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23/04/25

Testamento: legittima anche la volontà espressa a monosillabi o gesti, se intellegibile e consapevole

Una recente ordinanza della Cassazione ribadisce la validità della manifestazione testamentaria non verbale quando dettata da condizioni fisiche invalidanti, purché chiara e cosciente.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9534 dell’11 aprile 2025, ha chiarito che un testamento è valido anche se la volontà del testatore è stata espressa attraverso monosillabi o movimenti del capo. Questa forma di manifestazione, seppur atipica, è ritenuta legittima qualora sia l’unica modalità possibile per via delle condizioni fisiche del disponente, purché la volontà risulti comprensibile, libera da vizi e pienamente consapevole. 

Nel caso in esame, il giudice ha verificato l'autenticità dell’intenzione testamentaria, rilevando che il deficit motorio non comprometteva la lucidità mentale del testatore. 
Viene così confermato che non è necessaria una forma verbale o scritta classica, se la comunicazione è comunque chiara e intellegibile. 
Il principio tutela la sostanza della volontà rispetto alla forma, nel rispetto delle condizioni soggettive del disponente.

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21/03/25

Corte di Cassazione Civile, Sez. 1, Ord. 3 gennaio 2024, N.85

Giudizio di Delibazione 

Il ricordo ad operazioni di maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; non è automaticamente trascrivibile in Italia il provvedimento giurisdizionale straniero, e di conseguenza l'originario atto di nascita, che indichino il genitore d'intenzione quale genitore del bambino, insieme al padre biologico che voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci. 

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13/02/25

Senza Titolo

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29/11/24

CYBER DATING VIOLENCE: QUANDO LA VIOLENZA VEDE PROTAGONISTI I SOCIAL MEDIA

Nel mondo di oggi i social stanno assumendo un ruolo sempre più preponderante nella vita di ognuno, in particolar modo dei giovani. Queste piattaforme diventano per i ragazzi delle vere e proprie “piazze”, ove si crea un’altra realtà, la c.d. realtà virtuale. 
Come dice un noto filosofo – Luciano Floridi – oggi i ragazzi vivono “onlife”, con la conseguenza che diventa sempre più difficile per gli stessi distinguere ciò che accade nel mondo reale rispetto a quello che si consuma sui social. 
Proprio su questo scenario nasce un nuovo tipo di violenza, quella c.d. relazionale. Questo tipo di violenza non è ne fisica, nè verbale, ma si può dire che miri a distruggere agli occhi degli altri la reputazione della vittima, isolandola dai propri affetti, e rendendola così sempre più dipendente dal suo persecutore. 
Sul punto è doveroso evidenziare come la reputazione sia un diritto di suprema importanza. Essa, intesa quale fama di cui si gode tra i consociati, trova la propria tutela nell’art. 2 della Costituzione, il quale tutela i diritti inviolabili di ciascun individuo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali. Tale articolo si può dire essere un vero e proprio trasformatore permanente, in quanto permette di comprendere, sulla base di un determinato contesto storico-sociale, quali siano i diritti meritevoli di tutela. 
Ad oggi dubbi non ve ne sono, la reputazione è un vero e proprio diritto che necessita di essere tutelato sia nella vita di tutti giorni, che in quella c.d. realtà virtuale che sono i social media, teatro di innumerevoli quanto spregiudicate violenze relazionali.

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21/10/24

LA CONVENZIONE QUADRO EUROPEA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il 5 settembre 2024 a Vilnius, Lituania, è stata firmata la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’IA, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto. Il Trattato rappresenta il primo accordo internazionale giuridicamente vincolante in materia di IA e ha lo scopo di bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico democratico.

Il processo di elaborazione della Convenzione ha avuto inizio nel 2019, quando il Comitato ad hoc sull’Intelligenza Artificiale è stato incaricato di esaminare la fattibilità di uno strumento internazionale in grado di regolamentare l’intelligenza artificiale. Successivamente, il Comitato sull’Intelligenza Artificiale, costituito nel 2022, ha portato avanti la redazione del testo della convenzione, con la partecipazione attiva dei 46 Stati membri del Consiglio d’Europa e di osservatori come Stati Uniti, Canada, Giappone e Unione Europea. La Convenzione è stata formalmente adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 17 maggio 2024, e successivamente aperta alla firma durante la Conferenza dei ministri della giustizia a Vilnius. Il principale scopo della Convenzione è garantire che lo sviluppo, l’uso e la dismissione dei sistemi di IA siano compatibili con i principi democratici e i diritti umani fondamentali. I sistemi di IA vengono definiti machine-based system that, for explicit or implicit objectives, infers, from the input it receives, how to generate outputs such as predictions, content, recommendations or decisions that may influence physical or virtual environments e impone obblighi agli Stati firmatari di regolamentare l’intero ciclo di vita dei sistemi dalla progettazione all’implementazione, dall’utilizzo fino alla dismissione. 

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30/08/24

Il nuovo pacchetto antiriciclaggio approvato dal Consiglio d’Europa

Il Consiglio d’Europa ha adottato il 30 maggio 2024 un pacchetto di nuove norme per il contrasto al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. Esso comprende: 1) la prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo; 2) i meccanismi che gli stati membri devono istituire per prevenire l'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica la Direttiva (UE) n. 2019/1937, e modifica e abroga la Direttiva (UE) n. 2015/849; 3) il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce l'Autorità per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e che modifica i Regolamenti (UE) n. 1093/2010, (UE) n. 1094/2010 e (UE) n. 1095/2010. I testi sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale UE lo scorso 19 giugno 2024; il Regolamento antiriciclaggio si applicherà tre anni dopo l'entrata in vigore. Gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire alcune parti della Direttiva antiriciclaggio e tre anni per recepirne altre parti.

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01/08/24

DIRETTIVA (UE) 2024/1385 SULLA LOTTA ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE E ALLA VIOLENZA DOMESTICA

In data 13 giugno 2024 è entrata in vigore la Direttiva UE 14 maggio 2024, n. 2024/1385/UE sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 24 maggio 2024, Serie L, alla quale gli Stati membri sono tenuti ad allinearsi entro il 14 giugno 2027. La direttiva cerca di fornire un quadro giuridico generale volto a prevenire e combattere efficacemente la violenza contro le donne e la violenza domestica in tutta l'Unione. La direttiva fornisce delle definizioni delle nozioni di “violenza contro le donne” e di “violenza domestica” e individua una serie di atteggiamenti dei quali chiede agli Stati membri la punizione come reati: mutilazioni genitali femminili (art. 3); matrimonio forzato (art. 4); condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato (art. 5); stalking online (art. 6); molestie online (art. 7); istigazione alla violenza o all'odio online (art. 8). Ulteriori misure concernono la protezione delle vittime e l’accesso alla giustizia, l'assistenza alle vittime, la raccolta di dati, la prevenzione dei reati, il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati membri.

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17/01/23

RIFORMA CARTABIA: RITO UNICO PER SEPARAZIONI E DIVORZI E SENTENZA SULLO STATUS

Con l’espressione udienza presidenziale ci si riferisce all’udienza di comparazione dei coniugi davanti al presidente del tribunale, nella quale vengono assunti i provvedimenti temporanei necessari per la tutela dei coniugi e dei figli.

Con la nuova legge di bilancio, che accelera sul debutto della riforma del processo civile, i coniugi saranno “ obbligati “ a dedurre prima dell’udienza, tutti gli elementi del loro contrasto, prevedendo il nuovo sistema, l’eliminazione dell’udienza presidenziale.

Questa decisione, oltre a suscitare diverse perplessità, soprattutto per le misure concernenti le procedure minorili, pone spontanea la domanda riguardo l’emissione della sentenza parziale di separazione.

Durante la causa infatti è – comunque – possibile chiedere, ed ottenere, subito nell’udienza presidenziale una “sentenza parziale” di divorzio sullo status, che consente di ottenere lo “stato civile libero”, e quindi di poter risposarsi, convolando immediatamente a nuove nozze.

Il riferimento normativo per quanto riguarda la sentenza parziale di divorzio è rappresentato dall’art. 709 bis c.p.c. che afferma “ all’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, e del quarto al decimo. Si applicà altresì l’articolo 184. Nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio”.

La Corte di Cassazione con il provvedimento  n. 6145/2018 della  VI Sezione Civile  ha precisato che la sentenza parziale di separazione, nonostante la causa prosegua poi per l’addebito o per altre statuizioni, è giustificata dalla presenza di una disaffezione e dal distacco spirituale di uno dei coniugi nei confronti dell’altro che rende intollerabile la convivenza. La pronuncia immediata sullo status consente, secondo la Corte,  di evitare condotte processuali dilatorie che possono incidere negativamente sui diritti di una delle parti.

A detta di ciò Con la nuova legge di bilancio, l’eliminazione dell’udienza presidenziale, inciderà sull’emissione e il rilascio della sentenza parziale di separazione?

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13/01/23

Ammissione di nuove prove nel processo penale: il saggio grafico

In tema di poteri istruttori del giudice, l'art. 507 rappresenta una norma di cruciale importanza, in quanto attribuisce allo stesso la facoltà di disporre, anche d'ufficio e solo una volta terminata l'acquisizione delle prove, l'assunzione di nuovi mezzi di prova, se risulta assolutamente necessario.

Attraverso l'attribuzione di tali poteri istruttori è stata introdotta una deroga al principio dispositivo sancito dall' art. 190 c.p.p, in virtù del quale il diritto alla prova è prerogativa delle parti; deroga che si è resa necessaria al fine di fronteggiare eventuali situazioni di incompletezza istruttoria, consentendo, così, al giudice di giungere ad una completa rappresentazione del fatto. Tale potere di iniziativa probatoria si giustifica quindi alla luce di un’incertezza relativa ad una istruzione dibattimentale incompleta, che necessita di ulteriori acquisizioni, al fine di consentire all'organo giudicante di giungere all'emissione della sentenza in una situazione di completezza probatoria.

Affinché il giudice possa ammettere d'ufficio nuove prove sono necessarie alcune precise condizioni:

-       Innanzitutto, occorre che sia terminata l'acquisizione delle prove richieste dalle parti, nonché la lettura degli atti consentiti;

-         In secondo luogo, il ricorso all'art. 507 può aversi solo se l'assunzione della nuova prova risulti "assolutamente necessaria". Tale assoluta necessità sussiste quando il mezzo di prova risulta dagli atti del giudizio e la sua assunzione appare decisiva.

-         Infine, deve sussistere il carattere di novità del mezzo di prova richiesto.

Con particolare attenzione al saggio grafico, questo si configura come uno strumento di indagine fondamentale per il lavoro peritale. Il giudice può disporre l’acquisizione del saggio grafico che deve essere rilasciato dalla persona la cui firma o scrittura è oggetto di verifica, oppure può essere richiesto dal perito nominato che potrà procedere in tal senso, dopo aver ricevuto l’autorizzazione dal giudice. L’acquisizione di quest’ultimo avviene, più specificatamente, ex art. 75 disp.att.c.p.p. che riconosce al giudice, nei procedimenti per falsità in atti,  di disporre che l'imputato, se possibile alla presenza del perito, rilasci una scrittura di comparazione, facendo menzione dell'eventuale rifiuto dell'imputato stesso e di quant'altro interessi per valutare la genuinità della scrittura.

Il rilascio di saggio grafico non può essere equiparato alle dichiarazioni autoindizianti la cui inutilizzabilità in caso di violazione delle prescrizioni è prevista dall’art. 63 cod. proc. pen. e, pertanto, non è affetto da nullità il provvedimento con cui il giudice disponga la raccolta di essi, al fine di sottoporli al perito quali scritture di comparazione senza averne dato avviso alle parti ed in mancanza dell’intervento dei difensori. (Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 7 marzo 2013, n. 16400).

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10/01/23

Legge di Bilancio 2023

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 197 del 2022 recante il "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025".
Di seguito, le principali misure in favore di lavoratori, imprese e famiglie. 
  • Taglio del cuneo fiscale per l'anno 2023. Incrementato (rispetto al 2022) al 2% per i redditi annui sino ad euro 35.000 e al 3% per quelli sino ad euro 25.000 l'esonero sulla quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori per i rapporti di lavoro dipendente ad eccezione di quelli di lavoro domestico.
  • Incremento della dotazione del Fondo per i lavoratori dello spettacoloIncrementate di 60 milioni di euro per l'anno 2023, di 6 milioni di euro per l'anno 2024 e di 8 milioni di euro per l'anno 2025 le risorse del "Fondo per il sostegno economico temporaneo – SET" a favore dei lavoratori iscritti nel Fondo pensione lavoratori dello spettacolo.
  • Disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione anticipata flessibileIn via sperimentale per il 2023, sarà possibile conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 41 anni ("pensione anticipata flessibile", cd. quota 103). Questo trattamento non sarà cumulabile, dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui. I lavoratori dipendenti che abbiano maturato i requisiti minimi previsti per la pensione anticipata e decidano di proseguire il rapporto di lavoro beneficeranno del versamento in loro favore della quota di contribuzione previdenziale al loro carico. Le modalità di attuazione di tale bonus saranno disciplinate da apposito decreto da emanare entro il 31 gennaio 2023 dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze
  • Proroga del cosiddetto Anticipo Pensionistico Sociale (APE Sociale)Estesa al 31 dicembre 2023 la facoltà di accedere al trattamento erogato dall'INPS (sino al raggiungimento dell'età pensionabile) per i soggetti in specifiche condizioni che abbiano almeno 63 anni d'età e non siano già titolari di pensione diretta. L'indennità è concessa a lavoratori che svolgono mansioni gravose, invalidi civili al 74%, lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione che abbiano esaurito il trattamento di NASpI (o equivalente) e i cosiddetti caregivers.
  • Modifiche al trattamento cosiddetto "Opzione Donna"Prorogata per il 2023 la possibilità di accedere al trattamento pensionistico per le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2022, hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni, e che appartengano ad una delle seguenti categorie: caregivers, invalide (con invalidità superiore o uguale al 74%) e lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi.
  • Incremento dei trattamenti previsti dal Fondo per le vittime dell'amiantoDal primo gennaio 2023, è elevata dal 15 al 17% della rendita in godimento la prestazione aggiuntiva a carico dell'INAIL e da 10.000 a 15.000 euro la prestazione di importo fisso i favore dei malati di mesotelioma.
  • Agevolazione per l'assunzione di percettori del Reddito di CittadinanzaPrevisto l'esonero totale (nel limite di 8.000 euro) per le assunzioni a tempo indeterminato e le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023, di beneficiari del Reddito di Cittadinanza.
  • Agevolazione per l'assunzione di donne e giovani e nuove iscrizioni alla previdenza agricola di personale con età inferiore a 40 anniAnaloga agevolazione è prevista per le assunzioni a tempo indeterminato e le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023, di personale femminile e giovani. Esteso a tutto il 2023, per un periodo massimo di ventiquattro mesi, l'esonero dal versamento del 100% dell'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'IVS per le nuove iscrizioni di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali con età inferiore a quarant'anni.
  • Proroga al 31 marzo 2023 dello smart working per i lavoratori fragiliFino al 31 marzo 2023, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati cosiddetti fragili, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile anche attraverso l'adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli.
  • Rivalutazione automatica dei trattamenti pensionisticiRivisto il meccanismo di indicizzazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, al fine di tutelare i soggetti più bisognosi. Prevista una rivalutazione del 120% del trattamento minimo e dell'85% per gli assegni tra quattro e cinque volte il minimo. Per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS, per ciascuna delle mensilità da gennaio 2023 a dicembre 2024, ivi compresa la tredicesima mensilità spettante, è riconosciuto in via transitoria un incremento di 1,5 punti percentuali per l'anno 2023, elevati a 6,4 punti percentuali per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, e di 2,7 punti percentuali per l'anno 2024.
  • Nuove linee di indirizzo per la gestione degli enti previdenzialiEntro il 30 giugno 2023, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la COVIP, sono definite norme di indirizzo in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti previdenziali, di conflitti di interessi e di banca depositaria, di informazione nei confronti degli iscritti, nonché sugli obblighi relativamente alla governance degli investimenti e alla gestione del rischio. Prorogato al 31 gennaio 2023 il termine per la modifica dello statuto e dei regolamenti interni dell'INPGI. Decorso infruttuosamente il termine, i Ministeri vigilanti nomineranno un commissario ad acta, che, entro tre mesi, adotterà le modifiche statutarie previste dalla legge e le sottoporrà all'approvazione ministeriale.
  • Riforma del Reddito di CittadinanzaNelle more di un'organica riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva, dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, la misura del reddito di cittadinanza è riconosciuta nel limite massimo di 7 mensilità. Ciò ad eccezione dei nuclei familiari al cui interno vi siano persone con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant'anni di età. A decorrere dal primo gennaio 2023, i soggetti beneficiari devono essere inseriti, per un periodo di sei mesi, in un corso di formazione o di riqualificazione professionale. In caso di mancata frequenza del programma assegnato, il nucleo familiare del beneficiario del reddito di cittadinanza decade dal diritto alla prestazione. Le regioni sono tenute a trasmettere all'ANPAL gli elenchi dei soggetti che non rispettano l'obbligo di frequenza. A decorrere dal 1° gennaio 2023, per i beneficiari del reddito di cittadinanza appartenenti alla fascia di età compresa tra 18 e 29 anni che non hanno adempiuto all'obbligo di istruzione, l'erogazione del reddito di cittadinanza è subordinata anche all'iscrizione e alla frequenza di percorsi di istruzione degli adulti di primo livello, o comunque funzionali all'adempimento del predetto obbligo di istruzione. Con apposito protocollo, stipulato dal Ministero dell'istruzione e del merito e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono individuate azioni volte a facilitare le iscrizioni ai percorsi di istruzione erogati dai centri provinciali per l'istruzione degli adulti e, comunque, per l'efficace attuazione delle disposizioni. Il beneficio del reddito decade anche nel caso in cui sia rifiutata la prima offerta di lavoro. Inoltre, la quota dell'assegno destinata all'affitto sarà pagata direttamente ai proprietari. Il reddito di cittadinanza sarà abrogato il 1° gennaio 2024 e, nell'ottica di un'organica riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva, i risparmi di spesa dovuti all'abrogazione saranno versati nel «Fondo per il sostegno alla povertà e per l'inclusione attiva», istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'anno 2024.
  • Istituzione del Fondo per la sperimentazione del Reddito Alimentare, del Fondo per le periferie inclusive e del Fondo per accrescere il livello professionale nel turismoNello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito, pertanto, il Fondo per la sperimentazione del reddito alimentare, con la dotazione di 1,5 milioni di euro per l'anno 2023 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024. Il Fondo è destinato a finanziare, nelle città metropolitane, la sperimentazione del reddito alimentare, quale misura per contrastare lo spreco e la povertà alimentare, mediante l'erogazione, a soggetti in condizioni di povertà assoluta, di pacchi alimentari realizzati con l'invenduto della distribuzione alimentare, da prenotare mediante una applicazione e ritirare presso un centro di distribuzione ovvero ricevere presso il proprio domicilio nel caso di soggetti appartenenti a categorie fragili. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità attuative del trattamento, la platea dei beneficiari, nonché le forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore. Al fine di favorire e promuovere l'inclusione sociale delle persone con disabilità, contrastando, al contempo, i fenomeni di marginalizzazione nelle aree periferiche urbane delle grandi città, istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo denominato "Fondo per le periferie inclusive". I criteri di gestione saranno previsti con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata in materia di disabilità, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nello stato di previsione del Ministero del Turismo è istituito il Fondo per accrescere il livello professionale nel turismo, al fine di favorire il miglioramento della competitività dei lavoratori del comparto del turismo, nonché di agevolare l'inserimento di alti professionisti del settore nel mercato del lavoro. Il Fondo avrà una dotazione pari a 5 milioni di euro per l'anno 2023 e a 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025.
  • Presentazione telematica della Dichiarazione Sostitutiva Unica per l'ISEEdecorrere dal primo luglio 2023, la presentazione della DSU da parte del cittadino avviene prioritariamente in modalità precompilata, ferma restando la possibilità di presentare la DSU nella modalità ordinaria. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti l'INPS, l'Agenzia delle entrate e il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate le modalità operative, le ulteriori semplificazioni e le modalità tecniche per consentire al cittadino la gestione della dichiarazione precompilata resa disponibile in via telematica dall'INPS.
  • Nuove risorse per il Fondo sociale per occupazione e formazione e proroghe di trattamenti di sostegni al redditoStanziate ulteriori risorse per il Fondo sociale per occupazione e formazione per il rifinanziamento: - del completamento dei piani di recupero occupazionale di cui all'art. 44, comma 11-bis, del D.Lgs. n. 148/2015, per l'anno 2023; - di un'indennità onnicomprensiva, pari a 30 euro per l'anno 2023, per ciascun lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima in caso di sospensione dal lavoro derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio o non obbligatorio; - delle misure di sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call-center; - dell'integrazione salariale per i dipendenti del gruppo ILVA, prevista anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche; - per la proroga a tutto il 2023 del trattamento di CIGS di cui all'art. 44 del D.L. n. 109/2018 (convertito in legge n. 130/2018) per un periodo massimo complessivo di autorizzazione del trattamento straordinario di integrazione salariale di 12 mesi e nel limite di spesa di 50 milioni di euro.
  • Una tantum per i pubblici dipendentiNel solo anno 2023, sarà erogato un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per tredici mensilità, nella misura dell'1,5 per cento dello stipendio con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza.
  • Riconoscimento dell'indennità di amministrazione per il personale di INL e ANPALAl fine di perseguire l'armonizzazione dei trattamenti economici accessori, a decorrere dall'anno 2023 al personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro e dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro appartenente alle Aree previste dal sistema di classificazione professionale a essi applicabile è riconosciuta l'indennità di amministrazione nelle misure spettanti al personale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
  • Nuove risorse per il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, il Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza, il Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani e il Fondo per la crescita sostenibileNuove importanti risorse per il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, nonché per il Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza. Versati 2 milioni di euro per l'anno 2023 e 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, per il Piano nazionale di azione contro tratta e sfruttamento. Per il finanziamento degli interventi a sostegno della nascita e dello sviluppo di imprese cooperative costituite dai lavoratori per il recupero di aziende in crisi e per i processi di ristrutturazione o riconversione industriale, è incrementata di 1,5 milioni di euro per l'anno 2023 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile.
  • Novità nella disciplina delle prestazioni occasionaliAnzitutto, è prevista l'applicabilità della disciplina alle prestazioni che danno luogo per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 10.000 euro (anziché i 5.000 euro precedentemente previsti). È, altresì, estesa alle attività lavorative di natura occasionale svolte nell'ambito delle attività di discoteche, sale da ballo, night-club. È abrogata la previsione che richiedeva, nell'ambito delle prestazioni da rendere a favore di imprese del settore agricolo, l'autocertificazione del prestatore nella piattaforma informatica, di non essere stato iscritto nell'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli. Infine, è innalzato a 10 il numero dei lavoratori dipendenti dall'utilizzatore al fine di determinare la possibilità di ricorso alla prestazione occasionale. Sono, inoltre, previste disposizioni speciali per facilitare il reperimento di manodopera per le attività stagionali, favorendo forme semplificate di utilizzo delle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura. In particolare, le prestazioni agricole di lavoro subordinato occasionale a tempo determinato sono riferite ad attività di natura stagionale di durata non superiore a 45 giornate annue per singolo lavoratore, rese da soggetti che, a eccezione dei pensionati, non abbiano avuto un ordinario rapporto di lavoro subordinato in agricoltura nei tre anni precedenti all'instaurazione del rapporto, ovvero diverso da quello previsto dalla presente disciplina, quali: a) persone disoccupate, nonché percettori della NASpI o della DIS-COLL o del reddito di cittadinanza ovvero percettori di ammortizzatori sociali; b) pensionati di vecchiaia o di anzianità; c) giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un'università; d) detenuti o internati, nonché soggetti in semilibertà provenienti dalla detenzione o internati in semilibertà.
  • Incremento dell'assegno unico e universale per i figli a caricoDal primo gennaio 2023, è previsto un incremento del 50% dell'assegno unico per le famiglie con figli di età inferiore a un anno e per i figli con una età compresa da uno a tre anni per le famiglie con tre o più figli e con ISEE fino a 40.000 euro. Prevista anche una maggiorazione del 50% dell'assegno unico per le famiglie con 4 o più figli. Sono confermate e rese strutturali le maggiorazioni dell'assegno unico per ciascun figlio con disabilità a carico senza limiti di età.
  • Congedo parentalePrevisto un ulteriore mese di congedo facoltativo di maternità o, in alternativa, di paternità, retribuito all'80%, fino al sesto anno di vita del bambino.
  • Previsione del "buono portuale"Nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito il Fondo per l'incentivazione alla qualificazione del lavoro portuale, con una dotazione di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, destinato alla concessione, per il periodo dal primo gennaio 2023 al 31 dicembre 2026, di un contributo, denominato "buono portuale", pari all'80% della spesa sostenuta, per le imprese titolari di autorizzazione o di concessione, finalizzato inter alia ad incentivare modelli di formazione funzionali alla riqualificazione dei lavoratori e al mantenimento dei livelli occupazionali rispetto all'avvio di processi di automazione e digitalizzazione. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e politiche sociali, sentite le parti sociali maggiormente rappresentative, sono stabiliti termini e modalità di presentazione delle domande per la concessione del beneficio e della sua erogazione. 

