assumersi come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla
quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale
di invalidità comunque ineliminabile, e perciò non riconducibile alla
responsabilità del sanitario”.
Nell’ordinamento giuridico italiano vi sono due modalità di trasferimento di diritti e proprietà: con atto tra vivi e con la successione.
Con il termine successione si designa il fenomeno con cui un soggetto subentra
ad un altro nella titolarità di uno o più diritti o rapporti giuridici (anche
passivi, come i debiti). La morte di una persona determina l’apertura della sua successione. L’apertura avviene nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto, art. 456 cod.
civ. Il momento identificativo della morte si ha con la cessazione
irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Aperta la successione, occorre vedere a chi spettano il patrimonio ereditario o
singoli beni. Si parla di delazione
all’eredità, ovvero di offerta dell’eredità ad una persona, che se vuole la
può acquistare (art. 457, cod. civ.).
La designazione del successibile può avvenire in due modi: per legge, successione legittima, o per testamento, successione testamentaria.
La legge vieta esplicitamente varie tipologie di patti successori: confermativi o istitutivi (con cui Tizio conviene con Caio di lasciargli la propria eredità); dispositivi ( vendo a Caio i beni che dovrebbero pervenirmi dall’eredità di X) e rinunciativi ( convengo con Caio di rinunciare all’eredità di X non ancora devoluta), art. 458 cod. civ.
Vietata è anche la donazione mortis causa, in cui la morte del
donante funziona come causa dell’attribuzione patrimoniale (in contemplazione
della mia morte ti dono ecc.).
Con la morte del de cuius colui che è
chiamato all’eredità, sia per legge sia
per testamento, acquista la qualità di erede e la titolarità dei beni e
dei diritti solo dopo una sua dichiarazione di volontà chiamata accettazione o adizione dell’eredità.
Qualunque persona fisica che, al momento dell’apertura della successione, sia
già nata o concepita e sia ancora in vita è senz’altro capace di succedere,
art. 462 comma 1, cod. civ.
L’eredità non si acquista se non con l’accettazione da parte del chiamato, art.
459 cod. civ.
Si distinguono due tipi di accettazione: pura
e semplice o con beneficio di
inventario.
Per effetto della prima si verifica la confusione
tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede, che diventano un patrimonio
solo. Se, invece, il chiamato all’eredità accetta con beneficio di inventario, non si produce la confusione dei
patrimoni.
L’accettazione ancora, può essere espressa
oppure tacita.
La prima consiste nella esplicita manifestazione della volontà di acquistare
l’eredità (art. 475 cod. civ.); la seconda si ha quando il chiamato all’eredità
compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che
non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, (art. 476 cod.
civ).
Il diritto di accettare l’eredità è soggetto alla prescrizione ordinaria di anni 10, decorrente dalla data dell’apertura della successione; il termine non è suscettibile di interruzione. L’eredità così come può essere accettata può essere rifiutata.
La rinuncia all’eredità consiste in una dichiarazione unilaterale non
recettizia, con la quale il chiamato all’eredità manifesta la sua decisione di
non acquistare l’eredità, art. 519 cod. civ. La rinuncia richiede una forma
particolare, deve essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale
del circondario in cui si è aperta la successione. La rinuncia, come l’accettazione, è un actus
legitimus. Non tollera né termini né condizioni.
L’adozione internazionale è l’adozione di minori di
nazionalità diversa rispetto a quella degli adottandi, regolamentata dalla
legge 184/1983 successivamente modificata dalla legge 149/2001.
Tra le Convenzioni rilevanti in materia vi è: la
Convenzione dell’Aja del 1993, il cui presupposto fondamentale è garantire che
le adozioni internazionali si effettuino nel superiore interesse del minore e
nel rispetto dei suoi diritti fondamentali, ratificata dall’Italia con la legge
31 dicembre 1998 n. 476 che ha portato a delle modifiche della legge 184/1983;
la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 che fa esplicito
riferimento al superiore interesse del minore all’art 3; la successiva
Convenzione dell’Aja del 1996 ritenuta dall’Unione europea come strumento per
la protezione del minore, il cui obiettivo fondamentale è la tutela del minore
stesso; la Dichiarazione sui diritti dell’infanzia del 1959 che si basa su
alcuni principi fondamentali in base ai quali il fanciullo deve godere di una
speciale protezione ed ha diritto sin dalla nascita ad un nome e ad una
nazionalità, egli ha inoltre diritto ad un istruzione che almeno a livello
elementare deve essere gratuita e obbligatoria, e ha diritto ad essere protetto
contro ogni forma di crudeltà, negligenza e sfruttamento.
I requisiti dell’adozione internazionale sono gli
stessi dell’adozione nazionale, e sono previsti dall’art. 6 della legge
184/1983 “l’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno 3
anni, tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e si
dimostrino idonei ad istruire, mantenere ed educare i minori che intendono
adottare”.
La l. 184/1983 (artt.
29-39) detta un procedimento adottivo che si articola in tre fasi: una prima
fase preliminare giurisdizionale presso il tribunale per minorenni
territorialmente competente, che si conclude con la dichiarazione di idoneità;
una seconda fase all’estero davanti ad un’autorità giurisdizionale o
amministrativa straniera, necessaria per l’ingresso del minore in Italia, e la
terza, di nuovo giurisdizionale, in Italia davanti al tribunale per i
minorenni, volta a dare efficacia al provvedimento straniero, presupposto
indispensabile per l’emanazione di un’adozione regolata dalla legge italiana.
I genitori adottivi hanno l’obbligo di informare il
minore della sua condizione. Tale obbligo non era previsto dalla legge 184/1983
che appunto non prevedeva né che il minore potesse accedere alle informazioni
riguardanti i propri genitori naturali né la possibilità, per il minore stesso,
di essere portato a conoscenza della sua condizione. La legge 149/2001 ha
mutato tale prospettiva e ha introdotto il diritto dell’adottato ad accedere
alle informazioni riguardanti le proprie origini. In materia si è espressa
anche la Convenzione dell’Aja del 1993 che ha previsto due disposizioni in
merito agli articoli 30 e 31: l’art 30 richiede alle autorità competenti di
ciascuno Stato contraente di conservare con cura le informazioni in loro
possesso sulle origini del minore, in particolare devono essere conservate le
informazioni relative alla madre e al padre, nonché i dati sul quadro sanitario
del minore e della sua famiglia. Tali autorità devono inoltre assicurare ai
minori l’accesso a tali informazioni, decidendo come e quando permetterlo; l’art
31 invece prevede che a tali informazioni possono accedere soltanto i minori e
queste informazioni non possono essere utilizzate ad altri scopi. L’adottato
una volta venuto a conoscenza della sua condizione, può presentare istanza al
Tribunale per i minorenni per avviare un procedimento che ha come obiettivo
l’accesso alle informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei
genitori biologici. È possibile presentare l’istanza anche al mero
raggiungimento della maggiore età ma, in tal caso, devono sussistere gravi e
comprovati motivi relativi alla salute psicofisica dell’istante. Il disegno di
legge n. 1978 del 18 giugno 2015, volto a creare un bilanciamento tra la
volontà dei genitori biologici di mantenere l’anonimato, e il diritto del
minore ha conoscere le sue origini, ha modificato l’art. 28 della legge
184/1983, estendendo il diritto non solo all’adottato ma anche al figlio non
riconosciuto dalla madre alla nascita e ha abbassato la soglia di età dai 25 ai
18 anni; ha inoltre modificato il comma 7 dell’art. 28 che prevedeva il divieto
di accesso a tali informazioni al figlio non riconosciuto, prevedendo le due
ipotesi di revoca spontanea e di conferma spontanea dell’anonimato da parte
della madre. Nel primo caso il minore ha il diritto di accedere a tali
informazioni; nel secondo caso il minore può accedere solo alle informazioni
sanitarie.
Non in tutti i Paesi è previsto l’istituto
dell’adozione internazionale, vi sono paesi arabo islamici come l’Egitto, il
Marocco, la Tunisia, la Libia e l’Algeria che vietano l’adozione e la ragione
di tale divieto è data dalla concezione che essi hanno della famiglia
considerata un istituto di origine divina dove l’unico legame valido a
qualificarla è quello biologico; quindi l’uomo non può né creare
artificialmente né determinare la cessazione di alcun vincolo di filiazione. In
questi Paesi è previsto, a tutela del minore rimasto privo della sua famiglia,
in alternativa all’adozione, l’istituto della Kafala, oggi assimilabile al
nostro istituto dell’affido, riconosciuto dall’ordinamento italiano il 4 maggio
2018 in seguito al riconoscimento da parte del giudice tutelare del Tribunale
di Mantova del provvedimento di Kafala emesso dal Tribunale di Algeria
riguardante l’affidamento di una minore straniera ad una cittadina italiana.
Dal 6
marzo 2018 la riforma Orlando troverà piena attuazione con
l’entrata in vigore della nuova normativa processuale sulle impugnazioni
penali, finalizzata a modificare e circoscrivere i poteri di impugnazione
dell’imputato e del pm,in una generale finalità di riduzione dei giudizi di
appello.
La riforma delle impugnazioni penali è contenuta
nel Decreto Legislativo del 6 febbraio 2018 n. 11, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2018, recante “disposizioni di
modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione” approvato dal
Consiglio dei Ministri in data 19 gennaio
Lo scopo della riforma delle impugnazioni penali
è quello di limitare l’instaurazione di giudizi di appello, limitando i poteri
di impugnazione delle parti attraverso la valorizzazione del rispettivo ruolo
processuale e dei rispettivi interessi ad impugnare. Tale riforma va dunque a circoscrivere
il potere d’impugnazione del PM (e dell’imputato)nei limiti
in cui “le pretese delle parti, legate all’esercizio dell’azione penale per il
pubblico ministero e al diritto di difesa per l’imputato, risultino
soddisfatte”.
Nella generale finalità perseguita dalla riforma,
viene anzitutto circoscritto il potere del PM di proporre impugnazione. L’art.
1 del D.Lgs. 11/2018 modifica l’art. 568 del codice di
procedura penale inserendo il nuovo comma 4-bis
che prevede “Il Pubblico Ministero propone impugnazione diretta a conseguire
effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso per Cassazione”.
Nella stessa ottica, l’art. 2 del decreto
modifica l’art. 593 c.p.p. limitando i poteri di appello del
pubblico ministero, prevedendo che “Salvo quanto previsto dagli articoli 443,
comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l’imputato può appellare contro le
sentenze di condanna, mentre il pubblico ministero può appellare
contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o
escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o
stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato”.
Dunque, il PM può proporre
appello avverso (tutte) le sentenze di proscioglimento e assoluzione ma potrà impugnare
le sentenze di condanna solo entro determinati limiti fissati dalla legge,
ovvero l’appellabilità delle stesse è limitata ai casi in cui le
medesime modifichino il titolo del reato o escludano la sussistenza di una circostanza
aggravante ad effetto speciale o stabiliscano una pena di specie diversa da
quella ordinaria del reato.
La ratio della inappellabilità è quella per cui
le pretese del PM e sue richieste di condanna sono state soddisfatte, non
sussistendo un interesse all’impugnazione, con una disciplina analoga a quella
dettata in materia di giudizio abbreviato.
La riforma del 2018 delle impugnazioni penali,
introduce poi il nuovo art. 593-bis c.p.p. al fine di
risolvere i problemi relativi alla possibile sovrapposizione degli uffici
accusatori (Procuratore della repubblica e Procuratore Generale). Viene infatti
previsto che “Nei casi consentiti, contro le sentenze del Giudice per le
indagini preliminari, della Corte d’Assise e del Tribunale può appellare il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale. Il Procuratore Generale presso
Quanto ai poteri di impugnazione dell’imputato,
la nuova formulazione dell’art. 593 c.p.p. consente allo
stesso di proporre appello contro le sentenze di condanna mentre viene limitato
il potere di appello contro le sentenze di proscioglimento, affermando che
“L’imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al
termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché
il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso”. Viene dunque esclusa
la possibilità per l’imputato di appellare sentenze di assoluzione pronunciate
con la più ampia formula liberatoria.
Nella stessa ottica di deflazione dei giudizi di
appello, i nuovi art. 593 e 428 c.p.p. prevedono l’inappellabilità per
entrambe le parti (PM ed imputato) delle sentenze
di proscioglimento relative a contravvenzioni punite
con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa e
le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la
sola pena dell’ammenda o con pena alternativa.
L’art. 4 della riforma modifica l‘art.
595 c.p.p. introducendo “Modifiche alla disciplina in materia di appello
incidentale“. Viene statuito che l’imputato che non ha proposto
impugnazione può proporre appello incidentale entro quindici giorni da quello
in cui ha ricevuto la notificazione ex art. 584 dell’impugnazione presentata
dalle altre parti e, nello stesso termine, l’imputato può presentare al
giudice, mediante deposito in cancelleria, memorie o richieste scritte.
Dunque, la nuova normativa processuale
consente l’appello incidentale solo per l’imputato che
non abbia proposto impugnazione, non prevedendosi analoga facoltà per
il PM.
L’art. 5 del decreto di riforma introduce
“Modifiche alla disciplina sui casi di ricorso per Cassazione”
modificando il testo dell’art. 606 c.p.p. con l’introduzione
di un nuovo comma 2-bis che prevede che “Contro le sentenze di appello
pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere
proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c)”.
Viene dunque limitata la possibilità di
proporre ricorso per Cassazione contro le sentenze di
appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace,
che potrà essere proposto solo per tre motivi, ossia in caso di esercizio da
parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o
amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; per inosservanza o
erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche; per
inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità,
di inammissibilità o di decadenza.
Infine, il decreto di riforma delle impugnazioni
penali introduce, agli art. 6 e 7, modifiche di carattere organizzativo e
amministrativo, intervenendo sugli art. 165 e 166 delle disposizioni di
attuazione al c.p.p. Viene abrogato l’art. 166 disp. att. relativo alla
comunicazione al procuratore generale dell’appello dell’imputato e viene
introdotto il nuovo art. 165-bis disp. att. che prevede che, dopo la
presentazione dell’impugnazione, il giudice che ha emesso la sentenza trasmetta
al giudice dell’impugnazione alcune informazioni essenziali ai fini
organizzativi del giudizio di appello.
In conclusione, dunque, la riforma delle impugnazioni penali mira a razionalizzare e circoscrivere i giudizi di appello in un’ottica di deflazione dei giudizi penali e di valorizzazione del ruolo delle parti.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
Consenso informato
1. La presente legge, nel rispetto dei principi di cui agli
articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, tutela il
diritto alla vita, alla salute, alla dignita' e
all'autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun
trattamento sanitario puo' essere iniziato o proseguito se privo del
consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei
casi espressamente previsti dalla legge.
2. E' promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra
paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si
incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza,
l'autonomia professionale e la responsabilita' del medico.
Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive
competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono
l'equipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente
lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione civile o
il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo.
3. Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di
salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei
comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai
rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari
indicati, nonche' riguardo alle possibili alternative e alle
conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e
dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Puo'
rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero
indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di
riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo
vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l'eventuale
indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e
nel fascicolo sanitario elettronico.
4. Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti
piu' consoni alle condizioni del paziente, e' documentato in forma
scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con
disabilita', attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.
Il consenso informato, in qualunque forma espresso, e' inserito nella
cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
5. Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in
tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi
accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico
per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha,
inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse
forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca
comporti l'interruzione del trattamento. Ai fini della presente
legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione
artificiale e l'idratazione artificiale, in quanto somministrazione,
su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici.
Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti
sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al
paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze
di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione
di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di
assistenza psicologica. Ferma restando la possibilita' per il
paziente di modificare la propria volonta', l'accettazione, la revoca
e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo
sanitario elettronico.
6. Il medico e' tenuto a rispettare la volonta' espressa dal
paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al
medesimo e, in conseguenza di cio', e' esente da responsabilita'
civile o penale. Il paziente non puo' esigere trattamenti sanitari
contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle
buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il
medico non ha obblighi professionali.
7. Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i
componenti dell'equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel
rispetto della volonta' del paziente ove le sue condizioni cliniche e
le circostanze consentano di recepirla.
8. Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce
tempo di cura.
9. Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con
proprie modalita' organizzative la piena e corretta attuazione dei
principi di cui alla presente legge, assicurando l'informazione
necessaria ai pazienti e l'adeguata formazione del personale.
10. La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri
esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia
di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del
dolore e di cure palliative.
11. E' fatta salva l'applicazione delle norme speciali che
disciplinano l'acquisizione del consenso informato per determinati
atti o trattamenti sanitari.
N O T E
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note all'art. 1:
- Si riporta il testo degli articoli 2, 13 e 32 della
Costituzione:
"Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e
richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarieta' politica, economica e sociale."
"Art. 13. La liberta' personale e' inviolabile.
Non e' ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione
o perquisizione personale, ne' qualsiasi altra restrizione
della liberta' personale, se non per atto motivato
dall'Autorita' giudiziaria e nei soli casi e modi previsti
dalla legge.
In casi eccezionali di necessita' ed urgenza, indicati
tassativamente dalla legge, l'autorita' di Pubblica
sicurezza puo' adottare provvedimenti provvisori, che
devono essere comunicati entro quarantotto ore
all'Autorita' giudiziaria e, se questa non li convalida
nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e
restano privi di ogni effetto.
E' punita ogni violenza fisica e morale sulle persone
comunque sottoposte a restrizioni di liberta'.
- La legge stabilisce i limiti massimi della
carcerazione preventiva."
"Art. 32. La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettivita', e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno puo' essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non puo' in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana.".
- Si riporta il testo degli articoli 1, 2 e 3 della
Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea:
«Art. 1 (Dignita' umana). - 1. La dignita' umana e'
inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.
«Art. 2 (Diritto alla vita). - 1. Ogni persona ha
diritto alla vita.
2. Nessuno puo' essere condannato alla pena di morte,
ne' giustiziato.
Art. 3 (Diritto all'integrita' della persona). - 1.
Ogni persona ha diritto alla propria integrita' fisica e
psichica.
2. Nell'ambito della medicina e della biologia devono
essere in particolare rispettati:
a) il consenso libero e informato della persona
interessata, secondo le modalita' definite dalla legge;
b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in
particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle
persone;
c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue
parti in quanto tali una fonte di lucro;
d) il divieto della clonazione riproduttiva degli
esseri umani.».
Art. 2
Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e
dignita' nella fase finale della vita
1. Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del
paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso
di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato
dal medico. A tal fine, e' sempre garantita un'appropriata terapia
del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e
l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010,
n. 38.
2. Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di
imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione
irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a
trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze
refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico puo' ricorrere alla
sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia
del dolore, con il consenso del paziente.
3. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il
rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella
clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
Art. 3
Minori e incapaci
1. La persona minore di eta' o incapace ha diritto alla
valorizzazione delle proprie capacita' di comprensione e di
decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo 1, comma 1.
Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute
in modo consono alle sue capacita' per essere messa nelle condizioni
di esprimere la sua volonta'.
2. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore e'
espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilita' genitoriale o
dal tutore tenendo conto della volonta' della persona minore, in
relazione alla sua eta' e al suo grado di maturita', e avendo come
scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel
pieno rispetto della sua dignita'.
3. Il consenso informato della persona interdetta ai sensi
dell'articolo 414 del codice civile e' espresso o rifiutato dal
tutore, sentito l'interdetto ove possibile, avendo come scopo la
tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno
rispetto della sua dignita'.
4. Il consenso informato della persona inabilitata e' espresso
dalla medesima persona inabilitata. Nel caso in cui sia stato
nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda
l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito
sanitario, il consenso informato e' espresso o rifiutato anche
dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo
conto della volonta' del beneficiario, in relazione al suo grado di
capacita' di intendere e di volere.
5. Nel caso in cui il rappresentante legale della persona
interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in
assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui
all'articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore
rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano
appropriate e necessarie, la decisione e' rimessa al giudice tutelare
su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei
soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del
medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.
Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'art. 414 del codice civile:
"Art. 414. Persone che possono essere interdette.
Il maggiore di eta' e il minore emancipato, i quali si
trovano in condizioni di abituale infermita' di mente che
li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono
interdetti quando cio' e' necessario per assicurare la loro
adeguata protezione.".
- Si riporta il testo degli articoli 406 e seguenti del
codice civile:
"406. Soggetti.
Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di
sostegno puo' essere proposto dallo stesso soggetto
beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato,
ovvero da uno dei soggetti indicati nell'art. 417.
Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata
il medesimo e' presentato congiuntamente all'istanza di
revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al
giudice competente per quest'ultima.
I responsabili dei servizi sanitari e sociali
direttamente impegnati nella cura e assistenza della
persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere
opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di
sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il
ricorso di cui all'art. 407 o a fornirne comunque notizia
al pubblico ministero.
(Omissis).
417. Istanza d'interdizione o di inabilitazione.
L'interdizione o l'inabilitazione possono essere
promosse dalle persone indicate negli articoli 414 e 415,
dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai
parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il
secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico
ministero.
Se l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la
responsabilita' genitoriale o ha per curatore uno dei
genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non puo' essere
promossa che su istanza del genitore medesimo o del
pubblico ministero.".
Il Capo I del Titolo XII del libro I del codice civile
e' stato introdotto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6,
relativa all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e
modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e
429 del codice civile in materia di interdizioni e di
inabilitazione, nonche' relative norme di attuazione, di
coordinamento e finali.
Art. 4
Disposizioni anticipate di trattamento
1. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in
previsione di un'eventuale futura incapacita' di autodeterminarsi e
dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze
delle sue scelte, puo', attraverso le DAT, esprimere le proprie
volonta' in materia di trattamenti sanitari, nonche' il consenso o il
rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e
a singoli trattamenti sanitari. Indica altresi' una persona di sua
fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e
la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture
sanitarie.
2. Il fiduciario deve essere una persona maggiorenne e capace di
intendere e di volere. L'accettazione della nomina da parte del
fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto
successivo, che e' allegato alle DAT. Al fiduciario e' rilasciata una
copia delle DAT. Il fiduciario puo' rinunciare alla nomina con atto
scritto, che e' comunicato al disponente.
3. L'incarico del fiduciario puo' essere revocato dal disponente in
qualsiasi momento, con le stesse modalita' previste per la nomina e
senza obbligo di motivazione.
4. Nel caso in cui le DAT non contengano l'indicazione del
fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto
incapace, le DAT mantengono efficacia in merito alle volonta' del
disponente. In caso di necessita', il giudice tutelare provvede alla
nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del
titolo XII del libro I del codice civile.
5. Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 1, il
medico e' tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere
disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il
fiduciario, qualora esse appaiano palesemente incongrue o non
corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero
sussistano terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione,
capaci di offrire concrete possibilita' di miglioramento delle
condizioni di vita. Nel caso di conflitto tra il fiduciario e il
medico, si procede ai sensi del comma 5, dell'articolo 3.
6. Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura
privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata
personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del
comune di residenza del disponente medesimo, che provvede
all'annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le
strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di cui al comma
7. Sono esenti dall'obbligo di registrazione, dall'imposta di bollo e
da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nel caso in cui
le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono
essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che
consentano alla persona con disabilita' di comunicare. Con le
medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in
ogni momento. Nei casi in cui ragioni di emergenza e urgenza
impedissero di procedere alla revoca delle DAT con le forme previste
dai periodi precedenti, queste possono essere revocate con
dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, con
l'assistenza di due testimoni.
7. Le regioni che adottano modalita' telematiche di gestione della
cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre
modalita' informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al
Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare
la raccolta di copia delle DAT, compresa l'indicazione del
fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando
comunque al firmatario la liberta' di scegliere se darne copia o
indicare dove esse siano reperibili.
8. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende
sanitarie provvedono a informare della possibilita' di redigere le
DAT in base alla presente legge, anche attraverso i rispettivi siti
Internet.
Art. 5
Pianificazione condivisa delle cure
1. Nella relazione tra paziente e medico di cui all'articolo 1,
comma 2, rispetto all'evolversi delle conseguenze di una patologia
cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione
con prognosi infausta, puo' essere realizzata una pianificazione
delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il
medico e l'equipe sanitaria sono tenuti ad attenersi qualora il
paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il
proprio consenso o in una condizione di incapacita'.
2. Il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari o la parte
dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di sua fiducia
sono adeguatamente informati, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, in
particolare sul possibile evolversi della patologia in atto, su
quanto il paziente puo' realisticamente attendersi in termini di
qualita' della vita, sulle possibilita' cliniche di intervenire e
sulle cure palliative.
3. Il paziente esprime il proprio consenso rispetto a quanto
proposto dal medico ai sensi del comma 2 e i propri intendimenti per
il futuro, compresa l'eventuale indicazione di un fiduciario.
4. Il consenso del paziente e l'eventuale indicazione di un
fiduciario, di cui al comma 3, sono espressi in forma scritta ovvero,
nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano,
attraverso video-registrazione o dispositivi che consentano alla
persona con disabilita' di comunicare, e sono inseriti nella cartella
clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. La pianificazione
delle cure puo' essere aggiornata al progressivo evolversi della
malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.
5. Per quanto riguarda gli aspetti non espressamente disciplinati
dal presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo.
Art. 6
Norma transitoria
1. Ai documenti atti ad esprimere le volonta' del disponente in
merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di
residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore
della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima
legge.
Art. 7
Clausola di invarianza finanziaria
1. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono
all'attuazione delle disposizioni della presente legge nell'ambito
delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Art. 8
Relazione alle Camere
1. Il Ministro della salute trasmette alle Camere, entro il 30
aprile di ogni anno, a decorrere dall'anno successivo a quello in
corso alla data di entrata in vigore della presente legge, una
relazione sull'applicazione della legge stessa. Le regioni sono
tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di febbraio
di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministero
della salute.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 22 dicembre 2017
MATTARELLA
Gentiloni Silveri, Presidente del
Consiglio dei ministri
Visto, il Guardasigilli: Orlando
CAPO I
AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento si applica alle successioni a causa di morte. Esso non concerne la materia fiscale, doganale e amministrativa.
2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento:
a) |
lo status delle persone fisiche, i rapporti di famiglia e i rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili; |
b) |
la capacità delle persone fisiche, fatto salvo quanto stabilito all’articolo 23, paragrafo 2, lettera c), e all’articolo 26; |
c) |
le questioni riguardanti la scomparsa, l’assenza o la morte presunta di una persona fisica; |
d) |
le questioni riguardanti i regimi patrimoniali tra coniugi e i regimi patrimoniali relativi a rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al matrimonio; |
e) |
le obbligazioni alimentari diverse da quelle a causa di morte; |
f) |
la validità formale delle disposizioni a causa di morte fatte oralmente; |
g) |
i diritti e i beni creati o trasferiti con strumenti diversi dalla successione, quali le donazioni, la comproprietà con reversibilità a favore del comproprietario superstite, i piani pensione, i contratti di assicurazione e accordi analoghi, fatto salvo l’articolo 23, paragrafo 2, lettera i); |
h) |
le questioni disciplinate dal diritto applicabile alle società, alle associazioni e alle persone giuridiche, quali le clausole degli atti costitutivi e degli statuti di società, associazioni e persone giuridiche che stabiliscono la destinazione delle quote di partecipazione alla morte dei loro membri; |
i) |
lo scioglimento, l’estinzione e la fusione di società, associazioni e persone giuridiche; |
j) |
la costituzione, il funzionamento e lo scioglimento di trust; |
k) |
la natura dei diritti reali; |
l) |
qualsiasi iscrizione in un registro di diritti su beni mobili o immobili, compresi i requisiti legali relativi a tale iscrizione, e gli effetti dell’iscrizione o della mancata iscrizione di tali diritti in un registro. |
Articolo 2
Competenza in materia di successione all’interno degli Stati membri
Il presente regolamento lascia impregiudicata la competenza delle autorità degli Stati membri a trattare questioni di successione.
Articolo 3
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) |
«successione», la successione a causa di morte, comprendente qualsiasi modalità di trasferimento di beni, diritti e obbligazioni a causa di morte, che si tratti di un trasferimento volontario per disposizione a causa di morte ovvero di un trasferimento per effetto di successione legittima; |
b) |
«patto successorio», l’accordo, anche derivante da testamenti reciproci, che conferisce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo; |
c) |
«testamento congiuntivo», il testamento redatto in un unico documento da due o più persone; |
d) |
«disposizione a causa di morte», un testamento, un testamento congiuntivo o un patto successorio; |
e) |
«Stato membro d’origine», lo Stato membro in cui, a seconda dei casi, è stata emessa la decisione, è stata approvata o conclusa la transazione giudiziaria, è stato redatto l’atto pubblico o è stato rilasciato il certificato successorio europeo; |
f) |
«Stato membro dell’esecuzione», lo Stato membro in cui sono richieste la dichiarazione di esecutività o l’esecuzione della decisione, della transazione giudiziaria o dell’atto pubblico; |
g) |
«decisione», qualsiasi decisione in materia di successioni emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro, a prescindere dalla denominazione usata, compresa una decisione sulla determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere; |
h) |
«transazione giudiziale», la transazione in materia di successioni approvata dall’organo giurisdizionale o conclusa davanti all’organo giurisdizionale nel corso di un procedimento; |
i) |
«atto pubblico», qualsiasi documento in materia di successioni che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico in uno Stato membro e la cui autenticità:
|
2. Ai fini del presente regolamento il termine «organo giurisdizionale» indica qualsiasi autorità giudiziaria e tutte le altre autorità e i professionisti legali competenti in materia di successioni che esercitano funzioni giudiziarie o agiscono su delega di un’autorità giudiziaria o sotto il controllo di un’autorità giudiziaria, purché tali altre autorità e professionisti legali offrano garanzie circa l’imparzialità e il diritto di audizione delle parti e purché le decisioni che prendono ai sensi della legge dello Stato membro in cui operano:
a) |
possano formare oggetto di ricorso o riesame davanti a un’autorità giudiziaria; e |
b) |
abbiano forza ed effetto equivalenti a quelli di una decisione dell’autorità giudiziaria nella stessa materia. |
Gli Stati membri notificano alla Commissione, conformemente all’articolo 79, le altre autorità e i professionisti legali di cui al primo comma.
CAPO II
COMPETENZA
Articolo 4
Competenza generale
Sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte.
Articolo 5
Accordi di scelta del foro
1. Se la legge scelta dal defunto per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, le parti interessate possono convenire che un organo giurisdizionale o gli organi giurisdizionali di tale Stato membro hanno competenza esclusiva a decidere su qualsiasi questione legata alla successione.
2. L’accordo relativo alla scelta del foro è concluso per iscritto, datato e firmato dalle parti interessate. Si considera equivalente alla forma scritta qualsiasi comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole dell’accordo.
Articolo 6
Dichiarazione di incompetenza in caso di scelta di legge
Quando la legge scelta dal defunto per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, l’organo giurisdizionale adito ai sensi dell'articolo 4 o dell'articolo 10:
a) |
può, su richiesta di una delle parti del procedimento, dichiarare la propria incompetenza se ritiene che gli organi giurisdizionali dello Stato membro della legge scelta siano più adatti a decidere sulla successione tenuto conto delle circostanze pratiche di quest’ultima, quali la residenza abituale delle parti e il luogo in cui sono situati i beni; oppure |
b) |
dichiara la propria incompetenza se le parti del procedimento hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 5, di conferire la competenza a un organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali dello Stato membro della legge scelta. |
Articolo 7
Competenza in caso di scelta di legge
Gli organi giurisdizionali dello Stato membro la cui legge sia stata scelta dal defunto conformemente all’articolo 22 sono competenti a decidere sulla successione:
a) |
se un organo giurisdizionale preventivamente adito ha dichiarato la propria incompetenza nella stessa causa ai sensi dell’articolo 6; |
b) |
se le parti del procedimento hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 5, di conferire la competenza a un organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali di tale Stato membro; oppure |
c) |
se le parti del procedimento hanno espressamente accettato la competenza dell’organo giurisdizionale adito. |
Articolo 8
Chiusura del procedimento aperto d’ufficio in caso di scelta di legge
L’organo giurisdizionale che ha aperto d’ufficio un procedimento in materia di successioni ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10 chiude il procedimento se le parti del procedimento hanno convenuto di regolare la successione amichevolmente in sede stragiudiziale nello Stato membro la cui legge sia stata scelta dal defunto conformemente all’articolo 22.
Articolo 9
Competenza fondata sulla comparizione
1. Se, nel corso del procedimento davanti a un organo giurisdizionale di uno Stato membro che esercita la competenza ai sensi dell’articolo 7, risulta che non tutte le parti del procedimento sono parte dell’accordo relativo alla scelta del foro, l’organo giurisdizionale continua a esercitare la competenza quando le parti che non sono parte dell’accordo compaiono senza contestare la competenza dell’organo giurisdizionale.
2. Se la competenza dell’organo giurisdizionale di cui al paragrafo 1 è contestata dalle parti del procedimento che non sono parte dell’accordo in questione, l’organo giurisdizionale dichiara la propria incompetenza.
In tal caso, la competenza a decidere sulla successione spetta agli organi giurisdizionali competenti ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10.
Articolo 10
Competenza sussidiaria
1. Se, al momento della morte, il defunto non risiedeva abitualmente in uno Stato membro, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro in cui si trovano beni ereditari sono comunque competenti a decidere sull’intera successione, nella misura in cui:
a) |
il defunto possedeva la cittadinanza di quello Stato membro al momento della morte; o, in mancanza, |
b) |
la precedente residenza abituale del defunto era stabilita in quello Stato membro, purché nel momento in cui l’organo giurisdizionale è adito non sia trascorso un periodo superiore a cinque anni dal cambiamento di tale residenza abituale. |
2. Se nessun organo giurisdizionale di uno Stato membro è competente ai sensi del paragrafo 1, gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui si trovano beni ereditari sono comunque competenti a decidere su tali beni.
Articolo 11
Forum necessitatis
Qualora nessun organo giurisdizionale di uno Stato membro sia competente in forza di altre disposizioni del presente regolamento, in casi eccezionali, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro possono decidere sulla successione se un procedimento non può ragionevolmente essere intentato o svolto o si rivela impossibile in uno Stato terzo con il quale la causa ha uno stretto collegamento.
La causa deve presentare un collegamento sufficiente con lo Stato membro dell’organo giurisdizionale adito.
Articolo 12
Limitazione del procedimento
1. Se l’eredità comprende beni situati in uno Stato terzo, l’organo giurisdizionale adito per decidere sulla successione può, su richiesta di una delle parti, astenersi dal decidere su uno o più di tali beni qualora si possa supporre che la sua decisione sui beni in questione non sarà riconosciuta né, se del caso, dichiarata esecutiva in tale Stato terzo.
2. Il paragrafo 1 non pregiudica il diritto delle parti di limitare l’oggetto del procedimento ai sensi della legge dello Stato membro dell’organo giurisdizionale adito.
Articolo 13
Accettazione o rinuncia dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima
Oltre all’organo giurisdizionale competente a decidere sulla successione ai sensi del presente regolamento, gli organi giurisdizionali dello Stato membro di residenza abituale di qualsiasi persona che, in base alla legge applicabile alla successione, può rendere dinanzi a un organo giurisdizionale una dichiarazione di accettazione dell’eredità, di un legato o di una quota, oppure una dichiarazione diretta a limitare la responsabilità della persona interessata in relazione alle passività ereditarie, sono competenti a ricevere tali dichiarazioni quando, in base alla legge di tale Stato membro, dette dichiarazioni possono essere rese dinanzi ad un organo giurisdizionale.
Articolo 14
Adizione dell’organo giurisdizionale
Ai fini del presente capo, un organo giurisdizionale è considerato adito:
a) |
alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso l’organo giurisdizionale, a condizione che il richiedente non abbia in seguito omesso di prendere le misure che era tenuto a prendere affinché l’atto fosse notificato o comunicato al convenuto; |
b) |
se l’atto deve essere notificato o comunicato prima di essere depositato presso l’organo giurisdizionale, alla data della sua ricezione da parte dell’autorità incaricata della notificazione o comunicazione, a condizione che il richiedente non abbia in seguito omesso di prendere le misure che era tenuto a prendere affinché l’atto fosse depositato presso l’organo giurisdizionale; o |
c) |
se i procedimenti sono aperti d’ufficio, alla data in cui l’autorità giurisdizionale decide di aprire il procedimento o, ove tale decisione non sia richiesta, alla data in cui la causa è registrata dall’autorità giurisdizionale. |
Articolo 15
Verifica della competenza
L’organo giurisdizionale di uno Stato membro investito di una causa in materia di successione per la quale non è competente in base al presente regolamento dichiara d’ufficio la propria incompetenza.
Articolo 16
Verifica della ricevibilità
1. Se il convenuto che ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato diverso dallo Stato membro in cui l’azione è stata proposta non compare, l’organo giurisdizionale competente sospende il procedimento fino a quando sia accertato che il convenuto è stato messo nelle condizioni di ricevere la domanda giudiziale o un atto equivalente in tempo utile a consentirgli di presentare le proprie difese o, che sono stati effettuati tutti gli adempimenti in tal senso.
2. In luogo del paragrafo 1 del presente articolo, si applica l’articolo 19 del regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») (9), qualora sia stato necessario trasmettere da uno Stato membro a un altro la domanda giudiziale o un atto equivalente a norma di tale regolamento.
3. Ove non sia applicabile il regolamento (CE) n. 1393/2007, si applica l’articolo 15 della convenzione dell’Aia del 15 novembre 1965 relativa alla notificazione e alla comunicazione all’estero degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile o commerciale, qualora sia stato necessario trasmettere all’estero la domanda giudiziale o un atto equivalente a norma di tale convenzione.
Articolo 17
Litispendenza
1. Qualora davanti a organi giurisdizionali di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’organo giurisdizionale successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento fino a quando sia stata accertata la competenza dell’organo giurisdizionale preventivamente adito.
2. Ove sia accertata la competenza dell’organo giurisdizionale preventivamente adito, l’organo giurisdizionale successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo.
Articolo 18
Connessione
1. Ove più cause connesse siano pendenti davanti agli organi giurisdizionali di Stati membri differenti, l’organo giurisdizionale successivamente adito può sospendere il procedimento.
2. Se tali cause sono pendenti in primo grado, l’organo giurisdizionale successivamente adito può parimenti dichiarare la propria incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che l’organo giurisdizionale preventivamente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti.
3. Agli effetti del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro un collegamento così stretto da rendere opportune una trattazione e una decisione uniche per evitare decisioni tra loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente.
Articolo 19
Provvedimenti provvisori e cautelari
I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti agli organi giurisdizionali di tale Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta agli organi giurisdizionali di un altro Stato membro.
CAPO III
LEGGE APPLICABILE
Articolo 20
Applicazione universale
La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro.
Articolo 21
Criterio generale
1. Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, la legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto aveva la propria residenza abituale al momento della morte.
2. Se, in via eccezionale, dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente che, al momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con uno Stato diverso da quello la cui legge sarebbe applicabile ai sensi del paragrafo 1, la legge applicabile alla successione è la legge di tale altro Stato.
Articolo 22
Scelta di legge
1. Una persona può scegliere come legge che regola la sua intera successione la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.
Una persona con più di una cittadinanza può scegliere la legge di uno qualsiasi degli Stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.
2. La scelta di legge deve essere effettuata in modo espresso a mezzo di dichiarazione resa nella forma di una disposizione a causa di morte o risultare dalle clausole di tale disposizione.
3. La validità sostanziale dell’atto con cui è stata fatta la scelta di legge è disciplinata dalla legge scelta.
4. La modifica o la revoca della scelta di legge devono soddisfare le condizioni di forma previste per la modifica o la revoca di una disposizione a causa di morte.
Articolo 23
Ambito di applicazione della legge applicabile
1. La legge designata a norma dell’articolo 21 o dell’articolo 22 regola l’intera successione.
2. Tale legge regola in particolare:
a) |
le cause, il momento e il luogo dell’apertura della successione; |
b) |
l’individuazione dei beneficiari, delle loro quote rispettive e degli eventuali oneri imposti loro dal defunto e la determinazione degli altri diritti successori, compresi i diritti del coniuge o del partner superstite; |
c) |
la capacità di succedere; |
d) |
la diseredazione e l’indegnità; |
e) |
il trasferimento agli eredi e, se del caso, ai legatari, dei beni, dei diritti e delle obbligazioni che fanno parte del patrimonio ereditario, comprese le condizioni e gli effetti dell’accettazione dell’eredità o del legato ovvero della rinuncia all’eredità o al legato; |
f) |
i poteri degli eredi, degli esecutori testamentari e degli altri amministratori dell’eredità, in particolare per quanto riguarda la vendita dei beni e il pagamento dei creditori, fatti salvi i poteri di cui all’articolo 29, paragrafi 2 e 3; |
g) |
la responsabilità per i debiti ereditari; |
h) |
la quota disponibile, le quote di legittima e altre restrizioni alla libertà di disporre a causa di morte nonché gli eventuali diritti che le persone vicine al defunto possono vantare nei confronti dell’eredità o degli eredi; |
i) |
la collazione e la riduzione delle liberalità ai fini del calcolo delle quote dei diversi beneficiari; |
j) |
la divisione dell’eredità. |
Articolo 24
Disposizioni a causa di morte diverse dai patti successori
1. Una disposizione a causa di morte diversa da un patto successorio è disciplinata, per quanto riguarda l’ammissibilità e la validità sostanziale, dalla legge che, in forza del presente regolamento, sarebbe stata applicabile alla successione della persona che ha fatto la disposizione se fosse deceduta il giorno in cui è stata fatta la disposizione.