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Va disapplicato il decreto del Ministero dell’Interno che obbliga alla dicitura “padre” e “madre” sulle carte di identità per i minorenni.

Il Tribunale di Roma ha stabilito che il decreto del Ministero dell’Interno del 31 gennaio 2019 in materia di carte di identità viola un “innumerevole elenco di principi e diritti di fonte costituzionale ed internazionale”, è viziato da un evidente eccesso di potere e pertanto che vada disapplicato. 

Al decreto del Ministero dell'interno del 31 gennaio 2019, così come a quello del 23 dicembre 2015 da esso modificato, la legge assegnava la limitata funzione di definire le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione e di rilascio della carta d'identità elettronica. In nessun modo l'attribuzione di una tale limitata funzione può però legittimare l'imposizione di modalità di elaborazione del software dedicato all'emissione delle carte di identità, tali da incidere - mediante l'escamotage di una istruzione apparentemente tecnica - su aspetti coperti da norme di grado costituzionale primario, quali il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il diritto alla dignità umana. (Nella specie, il Tribunale imponeva al Ministero dell'Interno e per esso al Sindaco di Roma, quale Ufficiale di governo, di indicare - apportando al software e/o all'hardware predisposto per la richiesta, la compilazione, l'emissione e la stampa delle carte di identità elettroniche le modifiche che si rendessero all'uopo necessarie - le qualifiche "neutre" di "genitore" in corrispondenza dei nomi delle due ricorrenti, sulla C.I.E. della figlia minore.)

(Trib. Roma, sez. XVIII civ., ord. 9 settembre 2022)

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Condhotel in Lombardia: nuovo regolamento regionale.

Il 15 ottobre 2022 è entrato in vigore in Lombardia il regolamento delle attività di condhotel avviate in immobili esistenti aventi destinazione ricettiva di albergo o hotel o di residenza turistico-alberghiera. Il Regolamento regionale 11 ottobre 2022, n. 7 ha approvato le condizioni di esercizio dei condhotel e degli standard qualitativi obbligatori minimi per la classificazione degli stessi. Il presente regolamento però si applica solo alle attività di condhotel avviate in immobili esistenti aventi destinazione ricettiva di albergo o hotel o di residenza turistico-alberghiera di cui all'articolo 18, comma 3, lettere a) e b) della Legge regionale 1° ottobre 2015, n. 27.


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Normativa tecnica relativa ai monopattini a propulsione prevalentemente elettrica.

Con decreto del 18 agosto 2022 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 agosto 2022 n. 202 il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili ha approvato la normativa tecnica relativa ai monopattini a propulsione prevalentemente elettrica. In particolare:

a) I monopattini elettrici devono essere dotati di freno su entrambe le ruote: il dispositivo frenante deve essere indipendente per ciascun asse e deve essere tale da agire in maniera pronta ed efficace sulle rispettive ruote; i dispositivi indipendenti di frenatura, l’uno sulla ruota anteriore e l’altro su quella posteriore, possono agire sulla ruota (pneumatico o cerchione) ovvero sul mozzo, ovvero, in generale, sugli organi di trasmissione;
b) I monopattini elettrici devono essere dotati: di un segnalatore acustico; di indicatori luminosi di svolta (c.d. frecce); anteriormente di una luce bianca o gialla e posteriormente di una luce rossa, entrambe a luce fissa; posteriormente di catadiottri rossi; di catadiottri gialli applicati sui lati; ammesse anche luci di arresto, che devono emettere luce rossa ; il suono emesso dal campanello deve essere di intensità tale da poter essere percepito ad almeno 30 m di distanza.
Il decreto entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana e si applicherà obbligatoriamente a tutti i monopattini elettrici nuovi commercializzati in Italia dal 30 settembre 2022. Tuttavia, dalla data di entrata in vigore del decreto, è possibile la sua applicazione facoltativa. I monopattini elettrici già in circolazione in Italia prima del 30 settembre 2022 dovranno essere adeguati, per quanto riguarda la presenza degli indicatori di svolta e dell’impianto frenante su entrambe le ruote, entro il 1° gennaio 2024, ai sensi dell’art. 1 comma 75-bis della legge n. 160 del 27 dicembre 2019.

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Responsabilità ex art. 2052 c.c. per danno cagionato da animali.

In materia di responsabilità ex art. 2052 c.c., il padrone del cane che, con la sua condotta, determina un danno a terzi è tenuto a risponderne anche in mancanza di un'aggressione diretta al danneggiato, in quanto l'ipotesi di responsabilità ex art. 2052 c.c. non riguarda le sole fattispecie di aggressione diretta dell’animale verso il danneggiato. Una tale limitazione, infatti, non è contemplata da questa norma, né ricavabile in via interpretativa.

Ai fini della responsabilità ex art. 2052 c.c. quindi è sufficiente che l'azione dell'animale si inserisca nel meccanismo causale (o concausale secondo i noti principi ex artt. 40 e 41 c.p.) all'origine dell'evento. Grava sul danneggiato unicamente l'onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, mentre spetta al padrone del cane dimostrare fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell'animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l'adozione delle più adeguate e diligenti misure.

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La riforma del processo civile e le modifiche apportate alla negoziazione assistita.

Con la riforma del processo civile introdotta dalla legge n. 206 è stata estesa la negoziazione assistita anche ad altre ipotesi. In particolare, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra i genitori al fine di raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate. Può altresì essere conclusa tra le parti per raggiungere una soluzione consensuale per la determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente e per la determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del codice civile, e per la modifica di tali determinazioni”. 

A partire dal 22 giugno 2022, dunque, la negoziazione assistita sarà utilizzabile, facoltativamente, anche nei seguenti casi:

-) affidamento dei figli minorenni nati fuori dal matrimonio; 

-) mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori dal matrimonio; 

-) determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto dal figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, nato da o fuori dal matrimonio; 

-) modifica consensuale delle condizioni stabilite in eventuali provvedimenti giurisdizionali già intervenuti su tali aspetti, allorquando si renda necessario un adeguamento delle condizioni attuali; 

-) determinazione degli alimenti di cui all'art. 433 cod. civ. 

Trattandosi di accordo intervenuto tra coppie di fatto, non vi è l'obbligo da parte degli avvocati di trasmettere l'accordo raggiunto al Comune di iscrizione o trascrizione del matrimonio.

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La nuova formulazione dell'art. 709 ter cpc per la soluzione dei contrasti tra genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale sulla prole.

La Legge sull’affidamento condiviso (Legge n. 54, 8 febbraio 2006, ha introdotto il principio della bi-genitorialità a tutela del minore, il quale ha diritto a ricevere supporto affettivo e risorse di mantenimento da entrambi i genitori.  A volte però accade che l’esercizio della bi-genitorialità sia reso difficile dal comportamento di uno dei genitori che non adempie ai propri obblighi o che addirittura si comporti in modo pregiudizievole per la crescita dei figli. Il legislatore quindi ha predisposto uno strumento per la soluzione di contrasti tra genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale sulla prole, che è l’art. 709 ter cpc, che interviene in tutte le questioni riguardanti l’istruzione, l’educazione, la salute, ovvero le controversie relative alle modalità dell’affidamento, come i diritti di visita, i tempi di permanenza o il genitore che ostacola l’altro nel rapporto con il figlio, o ancora in tutte le questioni relative alla decisione unilaterale del genitore collocatario di mutare il luogo di residenza proprio e del figlio, quelle relative all’educazione dei figli, come l’individuazione della scuola, l’scrizione del figlio al catechismo, ecc., nonché in tutti quei casi in cui il comportamento del genitore arrechi un pregiudizio al minore.

Il procedimento ex art.709 ter c.p.c. può essere instaurato sia in via principale che in via incidentale, nei giudizi di separazione o di divorzio, ovvero nei casi di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio. Il presupposto applicativo di tale procedimento è rappresentato dalla presenza di un provvedimento (sentenza, decreto di omologa o provvedimenti provvisori), relativo all’esercizio della responsabilità genitoriale, o delle modalità di affidamento della prole minorenne.

La legge 206/2021 ha apportato alcune modifiche all’art. 709 ter. Il nuovo testo testualmente recita:

Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;

3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614 bis;

4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”.

Con la riformulazione del numero 3) il legislatore ha quindi voluto prevedere la possibilità per il giudice, che intenda condannare uno dei due genitori al risarcimento dei danni a favore dell’altro, di fissare altresì la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.

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L'amministrazione dei beni della comunione legale.

L'amministrazione dei beni della comunione legale è prevista dall'art. 180 c.c., secondo il quale ciascuno dei coniugi può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre occorre invece il consenso di entrambi i coniugi sia per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione sia per la stipula di contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento nonché per la rappresentanza in giudizio delle relative azioni.

Criterio discretivo tra gli atti di gestione ordinaria e straordinaria è individuato nella capacità degli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione di alterare la composizione e la struttura del patrimonio comune e quindi le condizioni della vita della famiglia stessa. In tali casi il consenso è requisito di regolarità e validità del procedimento di formazione dell'atto di disposizione e, dunque, della manifestazione del consenso negoziale, la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o bene mobile registrato, si traduce in un vizio dell'atto stesso da far valere con azione di annullamento ex art. 184 c.c. esperibile entro un anno dal giorno in cui il coniuge pretermesso abbia avuto conoscenza dell'atto di disposizione o dal giorno della sua trascrizione. Nel caso in cui sia mancata la trascrizione o il coniuge non ne abbia avuto notizia, il termine prescrizionale di un anno decorre dal giorno dello scioglimento della comunione. L'azione non può comunque essere esperita se il coniuge pretermesso abbia convalidato l'atto, espressamente o tacitamente.

Nel caso di rifiuto di un coniuge alla stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice, che provvede in sede di volontaria giurisdizione, per ottenere l'autorizzazione al compimento dell'atto ogniqualvolta esso sia necessario nell'interesse della famiglia o dell'azienda coniugale.

In caso di impedimento o di assenza di uno dei coniugi, il legislatore ha previsto una deroga alla necessità del consenso congiunto. Infatti l'art. 182, comma 1, c.c. testualmente recita: "In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l’altro, in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico (2699) o da scrittura privata autenticata (2703), può compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è richiesto, a norma del l’Articolo 180, il consenso di entrambi i coniugi. Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere delegato dall’altro al compimento di tutti gli atti necessari all’attività dell’impresa".

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Il riparto di competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i Minorenni dopo la L. 26 novembre 2021, n. 206.

La riforma del diritto di famiglia (L. 26 novembre 2021, n. 206) si è occupata anche di modificare il riparto delle competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i Minorenni, riscrivendo l'intero art. 38 disp. att. c.c. (la norma perderà efficacia - tra il 2024 e il 2025 - entrerà a regime il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie).

Il nuovo testo dell'art. 38 disp. att. c.c. è il seguente:

"Sono di competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti previsti dagli articoli 84, 90, 250, ultimo comma, 251, 317 bis, ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del Codice Civile. Sono di competenza del tribunale ordinario i procedimenti previsti dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del Codice Civile, anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, giudizio di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli articoli 250, quarto comma, 268, 277, secondo comma, e 316 del codice civile, dell'articolo 710 del codice di procedura civile e dell'articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per i minorenni, d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei propri atti al pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario.

Il tribunale per i minorenni è competente per il ricorso previsto dall'articolo 709 ter del codice di procedura civile quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del Codice Civile. Nei casi in cui è già pendente o viene instaurato autonomo procedimento previsto dall'articolo 709 ter del codice di procedura civile davanti al tribunale ordinario, quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni.

Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni".

La Riforma ha quindi riplasmato l'art. 38 disp. att. c.c. E' stata mantenuta la competenza del Tribunale per i Minorenni per le autonome domande de potestate (artt. 330, 332, 333, 334 e 335), quelle di autorizzazione del minore ultrasedicenne a contrarre matrimonio (art.84/90 c.c.) e a continuare nell'esercizio dell'impresa (art. 371, ultimo comma c.c.), quelle di autorizzazione al riconoscimento del figlio incestuoso (art. 251 c.c.) e relative alle domande degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i minori (art. 317 bis c.c.).

E' stata invece spostata la competenza sull'autorizzazione al riconoscimento del figlio da parte del genitore infrasedicenne (art. 250, ultimo comma c.c.) al Tribunale per i Minorenni; è stata fissata la competenza del Tribunale ordinario per tutte le domande de potestate (limitazione o decadenza dell'esercizio della responsabilità genitoriale) in tutti i casi in cui sia pendente o risulti anche successivamente instaurato innanzi al Tribunale ordinario un procedimento di separazione, di divorzio, di regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

La vis actractiva a favore del Tribunale opererà anche nell’ipotesi di azione di stato esercitata prima o dopo l’inizio del giudizio minorile, davanti al Tribunale ordinario (riconoscimento ex art. 250 c.c., impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 e seguenti c.c., dichiarazione giudiziale di paternità o maternità ex art. 269 c.c.). Non opererà invece nell’ipotesi di azione di disconoscimento della paternità e del reclamo e della contestazione dello stato di figlio.

È altresì di competenza del Tribunale per i Minorenni il procedimento ex art. 709 ter c.p.c. qualora sia già pendente o sia instaurato successivamente un procedimento de potestate innanzi al Giudice minorile.

È previsto anche che tutte le volte in pendono contemporaneamente innanzi al Tribunale per i Minorenni un giudizio de potestate e, innanzi al Tribunale ordinario, un procedimento della crisi familiare o un’azione di stato, il Giudice minorile (d’ufficio o su istanza di parte), entro 15 giorni dalla richiesta, può adottare tutti i provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse del minore e deve trasmettere gli atti al Tribunale ordinario, il quale disporrà la riunione dei due procedimenti davanti a lui.

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Nomina e poteri del Curatore speciale (dopo la riforma della L. 26 novembre 2021, n. 206).

La L. 26 novembre 2021 n. 206 ha disposto anche la riforma degli artt. 78-80 c.p.c. relativi alla nomina e ai poteri del Curatore speciale. Di seguito riproponiamo gli articoli citati, le cui modifiche, in vigore dal 22 giugno 2022, sono evidenziate in grassetto:

Art. 78.
(Curatore speciale).
Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza,
e vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato all'incapace, alla
persona giuridica o all'associazione non riconosciuta un curatore
speciale che li rappresenti o assista finche' subentri colui al quale
spetta la rappresentanza o l'assistenza.
Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al
rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante.
((Il giudice provvede alla nomina del curatore speciale del minore,
anche d'ufficio e a pena di nullità degli atti del procedimento:
1) con riguardo ai casi in cui il pubblico ministero abbia
chiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i
genitori, o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza
dell'altro;
2) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo
403 del codice civile o di affidamento del minore ai sensi degli
3) nel caso in cui dai fatti emersi nel procedimento venga alla
luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne
l'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i
genitori;
4) quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto
quattordici anni.))
((In ogni caso il giudice può nominare un curatore speciale quando
i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a
rappresentare gli interessi del minore; il provvedimento di nomina
del curatore deve essere succintamente motivato)).

Art. 80.
(Provvedimento di nomina del curatore speciale).
L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al
conciliatore o al presidente dell'ufficio giudiziario davanti al
quale s'intende proporre la causa. ((Se la necessità di nominare un
curatore speciale sorge nel corso di un procedimento, anche di natura
cautelare, alla nomina provvede, d'ufficio, il giudice che procede)).
Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite
possibilmente le persone interessate, provvede con decreto. Questo è
comunicato al pubblico ministero affinché' provochi, quando occorre,
i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o
assistenza dell'incapace, della persona giuridica o dell'associazione
non riconosciuta.
((Al curatore speciale del minore il giudice può attribuire nel
provvedimento di nomina, ovvero con provvedimento non impugnabile
adottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanza
sostanziale. Il curatore speciale del minore procede al suo ascolto.
Il minore che abbia compiuto quattordici anni, i genitori che
esercitano la responsabilità genitoriale, il tutore o il pubblico
ministero possono chiedere con istanza motivata al presidente del
tribunale o al giudice che procede, che decide con decreto non
impugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze o perché
mancano o sono venuti meno i presupposti per la sua nomina)).

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Legge 4 maggio 1983, n. 184 - Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori.

LEGGE 4 maggio 1983, n. 184

Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori.

(Vigente al: 31-3-2022)

 

TITOLO I

((PRINCIPI GENERALI))

 La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno

approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

ART. 1.

 1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito

della propria famiglia.

 2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente

la ((responsabilita')) genitoriale non possono essere di ostacolo

all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal

fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e

di aiuto.

 3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle

proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto

della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie

disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire

l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito

della propria famiglia. Essi promuovono altresi' iniziative di

formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di

sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano

corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori

sociali nonché' incontri di formazione e preparazione per le famiglie

e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori.

I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni

senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e

delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al

presente comma.

 4. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e

all'eduzione del minore, si applicano gli istituti di cui alla

presente legge.

 5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato

nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso,

di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della

identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i

principi fondamentali dell'ordinamento.

((TITOLO IBIS.

DELL'AFFIDAMENTO DEL MINORE))

ART. 2.

 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo,

nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi

dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con

figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il

mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di

cui egli ha bisogno.

 1-bis. Gli enti locali possono promuovere la sensibilizzazione e la

formazione di affidatari per favorire l'affidamento familiare dei

minori stranieri non accompagnati, in via prioritaria rispetto al

ricovero in una struttura di accoglienza.

 1-ter. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1-bis non

devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; gli

enti locali provvedono nei limiti delle risorse disponibili nei

propri bilanci.

 2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma

1, e' consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo

familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o

privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a

quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza.

Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire

solo presso una comunità di tipo familiare.

 3. In caso di necessità e urgenza l'affidamento può essere

disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui

all'articolo 1, commi 2 e 3.

 ((3-bis. I provvedimenti adottati ai sensi dei commi 2 e 3 devono

indicare espressamente le ragioni per le quali non si ritiene

possibile la permanenza nel nucleo familiare originario e le ragioni

per le quali non sia possibile procedere ad un affidamento ad una

famiglia, fermo restando quanto disposto dall'articolo 4, comma 3)).

 4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31

dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove cio' non

sia possibile, mediante inserimento in comunita' di tipo familiare

caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali

analoghi a quelli di una famiglia.

 5. Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di

criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che

devono essere forniti dalle comunita' di tipo familiare e dagli

istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi.

ART. 3.

 1. I legali rappresentanti delle comunita' di tipo familiare e

degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri

tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo

X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda

alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l'esercizio della

((responsabilita' genitoriale)) o della tutela sia impedito.

 2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni

dall'accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono proporre

istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano

anche gratuitamente la propria attivita' a favore delle comunita' di

tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non

possono essere chiamati a tale incarico.

 3. Nel caso in cui i genitori riprendano l'esercizio della

((responsabilita' genitoriale)), le comunita' di tipo familiare e gli

istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al giudice

tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio.

ART. 4.

 1. L'affidamento familiare e' disposto dal servizio sociale locale,

previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la

responsabilita' genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il minore che

ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di eta' inferiore, in

considerazione della sua capacita' di discernimento. Il giudice

tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il

provvedimento con decreto.

 2. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la responsabilita'

genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si

applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

 3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere

indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonche' i tempi e i

modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le

modalita' attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il

nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve

altresi' essere indicato il servizio sociale locale cui e' attribuita

la responsabilita' del programma di assistenza, nonche' la vigilanza

durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati

il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si

tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio

sociale locale cui e' attribuita la responsabilita' del programma di

assistenza, nonche' la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire

senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del

luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di

provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di

particolare rilevanza ed e' tenuto a presentare una relazione

semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua

presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di

difficolta' del nucleo familiare di provenienza.

 4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere

indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve

essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero

della famiglia d'origine. Tale periodo non puo' superare la durata di

ventiquattro mesi ed e' prorogabile, dal tribunale per i minorenni,

qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore.

 5. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa

autorita' che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando

sia venuta meno la situazione di difficolta' temporanea della

famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la

prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

 5-bis. Qualora, durante un prolungato periodo di affidamento, il

minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni del capo

II del titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti

dall'articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare,

il tribunale per i minorenni, nel decidere sull'adozione, tiene conto

dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo

consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria.

 5-ter. Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore

faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad

altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, e' comunque

tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuita'

delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante

l'affidamento.

 5-quater. Il giudice, ai fini delle decisioni di cui ai commi 5-bis

e 5-ter, tiene conto anche delle valutazioni documentate dei servizi

sociali, ascoltato il minore che ha compiuto gli anni dodici o anche

di eta' inferiore se capace di discernimento.

 ((5-quinquies. Nel caso di minore rimasto privo di un ambiente

familiare idoneo a causa della morte del genitore, cagionata

volontariamente dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato,

dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile e'

cessata, dal convivente o da persona legata al genitore stesso, anche

in passato, da relazione affettiva, il tribunale competente, eseguiti

i necessari accertamenti, provvede privilegiando la continuita' delle

relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i parenti

fino al terzo grado. Nel caso in cui vi siano fratelli o sorelle, il

tribunale provvede assicurando, per quanto possibile, la continuita'

affettiva tra gli stessi.

 5-sexies. Su segnalazione del tribunale competente, i servizi

sociali assicurano ai minori di cui al comma 5-quinquies un adeguato

sostegno psicologico e l'accesso alle misure di sostegno volte a

garantire il diritto allo studio e l'inserimento nell'attivita'

lavorativa)).

 6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto,

ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il

servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli

anni dodici e anche il minore di eta' inferiore, in considerazione

della sua capacita' di discernimento, richiede, se necessario, al

competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori

provvedimenti nell'interesse del minore.

 7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto

compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunita'

di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato.

ART. 5.

 1. L'affidatario deve accogliere presso di se' il minore e

provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione,

tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia

stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile,

o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorita'

affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni

dell'articolo 316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario

esercita i poteri connessi con la responsabilita' genitoriale in

relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con

le autorita' sanitarie. ((L'affidatario o l'eventuale famiglia

collocataria devono essere convocati, a pena di nullita', nei

procedimenti civili in materia di responsabilita' genitoriale, di

affidamento e di adottabilita' relativi al minore affidato ed hanno

facolta' di presentare memorie scritte nell'interesse del minore)).

 2. Il servizio sociale, nell'ambito delle proprie competenze, su

disposizione del giudice ovvero secondo le necessita' del caso,

svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti

con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore

secondo le modalita' piu' idonee, avvalendosi anche delle competenze

professionali delle altre strutture del territorio e dell'opera delle

associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

 3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto

compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunita' di tipo

familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico

o privato".

 4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle

proprie competenze e nei limiti delle disponibilita' finanziarie dei

rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto

economico in favore della famiglia affidataria.

TITOLO II

DELL'ADOZIONE

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

ART. 6.

 1. L'adozione e' consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno

tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto

luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.

 2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di

educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.

 3. L'eta' degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non

piu' di quarantacinque anni l'eta' dell'adottando.

 4. Il requisito della stabilita' del rapporto di cui al comma 1

puo' ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto

in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di

tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la

continuita' e la stabilita' della convivenza, avuto riguardo a tutte

le circostanze del caso concreto.

 5. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il

tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi

un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

 6. Non e' preclusa l'adozione quando il limite massimo di eta'

degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non

superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli

((anche)) adottivi dei quali almeno uno sia in eta' minore, ovvero

quando l'adozione riguardi un fratello o una sorella del minore gia'

dagli stessi adottato.

 7. Ai medesimi coniugi sono consentite piu' adozioni anche con atti

successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell'adozione

l'avere gia' adottato un fratello dell'adottando o il fare richiesta

di adottare piu' fratelli, ovvero la disponibilita' dichiarata

all'adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate

dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104,

concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle

persone handicappate".

 8. Nel caso di adozione dei minori di eta' superiore a dodici anni

o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5

febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono

intervenire, nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle

disponibilita' finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche

misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di

sostegno alla formazione e all'inserimento sociale, fino all'eta' di

diciotto anni degli adottati.

ART. 7.

 ((1. L'adozione e' consentita a favore dei minori dichiarati in

stato di adottabilita' ai sensi degli articoli seguenti.

 2. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non puo'

essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che

deve essere manifestato anche quando il minore compia l'eta' predetta

nel corso del procedimento. Il consenso dato puo' comunque essere

revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione.

 3. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere

personalmente sentito; se ha un'eta' inferiore, deve essere sentito,

in considerazione della sua capacita' di discernimento)).

CAPO II

DELLA DICHIARAZIONE DI ADOTTABILITA'

ART. 8.

 1. Sono dichiarati in stato di adottabilita' dal tribunale per i

minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia

accertata la situazione di abbandono perche' privi di assistenza

morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a

provvedervi, purche' la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa

di forza maggiore di carattere transitorio.

 2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le

condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso

istituti di assistenza pubblici o privati o comunita' di tipo

familiare ovvero siano in affidamento familiare.

 3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al

comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali

locali ((, anche all'esito della segnalazione di cui all'articolo

79-bis,)) e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

 4. Il procedimento di adottabilita' deve svolgersi fin dall'inizio

con l'assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri

parenti, di cui al comma 2 dell'articolo 10.

ART. 9.

 1. Chiunque ha facolta' di segnalare all'autorita' pubblica

situazioni di abbandono di minori di eta'. I pubblici ufficiali, gli

incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di

pubblica necessita' debbono riferire al piu' presto al procuratore

della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui

il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di

abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

 2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunita' di

tipo familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della

Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno

sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro con

l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della localita' di

residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle

condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della

Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie

informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare

l'adottabilita' di quelli tra i minori segnalati o collocati presso

le comunita' di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici

o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in

situazioni di abbandono, specificandone i motivi.

 3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i

minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione

informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli

istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2.

Puo' procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.

 4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie

stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza

si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso

tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica

presso il tribunale per i minorenni. L'omissione della segnalazione

puo' comportare l'inidoneita' ad ottenere affidamenti familiari o

adottivi e l'incapacita' all'ufficio tutelare.

 5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve

essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia

parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non

inferiore a sei mesi. L'omissione della segnalazione puo' comportare

la decadenza dalla ((responsabilita' genitoriale)) sul figlio a norma

dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della procedura di

adottabilita'.

ART. 10.

 1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui

delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma 2,

provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo allo

stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente,

all'occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di

pubblica sicurezza, piu' approfonditi accertamenti sulle condizioni

giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e

vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

 2. All'atto dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i

genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano

rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il

presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un

difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il

caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal

difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal

tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere

visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa

autorizzazione del giudice.

 3. Il tribunale puo' disporre in ogni momento e fino

all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio

nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo

presso una famiglia o una comunita' di tipo familiare, la sospensione

della ((responsabilita' genitoriale)) dei genitori sul minore, la

sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di

un tutore provvisorio.

 4. In caso di urgente necessita', i provvedimenti di cui al comma 3

possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni

o da un giudice da lui delegato.

 5. Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o

revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il

tribunale provvede in camera di consiglio con l'intervento del

pubblico ministero, sentite tutte le parti interessate ed assunta

ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere sentito il minore

che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di eta' inferiore,

in considerazione della sua capacita' di discernimento. I

provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico

ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli

330 e seguenti del codice civile.

ART. 11.

 Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano

deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti

entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il

minore, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato

di adottabilita', salvo che esistano istanze di adozione ai sensi

dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide

nell'esclusivo interesse del minore.

 Nel caso in cui non risulti l'esistenza di genitori ((...)) che

abbiano riconosciuto il minore o la cui paternita' o maternita' sia

stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza

eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla

dichiarazione dello stato di adottabilita' a meno che non vi sia

richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando

di essere uno dei genitori ((...)), chiede termine per provvedere al

riconoscimento. La sospensione puo' essere disposta dal tribunale per

un periodo massimo di due mesi sempreche' nel frattempo il minore sia

assistito dal genitore ((...)) o dai parenti fino al quarto grado o

in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il

genitore ((...)).

 Nel caso di non riconoscibilita' per difetto di eta' del genitore,

la procedura e' rinviata anche d'ufficio sino al compimento del

sedicesimo anno di eta' del genitore ((...)), purche' sussistano le

condizioni menzionate nel comma precedente. Al compimento del

sedicesimo anno, il genitore puo' chiedere ulteriore sospensione per

altri due mesi. ((Il genitore autorizzato al riconoscimento prima del

compimento del sedicesimo anno ai sensi dell'articolo 250, quinto

comma, del codice civile, puo' chiedere ulteriore sospensione per

altri due mesi dopo l'autorizzazione.))

 Ove il tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei commi

precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.

 Se entro detti termini viene effettuato il riconoscimento, deve

dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono morale e

materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il

riconoscimento, si provvede senza altra formalita' di procedura alla

pronuncia dello stato di adottabilita'.

 Il tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei servizi locali,

informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o comunque quello

reperibile, che si possono avvalere delle facolta' di cui al secondo

e terzo comma.

 Intervenuta la dichiarazione di adottabilita' e l'affidamento

preadottivo, il riconoscimento e' privo di efficacia. Il giudizio per

la dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita' e' sospeso di

diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione divenuta

definitiva.

ART. 12.

 Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei

genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo

precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il

minore, e ne e' nota la residenza, il presidente del tribunale per i

minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un

congruo termine, dinanzi a se' o ad un giudice da lui delegato.

 Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla

circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro

audizione puo' essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo

della loro residenza.

 In caso di residenza all'estero e' delegata l'autorita' consolare

competente.

 Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente

del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi

l'opportunita', impartisce con decreto motivato ai genitori o ai

parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il

mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al

tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o

avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali puo'

essere affidato l'incarico di operare al fine di piu' validi rapporti

tra il minore e la famiglia.

 Il presidente o il giudice delegato puo', altresi', chiedere al

pubblico ministero di promuovere l'azione per la corresponsione degli

alimenti a carico di chi vi e' tenuto per legge e, al tempo stesso,

dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ((ai sensi del comma 3

dell'articolo 10)).

ART. 13.

 Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo

precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la

residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni

provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del

codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi

di pubblica sicurezza.

ART. 14.

 (( 1. Il tribunale per i minorenni puo' disporre, prima della

dichiarazione di adottabilita', la sospensione del procedimento,

quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate

risulta che la sospensione puo' riuscire utile nell'interesse del

minore. In tal caso la sospensione e' disposta con ordinanza motivata

per un periodo non superiore a un anno.

 2. La sospensione e' comunicata ai servizi sociali locali

competenti perche' adottino le iniziative opportune)).

ART. 15.

 1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli

articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui

all'articolo 8, lo stato di adottabilita' del minore e' dichiarato

dal tribunale per i minorenni quando:

 a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e

13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

 b) l'audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato

il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la

non disponibilita' ad ovviarvi;

 ((c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono

rimaste inadempiute per responsabilita' dei genitori ovvero e'

provata l'irrecuperabilita' delle capacita' genitoriali dei genitori

in un tempo ragionevole.))

 2. La dichiarazione dello stato di adottabilita' del minore e'

disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con

sentenza, sentito il pubblico ministero, nonche' il rappresentante

dell'istituto di assistenza pubblico o privato o della comunita' di

tipo familiare presso cui il minore e' collocato o la persona cui

egli e' affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il tutore, ove

esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il

minore di eta' inferiore, in considerazione della sua capacita' di

discernimento.

 3. La sentenza e' notificata per esteso al pubblico ministero, ai

genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, al

tutore, nonche' al curatore speciale ove esistano, con contestuale

avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle

forme e nei termini di cui all'articolo 17.

ART. 16.

 (( 1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista

nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i

presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilita' dichiara

che non vi e' luogo a provvedere.

 2. La sentenza e' notificata per esteso al pubblico ministero, ai

genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12,

nonche' al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale

per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell'interesse del

minore.

 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile)).

ART. 17.

 (( 1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti

possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, sezione per

i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La Corte,

sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro

opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e

provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici

giorni dalla pronuncia. La sentenza e' notificata d'ufficio al

pubblico ministero e alle altre parti.

 2. Avverso la sentenza della Corte d'appello e' ammesso ricorso per

Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di

cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell'articolo 360 del codice

di procedura civile. Si applica altresi' il secondo comma dello

stesso articolo.

 3. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso deve essere

fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti

introduttivi)).

ART. 18.

 (( 1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di adottabilita'

e' trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni,

su apposito registro conservato presso la cancelleria del tribunale

stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno

successivo a quello della comunicazione che la sentenza di

adottabilita' e' divenuta definitiva. A questo effetto, il

cancelliere del giudice dell'impugnazione deve inviare immediatamente

apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i

minorenni)).

ART. 19.

 Durante lo stato di adottabilita' e' sospeso l'esercizio della

((responsabilita' genitoriale)).

 Il tribunale per i minorenni nomina un tutore, ove gia' non esista,

e adotta gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.

ART. 20.

 Lo stato di adottabilita' cessa per adozione o per il

raggiungimento della maggiore eta' da parte dell'adottando.

ART. 21.

 (( 1. Lo stato di adottabilita' cessa altresi' per revoca,

nell'interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni

di cui all'articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui

al comma 2 dell'articolo 15.

 2. La revoca e' pronunciata dal tribunale per i minorenni d'ufficio

o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.

 3. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il

pubblico ministero.

 4. Nel caso in cui sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato

di adottabilita' non puo' essere revocato)).

CAPO III

DELL'AFFIDAMENTO PREADOTTIVO

ART. 22.

 (( 1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al

tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilita' ad

adottare piu' fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni

indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n.

104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti

delle persone handicappate. E' ammissibile la presentazione di piu'

domande anche successive a piu' tribunali per i minorenni, purche' in

ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente

aditi. I tribunali cui la domanda e' presentata possono richiedere

copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi

coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresi' essere

comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla

presentazione e puo' essere rinnovata.

 2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere

fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.

 3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti

di cui all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate indagini

di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli

enti locali singoli o associati, nonche' avvalendosi delle competenti

professionalita' delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando

precedenza nella istruttoria alle domande dirette all'adozione di

minori di eta' superiore a cinque anni o con handicap accertato ai

sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e

concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la

capacita' di educare il minore, la situazione personale ed economica,

la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali

questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento

motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini

puo' essere prorogato una sola volta e per non piu' di centoventi

giorni.

 5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate,

sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella

maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

 6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il

pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il

minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di eta'

inferiore, in considerazione della sua capacita' di discernimento,

omessa ogni altra formalita' di procedura, dispone, senza indugio,

l'affidamento preadottivo, determinandone le modalita' con ordinanza.

Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare

espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.

 7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i

richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle

indagini. Non puo' essere disposto l'affidamento di uno solo di piu'

fratelli, tutti in stato di adottabilita', salvo che non sussistano

gravi ragioni. L'ordinanza e' comunicata al pubblico ministero, ai

richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo

e' immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura

del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

 8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento

dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e

dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate

difficolta', convoca, anche separatamente, gli affidatari e il

minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di

valutare le cause all'origine delle difficolta'. Ove necessario,

dispone interventi di sostegno psicologico e sociale)).

ART. 23.

 (( 1. L'affidamento preadottivo e' revocato dal tribunale per i

minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore

o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all'articolo 22, comma

8, quando vengano accertate difficolta' di idonea convivenza ritenute

non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca e' adottato dal

tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto

motivato. Debbono essere sentiti, oltre al pubblico ministero ed al

presentatore dell'istanza di revoca, il minore che abbia compiuto gli

anni dodici e anche il minore di eta' inferiore, in considerazione

della sua capacita' di discernimento, gli affidatari, il tutore e

coloro che abbiano svolto attivita' di vigilanza o di sostegno.

 2. Il decreto e' comunicato al pubblico ministero, al presentatore

dell'istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che

dispone la revoca dell'affidamento preadottivo e' annotato a cura del

cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui

all'articolo 18.

 3. In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli

opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi

dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti

del codice civile)).

ART. 24.

 Il pubblico ministero e il tutore possono impugnare il decreto del

tribunale relativo all'affidamento preadottivo o alla sua revoca,

entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per

i minorenni della corte d'appello.

 La corte d'appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e,

ove occorra, le persone indicate nell'articolo 23 ed effettuati ogni

altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera di

consiglio con decreto motivato.

CAPO IV

DELLA DICHIARAZIONE DI ADOZIONE

ART. 25.

 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di

adottabilita', decorso un anno dall'affidamento, sentiti i coniugi

adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore

di eta' inferiore, in considerazione della sua capacita' di

discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano

svolto attivita' di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano

tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra

formalita' di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in

camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo

all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve

manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia

prescelta.

 ((1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche

nell'ipotesi di prolungato periodo di affidamento ai sensi

dell'articolo 4, comma 5-bis)).

 2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che

hanno discendenti, questi, se maggiori degli anni dodici, debbono

essere sentiti.

 3. Nell'interesse del minore il termine di cui al comma 1 puo'

essere prorogato di un anno, d'ufficio o su domanda dei coniugi

affidatari, con ordinanza motivata.

 4. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante

l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore,

puo' essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro coniuge nei

confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla

data della morte.

 5. Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione

tra i coniugi affidatari, l'adozione puo' essere disposta nei

confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo interesse del

minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.

 6. La sentenza che decide sull'adozione e' comunicata al pubblico

ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.

 7. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l'affidamento

preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni

provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo

10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice

civile.

ART. 26.

 (( 1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare

luogo all'adozione, entro trenta giorni dalla notifica, puo' essere

proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della

Corte d'appello da parte del pubblico ministero, dagli adottanti e

dal tutore del minore. La Corte d'appello, sentite le parti ed

esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La

sentenza e' notificata d'ufficio alle parti per esteso.

 2. Avverso la sentenza della Corte d'appello e' ammesso ricorso per

Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni dalla

notifica della stessa, solo per i motivi di cui al primo comma,

numero 3, dell'articolo 360 del codice di procedura civile.

 3. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso per

Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei

rispettivi atti introduttivi.

 4. La sentenza che pronuncia l'adozione, divenuta definitiva, e'

immediatamente trascritta nel registro di cui all'articolo 18 e

comunicata all'ufficiale dello stato civile che la annota a margine

dell'atto di nascita dell'adottato. A questo effetto, il cancelliere

del giudice dell'impugnazione deve immediatamente dare comunicazione

della definitivita' della sentenza al cancelliere del tribunale per i

minorenni.

 5. Gli effetti dell'adozione si producono dal momento della

definitivita' della sentenza)).

ART. 27.

 Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio

((nato nel matrimonio)) degli adottanti, dei quali assume e trasmette

il cognome.

 Se l'adozione e' disposta nei confronti della moglie separata, ai

sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il cognome della

famiglia di lei.

 Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia

d'origine, salvi i divieti matrimoniali.

ART. 28.

 1. Il minore adottato e' informato di tale sua condizione ed i

genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono

piu' opportuni.

 2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato

deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e

con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternita' e alla

maternita' del minore e dell'annotazione di cui all'articolo 26,

comma 4.

 3. L'ufficiale di stato civile, l'ufficiale di anagrafe e qualsiasi

altro ente pubblico o privato, autorita' o pubblico ufficio debbono

rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti

o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione,

salvo autorizzazione espressa dell'autorita' giudiziaria. Non e'

necessaria l'autorizzazione qualora la richiesta provenga

dall'ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano

impedimenti matrimoniali.

 4. Le informazioni concernenti l'identita' dei genitori biologici

possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la

((responsabilita' genitoriale)), su autorizzazione del tribunale per

i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il

tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e accompagnata da

adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni

possono essere fornite anche al responsabile di una struttura

ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti

della necessita' e della urgenza e vi sia grave pericolo per la

salute del minore.

 5. L'adottato, raggiunta l'eta' di venticinque anni, puo' accedere

a informazioni che riguardano la sua origine e l'identita' dei propri

genitori biologici. Puo' farlo anche raggiunta la maggiore eta', se

sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute

psico-fisica. L'istanza deve essere presentata al tribunale per i

minorenni del luogo di residenza.

 6. Il tribunale per i minorenni procede all'audizione delle persone

di cui ritenga opportuno l'ascolto; assume tutte le informazioni di

carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l'accesso

alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento

all'equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l'istruttoria,

il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l'accesso alle

notizie richieste.

 7. L'accesso alle informazioni non e' consentito nei confronti

della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere

nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del

Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. (20)

 8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti,

l'autorizzazione non e' richiesta per l'adottato maggiore di eta'

quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili.

-------------

AGGIORNAMENTO (20)

 La Corte Costituzionale, con sentenza 18 - 22 novembre 2013, n. 278

(in G.U. 1a s.s. 27/11/2013, n. 48), ha dichiarato "l'illegittimita'

costituzionale dell'articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983,

n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito

dall'art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.

196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), nella parte

in cui non prevede - attraverso un procedimento, stabilito dalla

legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilita' per il

giudice di interpellare la madre - che abbia dichiarato di non voler

essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del d.P.R. 3 novembre

2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione

dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma

12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) - su richiesta del figlio, ai

fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione".

TITOLO III

DELL'ADOZIONE INTERNAZIONALE

CAPO I

DELL'ADOZIONE DI MINORI

STRANIERI

ART. 29.

 ((1. L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai

principi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei

minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta

a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata "Convenzione", a

norma delle disposizioni contenute nella presente legge.))

ART. 29-bis

 (( 1. Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle

condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un

minore straniero residente all'estero, presentano dichiarazione di

disponibilita' al tribunale per i minorenni del distretto in cui

hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro

idoneita' all'adozione.

 2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero,

fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma 4, e' competente

il tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il luogo

della loro ultima residenza; in mancanza, e' competente il tribunale

per i minorenni di Roma.

 3. Il tribunale per i minorenni, se non ritiene di dover

pronunciare immediatamente decreto di inidoneita' per manifesta

carenza dei requisiti, trasmette, entro quindici giorni dalla

presentazione, copia della dichiarazione di disponibilita' ai servizi

degli enti locali.

 4. I servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o

associati, anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende

sanitarie locali e ospedaliere, svolgono le seguenti attivita':

 a) informazione sull'adozione internazionale e sulle relative

procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarieta'

nei confronti dei minori in difficolta', anche in collaborazione con

gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter;

 b) preparazione degli aspiranti all'adozione, anche in

collaborazione con i predetti enti;

 c) acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare

e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente

sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine

a farsi carico di un'adozione internazionale, sulla loro capacita' di

rispondere in modo adeguato alle esigenze di piu' minori o di uno

solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi

sarebbero in grado di accogliere, nonche' acquisizione di ogni altro

elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per i

minorenni della loro idoneita' all'adozione.

 5. I servizi trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito

all'attivita' svolta, una relazione completa di tutti gli elementi

indicati al comma 4, entro i quattro mesi successivi alla

trasmissione della dichiarazione di disponibilita'.))

ART. 30.

 (( 1. Il tribunale per i minorenni, ricevuta la relazione di cui

all'articolo 29-bis, comma 5, sente gli aspiranti all'adozione, anche

a mezzo di un giudice delegato, dispone se necessario gli opportuni

approfondimenti e pronuncia, entro i due mesi successivi, decreto

motivato attestante la sussistenza ovvero l'insussistenza dei

requisiti per adottare.