2. In deroga a quanto stabilito al paragrafo 1, una persona può scegliere come legge regolatrice della sua disposizione a causa di morte, per quanto riguarda l’ammissibilità e la validità sostanziale, la legge che avrebbe potuto scegliere conformemente all’articolo 22 alle condizioni ivi stabilite.
3. Il paragrafo 1 si applica, in quanto compatibile, alla modifica o alla revoca di una disposizione a causa di morte diversa da un patto successorio. In caso di scelta di legge a norma del paragrafo 2, la modifica o la revoca sono disciplinate dalla legge scelta.
Articolo 25
Patti successori
1. Un patto successorio avente a oggetto la successione di una sola persona è disciplinato, per quanto riguarda l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni di scioglimento, dalla legge che, in forza del presente regolamento, sarebbe stata applicabile alla successione di tale persona se questa fosse deceduta il giorno della conclusione del patto.
2. Un patto successorio avente a oggetto la successione di più persone è ammissibile solo se è ammissibile in base a ciascuna delle leggi che, in forza del presente regolamento, avrebbero regolato la successione di ciascuna di tali persone se esse fossero decedute il giorno della conclusione del patto.
Un patto successorio ammissibile ai sensi del primo comma del presente paragrafo è disciplinato, per quanto riguarda la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni per il suo scioglimento, dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto tra quelli menzionati al primo comma del presente paragrafo.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le parti possono scegliere come legge regolatrice del loro patto successorio, per quanto riguarda l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni per il suo scioglimento, la legge che la persona o una delle persone della cui successione si tratta avrebbe potuto scegliere ai sensi dell’articolo 22, alle condizioni ivi indicate.
Articolo 26
Validità sostanziale delle disposizioni a causa di morte
1. Ai fini degli articoli 24 e 25 i seguenti elementi sono attinenti alla validità sostanziale:
a) |
la capacità della persona che fa la disposizione a causa di morte di fare tale disposizione; |
b) |
le cause specifiche che impediscono alla persona che fa la disposizione di disporre a favore di determinate persone o che impediscono a una persona di ricevere beni della successione dalla persona che fa la disposizione; |
c) |
l’ammissibilità della rappresentanza ai fini di una disposizione a causa di morte; |
d) |
l’interpretazione della disposizione; |
e) |
il dolo, la violenza, l’errore e qualsiasi altra questione legata al consenso o alla volontà della persona che fa la disposizione. |
2. Se una persona ha la capacità di fare una disposizione a causa di morte secondo la legge applicabile a norma dell’articolo 24 o dell’articolo 25, una successiva modifica della legge applicabile lascia impregiudicata la sua capacità di modificare o revocare une tale disposizione.
Articolo 27
Validità formale delle disposizioni a causa di morte fatte per iscritto
1. Una disposizione a causa di morte fatta per iscritto è valida quanto alla forma se questa è conforme alla legge:
a) |
dello Stato in cui la disposizione è stata fatta o il patto successorio è stato concluso; o |
b) |
di uno degli Stati di cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio possedeva la cittadinanza al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o |
c) |
di uno degli Stati in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva il domicilio al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o |
d) |
dello Stato in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva la residenza abituale al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o |
e) |
per quanto riguarda i beni immobili, dello Stato in cui i beni immobili sono situati. |
Per determinare se il testatore o ogni persona la cui successione è interessata dal patto successorio hanno o meno il proprio domicilio in un determinato Stato si applica la legge di tale Stato.
2. Il paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni a causa di morte che modificano o revocano una precedente disposizione. La modifica o la revoca è parimenti valida quanto alla forma se è conforme a una delle leggi in virtù delle quali, ai sensi del paragrafo 1, era valida la disposizione a causa di morte modificata o revocata.
3. Ai fini del presente articolo, sono considerate attinenti alla forma le disposizioni di legge che limitano le forme ammesse delle disposizioni a causa di morte con riferimento all’età, alla cittadinanza o ad altre qualità personali del testatore o delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio. Lo stesso vale per i requisiti che devono possedere i testimoni richiesti per la validità di una disposizione a causa di morte.
Articolo 28
Validità formale della dichiarazione riguardante l’accettazione o la rinuncia
La dichiarazione riguardante l’accettazione dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima o la rinuncia ad essi, ovvero la dichiarazione volta a limitare la responsabilità della persona che effettua la dichiarazione è valida quanto alla forma se soddisfa i requisiti previsti:
a) |
dalla legge applicabile alla successione a norma dell’articolo 21 o dell’articolo 22; o |
b) |
dalla legge dello Stato in cui la persona che fa la dichiarazione ha la propria residenza abituale. |
Articolo 29
Disposizioni specifiche in materia di nomina e poteri di un amministratore dell’eredità in determinate situazioni
1. Qualora la nomina di un amministratore sia obbligatoria ovvero obbligatoria su richiesta ai sensi della legislazione dello Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti a decidere sulla successione in conformità al presente regolamento e qualora la legge applicabile alla successione sia una legge straniera, gli organi giurisdizionali di tale Stato membro possono, quando aditi, nominare uno o più amministratori della successione conformemente alla propria legge nazionale, fatte salve le condizioni stabilite nel presente articolo.
L’amministratore o gli amministratori nominati ai sensi del presente paragrafo sono abilitati a eseguire il testamento del defunto e/o amministrare l’eredità a norma della legge applicabile alla successione. Se tale legge non prevede l’amministrazione dell’eredità da parte di una persona che non è un beneficiario, gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui l’amministratore deve essere nominato possono nominare un amministratore terzo ai sensi della propria legge nazionale qualora quest’ultima lo richieda e sussista un grave conflitto di interessi tra i beneficiari o tra i beneficiari e i creditori o altre persone che abbiano garantito i debiti del defunto ovvero un disaccordo tra i beneficiari sull’amministrazione dell’eredità o qualora l’eredità sia di complessa amministrazione a causa della natura dei beni.
L’amministratore o gli amministratori nominati ai sensi del presente paragrafo sono gli unici soggetti abilitati a esercitare i poteri di cui ai paragrafi 2 o 3.
2. L’amministratore o gli amministratori nominati ai sensi del paragrafo 1 esercitano i poteri di amministrare l’eredità ai quali sono abilitati a norma della legge applicabile alla successione. L’organo giurisdizionale che provvede alla nomina può determinare nella sua decisione condizioni specifiche per l’esercizio di detti poteri in conformità alla legge applicabile alla successione.
Se la legge applicabile alla successione non prevede poteri sufficienti per conservare i beni dell’eredità o proteggere i diritti dei creditori o di altre persone che abbiano garantito i debiti del defunto, l’organo giurisdizionale che provvede alla nomina può decidere di permettere all’amministratore o agli amministratori di esercitare, in via residuale, i poteri previsti a tal fine dalla propria legge e nella relativa decisione può fissare condizioni specifiche per l’esercizio di tali poteri in conformità alla legge.
Nell’esercizio di tali poteri residuali l’amministratore o gli amministratori devono tuttavia rispettare la legge applicabile alla successione per quanto riguarda il trasferimento della proprietà dei beni ereditari, le responsabilità per i debiti ereditari, i diritti dei beneficiari, tra cui, se del caso, il diritto di accettare l’eredità o di rinunciare ad essa e, se del caso, i poteri dell’esecutore testamentario.
3. In deroga al paragrafo 2, l’organo giurisdizionale che nomina uno o più amministratori ai sensi del paragrafo 1 può, in via eccezionale, qualora la legge applicabile alla successione sia la legge di uno Stato terzo, decidere di conferire agli amministratori tutti i poteri di amministrazione previsti dal diritto dello Stato membro in cui sono nominati.
Nell’esercizio di tali poteri, tuttavia, gli amministratori rispettano, in particolare, l’individuazione dei beneficiari e i loro diritti successori, incluso il diritto alla quota di legittima o le loro rivendicazioni nei confronti dell’eredità o degli eredi ai sensi della legge applicabile alla successione.
Articolo 30
Norme speciali che impongono restrizioni alla successione di determinati beni
Se la legge dello Stato in cui sono situati determinati beni immobili, imprese o altre categorie particolari di beni contiene norme speciali che, per ragioni di carattere economico, familiare o sociale, impongono restrizioni alla successione di tali beni, tali norme speciali si applicano alla successione purché, in base alla legge di tale Stato, esse si applichino indipendentemente dalla legge applicabile alla successione.
Articolo 31
Adattamento dei diritti reali
Se una persona invoca un diritto reale che le spetta secondo la legge applicabile alla successione e la legge dello Stato membro in cui il diritto è invocato non conosce il diritto reale in questione, tale diritto è adattato, se necessario e nella misura del possibile, al diritto reale equivalente più vicino previsto dalla legge di tale Stato, tenendo conto degli obiettivi e degli interessi perseguiti dal diritto reale in questione nonché dei suoi effetti.
Articolo 32
Commorienza
Quando due o più persone le cui successioni sono regolate da leggi diverse decedono in circostanze che non consentono di determinare l’ordine dei decessi e quelle leggi regolano la fattispecie in maniera differente ovvero non la regolano affatto, nessuna di tali persone ha diritto di succedere all’altra o alle altre.
Articolo 33
Eredità vacante
Nella misura in cui, secondo la legge applicabile alla successione ai sensi del presente regolamento, non vi siano disposizioni a causa di morte che istituiscano eredi o legatari, né persone fisiche che abbiano diritto di succedere per legge, l’applicazione della legge così determinata non osta al diritto di uno Stato membro o di un’istituzione designata dalla legge di quello Stato di acquisire a norma della propria legge i beni ereditari situati sul suo territorio, a condizione che i creditori possano chiedere di soddisfare i propri crediti con tutti i beni caduti in successione.
Articolo 34
Rinvio
1. Quando il presente regolamento prescrive l’applicazione della legge di uno Stato terzo, esso si riferisce all’applicazione delle norme giuridiche in vigore in tale Stato, comprese le norme di diritto internazionale privato, nella misura in cui tali norme rinviino:
a) |
alla legge di uno Stato membro; o |
b) |
alla legge di un altro Stato terzo che applicherebbe la propria legge. |
2. Il rinvio non opera con riferimento alle leggi indicate all’articolo 21, paragrafo 2, all’articolo 22, all’articolo 27, all’articolo 28, lettera b), e all’articolo 30.
Articolo 35
Ordine pubblico
L’applicazione di una disposizione della legge di uno Stato designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro dell’autorità giurisdizionale o di altra autorità competente che si occupa della successione.
Articolo 36
Ordinamenti plurilegislativi a base territoriale
1. Se la legge designata dal presente regolamento è quella di uno Stato che si compone di più unità territoriali, ciascuna delle quali ha una propria normativa in materia di successione, le norme interne di tale Stato in materia di conflitti di legge determinano l’unità territoriale pertinente la cui normativa si applica.
2. In mancanza di norme interne in materia di conflitti di legge:
a) |
ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata dalle disposizioni che si riferiscono alla residenza abituale del defunto, come riferimento alla legge dell’unità territoriale in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte; |
b) |
ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata dalle disposizioni che si riferiscono alla cittadinanza del defunto, come riferimento alla legge dell’unità territoriale con cui il defunto aveva il collegamento più stretto; |
c) |
ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata da disposizioni che si riferiscono ad altri elementi quali criteri di collegamento, come riferimento alla legge dell’unità territoriale in cui l’elemento in questione è situato. |
3. In deroga al paragrafo 2, ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata ai sensi dell’articolo 27 e in mancanza di norme interne in materia di conflitti di legge in tale Stato, come riferimento alla legge dell’unità territoriale con cui il testatore o le persone la cui successione è interessata da un patto successorio avevano il collegamento più stretto.
Articolo 37
Ordinamenti plurilegislativi a base personale
Se uno Stato ha due o più sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di persone in materia di successione, ogni riferimento alla legge di tale Stato deve intendersi come riferimento al sistema giuridico o al complesso di norme determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il defunto aveva il collegamento più stretto.
Articolo 38
Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi
Uno Stato membro che si compone di più unità territoriali, ciascuna con una propria normativa in materia di successione, non è tenuto ad applicare il presente regolamento ai conflitti di legge che riguardano unicamente tali unità.
CAPO IV
RICONOSCIMENTO, ESECUTIVITÀ ED ESECUZIONE DELLE DECISIONI
Articolo 39
Riconoscimento
1. Le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento particolare.
2. In caso di contestazione, ogni parte interessata che chieda il riconoscimento in via principale di una decisione può far accertare, secondo il procedimento di cui agli articoli da 45 a 58, che la decisione sia riconosciuta.
3. Se il riconoscimento è richiesto in via incidentale in un procedimento davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, tale autorità giurisdizionale è competente al riguardo.
Articolo 40
Motivi di diniego del riconoscimento
Le decisioni non sono riconosciute:
a) |
se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento; |
b) |
se la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da consentirgli di presentare la propria difesa, eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione; |
c) |
se sono incompatibili con una decisione emessa in un procedimento tra le stesse parti nello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento; |
d) |
se sono incompatibili con una decisione emessa precedentemente tra le stesse parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in un procedimento avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, qualora tale decisione soddisfi le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento. |
Articolo 41
Divieto di riesame del merito
In nessun caso la decisione emessa in uno Stato membro può formare oggetto di un riesame del merito.
Articolo 42
Sospensione del procedimento di riconoscimento
L’organo giurisdizionale di uno Stato membro davanti al quale è chiesto il riconoscimento di una decisione emessa in un altro Stato membro può sospendere il procedimento se la decisione è stata impugnata con un mezzo ordinario nello Stato membro di origine.
Articolo 43
Esecutività
Le decisioni emesse in uno Stato membro e ivi esecutive sono eseguite in un altro Stato membro dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza di una parte interessata secondo la procedura di cui agli articoli da 45 a 58.
Articolo 44
Determinazione del domicilio
Per determinare se, ai fini della procedura di cui agli articoli da 45 a 58, una parte sia domiciliata nello Stato membro dell’esecuzione, l’organo giurisdizionale adito applica la legge interna di tale Stato membro.
Articolo 45
Competenza territoriale
1. La domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività è proposta all’organo giurisdizionale o all’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione comunicata da tale Stato membro alla Commissione conformemente all’articolo 78.
2. La competenza territoriale è determinata dal luogo di domicilio della parte contro cui è chiesta l’esecuzione, o dal luogo dell’esecuzione.
Articolo 46
Procedimento
1. Il procedimento è disciplinato dalla legge dello Stato membro dell’esecuzione.
2. L’istante non è tenuto a disporre di un recapito postale, né di un rappresentante autorizzato nello Stato membro dell’esecuzione.
3. La domanda è corredata dei seguenti documenti:
a) |
una copia della decisione che soddisfi le condizioni necessarie per stabilirne l’autenticità; |
b) |
l’attestato rilasciato dall’organo giurisdizionale o dall’autorità competente dello Stato membro di origine utilizzando il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2, fatto salvo quanto stabilito all’articolo 47. |
Articolo 47
Mancata produzione dell’attestato
1. Qualora l’attestato di cui all’articolo 46, paragrafo 3, lettera b), non venga prodotto, il giudice o l’autorità competente può fissare un termine per la sua presentazione o accettare un documento equivalente ovvero, qualora ritenga di essere informato a sufficienza, disporne la dispensa.
2. Qualora l’organo giurisdizionale o l’autorità competente lo richieda, deve essere presentata una traduzione dei documenti. La traduzione è effettuata da una persona abilitata a eseguire traduzioni in uno degli Stati membri.
Articolo 48
Dichiarazione di esecutività
La decisione è dichiarata esecutiva non appena espletate le formalità di cui all’articolo 46 senza alcun esame ai sensi dell’articolo 40. La parte contro cui l’esecuzione viene chiesta non può, in tale fase del procedimento, presentare osservazioni.
Articolo 49
Notificazione della decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività
1. La decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività è immediatamente notificata all’istante secondo le modalità previste dalla legge dello Stato membro di esecuzione.
2. La dichiarazione di esecutività è notificata o comunicata alla parte contro la quale è chiesta l’esecuzione, corredata della decisione qualora quest’ultima non sia già stata notificata o comunicata a tale parte.
Articolo 50
Ricorso contro la decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività
1. Ciascuna delle parti può proporre ricorso contro la decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività.
2. Il ricorso è proposto davanti all’organo giurisdizionale comunicato dallo Stato membro interessato alla Commissione in conformità all’articolo 78.
3. Il ricorso è esaminato secondo le norme sul procedimento in contraddittorio.
4. Se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione non compare davanti all’organo giurisdizionale investito del ricorso nel procedimento riguardante l’azione proposta dall’istante, si applicano le disposizioni dell’articolo 16 anche se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione non è domiciliata nel territorio di uno degli Stati membri.
5. Il ricorso contro la dichiarazione di esecutività è proposto entro trenta giorni dalla data di notificazione o comunicazione della stessa. Se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione è domiciliata in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata rilasciata la dichiarazione di esecutività, il termine per proporre ricorso è di sessanta giorni a decorrere dalla data della notificazione o comunicazione, sia mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario che nella residenza. Tale termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza.
Articolo 51
Impugnazione della decisione emessa sul ricorso
La decisione emessa sul ricorso può essere impugnata solo nei modi comunicati dallo Stato membro interessato alla Commissione conformemente all’articolo 78.
Articolo 52
Rifiuto o revoca di una dichiarazione di esecutività
L’organo giurisdizionale davanti al quale è stato proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51 rigetta o revoca la dichiarazione di esecutività solo per uno dei motivi contemplati dall’articolo 40. Esso si pronuncia senza indugio.
Articolo 53
Sospensione del procedimento
L’organo giurisdizionale davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51, su istanza della parte contro la quale è chiesta l’esecuzione, sospende il procedimento se l’esecutività della decisione è sospesa nello Stato membro d’origine per la presentazione di un ricorso.
Articolo 54
Provvedimenti provvisori e cautelari
1. Qualora una decisione debba essere riconosciuta in conformità del presente capo, nulla osta a che l’istante chieda provvedimenti provvisori o cautelari in conformità della legge dello Stato membro di esecuzione, senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività ai sensi dell’articolo 48.
2. La dichiarazione di esecutività implica di diritto l’autorizzazione a procedere a provvedimenti cautelari.
3. In pendenza del termine di cui all’articolo 50, paragrafo 5, per proporre il ricorso contro la dichiarazione di esecutività e fino a quando non sia stata adottata alcuna decisione su di esso, si può procedere solo a provvedimenti cautelari sui beni della parte contro cui è chiesta l’esecuzione.
Articolo 55
Esecutività parziale
1. Se la decisione ha statuito su vari capi della domanda e la dichiarazione di esecutività non può essere rilasciata per tutti i capi, l’organo giurisdizionale o l’autorità competente rilasciano la dichiarazione di esecutività solo per uno o più di essi.
2. L’istante può richiedere una dichiarazione di esecutività parziale della decisione.
Articolo 56
Patrocinio a spese dello Stato
L’istante che nello Stato membro d’origine ha beneficiato in tutto o in parte del patrocinio a spese dello Stato o dell’esenzione dai costi o dalle spese beneficia, nel procedimento per la dichiarazione di esecutività, del patrocinio più favorevole o dell’esenzione più ampia previsti dalla legge dello Stato membro di esecuzione.
Articolo 57
Assenza di garanzie, cauzioni o depositi
Alla parte che chiede il riconoscimento, l’esecutività o l’esecuzione in uno Stato membro di una decisione emessa in un altro Stato membro non devono essere imposte garanzie, cauzioni o depositi, comunque denominati, a causa della qualità di straniero o per difetto di domicilio o residenza nello Stato membro dell’esecuzione.
Articolo 58
Assenza di imposte, diritti o tasse
Nei procedimenti relativi al rilascio di una dichiarazione di esecutività non sono riscossi, nello Stato membro di esecuzione, imposte, diritti o tasse proporzionali al valore della controversia.
CAPO V
ATTI PUBBLICI E TRANSAZIONI GIUDIZIARIE
Articolo 59
Accettazione degli atti pubblici
1. Un atto pubblico redatto in uno Stato membro ha in un altro Stato membro la stessa efficacia probatoria che ha nello Stato membro d’origine o produce gli effetti più comparabili, a condizione che ciò non sia manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro interessato.
Una persona che intende utilizzare un atto pubblico in un altro Stato membro può chiedere all’autorità che redige l’atto pubblico nello Stato membro d’origine di compilare il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2 precisando quali sono gli effetti probatori che l’atto pubblico ha nello Stato membro d’origine.
2. Qualsiasi contestazione riguardo all’autenticità di un atto pubblico è proposta davanti agli organi giurisdizionali dello Stato membro d’origine ed è decisa secondo la legge di tale Stato. L’atto pubblico contestato non ha nessuna efficacia probatoria negli altri Stati membri fino a quando la contestazione è pendente davanti all’organo giurisdizionale competente.
3. Qualsiasi contestazione riguardo ai negozi giuridici o ai rapporti giuridici registrati in un atto pubblico è proposta davanti agli organi giurisdizionali competenti ai sensi del presente regolamento ed è decisa secondo la legge applicabile a norma del capo III. L’atto pubblico contestato non ha nessuna efficacia probatoria negli Stati membri diversi dallo Stato membro d’origine per quanto concerne i punti contestati fino a quando la contestazione è pendente davanti all’organo giurisdizionale competente.
4. Se una questione relativa ai negozi giuridici o ai rapporti giuridici registrati in un atto pubblico in materia di successioni è sollevata in via incidentale in un procedimento davanti a un organo giurisdizionale di uno Stato membro, tale organo giurisdizionale è competente a decidere tale questione.
Articolo 60
Esecutività degli atti pubblici
1. L’atto pubblico esecutivo nello Stato membro d’origine è dichiarato esecutivo in un altro Stato membro, su istanza della parte interessata, secondo la procedura di cui agli articoli da 45 a 58.
2. Ai fini dell’articolo 46, paragrafo 3, lettera b), l’autorità che ha redatto l’atto pubblico, su istanza della parte interessata, rilascia un attestato utilizzando il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.
3. L’organo giurisdizionale davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51 rifiuta o revoca la dichiarazione di esecutività solo se l’esecuzione dell’atto pubblico è manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro di esecuzione.
Articolo 61
Esecutività delle transazioni giudiziarie
1. Le transazioni giudiziarie esecutive nello Stato membro d’origine sono dichiarate esecutive in un altro Stato membro, su istanza della parte interessata, secondo la procedura di cui agli articoli da 45 a 58.
2. Ai fini dell’articolo 46, paragrafo 3, lettera b), l’organo giurisdizionale che ha approvato la transazione o dinanzi al quale essa è stata conclusa, rilascia, su istanza della parte interessata, un attestato utilizzando il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.
3. L’organo giurisdizionale davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51 rifiuta o revoca la dichiarazione di esecutività solo se l’esecuzione della transazione giudiziaria è manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro di esecuzione.
CAPO VI
CERTIFICATO SUCCESSORIO EUROPEO
Articolo 62
Istituzione di un certificato successorio europeo
1. Il presente regolamento istituisce un certificato successorio europeo («certificato») che è rilasciato per essere utilizzato in un altro Stato membro e produce gli effetti di cui all’articolo 69.
2. L’uso del certificato non è obbligatorio.
3. Il certificato non sostituisce i documenti interni utilizzati per scopi analoghi negli Stati membri. Tuttavia, una volta rilasciato per essere utilizzato in un altro Stato membro, il certificato produce gli effetti di cui all’articolo 69 anche nello Stato membro le cui autorità lo hanno rilasciato in forza del presente capo.
Articolo 63
Scopo del certificato
1. Il certificato è destinato a essere utilizzato dagli eredi, dai legatari che vantano diritti diretti sulla successione e dagli esecutori testamentari o amministratori dell’eredità che, in un altro Stato membro, hanno necessità di far valere la loro qualità o di esercitare, rispettivamente, i loro diritti di eredi o legatari e/o i loro poteri come esecutori testamentari o amministratori dell’eredità.
2. Il certificato può essere utilizzato, in particolare, per dimostrare uno o più dei seguenti elementi:
a) |
la qualità e/o i diritti di ciascun erede ovvero di ciascun legatario menzionato nel certificato e le rispettive quote ereditarie; |
b) |
l’attribuzione di uno o più beni determinati che fanno parte dell’eredità agli eredi ovvero ai legatari menzionati nel certificato; |
c) |
i poteri della persona indicata nel certificato di dare esecuzione al testamento o di amministrare l’eredità. |
Articolo 64
Competenza a rilasciare il certificato
Il certificato è rilasciato nello Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti a norma dell’articolo 4, dell’articolo 7, dell’articolo 10 o dell’articolo 11. L’autorità di rilascio è:
a) |
un organo giurisdizionale quale definito all’articolo 3, paragrafo 2; o |
b) |
un’altra autorità che in forza del diritto nazionale è competente in materia di successione. |
Articolo 65
Domanda di certificato
1. Il certificato è rilasciato su richiesta di una delle persone di cui all’articolo 63, paragrafo 1 («richiedente»).
2. Ai fini della presentazione della domanda, il richiedente può utilizzare il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.
3. La domanda contiene le informazioni elencate di seguito, nella misura in cui il richiedente ne sia a conoscenza e siano necessarie per consentire all’autorità di rilascio di attestare gli elementi di cui il richiedente chiede la certificazione, ed è corredata di tutti i documenti pertinenti in originale o in copia autentica, fatto salvo l’articolo 66, paragrafo 2:
a) |
le generalità del defunto: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo al momento della morte, data e luogo della morte; |
b) |
le generalità del richiedente: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo ed eventuale rapporto di parentela o di affinità con il defunto; |
c) |
le generalità dell’eventuale rappresentante del richiedente: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, indirizzo e potere di rappresentanza; |
d) |
le generalità del coniuge o partner del defunto e, se del caso, degli ex coniugi o ex partner: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso) e indirizzo; |
e) |
le generalità di altri possibili beneficiari in forza di una disposizione a causa di morte e/o per legge: cognome e nome/nomi o denominazione dell’organizzazione, numero d’identificazione (se del caso) e indirizzo; |
f) |
lo scopo previsto del certificato ai sensi dell’articolo 63; |
g) |
gli estremi dell’organo giurisdizionale o altra autorità competente che tratta o ha trattato la successione in quanto tale, se del caso; |
h) |
gli elementi su cui il richiedente si basa per far valere, secondo il caso, il preteso diritto ai beni della successione in qualità di beneficiario e/o il diritto di dare esecuzione al testamento del defunto e/o il diritto di amministrare l’eredità del defunto; |
i) |
l’indicazione delle eventuali disposizioni a causa di morte fatte dal defunto; se non è allegato né l’originale né una copia, un’indicazione del luogo in cui si trova l’originale; |
j) |
l’indicazione delle eventuali disposizioni a causa di morte fatte dal defunto a un rapporto suscettibile di avere effetti comparabili al matrimonio; se non è allegato né l’originale né la copia della convenzione, un’indicazione del luogo in cui si trova l’originale; |
k) |
l’indicazione delle eventuali dichiarazioni di accettazione o di rinuncia dell’eredità da parte dei beneficiari; |
l) |
una dichiarazione secondo cui, per quanto noto al richiedente, non vi sono controversie pendenti in relazione agli elementi da certificare; |
m) |
qualsiasi altra informazione considerata utile dal richiedente ai fini del rilascio del certificato. |
Articolo 66
Esame della domanda
1. Ricevuta la domanda, l’autorità di rilascio verifica le informazioni e le dichiarazioni, nonché i documenti e gli altri mezzi di prova forniti dal richiedente. Effettua d’ufficio le indagini necessarie per detta verifica, laddove ciò sia previsto o consentito dal proprio diritto nazionale, o invita il richiedente a fornire le ulteriori prove che essa ritiene necessarie.
2. Se il richiedente non è stato in grado di produrre copie autentiche dei documenti pertinenti, l’autorità di rilascio può decidere di accettare altri mezzi di prova.
3. Se il diritto nazionale lo prevede e alle condizioni da esso stabilite, l’autorità di rilascio può chiedere che le dichiarazioni siano rese sotto giuramento o nella forma di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.
4. L’autorità di rilascio adotta tutte le misure necessarie per informare i beneficiari della richiesta di rilascio di un certificato. Se necessario per l’accertamento degli elementi da certificare, procede all’audizione degli interessati e degli eventuali esecutori o amministratori e procede ad annunci pubblici allo scopo di dare ad altri possibili beneficiari l’opportunità di far valere i propri diritti.
5. Ai fini del presente articolo, l’autorità competente di uno Stato membro fornisce, su richiesta, all’autorità di rilascio di un altro Stato membro le informazioni contenute, in particolare, nei registri immobiliari, nei registri dello stato civile e nei registri in cui sono riportati i documenti e i fatti rilevanti ai fini della successione o dei rapporti patrimoniali tra coniugi o rapporti patrimoniali equivalenti del defunto, ove tale autorità competente sia autorizzata, in forza del diritto nazionale, a fornire tali informazioni a un’altra autorità nazionale.
Articolo 67
Rilascio del certificato
1. L’autorità di rilascio emette senza indugio il certificato secondo la procedura di cui al presente capo quando gli elementi da certificare sono stati accertati a norma della legge applicabile alla successione o di un’altra legge applicabile a elementi specifici. A tal fine utilizza il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.
L’autorità di rilascio non emette il certificato, in particolare quando:
a) |
gli elementi da certificare sono oggetto di contestazione; o |
b) |
il certificato non è conforme a una decisione riguardante gli stessi elementi. |
2. L’autorità di rilascio adotta tutte le misure necessarie per informare i beneficiari dell’emissione del certificato.
Articolo 68
Contenuto del certificato
Il certificato contiene le seguenti informazioni nella misura in cui siano necessarie ai fini per cui esso è rilasciato:
a) |
il nome e l’indirizzo dell’autorità di rilascio; |
b) |
il numero di riferimento del fascicolo; |
c) |
gli elementi in base ai quali l’autorità di rilascio si ritiene competente a rilasciare il certificato; |
d) |
la data di rilascio; |
e) |
le generalità del richiedente: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo ed eventuale rapporto di parentela o di affinità con il defunto; |
f) |
le generalità del defunto: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo al momento della morte, data e luogo della morte; |
g) |
le generalità dei beneficiari: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi e numero d’identificazione (se del caso); |
h) |
i dati relativi a eventuali convenzioni matrimoniali stipulate dal defunto o, se del caso, eventuali convenzioni stipulate dal defunto nel contesto di un rapporto che secondo la legge applicabile a quest’ultimo ha effetti comparabili al matrimonio e i dati relativi al regime patrimoniale tra coniugi o a un regime patrimoniale equivalente; |
i) |
la legge applicabile alla successione e gli elementi sulla cui base essa è stata determinata; |
j) |
l’indicazione se si tratta di una successione regolata da una disposizione a causa di morte o di una successione legittima, comprese le informazioni sugli elementi da cui derivano i diritti e/o i poteri degli eredi, legatari, esecutori testamentari o amministratori dell’eredità; |
k) |
se del caso, per ogni beneficiario le informazioni relative alla natura dell’accettazione dell’eredità o della rinuncia alla stessa; |
l) |
la quota ereditaria di ciascun erede e, se del caso, l’elenco dei diritti e/o beni spettanti a ogni erede; |
m) |
l’elenco dei beni e/o diritti spettanti a ogni legatario; |
n) |
le restrizioni ai diritti del o degli eredi e, se del caso, del o dei legatari in forza della legge applicabile alla successione e/o della disposizione a causa di morte; |
o) |
i poteri dell’esecutore testamentario e/o dell’amministratore dell’eredità e le restrizioni a tali poteri in forza della legge applicabile alla successione e/o della disposizione a causa di morte. |
Articolo 69
Effetti del certificato
1. Il certificato produce i suoi effetti in tutti gli Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.
2. Si presume che il certificato dimostri con esattezza gli elementi accertati in base alla legge applicabile alla successione o a ogni altra legge applicabile a elementi specifici. Si presume che la persona indicata nel certificato come erede, legatario, esecutore testamentario o amministratore dell’eredità possiede la qualità indicata nel certificato e/o sia titolare dei diritti o dei poteri enunciati nel certificato, senza nessun’altra condizione e/o restrizione ulteriore rispetto a quelle menzionate nel certificato stesso.
3. Chiunque, agendo sulla base delle informazioni attestate in un certificato, esegua pagamenti o consegni beni a una persona indicata nel certificato come legittimata a ricevere pagamenti o beni, è considerato aver agito con una persona legittimata a ricevere pagamenti o beni, a meno che sappia che il contenuto del certificato non corrisponde al vero o che il fatto di non saperlo derivi da colpa grave.
4. Se una persona menzionata nel certificato come legittimata a disporre di beni ereditari dispone di tali beni a favore di un’altra persona, si considera che quest’ultima, ove agisca sulla base delle informazioni attestate nel certificato, abbia acquistato da una persona avente il potere di disporre dei beni in questione, a meno che sappia che il contenuto del certificato non corrisponde al vero o che il fatto di non saperlo derivi da negligenza grave.
5. Il certificato costituisce titolo idoneo per l’iscrizione di beni ereditari nel pertinente registro di uno Stato membro, fatto salvo l’articolo 1, paragrafo 2, lettere k) e l).
Articolo 70
Copie autentiche del certificato
1. L’autorità di rilascio conserva l’originale del certificato e ne rilascia una o più copie autentiche al richiedente e a chiunque dimostri di avervi interesse.
2. Ai fini dell’articolo 71, paragrafo 3, e dell’articolo 73, paragrafo 2, l’autorità di rilascio tiene un elenco delle persone cui sono state rilasciate copie autentiche ai sensi del paragrafo 1.
3. Le copie autentiche rilasciate sono valide per un periodo limitato di sei mesi che dev’essere indicato nella copia autentica con una data di scadenza. In casi eccezionali, debitamente motivati, l’autorità di rilascio può decidere, a titolo di deroga, che il periodo di validità possa essere più lungo. Allo scadere di tale periodo, chiunque sia in possesso di una copia autentica deve, per poter utilizzare il certificato ai fini indicati dall’articolo 63, chiedere una proroga del periodo di validità della copia autentica oppure richiedere una nuova copia autentica all’autorità di rilascio.
Articolo 71
Rettifica, modifica o revoca del certificato
1. Su richiesta di chiunque dimostri di avervi interesse o d’ufficio, l’autorità di rilascio rettifica il certificato in caso di errore materiale.
2. Su richiesta di chiunque dimostri di avervi interesse o, se previsto dal diritto nazionale, d’ufficio, l’autorità di rilascio modifica o revoca il certificato ove sia stato accertato che il certificato o singoli elementi di esso non corrispondano al vero.
3. L’autorità di rilascio informa senza indugio tutte le persone cui sono state rilasciate copie autentiche del certificato ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 1, di eventuali rettifiche, modifiche o revoche del certificato.
Articolo 72
Procedure di ricorso
1. Le decisioni adottate dall’autorità di rilascio ai sensi dell’articolo 67 possono essere impugnate da chiunque abbia il diritto di richiedere un certificato.
Le decisioni adottate dall’autorità di rilascio a norma dell’articolo 71 e dell’articolo 73, paragrafo 1, lettera a), possono essere impugnate da chiunque dimostri di avervi interesse.
Il ricorso è proposto davanti a un’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’autorità di rilascio conformemente alla legge di tale Stato.
2. Se, a seguito del ricorso di cui al paragrafo 1, è accertato che il certificato rilasciato non corrisponde al vero, l’autorità giudiziaria competente rettifica, modifica o revoca il certificato ovvero assicura che il certificato sia rettificato, modificato o revocato dall’autorità di rilascio.
Se, a seguito del ricorso di cui al paragrafo 1, è accertato che il diniego di emettere il certificato rilasciato non era motivato, l’autorità giudiziaria competente rilascia il certificato ovvero assicura che l’autorità di rilascio riesamini il caso e adotti una nuova decisione.
Articolo 73
Sospensione degli effetti del certificato
1. Gli effetti del certificato possono essere sospesi:
a) |
dall’autorità di rilascio, su richiesta di chiunque dimostri di avervi interesse, nelle more di una modifica o revoca del certificato ai sensi dell’articolo 71; o |
b) |
dall’autorità giudiziaria, su richiesta di chiunque abbia diritto di impugnare una decisione adottata dall’autorità di rilascio in virtù dell’articolo 72, in pendenza di tale impugnazione. |
2. L’autorità di rilascio o, a seconda dei casi, l’autorità giudiziaria informa senza indugio tutte le persone cui sono state rilasciate copie autentiche ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 1, dell’eventuale sospensione degli effetti del certificato.
Durante la sospensione degli effetti del certificato non possono essere rilasciate ulteriori copie autentiche del certificato stesso.
CAPO VII
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 74
Legalizzazione o altra formalità analoga
Per gli atti o documenti emessi in uno Stato membro ai sensi del presente regolamento non è richiesta alcuna legalizzazione né altra formalità analoga.
Articolo 75
Relazioni con le convenzioni internazionali in vigore
1. Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parte al momento dell’adozione del presente regolamento e che riguardano materie disciplinate dal presente regolamento.
In particolare, gli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione dell’Aia, del 5 ottobre 1961, sui conflitti di legge relativi alla forma delle disposizioni testamentarie, continuano ad applicare le disposizioni di tale convenzione invece dell’articolo 27 del presente regolamento per quanto riguarda la validità formale dei testamenti e dei testamenti congiuntivi.
2. In deroga al paragrafo 1, il presente regolamento prevale, tra Stati membri, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura in cui esse riguardano materie disciplinate dal presente regolamento.
3. Il presente regolamento non osta all’applicazione della convenzione, del 19 novembre 1934, tra la Danimarca, la Finlandia, l’Islanda, la Norvegia e la Svezia comprendente disposizioni di diritto internazionale privato in materia di successioni, testamenti e amministrazione di eredità, riveduta dall’accordo intergovernativo tra tali Stati del 1o giugno 2012, da parte degli Stati membri che ne sono parte, nella misura in cui essa preveda:
a) |
norme sugli aspetti procedurali dell’amministrazione dell’eredità secondo la definizione della convenzione e sulla relativa assistenza da parte delle autorità degli Stati parti contraenti della convenzione; e |
b) |
procedure semplificate e accelerate per il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di successioni. |
Articolo 76
Relazioni con il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio
Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (10).
Articolo 77
Informazioni messe a disposizione dei cittadini
Gli Stati membri, al fine di rendere le informazioni disponibili al pubblico nell’ambito della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, forniscono alla Commissione una breve sintesi della loro legislazione e delle loro procedure nazionali in materia di successioni, comprese le informazioni relative al tipo di autorità competente in materia di successioni e al tipo di autorità competente a ricevere dichiarazioni di accettazione dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima ovvero di rinuncia ad essi.
Gli Stati membri forniscono altresì schede informative che indichino tutti i documenti o le informazioni abitualmente richiesti ai fini della registrazione dei beni immobili situati nel loro territorio.
Gli Stati membri tengono costantemente aggiornate tali informazioni.
Articolo 78
Informazioni concernenti gli estremi e le procedure
1. Entro 16 gennaio 2014 gli Stati membri comunicano alla Commissione:
a) |
i nomi e gli estremi delle autorità giurisdizionali o delle autorità competenti a trattare le domande intese a ottenere la dichiarazione di esecutività ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, e i ricorsi avverso le decisioni su tali domande ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2; |
b) |
i mezzi di impugnazione di cui all’articolo 51; |
c) |
le informazioni pertinenti relative alle autorità competenti a rilasciare il certificato ai sensi dell’articolo 64; e |
d) |
le procedure di ricorso di cui all’articolo 72. |
Gli Stati membri comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali informazioni.
2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea le informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1, a eccezione degli indirizzi e altri estremi degli organi giurisdizionali e delle autorità di cui al paragrafo 1, lettera a).
3. La Commissione mette tutte le informazioni comunicate conformemente al paragrafo 1 a disposizione dei cittadini con qualsiasi altro mezzo appropriato, in particolare tramite la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Articolo 79
Elaborazione e successiva modifica dell’elenco contenente le informazioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2
1. La Commissione, sulla base delle notifiche degli Stati membri, elabora l’elenco delle altre autorità e dei professionisti legali di cui all’articolo 3, paragrafo 2.
2. Gli Stati membri notificano alla Commissione le eventuali successive modifiche delle informazioni contenute in tale elenco. La Commissione modifica conseguentemente l’elenco.
3. La Commissione pubblica l’elenco e le eventuali successive modifiche nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
4. La Commissione mette tutte le informazioni comunicate conformemente ai paragrafi 1 e 2 a disposizione dei cittadini con qualsiasi altro mezzo appropriato, in particolare tramite la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Articolo 80
Elaborazione e successiva modifica degli attestati e dei moduli di cui agli articoli 46, 59, 60, 61, 65 e 67
La Commissione adotta atti di esecuzione relativi all’elaborazione e alla successiva modifica degli attestati e dei moduli di cui agli articoli 46, 59, 60, 61, 65 e 67. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.
Articolo 81
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 82
Riesame
Entro 18 agosto 2025, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’applicazione del presente regolamento comprendente una valutazione degli eventuali problemi pratici incontrati in relazione a transazioni stragiudiziali in materia di successioni intervenute parallelamente in diversi Stati membri o a una transazione stragiudiziale intervenuta in uno Stato membro parallelamente a una transazione dinanzi a un giudice di un altro Stato membro. La relazione è corredata, se del caso, di proposte di modifica.