 2. Il decreto di idoneita' ad adottare ha efficacia per tutta la

durata della procedura, che deve essere promossa dagli interessati

entro un anno dalla comunicazione del provvedimento. Il decreto

contiene anche indicazioni per favorire il migliore incontro tra gli

aspiranti all'adozione ed il minore da adottare.

 3. Il decreto e' trasmesso immediatamente, con copia della

relazione e della documentazione esistente negli atti, alla

Commissione di cui all'articolo 38 e, se gia' indicato dagli

aspiranti all'adozione, all'ente autorizzato di cui all'articolo

39-ter.

 4. Qualora il decreto di idoneita', previo ascolto degli

interessati, sia revocato per cause sopravvenute che incidano in modo

rilevante sul giudizio di idoneita', il tribunale per i minorenni

comunica immediatamente il relativo provvedimento alla Commissione ed

all'ente autorizzato di cui al comma 3.

 5. Il decreto di idoneita' ovvero di inidoneita' e quello di revoca

sono reclamabili davanti alla corte d'appello, a termini degli

articoli 739 e 740 del codice di procedura civile, da parte del

pubblico ministero e degli interessati.))

ART. 31.

1. Gli aspiranti all'adozione, che abbiano ottenuto il decreto di

idoneita', devono conferire incarico a curare la procedura di

adozione ad uno degli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter.

 2. Nelle situazioni considerate dall'articolo 44, primo comma,

lettera a), il tribunale per i minorenni puo' autorizzare gli

aspiranti adottanti, valutate le loro personalita', ad effettuare

direttamente le attivita' previste alle lettere b), d), e), f) ed h)

del comma 3 del presente articolo.

 3. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la

procedura di adozione:

 a) informa gli aspiranti sulle procedure che iniziera' e sulle

concrete prospettive di adozione;

 b) svolge le pratiche di adozione presso le competenti autorita'

del Paese indicato dagli aspiranti all'adozione tra quelli con cui

esso intrattiene rapporti, trasmettendo alle stesse la domanda di

adozione, unitamente al decreto di idoneita' ed alla relazione ad

esso allegata, affinche' le autorita' straniere formulino le proposte

di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare;

 c) raccoglie dall'autorita' straniera la proposta di incontro tra

gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, curando che sia

accompagnata da tutte le informazioni di carattere sanitario

riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti la sua famiglia di

origine e le sue esperienze di vita;

 d) trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie

riguardanti il minore agli aspiranti genitori adottivi, informandoli

della proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il

minore da adottare e assistendoli in tutte le attivita' da svolgere

nel Paese straniero;

 e) riceve il consenso scritto all'incontro tra gli aspiranti

all'adozione ed il minore da adottare, proposto dall'autorita'

straniera, da parte degli aspiranti all'adozione, ne autentica le

firme e trasmette l'atto di consenso all'autorita' straniera,

svolgendo tutte le altre attivita' dalla stessa richieste;

l'autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti puo' essere

effettuata anche dall'impiegato comunale delegato all'autentica o da

un notaio o da un segretario di qualsiasi ufficio giudiziario;

 f) riceve dall'autorita' straniera attestazione della sussistenza

delle condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e concorda

con la stessa, qualora ne sussistano i requisiti, l'opportunita' di

procedere all'adozione ovvero, in caso contrario, prende atto del

mancato accordo e ne da' immediata informazione alla Commissione di

cui all'articolo 38 comunicandone le ragioni; ove sia richiesto dallo

Stato di origine, approva la decisione di affidare il minore o i

minori ai futuri genitori adottivi;

 g) informa immediatamente la Commissione, il tribunale per i

minorenni e i servizi dell'ente locale della decisione di affidamento

dell'autorita' straniera e richiede alla Commissione, trasmettendo la

documentazione necessaria, l'autorizzazione all'ingresso e alla

residenza permanente del minore o dei minori in Italia;

 h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi

affidatari o i genitori adottivi;

 i) riceve dall'autorita' straniera copia degli atti e della

documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al

tribunale per i minorenni e alla Commissione;

 l) vigila sulle modalita' di trasferimento in Italia e si adopera

affinche' questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri

adottanti;

 m) svolge in collaborazione con i servizi dell'ente locale

attivita' di sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso del

minore in Italia su richiesta degli adottanti;

 n) ((LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151))

 o) certifica, nell'ammontare complessivo agli effetti di quanto

previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del testo unico

delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le spese sostenute dai genitori

adottivi per l'espletamento della procedura di adozione.

ART. 32.

 1. La Commissione di cui all'articolo 38, ricevuti gli atti di cui

all'articolo 31 e valutate le conclusioni dell'ente incaricato,

dichiara che l'adozione risponde al superiore interesse del minore e

ne autorizza l'ingresso e la residenza permanente in Italia.

 2. La dichiarazione di cui al comma 1 non e' ammessa:

 a) quando dalla documentazione trasmessa dall'autorita' del Paese

straniero non emerge la situazione di abbandono del minore e la

constatazione dell'impossibilita' di affidamento o di adozione nello

Stato di origine;

 b) qualora nel Paese straniero l'adozione non determini per

l'adottato l'acquisizione dello stato di figlio ((nato nel

matrimonio)) e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e

la famiglia di origine, a meno che i genitori ((biologici)) abbiano

espressamente consentito al prodursi di tali effetti.

 3. Anche quando l'adozione pronunciata nello Stato straniero non

produce la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia

d'origine, la stessa puo' essere convertita in una adozione che

produca tale effetto, se il tribunale per i minorenni la riconosce

conforme alla Convenzione. Solo in caso di riconoscimento di tale

conformita', e' ordinata la trascrizione.

 4. Gli uffici consolari italiani all'estero collaborano, per quanto

di competenza, con l'ente autorizzato per il buon esito della

procedura di adozione. Essi, dopo aver ricevuto formale comunicazione

da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 39, comma 1,

lettera h), rilasciano il visto di ingresso per adozione a beneficio

del minore adottando.

ART. 33.

 ((1. Ai minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato

ai sensi dell'articolo 32 della presente legge e che non sono

accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado

si applicano le disposizioni dell'articolo 19, comma 1-bis, del testo

unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286)).

 2. E' fatto divieto alle autorita' consolari italiane di concedere

a minori stranieri il visto di ingresso nel territorio dello Stato a

scopo di adozione, al di fuori delle ipotesi previste dal presente

Capo e senza la previa autorizzazione della Commissione di cui

all'articolo 38.

 3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale

non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese

al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di

frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinche'

prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la

migliore collocazione nel suo superiore interesse.

 4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per

eventi bellici, calamita' naturali o eventi eccezionali secondo

quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o

per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile

l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che

sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso

nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano

l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i

minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che

lo accompagnano.

 5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel

territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il

pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala

al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui

il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno

provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi

dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero

segnala la situazione alla Commissione affinche' prenda contatto con

il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo

34.

ART. 34.

 (( 1. Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato

sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento

a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i

diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.

 2. Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai

fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi

socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su

richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori

adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per

i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali

difficolta' per gli opportuni interventi.

 3. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto

della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello

stato civile.))

ART. 35.

 1. L'adozione pronunciata all'estero produce nell'ordinamento

italiano gli effetti di cui all'articolo 27.

 2. Qualora l'adozione sia stata pronunciata nello Stato estero

prima dell'arrivo del minore in Italia, il tribunale verifica che nel

provvedimento dell'autorita' che ha pronunciato l'adozione risulti la

sussistenza delle condizioni delle adozioni internazionali previste

dall'articolo 4 della Convenzione.

 3. Il tribunale accerta inoltre che l'adozione non sia contraria ai

principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia

e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del

minore, e se sussistono la certificazione di conformita' alla

Convenzione di cui alla lettera i) e l'autorizzazione prevista dalla

lettera h) del comma 1 dell'articolo 39, ordina la trascrizione del

provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.

 4. Qualora l'adozione debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore

in Italia, il tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento

dell'autorita' straniera come affidamento preadottivo, se non

contrario ai principi fondamentali che regolano nello Stato il

diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore

interesse del minore, e stabilisce la durata del predetto affidamento

in un anno che decorre dall'inserimento del minore nella nuova

famiglia. Decorso tale periodo, se ritiene che la sua permanenza

nella famiglia che lo ha accolto e' tuttora conforme all'interesse

del minore, il tribunale per i minorenni pronuncia l'adozione e ne

dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. In caso

contrario, anche prima che sia decorso il periodo di affidamento

preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di cui all'articolo

21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia compiuto gli

anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da

assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente

sentito; se di eta' inferiore ((deve essere sentito)) ove cio' non

alteri il suo equilibrio psico-emotivo, tenuto conto della

valutazione dello psicologo nominato dal tribunale.

 5. Competente per la pronuncia dei provvedimenti e' il tribunale

per i minorenni del distretto in cui gli aspiranti all'adozione hanno

la residenza nel momento dell'ingresso del minore in Italia.

 6. Fatto salvo quanto previsto nell'articolo 36, non puo' comunque

essere ordinata la trascrizione nei casi in cui:

 a) il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in

possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana sull'adozione;

 b) non sono state rispettate le indicazioni contenute nella

dichiarazione di idoneita';

 c) non e' possibile la conversione in adozione produttiva degli

effetti di cui all'articolo 27;

 d) l'adozione o l'affidamento stranieri non si sono realizzati

tramite le autorita' centrali e un ente autorizzato;

 e) l'inserimento del minore nella famiglia adottiva si e'

manifestato contrario al suo interesse.

ART. 36.

 1. L'adozione internazionale dei minori provenienti da Stati che

hanno ratificato la Convenzione, o che nello spirito della

Convenzione abbiano stipulato accordi bilaterali, puo' avvenire solo

con le procedure e gli effetti previsti dalla presente legge.

 2. L'adozione o affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un

Paese non aderente alla Convenzione ne' firmatario di accordi

bilaterali, possono essere dichiarati efficaci in Italia a condizione

che:

 a) sia accertata la condizione di abbandono del minore straniero

o il consenso dei genitori ((biologici)) ad una adozione che

determini per il minore adottato l'acquisizione dello stato di figlio

((nato nel matrimonio)) degli adottanti e la cessazione dei rapporti

giuridici fra il minore e la famiglia d'origine;

 b) gli adottanti abbiano ottenuto il decreto di idoneita'

previsto dall'articolo 30 e le procedure adottive siano state

effettuate con l'intervento della Commissione di cui all'articolo 38

e di un ente autorizzato;

 c) siano state rispettate le indicazioni contenute nel decreto di

idoneita';

 d) sia stata concessa l'autorizzazione prevista dall'articolo 39,

comma 1, lettera h).

 3. Il relativo provvedimento e' assunto dal tribunale per i

minorenni che ha emesso il decreto di idoneita' all'adozione. Di tale

provvedimento e' data comunicazione alla Commissione, che provvede a

quanto disposto dall'articolo 39, comma 1, lettera e).

 4. L'adozione pronunciata dalla competente autorita' di un Paese

straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento

della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e

di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta

ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i

minorenni, purche' conforme ai principi della Convenzione.

ART. 37.

 1. Successivamente all'adozione, la Commissione di cui all'articolo

38 puo' comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il

tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza

per lo stato di salute dell'adottato.

 2. Il tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti

indicati dagli articoli 35 e 36 e la Commissione conservano le

informazioni acquisite sull'origine del minore, sull'identita' dei

suoi genitori ((biologici)) e sull'anamnesi sanitaria del minore e

della sua famiglia di origine.

 3. Per quanto concerne l'accesso alle altre informazioni valgono le

disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani.

 ART. 37-bis

 (( 1. Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di

abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di

affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.))

ART. 38

 1. Ai fini indicati dall'articolo 6 della Convenzione e' costituita

presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per le

adozioni internazionali.

 2. ((COMMA ABROGATO DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON

MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233)). ((19))

 3. ((COMMA ABROGATO DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON

MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233)). ((19))

 4. ((COMMA ABROGATO DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON

MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233)). ((19))

 5. La Commissione si avvale di personale dei ruoli della Presidenza

del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche.

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AGGIORNAMENTO (19)

 - Il D.L. 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni

dalla L. 17 luglio 2006, n. 233, ha disposto (con l'art. 1, comma

19-quinquies) l'abrogazione dei commi 2, 3 e 4 del presente articolo

a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto

dall'art. 1, comma 19-quinquies del D.L. medesimo.

 - Il regolamento di cui all'art. 1, comma 19-quinquies del D.L. 18

maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio

2006, n. 233, e' stato emanato con D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108,

pubblicato in G.U. 25/07/2007, n. 171.

ART. 39

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 18 MAGGIO 2006, N. 181, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 17 LUGLIO 2006, N. 233))

 ((19))

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AGGIORNAMENTO (19)

 - Il D.L. 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni

dalla L. 17 luglio 2006, n. 233, ha disposto (con l'art. 1, comma

19-quinquies) l'abrogazione del presente articolo a decorrere dalla

data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'art. 1, comma

19-quinquies del D.L. medesimo.

 - Il regolamento di cui all'art. 1, comma 19-quinquies del D.L. 18

maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio

2006, n. 233, e' stato emanato con D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108,

pubblicato in G.U. 25/07/2007, n. 171.

ART. 39-bis

 (( 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

nell'ambito delle loro competenze:

 a) concorrono a sviluppare una rete di servizi in grado di

svolgere i compiti previsti dalla presente legge;

 b) vigilano sul funzionamento delle strutture e dei servizi che

operano nel territorio per l'adozione internazionale, al fine di

garantire livelli adeguati di intervento;

 c) promuovono la definizione di protocolli operativi e

convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonche' forme stabili di

collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili.

 2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono

istituire un servizio per l'adozione internazionale che sia in

possesso dei requisiti di cui all'articolo 39-ter e svolga per le

coppie che lo richiedano al momento della presentazione della domanda

di adozione internazionale le attivita' di cui all'articolo 31, comma

3.

 3. I servizi per l'adozione internazionale di cui al comma 2 sono

istituiti e disciplinati con legge regionale o provinciale in

attuazione dei principi di cui alla presente legge. Alle regioni e

alle province autonome di Trento e di Bolzano sono delegate le

funzioni amministrative relative ai servizi per l'adozione

internazionale.))

ART. 39-ter

 (( 1. Al fine di ottenere l'autorizzazione prevista dall'articolo

39, comma 1, lettera c), e per conservarla, gli enti debbono essere

in possesso dei seguenti requisiti:

 a) essere diretti e composti da persone con adeguata formazione e

competenza nel campo dell'adozione internazionale, e con idonee

qualita' morali;

 b) avvalersi dell'apporto di professionisti in campo sociale,

giuridico e psicologico, iscritti al relativo albo professionale, che

abbiano la capacita' di sostenere i coniugi prima, durante e dopo

l'adozione;

 c) disporre di un'adeguata struttura organizzativa in almeno una

regione o in una provincia autonoma in Italia e delle necessarie

strutture personali per operare nei Paesi stranieri in cui intendono

agire;

 d) non avere fini di lucro, assicurare una gestione contabile

assolutamente trasparente, anche sui costi necessari per

l'espletamento della procedura, ed una metodologia operativa corretta

e verificabile;

 e) non avere e non operare pregiudiziali discriminazioni nei

confronti delle persone che aspirano all'adozione, ivi comprese le

discriminazioni di tipo ideologico e religioso;

 f) impegnarsi a partecipare ad attivita' di promozione dei

diritti dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di

cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le

organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di

sussidiarieta' dell'adozione internazionale nei Paesi di provenienza

dei minori;

 g) avere sede legale nel territorio nazionale.))

ART. 39-quater

 ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N.151))

CAPO II

DELL'ESPATRIO DI MINORI A SCOPO

DI ADOZIONE

ART. 40.

 I residenti all'estero, stranieri o cittadini italiani, che

intendono adottare un cittadino italiano minore di eta', devono

presentare domanda al console italiano competente per territorio, che

la inoltra al tribunale per i minorenni del distretto dove si trova

il luogo di dimora del minore, ovvero il luogo del suo ultimo

domicilio; in mancanza di dimora o di precedente domicilio nello

Stato, e' competente il tribunale per i minorenni di Roma.

 ((Agli stranieri stabilmente residenti in Paesi che hanno

ratificato la Convenzione, in luogo della procedura disciplinata dal

primo comma si applicano le procedure stabilite nella Convenzione per

quanto riguarda l'intervento ed i compiti delle autorita' centrali e

degli enti autorizzati. Per il resto si applicano le disposizioni

della presente legge)).

ART. 41.

 Il console del luogo ove risiedono gli adottanti vigila sul buon

andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi, ove lo ritenga

opportuno, dell'ausilio di idonee organizzazioni assistenziali

italiane o straniere.

 Qualora insorgano difficolta' di ambientamento del minore nella

famiglia dei coniugi affidatari o si verifichino, comunque, fatti

incompatibili con l'affidamento preadottivo, il console deve

immediatamente darne notizia scritta al tribunale per i minorenni che

ha pronunciato l'affidamento.

 Il console del luogo ove risiede il minore vigila per quanto di

propria competenza perche' i provvedimenti dell'autorita' italiana

relativi al minore abbiano esecuzione e se del caso provvede al

rimpatrio del minore.

 ((Nel caso di adozione di minore stabilmente residente in Italia da

parte di cittadini stranieri residenti stabilmente in Paesi che hanno

ratificato la Convenzione, le funzioni attribuite al console dal

presente articolo sono svolte dall'autorita' centrale straniera e

dall'ente autorizzato)).

ART. 42.

 Qualora sia in corso nel territorio dello Stato un procedimento di

adozione di un minore affidato a stranieri, o a cittadini italiani

residenti all'estero, non puo' essere reso esecutivo un provvedimento

di adozione dello stesso minore pronunciato da autorita' straniera.

ART. 43.

 Le disposizioni ((di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 9)) si

applicano anche ai cittadini italiani residenti all'estero.

 Per quanto riguarda lo svolgimento delle funzioni consolari, si

applicano, in quanto compatibili, gli articoli 34, 35 e 36 del

decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200.

 Competente ad accertare la situazione di abbandono del cittadino

minore di eta' che si trovi all'estero e a disporre i conseguenti

provvedimenti temporanei nel suo interesse ai sensi dell'articolo 10,

compreso se del caso il rimpatrio, e' il tribunale per i minorenni

del distretto ove si trova il luogo di ultimo domicilio del minore;

in mancanza di precedente domicilio nello Stato e' competente il

tribunale per i minorenni di Roma.

TITOLO IV

DELL'ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI

CAPO I

DELL'ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI

E DEI SUOI EFFETTI

ART. 44.

 1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le

condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:

 a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al

sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, ((anche

maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento,))

quando il minore sia orfano di padre e di madre;

 b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche

adottivo dell'altro coniuge;

 c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate

dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia

orfano di padre e di madre;

 d) quando vi sia la constatata impossibilita' di affidamento

preadottivo.

 2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, e' consentita anche

in presenza di figli.

 3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione

e' consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non e' coniugato. Se

l'adottante e' persona coniugata e non separata, l'adozione puo'

essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di

entrambi i coniugi.

 4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'eta'

dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro

che egli intende adottare.

ART. 45.

 (( 1. Nel procedimento di adozione nei casi previsti dall'articolo

44 si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando che abbia

compiuto il quattordicesimo anno di eta'.

 2. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere

personalmente sentito; se ha una eta' inferiore, deve essere sentito,

in considerazione della sua capacita' di discernimento.

 3. In ogni caso, se l'adottando non ha compiuto gli anni

quattordici, l'adozione deve essere disposta dopo che sia stato

sentito il suo legale rappresentante.

 4. Quando l'adozione deve essere disposta nel caso previsto

dall'articolo 44, comma 1, lettera c), deve essere sentito il legale

rappresentante dell'adottando in luogo di questi, se lo stesso non

puo' esserlo o non puo' prestare il proprio consenso ai sensi del

presente articolo a causa delle sue condizioni di minorazione)).

ART. 46.

 Per l'adozione e' necessario l'assenso dei genitori e del coniuge

dell'adottando.

 Quando e' negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale,

sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, puo', ove ritenga

il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando,

pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che l'assenso sia stato

rifiutato dai genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) o

dal coniuge, se convivente, dell'adottando. Parimenti il tribunale

puo' pronunciare l'adozione quando e' impossibile ottenere l'assenso

per incapacita' o irreperibilita' delle persone chiamate ad

esprimerlo.

ART. 47.

 (( 1. L'adozione produce i suoi effetti dalla data della sentenza

che la pronuncia. Finche' la sentenza non e' emanata, tanto

l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro consenso.

 2. Se uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e

prima della emanazione della sentenza, si puo' procedere, su istanza

dell'altro coniuge, al compimento degli atti necessari per

l'adozione.

 3. Se l'adozione e' ammessa, essa produce i suoi effetti dal

momento della morte dell'adottante)).

ART. 48.

 Se il minore e' adottato da due coniugi, o dal coniuge di uno dei

genitori, la ((responsabilita' genitoriale)) sull'adottato ed il

relativo esercizio spettano ad entrambi.

 L'adottante ha l'obbligo di mantenere l'adottato, di istruirlo ed

educarlo conformemente a quanto prescritto dall'articolo 147 del

codice civile.

 Se l'adottato ha beni propri, l'amministrazione di essi, durante la

minore eta' dell'adottato stesso, spetta all'adottante, il quale non

ne ha l'usufrutto legale, ma puo' impiegarne le rendite per le spese

di mantenimento, istruzione ed educazione del minore con l'obbligo di

investirne l'eccedenza in modo fruttifero. Si applicano le

disposizioni dell'articolo 382 del codice civile.

ART. 49.

 (( 1. L'adottante deve fare l'inventario dei beni dell'adottato e

trasmetterlo al giudice tutelare entro trenta giorni dalla data della

comunicazione della sentenza di adozione. Si osservano, in quanto

applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del capo I

del titolo X del libro primo del codice civile.

 2. L'adottante che omette di fare l'inventario nel termine

stabilito o fa un inventario infedele puo' essere privato

dell'amministrazione dei beni dal giudice tutelare, salvo l'obbligo

del risarcimento dei danni)).

ART. 50.

 Se cessa l'esercizio da parte dell'adottante o degli adottanti

della ((responsabilita' genitoriale)), il tribunale per i minorenni

su istanza dell'adottato, dei suoi parenti o affini o del pubblico

ministero, o anche d'ufficio, puo' emettere i provvedimenti opportuni

circa la cura della persona dell'adottato, la sua rappresentanza e

l'amministrazione dei suoi beni, anche se ritiene conveniente che

l'esercizio della ((responsabilita' genitoriale)) sia ripreso dai

genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti

del codice civile.

ART. 51.

 La revoca dell'adozione puo' essere pronunciata dal tribunale su

domanda dell'adottante, quando l'adottato maggiore di quattordici

anni abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi

discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso di loro

di delitto punibile con pena restrittiva della liberta' personale non

inferiore nel minimo a tre anni.

 Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca

dell'adozione puo' essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe

l'eredita' in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.

 Il tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno

accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero, l'adottante e

l'adottato, pronuncia la sentenza.

 Il tribunale, sentito il pubblico ministero ed il minore, puo'

emettere altresi' i provvedimenti opportuni con decreto in camera di

consiglio circa la cura della persona del minore, la rappresentanza e

l'amministrazione dei beni.

 Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

 Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al quarto

comma, il tribunale li segnala al giudice tutelare ai fini della

nomina di un tutore.

ART. 52.

 Quando i fatti previsti nell'articolo precedente sono stati

compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o

i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca puo' essere

pronunciata su domanda dell'adottato o su istanza del pubblico

ministero.

 Il tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno

accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero, l'adottante e

l'adottato che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta'

inferiore, in considerazione della sua capacita' di discernimento,

pronuncia sentenza.

 Inoltre il tribunale, sentiti il pubblico ministero ed il minore

che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di eta'

inferiore, puo' dare provvedimenti opportuni con decreto in camera di

consiglio circa la cura della persona del minore, la sua

rappresentanza e l'amministrazione dei beni, anche se ritiene

conveniente che l'esercizio della ((responsabilita' genitoriale)) sia

ripreso dai genitori.

 Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

 Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al terzo

comma il tribunale li segnala al giudice tutelare al fine della

nomina di un tutore.

ART. 53.

 La revoca dell'adozione puo' essere promossa dal pubblico ministero

in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli

adottanti.

 Si applicano le disposizioni di cui ai precedenti articoli.

ART. 54.

 Gli effetti dell'adozione cessano quando passa in giudicato la

sentenza di revoca.

 Se tuttavia la revoca e' pronunziata dopo la morte dell'adottante

per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti

sono esclusi dalla successione dell'adottante.

ART. 55.

 Si applicano al presente capo le disposizioni degli articoli 293,

294, 295, 299, 300 e 304 del codice civile.

CAPO II

DELLE FORME DELL'ADOZIONE

IN CASI PARTICOLARI

ART. 56.

 Competente a pronunciarsi sull'adozione e' il tribunale per i

minorenni del distretto dove si trova il minore.

 Il consenso dell'adottante e dell'adottando che ha compiuto i

quattordici anni e del legale rappresentante dell'adottando deve

essere manifestato personalmente al presidente del tribunale o ad un

giudice da lui delegato.((3))

 L'assenso delle persone indicate nell'articolo 46 puo' essere dato

da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o

per scrittura privata autenticata.

 Si applicano gli articoli 313 e 314 del codice civile, ferma

restando la competenza del tribunale per i minorenni e della sezione

per i minorenni della corte di appello.

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AGGIORNAMENTO (3)

 La Corte Costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n. 182

(in G.U. 1a s.s. 24/2/1988, n. 8) ha dichiarato "la illegittimita'

costituzionale degli artt. 45, secondo comma, e 56, secondo comma"

nella parte in cui e' previsto il consenso anziche' l'audizione del

legale rappresentante del minore."

ART. 57.

 Il tribunale verifica:

 1) se ricorrono le circostanze di cui all'articolo 44;

 2) se l'adozione realizza il preminente interesse del minore.

 A tal fine il tribunale per i minorenni, sentiti i genitori

dell'adottando, dispone l'esecuzione di adeguate indagini da

effettuarsi, tramite i servizi locali e gli organi di pubblica

sicurezza, sull'adottante, sul minore e sulla di lui famiglia.

 L'indagine dovra' riguardare in particolare:

 ((a) l'idoneita' affettiva e la capacita' di educare e istruire

il minore, la situazione personale ed economica, la salute,

l'ambiente familiare degli adottanti;))

 b) i motivi per i quali l'adottante desidera adottare il minore;

 c) la personalita' del minore;

 d) la possibilita' di idonea convivenza, tenendo conto della

personalita' dell'adottante e del minore.

TITOLO V

MODIFICHE AL TITOLO VIII

DEL LIBRO I DEL CODICE CIVILE

ART. 58.

 L'intitolazione del titolo VIII del libro I del codice civile e'

sostituita dalla seguente: "Dell'adozione di persone maggiori di

eta'".

ART. 59.

 L'intitolazione del capo I del titolo VIII del libro I del codice

civile e' sostituita dalla seguente: "Dell'adozione di persone

maggiori di eta' e dei suoi effetti".

ART. 60.

 Le disposizioni di cui al capo I del titolo VIII del libro I del

codice civile non si applicano alle persone minori di eta'.

ART. 61.

 L'articolo 299 del codice civile e' sostituito dal seguente:

 "ART. 299. - Cognome dell'adottato. - L'adottato assume il cognome

dell'adottante e lo antepone al proprio.

 L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri

genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento

successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del

genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia

successivamente revocata.

 Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e

sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante.

 Se l'adozione e' compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome

del marito.

 Se l'adozione e' compiuta da una donna maritata, l'adottato, che

non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei".

ART. 62.

 L'articolo 307 del codice civile e' sostituito dal seguente:

 "ART. 307. - Revoca per indegnita' dell'adottante. - Quando i fatti

previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante

contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli

ascendenti di lui, la revoca puo' essere pronunciata su domanda

dell'adottato".

ART. 63.

 L'intitolazione del capo II del titolo VIII del libro I del codice

civile e' sostituita dalla seguente: "Delle forme dell'adozione di

persone di maggiore eta'".

ART. 64.

 L'articolo 312 del codice civile e' sostituito dal seguente:

 "ART. 312. - Accertamenti del tribunale. - Il tribunale, assunte le

opportune informazioni, verifica:

 1) se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;

 2) se l'adozione conviene all'adottando".

ART. 65.

 L'articolo 313 del codice civile e' sostituito dal seguente:

 "ART. 313. - Provvedimento del tribunale. - Il tribunale, in camera

di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra

formalita' di procedura, provvede con decreto motivato decidendo di

far luogo o non far luogo alla adozione.

 L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta

giorni dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del

tribunale con reclamo alla corte di appello, che decide in camera di

consiglio, sentito il pubblico ministero".

ART. 66.

 I primi due commi dell'articolo 314 del codice civile sono

sostituiti dai seguenti:

 "Il decreto che pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, e'

trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il

decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da

effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del

cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e

comunicato all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine

dell'atto di nascita dell'adottato.

 Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresi'

trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata

in giudicato".

ART. 67.

 Sono abrogati: il secondo e il terzo comma dell'articolo 293, il

secondo e il terzo comma dell'articolo 296, gli articoli 301, 302,

303, 308 e 310 del codice civile.

 E' abrogato altresi' il capo III del titolo VIII del libro I del

codice civile.

TITOLO VI

NORME FINALI, PENALI

E TRANSITORIE

ART. 68.

 Il primo comma dell'articolo 38 delle disposizioni di attuazione

del codice civile e' sostituito dal seguente:

 "Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti

contemplati dagli articoli 84, 90, 171, 194, secondo comma, 250, 252,

262, 264, 316, 317-bis, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma,

nonche' nel caso di minori dall'articolo 269, primo comma, del codice

civile".

ART. 69.

 In aggiunta a quanto disposto nell'articolo 51 delle disposizioni

di attuazione del codice civile, nel registro delle tutele devono

essere annotati i provvedimenti emanati dal tribunale per i minorenni

ai sensi dell'articolo 10 della presente legge.

ART. 70.

 (( 1. I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio

che omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il

tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in

situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del

proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell'articolo 328 del codice

penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessita' sono puniti

con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire

500.000 a lire 2.500.000.

 2. I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati

che omettono di trasmettere semestralmente alla procura della

Repubblica presso il tribunale per i minorenni l'elenco di tutti i

minori ricoverati o assistiti, ovvero forniscono informazioni

inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono

puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da

lire 500.000 a lire 5.000.000)).

ART. 71.

 Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di

adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero

lo avvia all'estero perche' sia definitivamente affidato, e' punito

con la reclusione da uno a tre anni.

 Se il fatto e' commesso dal tutore ovvero da altra persona cui il

minore e' affidato per ragioni di educazione, di istruzione, di

vigilanza e di custodia, la pena e' aumentata della meta'.

 Se il fatto e' commesso dal genitore la condanna comporta la

perdita della relativa ((responsabilita' genitoriale)) e l'apertura

della procedura di adottabilita'; se e' commesso dal tutore consegue

la rimozione dall'ufficio; se e' commesso dalla persona cui il minore

e' affidato consegue la inidoneita' ad ottenere affidamenti familiari

o adottivi e l'incapacita' all'ufficio tutelare.

 Se il fatto e' commesso da pubblici ufficiali, da incaricati di un

pubblico servizio, da esercenti la professione sanitaria o forense,

da appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati nei casi

di cui all'articolo 61, numeri 9 e 11, del codice penale, la pena e'

raddoppiata.

 La pena stabilita nel primo comma del presente articolo si applica

anche a coloro che, consegnando o promettendo denaro od altra

utilita' a terzi, accolgono minori in illecito affidamento con

carattere di definitivita'. La condanna comporta la inidoneita' ad

ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacita' all'ufficio

tutelare.

 Chiunque svolga opera di mediazione al fine di realizzare

l'affidamento di cui al primo comma e' punito con la reclusione fino

ad un anno o con multa da lire 500.000 a lire 5.000.000.

ART. 72.

 Chiunque, per procurarsi danaro o altra utilita', in violazione

delle disposizioni della presente legge, introduce nello Stato uno

straniero minore di eta' perche' sia definitivamente affidato a

cittadini italiani e' punito con la reclusione da uno a tre anni.

 La pena stabilita nel precedente comma si applica anche a coloro

che, consegnando o promettendo danaro o altra utilita' a terzi,

accolgono stranieri minori di eta' in illecito affidamento con

carattere di definitivita'. La condanna comporta l'inidoneita' a

ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacita' all'ufficio

tutelare.

ART. 72-bis

 (( 1. Chiunque svolga per conto di terzi pratiche inerenti

all'adozione di minori stranieri senza avere previamente ottenuto

l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera c), e'

punito con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da

uno a dieci milioni di lire.

 2. La pena e' della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa

da due a sei milioni di lire per i legali rappresentanti ed i

responsabili di associazioni o di agenzie che trattano le pratiche di

cui al comma 1.

 3. Fatti salvi i casi previsti dall'articolo 36, comma 4, coloro

che, per l'adozione di minori stranieri, si avvalgono dell'opera di

associazioni, organizzazioni, enti o persone non autorizzati nelle

forme di legge sono puniti con le pene di cui al comma 1 diminuite di

un terzo)).

ART. 73.

 Chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio

fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui

confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo

notizie circa lo stato di figlio ((adottivo)) e' punito con la

reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire 200.000 a lire

2.000.000.

 Se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato

di pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da sei mesi

a tre anni.

 Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche a chi

fornisce tali notizie successivamente all'affidamento preadottivo e

senza l'autorizzazione del tribunale per i minorenni.

ART. 74.

 Gli ufficiali di stato civile trasmettono immediatamente al

competente tribunale per i minorenni comunicazione, sottoscritta dal

dichiarante, dell'avvenuto riconoscimento da parte di persona

coniugata di un figlio ((nato fuori del matrimonio)) non riconosciuto

dall'altro genitore.

Il tribunale dispone l'esecuzione di opportune indagini per accertare

la veridicita' del riconoscimento.

 Nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano

gli estremi dell'impugnazione del riconoscimento il tribunale per i

minorenni assume, anche d'ufficio, i provvedimenti di cui

all'articolo 264, secondo comma, del codice civile.

ART. 75.

 ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 30 MAGGIO 2002, N. 115))

ART. 76.

 Alle procedure relative all'adozione di minori stranieri in corso o

gia' definite al momento di entrata in vigore della presente legge

continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data

medesima.((2))

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AGGIORNAMENTO (2)

La Corte Costituzionale, con sentenza 1-18 luglio 1986, n. 199 ( in

G.U. 1a s.s. 25/7/1986, n. 36) dichiara la illegittimita'

costituzionale dell'art. 76 " nella parte in cui preclude

l'applicazione dell'art. 37 alle procedure gia' iniziate nei

confronti di minore straniero in stato di abbandono in Italia."

ART. 77.

 Gli articoli da 404 a 413 del codice civile sono abrogati. Per le

affiliazioni gia' pronunciate alla data di entrata in vigore della

presente legge si applicano i divieti e le autorizzazioni di cui

all'articolo 87 del codice civile.

ART. 78.

 Il quarto comma dell'articolo 87 del codice civile e' sostituito

dal seguente:

 "Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in

camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, puo' autorizzare

il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti

di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione puo'

essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando

l'affinita' deriva da matrimonio dichiarato nullo".

ART. 79.

 Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge i

coniugi che risultino forniti dei requisiti di cui all'articolo 6

possono chiedere al tribunale per i minorenni di dichiarare,

sempreche' il provvedimento risponda agli interessi dell'adottato e

dell'affiliato, con decreto motivato, l'estensione degli effetti

della adozione nei confronti degli affiliati o adottati ai sensi

dell'articolo 291 del codice civile, precedentemente in vigore, se

minorenni all'epoca del relativo provvedimento. (1)(4)

 Il tribunale dispone l'esecuzione delle opportune indagini di cui

all'articolo 57, sugli adottanti e sull'adottato o affiliato.

 Gli adottati o affiliati che abbiano compiuto gli anni dodici e ((,

in considerazione della loro capacita' di discernimento,)) anche i

minori di eta' inferiore devono essere sentiti; se hanno compiuto gli

anni quattordici devono prestare il consenso.

 Il coniuge dell'adottato o affiliato, se convivente e non

legalmente separato, deve prestare l'assenso.

 I discendenti degli adottanti o affilianti che hanno superato gli

anni quattordici devono essere sentiti.

 Se gli adottati o affiliati sono figli legittimi o riconosciuti e'

necessario l'assenso dei genitori. Nel caso di irreperibilita' o di

rifiuto non motivato, su ricorso degli adottanti o affilianti,

sentiti il pubblico ministero, i genitori dell'adottato o affiliato e

quest'ultimo, se ha compiuto gli anni dodici, decide il tribunale con

sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo

dell'assenso mancante.

 Al decreto relativo all'estensione degli effetti dell'adozione si

applicano le disposizioni di cui agli articoli 25, 27 e 28, in quanto

compatibili.

 Il decreto del tribunale per i minorenni che nega l'estensione

degli effetti dell'adozione puo' essere impugnato anche dall'adottato

o affiliato se maggiorenne.

------------

AGGIORNAMENTO (1)

 La Corte Costituzionale, con sentenza 1-18 luglio 1986, n. 198 (in

G.U. 1a s.s. 25/7/1986, n. 36) ha dichiarato "la illegittimita'

costituzionale dell'art. 79, primo comma" nella ipotesi di coniugi

non piu' uniti in matrimonio alla data della presentazione della

domanda di estensione degli effetti dell'adozione, non consente di

pronunziare l'estensione stessa nei confronti degli adottati ai sensi

dell'art. 291 del codice civile, precedentemente in vigore."

-------------

AGGIORNAMENTO (4)

 La Corte Costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n.183

(in G.U. 1a s.s. 24/2/1988, n. 8) ha dichiarato "la illegittimita'

costituzionale dell'art. 79, primo comma" nella parte in cui non

consente l'estensione degli effetti dell'adozione legittimante nei

confronti dei minori adottati con adozione ordinaria quando la

differenza di eta' tra adottanti ed adottato superi i 40 anni."

ART. 79-bis.

 ((1. Il giudice segnala ai comuni le situazioni di indigenza di

nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per consentire

al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia.))

ART. 80.

 (( 1. Il giudice, se del caso ed anche in relazione alla durata

dell'affidamento, puo' disporre che gli assegni familiari e le

prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati

temporaneamente in favore dell'affidatario.

 2. Le disposizioni di cui all'articolo 12 del testo unico delle

imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni,

all'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla legge 8

marzo 2000, n. 53, si applicano anche agli affidatari di cui al comma

1.

 3. Alle persone affidatarie si estendono tutti i benefici in tema

di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di permessi per

malattia, di riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici.

 4. Le regioni determinano le condizioni e modalita' di sostegno

alle famiglie, persone e comunita' di tipo familiare che hanno minori

in affidamento, affinche' tale affidamento si possa fondare sulla

disponibilita' e l'idoneita' all'accoglienza indipendentemente dalle

condizioni economiche)). ((12))

------------

AGGIORNAMENTO (12)

Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 ha disposto (con l'art,86 comma 2

lettera c) l'abrogazione delle le parole ""e gli articoli 6 e 7 della

legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano anche agli affidatari di

cui al comma precedente" del secondo comma dell'articolo 80 della

legge 4 maggio 1983, n. 184 ".

ART. 81.

 L'ultimo comma dell'articolo 244 del codice civile e' sostituito

dal seguente:

 "L'azione puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale

nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del

figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero

quando si tratta di minore di eta' inferiore".

ART. 82.

 Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle procedure

previste dalla presente legge nei riguardi di persone minori di eta',

sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da ogni spesa,

tassa e diritto dovuti ai pubblici uffici.

 Sono ugualmente esenti gli atti ed i documenti relativi

all'esecuzione dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei

procedimenti su indicati.

 Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati

in annue lire 100.000.000, si provvede mediante corrispondente

riduzione del capitolo 1589 dello stato di previsione del Ministero

di grazia e giustizia per l'anno finanziario 1983 e corrispondenti

capitoli degli esercizi successivi.

 Il Ministro del tesoro e' autorizzato ad apportare con propri

decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserta

nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

 Data a Roma, addi' 4 maggio 1983

 PERTINI

 FANFANI - DARIDA - COLOMBO -

 ROGNONI - FORTE - GORIA

Visto, il Guardasigilli: DARIDA

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Art. 640 bis c.p. - Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Art. 640 bis c.p. - Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche


La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”.


Che tipo di reato è: truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Soggetto attivo: chiunque.

Oggetto materiale: si tratta non solo di contributi, finanziamenti e mutui agevolati, ma di tutte le varie forme di concessione di denaro o di beni erogati da soggetti di diritto pubblico.

Condotta: induzione in errore.

Elemento soggettivo: dolo generico, diretto o indiretto.

(di Tullia Mauro)

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Art. 316 ter c.p. - Indebita percezione di erogazioni pubbliche.

Art. 316 ter c.p. - Indebita percezione di erogazioni pubbliche


Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640 bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un
incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.


Che tipo di reato è: indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Soggetto attivo: chiunque.

Oggetto giuridico: patrimonio dello stato, di un ente pubblico e delle comunità Europee.

Oggetto materiale: concessione di contributi, finanziamenti o mutui da parte di enti pubblici.

Condotta: fatto di chi, avendo ottenuto il finanziamento, non lo destina alla finalità per cui era stato erogato (reato omissivo).

Elemento soggettivo: Dolo generico, diretto o indiretto.

(di Tullia Mauro)

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Art. 316 bis c.p. - Malversazione di erogazioni pubbliche.

Art. 316 bis c.p. - Malversazione di erogazioni pubbliche


Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. 


Che tipo di reato è: malversazione.


Soggetto attivo: chiunque.


Soggetto passivo: lo Stato, la Comunità europea o altro ente pubblico.


Oggetto giuridico: interesse dei soggetti passivi.


Oggetto materiale: erogazione di un contributo, di una sovvenzione o di un finanziamento destinato a finalità di interesse pubblico. 


Condotta: diversa destinazione che il beneficiario dà a quella somma o a una parte di essa.


Elemento soggettivo: dolo generico.

(di Tullia Mauro)

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Art. 314 c.p. - Peculato.

Art. 314 c.p. - Peculato


"Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi. 

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita".


Che tipo di reato è: peculato, che è un reato plurioffensivo.


Soggetto attivo: trattandosi di un reato proprio, soggetto attivo del delitto di peculato può essere solo un pubblico ufficiale oppure un incaricato di pubblico servizio. Sono escluse, pertanto, forme di responsabilità per quanti esercitino un servizio di pubblica necessità.


Oggetto giuridico: integrità del patrimonio.


Oggetto materiale: denaro.


Condotta: il delitto di peculato si configura con l'indebita appropriazione di denaro o altra cosa mobile che si trova, al momento della consumazione del reato (ovvero al momento del tentativo di consumazione), nel possesso o comunque nella disponibilità del soggetto attivo, in ragione del suo ufficio o del suo servizio. Anche l'indebita alienazione, distruzione, semplice detenzione, utilizzo di denaro o di altra cosa mobile integra questa fattispecie delittuosa.


Elemento soggettivo: per l'integrazione del delitto è sufficiente il dolo generico, mentre è necessario il dolo specifico per la configurabilità del peculato d’uso.

(di Tullia Mauro)

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Art. 270 c.p. - Associazioni sovversive.

Art. 270 c.p. - Associazioni sovversive

Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Chiunque partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni di cui al primo comma, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento”.

L’articolo sopramenzionato fa parte del Libro secondo, Titolo I e ci troviamo all’interno dei delitti contro la personalità dello stato.

La norma è atta a tutelare l'integrità dello Stato nei confronti delle aggressioni interne che tendono a sovvertire violentemente l’ordinamento. Ha assunto la configurazione attuale dopo l'intervento operato con la legge 24 febbraio 2006 (art. 2), in quanto in precedenza era diretta a reprimere le sole associazioni comuniste, socialiste e anarchiche.

I delitti associativi diretti contro la personalità dello Stato rappresentano le fattispecie più importanti all'interno del presente capo e trattasi di reato di pericolo, per la cui configurabilità occorre, l'esistenza di una struttura organizzata, anche elementare, che presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l'attuazione del progetto criminoso e tale da giustificare la valutazione di pericolosità.

Ogni condotta violenta e programmaticamente diretta a menomare le libertà costituzionalmente riconosciute esprime la sovversione, penalmente sanzionata, dei fondamentali ordinamenti sociali dello Stato.

Il dolo è specifico, in quanto la costituzione dell'associazione violenta deve essere voluta al fine di sovvertire con la violenza gli ordinamenti statali.

Il partecipante viene punito più lievemente, mentre coloro che ricostituiscono un'associazione della quale era stato ordinato lo scioglimento sono soggetti ad un aggravamento di pena.

(di Tullia Mauro)

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La testimonianza dell’avvocato.

La possibilità, per praticanti e avvocati, di rendere la propria testimonianza all'interno del processo relativamente a quanto conosciuto nello svolgimento del proprio incarico è regolamentata dall'art. 51 del Codice Deontologico Forense, che testualmente recita:"1. L’avvocato deve astenersi, salvo casi eccezionali, dal deporre, come persona informata sui fatti o come testimone, su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e ad essa inerenti. 2. L’avvocato deve comunque astenersi dal deporre sul contenuto di quanto appreso nel corso di colloqui riservati con colleghi nonché sul contenuto della corrispondenza riservata intercorsa con questi ultimi. 3. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone o persona informata sui fatti non deve assumere il mandato e, se lo ha assunto, deve rinunciarvi e non può riassumerlo. 4. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura".