Articolo 83
Disposizioni transitorie
1. Il presente regolamento si applica alle successioni delle persone decedute alla data o dopo 17 agosto 2015.
2. Se il defunto aveva scelto la legge applicabile alla sua successione anteriormente a 17 agosto 2015, tale scelta è valida se soddisfa le condizioni di cui al capo III o se è valida in applicazione delle norme di diritto internazionale privato vigenti al momento della scelta nello Stato in cui il defunto aveva la residenza abituale o in uno qualsiasi degli Stati di cui possedeva la cittadinanza.
3. Una disposizione a causa di morte fatta anteriormente a 17 agosto 2015 è ammissibile e ha validità sostanziale e formale se soddisfa le condizioni di cui al capo III o se è ammissibile e valida in termini sostanziali e formali in applicazione delle norme di diritto internazionale privato vigenti al momento dell’effettuazione della disposizione nello Stato in cui il defunto aveva la residenza abituale, in uno qualsiasi degli Stati di cui possedeva la cittadinanza o nello Stato membro dell’autorità che si occupa della successione.
4. Se una disposizione a causa di morte è stata fatta anteriormente a 17 agosto 2015 in conformità alla legge che il defunto avrebbe potuto scegliere a norma del presente regolamento, si ritiene che tale legge sia stata scelta come legge applicabile alla successione.
Articolo 84
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere da 17 agosto 2015, tranne gli articoli 77 e 78, che si applicano a decorrere da 16 gennaio 2014, e gli articoli 79, 80 e 81, che si applicano a decorrere da 5 luglio 2012.
L’art. 1455 del codice civile dispone che «il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra». Tale norma fornisce un presupposto che il giudice deve accertare affinché possa accogliere una domanda di risoluzione, ossia che l’inadempimento sia grave.
Il carattere generale e indeterminato della formula implica la necessità di individuare indici o parametri valutativi che ne consentano un’applicazione puntuale, al fine di evitare che l’utilizzo della clausola si trasformi in un giudizio equitativo.
La dottrina maggioritaria e la giurisprudenza di legittimità hanno rinvenuto in tale disposizione la funzione di elemento impeditivo di domande di risoluzione pretestuose. Infatti, avendo il rimedio risolutorio una portata devastante per il contratto, facendone venire meno gli effetti per le parti, deve essere un ultimum subsidium che può operare soltanto a fronte di un rilevante difetto funzionale del sinallagma.
La regola è che la valutazione del requisito dell’importanza dell’inadempimento sia rimessa al giudice e, poiché la norma si caratterizza per essere aperta ed elastica, la sua reale portata dipenderà certamente dall’interpretazione che lo stesso farà degli elementi che la costituiscono.
L’applicazione dell’art. 1455 c.c. incontra, tuttavia, un duplice limite. Il primo è posto dalle regole legali sull’importanza dell’inadempimento che connotano la disciplina di alcuni contratti tipici, fornendo al giudice dei criteri più rigidi e determinati, rispetto a quelli forniti dall’art. 1455 c.c. Il secondo limite è costituito dal carattere derogabile di tale disposizione, in quanto le parti possono arbitrariamente precludere al giudice la valutazione sull’importanza dell’inadempimento, che le stesse hanno compiuto ex ante, mediante taluni istituti predisposti a tal fine, quali una clausola risolutiva espressa o un termine essenziale. Questi strumenti sono stati forniti dal legislatore affinché le parti possano sciogliersi più velocemente dal vincolo contrattuale e servono ad evitare qualsiasi discussione sull’importanza o meno dell’inadempimento verificatosi.
L’art 1456 c.c. sulla clausola risolutiva espressa prevede che i contraenti possano specificare determinate obbligazioni il cui inadempimento porta alla risoluzione di diritto del contratto, mediante la semplice dichiarazione della parte a favore della quale la clausola è predisposta di volersene avvalere. La ratio della pattuizione di una clausola risolutiva espressa è quella di dare rilevanza a quei motivi specifici ed individuali che hanno indotto una parte a stipulare il contratto, facendo coincidere l’eventuale lesione degli stessi con un inadempimento di non scarsa importanza. Da tale norma è derivato l’affermarsi, nella dottrina maggioritaria e nella giurisprudenza di legittimità, del dogma dell’inapplicabilità dell’art. 1455 c.c., ossia l’impossibilità per il giudice di procedere ad una valutazione sull’importanza dell’inadempimento. nel caso in cui il contratto presenti una clausola risolutiva espressa.
Tuttavia, la Cassazione, nella sentenza 23868/2015, ha statuito un principio del tutto nuovo e mai enunciato prima di quel momento. La stessa è arrivata ad escludere la risoluzione di diritto del contratto sulla base dell’insussistenza dell’inadempimento, laddove la condotta della parte, pur realizzando materialmente il fatto contemplato nella clausola risolutiva espressa, sia conforme al principio della buona fede. La Corte di Cassazione, pur non discostandosi dall’orientamento, ritenuto pacifico e condivisibile, secondo cui l’apposizione di una clausola risolutiva espressa escluderebbe la possibilità del giudizio ex art. 1455 c.c., afferma che le parti siano tenute ad un comportamento secondo buona fede, ai sensi dell’art. 1375 c.c., ed al divieto di abuso del diritto. Nonostante da un punto di vista oggettivo sia realizzato il fatto materiale previsto nella clausola risolutiva espressa, la scarsa rilevanza dello stesso dovuta al comportamento dell’inadempiente conforme a buona fede comporta che non possa considerarsi alla stregua di un inadempimento tale da incidere sull’assetto contrattuale stabilito dai contraenti o da arrecare un pregiudizio all’interesse del creditore.
La pronuncia ha peculiare rilevanza sistemica perché offre una soluzione alla questione dell’esercizio strumentale della clausola risolutiva espressa, quando mancanze di lieve entità vengano impiegate come pretesto per sciogliersi da un contratto ritenuto non più conveniente.
Potrebbero muoversi una serie di riserve alla decisione della Corte. In primo luogo, vi è il rischio che un sindacato secondo buona fede comporti una delibazione giudiziale ben più penetrante rispetto a quella ex art. 1455 c.c., essa stessa esclusa in linea di principio in presenza di una clausola risolutiva espressa oltre ad incidere sulla coerenza e calcolabilità del diritto. Inoltre, la Cassazione supera sia l’autonomia delle parti, che prevedendo una clausola risolutiva espressa hanno deciso di elidere il vincolo contrattuale al verificarsi della fattispecie di inadempimento prevista nella clausola a prescindere da qualsiasi valutazione da parte del giudice, sia e soprattutto il dato normativo, richiedendo un ulteriore elemento costitutivo di fattispecie (l’inadempimento deve essere difforme dalla buona fede). Infine, sarebbero posti alla clausola risolutiva espressa limiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla norma codicistica che tipizza l’istituto; un limite quale la buona fede, oltre i problemi di variabilità contenutistica, comporterebbe l’invalidità o la parziale inefficacia della clausola risolutiva espressa o dell’atto mediante cui il contraente adempiente si sia avvalso della clausola risolutiva espressa.
In realtà, qualora si consideri il contratto quale veste giuridica di un programma economico, la buona fede può essere uno strumento di correzione di quelle disfunzioni connesse ad un utilizzo unilaterale e distorto dell’autonomia privata e contrattuale. Per tale motivo, un sindacato secondo buona fede, attraverso il mezzo della valutazione giudiziale sull’importanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., eviterebbe un abuso del diritto da parte del contraente più scaltro ed un utilizzo solo formale della clausola risolutiva espressa, ossia che abbia a oggetto inadempimenti di lieve entità.
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 2015, n. 192 il testo del decreto legge n. 83/2015 (coordinato con la legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132) recante: «Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria».
Art. 12
Modifiche al codice civile 1. Al codice civile, dopo l'articolo 2929 e' inserita la seguente Sezione: Sezione I-bis Dell'espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilita' o di alienazioni a titolo gratuito «Art. 2929-bis (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilita' o di alienazioni a titolo gratuito). - Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilita' o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, puo' procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorche' non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto e' stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa. Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario. Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all'esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonche' la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore.».
Art. 13 Modifiche al codice di procedura civile 1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 480, secondo comma, e' aggiunto, in fine il seguente periodo: «Il precetto deve altresi' contenere l'avvertimento che il debitore puo', con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.»; b) all'articolo 490, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il primo comma e' sostituito dal seguente: «Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un'area pubblica denominata "portale delle vendite pubbliche".»; 2) il terzo comma e' sostituito dal seguente: «Su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo il giudice puo' disporre inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte una o piu' volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali o che sia divulgato con le forme della pubblicita' commerciale. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso e' omessa l'indicazione del debitore.»; c) all'articolo 495, il quarto comma e' sostituito dal seguente: «Quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza puo' disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di trentasei mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell'articolo 510, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.»; d) all'articolo 497, primo comma, la parola «novanta» e' sostituita dalla seguente: «quarantacinque»; e) all'articolo 530: 1) al settimo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il giudice dispone che sia sempre effettuata la pubblicita' prevista dall'articolo 490, primo comma, nel rispetto del termine di cui al periodo precedente.»; 2) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «Fuori dell'ipotesi prevista dal secondo comma dell'articolo 525, il giudice dell'esecuzione puo' disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 569, terzo comma, terzo periodo, 574, primo comma, secondo periodo, e 587, primo comma, secondo periodo.»; f) all'articolo 532: 1) al primo comma, le parole: "puo' disporre" sono sostituite dalla parola: "dispone", e dopo le parole: "di competenza" sono inserite le seguenti: "iscritto nell'elenco di cui all'articolo 169-sexies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice"; 2) al secondo comma, sono inseriti, in fine, i seguenti periodi: "Il giudice fissa altresi' il numero complessivo, non inferiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalita' di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice."; g) l'articolo 533, secondo comma, e' sostituito dal seguente: «Qualora la vendita non avvenga nel termine fissato a norma dell'articolo 532, secondo comma, il commissionario restituisce gli atti in cancelleria e fornisce prova dell'attivita' specificamente svolta in relazione alla tipologia del bene per reperire potenziali acquirenti, oltre alla pubblicita' disposta dal giudice.»; h) all'articolo 534-bis le parole: "puo', sentiti gli interessati, delegare" sono sostituite dalla parola: "delega"; i) all'articolo 534-ter, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo comma, primo periodo, la parola: "puo'" e' sostituita dalle seguenti: "o il commissionario possono"; 2) al primo comma, secondo periodo, dopo le parole: "del professionista" sono inserite le seguenti: "o del commissionario"; 3) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Contro il provvedimento del giudice e' ammesso il reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies."; l) all'articolo 545 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennita' che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della meta'. La parte eccedente tale ammontare e' pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonche' dalle speciali disposizioni di legge. Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione, di indennita' che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonche' dalle speciali disposizioni di legge. Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge e' parzialmente inefficace. L'inefficacia e' rilevata dal giudice anche d'ufficio.»; m) all'articolo 546, primo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione, di indennita' che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell'assegno sociale; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall'articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.»; n) all'articolo 567: 1) al secondo comma, la parola «centoventi» e' sostituita dalla seguente: «sessanta»; 2) al terzo comma, la parola «centoventi», ovunque ricorra, e' sostituita dalla seguente: «sessanta»; o) l'articolo 568 e' sostituito dal seguente: «Art. 568 (Determinazione del valore dell'immobile). - Agli effetti dell'espropriazione il valore dell'immobile e' determinato dal giudice avuto riguardo al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto nominato ai sensi dell'articolo 569, primo comma. Nella determinazione del valore di mercato l'esperto procede al calcolo della superficie dell'immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l'assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d'uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonche' per le eventuali spese condominiali insolute.»; p) all'articolo 569: 1) al primo comma, la parola: "trenta" e' sostituita dalla seguente: "quindici", e le parole da: "convocandolo" sino a: "il giuramento" sono sostituite dalle seguenti: "che presta giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione", e la parola: "centoventi" e' sostituita dalla seguente: "novanta"; 2) il terzo comma e' sostituito dal seguente: "Nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza la vendita forzata, fissa un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalita' con cui deve essere prestata la cauzione, se la vendita e' fatta in uno o piu' lotti, il prezzo base determinato a norma dell'articolo 568, il termine, non superiore a centoventi giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo dev'essere depositato, con le modalita' del deposito e fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Quando ricorrono giustificati motivi, il giudice dell'esecuzione puo' disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi. Il giudice provvede ai sensi dell'articolo 576 solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalita' possa aver luogo ad un prezzo superiore della meta' rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568.»; q) all'articolo 571, secondo comma, le parole da: "al prezzo determinato" alle parole: "articolo 568" sono sostituite dalle seguenti: "di oltre un quarto al prezzo stabilito nell'ordinanza"; r) all'articolo 572 il secondo e il terzo comma sono sostituiti dai seguenti: "Se l'offerta e' pari o superiore al valore dell'immobile stabilito nell'ordinanza di vendita, la stessa e' senz'altro accolta. Se il prezzo offerto e' inferiore rispetto al prezzo stabilito nell'ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, il giudice puo' far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilita' di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell'articolo 588."; s) all'articolo 573: 1) al primo comma, dopo la parola: "invita" sono inserite le seguenti: "in ogni caso"; 2) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Se la gara non puo' avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti, il giudice, quando ritiene che non vi sia seria possibilita' di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, dispone la vendita a favore del migliore offerente oppure, nel caso di piu' offerte dello stesso valore, dispone la vendita a favore di colui che ha presentato l'offerta per primo."; 3) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: "Ai fini dell'individuazione della migliore offerta, il giudice tiene conto dell'entita' del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonche' di ogni altro elemento utile indicato nell'offerta stessa."; t) all'articolo 574, primo comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Quando l'ordinanza che ha disposto la vendita ha previsto che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente, col decreto di cui al primo periodo il giudice dell'esecuzione puo' autorizzare l'aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell'immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, societa' assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attivita' di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una societa' di revisione per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita. Il giudice dell'esecuzione individua la categoria professionale alla quale deve appartenere il soggetto che puo' rilasciare la fideiussione a norma del periodo precedente. La fideiussione e' rilasciata a favore della procedura esecutiva a garanzia del rilascio dell'immobile entro trenta giorni dall'adozione del provvedimento di cui all'articolo 587, primo comma, secondo periodo, nonche' del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all'immobile; la fideiussione e' escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice.»; u) all'articolo 587, primo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La disposizione di cui al periodo precedente si applica altresi' nei confronti dell'aggiudicatario che non ha versato anche una sola rata entro dieci giorni dalla scadenza del termine; il giudice dell'esecuzione dispone la perdita a titolo di multa anche delle rate gia' versate. Con il decreto adottato a norma del periodo precedente, il giudice ordina altresi' all'aggiudicatario che sia stato immesso nel possesso di rilasciare l'immobile al custode; il decreto costituisce titolo esecutivo per il rilascio."; v) all'articolo 588, primo comma, le parole: "dell'incanto" sono sostituite dalle seguenti: "dell'udienza fissata per la vendita" e sono soppresse le parole: "all'incanto" e "per mancanza di offerte"; z) all'articolo 589, primo comma, le parole: "determinato a norma dell'articolo 568" sono sostituite dalle seguenti: "base stabilito per l'esperimento di vendita per cui e' presentata."; aa) all'articolo 590, primo comma, le parole "all'incanto" sono soppresse"; bb) all'articolo 591: 1) alla rubrica la parola "nuovo" e' soppressa; 2) al primo comma, la parola "nuovo" e' soppressa e dopo la parola "incanto" sono aggiunte le seguenti: ", sempre che ritenga che la vendita con tale modalita' possa aver luogo ad un prezzo superiore della meta' rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568"; 3) secondo comma, le parole da "di un quarto" sino a "precedente" sono sostituite dalle seguenti: "al precedente fino al limite di un quarto"; 4) il terzo comma e' sostituito dal seguente: "Se al secondo tentativo la vendita non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione, il giudice assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio. Si applica il secondo comma dell'articolo 590."; cc) all'articolo 591-bis: 1) al primo comma, dopo le parole: "il giudice dell'esecuzione," sono inserite le seguenti: "salvo quanto previsto al secondo comma," le parole: "puo', sentiti gli interessati, delegare" sono sostituite dalla seguente: "delega"; 2) dopo il primo comma e' inserito il seguente: "Il giudice non dispone la delega ove, sentiti i creditori, ravvisi l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti."; 3) al secondo comma, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al punto 1) la parola: "terzo" e' sostituita dalla seguente: "primo"; b) al punto 7, dopo le parole: "articolo 590" sono inserite le seguenti: "e 591, terzo comma"; 4) e', in fine, aggiunto, il seguente comma: "Il giudice dell'esecuzione, sentito l'interessato, dispone la revoca della delega delle operazioni di vendita se non vengono rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni, salvo che il professionista delegato dimostri che il mancato rispetto dei termini o delle direttive sia dipeso da causa a lui non imputabile."; dd) all'articolo 615, primo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Se il diritto della parte istante e' contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata."; ee) dopo l'articolo 631 e' inserito il seguente: «Art. 631-bis (Omessa pubblicita' sul portale delle vendite pubbliche) - Se la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche non e' effettuata nel termine stabilito dal giudice, il giudice dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 630, secondo e terzo comma. La disposizione di cui al presente articolo non si applica quando la pubblicita' sul portale non e' stata effettuata perche' i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti, a condizione che tale circostanza sia attestata a norma dell'articolo 161-quater delle disposizione per l'attuazione del presente codice.»; ff) all'articolo 492-bis: 1) al primo comma: a) la parola "procedente" e' soppressa; b) sono aggiunti in fine i seguenti periodi: "L'istanza non puo' essere proposta prima che sia decorso il termine di cui all'articolo 482. Se vi e' pericolo nel ritardo, il presidente del tribunale autorizza la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notificazione del precetto". 2) al secondo comma sono aggiunti in fine, i seguenti periodi: "L'ufficiale giudiziario procede a pignoramento munito del titolo esecutivo e del precetto, anche acquisendone copia dal fascicolo informatico. Nel caso di cui al primo comma, quarto periodo il precetto e' consegnato o trasmesso all'ufficiale giudiziario prima che si proceda al pignoramento.". 2. Per gli interventi informatici connessi alla realizzazione del portale delle vendite pubbliche di cui al comma 1, e' autorizzata la spesa di euro 900.000,00 per l'anno 2015 e, in relazione agli interventi di manutenzione e di funzionamento, e di euro 200.000,00 annui a decorrere dall'anno 2016.
Art. 14 Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie e ad altre disposizioni 1. Alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 155-quinquies: 1) la parola "procedente" e' soppressa; 2) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «La disposizione di cui al primo comma si applica, limitatamente alle banche dati previste dall'articolo 492-bis del codice, anche sino all'adozione di un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, che attesta la piena funzionalita' delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l'accesso alle medesime banche dati. Il decreto di cui al periodo precedente e' adottato entro tre mesi dall'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 155-quater. La disposizione di cui al presente comma perde efficacia se il decreto dirigenziale non e' adottato entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.»; b) all'articolo 161-ter, al secondo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se occorre, le medesime regole tecnico-operative sono integrate al fine di assicurare un agevole collegamento tra il portale delle vendite pubbliche e i portali dei gestori delle vendite telematiche.»; c) dopo l'articolo 161-ter, e' inserito il seguente: «161-quater (Modalita' di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche) - La pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche e' effettuata a cura del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, del creditore procedente ed in conformita' alle specifiche tecniche, che possono determinare anche i dati e i documenti da inserire. Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sono rese disponibili mediante pubblicazione nel portale delle vendite pubbliche. Quando la pubblicita' riguarda beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non puo' essere effettuata in mancanza della prova dell'avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione, previsto dall'articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. Il portale delle vendite pubbliche deve inviare all'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata, ad ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si e' registrato mediante un'apposita procedura disciplinata dalle specifiche tecniche di cui al primo comma, un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui e' stata effettuata la pubblicita'. Il portale delle vendite pubbliche provvede all'archiviazione e alla gestione dei dati relativi alle vendite in esso pubblicate. Il mancato funzionamento dei sistemi informatici e' attestato dal responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.»; d) dopo l'articolo 169-quinquies, e' inserito il seguente: "169-sexies. (Elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei mobili pignorati). - Presso ogni tribunale e' istituito un elenco dei soggetti specializzati di cui all'articolo 532 del codice per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati. Alle domande e' allegata la documentazione comprovante le competenze maturate, anche relativamente a specifiche categorie di beni. L'elenco e' formato dal presidente del tribunale, che provvede sentito il procuratore della Repubblica. Si applicano gli articoli 13 e seguenti in quanto compatibili."; e) all'articolo 173-bis, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo comma, dopo il numero 6), sono inseriti i seguenti: "7) in caso di opere abusive, il controllo della possibilita' di sanatoria ai sensi dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull'eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l'istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni gia' corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l'aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 40, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall'articolo 46, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria; 8) la verifica che i beni pignorati siano gravati da censo, livello o uso civico e se vi sia stata affrancazione da tali pesi, ovvero che il diritto sul bene del debitore pignorato sia di proprieta' ovvero derivante da alcuno dei suddetti titoli; 9) l'informazione sull'importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie gia' deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato."; 2) al terzo comma, la parola: "quarantacinque" e' sostituita dalla seguente: "trenta"; f) l'articolo 173-quinquies, primo comma, e' sostituito dal seguente: "Il giudice, con l'ordinanza di vendita di cui all'articolo 569, terzo comma, del codice, puo' disporre che la presentazione dell'offerta d'acquisto e la prestazione della cauzione ai sensi degli articoli 571, 579, 580 e 584 del medesimo codice possano avvenire con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale. E' consentita la prestazione della cauzione anche mediante fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, societa' assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attivita' di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una societa' di revisione. Il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza di vendita, individua la categoria professionale alla quale deve appartenere il soggetto che puo' rilasciare la fideiussione a norma del periodo precedente. La fideiussione e' rilasciata in favore della procedura esecutiva ed e' escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice. In ogni caso, e' stabilito che l'offerente comunichi, a mezzo posta elettronica certificata, la dichiarazione contenente le indicazioni prescritte dall'articolo 571.". 2. Al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo l'articolo 16-octies e' inserito il seguente: «Art. 16-novies (Modalita' informatiche per le domande di iscrizione e per la tenuta dell'albo dei consulenti tecnici, dell'albo dei periti presso il tribunale, dell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati e dell'elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita) - 1. Le domande di iscrizione all'albo dei consulenti tecnici di cui agli articoli 13 e seguenti delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, all'elenco dei soggetti specializzati previsto dall'articolo 169-sexies delle medesime disposizioni e all'albo dei periti presso il tribunale, di cui agli articoli 67 e seguenti delle norme di attuazione del codice di procedura penale, sono inserite, a cura di coloro che le propongono, con modalita' esclusivamente telematiche in conformita' alle specifiche tecniche di cui al comma 5. Con le medesime modalita' sono inseriti i documenti allegati alle domande. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle domande e ai relativi documenti per l'iscrizione negli elenchi dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita di cui all'articolo 169-ter e all'articolo 179-ter, secondo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile. 3. Quando, per l'iscrizione negli albi e negli elenchi di cui al presente articolo, la legge prevede il pagamento di bolli, diritti o altre somme a qualsiasi titolo, il versamento e' effettuato esclusivamente con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nel circuito bancario o postale, a norma dell'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. I versamenti di cui al presente comma hanno luogo nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente i pagamenti telematici nel processo civile. 4. Gli albi e gli elenchi di cui ai commi 1 e 2 sono formati a norma delle disposizioni legislative che li regolano e tenuti, a cura del presidente del tribunale, con modalita' esclusivamente informatiche in conformita' alle specifiche tecniche di cui al comma 5. L'accesso ai dati contenuti negli albi e negli elenchi e' consentito ai magistrati e al personale delle cancellerie e delle segreterie di tutti gli uffici giudiziari della giustizia ordinaria. Salvo quanto previsto dall'articolo 179-quater, terzo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, la disposizione di cui al periodo precedente si applica anche agli elenchi previsti dagli articoli 169-ter e 179-ter delle medesime disposizioni. 5. La presentazione delle domande e la tenuta degli albi ed elenchi di cui al presente articolo sono effettuate in conformita' alle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, nel rispetto della disciplina prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. Le specifiche tecniche sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sul sito internet del Ministero della giustizia. 6. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia decorsi trenta giorni dalla pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia delle specifiche tecniche previste dal comma 5. 7. I soggetti di cui ai commi 1 e 2, che alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni del presente articolo sono gia' iscritti negli albi ed elenchi previsti dai medesimi commi, inseriscono i propri dati, con modalita' telematiche e in conformita' alle specifiche tecniche di cui al comma 5, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia delle medesime specifiche tecniche. A decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al periodo precedente, gli albi ed elenchi gia' formati sono sostituiti ad ogni effetto dagli albi ed elenchi previsti dal presente articolo.». 3. Al decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, all'articolo 122, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il quarto comma e' sostituito dal seguente: «In caso di estinzione del processo esecutivo il compenso e' posto a carico del creditore procedente ed e' liquidato dal giudice dell'esecuzione nella medesima misura di cui al terzo comma, calcolata sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se minore, sul valore del credito per cui si procede. In caso di chiusura anticipata del processo a norma dell'articolo 164-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile o a norma dell'articolo 530, quarto comma, del codice di procedura civile, il compenso previsto dal secondo comma non e' dovuto. Negli altri casi di chiusura anticipata del processo esecutivo si applica la disposizione di cui al primo periodo. Il giudice provvede con decreto che costituisce titolo esecutivo.»; b) al quinto comma dopo le parole: «per cui si procede» sono aggiunte le seguenti: «e comunque non puo' eccedere l'importo di euro 3.000,00»; c) al sesto comma, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «La residua quota del quaranta per cento e' distribuita dall'ufficiale giudiziario coordinatore l'ufficio, in parti uguali, tra tutti gli ufficiali giudiziari e funzionari appartenenti all'ufficio notificazioni, esecuzioni e protesti.». 4. Per l'istituzione dell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati, di cui al comma 1, lett. d), e' autorizzata la spesa di euro 150.000 per l'anno 2015.
Art. 15 Portale delle vendite pubbliche 1. Dopo l'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e' inserito il seguente: «Art. 18-bis (Pubblicita' sul portale delle vendite pubbliche) - 1. Per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche di ciascun atto esecutivo per il quale la legge dispone che sia data pubblica notizia e che riguarda beni immobili o mobili registrati, e' dovuto un contributo per la pubblicazione dell'importo di euro 100 a carico del creditore procedente. Quando la vendita e' disposta in piu' lotti, il contributo per la pubblicazione e' dovuto per ciascuno di essi. Il pagamento deve essere effettuato con le modalita' previste dall'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, con imputazione ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Quando la parte e' stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il contributo per la pubblicazione e' prenotato a debito, a norma e per gli effetti delle disposizioni del presente decreto. Per la pubblicazione relativa a beni diversi da quelli di cui al periodo precedente, il contributo per la pubblicazione non e' dovuto. 2. Con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'importo del contributo per la pubblicazione e' adeguato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. 3. Le entrate derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, affluite all'apposito capitolo di cui al medesimo comma, sono riassegnate allo stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, per il funzionamento degli uffici giudiziari nonche' per l'implementazione e lo sviluppo dei sistemi informatizzati. 4. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».
Legge 28 marzo 2001, n. 149
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001
TITOLO I
Art. 1.
1. Il titolo della legge 4 maggio 1983, n. 184, di seguito denominata «legge n. 184», è sostituito dal seguente: «Diritto del minore ad una famiglia».
2. La rubrica del Titolo I della legge n. 184 è sostituita dalla seguente: «Princìpi generali».
3. L’articolo 1 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. – 1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.
2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.
3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e l’adozione e di sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma.
4. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’eduzione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge.
5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i princìpi fondamentali dell’ordinamento».
TITOLO II
AFFIDAMENTO DEL MINORE
Art. 2.
1. All’articolo 2 della legge n. 184 sono premesse le seguenti parole: «Titolo I-bis. Dell’affidamento del minore».
2. L’articolo 2 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 2. – 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
2. Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l’inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.
3. In caso di necessità e urgenza l’affidamento può essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui all’articolo 1, commi 2 e 3.
4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.
5. Le regioni, nell’ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell’assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi».
Art. 3.
1. L’articolo 3 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 3. – 1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l’esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito.
2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall’accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico.
3. Nel caso in cui i genitori riprendano l’esercizio della potestà, le comunità di tipo familiare e gli istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio».
Art. 4.
1. L’articolo 4 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 4. – 1. L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
2. Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.
5. L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato».
Art. 5.
1. L’articolo 5 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 5. – 1. L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 316 del codice civile. In ogni caso l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L’affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.
2. Il servizio sociale, nell’ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell’opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.
3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato».
4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria».
TITOLO III
DELL’ADOZIONE
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 6.
1. L’articolo 6 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 6. – 1. L’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.
2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.
3. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando.
4. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.
5. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
6. Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato.
7. Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni anche con atti successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell’adozione l’avere già adottato un fratello dell’adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all’adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate».
8. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati».
Art. 7.
1. L’articolo 7 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 7. – 1. L’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.
2. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche quando il minore compia l’età predetta nel corso del procedimento. Il consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell’adozione.
3. Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha un’età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento».
Capo II
Art. 8.
1. L’articolo 8 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 8. – 1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purchè la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.
3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.
4. Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10».
Art. 9.
1. L’articolo 9 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 9. – 1. Chiunque ha facoltà di segnalare all’autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l’elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l’indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare l’adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.
3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.
4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.
5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L’omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell’articolo 330 del codice civile e l’apertura della procedura di adottabilità».
Art. 10.
1. L’articolo 10 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 10. – 1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato, ricevuto il ricorso di cui all’articolo 9, comma 2, provvede all’immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente, all’occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull’ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.
2. All’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.
3. Il tribunale può disporre in ogni momento e fino all’affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell’interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la sospensione dell’esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.
4. In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3 possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.
5. Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale provvede in camera di consiglio con l’intervento del pubblico ministero, sentite tutte le parti interessate ed assunta ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile».
Art. 11.
1. All’articolo 11, primo comma, della legge n. 184, dopo le parole: «parenti entro il quarto grado» sono inserite le seguenti: «che abbiano rapporti significativi con il minore».
Art. 12.
1. All’articolo 12, quinto comma, della legge n. 184, le parole «ai sensi del secondo comma dell’articolo 10» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi del comma 3 dell’articolo 10».
Art. 13.
1. L’articolo 14 della legge n.184 è sostituito dal seguente:
«Art. 14. – 1. Il tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell’interesse del minore. In tal caso la sospensione è disposta con ordinanza motivata per un periodo non superiore a un anno.
2. La sospensione è comunicata ai servizi sociali locali competenti perché adottino le iniziative opportune».
Art. 14.
1. L’articolo 15 della legge n.184 è sostituito dal seguente:
«Art. 15. – 1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all’articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:
a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;
b) l’audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;
c) le prescrizioni impartite ai sensi dell’articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.
2. La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell’istituto di assistenza pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.
3. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, al tutore, nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all’articolo 17».
Art. 15.
1. L’articolo 16 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 16. – 1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.
2. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, nonché al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell’interesse del minore.
3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».
Art. 16.
1. L’articolo 17 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 17. – 1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d’appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La Corte, sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d’ufficio al pubblico ministero e alle altre parti.
2. Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell’articolo 360 del codice di procedura civile. Si applica altresì il secondo comma dello stesso articolo.
3. L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi».
Art. 17.
1. L’articolo 18 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 18. – 1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di adottabilità è trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria del tribunale stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno successivo a quello della comunicazione che la sentenza di adottabilità è divenuta definitiva. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell’impugnazione deve inviare immediatamente apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i minorenni».
Art. 18.
1. L’articolo 21 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 21. – 1. Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca, nell’interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni di cui all’articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui al comma 2 dell’articolo 15.
2. La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.
3. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
4. Nel caso in cui sia in atto l’affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato».
Capo III
DELL’AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
Art. 19.
1. L’articolo 22 della legge n.184 è sostituito dal seguente:
«Art. 22. – 1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l’eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. È ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purchè in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d’ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.
2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.
3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all’articolo 6, dispone l’esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all’adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di centoventi giorni.
5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.
6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l’affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’affidamento alla coppia prescelta.
7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere disposto l’affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L’ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all’articolo 18.
8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell’affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all’origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale».
Art. 20.
1. L’articolo 23 della legge n.184 è sostituito dal seguente:
«Art. 23. – 1. L’affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all’articolo 22, comma 8, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato. Debbono essere sentiti, oltre al pubblico ministero ed al presentatore dell’istanza di revoca, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.
2. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore dell’istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che dispone la revoca dell’affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui all’articolo 18.
3. In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».
Capo IV
DELLA DICHIARAZIONE DI ADOZIONE
Art. 21.
1. L’articolo 25 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 25. – 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull’adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all’adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’adozione nei confronti della coppia prescelta.
2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni quattordici, debbono essere sentiti.
3. Nell’interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di un anno, d’ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con ordinanza motivata.
4. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo, l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell’altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte.
5. Se nel corso dell’affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari, l’adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell’esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.
6. La sentenza che decide sull’adozione è comunicata al pubblico ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.
7. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l’affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».
Art. 22.
1. L’articolo 26 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 26. – 1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare luogo all’adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può essere proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della Corte d’appello da parte del pubblico ministero, dagli adottanti e dal tutore del minore. La Corte d’appello, sentite le parti ed esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La sentenza è notificata d’ufficio alle parti per esteso.
2. Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della stessa, solo per i motivi di cui al primo comma, numero 3, dell’articolo 360 del codice di procedura civile.
3. L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso per Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.
4. La sentenza che pronuncia l’adozione, divenuta definitiva, è immediatamente trascritta nel registro di cui all’articolo 18 e comunicata all’ufficiale dello stato civile che la annota a margine dell’atto di nascita dell’adottato. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell’impugnazione deve immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza al cancelliere del tribunale per i minorenni.
5. Gli effetti dell’adozione si producono dal momento della definitività della sentenza».
Art. 23.
1. All’articolo 27, secondo comma, della legge n. 184, le parole «ai sensi dell’articolo 25, quinto comma» sono sostituite dalle seguenti «ai sensi dell’articolo 25, comma 5».
Art. 24.
1. L’articolo 28 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 28. – 1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.
2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e dell’annotazione di cui all’articolo 26, comma 4.
3. L’ufficiale di stato civile, l’ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria. Non è necessaria l’autorizzazione qualora la richiesta provenga dall’ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano impedimenti matrimoniali.
4. Le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l’informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore.
5. L’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L’istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.
6. Il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste.
7. L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.
8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l’autorizzazione non è richiesta per l’adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili».
TITOLO IV
Capo I
Art. 25.
1. L’articolo 44 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 44. – 1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
soppressa
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
2. L’adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi.
3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l’adottante è persona coniugata e non separata, l’adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.
4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare».
Art. 26.
1. L’articolo 45 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 45. – 1. Nel procedimento di adozione nei casi previsti dall’articolo 44 si richiede il consenso dell’adottante e dell’adottando che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età.
2. Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento.
3. In ogni caso, se l’adottando non ha compiuto gli anni quattordici, l’adozione deve essere disposta dopo che sia stato sentito il suo legale rappresentante.
4. Quando l’adozione deve essere disposta nel caso previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera c), deve essere sentito il legale rappresentante dell’adottando in luogo di questi, se lo stesso non può esserlo o non può prestare il proprio consenso ai sensi del presente articolo a causa delle sue condizioni di minorazione».
Art. 27.
1. L’articolo 47 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 47. – 1. L’adozione produce i suoi effetti dalla data della sentenza che la pronuncia. Finché la sentenza non è emanata, tanto l’adottante quanto l’adottando possono revocare il loro consenso.
2. Se uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione della sentenza, si può procedere, su istanza dell’altro coniuge, al compimento degli atti necessari per l’adozione.
3. Se l’adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell’adottante».
Art. 28.
1. L’articolo 49 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 49. – 1. L’adottante deve fare l’inventario dei beni dell’adottato e trasmetterlo al giudice tutelare entro trenta giorni dalla data della comunicazione della sentenza di adozione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del capo I del titolo X del libro primo del codice civile.
2. L’adottante che omette di fare l’inventario nel termine stabilito o fa un inventario infedele può essere privato dell’amministrazione dei beni dal giudice tutelare, salvo l’obbligo del risarcimento dei danni».
Capo II
Art. 29.
1. La lettera a) del terzo comma dell’articolo 57 della legge n. 184 è sostituita dalla seguente:
«a) l’idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottanti;».
TITOLO V
Art. 30.
1. L’articolo 313 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 313. - (Provvedimento del tribunale) – Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con sentenza decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.
L’adottante, il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono proporre impugnazione avanti la Corte d’appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero».
Art. 31.
1. L’articolo 314 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 314. - (Pubblicità) – La sentenza definitiva che pronuncia l’adozione è trascritta a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell’impugnazione, su apposito registro e comunicata all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato.
Con la procedura di cui al primo comma deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato.
L’autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza che pronuncia l’adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni».
TITOLO VI
Art. 32.
1. All’articolo 35, comma 4, della legge n. 184, le parole: «può essere sentito ove sia opportuno e» sono sostituite dalle seguenti: «deve essere sentito».
2. All’articolo 52, secondo comma, della legge n. 184, le parole: «e, se opportuno, anche di età inferiore» sono sostituite dalle seguenti: «e anche di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento».
3. All’articolo 79, terzo comma, della legge n. 184, le parole: «, se opportuno,» sono sostituite dalle seguenti: «, in considerazione della loro capacità di discernimento,».
Art. 33.
1. All’articolo 43, primo comma, della legge n. 184, le parole: «di cui al sesto, settimo e ottavo comma dell’articolo 9» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 9».
Art. 34.
1. L’articolo 70 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 70. – 1. I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell’articolo 328 del codice penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire 2.500.000.
2. I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati che omettono di trasmettere semestralmente alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni l’elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti, ovvero forniscono informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire 5.000.000».
Art. 35.
1. Il primo comma dell’articolo 71 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero lo avvia all’estero perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni».
2. Il sesto comma dell’articolo 71 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Chiunque svolga opera di mediazione al fine di realizzare l’affidamento di cui al primo comma è punito con la reclusione fino ad un anno o con multa da lire 500.000 a lire 5.000.000.»
Art. 36.
1. Il primo comma dell’articolo 73 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per adozione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire 200.000 a lire 2.000.000».
Art. 37.
1. All’articolo 330, secondo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».
2. All’articolo 333, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».
3. All’articolo 336 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge».
Art. 38.
1. L’articolo 80 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 80. – 1. Il giudice, se del caso ed anche in relazione alla durata dell’affidamento, può disporre che gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente in favore dell’affidatario.
2. Le disposizioni di cui all’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, all’articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla legge 8 marzo 2000, n. 53, si applicano anche agli affidatari di cui al comma 1.
3. Alle persone affidatarie si estendono tutti i benefici in tema di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di permessi per malattia, di riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici.
4. Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinchè tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche».
Art. 39.
1. Dopo i primi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e successivamente con cadenza triennale, il Ministro della giustizia e il Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nell’ambito delle rispettive competenze, trasmettono al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, al fine di verificarne la funzionalità in relazione alle finalità perseguite e la rispondenza all’interesse del minore, in particolare per quanto attiene all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 6, commi 3 e 5, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall’articolo 6 della presente legge.
Art. 40.
1. Per le finalità perseguite dalla presente legge è istituita, entro e non oltre centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, anche con l’apporto dei dati forniti dalle singole regioni, presso il Ministero della giustizia, una banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili, nonché ai coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale, con indicazione di ogni informazione atta a garantire il miglior esito del procedimento. I dati riguardano anche le persone singole disponibili all’adozione in relazione ai casi di cui all’articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall’articolo 25 della presente legge.
2. La banca dati è resa disponibile, attraverso una rete di collegamento, a tutti i tribunali per i minorenni e deve essere periodicamente aggiornata con cadenza trimestrale.
3. Con regolamento del Ministro della giustizia sono disciplinate le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati, anche per quanto attiene all’adozione dei dispositivi necessari per la sicurezza e la riservatezza dei dati.
4. Dall’attuazione del presente articolo non debbono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Art. 41.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Articolo 1.
1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3.
Articolo 2.
1. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.
Articolo 3.
1. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi:
1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:
a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;
b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;
c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;
d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio.
Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.
Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente articolo la domanda non è proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale è ripresa;
2) nei casi in cui:
a) l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;
b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.
b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.
In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta.(1)
c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;
d) il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;
e) l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;
f) il matrimonio non è stato consumato;
g) è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164.
(1) Lettera così modificata, da ultimo, ad opera dell’ art. 1, comma 1, Legge 6 maggio 2015, n. 55.
Art. 4.
La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, (1) del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge.
2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.
3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l'annotazione in calce all'atto.
4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi.(2)
5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.
6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.
7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l'assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All'udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.
8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.(3)
9. Tra la data dell'ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell'udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.
10. Con l'ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all'articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. L'ordinanza deve contenere l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.
11. All'udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l'articolo 184 del medesimo codice.
12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all'articolo 10.
13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l'obbligo della somministrazione dell'assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda.
14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.
15. L'appello è deciso in camera di consiglio.
16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8.
(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio 2008, n. 169, ha dichiarato l'incostituzionalità del presente comma, limitatamente alle parole: "del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza," in quanto "L'individuazione di tale criterio di competenza è manifestamente irragionevole, non sussistendo alcuna valida giustificazione della adozione dello stesso, ove si consideri che, in tema di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata, quanto meno dal momento in cui i coniugi, in occasione della domanda di separazione – giudiziale o consensuale – sono stati autorizzati a vivere separatamente, con la conseguenza che, tenute presenti le condizioni per proporre la successiva domanda di divorzio, non è ravvisabile alcun collegamento fra i coniugi e il tribunale individuato dalla norma."
(2) Comma così sostituito dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
______________
Cfr. Tribunale, Modena, sez. II civile, sentenza 28 dicembre 2017 n° 2259.
Articolo 5.
1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.
2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.
3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.
5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.
6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.
8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.
9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.
10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.
____________
Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 20 febbraio 2018 n° 4092, Cassazione Civile, sez. VI-1, ordinanza 27 ottobre 2017 n° 25697, Corte d'Appello, Milano, sez. V civile, sentenza 16 novembre 2017 n° 4793, Tribunale, Milano, sez. IX civile, ordinanza 22 maggio 2017, Cassazione Civile, sez. I, ordinanza 10 maggio 2017 n° 11453, Cassazione civile, sentenza 10 maggio 2017, n. 11504.
Articolo 6.
1. L'obbligo, ai sensi degli articoli 315-bis e 316-bis del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.(1)
2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile.(2)
[3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.] (3)
[4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.] (3)
[5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento.] (3)
6. L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L'assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile.
7. Il Tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della responsabilità genitoriale sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.(1)
[8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all'affidamento familiare di cui all'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184.] (3)
[9. Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l'audizione dei figli minori.] (3)
[10. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.] (3)
[11. Nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria.] (3)
[12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.] (3)
(1) Comma così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così sostituito dall’art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma abrogato dall’art. 98, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Articolo 7.
1. Il secondo comma dell'art. 252 del codice civile è così modificato:
«I figli adulterini possono essere riconosciuti anche dal genitore che, al tempo del concepimento, era unito in matrimonio, qualora il matrimonio sia sciolto per effetto della morte dell'altro coniuge ovvero per pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso».
Articolo 8.
1. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6.
2. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile.
3. Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l'invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente.
4. Ove il terzo cui sia stato notificato il provvedimento non adempia, il coniuge creditore ha azione diretta esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovutegli quale assegno di mantenimento ai sensi degli articoli 5 e 6.
5. Qualora il credito del coniuge obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia stato già pignorato al momento della notificazione, all'assegnazione e alla ripartizione delle somme fra il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, il creditore procedente e i creditori intervenuti nell'esecuzione, provvede il giudice dell'esecuzione.
6. Lo Stato e gli altri enti indicati nell'art. 1 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nonché gli altri enti datori di lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno e l'invito a pagare direttamente al coniuge cui spetta la corresponsione periodica, non possono versare a quest'ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori.
7. Per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare l'assegno. Le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno di cui al precedente comma sono soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell'assegno periodico di cui agli articoli 5 e 6.
Articolo 9.
1. Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.
2. In caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.
3. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze.
4. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità.
5. Alle domande giudiziali dirette al conseguimento della pensione di reversibilità o di parte di essa deve essere allegato un atto notorio, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dal quale risultino tutti gli aventi diritto. In ogni caso, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica la tutela, nei confronti dei beneficiari, degli aventi diritto pretermessi, salva comunque l'applicabilità delle sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci.
Articolo 9-bis.
1. A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell'art. 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo conto dell'importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. L'assegno non spetta se gli obblighi patrimoniali previsti dall'art. 5 sono stati soddisfatti in unica soluzione.
2. Su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno può avvenire in unica soluzione. Il diritto all'assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno. Qualora risorga lo stato di bisogno l'assegno può essere nuovamente attribuito.
Articolo 10.
1. La sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando sia passata in giudicato, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere del tribunale o della Corte che l'ha emessa, all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238.
2. Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciati nei casi rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, hanno efficacia, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.
Articolo 11. (1)
...omissis...
(1) Articolo soppresso dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74.
Articolo 12.(1)
1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
(1) Articolo così modificato dall’ art. 98, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Articolo 12-bis.
1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.
2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
Articolo 12-ter.
1. In caso di genitori rispetto ai quali sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la pensione di reversibilità spettante ad essi per la morte di un figlio deceduto per fatti di servizio è attribuita automaticamente dall'ente erogante in parti eguali a ciascun genitore.
2. Alla morte di uno dei genitori, la quota parte di pensione si consolida automaticamente in favore dell'altro.
3. Analogamente si provvede, in presenza della predetta sentenza, per la pensione di reversibilità spettante al genitore del dante causa secondo le disposizioni di cui agli articoli 83 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.
Articolo 12-quater.
1. Per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla presente legge è competente anche il giudice del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio.
Articolo 12-quinquies.
1. Allo straniero, coniuge di cittadina italiana, la legge nazionale del quale non disciplina lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge.
Articolo. 12-sexies.
1. Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale.
Vigente al: 1‐4‐2017
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
Sicurezza delle cure in sanita'
1. La sicurezza delle cure e' parte costitutiva del diritto alla
salute ed e' perseguita nell'interesse dell'individuo e della
collettivita'.
2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di
tutte le attivita' finalizzate alla prevenzione e alla gestione del
rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo
appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.
3. Alle attivita' di prevenzione del rischio messe in atto dalle
strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, e' tenuto
a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che
vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario
nazionale.
Art. 2
Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al
Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri
regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del
paziente.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
affidare all'ufficio del Difensore civico la funzione di garante per
il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e
il supporto tecnico.
2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il
diritto alla salute, puo' essere adito gratuitamente da ciascun
soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o
mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del
sistema dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria.
3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti
relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la
fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso
con i poteri e le modalita' stabiliti dalla legislazione regionale.
4. In ogni regione e' istituito, con le risorse umane, strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per
la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che
raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e
private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul
contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica
unificata a livello nazionale, all'Osservatorio nazionale delle buone
pratiche sulla sicurezza nella sanita', di cui all'articolo 3.
5. All'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,
e' aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«d‐bis) predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli
eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause
che hanno prodotto l'evento avverso e sulle conseguenti iniziative
messe in atto. Detta relazione e' pubblicata nel sito internet della
struttura sanitaria».
Art. 3
Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella
sanita'
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l'Agenzia nazionale
per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l'Osservatorio nazionale
delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita', di seguito
denominato «Osservatorio».
2. L'Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio
sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all'articolo 2, i dati
regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonche' alle cause,
all'entita', alla frequenza e all'onere finanziario del contenzioso
e, anche mediante la predisposizione, con l'ausilio delle societa'
scientifiche e delle associazioni tecnico‐scientifiche delle
professioni sanitarie di cui all'articolo 5, di linee di indirizzo,
individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio
sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza
delle cure nonche' per la formazione e l'aggiornamento del personale
esercente le professioni sanitarie.
3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una
relazione sull'attivita' svolta dall'Osservatorio.
4. L'Osservatorio, nell'esercizio delle sue funzioni, si avvale
anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in
sanita' (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.
Art. 4
Trasparenza dei dati
1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e
private sono soggette all'obbligo di trasparenza, nel rispetto del
codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro
sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli
interessati aventi diritto, in conformita' alla disciplina
sull'accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal
codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fornisce la documentazione
sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in
formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni
caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione
della suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, le strutture sanitarie pubbliche e
private adeguano i regolamenti interni adottati in attuazione della
legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.
3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili,
mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a
tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, verificati
nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio,
prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui
all'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come
modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.
4. All'articolo 37 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285,
dopo il comma 2 e' inserito il seguente:
«2‐bis. I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto possono
concordare con il direttore sanitario o sociosanitario l'esecuzione
del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in
altro luogo, e possono disporre la presenza di un medico di loro
fiducia».
Art. 5
Buone pratiche clinico‐assistenziali e raccomandazioni previste dalle
linee guida
1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle
prestazioni sanitarie con finalita' preventive, diagnostiche,
terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si
attengono, salve le specificita' del caso concreto, alle
raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del
comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche'
dalle societa' scientifiche e dalle associazioni tecnico‐scientifiche
delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e
regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette
raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono
alle buone pratiche clinico‐assistenziali.
2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle societa'
scientifiche e delle associazioni tecnico‐scientifiche di cui al
comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:
a) i requisiti minimi di rappresentativita' sul territorio
nazionale;
b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da
prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei
professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle
decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo di
lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci
preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla
dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e
all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualita'
della produzione tecnico‐scientifica;
c) le procedure di iscrizione all'elenco nonche' le verifiche sul
mantenimento dei requisiti e le modalita' di sospensione o
cancellazione dallo stesso.
3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai
soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per
all'articolo 696‐bis del codice di procedura civile non e' stato
espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna alle
parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a
se' dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di
completamento del procedimento.
3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si
concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del
ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda
sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o
dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il
giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso
di cui all'articolo 702‐bis del codice di procedura civile. In tal
caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si
applicano gli articoli 702‐bis e seguenti del codice di procedura
civile.
4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica
preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il
disposto dell'articolo 15 della presente legge, e' obbligatoria per
tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui
all'articolo 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di
risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono
di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato,
quando l'impresa di assicurazione non ha formulato l'offerta di
risarcimento nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica
preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia
della sentenza all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni
(IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata
partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il
giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento
delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del
giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata
equitativamente, in favore della parte che e' comparsa alla
conciliazione.
Art. 9
Azione di rivalsa o di responsabilita' amministrativa
1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione
sanitaria puo' essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.
2. Se l'esercente la professione sanitaria non e' stato parte del
giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno,
l'azione di rivalsa nei suoi confronti puo' essere esercitata
soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di
titolo giudiziale o stragiudiziale ed e' esercitata, a pena di
decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.
3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la
amministrativa il giudice puo' desumere argomenti di prova dalle
prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti
della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di
assicurazione se l'esercente la professione sanitaria ne e' stato
parte.
Art. 10
Obbligo di assicurazione
1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private
devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe
misure per la responsabilita' civile verso terzi e per la
responsabilita' civile verso prestatori d'opera, ai sensi
dell'articolo 27, comma 1‐bis, del decreto‐legge 24 giugno 2014, n.
90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.
114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo
operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e
private, compresi coloro che svolgono attivita' di formazione,
aggiornamento nonche' di sperimentazione e di ricerca clinica. La
disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni
sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero
in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche'
attraverso la telemedicina. Le strutture di cui al primo periodo
stipulano, altresi', polizze assicurative o adottano altre analoghe
misure per la copertura della responsabilita' civile verso terzi
degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli
effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 9. Le disposizioni di cui al
periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la
professione sanitaria di cui al comma 2.
2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria
attivita' al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del
presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa
in regime libero‐professionale ovvero che si avvalga della stessa
nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con
il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo l'obbligo
di cui all'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto‐legge 13
agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
settembre 2011, n. 148, all'articolo 5 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e
all'articolo 3, comma 2, del decreto‐legge 13 settembre 2012, n. 158,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.
3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9
e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione
sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o
sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a
proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa
grave.
4. Le strutture di cui al comma 1 rendono nota, mediante
pubblicazione nel proprio sito internet, la denominazione
dell'impresa che presta la copertura assicurativa della
responsabilita' civile verso i terzi e verso i prestatori d'opera di
cui al comma 1, indicando per esteso i contratti, le clausole
assicurative ovvero le altre analoghe misure che determinano la
copertura assicurativa.
5. Con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i
criteri e le modalita' per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza
e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione che
intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con
gli esercenti la professione sanitaria.
6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, di concerto con il Ministro della salute e con il
Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti l'IVASS,
l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le
Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che
erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazione
nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le
Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni
sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
delle categorie professionali interessate, nonche' le associazioni di
tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti
minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e
sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni
sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far
corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce
i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di
operativita' delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta
del rischio, richiamate dal comma 1; disciplina altresi' le regole
per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di
un'impresa di assicurazione nonche' la previsione nel bilancio delle
strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a
riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri
denunciati. A tali fondi si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 1, commi 5 e 5‐bis, del decreto‐legge 18 gennaio 1993,
n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n.
67.
7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, di
concerto con il Ministro della salute e sentito l'IVASS, entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione
stipulate ai sensi dei commi 1 e 2, e alle altre analoghe misure
adottate ai sensi dei commi 1 e 6 e sono stabiliti, altresi', le
modalita' e i termini per la comunicazione di tali dati da parte
delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e
degli esercenti le professioni sanitarie all'Osservatorio. Il
medesimo decreto stabilisce le modalita' e i termini per l'accesso a
tali dati.
Art. 11
Estensione della garanzia assicurativa
1. La garanzia assicurativa deve prevedere una operativita'
temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la
conclusione del contratto assicurativo, purche' denunciati
all'impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della
polizza. In caso di cessazione definitiva dell'attivita'
professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di
ultrattivita' della copertura per le richieste di risarcimento
presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e
riferite a fatti generatori della responsabilita' verificatisi nel
periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di
retroattivita' della copertura. L'ultrattivita' e' estesa agli eredi
e non e' assoggettabile alla clausola di disdetta.
Art. 12
Azione diretta del soggetto danneggiato
1. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 8, il soggetto
danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle
somme per le quali e' stato stipulato il contratto di assicurazione,
nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura
assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o
private di cui al comma 1 dell'articolo 10 e all'esercente la
professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.
2. Non sono opponibili al danneggiato, per l'intero massimale di
polizza, eccezioni derivanti dal contratto diverse da quelle
stabilite dal decreto di cui all'articolo 10, comma 6, che definisce
i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture
sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le
professioni sanitarie di cui all'articolo 10, comma 2.
3. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso
l'assicurato nel rispetto dei requisiti minimi, non derogabili
contrattualmente, stabiliti dal decreto di cui all'articolo 10, comma
6.
4. Nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione della
struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata a norma del
comma 1 e' litisconsorte necessario la struttura medesima; nel
giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione dell'esercente la
professione sanitaria a norma del comma 1 e' litisconsorte necessario
l'esercente la professione sanitaria. L'impresa di assicurazione,
l'esercente la professione sanitaria e il danneggiato hanno diritto
di accesso alla documentazione della struttura relativa ai fatti
dedotti in ogni fase della trattazione del sinistro.
5. L'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di
assicurazione e' soggetta al termine di prescrizione pari a quello
dell'azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o
privata o l'esercente la professione sanitaria.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere
dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6
dell'articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi
delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e
sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.
Art. 13
Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del
giudizio basato sulla sua responsabilita'
1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 7,
comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura
assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi
1 e 2, comunicano all'esercente la professione sanitaria
l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal
danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica
dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o
lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia
dell'atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e
sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro dieci giorni
comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta
elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato,
con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardivita' o
l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude
l'ammissibilita' delle azioni di rivalsa o di responsabilita'
amministrativa di cui all'articolo 9.
Art. 14
Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita' sanitaria
1. E' istituito, nello stato di previsione del Ministero della
salute, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita'
sanitaria. Il Fondo di garanzia e' alimentato dal versamento di un
contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio
delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i danni causati
da responsabilita' sanitaria. A tal fine il predetto contributo e'
versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato
al Fondo di garanzia. Il Ministero della salute con apposita
convenzione affida alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici
(CONSAP) Spa la gestione delle risorse del Fondo di garanzia.
2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute,
da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro e dell'economia e delle finanze, sentite
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle
imprese di assicurazione, sono definiti:
a) la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate
all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i
danni causati da responsabilita' sanitaria;
b) le modalita' di versamento del contributo di cui alla lettera
a);
c) i principi cui dovra' uniformarsi la convenzione tra il
Ministero della salute e la CONSAP Spa;
d) le modalita' di intervento, il funzionamento e il regresso del
Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.
3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 concorre al risarcimento
del danno nei limiti delle effettive disponibilita' finanziarie.
4. La misura del contributo di cui al comma 2, lettera a), e'
aggiornata annualmente con apposito decreto del Ministro della
salute, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in
relazione alle effettive esigenze della gestione del Fondo di
garanzia.
5. Ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2,
lettera a), la CONSAP Spa trasmette ogni anno al Ministero della
salute e al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della
gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1, riferito all'anno
precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui
al comma 2.
6. Gli oneri per l'istruttoria e la gestione delle richieste di
risarcimento sono posti a carico del Fondo di garanzia di cui al
comma 1.
7. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 risarcisce i danni
cagionati da responsabilita' sanitaria nei seguenti casi:
a) qualora il danno sia di importo eccedente rispetto ai
massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla
struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero
dall'esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto di cui
all'articolo 10, comma 6;
b) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o
privata ovvero l'esercente la professione sanitaria risultino
assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi in
stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa o vi
venga posta successivamente;
c) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o
privata ovvero l'esercente la professione sanitaria siano sprovvisti
di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell'impresa
assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione
dall'albo dell'impresa assicuratrice stessa.
8. Il decreto di cui all'articolo 10, comma 6, prevede che il
massimale minimo sia rideterminato in relazione all'andamento del
Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del presente
articolo.
9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai
sinistri denunciati per la prima volta dopo la data di entrata in
vigore della presente legge.
10. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 15
Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei giudizi di
responsabilita' sanitaria
1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad
oggetto la responsabilita' sanitaria, l'autorita' giudiziaria affida
l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico
specializzato in medicina legale e a uno o piu' specialisti nella
disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto
oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare,
scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano
in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o
in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare
nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in
possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della
conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.
2. Negli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle
disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,
n. 1368, e dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono
essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti
esperti in medicina. In sede di revisione degli albi e' indicata,
relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente,
l'esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al
numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli
revocati.
3. Gli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle
disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,
n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono
essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di
garantire, oltre a quella medico‐legale, un'idonea e adeguata
rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a
tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per la nomina
tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.
4. Nei casi di cui al comma 1, l'incarico e' conferito al collegio
e, nella determinazione del compenso globale, non si applica
l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del
collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Art. 16
Modifiche alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, in materia di
responsabilita' professionale del personale sanitario
1. All'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre
2015, n. 208, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «I
verbali e gli atti conseguenti all'attivita' di gestione del rischio
clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di
procedimenti giudiziari».
2. All'articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,
le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle
seguenti: «, in medicina legale ovvero da personale dipendente con
adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel
settore».
Art. 17
Clausola di salvaguardia
1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme
di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
Art. 18
Clausola di invarianza finanziaria
1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle
disposizioni di cui alla presente legge nell'ambito delle risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e
comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 8 marzo 2017
MATTARELLA
Gentiloni Silveri, Presidente del
Consiglio dei ministri
Visto, il Guardasigilli: Orlando
l 14 dicembre 2017 è stata approvata in via definitiva dal Senato la legge sul testamento biologico, volta a regolare principalmente il diritto all'autodeterminazione in materia di salute di cui all'art. 32 della Costituzione e a sancire il principio del consenso informato, ossia il diritto del paziente di accettare o rifiutare le cure e i trattamenti cui viene sottoposto. Tale consenso deve essere libero, consapevole, sorretto da adeguate informazioni sulle conseguenze delle proprie scelte e prestato quindi in condizioni di capacità di intendere e volere. E' data perciò la possibilità di effettuare disposizioni anticipate di trattamento (DAT) contenenti le proprie determinazioni in merito ai trattamenti sanitari e a scelte terapeutiche destinate a valere per il momento eventuale e futuro di impossibilità di manifestare autonomamente la propria volontà e con la possibilità di demandare l'attuazione delle stesse ad un fiduciario ivi indicato.
La forma prescritta per tali disposizioni è quella dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o della scrittura privata da consegnarsi personalmente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente. Il Notariato si è dichiarato pronto a mettere a disposizione un registro elettronico nazionale delle DAT ricevute dai notai, l'intervento dei quali, in tale ambito, appare importante per garantire la certezza dell'identità personale del dichiarante e la consapevolezza e spontaneità della sua dichiarazione.
La nuova legge riguarda
la vita di tutti, giovani e meno giovani. Il testamento biologico non è un atto
obbligatorio, è sempre revocabile e modificabile. È un ampliamento delle
libertà personali in direzione di una piena autodeterminazione anche in tema di
salute.
L’invecchiamento della
popolazione italiana è un dato di fatto strutturale. Gli italiani vivono e vivranno
sempre più a lungo, ma con più anni di invalidità, come ha spiegato
l’Organizzazione mondiale della sanità. Un Paese vecchio è più esposto a
malattie neurodegenerative e a demenze. Già oggi un milione di italiani è
affetto da Alzheimer e altre malattie che portano alla perdita delle facoltà
cognitive. I numeri sono destinati a triplicarsi nei prossimi 40 anni. Un boom di
pazienti non più in condizioni di decidere sul proprio fine vita. Chi deciderà
per loro quando sarà il momento? La legge serve a questo. La norma, nelle
intenzioni di chi l’ha scritta, rinsalda l’alleanza tra medico e paziente,
perché porta chiarezza sul da farsi quando le chance di guarigione sono finite.
La legge prevede che fino a che il paziente è cosciente e può
liberamente esprimere la propria volontà, ogni cura - o rifiuto di cura - deve
essere subordinata al suo consenso informato e scritto, che è sempre
revocabile. L'articolo 1 del testo prevede che, nel rispetto della
Costituzione, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se
privo del consenso libero e informato della persona interessata.
In casi di patologie croniche, invalidanti o caratterizzate da prognosi
infausta, medico e paziente possono pianificare delle cure condivise, alle
quali il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga
a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una
condizione di incapacità.
L'articolo 3 della legge prevede che “ogni persona maggiorenne, capace di
intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di
autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento (Dat),
esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti
sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o
terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di
nutrizione e idratazione artificiali”. Le Disposizioni anticipate di
trattamento, sempre revocabili, sono vincolanti per il medico, che per questo è
“esente da responsabilità civile e penale”. Le disposizioni, però, possono
esser disattese dal medico quando queste sono “palesemente incongrue”, non
corrispondano alla situazione clinica del malato, o siano sopraggiunte terapie
- non prevedibili al momento di compilazione delle Dat - tali da offrire
“concrete possibilità di miglioramento della vita” del malato. Lo stesso
articolo stabilisce il modo in cui il malato deve esprimere la propria volontà:
“Le Dat devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata, con
sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale o da un
medico dipendente del Servizio sanitario nazionale o convenzionato. Nel caso in
cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere
espresse attraverso videoregistrazione”. In caso di emergenza o di urgenza,
viene precisato, “la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due
testimoni”.
Chi
decide di usufruire delle Dat dovrà indicare un fiduciario che ne
faccia le veci e lo rappresenti: la persona in questione può rinunciare al
ruolo tramite un atto scritto e, in ogni caso, il suo incarico può essere
revocato. In questi casi, o se il fiduciario dovesse morire o divenire incapace
di intendere e di volere, le Dat mantengono efficacia in merito alle
convinzioni e preferenze del paziente.
La revocazione del testamento per sopravvenienza di figli ha luogo anche
nel caso in cui il rapporto di filiazione consegua a una dichiarazione di
paternità giudiziale intervenuta dopo la morte del testatore: è quanto deciso
dalla Cassazione nella sentenza n. 169 depositata la scorsa settimana. La
sentenza interviene sul disposto dell’articolo 687 del Codice civile, il quale
sancisce la caducazione di diritto del testamento dettato da una persona che
non aveva figli o ignorava di averne. Questa norma fa il paio l’articolo 803,
per il quale la donazione può essere revocata per sopravvenienza di figli dal
donante che, al momento della donazione, non aveva figli o ignorava di averli.
Se l’interpretazione dell’articolo 803 è abbastanza pacifica, controverso è
invece il senso della norma di cui all’articolo 687.
La revoca della donazione, infatti, è una disciplina a chiara matrice
“volontaristica”: essa viene intesa come tutela della volontà del donante il
quale, al cospetto di un figlio sopravvenuto, viene messo nella condizione di
depennare la donazione. Se ne trarrebbe argomento considerando che:
-
la revocazione della donazione non opera di diritto (com’è invece per la
revocazione del testamento) ma è rimessa alla volontà del donante;
-
la revocazione della donazione dipende da una manifestazione di volontà del
donante in un breve termine di decadenza (la revocazione del testamento ha
luogo ex lege);
-
se il testamento è revocato, l’eredità viene devoluta con le regole della
successione legittima ( a favore dei soli stretti familiari del de cuius)
mentre, una volta revocata la donazione, il bene oggetto di donazione torna
nella assoluta disponibilità del donante, il quale può disporne come vuole, per
atto tra vivi o (salvi i diritti dei legittimari) o mortis causa;
-
la revocazione della donazione è impedita se il donante sapeva dell’esistenza
del figlio non riconosciuto e che poi lo riconosca; mentre la revocazione del
testamento si ha comunque per effetto del riconoscimento, senza che abbia
rilevanza la conoscenza che il testatore avesse dell’esistenza del figlio.
In materia di revocazione del testamento, alcuni interpreti ritengono che
la norma in questione abbia lo stesso fondamento di tutela della volontà del
donante che caratterizza la norma in tema di revocazione delle donazioni,
mentre altra parte della dottrina ritiene che la revocazione del testamento
vada intesa in senso oggettivo, e cioè come mera conseguenza della
modificazione della situazione familiare del defunto e, quindi, a tutela dei
figli “sopravvenuti”. Ne sarebbero espressione il rilievo che il testamento è
revocato di diritto anche se passa molto tempo tra la data in cui il figlio
sopravviene e la morte del testatore. Inoltre, il fatto che se si tratta della
sopravvenienza di un figlio postumo, cioè dichiarato tale dopo la morte del
testatore, la revoca disposta dalla legge non è correlata alla volontà del
testatore, morto senza sapere di avere un figlio.
Pertanto, non essendovi da tutelare la volontà del testatore, ma essendo
l’articolo 687 preordinato a funzionare per il caso del mutamento della
compagine familiare del defunto, causato dalla sopravvenienza del figlio, la
dichiarazione giudiziale di paternità provoca la revoca del testamento sia che
intervenga prima della morte del testatore, sia che intervenga successivamente.
Si evidenziano di seguito le principali caratteristiche della comunione.
Presupposto
fondamentale per l'adozione è che il minore sia stato dichiarato in stato di
adottabilità ai sensi dell'art. 7 della L. n. 184/1983. Sono dichiarati
tali i minori di cui sia stata accertata la situazione di abbandono perché
privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti
tenuti a provvedervi, purché la mancata assistenza non sia dovuta a causa di
forza maggiore di carattere temporaneo.
La nozione di abbandono costituisce una clausola
generale che il giudice integra tenendo conto delle circostanze del caso
concreto, in modo da realizzare in ciascuna fattispecie della vita il
preminente interesse del minore (Cass., 11 ottobre 2006, n. 21817). La
dottrina sottolinea che l'adozione non ha intenti sanzionatori verso i
genitori, piuttosto si concentra sulla situazione oggettiva in cui il minore si
trova, indipendentemente dalle cause che l'hanno provocata [G. Ferrando,
op. cit.].
Il diritto del minore alla sua famiglia d'origine va
sacrificato soltanto in presenza di una situazione che denota carenze
significative e non semplicemente una semplice inadeguatezza dei genitori. A
questo proposito, la dottrina osserva che l'adozione viene pronunciata solo in
presenza di circostanze che denotino una situazione grave, non recuperabile,
tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo psico-fisico
del minore, tenuto conto dei tempi e dei meccanismi evolutivi della personalità
minorile [G. Ferrando, op. cit.]. Negli altri casi è necessario optare
per il ricorso a forme di sostegno della famiglia e dell'affidamento familiare.
Secondo la citata dottrina, il giudicante deve
considerare l'interesse di ciascun minore in relazione al caso concreto che lo
riguarda e non in base a meri principi astratti. Tra i casi più facili da
risolvere si ritrovano quelli in cui il minore non è stato riconosciuto dai
genitori o è stato completamente abbandonato, mentre più difficile è la soluzione
di casi in cui tra minore e genitori biologici sussiste ancora una qualche
forma di relazione: il giudice è chiamato a valutare che impatto abbia siffatta
relazione sull'esperienza esistenziale del minore. Al fine di effettuare detta
valutazione il giudicante può avvalersi di un consulente tecnico, del pari è
preziosa la presenza nel Tribunale per i minorenni accanto ai giudici togati,
di componenti laici esperti di discipline psicopedagogiche [G. Ferrando,
op. cit.]. Tra le specifiche circostanze concrete che il collegio dovrà tener
in conto si segnalano l'appartenenza del minore e del suo nucleo familiare
originario ad altre culture, considerato che la sempre maggiore multietnicità e
differente provenienza culturale dei consociati nella società odierna, la
tossicodipendenza, la situazione di disagio psichico dei genitori, l'induzione
del minore al furto ovvero all'accattonaggio da parte dei genitori.
L'assistenza può essere prestata al figlio anche dai
parenti "tenuti a provvedervi" ovvero quelli entro il quarto grado, i
quali però devono aver stabilito un "rapporto significativo" con il
minore.
L'abbandono può sussistere anche se il minore si trova
in affidamento familiare o presso un istituto o quando i genitori l'hanno
affidato a terzi, disinteressandosi successivamente di lui. L'abbandono può
derivare tanto da una condotta omissiva, con il disinteresse, appunto, quanto
da una condotta commissiva, come nel caso di maltrattamenti, percosse, ovvero
induzione a comportamenti illeciti o immorali.
Si esclude l'abbandono del minore nei casi in cui
siano presenti cause di forza maggiore di carattere temporaneo, come la
mancanza di una abitazione o di un lavoro o una malattia curabile, e si può
prevedere che il rapporto sia recuperabile, l'adozione non può essere
pronunciata, mentre può essere disposto, quale misura di sostegno,
l'affidamento familiare [G. Ferrando, op. cit.].
Ai sensi dell'art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 184/1983 il
minore il quale ha compiuto gli anni quattordici nel corso del procedimento,
non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso. Tale
principio generale - ribadito dagli artt. 25 e 45 della stessa legge - imposto dalla
Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989,
ratificata in Italia con la L. n. 176/1991, è dettato dall'intento di
attribuire rilievo alla personalità e volontà del minore in relazione a
provvedimenti che, nel suo interesse, trovano la loro ragion d'essere così che,
il minore che abbia compiuto gli anni quattordici, può legittimamente
rifiutare, in modo vincolante, la dichiarazione di adozione e, tale rifiuto,
proprio per la portata generale della norma in esame collocata all'interno del
Capo I delle disposizioni generali sull'adozione, va tenuto in considerazione
anche ai fini del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità
(Trib. Palermo, sez. min., Sent. 28 maggio 2009).
Ritenuto che, ai fini ed ai sensi della L. n. 184/1983, l'accertamento delle
condizioni del minore va condotto non già con riferimento ad una figura
astratta di minore, bensì con riguardo alle concrete, specifiche esigenze di un
minore determinato, con la sua storia personale, il suo vissuto, i suoi
ricordi, le sue caratteristiche psicofisiche, il suo stadio evolutivo ed i
trattamenti terapeutici eventualmente occorrenti, è adottabile, perché in stato
di abbandono, un minore in tenera età, gravato da notevolissimi handicap,
tanto da essere dichiarato già invalido al 100 per cento, nonché bisognevole di
speciale cura e di costante, plurigiornaliera, assai impegnativa assistenza
sanitaria e parasanitaria (anche specialistica) e negletto durante la
ospedalizzazione nei primi periodi di sua vita, pur se i genitori, dopo avere
smesso la consumazione di droga ed avere acquisito una apprezzabile, graduale
(ma ancora non completa) autonomia lavorativa, economica ed alloggiativa,
appaiono idonei all'allevamento, all'istruzione ed all'educazione degli altri
tre figli, del tutto normali; essi non sono, però, idonei alla cura ed alla assistenza
dovute al figlio gravissimamente handicappato, tanto che il giudice di primo
grado, dopo avere revocato per tutti i germani la dichiarazione di
adottabilità, ha, tuttavia, disposto la continuazione "sine die"
del pregresso affido familiare per il minore handicappato, alla luce dei
notevoli miglioramenti progressivi da lui conseguiti grazie alle cure ed
all'assistenza (anche tecnica) amorevoli e costanti prodigategli dagli
affidatari, cui il minore invalido è, peraltro, legatissimo, tanto da individuare
in essi le vere figure genitoriali, pur essendo anche legato ai genitori di
sangue ed ai fratelli. Stante la sussistenza di amichevoli e corretti rapporti
tra la famiglia biologica e la famiglia affidataria, appare fin d'ora
opportuno, salva in futuro la prova del contrario, disporre che il minore possa
proseguire i contatti con i congiunti di sangue, che fanno ormai parte del suo
incancellabile vissuto, nella presumibile, ragionevole certezza che tali
contatti abbiano ad allargare la sfera affettiva del minore con benefiche
refluenze anche sul piano terapeutico; è, infine, da auspicare che i rapporti
con la famiglia di sangue abbiano a proseguire, per i motivi che precedono,
anche nell'ipotesi che il minore venga ritualmente adottato (App. Roma, 28 maggio 1998).
La dichiarazione di adottabilità del minore,
comportando il sacrificio della (del tutto primaria) esigenza di crescita in
seno alla sua famiglia biologica, è consentita dalla legge non per il solo
fatto che la vita in istituto o presso terzi possa presentarsi intrinsecamente
più adatta al suo sviluppo fisico e psichico, ma perché (e solo quando) la vita
offerta dai (o dal) genitore naturale sia talmente inadeguata da far
considerare la rescissione del legame familiare come l'unico strumento adatto
ad evitargli un più grave pregiudizio. (Nella specie, la madre di un minore,
proposta opposizione avverso il decreto dichiarativo dello stato di
adottabilità di quest'ultimo, aveva rappresentato al giudice di appello una
"ritrovata e seria disponibilità a prendersi cura del figlio, frutto del
mutamento della propria situazione psicologica che, al momento del primo
giudizio, aveva indotto il Tribunale a sottrarglielo", in ciò confortata
dalla contestuale dichiarazione di disponibilità rilasciata dal suo attuale
convivente. Il giudice di merito, con decisione confermata dalla S.C.,
rigettando l'opposizione, ebbe ad escludere la rilevanza di tali circostanze,
che nulla avevano a che vedere con la condizione mentale e comportamentale
della donna - definita, in sede di rigorosi accertamenti specialistici,
"soggetto instabile, irresponsabile, dedito all'uso di sostanze alcoliche
ed affetta da sindrome dissociativa" e con la sua condotta di iniziale
abbandono nei confronti del minore, nonché di altre due figlie nei cui riguardi
era stata già dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale) (Cass. civ., sez. I, 29 aprile 1998, n. 4363).
Con il regolamento n. 650/2012 il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea ha voluto uniformare la disciplina delle successioni.
La competenza generale in materia di successione è indicata dall’art. 4 del succitato regolamento: ”sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte”.
L’art. 22 dello stesso regolamento, concede una deroga al principio
della competenza generale. Istituisce difatti, in favore del cittadino
comunitario che abbia più cittadinanze in differenti Stati membri, la
possibilità per lo stesso di scegliere preventivamente la normativa nazionale
che regolerà la propria successione.
“Una persona può scegliere come legge che regola la sua intera successione la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte. Una persona con più di una cittadinanza può scegliere la legge di uno qualsiasi degli Stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.”
Per garantire poi la reale
esecutività di tale scelta, che deve risultare espressamente in una delle
disposizioni testamentarie, la normativa in oggetto predispone il Certificato
successorio europeo (ECS). Questo documento viene rilasciato, dall’Autorità
nazionale che si occupa della successione, agli eventuali eredi, legatari,
esecutori testamentari che ne avanzino richiesta e costituisce prova del titolo
vantato.
La Carta
di Noto individua e descrive
protocolli da seguire in relazione all'esame del minore che si ipotizzi vittima
di abusi. In particolare, il codice di rito già prevede strumenti di tutela
dell'integrità psico-fisica del minore (cosiddetta audizione protetta, termine con cui viene usualmente identificata
l’escussione di un minore presunta vittima di maltrattamento o abusi sessuali
nella fase dell’incidente probatorio, che può essere richiesto nel corso delle
indagini preliminari o udienza preliminare dal Pubblico Ministero o
dall’indagato/imputato. L’incidente probatorio «rappresenta un’assunzione
anticipata di una prova (art. 392 c.p.p.), quando vi siano ragioni di urgenza o
ricorra il rischio di pregiudizio della prova se rinviata alla fase naturale
del dibattimento» L’audizione protetta comprende anche l’acquisizione di
sommarie informazioni testimoniali (SIT). Come specificano le Linee Guida per
l’ascolto del minore testimone della Questura di Roma (2011), da alcuni anni in
Italia si è diffusa la cultura di effettuare in forma protetta anche questo
primo ascolto di bambini o adolescenti presunte vittime di abuso sessuale e/o
maltrattamento. In sintesi, invece di far condurre l’ascolto direttamente dal
poliziotto o dal carabiniere in questura o in caserma o presso l’Ufficio del
PM, il bambino o l’adolescente viene ascoltato in una struttura idonea da un
esperto che svolge il ruolo di ausiliario di Polizia Giudiziaria).
In
concreto, la Carta di Noto specifica le modalità per la conduzione dell'esame e
le modalità attraverso la quale può svolgersi la perizia per la valutazione
della capacità di essere fonte di prova del minore.
In
primo luogo la Carta di Noto stabilisce il diritto delle parti ad interloquire
nella scelta dell'esperto e nell'elaborazione dei quesiti peritali. Secondo la
Carta di Noto la valutazione sull'idoneità a testimoniare (che non implica
credibilità del fatto) deve precedere l'audizione del minore sul fatto.
Con riferimento alla modalità di audizione del minore, la Carta di
Noto, all'art. 14, stabilisce che: "In sede di raccolta delle dichiarazioni
del minore ritenuto idoneo a testimoniare occorre: a) garantire che egli sia
sentito in contraddittorio il più presto possibile; b) garantire che l'incontro
avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto
possibile, la sua serenità; c) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in
relazione alla procedura in corso; d) consentirgli di esprimere esigenze e
preoccupazioni; e) evitare, anche nella fase investigativa, modalità
comunicative anche non verbali che possano compromettere la spontaneità e le
domande che possano nuocere alla sincerità e genuinità delle risposte; f) contenere
la durata e le modalità del colloquio in tempi rapportati all’età e alle
condizioni emotive del minore, nel rispetto comunque dei diritti processuali
delle parti".
L’audizione
protetta dovrebbe quindi soddisfare diverse esigenze:
1) secondo il principio di legalità, favorire l’acquisizione di testimonianze
genuine, ovvero scevre da suggestioni, pressioni, induzioni o condizionamenti,
secondo le regole del giusto processo e le disposizioni contemplate
dall’articolo 8, comma 6 del Protocollo della Convenzione di New York
ratificato l’11 marzo 2002 e dall’articolo 30, comma 4 della Convenzione di
Lanzarote ratificata in data 19 gennaio 2010;
2) preservare il minore da rischi di vittimizzazione secondaria derivanti da
interviste ripetute e/o eccessivamente intrusive, insistite ed affaticanti.
La vicenda muove dalla separazione personale intercorsa tra due coniugi, con addebito al marito.
La
motivazione del suddetto addebito è individuata dai giudici, nel comportamento
persecutorio posto in essere dall’uomo nei confronti della moglie.
La gravità di tale comportamento, che configura gli estremi del c.d. mobbing parentale, ha spinto la coniuge ad abbandonare la casa familiare, non essendo più sostenibile la convivenza.
Con ordinanza n. 21296/2017 della VI sezione civile, la Suprema Corte di Cassazione, ha ritenuto dimostrati gli atti vessatori e non contestabile né contributivo alla crisi coniugale il di lei allontanamento, come invece il marito voleva dimostrare per invertire l’addebito della separazione.
Doveva infatti, secondo gli stessi giudici, già ritenersi in corso la succitata crisi, della quale questi episodi ne rappresentano solamente le deteriori conseguenze.
La sentenza 26475/2017 della Cassazione sez. lavoro ha dichiarato erronee le decisioni assunte in primo grado e in appello che statuivano favorevolmente sulle contrapposte richieste di risoluzione per inadempimento dello stesso contratto, per risoluzione per mutuo consenso.
La Suprema Corte ha in primis evidenziato come il presupposto di tali decisioni fosse apertamente in contrasto con il principio di corrispondenza tra richiesto e pronunciato. Nel concreto si verrebbe a regolamentare il rapporto che intercorre tra le parti con una modalità differente rispetto alla volontà delle parti stesse.
La questione riguarda gli abusi di un marito nei confronti della propria moglie, consapevole del di lei rifiuto implicito ai rapporti intimi. La coniuge sceglie di non opporsi alle pretese del partner e mantiene il riserbo sulle subite sopraffazioni.
La Suprema Corte di Cassazione, III sez. penale, con sentenza n. 51074/2017 ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato contro la doppia motivazione conforme di condanna. L’uomo infatti sosteneva la non credibilità e la contraddittorietà delle dichiarazioni della parte offesa, sottolineando a sostegno di ciò che la moglie non aveva mai avanzato richieste di aiuto né aveva parlato con alcuno della vicenda.
Giurisprudenza precisa (sent. 49597/2016) che ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, è sufficiente che l’agente abbia consapevolezza del fatto che non sia stato chiaramente manifestato il consenso dal soggetto passivo. La Corte inoltre ritiene giustificato il silenzio della donna dal naturale pudore nel trattare argomenti del genere, soprattutto con la prole.
La circostanza della non opposizione della coniuge ai rapporti non limita la configurabilità del reato di violenza sessuale, essendo sufficiente qualsiasi forma di costringi mento psico-fisico idoneo ad incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione.