La norma appena menzionata, unitamente all'obbligo di mantenere il segreto professionale, ha come scopo quello di tutelare gli avvocati (e i praticanti) affinché non siano obbligati a deporre sulle informazioni ricevute nell'esercizio del proprio mandato professionale, con l'intento di proteggere il rapporto fiduciario che si instaura con il cliente.

Tra le eccezioni alla regola generale di astensione al divieto di testimonianza e rivelazione del segreto professionale rientrano le seguenti ipotesi:
-) - Lo svolgimento dell'attività di difesa;
-) L'impedimento della commissione di un reato di notevole gravità. E' possibile la rivelazione del segreto professionale nel caso in cui leda la persona e non un bene economico; 
-) L'allegazione di una circostanza di fatto in una controversia (anche di natura disciplinare) instauratasi tra avvocato e parte assistita. 



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Responsabilità medica: Legge 8 marzo 2017 n. 24 (Gelli-Bianco).

LEGGE 8 marzo 2017, n. 24

Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona

assistita, nonché' in materia di responsabilità professionale degli

esercenti le professioni sanitarie. (17G00041)

(GU n.64 del 17-3-2017)

Vigente al: 1-4-2017

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno

approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

 la seguente legge:

Art. 1

Sicurezza delle cure in sanita'

1. La sicurezza delle cure e' parte costitutiva del diritto alla

salute ed e' perseguita nell'interesse dell'individuo e della

collettivita'.

2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di

tutte le attivita' finalizzate alla prevenzione e alla gestione del

rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo

appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

3. Alle attivita' di prevenzione del rischio messe in atto dalle

strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, e' tenuto

a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che

vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario

nazionale.

Art. 2

Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al

Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri

regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del

paziente.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono

affidare all'ufficio del Difensore civico la funzione di garante per

il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e

il supporto tecnico.

2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il

diritto alla salute, puo' essere adito gratuitamente da ciascun

soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o

mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del

sistema dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria.

3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti

relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la

fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso

con i poteri e le modalita' stabiliti dalla legislazione regionale.

4. In ogni regione e' istituito, con le risorse umane, strumentali

e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza

nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per

la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che

raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e

private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul

contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica

unificata a livello nazionale, all'Osservatorio nazionale delle buone

pratiche sulla sicurezza nella sanita', di cui all'articolo 3.

5. All'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,

e' aggiunta, in fine, la seguente lettera:

 «d-bis) predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli

eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause

che hanno prodotto l'evento avverso e sulle conseguenti iniziative

messe in atto. Detta relazione e' pubblicata nel sito internet della

struttura sanitaria».

Art. 3

Osservatorio nazionale delle buone pratiche

sulla sicurezza nella sanita'

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente

legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede

di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito, senza nuovi o

maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l'Agenzia nazionale

per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l'Osservatorio nazionale

delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita', di seguito

denominato «Osservatorio».

2. L'Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio

sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all'articolo 2, i dati

regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonche' alle cause,

all'entita', alla frequenza e all'onere finanziario del contenzioso

e, anche mediante la predisposizione, con l'ausilio delle societa'

scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle

professioni sanitarie di cui all'articolo 5, di linee di indirizzo,

individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio

sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza

delle cure nonche' per la formazione e l'aggiornamento del personale

esercente le professioni sanitarie.

3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una

relazione sull'attivita' svolta dall'Osservatorio.

4. L'Osservatorio, nell'esercizio delle sue funzioni, si avvale

anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in

sanita' (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della

salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella

Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.

Art. 4

Trasparenza dei dati

1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e

private sono soggette all'obbligo di trasparenza, nel rispetto del

codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto

legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro

sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli

interessati aventi diritto, in conformita' alla disciplina

sull'accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal

codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto

legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fornisce la documentazione

sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in

formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni

caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione

della suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data di entrata

in vigore della presente legge, le strutture sanitarie pubbliche e

private adeguano i regolamenti interni adottati in attuazione della

legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.

3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili,

mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a

tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, verificati

nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio,

prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui

all'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come

modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.

4. All'articolo 37 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al

decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285,

dopo il comma 2 e' inserito il seguente:

«2-bis. I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto possono

concordare con il direttore sanitario o sociosanitario l'esecuzione

del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in

altro luogo, e possono disporre la presenza di un medico di loro

fiducia».

Art. 5

Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni

previste dalle linee guida

1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle

prestazioni sanitarie con finalita' preventive, diagnostiche,

terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si

attengono, salve le specificita' del caso concreto, alle

raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del

comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche'

dalle societa' scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche

delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e

regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro

novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,

e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette

raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono

alle buone pratiche clinico-assistenziali.

2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle societa'

scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al

comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:

a) i requisiti minimi di rappresentativita' sul territorio

nazionale;

b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da

prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei

professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle

decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo di

lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci

preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla

dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e

all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualita'

della produzione tecnico-scientifica;

c) le procedure di iscrizione all'elenco nonche' le verifiche sul

mantenimento dei requisiti e le modalita' di sospensione o

cancellazione dallo stesso.

3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai

soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per

le linee guida (SNLG), il quale e' disciplinato nei compiti e nelle

funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa

intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la

procedura di cui all'articolo 1, comma 28, secondo periodo, della

legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro

centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente

legge. L'Istituto superiore di sanita' pubblica nel proprio sito

internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal

SNLG, previa verifica della conformita' della metodologia adottata a

standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonche'

della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto

delle raccomandazioni.

4. Le attivita' di cui al comma 3 sono svolte nell'ambito delle

risorse umane, finanziarie e strumentali gia' disponibili a

legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la

finanza pubblica.

 Art. 6

Responsabilita' penale dell'esercente la professione sanitaria

1. Dopo l'articolo 590-quinquies del codice penale e' inserito il

seguente:

 «Art. 590-sexies (Responsabilita' colposa per morte o lesioni

personali in ambito sanitario). - Se i fatti di cui agli articoli 589

e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si

applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo

comma.

Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la

punibilita' e' esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni

previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di

legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche

clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle

predette linee guida risultino adeguate alle specificita' del caso

concreto».

2. All'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,

convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189,

il comma 1 e' abrogato.

 Art. 7

Responsabilita' civile della struttura e

dell'esercente la professione sanitaria

1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che,

nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di

esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e

ancorche' non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi

degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte

dolose o colpose.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle

prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione

intramuraria ovvero nell'ambito di attivita' di sperimentazione e di

ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio

sanitario nazionale nonche' attraverso la telemedicina.

3. L'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2

risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice

civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione

contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella

determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta

dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 5

della presente legge e dell'articolo 590-sexies del codice penale,

introdotto dall'articolo 6 della presente legge.

4. Il danno conseguente all'attivita' della struttura sanitaria o

sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione

sanitaria e' risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli

138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto

legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con

la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base

dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle

fattispecie da esse non previste, afferenti alle attivita' di cui al

presente articolo.

5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme

imperative ai sensi del codice civile.

Art. 8

Tentativo obbligatorio di conciliazione

1. Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile

relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da

responsabilita' sanitaria e' tenuto preliminarmente a proporre

ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile

dinanzi al giudice competente.

2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce

condizione di procedibilita' della domanda di risarcimento. E' fatta

salva la possibilita' di esperire in alternativa il procedimento di

mediazione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto

legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece

applicazione l'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n.

132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n.

162. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di

decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima

udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui

all'articolo 696-bis del codice di procedura civile non e' stato

espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna alle

parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a

se' dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di

completamento del procedimento.

3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si

concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del

ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda

sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o

dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il

giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso

di cui all'articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal

caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si

applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura

civile.

4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica

preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il

disposto dell'articolo 15 della presente legge, e' obbligatoria per

tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui

all'articolo 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di

risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono

di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato,

quando l'impresa di assicurazione non ha formulato l'offerta di

risarcimento nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica

preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia

della sentenza all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni

(IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata

partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il

giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento

delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del

giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata

equitativamente, in favore della parte che e' comparsa alla

conciliazione.

Art. 9

Azione di rivalsa o di responsabilita' amministrativa

1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione

sanitaria puo' essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

2. Se l'esercente la professione sanitaria non e' stato parte del

giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno,

l'azione di rivalsa nei suoi confronti puo' essere esercitata

soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di

titolo giudiziale o stragiudiziale ed e' esercitata, a pena di

decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.

3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la

struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di

assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l'esercente la

professione sanitaria non e' stato parte del giudizio.

4. In nessun caso la transazione e' opponibile all'esercente la

professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.

5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta

dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o

sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o

dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del

medesimo articolo 7, l'azione di responsabilita' amministrativa, per

dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione

sanitaria e' esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei

conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto

previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994,

n. 20, e dall'articolo 52, secondo comma, del testo unico di cui al

regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, si tiene conto delle

situazioni di fatto di particolare difficolta', anche di natura

organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica,

in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo

della condanna per la responsabilita' amministrativa e della

surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice

civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non puo' superare

una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del

corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della

condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o

successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al

passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda

di risarcimento proposta dal danneggiato, l'esercente la professione

sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie

pubbliche, non puo' essere preposto ad incarichi professionali

superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce

oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici

concorsi per incarichi superiori.

6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato

nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o

nei confronti dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con

la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della

surrogazione richiesta dall'impresa di assicurazione, ai sensi

dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo

evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari

al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la

retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta

causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo,

moltiplicato per il triplo. Il limite alla misura della rivalsa, di

cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli

esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma 2.

7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilita'

amministrativa il giudice puo' desumere argomenti di prova dalle

prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti

della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di

assicurazione se l'esercente la professione sanitaria ne e' stato

parte.

Art. 10

Obbligo di assicurazione

1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private

devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe

misure per la responsabilita' civile verso terzi e per la

responsabilita' civile verso prestatori d'opera, ai sensi

dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.

90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.

114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo

operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e

private, compresi coloro che svolgono attivita' di formazione,

aggiornamento nonche' di sperimentazione e di ricerca clinica. La

disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni

sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero

in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche'

attraverso la telemedicina. Le strutture di cui al primo periodo

stipulano, altresi', polizze assicurative o adottano altre analoghe

misure per la copertura della responsabilita' civile verso terzi

degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli

effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, fermo

restando quanto previsto dall'articolo 9. Le disposizioni di cui al

periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la

professione sanitaria di cui al comma 2.

2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria

attivita' al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del

presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa

in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa

nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con

il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo l'obbligo

di cui all'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13

agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14

settembre 2011, n. 148, all'articolo 5 del regolamento di cui al

decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e

all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,

convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9

e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione

sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o

sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a

proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa

grave.

4. Le strutture di cui al comma 1 rendono nota, mediante

pubblicazione nel proprio sito internet, la denominazione

dell'impresa che presta la copertura assicurativa della

responsabilita' civile verso i terzi e verso i prestatori d'opera di

cui al comma 1, indicando per esteso i contratti, le clausole

assicurative ovvero le altre analoghe misure che determinano la

copertura assicurativa.

5. Con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di

entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo

economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i

criteri e le modalita' per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza

e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione che

intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con

gli esercenti la professione sanitaria.

6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare

entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della

presente legge, di concerto con il Ministro della salute e con il

Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti l'IVASS,

l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le

Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che

erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazione

nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le

Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni

sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative

delle categorie professionali interessate, nonche' le associazioni di

tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti

minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e

sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni

sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far

corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce

i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di

operativita' delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta

del rischio, richiamate dal comma 1; disciplina altresi' le regole

per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di

un'impresa di assicurazione nonche' la previsione nel bilancio delle

strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a

riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri

denunciati. A tali fondi si applicano le disposizioni di cui

all'articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993,

n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n.

67.

7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, di

concerto con il Ministro della salute e sentito l'IVASS, entro

centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente

legge, sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione

stipulate ai sensi dei commi 1 e 2, e alle altre analoghe misure

adottate ai sensi dei commi 1 e 6 e sono stabiliti, altresi', le

modalita' e i termini per la comunicazione di tali dati da parte

delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e

degli esercenti le professioni sanitarie all'Osservatorio. Il

medesimo decreto stabilisce le modalita' e i termini per l'accesso a

tali dati.

Art. 11

Estensione della garanzia assicurativa

1. La garanzia assicurativa deve prevedere una operativita'

temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la

conclusione del contratto assicurativo, purche' denunciati

all'impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della

polizza. In caso di cessazione definitiva dell'attivita'

professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di

ultrattivita' della copertura per le richieste di risarcimento

presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e

riferite a fatti generatori della responsabilita' verificatisi nel

periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di

retroattivita' della copertura. L'ultrattivita' e' estesa agli eredi

e non e' assoggettabile alla clausola di disdetta.

Art. 12

Azione diretta del soggetto danneggiato

1. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 8, il soggetto

danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle

somme per le quali e' stato stipulato il contratto di assicurazione,

nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura

assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o

private di cui al comma 1 dell'articolo 10 e all'esercente la

professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.

2. Non sono opponibili al danneggiato, per l'intero massimale di

polizza, eccezioni derivanti dal contratto diverse da quelle

stabilite dal decreto di cui all'articolo 10, comma 6, che definisce

i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture

sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le

professioni sanitarie di cui all'articolo 10, comma 2.

3. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso

l'assicurato nel rispetto dei requisiti minimi, non derogabili

contrattualmente, stabiliti dal decreto di cui all'articolo 10, comma

6.

4. Nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione della

struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata a norma del

comma 1 e' litisconsorte necessario la struttura medesima; nel

giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione dell'esercente la

professione sanitaria a norma del comma 1 e' litisconsorte necessario

l'esercente la professione sanitaria. L'impresa di assicurazione,

l'esercente la professione sanitaria e il danneggiato hanno diritto

di accesso alla documentazione della struttura relativa ai fatti

dedotti in ogni fase della trattazione del sinistro.

5. L'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di

assicurazione e' soggetta al termine di prescrizione pari a quello

dell'azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o

privata o l'esercente la professione sanitaria.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere

dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6

dell'articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi

delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e

sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.

Art. 13

Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilita'

1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 7,

comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura

assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi

1 e 2, comunicano all'esercente la professione sanitaria

l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal

danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica

dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o

lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia

dell'atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e

sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro dieci giorni

comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta

elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di

ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato,

con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardivita' o l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l'ammissibilita' delle azioni di rivalsa o di responsabilita'

amministrativa di cui all'articolo 9.

Art. 14

Fondo di garanzia per i danni derivanti da

responsabilita' sanitaria

1. E' istituito, nello stato di previsione del Ministero della

salute, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita'

sanitaria. Il Fondo di garanzia e' alimentato dal versamento di un

contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio

delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i danni causati

da responsabilita' sanitaria. A tal fine il predetto contributo e'

versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato

al Fondo di garanzia. Il Ministero della salute con apposita

convenzione affida alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici

(CONSAP) Spa la gestione delle risorse del Fondo di garanzia.

2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute,

da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore

della presente legge, di concerto con il Ministro dello sviluppo

economico e con il Ministro e dell'economia e delle finanze, sentite

la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle

imprese di assicurazione, sono definiti:

a) la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate

all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i

danni causati da responsabilita' sanitaria;

b) le modalita' di versamento del contributo di cui alla lettera

a);

c) i principi cui dovra' uniformarsi la convenzione tra il

Ministero della salute e la CONSAP Spa;

d) le modalita' di intervento, il funzionamento e il regresso del

Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.

3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 concorre al risarcimento

del danno nei limiti delle effettive disponibilita' finanziarie.

4. La misura del contributo di cui al comma 2, lettera a), e'

aggiornata annualmente con apposito decreto del Ministro della

salute, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo

economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in

relazione alle effettive esigenze della gestione del Fondo di

garanzia.

5. Ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2,

lettera a), la CONSAP Spa trasmette ogni anno al Ministero della

salute e al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della

gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1, riferito all'anno

precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui

al comma 2.

6. Gli oneri per l'istruttoria e la gestione delle richieste di

risarcimento sono posti a carico del Fondo di garanzia di cui al

comma 1.

7. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 risarcisce i danni

cagionati da responsabilita' sanitaria nei seguenti casi:

 a) qualora il danno sia di importo eccedente rispetto ai

massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla

struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero

dall'esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto di cui

all'articolo 10, comma 6;

b) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o

privata ovvero l'esercente la professione sanitaria risultino

assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi in

stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa o vi

venga posta successivamente;

c) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o

privata ovvero l'esercente la professione sanitaria siano sprovvisti

di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell'impresa

assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione

dall'albo dell'impresa assicuratrice stessa.

8. Il decreto di cui all'articolo 10, comma 6, prevede che il

massimale minimo sia rideterminato in relazione all'andamento del

Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del presente

articolo.

9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai

sinistri denunciati per la prima volta dopo la data di entrata in

vigore della presente legge.

10. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad

apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 15

Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti

nei giudizi di responsabilita' sanitaria

1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad

oggetto la responsabilita' sanitaria, l'autorita' giudiziaria affida

l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico

specializzato in medicina legale e a uno o piu' specialisti nella

disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto

oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare,

scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano

in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o

in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare

nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in

possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della

conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.

2. Negli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle

disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e

disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,

n. 1368, e dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di

attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura

penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono

essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti

esperti in medicina. In sede di revisione degli albi e' indicata,

relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente,

l'esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al

numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli

revocati.

3. Gli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle

disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e

disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941,

n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di

attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura

penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono

essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di

garantire, oltre a quella medico-legale, un'idonea e adeguata

rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a

tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per la nomina

tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

4. Nei casi di cui al comma 1, l'incarico e' conferito al collegio

e, nella determinazione del compenso globale, non si applica

l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del

collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni

legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui

al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 16

Modifiche alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, in materia di

responsabilita' professionale del personale sanitario

1. All'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre

2015, n. 208, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «I

verbali e gli atti conseguenti all'attivita' di gestione del rischio

clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di

procedimenti giudiziari».

2. All'articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,

le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle

seguenti: «, in medicina legale ovvero da personale dipendente con

adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel

settore».

Art. 17

Clausola di salvaguardia

1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle

regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di

Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme

di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18

ottobre 2001, n. 3.

Art. 18

Clausola di invarianza finanziaria

1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle

disposizioni di cui alla presente legge nell'ambito delle risorse

umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e

comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita

nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 8 marzo 2017

 MATTARELLA

 Gentiloni Silveri, Presidente del

 Consiglio dei ministri

Visto, il Guardasigilli: Orlando

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Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965).

Preambolo

Gli Stati Parti della presente Convenzione,

Considerando che lo Statuto delle Nazioni Unite è basato sui principi della dignità e dell'eguaglianza di tutti gli esseri umani, e che tutti gli Stati membri si sono impegnati ad agire, sia congiuntamente sia separatamente in collaborazione con l'Organizzazione, allo scopo di raggiungere uno degli obiettivi delle Nazioni Unite, e precisamente: sviluppare ed incoraggiare il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione,

Considerando che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo proclama che tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali per dignità e diritti e che ciascuno può valersi di tutti i diritti e di tutte le libertà che vi sono enunciate, senza alcuna distinzione di razza, colore od origine nazionale,

Considerando che tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge ed hanno diritto ad una uguale protezione legale contro ogni discriminazione ed ogni incitamento alla discriminazione,

Considerando che le Nazioni Unite hanno condannato il colonialismo e tutte le pratiche segregazionistiche e discriminatorie che lo accompagnano, sotto qualunque forma e in qualunque luogo esistano, e che la Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali, del 14 dicembre 1960 (Risoluzione n. 1514 [XV] dell'Assemblea Generale) ha asserito e proclamato solennemente la necessità di porvi rapidamente ed incondizionatamente fine,

Considerando che la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 20 novembre 1963 (Risoluzione n. 1904 [XVIII] dell'Assemblea Generale) asserisce solennemente la necessità di eliminare rapidamente tutte le forme e tutte le manifestazioni di discriminazione razziale in ogni parte del mondo, nonché di assicurare la comprensione ed il rispetto della dignità della persona umana,

Convinti che qualsiasi dottrina di superiorità fondata sulla distinzione tra le razze è falsa scientificamente, condannabile moralmente ed ingiusta e pericolosa socialmente, e che nulla potrebbe giustificare la discriminazione razziale, né in teoria né in pratica,

Riaffermando che la discriminazione tra gli esseri umani per motivi fondati sulla razza, il colore o l'origine etnica costituisce un ostacolo alle amichevoli e pacifiche relazioni tra le Nazioni ed è suscettibile di turbare la pace e la sicurezza tra i popoli nonché la consistenza armoniosa degli individui che vivono all'interno di uno stesso Stato,

Convinti che l'esistenza di barriere razziali è incompatibile con gli ideali di ogni società umana,

Allarmati dalle manifestazioni di discriminazione razziale che hanno ancora luogo in certe regioni del mondo e dalle politiche dei governi fondate sulla superiorità o sull'odio razziale, quali le politiche di "apartheid", di segregazione o di separazione,

Risoluti ad adottare tutte, le misure necessarie all'eliminazione di ogni forma e di ogni manifestazione di discriminazione razziale nonché a prevenire ed a combattere le dottrine e le pratiche razziali allo scopo di favorire il buon accordo tra le razze ed a costruire una comunità internazionale libera da ogni forma di segregazione e di discriminazione razziale,

Ricordando la Convenzione sulla discriminazione in materia di impiego e di professione adottata dall'Organizzazione nazionale del lavoro nel 1958 e la Convenzione sulla lotta contro la discriminazione in materia di insegnamento adottata 1960 dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione la scienza e la cultura,

Desiderosi di dare esecuzione ai principi enunciati nella Dichiarazione delle Nazioni Unite e relativi all'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale nonché di assicurare il più rapidamente possibile l'adozione di misure pratiche a tale scopo,

Hanno convenuto quanto segue:

Parte I

Articolo 1.

1. Nella presente Convenzione, l'espressione "discriminazione razziale" sta ad indicare ogni distinzione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica.

2. La presente Convenzione non si applica alle distinzioni, esclusioni, restrizioni o trattamenti preferenziali stabiliti da uno Stato Parte della Convenzione a seconda che si tratti di propri cittadini o dei non-cittadini.

3. Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come contrastante con le disposizioni legislative degli Stati Parti della Convenzione e che si riferiscono alla nazionalità, alla cittadinanza o alla naturalizzazione, a condizione che tali disposizioni, non siano discriminatorie nei confronti di una particolare nazionalità.