Il termine
Arbitrato indica una delle procedure riconducibili al sistema di ADR, vale a
dire l’Alternative Dispute Resolution. L’ADR comprende una serie di strade che
si presentano come alternative
rispetto ai mezzi tradizionali per risolvere una controversia, in primis
il contenzioso giudiziale. Tra i principali tipi di ADR sono inclusi la
mediazione, l’arbitrato e la negoziazione assistita.
Le ragioni che
giustificano il passaggio ad una via alternativa di risoluzione di una controversia
sono legate a diverse circostanze, in relazione al tipo di ADR di volta in
volta considerato.
L’arbitrato ad esempio, specialmente se internazionale, presenta caratteristiche estremamente adatte per la risoluzione di conflitti tra parti provenienti da diversi Paesi e, quindi, da diversi background tanto dal punto di vista giudiziale quanto culturale.
Tentare di risolvere una controversia a livello internazionale ricorrendo al tradizionale contenzioso giudiziale, infatti, arrecherebbe inevitabilmente diverse conseguenze, spesso negative: le difficoltà legate alla predisposizione e individuazione di un Tribunale competente; il rischio di non avere un giudizio del tutto equo e imparziale, perché dettato da un giudice della stessa nazionalità di una sola delle parti, e quindi potenzialmente incline a preferire la posizione della stessa; le lungaggini dovute alle diverse fasi di giudizio nei diversi gradi di giurisdizione e infine le complicazioni legate al riconoscimento ed esecuzione di una sentenza straniera.
Ricorrere alla procedura di ADR dell’arbitrato internazionale, significa avere la possibilità di superare ognuna delle difficoltà summenzionate. Tra i diversi vantaggi di cui le parti possono godere, rientra principalmente l’ampia libertà di scelta e determinazione di cui le stesse godono. In particolare, l’arbitrato concede alle parti la libertà di formare il tribunale arbitrale che condurrà la procedura, mediante un accordo frutto delle loro libere scelte. Ciò implica che, mediante il cosiddetto “arbitration agreement”, le parti hanno la possibilità di determinare gli elementi principali dell’intero procedimento: possono nominare fino a tre arbitri che decideranno la controversia; possono scegliere quale sarà la legge da applicare tanto alla procedura quanto al merito, tra quelle che ritengono più opportune e adatte al tipo di controversia; possono, inter alia, determinare la sede in cui si svolgerà la procedura e la lingua sotto cui condurre le operazioni.
Come risultato principale, tale ampia libertà di scelta permette alle parti di formare un Tribunale arbitrale che al meglio rispecchi le loro esigenze e necessità. Inoltre, essendo questo Tribunale arbitrale creato sulla base delle scelte condivise di entrambe le parti, esso risulta del tutto imparziale e slegato da qualsivoglia rischio di illegittime propensione verso una delle parti.
Infine, un
tratto particolarmente rilevante è legato al riconoscimento e all’esecuzione di
un lodo arbitrale internazionale. Mentre una sentenza straniera, prima di poter
essere eseguita in un Paese diverso da quello in cui la stessa è stata emessa,
ha bisogno di un’ulteriore procedura di exequatur,
il lodo arbitrale non incontra alcun ostacolo. Tale risultato è reso possibile
dalla New York Convention del 1958, in base alla quale un lodo arbitrale è
immediatamente riconosciuto ed eseguibile in tutti i paesi aderenti alla
Convenzione stessa: dal momento che i Paesi aderenti sono, attualmente, circa
155 da ogni continente, risulta semplice e quasi immediata l’esecutività di
ogni lodo arbitrale.
Il
processo esecutivo è, nel nostro ordinamento, finalizzato all’esecuzione coatta
di un’obbligazione, tanto contrattuale quanto extracontrattuale. Si parla di
esecuzione “coattiva” in quanto si rende necessaria nel momento in cui
l’obbligato, non adempiendo alla propria obbligazione entro il termine
stabilito al momento del sorgere dell’obbligazione stessa, riceva la
notificazione di un titolo esecutivo e di un precetto: nel caso in cui
l’obbligato non provveda all’adempimento entro l’ulteriore termine indicato nel
precetto, in ogni caso non prima di dieci giorni dalla notificazione del
precetto, si potrà procedere a esecuzione forzata.
L’esecuzione forzata colpisce i beni del debitore, tanto mobili
quanto immobili, quanto i suoi titoli di credito: essi possono essere oggetto
di vendita forzata di modo che, con il ricavato della vendita, possano essere
soddisfatte le obbligazioni che erano rimaste inadempiute.[1]
Tuttavia, può accadere che oggetto di esecuzione forzata siano
beni non appartenenti all’esecutato: tale circostanza ha più possibilità di
verificarsi in caso di beni mobili appartenenti a terzi, ubicati presso beni
immobili dell’esecutato dove era stato compiuto il pignoramento.
Un simile risultato finirebbe per ledere radicalmente i diritti
del terzo sui propri beni, che correrebbero il rischio di essere sottoposti a
vendita forzata e, di conseguenza, di uscire dal patrimonio del terzo
proprietario ingiustamente e illegittimamente.
Il nostro ordinamento prevede una soluzione preventiva a una
circostanza simile tramite l’istituto dell’opposizione di terzo all’esecuzione,
disciplinata dagli artt. 619 e seguenti. In base a tale istituto, il terzo che
pretenda di avere proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati potrà
opporre opposizione all’esecuzione tramite ricorso al giudice dell’esecuzione.
In seguito a tale ricorso, da presentare in anticipo rispetto alla
vendita forzata, il giudice fissa un’udienza di comparizione delle parti,
indicando al terzo – opponente un termine perentorio per la notificazione del
ricorso al debitore esecutato e al creditore procedente.
Gli esiti di detta udienza possono essere due. Nel primo caso le
parti raggiungono un accordo, di cui il giudice dà atto con ordinanza prendendo
ogni provvedimento necessario al proseguimento e alla conclusione del processo
esecutivo. Nel secondo caso, invece, il debitore esecutato potrebbe contestare
il diritto del terzo, rendendo necessaria una potenziale sospensione
dell’esecuzione e al contempo aprendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
Ad ogni modo, in caso di esito positivo dell’opposizione di terzo,
quest’ultimo potrà vedere salvaguardati i diritti sui propri beni, i quali
verrebbero sottratti all’esecuzione e reintegrati nel patrimonio
dell’opponente.
RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI
Cass. 8 febbraio 2008, n. 3136
L’opposizione del terzo che pretende avere
la proprietà sui beni pignorati è proponibile, a norma degli artt. 619 e 620
c.p.c., prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni e, se in
seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se
l’opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno
valere sulla somma ricavata.
Trib.
Campobasso, 9 febbraio 2012
L’opposizione
di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., rappresenta un’azione
di accertamento negativo, volta a vincere la presunzione iuris tantum di
appartenenza al debitore dei beni staggiti nella casa di abitazione o
nell’azienda dello stesso, attraverso la prova della proprietà dell’opponente e
la correlativa negazione del diritto del creditore di procedere alla loro
espropriazione.
Cass. n. 22807/2013
Il terzo che, acquistato a titolo particolare l'immobile pignorato
in pendenza dell'esecuzione forzata e dopo la trascrizione del pignoramento
faccia valere l'invalidità del pignoramento al fine dell'accertamento che il
suo acquisto, benché trascritto dopo la trascrizione del pignoramento
immobiliare, é efficace e opponibile al creditore pignorante ed ai creditori
intervenuti così da sottrarre all'esecuzione il bene pignorato, non propone
un'opposizione agli atti esecutivi a norma dell'art 617 cod. proc. civ., bensì
un'azione inquadrabile nello schema dell'opposizione di terzo ex art 619 cod.
proc. civ.
[1] In caso di
obbligazioni di dare, fare e non fare si parlerà di risarcimento per
equivalente. In caso di obbligazioni pecuniarie si tratterà di un risarcimento
in forma specifica.
La legge n. 103/2017 ha dettato un nuovo regime di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere ex art. 428 c.p.p.
Le sentenze di non luogo a procedere, emesse prima dell’entrata in vigore delle modifiche di cui alla legge n. 103/2017, sono impugnabili in Cassazione e non in appello. Tanto accade perché le nuove disposizioni, in assenza di una disciplina transitoria, si applicano solo ai provvedimenti emessi dopo la loro entrata in vigore.
Invero, la legge n. 103/2017, in vigore dallo scorso 3 agosto, ha modificato il codice di rito, stabilendo che la sentenza di non luogo a procedere è impugnabile con l’appello. Tale riforma, tuttavia, non ha effetto retroattivo e dunque - in assenza di specifica disciplina intertemporale - per le sentenze di non luogo a procedere emesse prima delle modifiche valgono le vecchie regole che riconoscono, quale unico mezzo di gravame, il ricorso per Cassazione.
Prima sezione civile del Tribunale di Roma, decreto del 16 giugno 2017
In presenza di una grave inadeguatezza di uno dei genitori ad esercitare le funzioni genitoriali, il tribunale può affidare i figli in via esclusiva al genitore idoneo, attribuendo a questi l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale per tutte le questioni riguardanti la prole – istruzione, educazione, salute, determinazione della residenza abituale, richiesta di documenti etc. – da assumere tenendo conto della capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli, decisioni di assumere anche sena il consenso dell’altro genitore (c.d. affidamento esclusivo rafforzato o superesclusivo).
In seguito alla sentenza della Cassazione civile n. 11504 del 10 maggio 2017 - con la quale si è affermato che l'assegno divorzile può essere concesso solamente all'ex coniuge che non abbia l'autosufficienza economica, che non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento - il 27 luglio 2017 è stato presentato alla Camera il progetto di legge C. 4605 di modifica all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile, ddl che è stato assegnato alla commissione Giustizia il 27 settembre 2017. I lavori sono iniziati il 5 ottobre 2017.
In seguito alla predetta pronuncia, si è avuto un contrastante quadro interpretativo della giurisprudenza di merito.
Il progetto di legge C. 4605 mira a fare chiarezza sul punto. Ecco cosa prevede il provvedimento:
1) sostituzione del sesto comma dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898: in particolare si prevede che con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale disporrà l'attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, destinato a compensare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita dei coniugi;
2) inserimento di nuovi comma dopo il sesto dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, che prevedono che:
- nella determinazione dell'assegno il tribunale valuterà le condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio; le ragioni dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; la durata del matrimonio; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il reddito di entrambi, l'impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili, assunto dall'uno o dall'altro coniuge; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive; la mancanza di un'adeguata formazione professionale quale conseguenza dell'adempimento di doveri coniugali;
- tenuto conto di tutte le circostanze il tribunale potrà predeterminare la durata dell'assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili;
- che l'assegno non sarà dovuto nel caso in cui il matrimonio sia cessato o sciolto per violazione, da parte del richiedente l'assegno, degli obblighi coniugali.
L’art. 3 del ddl C. 4605 dispone esplicitamente che le disposizioni introdotte si applicheranno anche nei casi di scioglimento delle unioni civili.
Tale è l’affermazione del Tribunale di Taranto, prima sez. civ. nella sentenza del 22.08.2017 con la quale ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata dal Condominio nei confronti dell’impresa edile che si era occupata dei lavoro di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Il Condominio lamentava il mancato esperimento del tentativo di mediazione, condizione di procedibilità della domanda proposta in sede monitoria, ma nulla obiettava riguardo la sussistenza del credito in questione.
Inoltre le parti, sottoscrivendo il contratto d’appalto, avevano specificato all’art. 12, che per qualsiasi controversia la competenza sarebbe stata rinvenuta in capo al foro di Taranto, “previo tentativo obbligatorio previsto ex D.L. n. 28 del 2010”.
La motivazione precisata dal Tribunale, indica che l’oggetto della contesa non rientra nelle materie previste dall’art.5 d.lgs. n. 28 del 2010, quelle cioè per cui è previsto il preventivo e obbligatorio esperimento della procedura di mediazione.
Infatti per “materie di condominio” si intendono quelle derivanti dalla violazione delle disposizione del libro III, titolo VII, capo II del codice civile, non includendo così le controversie che sorgono tra il condominio e un soggetto terzo.
Rispetto poi, alla clausola conciliativa, la giurisprudenza è orientata nel dichiarare l’ inefficacia qualora sia carente dell’espressa sanzione di improcedibilità come si è verificato nel caso in questione.
Con il disegno di legge n. 2134-S, approvato in via definitiva dalla Camera il 27 settembre 2017, Il legislatore torna a porre mano al sistema delle misure di prevenzione contenuto nel c.d. codice antimafia (d.lgs. 159/2011).
L’aspetto più innovativo consiste nell’ ampliamento dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. La novella aggiunge infatti al già esteso catalogo di fattispecie di c.d. pericolosità qualificata contenuto nell’art. 4 del codice antimafia anche:
- i soggetti indiziati del reato di assistenza agli associati ex art. 418 c.p.;
- le persone che abbiano posto in essere atti esecutivi – e non più, dunque, solamente preparatori – diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati indicati alla lett. d) dell'art. 4 del codice antimafia, tra cui figurano anche i reati con finalità di terrorismo;
- i soggetti indiziati del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p.;
- gli indiziati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati contro la pubblica amministrazione;
- i soggetti indiziati di stalking ex art. 612-bis c.p.
Quanto alle misure di prevenzione patrimoniali, anch’esse coinvolte dall’estensione del loro ambito soggettivo di applicazione, può anzitutto osservarsi che l’art. 5 comma 1 della riforma ha provveduto a modificare l’art. 17 del codice antimafia, relativo alla titolarità della proposta, precisando che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo può in ogni caso proporre la misura patrimoniale e che nel caso di applicazione rivolta ai c.d. pericolosi generici di cui all’art. 1 o alle persone indiziate di cui alle nuove lett. i-bis e i-ter dell’art. 4, le funzioni e le competenze del procuratore distrettuale sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale.
Anche la norma sulla confisca di prevenzione (art. 24) viene ritoccata dal legislatore, attraverso un esplicito riferimento alla impossibilità per il proposto di giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale, ponendo fine ad un'annosa questione e confermando così quanto sostenuto da una celebre pronuncia delle Sezioni Unite resa nel 2015.
Nel caso di matrimonio tra cittadino comunitario e cittadino extracomunitario trovano applicazione, in materia di condizioni di soggiorno le disposizioni del decreto legislativo n. 30 del 2007. Le disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione trovano applicazione se più favorevoli.
In particolare, per quanto riguarda la separazione tra i coniugi, di cui uno sia cittadino comunitario e l’altro extracomunitario, l’articolo 12 del citato decreto prevede che “il divorzio e l'annullamento del matrimonio con il cittadino dell'Unione non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro a condizione che essi abbiano acquisito il diritto al soggiorno permanente o che si verifichi una delle seguenti condizioni:
a) il matrimonio è durato almeno tre anni, di cui
almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di
divorzio o annullamento;
b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto
l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione in base ad accordo tra i
coniugi o a decisione giudiziaria;
c) l'interessato risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o
definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi
nell'ambito familiare;
d) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro beneficia, in base
ad un accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria, di un diritto di visita
al figlio minore, a condizione che l'organo giurisdizionale ha ritenuto che le
visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e
fino a quando sono considerate necessarie.”
La sussistenza di queste condizioni, non fa venir meno la conservazione al
diritto di soggiorno per il cittadino extracomunitario, il quale conserva il
diritto al soggiorno e può quindi richiedere il rinnovo del titolo di
soggiorno.
Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione
con un noto provvedimento del 2010. Si tratta della sentenza n. 19893 del 2010,
con la quale i Giudici della Suprema Corte hanno accolto il ricorso di una
cittadina extracomunitaria, sposata e successivamente separata con cittadino
italiano, cui era stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno per il
venir meno del presupposto della convivenza.
Nel caso in cui non sussistano le condizioni indicate, l’art. 30 del Testo
Unico sull’immigrazione prevede che in caso di separazione legale o
scioglimento del matrimonio il permesso di soggiorno può essere convertito in
permesso di lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio. In questo
senso si può citare anche la sentenza del TAR Lombardia n. 369 del 2010 nella
quale i Giudici amministrativi, hanno affermato che “se sussistono i presupposti
per il rilascio di un permesso ad altro titolo, la conversione è possibile”.
In questo caso la conversione non è però automatica, ma deve essere di impulso da parte del cittadino extracomunitario, non essendo ipotizzabile una sorta di conversione di ufficio del titolo del soggiorno, e l’Amministrazione deve essere in grado di valutare se ricorrano i presupposti per il rilascio del permesso ad altro titolo.
E’ quindi onere dello straniero, cittadino extracomunitario, in questo caso attivarsi per richiedere la conversione del proprio permesso in altro tipo di permesso, allegando la documentazione inerente al titolo richiesto.
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli
articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la
legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante disposizioni in materia di
riconoscimento dei figli naturali, in particolare l'articolo 2 che delega il
Governo ad adottare uno o piu' decreti legislativi di modifica delle
disposizioni vigenti in materia di filiazione;
Vista la
preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione
del 12 luglio 2013;
Acquisito
il parere delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
Vista la
deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 13
dicembre 2013;
Sulla
proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri per
l'integrazione, dell'interno, della giustizia, del lavoro e delle politiche
sociali con delega alle pari opportunita', di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze;
Emana
il
seguente decreto legislativo:
Titolo I
Modifiche al codice civile in materia di filiazione
ARTICOLO N.1
Modifiche
all'articolo 87 del codice civile
Art. 1
1. All'articolo 87 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica le parole: "e affiliazione" sono soppresse;
b) al
primo comma, numero 1) le parole: ", legittimi o naturali" sono
soppresse;
c) il
secondo comma e' abrogato;
d) il
terzo comma e' abrogato;
e) al
quarto comma le parole: "o di filiazione naturale" sono soppresse.
ARTICOLO
N.2
Modifiche
all'articolo 128 del codice civile
Art. 2
1. All'articolo 128 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il
secondo comma e' sostituito dal seguente: "Il matrimonio dichiarato nullo
ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.";
b) nel
quarto comma le parole: "bigamia o" sono soppresse;
c) il
quinto comma e' sostituito dal seguente: "Nell'ipotesi di cui al quarto
comma, rispetto ai figli si applica l'articolo 251.".
ARTICOLO
N.3
Modifiche
all'articolo 147 del codice civile
Art. 3
1. L'articolo 147 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
147.
Il
matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire,
educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacita',
inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall'articolo
315-bis.".
ARTICOLO
N.4
Modifiche
all'articolo 148 del codice civile
Art. 4
1. L'articolo 148 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
148.
I coniugi
devono adempiere l'obbligo di cui all'articolo 147, secondo quanto previsto
dall'articolo 316-bis".
ARTICOLO
N.5
Modifiche
all'articolo 155 del codice civile
Art. 5
1. L'articolo 155 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
155.
In caso di
separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo
II del titolo IX.".
ARTICOLO
N.6
Modifiche
all'articolo 165 del codice civile
Art. 6
1. All'articolo 165 del codice
civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.7
Modifiche
alle rubriche del libro primo del codice civile
Art. 7
1. La
rubrica del titolo VII, del libro primo del codice civile e' sostituita dalla
seguente: "Dello stato di figlio".
2. La
rubrica del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile e'
sostituita dalla seguente: "Della presunzione di paternita'".
3. Le
parole: "Sezione I. "Dello stato di figlio legittimo"" sono
soppresse.
4. La
Sezione II del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile e'
sostituita dalla seguente: "Capo II. "Delle prove della
filiazione"".
5. La
Sezione III del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile e' sostituita
dalla seguente: "Capo III. "Dell'azione di disconoscimento e delle
azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio"".
6. Le
parole: "Capo II. "Della filiazione naturale e della
legittimazione"" sono soppresse.
7. Le
parole: "Sezione I. "Della filiazione naturale"" sono
soppresse.
8. La
rubrica del paragrafo 1 della Sezione I del capo II del libro primo del codice
civile e' sostituita dalla seguente: "Capo IV. "Del riconoscimento
dei figli nati fuori dal matrimonio"".
9. La
rubrica del paragrafo 2 della sezione I del capo II del libro primo del codice
civile e' sostituita dalla seguente: "Capo V. "Della dichiarazione
giudiziale della paternita' e della maternita'"".
10. La
rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile e' sostituita dalla
seguente: "Della responsabilita' genitoriale e dei diritti e doveri del
figlio".
11. Dopo
il titolo IX del libro primo del codice civile e' inserito il seguente:
"Capo I. "Dei diritti e doveri del figlio".
12. Dopo l'articolo 337 del codice
civile e' inserito il seguente:
"
Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di
separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento,
nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati
fuori del matrimonio".
ARTICOLO
N.8
Modifica
all'articolo 231 del codice civile
Art. 8
1. L'articolo 231 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
231.
Paternita'
del marito
Il marito
e' padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio.".
ARTICOLO
N.9
Modifiche
all'articolo 232 del codice civile
Art. 9
1. All'articolo 232 del codice
civile il primo comma e' sostituito dal seguente: "Si
presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora
trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o
della cessazione degli effetti civili del matrimonio.".
ARTICOLO
N.10
Modifiche
all'articolo 234 del codice civile
Art.
10
1. All'articolo 234 del codice
civile il terzo comma e' sostituito dal seguente: "In
ogni caso il figlio puo' provare di essere stato concepito durante il
matrimonio.".
ARTICOLO
N.11
Modifiche
all'articolo 236 del codice civile
Art.
11
1. All'articolo 236 del codice
civile le parole: "legittima" e la parola:
"legittimo" sono soppresse.
ARTICOLO
N.12
Modifiche
all'articolo 237 del codice civile
Art.
12
1. All'articolo 237 del codice
civile il secondo comma e' sostituito dal seguente.
"In
ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
che il
genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa
qualita' al mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa.
che la
persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali.
che sia
stata riconosciuta in detta qualita' dalla famiglia.".
ARTICOLO
N.13
Modifiche
all'articolo 238 del codice civile
Art.
13
1. All'articolo 238 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
rubrica e' sostituita dalla seguente: "Irreclamabilita' di uno stato di
figlio contrario a quello attribuito dall'atto di nascita";
b) al
primo comma le parole: "233, 234, 235 e 239" sono sostituite dalle
seguenti: "234, 239, 240 e 244";
c) il
secondo comma e' abrogato.
ARTICOLO
N.14
Modifiche
all'articolo 239 del codice civile
Art.
14
1. L'articolo 239 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
239.
Reclamo
dello stato di figlio
Qualora si
tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, il figlio puo'
reclamare uno stato diverso.
L'azione
di reclamo dello stato di figlio puo' essere esercitata anche da chi e' nato
nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta
sentenza di adozione.
L'azione
puo' inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla
presunzione di paternita' da chi e' stato riconosciuto in contrasto con tale
presunzione e da chi fu iscritto in conformita' di altra presunzione di
paternita'.
L'azione
puo', altresi', essere esercitata per reclamare un diverso stato di figlio
quando il precedente e' stato comunque rimosso.".
ARTICOLO
N.15
Modifiche
all'articolo 240 del codice civile
Art.
15
1. L'articolo 240 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
240.
Contestazione
dello stato di figlio
Lo stato
di figlio puo' essere contestato nei casi di cui al primo e secondo comma
dell'articolo 239.".
ARTICOLO
N.16
Modifiche
all'articolo 241 del codice civile
Art.
16
1. All'articolo 241 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
rubrica e' sostituita dalla seguente: "Prova in giudizio";
b) il
primo comma e' sostituito dal seguente: "Quando mancano l'atto di nascita
e il possesso di stato, la prova della filiazione puo' darsi in giudizio con
ogni mezzo.";
c) il
secondo comma e' abrogato.
ARTICOLO
N.17
Articolo
243-bis del codice civile
Art.
17
1. Dopo l'articolo 243 del codice
civile e' inserito il seguente:
"Art.
243-bis.
Disconoscimento
di paternita'
L'azione
di disconoscimento di paternita' del figlio nato nel matrimonio puo' essere
esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.
Chi
esercita l'azione e' ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione
tra il figlio e il presunto padre.
La sola
dichiarazione della madre non esclude la paternita'.".
ARTICOLO
N.18
Modifiche
all'articolo 244 del codice civile
Art.
18
1. L'articolo 244 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
244.
Termini
dell'azione di disconoscimento
L'azione
di disconoscimento della paternita' da parte della madre deve essere proposta
nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui e'
venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del
concepimento.
Il marito
puo' disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della
nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui e' nato il
figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero
l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal
giorno in cui ne ha avuto conoscenza.
Se il
marito non si trovava nel luogo in cui e' nato il figlio il giorno della
nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno
o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In
ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti
giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
Nei casi
previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non puo' essere, comunque,
proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.
L'azione
di disconoscimento della paternita' puo' essere proposta dal figlio che ha
raggiunto la maggiore eta'. L'azione e' imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione
puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice,
assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i
quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si
tratti di figlio di eta' inferiore.".
ARTICOLO
N.19
Modifiche
agli articoli 245 e 246 del codice civile
Art.
19
1. L'articolo 245 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
245.
Sospensione
del termine
Se la
parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento di paternita' si
trova in stato di interdizione per infermita' di mente ovvero versa in
condizioni di abituale grave infermita' di mente, che lo renda incapace di
provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell'articolo
244 e' sospesa nei suoi confronti, sino a che duri lo stato di interdizione o
durino le condizioni di abituale grave infermita' di mente.
Quando il
figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale
grave infermita' di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri
interessi, l'azione puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale
nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico
ministero, del tutore, o dell'altro genitore. Per gli altri legittimati
l'azione puo' essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un
curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.".
2. L'articolo 246 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
246.
Trasmissibilita'
dell'azione
Se il presunto
padre o la madre titolari dell'azione di disconoscimento di paternita' sono
morti senza averla promossa, ma prima che sia decorso il termine previsto
dall'articolo 244, sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli
ascendenti;
il nuovo termine
decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del
figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore eta'
da parte di ciascuno dei discendenti.
Se il
figlio titolare dell'azione di disconoscimento di paternita' e' morto senza
averla promossa sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i
discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio o dal
raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.
Si
applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.".
ARTICOLO
N.20
Modifiche
all'articolo 248 del codice civile
Art.
20
1. All'articolo 248 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
rubrica e' sostituita dalla seguente: "Legittimazione all'azione di
contestazione dello stato di figlio.
Imprescrittibilita'.";
b) il
primo comma e' sostituito dal seguente: "L'azione di contestazione dello
stato di figlio spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo
genitore e a chiunque vi abbia interesse.";
c) dopo il
quarto comma e' aggiunto il seguente: "Si applicano il sesto comma
dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.".
ARTICOLO
N.21
Modifiche
all'articolo 249 del codice civile
Art.
21
2. L'articolo 249 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
249.
Legittimazione
all'azione di reclamo dello stato di figlio.
Imprescrittibilita'
L'azione
per reclamare lo stato di figlio spetta al medesimo.
L'azione
e' imprescrittibile.
Quando
l'azione e' proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti
incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo 247.
Nel
giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.
Si
applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo
245.".
ARTICOLO
N.22
Modifiche
all'articolo 251 del codice civile
Art.
22
1. Al
secondo comma dell'articolo
251 del codice civile le parole: "tribunale per i
minorenni" sono sostituite dalle seguenti: "giudice".
ARTICOLO
N.23
Modifiche
all'articolo 252 del codice civile
Art.
23
1. All'articolo 252 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
rubrica e' sostituita dalla seguente: "Affidamento del figlio nato fuori
del matrimonio e suo inserimento nella famiglia del genitore.";
b) al
primo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio";
c) al
secondo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio"; le parole: "e dei figli
legittimi" sono sostituite dalle seguenti: "convivente e degli altri
figli"; le parole: "genitore naturale" sono sostituite dalla
seguente: "genitore"; l'ultimo periodo e' sostituito dal seguente:
"In
questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve
attenersi.";
d) al
terzo comma le parole: "legittima" e la parola: "naturale"
sono
soppresse;
e) al
quarto comma la parola: "naturale" e' soppressa;
f) dopo il
quarto comma e' inserito il seguente: "In caso di disaccordo tra i
genitori, ovvero di mancato consenso degli altri figli conviventi, la decisione
e' rimessa al giudice tenendo conto dell'interesse dei minori. Prima
dell'adozione del provvedimento, il giudice dispone l'ascolto dei figli minori
che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capaci di
discernimento.".
ARTICOLO
N.24
Modifiche
all'articolo 253 del codice civile
Art.
24
1. All'articolo 253 del codice
civile le parole: "legittimo o legittimato" sono
soppresse.
ARTICOLO
N.25
Modifiche
all'articolo 254 del codice civile
Art.
25
1. All'articolo 254 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio";
b) il
secondo comma e' abrogato.
ARTICOLO
N.26
Modifiche
all'articolo 255 del codice civile
Art.
26
1. All'articolo 255 del codice
civile le parole: "legittimi e dei suoi figli
naturali riconosciuti" sono soppresse.
ARTICOLO
N.27
Modifiche
all'articolo 262 del codice civile
Art.
27
1. All'articolo 262 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica dopo la parola: "figlio" sono aggiunte le seguenti:
"nato fuori del matrimonio";
b) la
parola: "naturale", ovunque presente, e' soppressa;
c) il
secondo comma e' sostituito dal seguente: "Se la filiazione nei confronti
del padre e' stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento
da parte della madre, il figlio puo' assumere il cognome del padre
aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.";
d) dopo il
secondo comma e' aggiunto il seguente: "Se la filiazione nei confronti del
genitore e' stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del
cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il
secondo comma del presente articolo; il figlio puo' mantenere il cognome
precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno
della sua identita' personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al
cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori
in caso di riconoscimento da parte di entrambi.";
e) al
terzo comma le parole: "l'assunzione del cognome del padre" sono
sostituite dalle seguenti: "l'assunzione del cognome del genitore, previo
ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta'
inferiore ove capace di discernimento".
ARTICOLO
N.28
Modifiche
all'articolo 263 del codice civile
Art.
28
1. L'articolo 263 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
263.
Impugnazione
del riconoscimento per difetto di veridicita'
Il
riconoscimento puo' essere impugnato per difetto di veridicita' dall'autore del
riconoscimento, da colui che e' stato riconosciuto e da chiunque vi abbia
interesse.
L'azione
e' imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione
di impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta
nel termine di un anno che decorre dal giorno dell'annotazione del
riconoscimento sull'atto di nascita. Se l'autore del riconoscimento prova di
aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine
decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la
madre che abbia effettuato il riconoscimento e' ammessa a provare di aver
ignorato l'impotenza del presunto padre. L'azione non puo' essere comunque
proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento.
L'azione
di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel
termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del
riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica l'articolo 245.".
ARTICOLO
N.29
Modifiche
all'articolo 264 del codice civile
Art.
29
1. L'articolo 264 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
264.
Impugnazione
da parte del figlio minore
L'impugnazione
del riconoscimento per difetto di veridicita' puo' essere altresi' promossa da
un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su
istanza del figlio minore che ha compiuto quattordici anni, ovvero del pubblico
ministero o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio,
quando si tratti di figlio di eta' inferiore.".
ARTICOLO
N.30
Modifiche
agli articoli 267 e 269 del codice civile
Art.
30
1. All'articolo 267 del codice
civile dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:
"Nel
caso indicato dal primo comma dell'articolo 263, se l'autore del riconoscimento
e' morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia decorso il termine
previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in
sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte
dell'autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di
figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno
dei discendenti.
Se il
figlio riconosciuto e' morto senza aver promosso l'azione di cui all'articolo
263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel
termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento
della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.
La morte
dell'autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce
l'esercizio dell'azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine
di cui al quarto comma dell'articolo 263.
Si
applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.".
2. All'articolo 269 del codice
civile la parola: "naturale", ovunque presente,
e' soppressa.
ARTICOLO
N.31
Modifiche
all'articolo 270 del codice civile
Art.
31
1. All'articolo 270 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma la parola: "naturale" e' soppressa;
b) al
secondo comma le parole: "legittimi, legittimati o naturali
riconosciuti" sono soppresse;
c) dopo il
terzo comma e' inserito il seguente: "Si applica l'articolo 245.".
ARTICOLO
N.32
Modifiche
all'articolo 273 del codice civile
Art.
32
1. All'articolo 273 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma la parola: "naturale" e' soppressa; la parola:
"potesta'"
e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
b) al
secondo comma la parola: "sedici" e' sostituita dalla seguente:
"quattordici".
ARTICOLO
N.33
Modifiche
all'articolo 276 del codice civile
Art.
33
1. All'articolo 276 del codice
civile la parola: "naturale" e' soppressa.
ARTICOLO
N.34
Modifiche
all'articolo 277 del codice civile
Art.
34
1. All'articolo 277 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma, la parola: "naturale" e' soppressa;
b) al
secondo comma, dopo le parole: "che stima utili per" sono inserite le
seguenti: "l'affidamento,".
ARTICOLO
N.35
Modifiche
all'articolo 278 del codice civile
Art.
35
1. L'articolo 278 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
278.
Autorizzazione
all'azione
Nei casi
di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea
retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo
di affinita' in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente
dichiarata la paternita' o la maternita' non puo' essere promossa senza previa
autorizzazione ai sensi dell'articolo 251.".
ARTICOLO
N.36
Modifiche
all'articolo 279 del codice civile
Art.
36
1. All'articolo 279 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma la parola: "naturale", ovunque presente, e' sostituita
dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio"; dopo le parole:
"per ottenere gli alimenti" sono inserite le seguenti: " a
condizione che il diritto al mantenimento di cui all'articolo 315-bis, sia
venuto meno.";
b) il
secondo comma e' sostituito dal seguente: "L'azione e' ammessa previa
autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.";
c) al
terzo comma la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.37
Modifiche
agli articoli 293 e 297 del codice civile
Art.
37
1. All'articolo 293 del codice
civile, nella rubrica e nel primo comma, le parole:
"nati fuori del matrimonio" sono soppresse.
2. Al
secondo comma dell'articolo
297 del codice civile, la parola: "potesta'" e'
sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.38
Modifiche
all'articolo 299 del codice civile
Art.
38
1. All'articolo 299 del codice
civile, il secondo comma e' sostituito dal seguente:
"Nel caso in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta
successivamente all'adozione si applica il primo comma.".
ARTICOLO
N.39
Modifiche
all'articolo 316 del codice civile
Art.
39
1. L'articolo 316 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
316.
Responsabilita'
genitoriale
Entrambi i
genitori hanno la responsabilita' genitoriale che e' esercitata di comune
accordo tenendo conto delle capacita', delle inclinazioni naturali e delle
aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza
abituale del minore.
In caso di
contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori puo'
ricorrere senza formalita' al giudice indicando i provvedimenti che ritiene
piu' idonei.
Il
giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia
compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento,
suggerisce le determinazioni che ritiene piu' utili nell'interesse del figlio e
dell'unita' familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere
di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il piu'
idoneo a curare l'interesse del figlio.
Il
genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilita' genitoriale
su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, e' fatto
dai genitori, l'esercizio della responsabilita' genitoriale spetta ad entrambi.
Il
genitore che non esercita la responsabilita' genitoriale vigila
sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.".
ARTICOLO
N.40
Articolo
316-bis del codice civile
Art.
40
1. Dopo l'articolo 316 del codice
civile e' inserito il seguente:
"Art.
316-bis.
Concorso
nel mantenimento
I genitori
devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle
rispettive sostanze e secondo la loro capacita' di lavoro professionale o
casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti,
in ordine di prossimita', sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi
necessari affinche' possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di
inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha
interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, puo' ordinare con
decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi,
sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il
mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.
Il decreto,
notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo,
ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di
venti giorni dalla notifica.
L'opposizione
e' regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in
quanto applicabili.
Le parti
ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo
ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.".
ARTICOLO
N.41
Modifiche
all'articolo 317 del codice civile
Art.
41
1. All'articolo 317 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale";
b) il
secondo comma e' sostituito dal seguente: "La responsabilita' genitoriale
di entrambi i genitori non cessa a seguito di separazione, scioglimento,
cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio; il suo
esercizio, in tali casi, e' regolato dal capo II del presente titolo.".
ARTICOLO
N.42
Modifiche
all'articolo 317-bis del codice civile
Art.
42
1. L'articolo 317-bis del
codice civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
317-bis.
Rapporti
con gli ascendenti
Gli
ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti
minorenni.
L'ascendente
al quale e' impedito l'esercizio di tale diritto puo' ricorrere al giudice del
luogo di residenza abituale del minore affinche' siano adottati i provvedimenti
piu' idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336,
secondo comma.".
ARTICOLO
N.43
Modifiche
all'articolo 318 del codice civile
Art.
43
1. All'articolo 318 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le
parole: "Il figlio" sono inserite le seguenti: ", sino alla
maggiore eta' o all'emancipazione,";
b) la
parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.44
Modifiche
all'articolo 320 del codice civile
Art.
44
1. All'articolo 320 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
parola: "potesta'" ovunque presente e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale";
b) al
primo comma dopo le parole: "i figli nati e nascituri" inserire le
seguenti: ", fino alla maggiore eta' o all'emancipazione,".
ARTICOLO
N.45
Modifiche
all'articolo 321 del codice civile
Art.
45
1. All'articolo 321 del codice
civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.46
Modifiche
all'articolo 322 del codice civile
Art.
46
1. All'articolo 322 del codice
civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.47
Modifiche
all'articolo 323 del codice civile
Art.
47
1. All'articolo 323 del codice
civile la parola: "potesta'", ovunque presente,
e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.48
Modifiche
all'articolo 324 del codice civile
Art.
48
1. All'articolo 324 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
parola: "potesta'", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale";
b) al
primo comma, dopo le parole: "dei beni del figlio", sono inserite le
seguenti: ", fino alla maggiore eta' o all'emancipazione".
ARTICOLO
N.49
Modifiche
all'articolo 327 del codice civile
Art.
49
1. All'articolo 327 del codice
civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.50
Modifiche
all'articolo 330 del codice civile
Art.
50
1. All'articolo 330 del codice
civile, nella rubrica e nel testo, la parola:
"potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.51
Modifiche
all'articolo 332 del codice civile
Art.
51
1. All'articolo 332 del codice
civile, nella rubrica e nel testo, la parola:
"potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.52
Modifiche
all'articolo 336 del codice civile
Art.
52
1. All'articolo 336 del codice
civile il secondo comma e' sostituito dal seguente:
"Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e
sentito il pubblico ministero;
dispone,
inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche
di eta' inferiore ove capace di discernimento.
Nei casi
in cui il provvedimento e' richiesto contro il genitore, questi deve essere
sentito.".
ARTICOLO
N.53
Articolo
336-bis del codice civile
Art.
53
1. Dopo l'articolo 336 del codice
civile e' inserito il seguente:
"Art.
336-bis.
Ascolto
del minore
Il minore
che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di
discernimento e' ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato
nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che
lo riguardano. Se l'ascolto e' in contrasto con l'interesse del minore, o
manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto
con provvedimento motivato.
L'ascolto
e' condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori,
anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il
curatore speciale del minore, se gia' nominato, ed il pubblico ministero, sono
ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono
proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio
dell'adempimento.
Prima di
procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del
procedimento e degli effetti dell'ascolto.
Dell'adempimento
e' redatto processo verbale nel quale e' descritto il contegno del minore,
ovvero e' effettuata registrazione audio video.".
ARTICOLO
N.54
Modifiche
all'articolo 337 del codice civile
Art.
54
1. All'articolo 337 del codice
civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.55
Introduzione
degli articoli da 337-bis a 337-octies del codice civile
Art.
55
1. Dopo l'articolo 337 del codice
civile sono inseriti i seguenti:
"Art.
337-bis.
Ambito di
applicazione
In caso di
separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento,
nullita' del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del
matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo.
Art.
337-ter.
Provvedimenti
riguardo ai figli
Il figlio
minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con
ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza
morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e
con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per
realizzare la finalita' indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui
all'articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con
esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta
prioritariamente la possibilita' che i figli minori restino affidati a entrambi
i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i
tempi e le modalita' della loro presenza presso ciascun genitore, fissando
altresi' la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al
mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende
atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i
genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in
caso di temporanea impossibilita' di affidare il minore ad uno dei genitori,
l'affidamento familiare. All'attuazione dei provvedimenti relativi
all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di
affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di
affidamento e' trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.
La
responsabilita' genitoriale e' esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni
di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla
salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune
accordo tenendo conto delle capacita', dell'inclinazione naturale e delle
aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione e' rimessa al
giudice.
Limitatamente
alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice puo'
stabilire che i genitori esercitino la responsabilita' genitoriale
separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il
giudice valutera' detto comportamento anche al fine della modifica delle
modalita' di affidamento.
Salvo
accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito;
il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno
periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalita', da
determinare considerando:
1) le
attuali esigenze del figlio.
2) il
tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i
genitori.
3) i tempi
di permanenza presso ciascun genitore.
4) le
risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la
valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno
e' automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro
indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le
informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino
sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia
tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se
intestati a soggetti diversi.
Art.
337-quater.
Affidamento
a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso
Il giudice
puo' disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga
con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario
all'interesse del minore.
Ciascuno
dei genitori puo', in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo
quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se
accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante,
facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo
comma dell'articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il
giudice puo' considerare il comportamento del genitore istante ai fini della
determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli,
rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.
Il
genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione
del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilita' genitoriale su di
essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che
non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli
sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati
ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e
puo' ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli
al loro interesse.
Art.
337-quinquies.
Revisione
delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli
I genitori
hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni
concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della
responsabilita' genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative
alla misura e alla modalita' del contributo.
Art.
337-sexies.
Assegnazione
della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza
Il
godimento della casa familiare e' attribuito tenendo prioritariamente conto
dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella
regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale
titolo di proprieta'. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno
nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa
familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento
di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai
sensi dell'articolo 2643.
In
presenza di figli minori, ciascuno dei genitori e' obbligato a comunicare
all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento
di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento
del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la
difficolta' di reperire il soggetto.
Art.
337-septies.
Disposizioni
in favore dei figli maggiorenni
Il
giudice, valutate le circostanze, puo' disporre in favore dei figli maggiorenni
non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale
assegno, salvo diversa determinazione del giudice, e' versato direttamente
all'avente diritto.
Ai figli
maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le
disposizioni previste in favore dei figli minori.
Art.
337-octies.
Poteri
del giudice e ascolto del minore
Prima
dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui
all'articolo 337-ter, il giudice puo' assumere, ad istanza di parte o
d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio
minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace
di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un
accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il
giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o
manifestamente superfluo.
Qualora ne
ravvisi l'opportunita', il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro
consenso, puo' rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo
337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una
mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela
dell'interesse morale e materiale dei figli.".
ARTICOLO
N.56
Modifiche
all'articolo 343 del codice civile
Art.
56
1. Al
primo comma dell'articolo
343 del codice civile le parole: "potesta' dei
genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.57
Modifiche
all'articolo 348 del codice civile
Art.
57
1. All'articolo 348 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
b) il
terzo comma e' sostituito dal seguente: "Il giudice, prima di procedere
alla nomina del tutore, dispone l'ascolto del minore che abbia compiuto gli
anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento.".
ARTICOLO
N.58
Modifiche
all'articolo 350 del codice civile
1. All'articolo 350 del codice
civile le parole: "potesta' dei genitori" sono
sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.59
Modifiche
all'articolo 356 del codice civile
Art.
59
1. Al
primo comma dell'articolo
356 del codice civile le parole: "potesta' dei
genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.60
Modifiche
all'articolo 371 del codice civile
Art.
60
1. All'articolo 371, primo
comma, del codice civile, il numero 1) e' sostituito dal
seguente:
"1)
sul luogo dove il minore deve essere cresciuto e sul suo avviamento agli studi
o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, disposto l'ascolto dello
stesso minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di eta' inferiore ove
capace di discernimento e richiesto, quando opportuno, l'avviso dei parenti
prossimi;".
ARTICOLO
N.61
Modifiche
all'articolo 401 del codice civile
Art.
61
1. All'articolo 401 del codice
civile le parole: "figli naturali riconosciuti dalla
sola madre che si trovi" sono sostituite dalle seguenti "figli di
genitori che si trovino"; la parola: "allevamento" e' sostituita
dalla seguente: "mantenimento".
ARTICOLO
N.62
Modifiche
all'articolo 402 del codice civile
Art.
62
1. All'articolo 402 del codice
civile le parole: "potesta' dei genitori",
ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti:
"responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.63
Modifiche
all'articolo 417 del codice civile
Art.
63
1. Al
secondo comma dell'articolo
417 del codice civile le parole: "potesta' dei
genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.64
Modifiche
all'articolo 433 del codice civile
Art.
64
1. All'articolo 433 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il
numero 2) e' sostituito dal seguente: "2) i figli, anche adottivi, e, in
loro mancanza, i discendenti prossimi;";
b) il
numero 3) e' sostituito dal seguente: "3) i genitori e, in loro mancanza,
gli ascendenti prossimi; gli adottanti;".
ARTICOLO
N.65
Modifiche
all'articolo 436 del codice civile
Art.
65
1. All'articolo 436 del codice
civile le parole: "legittimi o naturali" sono
soppresse.
ARTICOLO
N.66
Modifiche
all'articolo 448-bis del codice civile
Art.
66
1. All'articolo 448-bis del
codice civile, nella rubrica e nel testo, la parola:
"potesta'" e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.67
Modifiche
all'articolo 467 del codice civile
Art.
67
1. All'articolo 467 del codice
civile le parole: "legittimi o naturali" sono
soppresse.
ARTICOLO
N.68
Modifiche
all'articolo 468 del codice civile
Art.
68
1. All'articolo 468 del codice
civile le parole: "legittimi, legittimati e
adottivi" sono sostituite dalle seguenti: "anche adottivi"; le
parole: "nonche' dei discendenti dei figli naturali del defunto,"
sono soppresse.
ARTICOLO
N.69
Modifiche
all'articolo 480 del codice civile
Art.
69
1. Al
secondo comma dell'articolo
480 del codice civile dopo le parole: "la
condizione." e' aggiunto il seguente periodo: "In caso di
accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in
giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa.".
ARTICOLO
N.70
Modifiche
all'articolo 536 del codice civile
Art.
70
1. All'articolo 536 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma le parole: "i figli legittimi, i figli naturali, gli
ascendenti legittimi" sono sostituite dalle seguenti:
"i
figli, gli ascendenti";
b) al
secondo comma le parole: "legittimi" e "i legittimati e"
sono soppresse;
c) al
terzo comma le parole: "legittimi o naturali" ovunque presenti sono
soppresse.
ARTICOLO
N.71
Modifiche
all'articolo 537 del codice civile
Art.
71
1. All'articolo 537 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica le parole: "legittimi e naturali" sono soppresse;
b) al
primo comma le parole: "legittimo o naturale," sono soppresse;
c) al
secondo comma le parole: " , legittimi e naturali" sono soppresse;
d) il
terzo comma e' abrogato.
ARTICOLO
N.72
Modifiche
all'articolo 538 del codice civile
Art.
72
1. All'articolo 538 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica la parola: "legittimi" e' soppressa;
b) al
primo comma le parole: "legittimi ne' naturali" e la parola:
"legittimi" sono soppresse.
ARTICOLO
N.73
Modifiche
all'articolo 542 del codice civile
Art.
73
1. All'articolo 542 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma le parole: "legittimo o naturale," sono soppresse;
b) al
secondo comma le parole: ", legittimi o naturali" ovunque presenti
sono soppresse;
c) il
terzo comma e' abrogato.
ARTICOLO
N.74
Modifiche
all'articolo 544 del codice civile
Art.
74
1. All'articolo 544 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica la parola: "legittimi" e' soppressa;
b) al
primo comma le parole: "ne' figli legittimi ne' figli naturali" sono
sostituite dalla seguente: "figli"; la parola: "legittimi"
e' soppressa.
ARTICOLO
N.75
Modifiche
all'articolo 565 del codice civile
Art.
75
1. All'articolo 565 del codice
civile le parole: "legittimi e naturali" e la
parola: "legittimi" sono soppresse.
ARTICOLO
N.76
Modifiche
all'articolo 566 del codice civile
Art.
76
1. L'articolo 566 del codice
civile e' sostituito dal seguente:
"Art.
566.
Successione
dei figli
Al padre
ed alla madre succedono i figli, in parti uguali.".
ARTICOLO
N.77
Modifiche
all'articolo 567 del codice civile
Art.
77
1. All'articolo 567 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la
rubrica e' sostituita dalla seguente "Successione dei figli
adottivi";
b) il
primo comma e' sostituito dal seguente: "Ai figli sono equiparati gli
adottivi".
ARTICOLO
N.78
Modifiche
all'articolo 573 del codice civile
Art.
78
1. All'articolo 573 del codice
civile, nella rubrica e nel primo comma, la parola:
"naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del
matrimonio".
ARTICOLO
N.79
Modifiche
all'articolo 580 del codice civile
Art.
79
1. All'articolo 580 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica la parola: "naturali" e' sostituita dalla seguente:
"nati fuori del matrimonio";
b) la
parola: "naturali", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti:
"nati fuori del matrimonio".
ARTICOLO
N.80
Modifiche
all'articolo 581 del codice civile
Art.
80
1. All'articolo 581 del codice
civile le parole: "legittimi o figli naturali, o
figli legittimi e naturali" sono soppresse.
ARTICOLO
N.81
Modifiche
all'articolo 582 del codice civile
Art.
81
1. All'articolo 582 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella rubrica
la parola: "legittimi" e' soppressa;
b) al
primo comma la parola: "legittimi" e' soppressa.
ARTICOLO
N.82
Modifiche
all'articolo 583 del codice civile
Art.
82
1. All'articolo 583 del codice
civile le parole: "legittimi o naturali" sono
soppresse.
ARTICOLO
N.83
Modifiche
all'articolo 594 del codice civile
Art.
83
1. All'articolo 594 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella
rubrica la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti:
"nati fuori del matrimonio";
b) la
parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del
matrimonio".
ARTICOLO
N.84
Modifiche
all'articolo 643 del codice civile
Art.
84
1. All'articolo 643 del codice
civile il secondo comma e' sostituito dal seguente:
"Se e' chiamato un concepito, l'amministrazione spetta al padre e alla
madre.".
ARTICOLO
N.85
Modifiche
all'articolo 687 del codice civile
Art.
85
1. All'articolo 687 del codice
civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
primo comma la parola: "legittimo" e' soppressa; le parole: "o
legittimato o" sono sostituite dalla seguente: "anche" e la
parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del
matrimonio";
b) il
secondo comma e' sostituito dal seguente: "La revocazione ha luogo anche
se il figlio e' stato concepito al tempo del testamento.".
ARTICOLO
N.86
Modifiche
all'articolo 715 del codice civile
Art.
86
1. Al
primo comma dell'articolo
715 del codice civile le parole:
"sulla
legittimita' o sulla filiazione naturale" sono sostituite dalle seguenti:
"sulla filiazione".
ARTICOLO
N.87
Modifiche
all'articolo 737 del codice civile
Art.
87
1. All'articolo 737 del codice
civile le parole: "legittimi e naturali" ovunque
presenti sono soppresse.
ARTICOLO
N.88
Modifiche
all'articolo 803 del codice civile
Art.
88
1. L'articolo 803 del codice
civile e' sostituito dal seguente.
"Art.
803.
Revocazione
per sopravvenienza di figli
Le
donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al
tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o
l'esistenza di un figlio o discendente del donante.
Possono
inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, salvo che si provi
che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del
figlio.
La
revocazione puo' essere domandata anche se il figlio del donante era gia'
concepito al tempo della donazione.".
ARTICOLO
N.89
Modifiche
all'articolo 804 del codice civile
Art.
89
1. All'articolo 804 del codice
civile dopo le parole: "ultimo figlio" sono
aggiunte le seguenti "nato nel matrimonio"; la parola:
"legittimo"
e' soppressa; la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio".
ARTICOLO
N.90
Modifiche
all'articolo 1023 del codice civile
Art.
90
1. All'articolo 1023 del codice
civile, il secondo periodo del primo comma e' sostituito
dal seguente: "Si comprendono inoltre i figli adottivi e i figli
riconosciuti, anche se l'adozione o il riconoscimento sono seguiti dopo che il
diritto era gia' sorto.".
ARTICOLO
N.91
Modifiche
all'articolo 1916 del codice civile
Art.
91
1. All'articolo 1916 del codice
civile, secondo comma, le parole: "dagli
affiliati," sono soppresse.
ARTICOLO
N.92
Modifiche
all'articolo 2941 del codice civile
Art.
92
1. Al
numero 2) dell'articolo
2941 del codice civile la parola: "potesta'" e'
sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".
Titolo II
Modifiche ai codici penale, di procedura penale e di procedura civile in
materia di filiazione
ARTICOLO N.93
Modifiche
al codice penale in materia di filiazione
Art.
93
1. Al
codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
all'articolo 19, primo comma, numero 6), le parole: "potesta' dei
genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
b)
all'articolo 32, secondo comma, le parole: "potesta' dei genitori"
sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
c)
all'articolo 34, nella rubrica e nel testo dell'articolo, le parole:
"potesta' dei genitori" e la parola: "potesta'", ovunque
presenti, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
d)
all'articolo 98, secondo comma, le parole: "potesta' dei genitori"
sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
e)
all'articolo 111, secondo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
f)
all'articolo 112, terzo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
g)
all'articolo 146, secondo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
h)
all'articolo 147, terzo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
i)
all'articolo 540, primo comma, la parola: "illegittima" e' sostituita
dalle seguenti: "fuori del matrimonio" e la parola:
"legittima" e' sostituita dalle seguenti: "nel matrimonio";
nel secondo comma, la parola: "illegittima" e' sostituita dalle
seguenti: "fuori del matrimonio";
l)
all'articolo 564, quarto comma, le parole: "potesta' dei genitori"
sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
m) nella
rubrica dell'articolo 568 le parole: "fanciullo legittimo o naturale
riconosciuto" sono sostituite dalla seguente:"figlio"; al primo
comma le parole: "legittimo o naturale riconosciuto" sono sostituite
dalle seguenti "nato nel matrimonio o riconosciuto";
n)
all'articolo 569, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
o)
all'articolo 570, primo comma, le parole: "potesta' dei genitori"
sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
p)
all'articolo 573, primo comma, le parole: "potesta' dei genitori"
sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
q)
all'articolo 574, primo comma, le parole: "potesta' dei genitori",
ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
r)
all'articolo 574-bis, le parole: "potesta' dei genitori" e le parole:
"potesta' genitoriale", ovunque presenti, sono sostituite dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
s)
all'articolo 583-bis, quarto comma, numero 1), le parole: "potesta' del
genitore" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
t)
all'articolo 600-septies.2, primo comma, numero 1), le parole: "potesta'
genitoriale" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
u)
all'articolo 609-nonies, primo comma, numero 1), le parole: "potesta' del
genitore" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale".
ARTICOLO
N.94
Modifiche
al codice di procedura penale in materia di filiazione
Art.
94
1. All'articolo 288 del codice
di procedura penale, nella rubrica e nel comma 1, le
parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.95
Modifiche
al codice di procedura civile in materia di filiazione
Art.
95
1. Al
codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
all'articolo 706 il quarto comma e' sostituito dal seguente:
"Nel
ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi.";
b)
all'articolo 709-ter, primo comma, la parola: "potesta'" e'
sostituita dalla seguente: "responsabilita'".
Titolo III
Modifiche alle leggi speciali in materia di filiazione
ARTICOLO N.96
Modifiche
al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318
Art.
96
1. Al regio decreto 30 marzo
1942, n. 318, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
l'articolo 35 e' sostituito dal seguente:
"Art.
35.
Sulla
domanda di adozione e di revoca della adozione di minore di eta' provvede il
tribunale per i minorenni.";
b) dopo
l'articolo 37 e' inserito il seguente:
"Art.
37-bis.
I figli
maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall'articolo 337-septies,
secondo comma, del codice civile, sono coloro i quali siano portatori di
handicap ai sensi dell'articolo
3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.";
c)
all'articolo 38, primo comma, dopo le parole: "spetta al giudice
ordinario." e' aggiunto il seguente periodo: "Sono, altresi', di
competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli
articoli 251
e 317-bis del
codice civile.";
d) dopo
l'articolo 38 e' inserito il seguente:
"Art.
38-bis.
Quando la
salvaguardia del minore e' assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l'uso di
un vetro specchio unitamente ad impianto citofonico, i difensori delle parti,
il curatore speciale del minore, se gia' nominato, ed il pubblico ministero
possono seguire l'ascolto del minore, in luogo diverso da quello in cui egli si
trova, senza chiedere l'autorizzazione del giudice prevista dall'articolo
336-bis, secondo comma, del codice civile.";
e)
all'articolo 117 le parole: "figli naturali" sono sostituite dalle
seguenti: "figli nati fuori del matrimonio";
f)
all'articolo 121 la parola: "legittimo" e' sostituita dalle seguenti:
"nato nel matrimonio";
g)
all'articolo 122 la parola: "naturali" ovunque presente e' sostituita
dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio";
h)
all'articolo 123 la parola: "naturali" e la parola:
"adulterini"
ovunque presenti sono sostituite dalle seguenti: "nati fuori del
matrimonio"; al quinto comma la parola: "naturale" e' soppressa;
i) dopo
l'articolo 127 e' inserito il seguente:
"Art.
127-bis.
I divieti
contenuti nei numeri 6, 7, 8 e 9 dell'articolo 87 del codice civile
sono applicabili all'affiliazione.".
ARTICOLO
N.97
Modifiche
alla legge 21 novembre 1967, n. 1185
Art.
97
1. All'articolo 3 della legge
21 novembre 1967, n. 1185, le parole: "patria
potesta'" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale"; le parole: "potesta' sul figlio" sono sostituite
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale sul figlio".
ARTICOLO
N.98
Modifiche
alla legge 1° dicembre 1970, n. 898
Art.
98
1. Alla legge 1° dicembre 1970,
n. 898, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo
4 il comma 4 e' sostituito dal seguente: "4. Nel ricorso deve essere
indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi."; nel comma 8, le
parole da "qualora lo ritenga" fino a: "i figli minori"
sono sostituite dalle seguenti: "disposto l'ascolto del figlio minore che
abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di
discernimento";
b)
all'articolo 6, comma 1, le parole: "147 e 148" sono sostituite dalle
seguenti: "315-bis e 316-bis "; il comma 2 e' sostituito dal
seguente: "2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni
contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice
civile."; i commi 3, 4, 5, 8, 9, 10, 11 e 12 sono abrogati; nel comma 7,
la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale";
c)
all'articolo 12, la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio".
ARTICOLO
N.99
Modifiche
alla legge 22 maggio 1978, n. 194
Art.
99
1. All'articolo 12 della legge
22 maggio 1978, n. 194, la parola: "potesta'" e'
sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".
ARTICOLO
N.100
Modifiche
alla legge 4 maggio 1983, n. 184
Art.
100
1. Alla legge 4 maggio 1983, n.
184, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
all'articolo 1 la parola: "potesta'" e' sostituita dalla seguente:
"responsabilita'";
b)
all'articolo 3 le parole: "potesta' dei genitori" e la parola:
"potesta'" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
c)
all'articolo 4 la parola: "potesta'", ovunque presente, e' sostituita
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
d)
all'articolo 5 le parole: "potesta' parentale" e la parola:
"potesta'" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale";
e)
all'articolo 6, comma 6, le parole: "naturali o" sono sostituite
dalla seguente: "anche";
f)
all'articolo 8, comma 3, dopo le parole: "dei servizi sociali locali"
sono inserite le seguenti: ", anche all'esito della segnalazione di cui
all'articolo 79-bis,";
g)
all'articolo 9, comma 5, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
h)
all'articolo 10, comma 3, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
i)
all'articolo 11 la parola: "naturali" e la parola:
"naturale", ovunque presenti, sono soppresse; al terzo comma, dopo le
parole: "per altri due mesi." e' aggiunto il seguente periodo:
"Il genitore autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo
anno ai sensi dell'articolo
250, quinto comma, del codice civile, puo' chiedere
ulteriore sospensione per altri due mesi dopo l'autorizzazione.";
l)
all'articolo 15, comma 1, la lettera c), e' sostituita dalla seguente: "c)
le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute
per responsabilita' dei genitori ovvero e' provata l'irrecuperabilita' delle
capacita' genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole.";
m)
all'articolo 19, comma 1, le parole: "potesta' dei genitori" sono
sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
n)
all'articolo 25, comma 2, le parole: "legittimi o legittimati" sono
soppresse e la parola: "quattordici" e' sostituita dalla seguente:
"dodici";
o)
all'articolo 27, comma 1, la parola: "legittimo" e' sostituita dalle
seguenti: "nato nel matrimonio";
p)
all'articolo 28, comma 4, le parole: "potesta' dei genitori" sono
sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
q)
all'articolo 32, comma 2, lettera b), la parola: "legittimo" e'
sostituita dalle seguenti: "nato nel matrimonio" e la parola:
"naturali" e' sostituita dalla seguente: "biologici";
r)
all'articolo 36, comma 2, lettera a), la parola: "naturali" e'
sostituita dalla seguente: "biologici" e la parola:
"legittimo" e' sostituita dalle seguenti: "nato nel
matrimonio";
s)
all'articolo 37, comma 2, la parola: "naturali" e' sostituita dalla
seguente: "biologici";
t)
all'articolo 44, comma 2, la parola: "legittimi" e' soppressa;
u)
all'articolo 46, comma 2, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
v)
all'articolo 48, comma 1, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
z)
all'articolo 50 la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti:
"responsabilita' genitoriale";
aa)
all'articolo 52, comma 3, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
bb)
all'articolo 71, comma 3, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle
seguenti: "responsabilita' genitoriale";
cc)
all'articolo 73, comma 1, le parole: "legittimo per adozione" sono
sostituite dalla seguente: "adottivo";
dd)
all'articolo 74 la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio";
ee) dopo
l'articolo 79 e' inserito il seguente:
"Art.
79-bis.
1. Il
giudice segnala ai comuni le situazioni di indigenza di nuclei familiari che
richiedono interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato
nell'ambito della propria famiglia.".
ARTICOLO
N.101
Modifiche
alla legge 31 maggio 1995, n. 218
Art.
101
1. Alla legge 31 maggio 1995, n.
218, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
l'articolo 33 e' sostituito dal seguente:
"Art.
33.
Filiazione
1. Lo
stato di figlio e' determinato dalla legge nazionale del figlio o, se piu'
favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e' cittadino, al
momento della nascita.
2. La
legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli effetti
dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio; qualora la legge
cosi' individuata non permetta l'accertamento o la contestazione dello stato di
figlio si applica la legge italiana.
3. Lo
stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori,
non puo' essere contestato che alla stregua di tale legge; se tale legge non
consente la contestazione si applica la legge italiana.
4. Sono di
applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicita'
dello stato di figlio.";
b) nella
rubrica dell'articolo 35 la parola: "naturale" e' soppressa; il comma
1 e' sostituito dal seguente: "1. Le condizioni per il riconoscimento del
figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita,
o se piu' favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento,
nel momento in cui questo avviene; se tali leggi non prevedono il
riconoscimento si applica la legge italiana.";
c)
all'articolo 36 le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite
dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";
d) dopo
l'articolo 36 e' inserito il seguente:
"Art.
36-bis.
1.
Nonostante il richiamo ad altra legge, si applicano in ogni caso le norme del
diritto italiano che:
a)
attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilita' genitoriale;
b)
stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento del
figlio;
c)
attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o
ablativi della responsabilita' genitoriale in presenza di condotte
pregiudizievoli per il figlio.";
e) all'articolo
38, primo comma, la parola: "legittimo" e' soppressa.
ARTICOLO
N.102
Modifiche
alla legge 19 febbraio 2004, n. 40
Art.
102
1. All'articolo 8 della legge
19 febbraio 2004, n. 40, la parola: "legittimi"
e' sostituita dalle seguenti: "nati nel matrimonio".
ARTICOLO
N.103
Modifiche
al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71
Art.
103
1. All'articolo 30 del decreto
legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) la
rubrica e' sostituita dalla seguente: "Riconoscimento dei figli nati fuori
del matrimonio";
b) al
primo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti:
"nato fuori del matrimonio";
c) il
secondo periodo del primo comma e' sostituito dal seguente:
"Quando
ricorrono i presupposti previsti dall'articolo 262 del codice civile,
il capo dell'ufficio consolare riceve altresi' le domande relative al cognome
del figlio nato fuori del matrimonio e le trasmette al giudice
competente";
d) il
secondo comma e' abrogato.
Titolo IV
Disposizioni transitorie e finali
ARTICOLO N.104
Disposizioni
transitorie
Art.
104
1. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, sono legittimati a proporre azioni di petizione di
eredita', ai sensi dell'articolo
533 del codice civile, coloro che, in applicazione
dell'articolo 74 dello stesso codice, come modificato dalla medesima legge,
hanno titolo a chiedere il riconoscimento della qualita' di erede.
2. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, possono essere fatti valere i diritti successori
che discendono dall'articolo
74 del codice civile, come modificato dalla medesima
legge.
3. Le
disposizioni di cui al comma 1 e al comma 2 si applicano anche nei confronti
dei discendenti del figlio, riconosciuto o la cui paternita' o maternita' sia
stata giudizialmente accertata, morto prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219.
4. I
diritti successori che discendono dall'articolo 74 del codice civile,
come modificato dalla legge
10 dicembre 2012, n. 219, sulle eredita' aperte
anteriormente al termine della sua entrata in vigore si prescrivono a far data
da suddetto termine.
5. Nei
casi in cui i riconoscimenti o le dichiarazioni giudiziali di genitorialita'
intervengano dopo il termine di entrata in vigore della presente legge, i
diritti successori che non sarebbero spettati a persona deceduta prima di tale
termine possono essere fatti valere dai suoi discendenti in rappresentazione e
dai suoi eredi. Essi si prescrivono a far data dall'annotazione del
riconoscimento nell'atto di nascita o dal passaggio in giudicato della sentenza
dichiarativa della paternita' o maternita'.
6. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, nei giudizi promossi ai sensi dell'articolo 533 del codice
civile, pendenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, si applicano l'articolo 74 del codice civile,
come modificato dalla legge
10 dicembre 2012, n. 219, e le disposizioni del libro
secondo del codice civile, come modificate dal presente decreto legislativo.
7. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, le disposizioni del codice civile, come modificate
dal presente decreto legislativo, si applicano alle azioni di disconoscimento
di paternita', di reclamo e di contestazione dello stato di figlio, relative ai
figli nati prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
8. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, le disposizioni del codice civile relative al
riconoscimento dei figli, come modificate dalla medesima legge, si applicano
anche ai figli nati o concepiti anteriormente all'entrata in vigore della
stessa.
9. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, i termini per proporre l'azione di disconoscimento
di paternita', previsti dal quarto comma dell'articolo 244 del codice civile,
decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo.
10. Fermi
gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, nel caso di riconoscimento di figlio annotato
sull'atto di nascita prima dell'entrata in vigore del presente decreto
legislativo, i termini per proporre l'azione di impugnazione, previsti dall'articolo
263 e dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 267 del codice civile,
decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
11.
Restano validi e non possono essere modificati gli atti dello stato civile gia'
formati secondo le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012,
n. 219, salve le modifiche risultanti da provvedimenti
giudiziari.
ARTICOLO
N.105
Sostituzione
termini
Art.
105
1. La
parola: "potesta'" riferita alla potesta' genitoriale, le parole:
"potesta' genitoriale", ovunque presenti, in tutta la legislazione
vigente, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita'
genitoriale".
2. Le
parole: "figli legittimi" o le parole: "figlio legittimo",
ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente sono sostituite dalle
seguenti: "figli nati nel matrimonio" o dalle seguenti: "figlio
nato nel matrimonio".
3. Le
parole: "figli naturali" o le parole: "figlio naturale",
ovvero "figli adulterini" o "figlio adulterino" ove presenti,
in tutta la legislazione vigente sono sostituite dalle seguenti: "figli
nati fuori del matrimonio" o dalle seguenti: "figlio nato fuori del
matrimonio".
4. Le
parole: "figli legittimati", "figlio legittimato",
"legittimato", "legittimati" ovunque presenti in tutta la
legislazione vigente, sono soppresse.
ARTICOLO
N.106
Abrogazioni
Art.
106
1. A
decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le
seguenti disposizioni:
a) gli
articoli 155-bis,
155-ter,
155-quater,
155-quinquies,
155-sexies,
233,
235,
242,
243,
261,
578
e 579 del codice
civile;
b) gli
articoli 34,
124
e 125 del regio
decreto 30 marzo 1942, n. 318;
c) l'articolo 34 della legge
31 maggio 1995, n. 218.
ARTICOLO
N.107
Clausola
di invarianza finanziaria
Art.
107
1.
Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri
a carico della finanza pubblica.
2. Le
Amministrazioni interessate provvedono ai compiti di cui al presente decreto
con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione
vigente.
ARTICOLO
N.108
Entrata
in vigore
Art.
108
1. Il
presente decreto legislativo entra in vigore il trentesimo giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Il presente
decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Legge 9 dicembre 1998, n. 431 (in Suppl. ordinario n. 203/L, alla Gazz. Uff., 15 dicembre, n. 292). - Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
CAPO I
LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO ABITATIVO
ARTICOLO N.1
Ambito di applicazione.
1. I contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, di seguito denominati "contratti di locazione", sono stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3 dell'articolo 2.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano: (1)
a) ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell'articolo 2 della presente legge;
b) agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;
c) agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.
3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano ai contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile. A tali contratti non si applica l'articolo 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (1).
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta.
(1) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2.
ARTICOLO N.2
Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione.
1. Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni (1) .
2. Per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 1, i contraenti possono avvalersi dell'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.
3. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Al fine di promuovere i predetti accordi, i comuni, anche in forma associata, provvedono a convocare le predette organizzazioni entro sessanta giorni dalla emanazione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4. I medesimi accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata (2).
4. Per favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3, i comuni possono deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente al momento in cui le delibere stesse sono assunte. I comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, per la stessa finalità di cui al primo periodo possono derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni (3).
5. I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 5. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.
6. I contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo.
(1) Vedi l'articolo 2 del D.M. 30 dicembre 2002.
(2) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2. Vedi anche gli articoli 1 e 5 del D.M. 30 dicembre 2002.
(3) A norma dell'articolo 2, comma 288, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 il presente comma deve essere interpretato nel senso che le aliquote possono arrivare fino all’esenzione dall’imposta.
ARTICOLO N.3
Disdetta del contratto da parte del locatore.
1. Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:
a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;
f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;
g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
2. Nei casi di disdetta del contratto da parte del locatore per i motivi di cui al comma 1, lettere d) ed e), il possesso, per l'esecuzione dei lavori ivi indicati, della concessione o dell'autorizzazione edilizia è condizione di procedibilità dell'azione di rilascio. I termini di validità della concessione o dell'autorizzazione decorrono dall'effettiva disponibilità a seguito del rilascio dell'immobile. Il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui all'articolo 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il proprietario, terminati i lavori, concede nuovamente in locazione l'immobile. Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata.
3. Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.
4. Per la procedura di diniego di rinnovo si applica l'articolo 30 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.
5. Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3.
6. Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.
CAPO II
CONTRATTI DI LOCAZIONE STIPULATI IN BASE AD ACCORDI DEFINITI IN SEDE LOCALE
ARTICOLO N.4
Convenzione nazionale.
1. Al fine di favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3 dell'articolo 2, il Ministro dei lavori pubblici convoca le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, ogni tre anni a decorrere dalla medesima data, al fine di promuovere una convenzione, di seguito denominata "convenzione nazionale", che individui i criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti. In caso di mancanza di accordo delle parti, i predetti criteri generali sono stabiliti dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, con il decreto di cui al comma 2 del presente articolo, sulla base degli orientamenti prevalenti espressi dalle predette organizzazioni. I criteri generali definiti ai sensi del presente comma costituiscono la base per la realizzazione degli accordi locali di cui al comma 3 dell'articolo 2 e il loro rispetto, unitamente all'utilizzazione dei tipi di contratto di cui all' articolo 4-bis, costituisce condizione per l'applicazione dei benefici di cui all'articolo 8. (1)
2. I criteri generali di cui al comma 1 sono indicati in apposito decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla conclusione della convenzione nazionale ovvero dalla constatazione, da parte del Ministro dei lavori pubblici, della mancanza di accordo delle parti, trascorsi novanta giorni dalla loro convocazione. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di applicazione dei benefici di cui all'articolo 8 per i contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 in conformità ai criteri generali di cui al comma 1 del presente articolo.
3. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2, il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, fissa con apposito decreto le condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 nonché dell' articolo 5, nel caso in cui non vengano convocate da parte dei comuni le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero non siano definiti gli accordi di cui al medesimo comma 3 dell'articolo 2 (2) (3).
4. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 60, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito atto di indirizzo e coordinamento, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti, in sostituzione di quelli facenti riferimento alla legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni, criteri in materia di determinazione da parte delle regioni dei canoni di locazione per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Gli attuali criteri di determinazione dei canoni restano validi fino all'adeguamento da parte delle regioni ai criteri stabiliti ai sensi del presente comma.
(1) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2.
(2) Vedi l'articolo 7 del D.M. 30 dicembre 2002.
(3) Comma modificato dall'articolo 7 del D.L. 13 settembre 2004, n. 240.
ARTICOLO N.4 bis
Tipi di contratto
1. La convenzione nazionale di cui all'articolo 4, comma 1, approva i tipi di contratto per la stipula dei contratti agevolati di cui all'articolo 2, comma 3, nonché dei contratti di locazione di natura transitoria di cui all'articolo 5, comma 1, e dei contratti di locazione per studenti universitari di cui all'articolo 5, commi 2 e 3.
2. I tipi di contratto possono indicare scelte alternative, da definire negli accordi locali, in relazione a specifici aspetti contrattuali, con particolare riferimento ai criteri per la misurazione delle superfici degli immobili.
3. In caso di mancanza di accordo delle parti, i tipi di contratto sono definiti con il decreto di cui all'articolo 4, comma 2. (1)
(1) Articolo inserito dall'art. 1, l. 8 gennaio 2002, n. 2.
ARTICOLO N.5
Contratti di locazione di natura transitoria.
1. Il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4 definisce le condizioni e le modalità per la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla presente legge per soddisfare particolari esigenze delle parti (1) .
2. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, possono essere stipulati contratti di locazione per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari sulla base dei tipi di contratto di cui all' articolo 4-bis. (2)
3. È facoltà dei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d'intesa con comuni limitrofi, promuovere specifici accordi locali per la definizione, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi del comma 2 dell'articolo 4, dei canoni di locazione di immobili ad uso abitativo per studenti universitari. Agli accordi partecipano, oltre alle organizzazioni di cui al comma 3 dell'articolo 2, le aziende per il diritto allo studio e le associazioni degli studenti, nonché cooperative ed enti non lucrativi operanti nel settore. (1)
(1) Per la durata di tali contratti vedi l'articolo 2 del D.M. 30 dicembre 2002.
(2) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2.
CAPO III
ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DI RILASCIO DEGLI IMMOBILI ADIBITI AD USO
ABITATIVO
ARTICOLO N.6
Rilascio degli immobili.
1. Nei comuni indicati all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo per finita locazione sono sospese per un periodo di centottanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il locatore ed il conduttore di immobili adibiti ad uso abitativo, per i quali penda provvedimento esecutivo di rilascio per finita locazione, avviano entro il termine di sospensione di cui al comma 1, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche tramite le rispettive organizzazioni sindacali, trattative per la stipula di un nuovo contratto di locazione in base alle procedure definite all'articolo 2 della presente legge.
3. Trascorso il termine di cui al comma 1 ed in mancanza di accordo fra le parti per il rinnovo della locazione, i conduttori interessati possono chiedere, entro e non oltre i trenta giorni dalla scadenza del termine fissato dal comma 1, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell'articolo 11 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94. Avverso il decreto del pretore è ammessa opposizione al tribunale che giudica con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile. Il decreto con cui il pretore fissa nuovamente la data dell'esecuzione vale anche come autorizzazione all'ufficiale giudiziario a servirsi dell'assistenza della forza pubblica.
4. Per i provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il conduttore può chiedere una sola volta, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione entro un termine di sei mesi salvi i casi di cui al comma 5. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982. Avverso il decreto del pretore il locatore ed il conduttore possono proporre opposizione per qualsiasi motivo al tribunale che giudica con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile.
5. Il differimento del termine delle esecuzioni di cui ai commi 3 e 4 può essere fissato fino a diciotto mesi nei casi in cui il conduttore abbia compiuto i 65 anni di età, abbia cinque o più figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilità, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi, sia portatore di handicap o malato terminale (1).
6. Durante i periodi di sospensione delle esecuzioni di cui al comma 1 del presente articolo e al comma quarto dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982,, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, nonché per i periodi di cui all'articolo 3 del citato decreto-legge n. 551 del 1988 e prorogati, e comunque fino all'effettivo rilascio, i conduttori sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile, una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente; l'importo così determinato è maggiorato del venti per cento. La corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile. Durante i predetti periodi di sospensione sono dovuti gli oneri accessori di cui all'articolo 9 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni. In caso di inadempimento, il conduttore decade dal beneficio, comunque concesso, della sospensione dell'esecuzione del provvedimento di rilascio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55 della citata legge n. 392 del 1978 (2).
7. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 1 del citato decreto-legge n. 551 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1989, nonché quanto previsto dai commi primo, secondo e terzo dell'articolo 17 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, è data priorità ai destinatari di provvedimenti di rilascio con data di esecuzione fissata entro il termine di tre mesi.
(1) Il termine dilatorio di cui al presente comma, non può essere inferiore a nove mesi, mentre l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio già emessi è differita di nove mesi a partire dal 1° gennaio 2000 (art. 1, d.l. 25 febbraio 2000, n. 32, conv. in l. 20 aprile 2000, n. 97).
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 9 novembre 2000, n. 482, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile.
ARTICOLO N.7
Condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile.
[1. Condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile locato è la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l'immobile è stato denunciato ai fini dell'applicazione dell'ICI e che il reddito derivante dall'immobile medesimo è stato dichiarato ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi. Ai fini della predetta dimostrazione, nel precetto di cui all'articolo 480 del codice di procedura civile devono essere indicati gli estremi di registrazione del contratto di locazione, gli estremi dell'ultima denuncia dell'unità immobiliare alla quale il contratto si riferisce ai fini dell'applicazione dell'ICI, gli estremi dell'ultima dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è stato dichiarato nonché gli estremi delle ricevute di versamento dell'ICI relative all'anno precedente a quello di competenza. (1)] (2)
(1) Per un'interpretazione autentica del primo periodo del presente comma, vedi art. 1, d.l. 25 febbraio 2000, n. 32, conv. in l. 20 aprile 2000, n. 97.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza n. 333 del 5 ottobre 2001, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo.
CAPO IV
MISURE DI SOSTEGNO AL MERCATO DELLE LOCAZIONI
ARTICOLO N.8
Agevolazioni fiscali.
1. Nei comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, il reddito imponibile derivante al proprietario dai contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 a seguito di accordo definito in sede locale e nel rispetto dei criteri indicati dal decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4, ovvero nel rispetto delle condizioni fissate dal decreto di cui al comma 3 del medesimo articolo 4, determinato ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è ulteriormente ridotto del 30 per cento. Per i suddetti contratti il corrispettivo annuo ai fini della determinazione della base imponibile per l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro è assunto nella misura minima del 70 per cento.
2. Il locatore, per usufruire dei benefici di cui al comma 1, deve indicare nella dichiarazione dei redditi gli estremi di registrazione del contratto di locazione nonché quelli della denuncia dell'immobile ai fini dell'applicazione dell'ICI.
3. Le agevolazioni di cui al presente articolo non si applicano ai contratti di locazione volti a soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, fatta eccezione per i contratti di cui al comma 2 dell'articolo 5 e per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 1.
4. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia, provvede, ogni ventiquattro mesi, all'aggiornamento dell'elenco dei comuni di cui al comma 1, anche articolando ed ampliando i criteri previsti dall'articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899. La proposta del Ministro dei lavori pubblici è formulata avuto riguardo alle risultanze dell'attività dell'Osservatorio della condizione abitativa di cui all'articolo 12. Qualora le determinazioni del CIPE comportino un aumento del numero dei beneficiari dell'agevolazione fiscale prevista dal comma 1, è corrispondentemente aumentata, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, la percentuale di determinazione della base imponibile prevista dal medesimo comma. Tale aumento non si applica ai contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del predetto decreto del Ministro delle finanze (1) .
5. Al comma 1 dell'art. 23 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare"..
6. Per l'attuazione dei commi da 1 a 4 è autorizzata la spesa di lire 4 miliardi per l'anno 1999, di lire 157,5 miliardi per l'anno 2000, di lire 247,5 miliardi per l'anno 2001, di lire 337,5 miliardi per l'anno 2002, di lire 427,5 miliardi per l'anno 2003 e di lire 360 miliardi a decorrere dall'anno 2004.
7. Per l'attuazione del comma 5 è autorizzata la spesa di lire 94 miliardi per l'anno 2000 e di lire 60 miliardi a decorrere dall'anno 2001.
(1) Vedi l'articolo 5 del D.M. 30 dicembre 2002.
ARTICOLO N.9
Disposizioni per i fondi per la previdenza complementare.
[1. I fondi per la previdenza complementare regolamentati dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che detengono direttamente beni immobili possono optare per la libera determinazione dei canoni di locazione oppure per l'applicazione dei contratti previsti dall'art. 2, comma 3, della presente legge. Nel primo caso, tuttavia, i redditi derivanti dalle locazioni dei suddetti immobili sono soggetti all'IRPEG.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 7, d.lg. 18 febbraio 2000, n. 47.
ARTICOLO N.10
Ulteriori agevolazioni fiscali.
1. Con provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il triennio 2000-2002 è istituito, a decorrere dall'anno 2001, un fondo per la copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione, secondo modalità determinate dal medesimo provvedimento collegato, di una detrazione ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in favore dei conduttori, appartenenti a determinate categorie di reddito, di alloggi locati a titolo di abitazione principale, da stabilire anche nell'ambito di una generale revisione dell'imposizione sugli immobili. Per gli esercizi successivi al triennio 2000-2002, alla dotazione del fondo si provvede con stanziamento determinato dalla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
2. Le detrazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili con i contributi previsti dal comma 3 dell'articolo 11 (1) .
(1) Vedi l'articolo 5 del D.M. 30 dicembre 2002.
ARTICOLO N.11
Fondo nazionale.
1. Presso il Ministero dei lavori pubblici è istituito il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione annua è determinata dalla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni (1) .
2. Per ottenere i contributi di cui al comma 3 i conduttori devono dichiarare sotto la propria responsabilità che il contratto di locazione è stato registrato.