4. Le speciali misure adottate al solo scopo di assicurare convenientemente il progresso di alcuni gruppi razziali od etnici o di individui cui occorra la protezione necessaria per permettere loro il godimento e l'esercizio dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in condizioni di eguaglianza, non sono considerate misure di discriminazione razziale, a condizione tuttavia che tali misure non abbiano come risultato la conservazione di diritti distinti per speciali gruppi razziali e che non vengano tenute in vigore una volta che siano raggiunti gli obiettivi che si erano prefisse.

Articolo 2.

1. Gli Stati contraenti condannano la discriminazione razziale e si impegnano a continuare, con tutti i mezzi adeguati e senza indugio, una politica tendente ad eliminare ogni forma di discriminazione razziale ed a favorire l'intesa tra tutte le razze e, a tale scopo:

a) Ogni Stato contraente si impegna a non porre in opera atti o pratiche di discriminazione razziale a danno di individui, gruppi di individui od istituzioni ed a fare in modo che tutte le pubbliche attività e le pubbliche istituzioni, nazionali e locali, si uniformino a tale obbligo;

b) Ogni Stato contraente si impegna a non incoraggiare, difendere ed appoggiare la discriminazione razziale praticata da qualsiasi individuo od organizzazione;

c) Ogni Stato contraente deve adottare delle efficaci misure per rivedere le politiche governative nazionali e locali e per modificare, abrogare o annullare ogni legge ed ogni disposizione regolamentare che abbia il risultato di creare la discriminazione o perpetuarla ove esista;

d) Ogni Stato contraente deve, se le circostanze lo richiedono, vietare e por fine con tutti i mezzi più opportuni, provvedimenti legislativi compresi, alla discriminazione praticata da singoli individui, gruppi od organizzazioni;

e) Ogni Stato contraente s'impegna, ove occorra, a favorire le organizzazioni ed i movimenti integrazionisti multirazziali e gli altri mezzi atti ad eliminare le barriere che esistono tra le razze, nonché a scoraggiare quanto tende a rafforzare la separazione razziale.

2. Gli Stati contraenti, se le circostanze lo richiederanno, adotteranno delle speciali e concrete misure in campo sociale, economico, culturale o altro, allo scopo di assicurare nel modo dovuto lo sviluppo o la protezione di alcuni gruppi razziali o di individui appartenenti a tali gruppi per garantire loro, in condizioni di parità, il pieno esercizio dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tali misure non potranno avere, in alcun caso, il risultato di mantenere i diritti disuguali o distinti per speciali gruppi razziali, una volta che siano stati raggiunti gli obiettivi che si erano prefissi.

Articolo 3.

Gli Stati contraenti condannano in particolar modo la segregazione razziale e l'"apartheid" e si impegnano a prevenire, vietare ed eliminare sui territori sottoposti alla loro giurisdizione, tutte le pratiche di tale natura.

Articolo 4.

Gli Stati contraenti condannano ogni propaganda ed organizzazione che s'ispiri a concetti ed a teorie basate sulla superiorità di una razza o di un gruppo di individui di un certo colore o di una certa origine etnica, o che pretendano di giustificare o di incoraggiare ogni forma di odio e di discriminazione razziale, e si impegnano ad adottare immediatamente misure efficaci per eliminare ogni incitamento ad una tale discriminazione od ogni atto discriminatorio, tenendo conto, a tale scopo, dei principi formulati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei diritti chiaramente enunciati nell'art. 5 della presente Convenzione, ed in particolare:

a) a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, così come ogni aiuto portato ad attività razzistiche, compreso il loro finanziamento;

b) a dichiarare illegali ed a vietare le organizzazioni le attività di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attività di propaganda che incitino alla discriminazione razziale e che l'incoraggino, nonché a dichiarare reato punibile dalla legge la partecipazione a tali organizzazioni od a tali attività;

c) a non permettere né alle pubbliche autorità, né alle pubbliche istituzioni, nazionali o locali, l'incitamento o l'incoraggiamento alla discriminazione razziale.

Articolo 5.

In base agli obblighi fondamentali di cui all'art. 2 della presente Convenzione, gli Stati contraenti si impegnano a vietare e ad eliminare la discriminazione razziale in tutte le forme ed a garantire a ciascuno il diritto all'eguaglianza dinanzi alla legge senza distinzione di razza, colore od origine nazionale o etnica, nel pieno godimento, in particolare, dei seguenti diritti:

a) Diritto ad un eguale trattamento avanti i tribunali ed a ogni altro organo che amministri la giustizia;

b) Diritto alla sicurezza personale ed alla protezione dello Stato contro le violenze o le sevizie da parte sia di funzionari governativi, sia di ogni individuo, gruppo od istituzione;

c) Diritti politici, ed in particolare il diritto di partecipare alle elezioni, di votare e di presentarsi come candidato in base al sistema del suffragio universale ed eguale per tutti, il diritto di partecipare al governo ed alla direzione degli affari pubblici, a tutti i livelli, nonché il diritto di accedere, a condizioni di parità, alle cariche pubbliche;

d) Altri diritti civili quali:

i) il diritto di circolare liberamente e di scegliere la propria residenza all'interno dello Stato;

ii) il diritto di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, e di tornare nel proprio paese;

iii) il diritto alla nazionalità;

iv) il diritto a contrarre matrimonio ed alla scelta del proprio coniuge;

v) il diritto alla proprietà di qualsiasi individuo, sia in quanto singolo sia in società con altri;

vi) il diritto all'eredità;

vii) il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione;

viii) il diritto alla libertà di opinione e di espressione;

ix) il diritto alla libertà di riunione e di pacifica associazione;

e) i diritti economici, sociali e culturali, ed in particolare:

i) i diritti al lavoro, alla libera scelta del proprio lavoro, a condizioni di lavoro eque e soddisfacenti, alla protezione dalla disoccupazione, ad un salario uguale a parità di lavoro uguale, ad una remunerazione equa e soddisfacente;

ii) il diritto di fondare dei sindacati e di iscriversi a sindacati;

iii) il diritto all'alloggio;

iv) il diritto alla sanità, alle cure mediche, alla previdenza sociale ed ai servizi sociali;

v) il diritto all'educazione ed alla formazione professionale;

vi) il diritto di partecipare in condizioni di parità ad attività culturali;

f) il diritto di accesso a tutti i luoghi e servizi destinati ad uso pubblico, quali i mezzi di trasporto, gli alberghi, i ristoranti, i caffè, gli spettacoli ed i parchi.

Articolo 6.

Gli Stati contraenti garantiranno ad ogni individuo sottoposto alla propria giurisdizione una protezione ed un mezzo gravame effettivi davanti ai tribunali nazionali ed agli altri organismi dello Stato competenti, per tutti gli atti di discriminazione razziale che, contrariamente alla presente Convenzione, ne violerebbero i diritti individuali e le libertà fondamentali nonché il diritto di chiedere a tali tribunali una giusta ed adeguata riparazione o soddisfazione per qualsiasi danno di cui potrebbe essere stata vittima a seguito di una tale discriminazione.

Articolo 7.

Gli Stati contraenti si impegnano ad adottare immediate ed efficaci misure, in particolare nei campi dell'insegnamento, dell'educazione, della cultura e dell'informazione, per lottare contro i pregiudizi che portano alla discriminazione razziale e a favorire la comprensione, la tolleranza e l'amicizia tra le nazioni ed i gruppi razziali ed etnici, nonché a promuovere gli scopi ed i princìpi dello Statuto delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, e della presente Convenzione.

Parte II

Articolo 8.

1. È istituito un Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale (qui appresso indicato "il Comitato") composto di diciotto esperti noti per il loro alto senso morale e la loro imparzialità, che vengono eletti dagli Stati contraenti fra i loro cittadini e che vi partecipano a titolo personale, tenuto conto di una equa ripartizione geografica e della rappresentanza delle varie forme di civiltà nonché dei più importanti sistemi giuridici.

2. I membri del Comitato sono eletti a scrutinio segreto dalla lista di candidati designati dagli Stati contraenti. Ogni Stato contraente può designare un candidato scelto tra i propri cittadini.

3. La prima elezione avrà luogo sei mesi dopo la data di entrata in vigore della presente Convenzione. Almeno tre mesi prima della data di ogni elezione, il Segretario generale delle Nazioni Unite invia agli Stati contraenti una lettera per invitarli a presentare le proprie candidature entro un termine di due mesi. Il Segretario generale compila la lista per ordine alfabetico di tutti i candidati così designati e la comunica agli Stati contraenti.

4. I membri del Comitato sono eletti nel corso di una riunione degli Stati contraenti, indetta dal Segretario generale presso la Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. In tale riunione, ove il quorum è formato dai due terzi degli Stati contraenti, vengono eletti membri del Comitato i candidati che ottengono il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti degli Stati contraenti presenti e votanti.

5. a) I membri del Comitato restano in carica quattro anni. Tuttavia, il mandato di nove tra i membri eletti nel corso della prima elezione avrà termine dopo due anni; subito dopo la prima elezione, il nome di questi nove membri sarà sorteggiato dal Presidente del Comitato;

b) Per colmare le casuali vacanze, lo Stato contro cui l'esperto abbia cessato di esercitare le proprie funzioni di Membro del Comitato nominerà un altro esperto tra i concittadini, con riserva dell'approvazione del Comitato.

6. Le spese dei membri del Comitato, per il periodo in cui assolvono le loro funzioni in seno al Comitato, sono a carico degli Stati contraenti.

Articolo 9.

1. Gli Stati contraenti s'impegnano a presentare al Segretario generale delle Nazioni Unite, perché venga esaminato dal Comitato, un rapporto sulle misure di carattere legislativo, giudiziario, amministrativo o di altro genere che sono state prese per dare esecuzione alle disposizioni della presente Convenzione:

a) entro il termine di un anno a partire dall'entrata in vigore della Convenzione, per ogni Stato interessato per ciò che lo riguarda e

b) in seguito, ogni due anni ed inoltre ogni volta che il Comitato ne farà richiesta. Il Comitato può chiedere agli Stati contraenti delle informazioni supplementari.

2. Il Comitato sottopone ogni anno all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per il tramite del Segretario generale, un rapporto sulle proprie attività e può dare dei suggerimenti e fare raccomandazioni di carattere generale in base ai rapporti ed alle informazioni che ha ricevuto da Stati contraenti. Tali suggerimenti e raccomandazioni di carattere generale unitamente, ove occorra, alle osservazioni degli Stati contraenti, vengono portate a conoscenza dell'Assemblea Generale.

Articolo 10.

1. Il Comitato stabilisce il proprio regolamento interno.

2. Il Comitato nomina il proprio ufficio per un periodo di due anni.

3. Il servizio di segreteria del Comitato è fornito dal Segretario generale delle Nazioni Unite.

4. Il Comitato tiene normalmente le proprie riunioni presso la Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Articolo 11.

1. Qualora uno Stato contraente ritenga che un altro Stato contraente non applichi le disposizioni della presente Convenzione, può richiamare l'attenzione del Comitato sulla questione. Il Comitato trasmette allora la comunicazione allo Stato contraente interessato. Entro un termine di tre mesi, lo Stato che ha ricevuto la comunicazione manda al Comitato le giustificazioni o delle dichiarazioni scritte che chiariscano il problema ed indichino, ove occorra, le eventuali misure adottate da detto Stato per porre rimedio alla situazione.

2. Ove, entro un termine di sei mesi a partire dalla data del ricevimento della comunicazione iniziale da parte dello Stato destinatario, il problema non sia stato risolto con soddisfazione di entrambi gli Stati, sia mediante negoziati bilaterali che mediante qualsiasi altra procedura di cui potranno disporre, sia l'uno che l'altro avranno il diritto di sottoporre nuovamente il problema al Comitato inviandone notifica al Comitato stesso nonché all'altro Stato interessato.

3. Il Comitato non può occuparsi di una questione che gli è sottoposta in conformità del paragrafo 2 del presente articolo, che dopo essersi accertato che tutti i ricorsi interni a disposizione sono stati utilizzati o esperiti conformemente ai principi generalmente riconosciuti del diritto internazionale. Tale regola non viene applicata quando le procedure di ricorso superano termini ragionevoli.

4. Il Comitato può rivolgersi direttamente agli Stati contraenti per chiedere loro tutte le informazioni supplementari relative alla questione che gli viene sottoposta.

5. Allorché, in applicazione del presente articolo, il Comitato esamina una questione, gli Stati contraenti interessati hanno diritto di nominare un rappresentante che parteciperà, senza diritto di voto, ai lavori del Comitato per tutta la durata delle discussioni.

Articolo 12.

1. a) Dopo che il Comitato ha ricevuto e vagliato tutte le informazioni che sono ritenute necessarie, il Presidente nomina una Commissione conciliativa ad hoc (qui appresso indicata "la Commissione") composta di cinque persone che possono essere o meno membri del Comitato. I membri sono nominati con il pieno ed unanime consenso delle Parti in controversia e la Commissione pone i propri buoni uffici a disposizione degli Stati interessati, allo scopo di giungere ad una amichevole soluzione del problema, basata sul rispetto della presente Convenzione.

b) Se gli Stati Parti nella controversia non giungono ad un'intesa sulla totale o parziale composizione della Commissione entro un termine di tre mesi, i membri della Commissioni che non hanno ottenuto il consenso degli Stati Parti nella controversia vengono scelti a scrutinio segreto tra i membri del Comitato ed eletti a maggioranza di due terzi dei membri del Comitato stesso.

2. I membri della Commissione partecipano a titolo personale. Essi non devono essere cittadini di uno degli Stati Parti nella controversia, né cittadini di uno Stato che non sia parte della presente Convenzione.

3. La Commissione elegge il proprio Presidente ed adotta il proprio regolamento interno.

4. La Commissione tiene normalmente le proprie riunioni presso la Sede della Organizzazione delle Nazioni Unite o in ogni altro luogo conveniente che verrà stabilito dalla Commissione stessa.

5. Il Segretariato di cui al paragrafo 3 dell'art. 10 della presente Convenzione pone ugualmente i propri servigi a disposizione della Commissione ogni volta che una controversia tra gli Stati Parti comporti la costituzione della Commissione stessa.

6. Tutte le spese sostenute dai membri della Commissione vengono ripartite in ugual misura tra gli Stati Parti nella controversia, sulla base di valutazioni eseguite dal Segretario generale delle Nazioni Unite.

7. Il Segretario generale sarà autorizzato, ove occorra, a rimborsare al Membri della Commissione le spese sostenute, prima ancora che il rimborso sia stato effettuato dagli Stati nella controversia in conformità al paragrafo 6 del presente articolo.

8. Le informazioni ricevute ed esaminate dal Comitato sono poste a disposizione della Commissione, e la Commissione può chiedere agli Stati interessati di fornirle ogni informazione supplementare al riguardo.

Articolo 13.

1. Dopo aver studiato il problema in tutti i suoi aspetti, la Commissione prepara e sottopone al Presidente del Comitato un rapporto con le sue conclusioni su tutte le questioni di fatto relative alla vertenza tra le parti e con le raccomandazioni che ritiene più opportune per giungere ad una amichevole soluzione della controversia.

2. Il Presidente del Comitato trasmette il rapporto della Commissione a ciascuno degli Stati Parti nella controversia. Detti Stati fanno conoscere al Presidente del Comitato, entro il termine di tre mesi, se accettano o meno le raccomandazioni contenute nel rapporto della Commissione.

3. Allo spirare del termine di cui al paragrafo 2 del presente articolo, il Presidente del Comitato comunica il rapporto della Commissione nonché le dichiarazioni degli Stati Parti interessati agli altri Stati Parti della Convenzione.

Articolo 14.

1. Ogni Stato contraente può dichiarare in ogni momento di riconoscere al Comitato la competenza di ricevere ed esaminare comunicazioni provenienti da persone o da gruppi di persone sotto la propria giurisdizione che si lamentino di essere vittime di una violazione, da parte del detto Stato contraente, di uno qualunque dei diritti sanciti dalla presente Convenzione. Il Comitato non può ricevere le comunicazioni relative ad uno Stato contraente che non abbia fatto una tale dichiarazione.

2. Ogni Stato contraente che faccia una dichiarazione in base al paragrafo 1 del presente articolo, può istituire o designare, nel quadro del proprio ordinamento giuridico nazionale, un organismo che avrà la competenza di esaminare le petizioni provenienti da individui o da gruppi di individui sotto la giurisdizione di detto Stato che lamentino di essere vittima di una violazione di uno qualunque dei diritti enunciati nella presente Convenzione e che abbiano esaurito gli altri ricorsi locali a loro disposizione.

3. La dichiarazione fatta in conformità del paragrafo 1 del presente articolo, nonché il nome di ogni organismo istituito o designato ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo sono depositati dallo Stato contraente interessato presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che ne invia copia agli altri Stati contraenti. La dichiarazione può essere ritirata in qualsiasi momento mediante notifica indirizzata al Segretario generale, ma tale ritiro non influisce in alcun modo sulle comunicazioni delle quali il Comitato è già investito.

4. L'Organismo istituito o designato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo dovrà tenere un registro delle petizioni, e copie del registro certificate conformi saranno depositate ogni anno presso il Segretario generale per il tramite dei competenti canali, restando inteso che il contenuto di dette copie non verrà reso pubblico.

5. Chi abbia rivolto una petizione e non riesca ad avere soddisfazione dall'Organismo istituito o designato conforme al paragrafo 2 del presente articolo, ha il diritto di inviare in merito, entro sei mesi, una comunicazione al Comitato.

6. a) Il Comitato, sottopone a titolo confidenziale qualsiasi comunicazione che gli venga inviata all'attenzione dello Stato contraente che si suppone abbia violato una qualsiasi delle disposizioni della Convenzione, ma l'identità dell'individuo o dei gruppi di individui interessati non dovrà essere rivelata senza il consenso esplicito di detto individuo o del detto gruppo di individui. Il Comitato non riceve comunicazioni anonime.

b) Entro i tre mesi seguenti lo Stato in questione comunica per iscritto al Comitato le proprie giustificazioni o dichiarazioni a chiarimento del problema con indicate, ove occorra, le misure eventualmente adottate per porre rimedio alla situazione.

7. a) Il Comitato esamina le comunicazioni tenendo conto di tutte le informazioni che ha ricevuto dallo Stato contraente interessato e dall'autore della petizione. Il Comitato esaminerà le comunicazioni provenienti dall'autore di una petizione soltanto dopo essersi accertato che quest'ultimo ha già esaurito tutti i ricorsi interni disponibili. Tuttavia, tale norma non viene applicata allorquando le procedure di ricorso superano un termine ragionevole.

b) Il Comitato invia i propri suggerimenti e le eventuali raccomandazioni allo Stato contraente interessato ed all'autore della petizione.

8. Il Comitato include nel proprio rapporto annuale un riassunto di tali comunicazioni e, ove occorra, un riassunto delle giustificazioni e delle dichiarazioni degli Stati contraenti interessati unitamente ai propri suggerimenti ed alle proprie raccomandazioni.

9. Il Comitato ha la competenza di adempiere le funzioni di cui al presente articolo soltanto se almeno dieci Stati Parti della Convenzione sono legati da dichiarazioni fatte in conformità al paragrafo 1 del presente articolo.

Articolo 15.

1. In attesa che vengano realizzati gli obiettivi della Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali, contenuta nella Risoluzione 1514(XV) dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in data 14 dicembre 1960, le disposizioni della presente Convenzione non limitano per nulla il diritto di petizione accordato a tali popoli da altri strumenti internazionali o dall'Organizzazione delle Nazioni Unite o dalle sue istituzioni specializzate.

2. a) Il Comitato istituito conformemente al paragrafo 1 dell'art. 8 della presente Convenzione riceve copia delle petizioni provenienti dagli organi delle Nazioni Unite che si occupano di questioni che abbiano rapporto diretto con i principi e gli obiettivi della presente Convenzione, ed esprime il proprio parere e fa le proprie raccomandazioni circa le petizioni ricevute al momento dell'esame delle petizioni provenienti dagli abitanti di territori sotto amministrazione fiduciaria o non autonomi o di ogni altro territorio al quale si applichi la Risoluzione 1514 (XV) dell'Assemblea Generale, e che riguardino questioni previste dalla presente Convenzione, delle quali i summenzionati organi sono investiti.

b) Il Comitato riceve dagli organi competenti delle Nazioni Unite, copie dei rapporti concernenti le misure di ordine legislativo, giudiziario, amministrativo o altro riguardanti direttamente i principi e gli obiettivi della presente Convenzione che le potenze amministranti hanno applicato nei territori citati al comma a) del presente paragrafo ed esprime dei pareri e fa delle raccomandazioni a tali organi.

3. Il Comitato include nei suoi rapporti all'Assemblea Generale un riassunto delle petizioni e dei rapporti ricevuti da organi delle Nazioni Unite, nonché i pareri e le raccomandazioni che gli sono stati richiesti dai summenzionati rapporti e petizioni.

4. Il Comitato prega il Segretario generale delle Nazioni Unite di fornirgli tutte le informazioni riguardanti gli obiettivi della presente Convenzione, di cui esso disponga e relative ai territori citati al comma a) del paragrafo 2 del presente articolo.

Articolo 16.

Le disposizioni della presente Convenzione concernenti le misure da adottare per definire una controversia o per tacitare una lagnanza vengono applicate indipendentemente dalle altre procedure di definizione di vertenze o di ricorsi in materia di discriminazioni previste dagli strumenti costitutivi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e delle sue istituzioni specializzate o nelle Convenzioni adottate da tali organizzazioni, né vietano agli Stati contraenti di ricorrere ad altre procedure per la definizione di una controversia, in base agli accordi internazionali generali o particolari che li legano.

Parte III

Articolo 17.

1. La presente Convenzione è aperta alla firma di ogni Stato membro delle Nazioni Unite, o membro di una qualsiasi delle sue istituzioni specializzate, di ogni Stato Parte dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, nonché di ogni altro Stato invitato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a divenire parte della presente Convenzione.

2. La presente Convenzione è sottoposta a ratifica e gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.

Articolo 18.

1. La presente Convenzione resterà aperta all'adesione di ogni Stato citato al paragrafo 1 dell'art. 17 della Convenzione.

2. L'adesione avverrà mediante il deposito di uno strumento di adesione presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.

Articolo 19.

1. La presente Convenzione entrerà in vigore trenta giorni dopo la data del deposito, presso il Segretario generale delle Nazioni Unite, del ventisettesimo strumento di ratifica o di adesione.

2. Per ogni Stato che ratificherà la presente Convenzione o che vi aderirà dopo il deposito del ventisettesimo strumento di ratifica o di adesione, la presente Convenzione entrerà in vigore trenta giorni dopo la data del deposito, da parte dello Stato in questione, del proprio strumento di ratifica o di adesione.

Articolo 20.

1. Il Segretario generale delle Nazioni Unite riceverà e comunicherà a tutti gli Stati che sono divenuti parti della presente Convenzione, il testo delle riserve che saranno state formulate all'atto della ratifica o dell'adesione. Ogni Stato che sollevi delle obiezioni contro la riserva ne informerà il Segretario generale entro il termine di 90 giorni a partire dalla data di tale comunicazione, che esso non accetta la riserva in questione.