3. Le somme assegnate al Fondo di cui al comma 1 sono utilizzate per la concessione, ai conduttori aventi i requisiti minimi individuati con le modalità di cui al comma 4, di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili, di proprietà sia pubblica sia privata, nonché, qualora le disponibilità del Fondo lo consentano, per sostenere le iniziative intraprese dai comuni anche attraverso la costituzione di agenzie o istituti per la locazione o attraverso attività di promozione in convenzione con cooperative edilizie per la locazione, tese a favorire la mobilità nel settore della locazione attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione per periodi determinati. I comuni possono, con delibera della propria giunta, prevedere che i contributi integrativi destinati ai conduttori vengano, in caso di morosita', erogati al locatore interessato a sanatoria della morosita' medesima, anche tramite l'associazione della proprieta' edilizia dallo stesso locatore per iscritto designata, che attesta l'avvenuta sanatoria con dichiarazione sottoscritta anche dal locatore (2) (3) (9).
4. Il Ministro dei lavori pubblici, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce, con proprio decreto, i requisiti minimi necessari per beneficiare dei contributi integrativi di cui al comma 3 e i criteri per la determinazione dell'entità dei contributi stessi in relazione al reddito familiare e all'incidenza sul reddito medesimo del canone di locazione .
5. Le risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite, entro il 31 marzo di ogni anno, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. A decorrere dall'anno 2005 la ripartizione è effettuata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base dei criteri fissati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa medesima intesa ed in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome, ai sensi del comma 6 (4).
6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 3 con proprie risorse iscritte nei rispettivi bilanci (10).
7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla ripartizione fra i comuni delle risorse di cui al comma 6 nonché di quelle ad esse attribuite ai sensi del comma 5, sulla base di parametri che premino anche la disponibilità dei comuni a concorrere con proprie risorse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 3. Qualora le risorse di cui al comma 5 non siano trasferite ai comuni entro novanta giorni dall'effettiva attribuzione delle stesse alle regioni e alle province autonome, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, previa diffida alla regione o alla provincia autonoma inadempiente, nomina un commissario ad acta; gli oneri connessi alla nomina ed all'attività del commissario ad acta sono posti a carico dell'ente inadempiente (5) (11).
8. I comuni definiscono l'entità e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 3, individuando con appositi bandi pubblici i requisiti dei conduttori che possono beneficiarne, nel rispetto dei criteri e dei requisiti minimi di cui al comma 4. I bandi per la concessione dei contributi integrativi devono essere emessi entro il 30 settembre di ogni anno con riferimento alle risorse assegnate, per l'anno di emissione del bando, dalla legge finanziaria (6).
9. Per gli anni 1999, 2000 e 2001, ai fini della concessione dei contributi integrativi di cui al comma 3, è assegnata al Fondo una quota, pari a lire 600 miliardi per ciascuno degli anni 1999, 2000 e 2001, delle risorse di cui alla legge 14 febbraio 1963, n. 60, relative alle annualità 1996, 1997 e 1998. Tali disponibilità sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici. Le predette risorse, accantonate dalla deliberazione del CIPE del 6 maggio 1998, non sono trasferite ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e restano nella disponibilità della Sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti per il predetto versamento.
10. Il Ministero dei lavori pubblici provvederà, a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 1, ad effettuare il versamento all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2003 delle somme occorrenti per la copertura delle ulteriori minori entrate derivanti, in tale esercizio, dall'applicazione dell'articolo 8, commi da 1 a 4, pari a lire 67,5 miliardi, intendendosi ridotta per un importo corrispondente l'autorizzazione di spesa per l'anno medesimo determinata ai sensi del comma 1 del presente articolo.
11. Le disponibilità del Fondo sociale, istituito ai sensi dell'articolo 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica al Fondo di cui al comma 1 (7)(8).
(1) Per l'incremento, relativo all'anno 2004, della dotazione del fondo di cui al presente comma vedi l'articolo 1 bis del D.L. 12 luglio 2004, n. 168. Per l'incremento, relativo all'anno 2009, vedi l'articolo 2 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185.
(2) Comma così modificato dall'articolo 7 del D.L. 13 settembre 2004, n. 240.
(3) Per i requisiti minimi dei conduttori per beneficiare dei contributi integrativi a valere sulle risorse assegnate al Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione di cui al presente comma, vedi il D.M. 7 giugno 1999.
(4) Comma sostituito dall'articolo 1 della legge 8 febbraio 2001, n. 21 e successivamente dall'articolo 7 del D.L. 13 settembre 2004, n. 240. Per i criteri di ripartizione delle risorse di cui al presente comma vedi il D.M. 14 settembre 2005. Per il riparto delle risorse del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione vedi: per l'anno 2002, il D.M. 4 dicembre 2002 , per l'anno 2003, il D.M. 5 dicembre 2003 , per l'anno 2004, il D.M. 18 novembre 2004 , per l'anno 2005, il D.M. 28 novembre 2005 , per l'anno 2006, il D.M. 10 novembre 2006 e per l'anno 2007, il D.M. 3 settembre 2007 .
(5) Comma modificato dall'articolo 1 della legge 8 febbraio 2001, n. 21.
(6) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1-bis, del D.L. 20 ottobre 2008, n. 158.
(7) Vedi articolo 1, comma 4, del D.L. 25 febbraio 2000, n. 32, conv. in legge 20 aprile 2000, n. 97.
(8) A norma dell'articolo 6, comma 4, del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013, n. 124, al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e' assegnata una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.
(9) Per le modifiche al presente comma vedi l'articolo 2, comma 1, lettera a), del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non ancora convertito in legge.
(10) Per le modifiche al presente comma vedi l'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non ancora convertito in legge.
(11) Per la sostituzione del presente comma vedi l'articolo 2, comma 1, lettera c), del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non ancora convertito in legge.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
ARTICOLO N.12
Osservatorio della condizione abitativa.
1. L'Osservatorio della condizione abitativa, istituito dall'articolo 59 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è costituito presso il Ministero dei lavori pubblici ed effettua la raccolta dei dati nonché il monitoraggio permanente della situazione abitativa. Il Ministro dei lavori pubblici, con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce l'organizzazione e le funzioni dell'Osservatorio, anche ai fini del collegamento con gli osservatori istituiti dalle regioni con propri provvedimenti (1) .
(1) Vedi il Comunicato 24 maggio 2005.
ARTICOLO N.13
Patti contrari alla legge.
1. È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.
2. Nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.
3. È nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.
4. Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale. Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.
5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.
6. I riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso.
ARTICOLO N.14
Disposizioni transitorie e abrogazione di norme.
1. In sede di prima applicazione dell'articolo 4 della presente legge, non trova applicazione il termine di novanta giorni di cui al comma 2 del medesimo articolo 4.
2. Con l'attuazione del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nell'articolo 6 e nell'articolo 13, comma 5, della presente legge al pretore si intende sostituito il tribunale in composizione monocratica e al tribunale il tribunale in composizione collegiale.
3. Sono abrogati l'art. 11, d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, nonchè gli artt. 1-bis, 2, 3, 4, 5 e 8, d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. in l. 21 febbraio 1989, n. 61.
4. Sono altresì abrogati gli articoli 1, 3, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 54, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 75, 76, 77, 78, 79, limitatamente alle locazioni abitative, e 83 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.
5. Ai contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data.
ARTICOLO N.15
Copertura finanziaria.
1. All'onere derivante dall'attuazione dei commi da 1 a 5 dell'articolo 8, valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1999 e in lire 420 miliardi a decorrere dall'anno 2000, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni per i medesimi anni degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 4 miliardi per l'anno 1999 e quanto a lire 299 miliardi per l'anno 2000, l'accantonamento relativo al Ministero dei lavori pubblici, nonché, quanto a lire 107 miliardi per l'anno 2000, l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a lire 14 miliardi per l'anno 2000, l'accantonamento relativo al Ministero di grazia e giustizia.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
La successione mortis
causa è l’istituto giuridico che
determina regole e criteri per assicurare la continuità dei rapporti
patrimoniali facenti capo al defunto.
La successione può essere legittima o testamentaria: nel
primo caso la successione dei rapporti patrimoniali riferibili al de cuis sono regolati interamente dalle
previsioni di legge, nell’altra ipotesi invece è il de cuius attraverso il testamento a determinare quali soggetti
saranno destinatari dei suoi rapporti giuridici.
Il testamento pertanto è l’atto con cui una persona fisica
dispone il passaggio del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di
vivere.
In mancanza di testamento l’individuazione dei beneficiari
sarà determinato dalla legge secondo le regole della successione legittima.
La libertà del testatore è stata però limitata dal
legislatore il quale ha previsto che una determinata quota del patrimonio del
de cuius (cd “quota di legittima”) deve essere necessariamente destinata a specifiche categorie di soggetti , parenti prossimi del
defunto.
Nell’ipotesi in cui non venga rispettata la quota di
legittima nel lascito testamentario, l’atto di disposizione mortis causa potrà
essere impugnato.
Le forme di testamento ammesse nell’ordinamento sono tre:
· Testamento
olografo: per detta forma testamentaria devono essere rispettati tre
requisiti: il testo deve essere scritto interamente a mano dal testatore, deve
essere inserita la data di redazione e il disponente deve sottoscrivere l’atto apponendo la propria firma in calce.
· Testamento
pubblico: l’atto è redatto da un notaio che ha l’obbligo di conservare
il testamento con la massima diligenza sino alla morte del testatore nonché di
mantenere la massima riservatezza sia sull’avvenuta redazione dell’atto sia sul
contenuto dello stesso.
· Testamento
segreto : l’atto viene scritto dal disponente , non necessariamente a
mano, e viene consegnato in una busta chiusa ad un notaio.
Perché la disposizione testamentaria
sia valida, il disponente, al momento della redazione, deve essere maggiorenne
e capace di intendere e volere.
Si consideri da ultimo che il
testamento è sempre revocabile dal testatore; la revoca può avvenire in forma
esplicita o in forma tacita. Nella prima ipotesi il testatore redigerà un nuovo
atto indicando espressamente che il precedente deve considerarsi revocato;
nell’altra la nuova disposizione sarà in tutto o in parte incompatibile con la
precedente, e quest’ultima dovrà ritenersi in tutto o in parte abrogata.
A fronte di un vuoto legislativo ancora perdurante, si
registra un recente approdo della Corte Costituzionale teso a garantire in
maniera ancor più pregnante l’uguaglianza dei genitori nell'ambito della famiglia
e nella sfera di diritti e doveri verso i figli: è stata infatti dichiarata
illegittima la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno
al figlio legittimo (dunque anche in presenza di adozione), laddove vi sia
un’espressa volontà contraria da parte dei genitori.
Ad oggi, quindi, ai genitori non potrà più impedirsi di
attribuire il doppio cognome ai figli al momento della registrazione, grazie a
quanto statuito nella sentenza della Consulta n.286/2016, in omaggio ad una
interpretazione sempre più evolutiva dell’art.29 Cost.
Il caso prendeva origine dalla questione di legittimità
costituzionale sollevata dalla Corte di Appello di Genova, in cui era stato
fatto esplicito richiamo alla sentenza della Corte Europea di Strasburgo di condanna
dello Stato Italiano sulla questione del cognome materno. Il caso in esame
davanti ai giudici di Genova aveva riguardo, infatti, ad un bambino nato nel
2012, di cittadinanza italo-brasiliana, identificato con nomi diversi nei due Stati,
relativamente al cognome.
Ebbene la Corte
Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità
costituzionale della norma desumibile dagli artt.237, 262 e 299 c.c., nonché
dell’art. 72 co.1 RD n.1238/1939; e artt. 33 e 34 DPR n. 396/2000, nella parte in cui non consente
ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della
nascita, anche il cognome materno”. Di conseguenza, la scure
dell’incostituzionalità colpisce anche l’art. 299 co. 3 c.c. “nella parte in cui non consente ai coniugi,
in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo,
anche il cognome materno al momento dell’adozione”.
Siffatta decisione
della Corte, invero innovativa, si trova in linea con due precedenti interventi
giurisprudenziali dello stesso organo giudiziario avutisi nel 1988 e successivamente
nel 2006: nelle predette decisioni, pur considerando l’attribuzione del solo
cognome paterno ai figli quale “retaggio
di una concezione patriarcale della famiglia”, di matrice romanistica e
ancorata alla ormai desueta potestà maritale, la Consulta caldeggiava
l’intervento del legislatore, affinché potesse, nel rispettivo ambito di
competenze tra i poteri dello Stato, trovarsi la giusta risposta normativa ad
una ormai affermata pariordinazione genitoriale.
Anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo nel 2014 ha
considerato discriminatoria la visione patriarcale della famiglia ancora
vigente in Italia, nonostante l’evoluzione della società. Proprio a seguito
della giurisprudenza della Corte EDU, e in accoglimento dei moniti della Corte
Costituzionale espressi già dal 2006, il Parlamento Italiano ha discusso, nel
2014, un disegno di legge che prevede la possibilità di scegliere, tra i
cognomi dei genitori, quello da attribuire al figlio legittimo, altresì
facoltizzando anche la scelta del doppio cognome, sia materno che paterno.
Tale intervento legislativo, purtroppo ad oggi ancora fermo
in Commissione Giustizia al Senato (a causa dei contrasti insorti in seno alla
maggioranza politica), non è nuovo al panorama italiano, in quanto circa 40
anni fa è intervenuta la prima proposta parlamentare sulla possibilità di dare
ai figli il cognome materno. Ad oggi il Parlamento sente il peso di questa
pronuncia della Consulta e, stando agli ultimi dati diffusi, in Commissione
Giustizia si è al lavoro su un testo di legge che, nel recepire le indicazioni
della Corte Costituzionale, porterebbe l’Italia a dotarsi di una legislazione
simile a quella di altri Paesi europei.
Ed invero, in norme di una corretta bigenitorialità e
dell’ormai acclarata equi-ordinazione tra i genitori nella sfera di titolarità
dei diritti e doveri verso la prole, dovrà darsi preciso rilievo giuridico alla
volontà espressa di conferire al figlio, in aggiunta a quello paterno, anche il
cognome materno. Ciò appare consono alle esigenze di una moderna società che si
regge sul principio dell’uguaglianza anche e soprattutto all’interno della
famiglia, in uno al principio della pari dignità morale e giuridica dei
genitori, nonché della tutela costituzionalmente garantita della prole:
attribuire ad un figlio anche il cognome materno significa, infatti,
valorizzare la sua piena realizzazione del diritto all’identità personale.
LEGGE 1 dicembre 1970, n. 898 (in Gazz. Uff., 3 dicembre, n. 306). - Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:
Promulga la seguente legge:
ARTICOLO N.1
Art. 1.
1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3.
ARTICOLO N.2
Art. 2.
1. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.
ARTICOLO N.3
Art. 3.
1. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi:
1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:
a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;
b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione (1);
c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio (2);
d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio (3).
Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.
Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente articolo la domanda non è proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale è ripresa;
2) nei casi in cui:
a) l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;
b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970 (4).
In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta (5);
[ Quando vi sia opposizione del coniuge convenuto il termine di cui sopra è elevato:] (6)
[ad anni sette, nel caso di separazione pronunciata per colpa esclusiva dell'attore; ] (6)
[ ad anni sei, nel caso di separazione consensuale omologata in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge o di separazione di fatto;] (6)
c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;
d) il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;
e) l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;
f) il matrimonio non è stato consumato;
g) è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164 (7).
(1) Lettera sostituita dall'articolo 1 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(2) Lettera sostituita dall'articolo 2 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(3) Lettera modificata dall'articolo 3 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(4) Lettera modificata dall'articolo 4 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(5) Capoverso sostituito dall'articolo 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(6) Capoverso abrogato dall'articolo 6 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(7) Lettera aggiunta dall'articolo 7 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.4
Art. 4 .
1. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge (1).
2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.
3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l'annotazione in calce all'atto.
4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi (2).
5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sè, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.
6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.
7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l'assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All'udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.
8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (3).
9. Tra la data dell'ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell'udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.
10. Con l'ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all'articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. L'ordinanza deve contenere l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all' articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.
11. All'udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l'articolo 184 del medesimo codice.
12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all'articolo 10.
13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l'obbligo della somministrazione dell'assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda.
14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.
15. L'appello è deciso in camera di consiglio.
16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8 (4).
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 23 maggio 2008 , n. 169 (in Gazz. Uff., 28 maggio 2008, n. 23) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza,».
(2) Comma sostituito dall'articolo 98, comma 1, lettera a), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente: " 4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza dei figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio."
(3) Comma modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera a), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:
"8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile."
(4) Articolo sostituito dall'articolo 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74 e successivamente dall'articolo 2, comma 3-bis del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, con effetto a decorrere dal 1° marzo 2006, come previsto dall'articolo 2, comma 3-quinquies del medesimo D.L. 35/2005.
ARTICOLO N.5
Art. 5.
1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.
2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio (1).
3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela (2).
4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti (2).
5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.
6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive (3).
7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione (4).
8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico (4).
9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria (4).
10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze (5).
(1) Comma sostituito dall'articolo 9 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(2) Comma inserito dall'articolo 9 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(3) Comma sostituito dall'articolo 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(4) Comma inserito dall'articolo 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(5) Comma aggiunto dall'articolo 1 della legge 1° agosto 1978, n. 436.
ARTICOLO N.6
Art. 6.
1. L'obbligo, ai sensi degli 315-bis e 316-bis del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori (1).
2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile (2).
[ 3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi. ] (3)
[ 4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. ] (4)
[ 5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento. ] (5)
6. L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L'assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile.
7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della responsabilita' genitoriale sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale (6).
[ 8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all'affidamento familiare di cui all'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184. ] (7)
[ 9. Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l'audizione dei figli minori. ] (8)
[ 10. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare. ] (9)
[ 11. Nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. ] (10)
[12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.] (11) (12).
(1) Comma modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:
Comma 1. L'obbligo, ai sensi degli articoli 147 e 148 del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.
(2) Comma sostituito dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:
Comma 2. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dichiara a quale genitore i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Ove il tribunale lo ritenga utile all'interesse dei minori, anche in relazione all'età degli stessi, può essere disposto l'affidamento congiunto o alternato.
(3) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(4) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(5) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(6) Comma modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:
Comma 7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.
(7) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(8) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(9) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(10) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(11) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.
(12) Articolo sostituito dall'articolo 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.7
Art. 7.
Art. 7.
Il secondo comma dell'art. 252 del codice civile è così modificato:
"I figli adulterini possono essere riconosciuti anche dal genitore che, al tempo del concepimento, era unito in matrimonio, qualora il matrimonio sia sciolto per effetto della morte dell'altro coniuge ovvero per pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso".
ARTICOLO N.8
Art. 8.
1. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6.
2. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile.
3. Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l'invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente (1).
4. Ove il terzo cui sia stato notificato il provvedimento non adempia, il coniuge creditore ha azione diretta esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovutegli quale assegno di mantenimento ai sensi degli articoli 5 e 6 (2).
5. Qualora il credito del coniuge obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia stato già pignorato al momento della notificazione, all'assegnazione e alla ripartizione delle somme fra il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, il creditore procedente e i creditori intervenuti nell'esecuzione, provvede il giudice dell'esecuzione (2).
6. Lo Stato e gli altri enti indicati nell'art. 1 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nonché gli altri enti datori di lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno e l'invito a pagare direttamente al coniuge cui spetta la corresponsione periodica, non possono versare a quest'ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori (2).
7. Per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare l'assegno. Le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno di cui al precedente comma sono soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell'assegno periodico di cui agli articoli 5 e 6 (2).
(1) Comma sostituito dall'articolo 12 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(2) Comma inserito dall'articolo 12 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.9
Art. 9.
1. Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.
2. In caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza (1).
3. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze (1).
4. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità.
5. Alle domande giudiziali dirette al conseguimento della pensione di reversibilità o di parte di essa deve essere allegato un atto notorio, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dal quale risultino tutti gli aventi diritto. In ogni caso, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica la tutela, nei confronti dei beneficiari, degli aventi diritto pretermessi, salva comunque l'applicabilità delle sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci (2).
(1) A norma dell'articolo 5 della legge 28 dicembre 2005, n. 263 per "titolarità dell'assegno ai sensi dell'articolo 5" deve intendersi l'avvenuto riconoscimento dell'assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi dell'articolo 5 della presente legge.
(2) Articolo sostituito dall'articolo 2 della legge 1° agosto 1978, n. 436, e successivamente dall'articolo 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74. Per l'affidamento condiviso dei figli vedi articolo 4 della legge 8 febbraio 2006 n. 54.
ARTICOLO N.9 bis
Art. 9-bis.
1. A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell'art. 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo conto dell'importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. L'assegno non spetta se gli obblighi patrimoniali previsti dall'art. 5 sono stati soddisfatti in unica soluzione.
2. Su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno può avvenire in unica soluzione. Il diritto all'assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno. Qualora risorga lo stato di bisogno l'assegno può essere nuovamente attribuito (1).
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 3 della legge 1° agosto 1978, n. 436.
ARTICOLO N.10
Art. 10.
1. La sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando sia passata in giudicato, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere del tribunale o della Corte che l'ha emessa, all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238.
2. Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciati nei casi rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, hanno efficacia, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.
ARTICOLO N.11
Art. 11.
[ Dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, se il tribunale non ha disposto altrimenti, ciascun genitore esercita la patria potestà sui figli affidatigli. Il genitore al quale sono stati affidati i figli ne amministra i beni con l'obbligo di rendere conto annualmente al giudice tutelare e ne ha l'usufrutto fino a quando non passi a nuove nozze. L'altro genitore conserva il diritto di vigilare e il dovere di collaborare alla educazione e all'istruzione dei figli.
L'altro genitore, se ritiene pregiudizievoli per il figlio i provvedimenti presi dall'esercente la patria potestà, può ricorrere al giudice tutelare prospettando i provvedimenti che considera adeguati.
Il giudice, sentito il figlio che ha compiuto il 14° anno di età, dichiara quale dei provvedimenti è adeguato all'interesse del figlio.] (1)
(1) Articolo soppresso dall'articolo 14 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.12
Art. 12.
1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (1) (2).
(1) Articolo sostituito dall'articolo 15 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
(2) Articolo modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera c), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:
Art. 12.
1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio naturale si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
ARTICOLO N.12 bis
Art. 12-bis.
1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.
2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio (1).
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.12 ter
Art. 12-ter.
1. In caso di genitori rispetto ai quali sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la pensione di reversibilità spettante ad essi per la morte di un figlio deceduto per fatti di servizio è attribuita automaticamente dall'ente erogante in parti eguali a ciascun genitore.
2. Alla morte di uno dei genitori, la quota parte di pensione si consolida automaticamente in favore dell'altro.
3. Analogamente si provvede, in presenza della predetta sentenza, per la pensione di reversibilità spettante al genitore del dante causa secondo le disposizioni di cui agli articoli 83 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (1).
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 17 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.12 quater
Art. 12-quater.
1. Per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla presente legge è competente anche il giudice del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio (1).
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.12 quinquies
Art. 12-quinquies.
1. Allo straniero, coniuge di cittadina italiana, la legge nazionale del quale non disciplina lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge (1).
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 20 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
ARTICOLO N.12 sexies
Art. 12-sexies.
1. Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale (1).
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
Legge 27 luglio 1978, n. 392 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 211). - Disciplina delle locazioni di immobili urbani. (EQUO CANONE) (1) (2)
(1) A decorrere dal 1° gennaio 1994, il rapporto di locazione avente ad oggetto gli immobili del demanio e del patrimonio dello Stato destinati ad uso abitativo dei dipendenti pubblici è disciplinato dalla presente legge (art. 23, l. 8 maggio 1998, n. 146).
(2) In deroga a quanto disposto dalla presente legge vedi l'articolo 27 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
(Omissis).
TITOLO I
DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE
CAPO I
LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE
ARTICOLO N.1
Durata della locazione.
[La durata della locazione avente per oggetto immobili urbani per uso abitazione non può essere inferiore a quattro anni. Se le parti hanno determinato una durata inferiore o hanno convenuto una locazione senza determinazione di tempo la durata si intende convenuta per quattro anni.
Il disposto del comma precedente non si applica quando si tratti di locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.2
Disciplina della sublocazione.
Il conduttore non può sublocare totalmente l'immobile, né può cedere ad altri il contratto senza il consenso del locatore.
Salvo patto contrario il conduttore ha la facoltà di sublocare parzialmente l'immobile, previa comunicazione al locatore con lettera raccomandata che indichi la persona del subconduttore, la durata del contratto ed i vani sublocati.
ARTICOLO N.3
Rinnovazione tacita.
[ Il contratto si rinnova per un periodo di quattro anni se nessuna delle parti comunica all'altra, almeno sei mesi prima della scadenza, con lettera raccomandata, che non intende rinnovarlo.
La stessa disciplina si applica ad ogni altra successiva scadenza. ] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.4
Recesso del conduttore.
È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
ARTICOLO N.5
Inadempimento del conduttore.
Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile.
ARTICOLO N.6
Successione nel contratto.
In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi (1).
In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo.
In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto (2) (3).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia così convenuto.
(3) La Corte costituzionale, con ssentenza 7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale.
ARTICOLO N.7
Clausola di scioglimento in caso di alienazione.
È nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata.
ARTICOLO N.8
Spese di registrazione.
Le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali.
ARTICOLO N.9
Oneri accessori.
Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell'aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni.
Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore.
Il pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di effettuare il pagamento il conduttore ha diritto di ottenere l'indicazione specifica delle spese di cui ai commi precedenti con la menzione dei criteri di ripartizione. Il conduttore ha inoltre diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese effettuate.
Gli oneri di cui al primo comma addebitati dal locatore al conduttore devono intendersi corrispettivi di prestazioni accessorie a quella di locazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (1).
La disposizione di cui al quarto comma non si applica ove i servizi accessori al contratto di locazione forniti siano per loro particolare natura e caratteristiche riferibili a specifica attività imprenditoriale del locatore e configurino oggetto di un autonomo contratto di prestazione dei servizi stessi (2).
(1) Comma aggiunto dall'art. 67, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. in l. 29 ottobre 1993, n. 427.
(2) Comma aggiunto dall'art. 67, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. in l. 29 ottobre 1993, n. 427.
ARTICOLO N.10
Partecipazione del conduttore all'assemblea dei condomini.
Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria.
Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni.
La disciplina di cui al primo comma si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio.
In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario dell'edificio o da almeno tre conduttori.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.
ARTICOLO N.11
Deposito cauzionale.
Il deposito cauzionale non può essere superiore a tre mensilità del canone. Esso è produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno.
ARTICOLO N.12
Equo canone degli immobili adibiti ad uso di abitazione.
[Il canone di locazione e sublocazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione non può superare il 3,85% del valore locativo dell'immobile locato.
Il valore locativo è costituito dal prodotto della superficie convenzionale dell'immobile per il costo unitario di produzione del medesimo.
Il costo unitario di produzione è pari al costo base moltiplicato per i coefficienti correttivi indicati nell'art. 15.
Gli elementi che concorrono alla determinazione del canone di affitto, accertati dalle parti, vanno indicati nel contratto di locazione.
Se l'immobile locato è completamente arredato con mobili forniti dal locatore e idonei, per consistenza e qualità, all'uso convenuto, il canone determinato ai sensi dei commi precedenti può essere maggiorato fino ad un massimo del 30%.
[Le suddette modalità si applicano fino alla attuazione della riforma del catasto edilizio urbano.] (1)] (2)
(1) Comma soppresso dall’articolo 1, comma 10, del D.L.13 settembre 1991, n. 299 , convertito con modificazioni dalla L. 18 novembre 1991, n. 363.
(2) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.13
Superficie convenzionale.
[ La superficie convenzionale è data dalla somma dei seguenti elementi:
a ) l'intera superficie dell'unità immobiliare;
b ) il 50% della superficie delle autorimesse singole;
c ) il 20% della superficie del posto macchina in autorimesse di uso comune;
d ) il 25% della superficie di balconi, terrazze, cantine ed altri accessori simili;
e ) il 15% della superficie scoperta di pertinenza dell'immobile in godimento esclusivo del conduttore;
f ) il 10% della superficie condominiale a verde nella misura corrispondente alla quota millesimale dell'unità immobiliare.
È detratto il 30% dalla superficie dei vani con altezza utile inferiore a metri 1,70.
Le superfici di cui alle lettere a ), b ) e d ) si misurano al netto dei muri perimetrali e di quelli interni.
L'elemento di cui alla lettera e ) entra nel computo della superficie convenzionale fino ad un massimo non eccedente la superficie di cui alla lettera a ).
Alla superficie di cui alla lettera a ) si applicano i seguenti coefficienti:
a ) 1,00 per l'unità immobiliare di superficie superiore a metri quadrati 70;
b ) 1,10 per l'unità immobiliare di superficie compresa fra metri quadrati 46 e metri quadrati 70 (1);
c ) 1,20 per l'unità immobiliare inferiore a metri quadrati 46 (1).
I coefficienti di cui alle lettere b ) e c ) del quinto comma non si applicano agli immobili il cui stato di conservazione e manutenzione è scadente ai sensi dell'art. 21. (1)] (2).
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 18 giugno 1987, n. 236 ha dichiarato: a) l'illegittimità della lettera b) dell'art. 13, quinto comma, L. 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui, mediante l'applicazione dei coefficienti maggiorativi, consente che il canone relativo ad immobili di dimensioni inferiori ai 70,01 mq possa essere maggiore di quello previsto per immobili compresi nella fascia superiore, anziché equiparato a quello previsto per immobili di mq 70; b) ai sensi dell'art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità della lettera c) dell'art. 13, quinto comma, L. 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui, mediante l'applicazione dei coefficienti maggiorativi, consente che il canone relativo ad immobili di dimensioni inferiori ai 46 mq possa essere maggiore di quello previsto per immobili compresi nella fascia superiore anziché equiparato a quello previsto per immobili di mq 46.
(2) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.14
Costo base.
[ Il costo base a metro quadrato per gli immobili, la cui costruzione è stata ultimata entro il 31 dicembre 1975, è fissato in:
a ) L. 250.000 per gli immobili situati in Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Lazio;
b ) L. 225.000 per gli immobili situati in Campania, Abruzzi, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. La data di ultimazione dei lavori è quella risultante dal certificato di abitabilità o, in mancanza, dal certificato di ultimazione dei lavori presentato agli uffici delle imposte, oppure quella comunque accertata. ] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.15
Coefficienti correttivi del costo base.
[I coefficienti correttivi sono stabiliti in funzione del tipo, della classe demografica dei comuni, dell'ubicazione, del livello di piano, della vetustà e dello stato di conservazione e manutenzione dell'immobile. ](1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.16
Tipologia.
[In relazione alla tipologia si fa riferimento alla categoria catastale con i coefficienti risultanti dalla tabella seguente:
a ) 2,00 per le abitazioni di tipo signorile (A/1);
b ) 1,25 per le abitazioni di tipo civile (A/2);
c ) 1,05 per le abitazioni di tipo economico (A/3);
d ) 0,80 per le abitazioni di tipo popolare (A/4);
e ) 0,50 per le abitazioni di tipo ultrapopolare (A/5);
f ) 0,70 per le abitazioni di tipo rurale (A/6);
g ) 1,40 per le abitazioni di tipo villini (A/7);
h ) 0,80 per le abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi (A/11).
Qualora gli immobili non risultino censiti in catasto, ed ai soli fini del comma precedente, la categoria catastale viene stabilita dall'ufficio tecnico erariale sulla base delle categorie catastali delle unità immobiliari che siano ubicate nella stessa zona censuaria ed abbiano caratteristiche analoghe. A tale fine gli interessati devono presentare all'ufficio tecnico erariale competente per territorio apposita domanda corredata da una planimetria dell'immobile con una sommaria descrizione dell'edificio, delle rifiniture dell'unità immobiliare locata nonchè degli impianti in essa installati. L'ufficio provvede entro novanta giorni dalla richiesta senza obbligo di sopralluogo.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.17
Classe demografica dei comuni.
[In relazione alla classe demografica si applicano i seguenti coefficienti:
a ) 1,20 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 400.000 abitanti;
b ) 1,10 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;
c ) 1,05 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti;
d ) 0,95 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;
e ) 0,90 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
f ) 0,80 per gli immobili siti in comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti.
Il numero degli abitanti di un comune è stabilito sulla base degli ultimi dati sulla popolazione residente pubblicati dall'ISTAT.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.18
Ubicazione.
[In relazione all'ubicazione i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti provvedono a ripartire il territorio comunale in cinque zone alle quali si applicano i coefficienti della tabella seguente:
a ) 0,85 per la zona agricola;
b ) 1 per la zona edificata periferica;
c ) 1,20 per la zona edificata compresa fra quella periferica e il centro storico;
d ) 1,20 per le zone di pregio particolare site nella zona edificata periferica o nella zona agricola;
e ) 1,30 per il centro storico.
I consigli comunali devono provvedere alla ripartizione del territorio comunale in zone entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Nei comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti si applicano le perimetrazioni previste nell'art. 16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, con i seguenti coefficienti:
a ) 0,85 per la zona agricola;
b ) 1 per il centro edificato;
c ) 1,10 per il centro storico.
All'interno delle zone di cui alle lettere b ), c ) ed e ) del primo comma ed alle lettere b ) e c ) del terzo comma i consigli comunali possono individuare edifici o comparti di edifici particolarmente degradati ai quali si applica il coefficiente 0,90, in sostituzione dei coefficienti suindicati.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.19
Livello di piano.
[In relazione al livello di piano, limitatamente alle unità immobiliari situate in immobili costituiti da almeno tre piani fuori terra, si applicano i seguenti coefficienti:
a ) 0,80 per le abitazioni situate al piano seminterrato;
b ) 0,90 per le abitazioni situate al piano terreno;
c ) 1,00 per le abitazioni situate nei piani intermedi e all'ultimo piano;
d ) 1,20 per le abitazioni situate al piano attico.
Per le abitazioni situate al quarto piano e superiori di immobili sprovvisti di ascensore, i coefficienti previsti alle lettere c ) e d ) del comma precedente sono rispettivamente ridotti a 0,95 e 1,10.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.20
Vetustà.
[ In relazione alla vetustà si applica un coefficiente di degrado per ogni anno decorrente dal sesto anno successivo a quello di costruzione dell'immobile e stabilito nel modo seguente:
a ) 1% per i successivi quindici anni;
b ) 0,50% per gli ulteriori trenta anni.
Se si è proceduto a lavori di integrale ristrutturazione o di completo restauro dell'unità immobiliare, anno di costruzione è quello della ultimazione di tali lavori comunque accertato.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.21
Stato di conservazione e manutenzione.
[In relazione allo stato di conservazione e manutenzione dell'immobile si applicano i seguenti coefficienti:
a ) 1,00 se lo stato è normale;
b ) 0,80 se lo stato è mediocre;
c ) 0,60 se lo stato è scadente.
Per la determinazione dello stato di conservazione e manutenzione si tiene conto dei seguenti elementi propri dell'unità immobiliare:
1) pavimenti;
2) pareti e soffitti;
3) infissi;
4) impianto elettrico;
5) impianto idrico e servizi igienico-sanitari;
6) impianto di riscaldamento;
nonchè dei seguenti elementi comuni:
1) accessi, scale e ascensore;
2) facciate, coperture e parti comuni in genere.
Lo stato dell'immobile si considera mediocre qualora siano in scadenti condizioni tre degli elementi di cui sopra, dei quali due devono essere propri dell'unità immobiliare.
Lo stato dell'immobile si considera scadente qualora siano in scadenti condizioni almeno quattro degli elementi di cui sopra, dei quali tre devono essere propri dell'unità immobiliare.
Lo stato dell'immobile si considera scadente in ogni caso se l'unità immobiliare non dispone di impianto elettrico o dell'impianto idrico con acqua corrente nella cucina e nei servizi, ovvero se non dispone di servizi igienici privati o se essi sono comuni a più unità immobiliari.
Il Ministro dei lavori pubblici, con suo decreto da emanarsi entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente legge, indicherà analiticamente gli elementi di valutazione fissati nei commi precedenti. ] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.22
Immobili ultimati dopo il 31 dicembre 1975.
[Per gli immobili adibiti ad uso di abitazione che sono stati ultimati dopo il 31 dicembre 1975, il costo base di produzione a metro quadrato è fissato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con quello di grazia e giustizia, sentito il Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 31 marzo di ogni anno e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Il costo base di produzione è determinato, anche in misura differenziata per regione o per gruppi di regioni, tenendo conto:
a ) dei costi di produzione dell'edilizia convenzionata;
b ) dell'incidenza del contributo di concessione;
c ) del costo dell'area, che non potrà essere superiore al 25% del costo di produzione;
d ) degli oneri di urbanizzazione che gravano sul costruttore.
Se, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o di quella di registro o di altra imposizione fiscale, ovvero relativamente agli oneri delle assicurazioni obbligatorie o in base ad altre documentazioni di origine pubblica, risultano costi maggiori di quelli indicati nel decreto ai sensi delle lettere a ), b ) e d ) del comma precedente, il costo base si modifica nei singoli casi, tenendo conto di tali maggiori costi. Il costruttore, in quanto di sua spettanza, è tenuto a fornire al proprietario tali dati, se la richiesta venga fatta anteriormente al primo trasferimento dell'immobile; in tal caso gli stessi elementi dovranno essere comunicati agli uffici del catasto edilizio urbano. Agli effetti di cui sopra si tiene comunque conto del valore dell'immobile accertato ai fini dell'imposta di registro relativa al suo trasferimento a qualsiasi titolo, in quanto il valore di riferimento per la determinazione del canone è quello dei costi come sopra definiti.
Ai fini della determinazione del canone di locazione per gli immobili urbani ultimati dopo il 31 dicembre 1975, al costo base, determinato a norma del presente articolo, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 15 a 21; nelle ipotesi di cui al precedente comma non si applicano i coefficienti previsti nell'art. 16 nei casi in cui il maggior costo riguardi il costo di produzione.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.23
Riparazioni straordinarie.
[Quando si eseguano sull'immobile importanti ed improrogabili opere necessarie per conservare ad esso la sua destinazione o per evitare maggiori danni che ne compromettano l'efficienza in relazione all'uso a cui è adibito, o comunque opere di straordinaria manutenzione di rilevante entità, il locatore può chiedere al conduttore che il canone risultante dall'applicazione degli articoli precedenti venga integrato con un aumento non superiore all'interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati, dedotte le indennità e i contributi di ogni natura che il locatore abbia percepito o che successivamente venga a percepire per le opere eseguite.
L'aumento decorre dalla data in cui sono state ultimate le opere, se la richiesta è fatta entro trenta giorni dalla data stessa; in caso diverso decorre dal primo giorno del mese successivo al ricevimento della richiesta.
Le disposizioni dei commi precedenti sono applicabili anche quando il locatore venga assoggettato a contributi di miglioria per trasformazioni urbane nella zona in cui è situato l'immobile.
Le controversie derivanti dall'applicazione del presente articolo sono decise con le modalità indicate negli articoli 43 e seguenti. (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.24
Aggiornamento del canone.
[Per gli immobili adibiti ad uso d'abitazione il canone di locazione definito ai sensi degli articoli da 12 a 23 è aggiornato ogni anno in misura pari al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.
L'aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.25
Adeguamento del canone.
[Ciascuna delle parti, in ogni momento del rapporto contrattuale, ha diritto all'adeguamento del canone in relazione all'eventuale mutamento degli elementi di cui agli articoli 13 e 15, escluso il parametro relativo alla vetustà che si applica al momento del rinnovo contrattuale.
L'adeguamento del canone avrà effetto dal mese successivo a quello durante il quale sia stato richiesto mediante lettera raccomandata.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.26
Ambito di applicazione.
[Le disposizioni di cui al presente capo non si applicano:
a ) alle locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, salvo che il conduttore abiti stabilmente nell'immobile per motivi di lavoro o di studio;
b ) alle locazioni relative ad alloggi costruiti a totale carico dello Stato per i quali si applica il canone sociale determinato in base alle disposizioni vigenti;
c ) alle locazioni relative ad alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata (1);
d ) alle locazioni relative ad immobili inclusi nelle categorie catastali A/8 e A/9.
Le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 25 non si applicano alle locazioni concernenti gli immobili siti in comuni che al censimento del 1971 avevano popolazione residente fino a 5.000 abitanti qualora, nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della presente legge, e successivamente ogni quinquennio, la popolazione residente non abbia subito variazioni in aumento, o comunque l'aumento percentuale sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati pubblicati dall'ISTAT.
Il comune provvede a dare pubblica notizia della condizione di cui al precedente comma e delle eventuali variazioni (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 11 febbraio 1988, n. 155, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera nella parte in cui non dispone che il canone di locazione degli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata non deve comunque superare il canone che risulterebbe dall'applicazione delle disposizioni del titolo I, capo I, della medesima legge.(1)] (2).
(2) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
CAPO II
LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE
ARTICOLO N.27
Durata della locazione.
La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili (1).
La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.
La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’articolo 1786 del codice civile o all’esercizio di attività teatrali (2) .
Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti.
Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.
È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata (3) .
(1) Comma sostituito dall'articolo 52 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79.
(2) Comma modificato dall'articolo 7, comma 1, lettera a), della legge 8 febbraio 2007, n. 9 e successivamente sostituito dall'articolo 52 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79.
(3) Vedi, anche, l'articolo 4 del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279 convertito in legge 11 dicembre 2000, n. 365.
ARTICOLO N.28
Rinnovazione del contratto.
Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell'articolo 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni, e per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere o all'esercizio di attività teatrali, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all'altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza (1).
Alla prima scadenza contrattuale, rispettivamente di sei o di nove anni, il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all'articolo 29 con le modalità e i termini ivi previsti.
(1) Comma modificato dall'articolo 7, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo.
ARTICOLO N.29
Diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza.
Il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza di cui all'articolo precedente è consentito al locatore ove egli intenda:
a) adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
b) adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell'articolo 27, o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali;
c) demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro, ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i termini della licenza o della concessione e quest'ultima non sia stata nuovamente disposta;
d) ristrutturare l'immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell'articolo 12 della legge 11 giugno 1971, n. 426 e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell'immobile. Anche in tal caso il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella precedente lettera c) (1).
Per le locazioni di immobili adibiti all'esercizio di albergo, pensione o locanda, anche se ammobiliati, il locatore può negare la rinnovazione del contratto nelle ipotesi previste dall'articolo 7 della legge 2 marzo 1963, n. 191, modificato dall'articolo 4-bis del decreto-legge 27 giugno 1967, n. 460, convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1967, n. 628, qualora l'immobile sia oggetto di intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio. Gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella precedente lettera c). Il locatore può altresì negare la rinnovazione se intende esercitare personalmente nell'immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il secondo grado in linea retta la medesima attività del conduttore, osservate le disposizioni di cui all'art. 5 della L. 2 marzo 1963, n. 191, modificato dall'art. 4-bis del D.L. 27 giugno 1967, n. 460, convertito, con modificazioni, nella L. 28 luglio 1967, n. 628.
Ai fini di cui ai commi precedenti il locatore, a pena di decadenza, deve dichiarare la propria volontà di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilità dell'immobile locato; tale dichiarazione deve essere effettuata, con lettera raccomandata, almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza, rispettivamente per le attività indicate nei commi primo e secondo dell'articolo 27 e per le attività alberghiere.
Nella comunicazione deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati nei commi precedenti, sul quale la disdetta è fondata.
Se il locatore non adempie alle prescrizioni di cui ai precedenti commi il contratto s'intende rinnovato a norma dell'articolo precedente.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 9 ottobre 1998, n. 348, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultima parte della presente lettera, nella parte in cui prevede che la scadenza, nel corso del processo, del termine per l'inizio dei lavori, indicato nella licenza o concessione, impedisce l'emanazione del provvedimento di rilascio.
ARTICOLO N.30
Procedura per il rilascio.
Avvenuta la comunicazione di cui al terzo comma dell'articolo 29 e prima della data per la quale è richiesta la disponibilità ovvero quando tale data sia trascorsa senza che il conduttore abbia rilasciato l'immobile, il locatore può convenire in giudizio il conduttore, osservando le norme previste dall'art. 447-bis del codice di procedura civile (1).
[La controversia è di competenza del conciliatore qualora il canone annuo non superi lire seicentomila; negli altri casi è di competenza del pretore.] (2).
Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è posto l'immobile. Sono nulle le clausole derogative dalla competenza per territorio.
Alla prima udienza, se il convenuto compare e non si oppone, il giudice ad istanza del locatore, pronunzia ordinanza di rilascio per la scadenza di cui alla comunicazione prevista dall'articolo 29.
L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e definisce il giudizio.
Nel caso di opposizione del convenuto il giudice esperisce il tentativo di conciliazione.
Se il tentativo riesce viene redatto verbale che costituisce titolo esecutivo. In caso contrario o nella contumacia del convenuto si procede a norma dell'articolo 420 e seguenti del codice di procedura civile .
Il giudice, su istanza del ricorrente, alla prima udienza e comunque in ogni stato del giudizio, valutate le ragioni addotte dalle parti e le prove raccolte, può disporre il rilascio dell'immobile con ordinanza costituente titolo esecutivo.
(1) Comma così modificato dall'articolo 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L.4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
(2) Comma abrogato dall'art. 6, l. 30 luglio 1984, n. 399 e dall' articolo 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L.4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.31
Sanzioni.
Il locatore che abbia ottenuto la disponibilità dell'immobile per uno dei motivi previsti dall'art. 29 e che, nel termine di sei mesi dall'avvenuta consegna, non abbia adibito l'immobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, o non abbia adibito l'immobile ad esercizio in proprio di una delle attività indicate all'art. 27, ovvero non abbia rispettato i termini della concessione o quelli del piano comunale di intervento per quanto attiene l'inizio dei lavori di demolizione, ricostruzione, ristrutturazione o restauro dell'immobile ovvero, in caso di immobili adibiti ad esercizio di albergo, pensione o locanda, non abbia completato i lavori di ricostruzione nel termine stabilito dal Ministero del turismo e dello spettacolo, è tenuto, se il conduttore lo richiede, al ripristino del contratto, salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero al risarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto, oltre alle indennità previste ai sensi dell'art. 34.
Il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento del danno, ordina al locatore il pagamento di una somma da L. 500.000 a L. 2.000.000 da devolvere al comune nel cui territorio è sito l'immobile, ad integrazione del fondo sociale previsto dal titolo III della presente legge.
ARTICOLO N.32
Aggiornamento del canone (1).
Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira.
Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all'articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (2).
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione stagionale ed a quelli in corso al momento dell'entrata in vigore del limite di aggiornamento di cui al secondo comma del presente articolo (3).
(1) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 9-sexies, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12.
(2) Comma modificato dall'articolo 41, comma 16-duodecies, lettera a), del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.
(3) Comma modificato dall'articolo 41, comma 16-duodecies, lettera b), del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.
ARTICOLO N.33
Canone delle locazioni stagionali.
Il canone delle locazioni stagionali può essere aggiornato con le modalità di cui all'articolo 32.
ARTICOLO N.34
Indennità per la perdita dell'avviamento.
In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell'articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità.
Il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all'importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.
L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata dall'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui al primo comma. L'indennità di cui al secondo comma deve essere corrisposta all'inizio del nuovo esercizio.
Nel giudizio relativo alla spettanza ed alla determinazione dell'indennità per la perdita dell'avviamento, le parti hanno l'onere di quantificare specificatamente la entità della somma reclamata o offerta e la corresponsione dell'importo indicato dal conduttore, o, in difetto, offerto dal locatore o comunque risultante dalla sentenza di primo grado, consente, salvo conguaglio all'esito del giudizio, l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile (1) (2).
(1) Comma aggiunto dall'art. 9, d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. in l. 21 febbraio 1989, n. 61.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 14 dicembre 1989, n. 542, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede i provvedimenti della pubblica amministrazione tra le cause di cessazione del rapporto di locazione che escludono il diritto del conduttore alla indennità per la perdita dell'avviamento.
ARTICOLO N.35
Limiti.
Le disposizioni di cui all'articolo precedente non si applicano in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici.
ARTICOLO N.36
Sublocazione e cessione del contratto di locazione.
Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
Le indennità previste dall'articolo 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.
ARTICOLO N.37
Successione nel contratto.
In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore alla apertura della successione, hanno diritto a continuarne l'attività.
In caso di separazione legale o consensuale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell'immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all'altro coniuge prima della separazione legale o consensuale ovvero prima dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti.
Nelle ipotesi di recesso del titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani o commercianti. In tal caso il locatore può opporsi alla successione nel contratto, per gravi motivi, con le modalità di cui all'articolo precedente.
ARTICOLO N.38
Diritto di prelazione.
Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.
Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli (1) .
Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.
Nel caso in cui l'immobile risulti locato a più persone, la comunicazione di cui al primo comma deve essere effettuata a ciascuna di esse.
Il diritto di prelazione può essere esercitato congiuntamente da tutti i conduttori, ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai rimanenti o dal rimanente conduttore.
L'avente titolo che, entro trenta giorni dalla notificazione di cui al primo comma, non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione, si considera avere rinunciato alla prelazione medesima.
Le norme del presente articolo non si applicano nelle ipotesi previste dall'articolo 732 del codice civile, per le quali la prelazione opera a favore dei coeredi, e nella ipotesi di trasferimento effettuato a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado.
(1) Vedi l'articolo 10 del D.L. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito in legge 28 febbraio 1992, n. 217.
ARTICOLO N.39
Diritto di riscatto.
Qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui all'articolo precedente, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Ove sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell'atto notificato con cui l'acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto.
Se per qualsiasi motivo, l'acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.
ARTICOLO N.40
Diritto di prelazione in caso di nuova locazione.
Il locatore che intende locare a terzi l'immobile, alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'articolo 28, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza.
Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto di locazione dovuti a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o ad una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, relative al conduttore medesimo.
Il conduttore ha diritto di prelazione se, nelle forme predette ed entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offra condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore.
Egli conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi.
ARTICOLO N.41
Norme applicabili.
Ai contratti previsti nell'articolo 27 si applicano le disposizioni degli articoli da 7 a 11.
Le disposizioni di cui agli articoli 38, 39 e 40 non si applicano ai rapporti di locazione di cui all'articolo 35.
ARTICOLO N.42
Destinazione degli immobili a particolari attività.
I contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sede di partiti o di sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, hanno la durata di cui al primo comma dell'articolo 27.
A tali contratti si applicano le disposizioni degli articoli 32 e 41, nonché le disposizioni processuali di cui al titolo I capo III, ed il preavviso per il rilascio di cui all'articolo 28 (1) .
(1) Vedi, anche l'articolo 15 bis del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94.
CAPO III
DISPOSIZIONI PROCESSUALI
ARTICOLO N.43
Art. 43.
[La domanda concernente controversie relative alla determinazione, all'aggiornamento e all'adeguamento del canone non può essere proposta se non è preceduta dalla domanda di conciliazione di cui all'articolo seguente.
L'improcedibilità è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L.4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.44
Art. 44.
[La domanda di conciliazione concernente la determinazione, l'aggiornamento e l'adeguamento del canone è presentata al giudice competente.
Il giudice convoca le parti, con comunicazione da effettuarsi a cura della cancelleria, per una udienza da tenersi non oltre quindici giorni dalla presentazione della domanda di conciliazione, per l'amichevole componimento della vertenza.
Se le parti si conciliano, viene redatto processo verbale sottoscritto dalle parti e dal giudice e depositato in cancelleria.
Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce, il giudice ne dà atto nel verbale.
Nell'udienza di cui sopra il giudice può essere affiancato da due esperti, uno per ciascuna delle parti, che possono sceglierli anche nell'ambito delle organizzazioni di inquilini o di proprietari. Le parti possono partecipare all'udienza personalmente o a mezzo di procuratore speciale e possono farsi assistere dal difensore. ] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.45
Ricorso al giudice.
[Se il tentativo di conciliazione non riesce, o comunque decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda di cui all'articolo precedente, le parti possono chiedere al giudice la determinazione del canone.] (1)
[La controversia è di competenza del conciliatore qualora il canone di cui si chiede la determinazione, l'aggiornamento o l'adeguamento non sia superiore a L. 50.000 mensili; negli altri casi è di competenza del pretore.] (2)
[Le controversie relative alle opere di conservazione dell'immobile di cui all'art. 23, alle indennità di cui all'art. 34 e alla indennità per i miglioramenti di cui agli articoli 1592 del codice civile e 12 del regio decreto-legge 18 gennaio 1937, n. 975, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 1937, n. 2651, sono di competenza del pretore qualunque ne sia il valore.] (3)
[Sono nulle le clausole derogative dalla competenza per territorio.] (4)
In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente, quando il valore della causa non eccede lire 50.000 mensili nelle controversie aventi ad oggetto la determinazione, l'aggiornamento o l'adeguamento del canone, e lire 600.000 nelle controversie previste dal terzo comma (5).
Fino al termine del giudizio il conduttore è obbligato a corrispondere, salvo conguaglio, l'importo non contestato.
(1) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
(2) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
(3) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
(4) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
(5) Comma sostituito dall’articolo 6, comma 6, della legge 30 luglio 1984, n. 399.
ARTICOLO N.46
Art. 46.
[ Il procedimento per le controversie di cui agli articoli 30 e 45, per tutto ciò che non è regolato dalla presente legge, è disciplinato dagli articoli 414, 415, 416, 417, commi secondo, terzo, quarto e quinto, 418, 419, 420, 421, comma primo, 422, 424, 429, commi primo e secondo, 430 del codice di procedura civile e dall'art. 431 dello stesso codice, in quanto applicabile. Si applica altresì l'art. 145 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.47
Art. 47.
[ Il giudice può disporre d'ufficio, in qualsiasi momento, l'ispezione dell'immobile e l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonchè la richiesta di informazioni, sia scritte sia orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti. ] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.48
Art. 48.
[Il pretore [o il conciliatore], quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda una delle controversie previste negli articoli 30 e 45, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'art. 420 del codice di procedura civile e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti di cancelleria (1).
[Qualora la causa non rientri nella rispettiva competenza per valore, il pretore o il conciliatore la rimette con ordinanza non impugnabile al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione.] (2)] (3)
(1) Comma modificato dall’articolo 6, comma 8, della legge 30 luglio 1984, n. 399.
(2) Comma modificato dall’articolo 6, comma 8, della legge 30 luglio 1984, n. 399.
(3) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.49
Passaggio dal rito speciale al rito ordinario
Art. 49.
[Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite nel presente capo riguarda una controversia diversa da quelle previste negli articoli 30 e 45, qualora la causa non rientri nella sua competenza, la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.50
(Incompetenza del giudice).
Art. 50.
[Quando una causa relativa alle controversie di cui agli articoli 30 e 45 sia stata proposta dinanzi a giudice incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all'art. 416 del codice di procedura civile, ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di cui all'art. 420 dello stesso codice.
Quando l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.51
Art. 51.
[L'appello contro le sentenze del pretore nei processi relativi alle controversie previste negli articoli 30 e 45 si propone al tribunale (1).
Il procedimento di appello, per tutto ciò che non è regolato dalla presente legge, è disciplinato dagli articoli 434, 435, 436, 437, commi primo, secondo e terzo, 438, primo comma, del codice di procedura civile. È applicabile la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 429 dello stesso codice. ] (2)
(1) Comma sostituito dall’articolo 6, comma 9, della legge 30 luglio 1984, n. 399.
(2) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.52
Cambiamento del rito in appello
Art. 52.
[ Il giudice, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 48 e 49.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.53
Consulente tecnico in appello
Art. 53.
[Il giudice, nell'udienza di cui al primo comma dell'art. 437 del codice di procedura civile, può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre venti giorni.
Il consulente deve depositare il proprio parere non oltre dieci giorni prima della nuova udienza.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.54
Clausola compromissoria.
[È nulla la clausola con la quale le parti stabiliscono che le controversie relative alla determinazione del canone siano decise da arbitri.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.
ARTICOLO N.55
Termine per il pagamento dei canoni scaduti.
La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.
Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta.
In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato.
La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.
Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto.
ARTICOLO N.56
Modalità per il rilascio (1) .
1. Con il provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, previa motivazione che tenga conto anche delle condizioni del conduttore comparate a quelle del locatore nonche' delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta, fissa la data dell'esecuzione entro il termine massimo di sei mesi ovvero, in casi eccezionali, di dodici mesi dalla data del provvedimento.
2. Nelle ipotesi di cui all' articolo 55 , per il caso in cui il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell'esecuzione non puo' essere fissata oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso per il pagamento.
3. Qualunque forma abbia il provvedimento di rilascio, il locatore e il conduttore possono, in qualsiasi momento e limitatamente alla data fissata per l'esecuzione, proporre al tribunale in composizione collegiale l'opposizione di cui all' articolo 6, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
4. Trascorsa inutilmente la data fissata, il locatore promuove l'esecuzione ai sensi degli articoli 605 e seguenti del codice di procedura civile.
(1) Articolo sostituito dall'articolo 7 bis del D.L. 13 settembre 2004, n. 240.
ARTICOLO N.57
Esenzioni fiscali ed onorari professionali.
Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle controversie in materia di locazione il cui valore non eccede le lire 600.000, nonché i provvedimenti di cui all'articolo 44, sono esenti dall'imposta di bollo e di registro; negli stessi casi gli onorari di avvocato e procuratore sono ridotti alla metà.
È abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 6, l. 30 luglio 1984, n. 399. Vedi art. 19, l. 13 maggio 1999, n. 133.
TITOLO II
DISCIPLINA TRANSITORIA
CAPO I
CONTRATTI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE
ARTICOLO N.58
Durata dei contratti in corso soggetti a proroga.
I contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione e soggetti a proroga secondo la legislazione vigente si considerano prorogati ed hanno la durata prevista nell'articolo 1 con le seguenti decorrenze:
a) dal 1° gennaio 1979, per i contratti stipulati anteriormente al 31 dicembre 1952;
b) dal 1° luglio 1979, per i contratti stipulati fra il 1° gennaio 1953 ed il 7 novembre 1963;
c) dal 1° gennaio 1980, per i contratti stipulati dopo il 7 novembre 1963 (1) (2).
(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 59, n. 1, 65 della medesima legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nn. 2, 3, 6 e 8 in combinato diposto con gli articoli 58, 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Con la medesima sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59nn. 4, 5 e 7 nonché 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato articolo 59, nn. 4, 5 e 7 dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.
ARTICOLO N.59
Recesso del locatore.
Nei casi di cui all'articolo precedente il locatore può recedere in ogni momento dal contratto dandone comunicazione al conduttore mediante lettera raccomandata e con un preavviso di almeno sei mesi:
1) quando abbia la necessità, verificatasi dopo la costituzione del rapporto locatizio, di destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge o dei parenti in linea retta entro il secondo grado;
2) quando, volendo disporre dell'immobile per abitazione propria, del coniuge o dei propri parenti in linea retta fino al secondo grado oppure quando, trattandosi di ente pubblico o comunque con finalità pubbliche sociali, mutualistiche, cooperativistiche, assistenziali o di culto che voglia disporre dell'immobile per l'esercizio delle proprie funzioni, offra al conduttore altro immobile idoneo per cui sia dovuto un canone di locazione proporzionato alle condizioni del conduttore medesimo e comunque non superiore del 20 per cento al canone del precedente immobile e assuma a suo carico le spese di trasloco. Quando l'opposizione del conduttore all'azione del locatore risulti infondata, questi potrà essere esonerato dalle spese di trasloco;
3) quando l'immobile locato sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore impedisca di compiere gli indispensabili lavori;
4) quando il proprietario intenda demolire o trasformare notevolmente l'immobile locato per eseguire nuove costruzioni o, trattandosi di appartamento sito all'ultimo piano, quando intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge, e per eseguire sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'appartamento stesso;
5) quando l'immobile locato sia di interesse artistico o storico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, nel caso in cui la competente sovraintendenza riconosca necessario ed urgente che si proceda a riparazioni o restauri, la cui esecuzione sia resa impossibile dallo stato di occupazione dell'immobile;
6) quando il conduttore può disporre di altra abitazione idonea alle proprie esigenze familiari nello stesso comune ovvero in un comune confinante;
7) quando il conduttore, avendo sublocato parzialmente l'immobile, non lo occupa nemmeno in parte, con continuità. Si presume l'esistenza della sublocazione quando l'immobile risulta occupato da persone che non sono alle dipendenze del conduttore o che non sono a questo legate da vincoli di parentela o di affinità entro il quarto grado, salvo che si tratti di ospiti transitori. La presunzione non si applica nei confronti delle persone che si sono trasferite nell'immobile assieme al conduttore;
8) quando il conduttore non occupa continuativamente l'immobile senza giustificato motivo.
Nelle ipotesi di cui ai numeri 4) e 5) del precedente comma, il possesso della licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio. Gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella lettera c) dell'articolo 29.
Alla procedura per il rilascio dell'immobile si applicano le norme di cui ai precedenti articoli 30 e 56 (1) (2).
(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 58, 65 della medesima legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 2, 3, 6 e 8 nonché 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Con la medesima sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 4, 5 e 7 nonché 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato articolo 59, nn. 4, 5 e 7 dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.
ARTICOLO N.60
Ripristino del rapporto e risarcimento del danno.
[Il provvedimento che dispone il rilascio dell'immobile in conseguenza dell'esercizio da parte del locatore del diritto di recesso, perde efficacia se il locatore, nel termine di sei mesi da quando ha riacquistato la disponibilità dell'immobile, non lo adibisca all'uso per il quale aveva agito ovvero, nei casi di cui ai numeri 3), 4) e 5) dell'art. 59, non inizi, nel suddetto termine, i lavori per i quali è stata rilasciata licenza o concessione.
Il conduttore ha diritto, nei confronti del locatore e dei suoi aventi causa, al ripristino del contratto di locazione, salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero a sua scelta al risarcimento del danno da determinarsi dal giudice in misura non inferiore a 12 e non superiore a 48 mensilità del canone, oltre ad un equo indennizzo per le spese di trasloco.
Il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento, ordina al locatore il pagamento di una somma da L. 500.000 a L. 2.000.000 da devolvere al comune nel cui territorio è sito l'immobile, ad integrazione del fondo sociale di cui al titolo III della presente legge.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.61
Acquirente dell'immobile locato.
[La facoltà di recesso nel caso previsto dal n. 1) dell'art. 59 non può essere esercitata da chi ha acquistato l'immobile per atto tra vivi finchè non siano decorsi almeno due anni dalla data dell'acquisto.
Il termine è ridotto ad un anno se nei confronti dell'acquirente è in corso un procedimento di rilascio non dovuto a morosità ovvero se l'acquirente è cittadino emigrato in un paese straniero in qualità di lavoratore e intenda rientrare in Italia per risiedervi stabilmente.
Quando l'immobile è stato donato a causa di matrimonio o costituito in fondo patrimoniale e il matrimonio sia stato celebrato, il termine di cui al primo comma si computa dal giorno in cui il dante causa ha acquistato il diritto sull'immobile.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.62
Canone dei contratti soggetti a proroga.
[Il canone di cui agli articoli 12 e 24 si applica ai contratti previsti nell'art. 58 dall'inizio del sesto anno a decorrere dalla entrata in vigore della presente legge ed il canone è adeguato in relazione all'eventuale mutamento degli elementi di cui agli articoli 13 e 15.
Fino alla data suddetta il canone di locazione corrisposto dal conduttore, calcolato al netto degli oneri accessori, può essere aumentato a richiesta del locatore, a decorrere dal primo giorno del quarto mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, nella misura del 20% all'anno per i primi due anni e del 15% all'anno per gli anni successivi della differenza risultante tra il canone definito ai sensi dell'art. 12 ed il canone attualmente corrisposto.
Se il canone attualmente corrisposto è superiore a quello definito ai sensi dell'art. 12 si applicano le disposizioni dello stesso art. 12 e quelle dell'art. 24 a partire dal primo giorno del quarto mese successivo alla entrata in vigore della presente legge.
Ove alcuni parametri, coefficienti o altri elementi necessari per la determinazione del canone a norma dell'art. 12 non siano noti in tempo utile, gli adeguamenti del canone di locazione di cui ai precedenti commi si applicano tenendo conto di tutti gli altri elementi noti, salvo i conguagli che decorreranno in ogni caso dalle date di cui ai commi precedenti.
Le parti possono liberamente concordare modalità diverse sempre che il canone definito non superi quello risultante dall'applicazione degli articoli 12 e 24.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.63
Aggiornamento del canone dei contratti in corso soggetti a proroga.
[Per i primi due anni a decorrere dalla entrata in vigore della presente legge il canone di locazione relativo ai contratti previsti nell'art. 58 non è aggiornato per gli effetti di cui all'art. 24.
Dall'inizio del terzo anno il canone di locazione è aggiornato in base alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nell'anno precedente.
Se le variazioni sono in aumento, di esse si applica soltanto:
il 20% dall'inizio del terzo anno;
il 40% dall'inizio del quarto anno;
il 60% dall'inizio del quinto anno;
il 75% dall'inizio del sesto anno.
In ogni caso con l'integrale applicazione dell'equo canone l'aggiornamento di cui all'art. 24 si applica nella intera misura ivi prevista.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.64
Particolari contratti soggetti a proroga.
[Ai contratti di locazione di cui all'art. 26, comma primo, lettera d ) e comma secondo, soggetti a proroga secondo la legislazione vigente, si applicano per la durata le disposizioni dell'art. 58.
Fino al termine di tale durata il canone può essere modificato a richiesta del locatore mediante aggiornamento annuale, in base al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nell'anno precedente.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.65
Contratti in corso non soggetti a proroga.
[Le disposizioni degli articoli 1 e 3 si applicano anche ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e non soggetti a proroga, detraendosi, per la determinazione della durata prevista all'art. 1, il tempo già trascorso dall'inizio della locazione o, in caso di intervenuto rinnovo contrattuale, dalla data di esso.
La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è in corso procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione.
Il canone di cui agli articoli 12 e 24 si applica ai contratti di cui al presente articolo a partire dall'inizio del secondo anno a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, ed il canone è adeguato in relazione all'eventuale mutamento degli elementi di cui agli articoli 13 e 15.
Fino alla data suddetta il canone di locazione corrisposto dal conduttore, calcolato al netto degli oneri accessori, può essere aumentato su richiesta del locatore a decorrere dal primo giorno del quarto mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge nella misura del 50% della differenza risultante fra il canone definito ai sensi dell'art. 12 ed il canone attualmente corrisposto.
Se il canone attualmente corrisposto è superiore a quello definito ai sensi dell'art. 12 si applicano le disposizioni dello stesso art. 12 e quelle dell'art. 24 a partire dal primo giorno del quarto mese successivo all'entrata in vigore della presente legge.
Ai contratti di locazione di cui all'art. 26, comma primo, lettera d ) e comma secondo, non soggetti a proroga, si applicano le disposizioni di cui ai commi primo e secondo del presente articolo. Fino alla scadenza di cui al primo comma il canone può essere modificato, su richiesta del locatore, soltanto mediante aggiornamento annuale, in base al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente (1) (2).] (3)
(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 58 E 59, n. 1 della medesima legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 58 , 59 nn. 2, 3, 6 e 8 della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Con la medesima sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58 , 59 nn. 4, 5 e 7 nonché 65 della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato articolo 59, nn. 4, 5 e 7 dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.
(3) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.66
Oneri accessori conglobati nel canone.
[Gli oneri accessori che, nei rapporti in corso, siano stati posti a carico del conduttore e conglobati nel canone, non possono essere computati in misura superiore al 10% del canone pattuito qualora il contraente interessato non ne provi l'importo effettivo.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
CAPO II
CONTRATTI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI
ABITAZIONE
ARTICOLO N.67
Contratti in corso soggetti a proroga.
I contratti di locazione di cui all'art. 27 in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge e soggetti a proroga secondo la legislazione vigente si considerano prorogati ed hanno la seguente durata:
a ) anni 4, i contratti stipulati prima del 31 dicembre 1964 (1);
b ) anni 5, i contratti stipulati tra il 1° gennaio 1965 ed il 31 dicembre 1973 (2);
c ) anni 6, i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 1973 (3).
La durata di cui sopra decorre dal giorno e dal mese, successivi alla entrata in vigore della presente legge, corrispondenti a quelli di scadenza previsti nel contratto di locazione; ove tale determinazione non sia possibile, dallo stesso giorno di entrata in vigore della presente legge.
È in facoltà delle parti di stipulare anche prima della scadenza sopra prevista un nuovo contratto di locazione secondo le disposizioni del capo III, titolo I, della presente legge.
(1) A norma dell’articolo 15-bis, comma 1, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, le scadenze dei contratti di cui alla presente lettera, sono ulteriormente prorogate di due anni. Vedi inoltre articolo 15-bis, comma 1, del medesimo Decreto legge. Successivamente, a norma dell’articolo 2, comma 1, della legge 25 luglio 1984, n. 377, sono prorogate sino al 31 dicembre 1984. Da ultimo, sono prorogate fino all'entrata in vigore della nuova disciplina in materia di locazione degli immobili adibiti ad uso diverso dell'abitazione e, comunque, non oltre il 30 giugno 1985 dall’articolo 1, comma 8, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12.
(2) A norma dell’articolo articolo 15-bis, comma 1, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9le scadenze dei contratti di cui alla presente lettera, sono ulteriormente prorogate di due anni. Vedi inoltre articolo 15-bis, comma 1, del medesimo Decreto legge.
(3) A norma dell’articolo articolo 15-bis, comma 1, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9le scadenze dei contratti di cui alla presente lettera, sono ulteriormente prorogate di due anni. Vedi inoltre articolo 15-bis, comma 1, del medesimo Decreto legge.
ARTICOLO N.68
Aumenti del canone.
Nei contratti di locazione o sublocazione di cui al precedente articolo il canone corrisposto dal conduttore, calcolato al netto degli oneri accessori, può essere a richiesta del locatore, aumentato a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge per il restante periodo di durata del contratto, nelle misure seguenti:
1) non superiore al 15 per cento all'anno, per i contratti stipulati anteriormente al 31 dicembre 1964;
2) non superiore al 10 per cento all'anno per i contratti stipulati fra il 1° gennaio 1965 ed il 31 dicembre 1973;
3) non superiore al 5 per cento all'anno per i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 1973.
ARTICOLO N.69
Diritto di prelazione in caso di nuova locazione e indennità per l'avviamento commerciale.
Nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, di cui agli articoli 67 e 71 della presente legge, il locatore comunica, mediante raccomandata con avviso di ricevimento da inviarsi entro il 28 febbraio 1987, se ed a quali condizioni intende proseguire la locazione ovvero le condizioni offerte da terzi per la locazione dell'immobile.
L'obbligo ricorre anche quando il locatore non intende proseguire nella locazione per i motivi indicati all'art. 29.
Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato al locatore che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto per inadempimento o recesso del conduttore o qualora sia in corso una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, a carico del conduttore medesimo.
Il conduttore deve rendere noto al locatore, entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al primo comma, se intende proseguire la locazione alle nuove condizioni.
Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. Egli conserva tale diritto anche nell'ipotesi di cui al quarto comma dell'art. 40.
Il conduttore, se non accetta le condizioni offerte dal locatore ovvero non esercita la prelazione, ha diritto ad un compenso pari a 24 mensilità, ovvero a trenta per le locazioni con destinazione alberghiera, del canone richiesto dal locatore od offerto dal terzo.
Se il locatore non intende proseguire nella locazione il conduttore può, entro trenta giorni dalla comunicazione del locatore o in mancanza di questa, se dovuta, dalla scadenza del termine di cui al primo comma, offrire un nuovo canone, impegnandosi a costituire, all'atto del rinnovo e per la durata del contratto, una polizza assicurativa oppure una fidejussione bancaria per una somma pari a 12 mensilità del canone offerto.
Se il locatore non intende proseguire nella locazione sulla base delle condizioni offerte, al conduttore è dovuta l'indennità per l'avviamento commerciale nella misura di 24 mensilità, ovvero di 30 per le locazioni con destinazione alberghiera, del canone offerto ai sensi del comma precedente.
In mancanza dell'offerta del nuovo canone da parte del conduttore nonché nei casi di rilascio dell'immobile per i motivi di cui all'art. 29 salvo quelli di cui al primo comma, lettera a ), è dovuta l'indennità per avviamento commerciale nella misura di 21 mensilità, ovvero di 25 per le locazioni con destinazione alberghiera, del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche. In caso di rilascio dell'immobile per i motivi di cui all'art. 29, primo comma, lettera a ), la predetta indennità è calcolata con riferimento al canone corrisposto. L'indennità dovuta è complessivamente di 24 mensilità, ovvero di 32 per le locazioni con destinazione alberghiera, nei casi di cui al secondo comma dell'art. 34.
L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata all'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui ai precedenti commi sesto, ottavo e nono.
Per i contratti di cui agli articoli 67 e 71 le disposizioni del presente articolo sono sostitutive di quelle degli articoli 34 e 40.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività di cui all'art. 27, primo comma, che non comportano contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, di attività professionali e di attività di cui all'art. 42. In tali casi, il compenso spettante al conduttore ai sensi dei precedenti commi sesto, ottavo e nono, è limitato a dodici mensilità. Il compenso non è dovuto qualora il locatore intenda ottenere la disponibilità dell'immobile per i motivi di cui all'art. 29 (1) (2) (3).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 5 ottobre 1983, n. 300 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto del comma 7, nella versione precedente a quella attuale e l’articolo 73 nella parte in cui - relativamente alle ipotesi di recesso del locatore dai contratti disciplinati dall'art. 67 stessa legge 27 luglio 1978, n. 392, motivate con la sopravvenuta necessità di adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti in linea retta entro il secondo grado - prevede che l'indennità per l'avviamento commerciale dovuta al conduttore sia determinata sulla base del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche, anzichè con riferimento all'ultimo canone corrisposto.
(2) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 9-bis, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12 , convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118 e, successivamente, dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 9 dicembre 1986, n. 832 conv. in l. 6 febbraio 1987, n. 15.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 3 giugno 1992, n. 242, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede che l'obbligo del locatore di corrispondere al conduttore la indennità per l'avviamento commerciale non ricorre quando causa di cessazione del rapporto è un provvedimento della pubblica amministrazione che esclude indefinitamente la utilizzazione economica dell'immobile.
ARTICOLO N.70
Immobili destinati a particolari attività soggetti a proroga.
Ai contratti di locazione di cui all'articolo 42si applicano le disposizioni degliarticoli 67 e 68.
ARTICOLO N.71
Contratti in corso non soggetti a proroga.
Le disposizioni degli articoli 27 e 42, primo comma, si applicano anche in contratti in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge e non soggetti a proroga legale, detraendosi, per la determinazione della durata prevista in detta disposizione, il periodo di locazione già trascorso dall'inizio della locazione o, in caso di intervenuto rinnovo contrattuale, dalla data di esso.
La durata non può comunque essere inferiore a due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai contratti di cui sopra per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è in corso procedimento per convalida di licenza o di sfratto.
Il canone potrà essere aggiornato annualmente su richiesta del locatore dal giorno della scadenza contrattualmente prevista, in base al 75 per cento della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nell'anno precedente.
ARTICOLO N.72
Mutamento della destinazione.
I nuovi contratti di locazione di immobili il cui uso venga mutato da quello preesistente di abitazione non possono prevedere, per un periodo di quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un canone superiore a quello di cui agli articoli 12 e 24, tranne che siano intervenute radicali trasformazioni dell'immobile stesso autorizzate ai sensi delle vigenti leggi.
ARTICOLO N.73
Norme applicabili.
Per i contratti previsti negli articoli 67 , 70 e ferme restando le scadenze convenzionali, nell'articolo 71, il locatore può recedere in base ai motivi di cui all'articolo 29 e con il preavviso di cui all'articolo 59 . Nei casi previsti dalle lettere a), e b) dell'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo 29 tale facoltà è riconosciuta soltanto ove ricorra la necessità del locatore o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, verificatasi dopo la costituzione del rapporto locatizio. Si applicano le disposizioni degli articoli 30 e 31 e degli articoli da 35a 39, nonché quelli dell'articolo 69 , settimo, ottavo e nono comma (1) (2) (3).
(1) Articolo modificato dall'art. 1-bis, d.l. 30 gennaio 1979, n. 21, conv. in l. 31 marzo 1979, n. 93.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 5 ottobre 1983, n. 300, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui, relativamente alle ipotesi di recesso del locatore dai contratti disciplinati dall'art. 67, motivate con la sopravvenuta necessità di adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei propri parenti in linea retta entro il secondo grado, prevede che l'indennità per l'avviamento commerciale dovuta al conduttore sia determinata sulla base del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche, anziché con riferimento all'ultimo canone corrisposto.
(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 10 dicembre 1987, n. 562, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non richiama espressamente l'obbligo di corrispondere l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale di cui all'art. 69, settimo, ottavo e nono comma, di questa legge nel testo originario.
CAPO III
DISPOSIZIONI PROCESSUALI
ARTICOLO N.74
Rinvio.
Le disposizioni degli articoli da 43 a 57 sono applicabili alle locazioni previste nei capi I e II del presente titolo.
TITOLO III
FONDO SOCIALE
ARTICOLO N.75
Istituzione del fondo sociale.
[Presso il Ministero del tesoro è istituito un fondo sociale per l'integrazione dei canoni di locazione per i conduttori meno abbienti.
Tale fondo è costituito da un conto corrente infruttifero sul quale le regioni potranno prelevare le cifre messe a disposizione secondo le modalità di cui agli articoli seguenti.
Il Ministro del bilancio riunisce annualmente la commissione interregionale di cui alla legge 16 maggio 1970, n. 281, e sottopone ad essa una proposta di ripartizione per regione della somma disponibile. Le proposte del Ministro e il parere della commissione sono rimesse al CIPE per le decisioni definitive.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.76
Ripartizione del fondo.
[Le regioni, con provvedimento del consiglio regionale, decidono entro un mese dalla ripartizione dei fondi, le modalità di distribuzione tra i vari comuni tenendo conto delle esigenze esistenti in ciascuno di essi. Le somme così ripartite devono servire a concorrere al pagamento degli aumenti del canone di locazione per i conduttori meno abbienti.
Di norma i comuni, nell'ambito degli stanziamenti assegnati, destineranno le somme secondo i seguenti criteri:
a ) il reddito annuo complessivo, riferito alla somma dei redditi imputati al conduttore ed alle altre persone con lui abitualmente conviventi, non sia superiore complessivamente all'importo di due pensioni minime INPS per la generalità dei lavoratori per nuclei familiari costituiti da uno o due componenti;
b ) al momento dell'entrata in vigore della presente legge, i conduttori siano intestatari del contratto di affitto dell'alloggio, che, per ubicazione, tipologia e superficie, deve essere strettamente necessario alle esigenze del conduttore e delle persone con lui abitualmente conviventi;
c ) i conduttori abbiano ricevuto, per effetto dell'entrata in vigore della presente legge, richiesta di aumento del canone di locazione attualmente corrisposto.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.77
Integrazione del canone.
[L'integrazione del canone di locazione consisterà nella corresponsione di un contributo annuo non superiore all'80% dell'aumento del canone di locazione conseguente all'applicazione dell'equo canone, secondo l'entità e le modalità definite dalla presente legge.
Il contributo di cui al comma precedente non può in ogni caso essere superiore alla somma annua di L. 200.000.
Ai conduttori che usufruiscono del contributo integrativo è fatto divieto di procedere alla sublocazione dell'immobile locato a pena di decadenza dal contributo medesimo.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.78
Copertura finanziaria.
[La spesa di L. 240 miliardi derivante dall'applicazione del presente titolo sarà iscritta nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro in ragione di L. 15 miliardi nell'anno 1978, di L. 25 miliardi nell'anno 1979, di L. 35 miliardi nell'anno 1980, di L. 45 miliardi nell'anno 1981, di L. 55 miliardi nell'anno 1982 e di L. 65 miliardi nell'anno 1983.
All'onere di L. 15 miliardi relativo all'anno finanziario 1978 si provvede con corrispondente riduzione del fondo speciale iscritto al capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
ARTICOLO N.79
Patti contrari alla legge.
[È nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge.
Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431, limitatamente alle locazioni abitative.
ARTICOLO N.80
Uso diverso da quello pattuito.
Se il conduttore adibisce l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione (1).
Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile. Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole "e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione".
ARTICOLO N.81
Pubblicazione dei dati ISTAT nella Gazzetta Ufficiale.
Le variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall'ISTAT sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
ARTICOLO N.82
Giudizi in corso.
Ai giudizi in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le leggi precedenti.
ARTICOLO N.83
Relazione al Parlamento.
[Il Ministro di grazia e giustizia, di concerto col Ministro dei lavori pubblici, ogni anno, a decorrere da quello successivo all'entrata in vigore della presente legge, presenta al Parlamento, entro il 31 marzo, una relazione sulla applicazione del nuovo regime delle locazioni, che consenta di valutarne tutti gli effetti, ai fini di ogni necessaria e tempestiva modificazione della presente legge.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.
ARTICOLO N.84
Abrogazione.
Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
ARTICOLO N.85
Entrata in vigore.
La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Nel panorama legislativo
italiano, si segnala il recente intervento normativo – invero lungamente atteso
e molto dibattuto – di disciplina delle unioni civili e dei rapporti
patrimoniali fra conviventi di fatto, per rapporti fra soggetti di sesso
diverso. È stata infatti approvata dalla Camera la legge n. 76 del 20 maggio
Affinché i conviventi possano
disciplinare in via programmatica i loro rapporti patrimoniali, la legge n.
76/2016 ha previsto la sottoscrizione di un apposito contratto, definito
appunto “contratto (o patto) di convivenza”, da redigere in forma scritta, a
pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio
o da un avocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e
all’ordine pubblico. Di tale contratto viene trasmessa copia al Comune di
residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai sensi del regolamento
di cui al d.p.r. n. 223 del 1989.
Il contratto di convivenza è nullo se concluso:
Il contenuto del contratto di
convivenza può essere vario, in quanto deve rispecchiare le esigenze delle
parti: può essere indicato il luogo scelto come residenza comune, possono
essere precisate le modalità di contribuzione che ciascun convivente accetta di
apportare per far fronte alle necessità della vita in comune, può essere
indicato il regime patrimoniale della comunione dei beni. Non può, invece,
integrare il contenuto del suddetto accordo alcuna pattuizione inerente il
rapporto personale dei conviventi. Il contratto – al quale non devono apporsi
termini o condizioni di validità – si risolve per accordo delle parti, recesso
unilaterale a mezzo di dichiarazione ricevuta da notaio o autenticata da notaio
o avvocato, intervenuto matrimonio o unione civile, morte di uno dei
contraenti. In tali casi, si scioglie – laddove prevista dalle parti – anche la
comunione dei beni, con gli effetti all’uopo previsti dal codice civile, nei
limiti di compatibilità di disciplina.