2. Non sarà autorizzata alcuna riserva che sia incompatibile con l'oggetto e lo scopo della presente Convenzione e del pari di ogni altra riserva che abbia per effetto la paralisi del funzionamento di uno qualsiasi degli organi creati dalla Convenzione. Una riserva verrà considerata come rientrante nella categoria di cui sopra, quando i due terzi degli Stati Parti alla Convenzione sollevino delle obiezioni.

3. Le riserve possono in ogni momento essere ritirate mediante notifica indirizzata al Segretario generale. La notifica avrà effetto alla data del suo ricevimento.

Articolo 21.

Ogni Stato contraente può denunciare la presente Convenzione mediante notifica inviata al Segretario generale delle Nazioni Unite. La denuncia avrà effetto un anno dopo la data in cui il Segretario generale ne avrà ricevuto notifica.

Articolo 22.

Ogni controversia tra due o più Stati contraenti in merito all'interpretazione o all'applicazione della presente Convenzione, che non sia stata definita mediante negoziati o a mezzo di procedure espressamente previste dalla presente Convenzione, sarà portata, a richiesta di una qualsiasi delle parti in controversia, dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia perché essa decida in merito, a meno che le parti in controversia non convengano di definire la questione altrimenti.

Articolo 23.

1. Ogni Stato contraente può formulare in ogni momento una domanda di revisione della presente Convenzione, mediante notifica scritta indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite.

2. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite deciderà sulle eventuali misure da adottare riguardo a tale richiesta.

Articolo 24.

Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite informerà tutti gli Stati citati al paragrafo 1 dell'art. 17 della presente Convenzione:

a) delle firme apposte alla presente Convenzione e degli strumenti di ratifica e di adesione depositati conformemente agli artt. 17 e 18;

b) della data alla quale la presente Convenzione entrerà in vigore in base all'art. 19;

c) delle comunicazioni e delle dichiarazioni ricevute in base agli artt. 14, 20 e 23;

d) delle denunce notificate in base all'art. 21.

Articolo 25.

1. La presente Convenzione, i cui testi inglese, cinese, spagnolo, francese e russo fanno egualmente fede, sarà depositata negli archivi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

2. Il Segretario generale delle Nazioni Unite farà avere una copia della presente Convenzione certificata conforme a tutti gli Stati appartenenti ad una qualsiasi delle categorie citate al paragrafo 1 dell'art 17 della Convenzione.

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Articolo 416 c.p. - Associazione per delinquere.

Articolo 416 c.p. - Associazione per delinquere.


"Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti [305, 306], coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni. 

Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. 

I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.

Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni. 

La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più [32 quater]. 

Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601, 601 bis e 602, nonché all’articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché agli articoli 22, commi 3 e 4, e 22 bis, comma 1, della legge 1° aprile 1999, n. 91, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma. 

Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609 undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma".

L’articolo 416 del c.p. (il cui testo è sopra riportato) fa parte del Libro secondo, Titolo V ed il soggetto attivo nel reato di associazione per delinquere può essere chiunque.

Per quanto riguarda il Primo comma consiste nel promuovere, costituire o organizzare l’associazione.
Il Secondo comma consiste nel rivestire il ruolo di capo, ovvero, di soggetto che regola l’attività dell’associazione occupando una posizione di superiorità o supremazia gerarchica.

Con riferimento al Terzo comma, invece, essa consiste nella semplice partecipazione, ovviamente ad una associazione finalizzata alla commissione di delitti e composta da almeno tre membri.

Il bene protetto è costituito dall’ordine pubblico poiché sarebbe minacciato dalla semplice esistenza di un’associazione stabile che ha come programma la commissione di delitti. La norma incriminatrice ripropone la struttura fondamentale del reato associativo, dando vita a due distinte ipotesi di reato.

Nella prima ipotesi delittuosa abbiamo che la condotta incriminatrice consiste nel promuovere, costituire o organizzare l’associazione per la nozione generale di “promuovere” o “costituire”.

Nella seconda ipotesi delittuosa invece il fatto tipico consiste nel partecipare all’associazione e i partecipanti devono essere almeno tre, anche se l’esistenza di un numero minimo di tre persone non è di per se sufficiente a dar vita a una vera e propria associazione penalmente rilevante; poiché occorre distinguere quest’ultima con il fenomeno del concorso di persone in uno stesso reato. 

I requisiti che differenziano l’associazione dal concorso sono:

1) un vincolo associativo stabile o permanente fra tre o più soggetti, destinato a durare anche dopo l’eventuale realizzazione di ciascun delitto programmato.

2) L’indeterminatezza del programma criminoso poiché dall’altra parte il concorso di persone nel reato dà vita a un vincolo occasionale tra più persone circoscritto alla realizzazione di uno o più reati determinati.

L’associazione deve avere come scopo la commissione di più delitti quindi deve mirare all’attuazione di un indeterminato programma delittuoso; però i delitti programmati possono però essere tutti della stessa specie sicché l’indeterminatezza del programma può avere riguardo anche solo alla loro entità numerica.

Il dolo consiste nella conoscenza e volontà di far parte in maniera permanente del sodalizio criminoso ed è necessaria l’intenzione di contribuire all’attuazione del generico programma criminoso.

Il reato si consuma nel momento in cui viene ad esistenza l’associazione perché è in quel momento che sorge pericolo per l’ordine pubblico trattandosi di reato di pericolo. 

L’associazione per delinquere è reato permanente per cui la consumazione si protrae finché l'associazione rimane in vita.

Nell’associazione, i promotori sono coloro che si fanno iniziatori dell’associazione. I costitutori sono coloro che con la loro attività determinano o concorrono a determinare la nascita dell’associazione.

Gli organizzatori sono coloro che coordinano l’attività dei singoli soci per assicurare la vita dell’associazione.

I partecipanti sono coloro i quali esplicano attività di carattere materiale strumentale alla sopravvivenza dell’associazione o al perseguimento degli scopi sociali.

Infine i capi sono coloro che regolano in tutto o in parte l’attività collettiva con poteri di supremazia sugli altri membri dell’associazione.

(di Tullia Mauro)

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Negoziazione assistita per la soluzione delle controversie in materia di famiglia: le ultime novità legislative.

Con il disegno di legge A.C. 3289 si assiste ad una importante svolta e implementazione di questo strumento, tesa a favorire lo sviluppo dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie.

All’art. 1, comma 35, il disegno riformatore introduce modifiche all’art. 6, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, destinate ad entrare in vigore trascorsi centottanta giorni dall’approvazione della legge (termine previsto dal successivo comma 37): modifica della rubrica dell’art. 6 (lettera a), introduzione di un nuovo comma 1-bis (lettera b) e conseguente coordinamento del comma 3 alle nuove disposizioni (lettera c), lasciando invariato il resto del testo normativo.

La normativa vigente viene così modificata: 
Articolo 6 Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti 
1. La convenzione di negoziazione da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all'articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. 
1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra i genitori al fine di raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate. Può altresì essere conclusa tra le parti per raggiungere una soluzione consensuale per la determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente e per la determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del codice civile, e per la modifica di tali determinazioni. 
2. (omissis) Identico 
3. L'accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui ai commi 1 e 1-bis, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e di mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché i procedimenti per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e per la modifica delle condizioni già determinate, per la determinazione degli alimenti e per la loro modifica. Nell'accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell'importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L'avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'articolo 5. 
- 4. (omissis) Identico 
- 5. (omissis) Identico

Sarà poi possibile:

-) prevedere, oltre al contenuto essenziale o tipico, un contenuto eventuale o accessorio che riguarda ogni statuizione di carattere economico-patrimoniale stipulata in occasione della crisi familiare (trasferimenti immobiliari con effetti obbligatori);

-) prevedere la corresponsione dell’assegno divorzile dovuto dal coniuge in unica soluzione.



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Il Concorso Esterno in Associazione di tipo mafioso: la Sentenza Andreotti (2004).

Con la Sentenza Andreotti, il tema del concorso eventuale nel reato di associazione di stampo mafioso viene affrontato a partire da un punto di vista diverso: mentre, infatti, la matrice delle Sentenze Demitry e Carnevale fu rappresentata dal c.d. «aggiustamento dei processi», in questa occasione oggetto della controversia processuale fu lo «scambio politico-mafioso».


IL FATTO

Con decreto del 2 marzo 1995 veniva disposto il giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo nei confronti di Giulio Andreotti perché rispondesse del reato di cui all’art. 416 c.p. (associazione per delinquere) per aver messo a disposizione dell’associazione per delinquere «Cosa Nostra» l’influenza e il potere derivanti dalla sua posizione di esponente politico, e ciò partecipando personalmente ad incontri con esponenti dell’organizzazione, intrattenendo rapporti continuativi con essa, e rafforzando la potenzialità criminale della medesima; il tutto al fine di tutelare gli interessi e il raggiungimento degli scopi criminali dell’organizzazione criminale.

Ci furono tre gradi di giudizio per il processo contro Andreotti che fu iscritto nel registro delle notizie di reato il 4 marzo del 1993.

In considerazione dell’immunità prevista, per il soggetto parlamentare, dall’art. 68 della Costituzione il 27 marzo 1993 venne inoltrata agli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica la richiesta di autorizzazione a procedere parlamentare. La Procura della Repubblica di Palermo richiese di poter procedere nei confronti di Giulio Andreotti per i reati di cui agli artt. 110 e 416 c.p. (concorso ‘esterno’ in associazione per delinquere ‘semplice’) e agli artt. 110 e 416 bis c.p. (concorso ‘esterno’ in associazione di tipo mafioso).

Il 6 maggio 1993 la Giunta delle autorizzazioni e delle immunità del Senato della Repubblica diede parere positivo sulla richiesta di autorizzazione a procedere, escludendo la sussistenza di fumus persecutionis oggettivo e soggettivo nei confronti di Giulio Andreotti.

Successivamente, il 13 maggio 1993 il Senato della Repubblica concesse, su richiesta dello stesso Giulio Andreotti, l’autorizzazione a procedere parlamentare.

Il 21 maggio 1994 i P.M. Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato formularono, in 'modifica' delle precedenti ipotesi di reato, richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Giulio Andreotti.

Andreotti fu così imputato del reato di cui all'art. 416 c.p. (associazione per delinquere), per avere messo a disposizione dell'associazione per delinquere denominata Cosa Nostra, per la tutela degli interessi e per il raggiungimento degli scopi criminali della stessa, l'influenza  e il potere derivanti dalla sua posizione di esponente di vertice di una corrente politica, nonché dalle relazioni intessute nel corso della sua attività; partecipando in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all’espansione dell’associazione medesima.

 

LE CONCLUSIONI

Con tale pronuncia, la Seconda Sezione Penale della Cassazione è giunta a sostenere che «la partecipazione all’associazione criminosa si sostanzia nella volontà dei suoi vertici di includervi il soggetto e nell’impegno assunto da costui di contribuirne alla vita attraverso una condotta a forma libera, ma in ogni caso tale da costituire un contributo apprezzabile e concreto, sul piano causale, all’esistenza o al rafforzamento del sodalizio». Pertanto, a dire della Corte «non è … sufficiente una condivisione meramente psicologica o ideale di programmi e finalità della struttura criminosa, ma occorre la concreta assunzione di un ruolo materiale al suo interno, poiché la partecipazione implica l’apporto di un contributo nella consapevolezza e volontà di collaborare alla realizzazione del programma societario. D’altra parte, in mancanza dell’inserimento formale nel sodalizio, è soltanto la prestazione di contributi reali che rende concreta ed effettiva, e non meramente teorica, la disponibilità e nel contempo e materializza la prova».

Insomma, la Corte, con riferimento ad un periodo temporale precedente all’entrata in vigore dell’art. 416 bis c.p. ha riconosciuto che la posizione di rilievo nazionale dell’imputato, che aveva manifestato la “propria disponibilità” nei confronti di “Cosa Nostra”, fosse sufficiente, in assenza di una affiliazione formale, ad integrare la condotta di partecipazione (interna) al sodalizio.

In più la sentenza di primo grado riconobbe anche il “forte legame sviluppatosi sul piano politico” e lo “stretto rapporto fiduciario” fra Giulio Andreotti e Salvo Lima, di cui fu appurata la “stabile collaborazione con Cosa Nostra”, addirittura antecedente alla sua adesione alla corrente andreottiana nel 1968.

(di Tullia Mauro)

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Delibazione di sentenza di nullità ecclesiastica.

La sopravvenienza della morte di uno dei coniugi, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione sull'impugnazione della pronuncia che abbia dichiarato l'esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico di nullità del matrimonio canonico, non determina la cessazione della materia del contendere, salva l'esigenza di avvertire gli eventuali eredi per assicurare il contraddittorio e il diritto di difesa.

(Cass. civ., sez. VI, 16 ottobre 2020, n. 22599)

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Il Concorso Esterno in Associazione di tipo mafioso: la Sentenza Carnevale (2003).

Il tema del Concorso Esterno è stato ripreso, poi, nel 2003 con la Sentenza Carnevale: con tale decisione, le SS.UU, consolidano quanto già espresso con la Sentenza Demitry, salvo alcune parziali innovazioni.. È per tale ragione, infatti, che la Sentenza Carnevale si pone in  rapporto di continuità con la Sentenza Demitry.


IL FATTO

Corrado Carnevale fu presidente della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione dal 1985 al 1993: gli veniva contestato il delitto di Concorso Esterno per aver contribuito in maniera non occasionale alla realizzazione degli scopi dell’associazione Cosa Nostra,
strumentalizzando le sue funzioni di presidente ed assicurando l’impunità agli esponenti di vertice e agli altri aderenti alla medesima organizzazione nei procedimenti penali che li coinvolgevano. In tal modo, pur non essendo formalmente ed organicamente inserito nell’associazione, ne avrebbe comunque determinato il «mantenimento, il rafforzamento e l’espansione». Si sospettava una sua connivenza con la criminalità organizzata. Nella sentenza Carnevale si allarga la fattispecie del concorso esterno, includendo “ogni condotta idonea a mantenere o rafforzare il vincolo associativo”, indipendentemente dalla fibrillazione. Si richiede però il dolo diretto, cioè il soggetto deve
sapere che la sua condotta sta rafforzando o mantenendo il vincolo associativo e deve agire in tale direzione.

ANALISI
Con tale sentenza, le SS.UU. ripercorrono l’evoluzione storica, giurisprudenziale e dottrinale, sviluppatasi sul tema del Concorso Esterno: vengono passate in rassegna le posizioni circa la configurabilità del delitto in parola, e all’esito della ricostruzione la Corte ribadisce l’ammissibilità del Concorso Esterno. Viene precisato, in particolare, che assume la qualità di concorrente esterno la persona che, priva dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo all’associazione, purché questo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione medesima e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. Gli elementi di novità concernono alcune precisazioni circa l’elemento oggettivo e soggettivo della condotta del Concorrente Esterno, nonché circa la »situazione patologica di «fibrillazione in cui versa l’organizzazione criminosa e rispetto alla quale si apprezza l’atteggiamento del concorrente eventuale.

Rispetto all’elemento oggettivo e soggettivo della condotta:

a)           Elemento Oggettivo: il contributo deve poter essere apprezzato come idoneo, in termini di concretezza/specificità/rilevanza, a determinare la conservazione o il rafforzamento dell’associazione. Non è rilevante la continuità, la ripetizione o la singolarità della condotta, tantomeno è rilevante la sola «contiguità compiacente», la «vicinanza» o la «disponibilità» nei riguardi del sodalizio o di suoi esponenti: piuttosto, ad essere rilevanti sono le attività positive che forniscano un contributo atto a determinare un oggettivo apporto di rafforzamento o di consolidamento dell’associazione. In sostanza, ciò che conta non è la mera disponibilità dell’estraneo a conferire il contributo richiestogli, bensì l’effettività di tale contributo, nel senso che a seguito di un impulso proveniente dall’ente criminale il soggetto si sia di fatto attivato nella direzione indicatagli.

b)           Elemento Soggettivo: sull’elemento soggettivo la Sentenza Carnevale differisce dalla Sentenza Demitry; viene infatti richiesto il dolo diretto, nella forma della rappresentazione circa l’utilità apportata alla realizzazione del programma criminoso, anche solo parzialmente. In particolare, viene precisato che il concorrente esterno è tale quando, pur essendo estraneo all’associazione, della quale non intende far parte, apporti un contributo che «sa» e «vuole» sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso. In altre parole, ciò che caratterizza l’elemento soggettivo del concorrente eventuale è la consapevolezza di contribuire in proprio alla vita dell’associazione e alla realizzazione del programma criminoso, senza la volontà di aderirvi in maniera stabile ed organica.

Rispetto, invece, alla situazione di «fibrillazione», la Sentenza Carnevale ha mitigato la portata di tale circostanza rispetto a quanto delineato dalla Sentenza Demitry. La Corte, in tale occasione, ha posto in discussione la centralità dello stato di crisi dell’organizzazione, ritenendo che la fattispecie concorsuale non debba necessariamente configurarsi allorquando si verifichi una situazione di anormalità, potendosi realizzare anche quando la condotta dell’extraneus sia diretta al rafforzamento e alla conservazione dell’associazione.

LE CONCLUSIONI

In conclusione, con la Sentenza Carnevale sono stati effettuati alcuni passi in avanti in tema di Concorso Esterno. Infatti, pur ponendosi in continuità con la Sentenza Demitry, le SS.UU. hanno individuato alcune caratteristiche ulteriori del fenomeno:

a)           In primo luogo, il punto nodale in tema di condotta è l’individuazione del livello di intensità idoneo a considerare tale condotta come concorso
esterno, per cui diventa sempre cruciale la valutazione dell’effettività del contributo, mentre in tema di elemento soggettivo viene precisato che quello dell’extraneus non sia tanto un dolo specifico quanto un dolo diretto.

b)           In secondo luogo, ridimensionando il ruolo dello «stato di fibrillazione», la Corte ha precisato che la fattispecie concorsuale sia riconducibile ad una gamma più ampia di eventi: non più solo il mantenimento in vita dell’associazione, ma anche la sua «conservazione» o il suo «rafforzamento».

Tuttavia l’inchiesta dura dieci anni, fino all’assoluzione del 30 ottobre 2002. La Corte suprema ha scritto nero su bianco che la decisione del giudice di secondo grado è «assolutamente carente nella individuazione di elementi che possano ritenersi davvero idonei a dimostrare che le deliberazioni della Cassazione, oggetto di contestazione, non furono espressione della volontà collegiale formatasi liberamente attraverso l’apporto di volontà individuali determinatesi autonomamente, indipendentemente da influenze e condizionamenti altrui, bensì il risultato del comportamento dell’imputato, illecito in quanto volto a favorire l’associazione criminale Cosa Nostra». Per questo la sentenza di condanna viene annullata dalla Cassazione. Un annullamento senza rinvio, poiché le lacune non possono essere colmate in un eventuale giudizio di rinvio. «Tanto si ricava – si legge nelle motivazioni della sentenza di Cassazione – dalla completa e minuziosa disamina degli atti compiuta in sede di merito, in cui si è indagato su ogni circostanza che a tal fine sembra rilevante. Indagine che tuttavia ha proposto o elementi inutilizzabili, o elementi già disattesi, o elementi non dotati di alcuna, rilevante significazione». In sostanza la sentenza viene annullata senza rinvio perché il fatto ascritto a Carnevale non sussiste.

(di Tullia Mauro)

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Il Concorso Esterno in Associazione di tipo mafioso: la Sentenza Demitry (1994).

L’istituto del Concorso Esterno è pervenuto all’attenzione delle SS. UU. della Cassazione, per la prima volta, nel 1994.Con la Sentenza de quo la Suprema Corte ha superato il preesistente contrasto giurisprudenziale sull’ammissibilità della fattispecie, e ciò non soltanto ammettendone la configurabilità, ma addirittura individuando una serie di «criteri sicuri» per qualificare la figura del «Concorrente Esterno» e per delimitare l’ambito di punibilità della condotta di quest’ultimo, in contrapposizione alla figura del «Partecipe».

IL FATTO

Con ordinanza del 17 giugno 1994 il Tribunale di Salerno emetteva, nei confronti di Giuseppe Demitry, ordinanza di custodia cautelare per aver concorso nell’associazione camorristica capeggiata da Carmine Alfieri e Pasquale Galasso, svolgendo «un’attività di intermediazione» tra il giudice Vito Masi e Pasquale Galasso per «l’aggiustamento» di un procedimento penale a carico dei membri del sodalizio criminoso.

La Sentenza Demetry è passata alla storia per essere stato il primo tassello che ha portato alla definitiva configurazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza Demitry è datata 5 ottobre 1994, data in cui la Corte di Cassazione si espresse accogliendo la tesi favorevole alla configurabilità del concorso “esterno” in associazione per delinquere di stampo mafioso.

L’obiettivo di quella sentenza era andare a distinguere chiaramente tra la figura del partecipe al reato, noto come concorrente necessario: e la figura del concorrente eventuale. Tutto era nato da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 17 giugno 1994 dal Tribunale di Salerno nei confronti di Giuseppe Demitry, ex sottosegretario socialista che, secondo i giudici di Salerno, aveva stretto rapporti con i clan per ostacolare l’attività delle toghe.

Da qui nacque l’iter che portò a delineare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa così come arrivato ai giorni nostri.

ANALISI

Le SS.UU., anzitutto, al fine di ammettere la configurabilità del delitto, hanno provveduto ad individuare le distinzioni tra le figure del Concorrente Necessario (il Partecipe) e il Concorrente Eventuale (il Concorrente Esterno). In particolare:

a) Il Concorrente Necessario (Partecipe) è tale perché pone in essere una condotta di «partecipazione», intesa come «stabile permanenza del vincolo associativo tra gli autori»; sicché la condotta deve sostanziarsi in un «far parte» del sodalizio, nel senso che deve rispecchiare un grado di compenetrazione tale che il soggetto vi sia stabilmente incardinato con determinati e continui compiti, anche per settori di competenza.

b) Il Concorrente Eventuale (Concorrente Esterno), invece, è colui che, non essendo parte del sodalizio, pone in essere una condotta «atipica» che, per essere rilevante, deve contribuire alla realizzazione della condotta tipica posta in essere da altri: in altre parole, egli apporta un contributo che consente agli associati di realizzare la condotta tipica di cui all’art. 416-bis c.p.

In secondo luogo, sempre ai fini della distinzione, le SS.UU. hanno approfondito il tema dell’elemento soggettivo del reato:

a) Il Concorrente Necessario «non può non muoversi con la volontà di far parte dell’associazione e con la volontà di voler contribuire alla realizzazione degli scopi della stessa». Perciò, quello del Partecipe è un Dolo Specifico.

b) Il Concorrente Eventuale, invece, «vorrà la sua condotta e non la condotta di far parte dell’associazione», pur consapevole di agevolare l’associazione medesima, Sicché, quello del Concorrente Esterno è un Dolo Generico, dato che egli vuole e sa di agevolare l’organizzazione, ma si disinteressa degli obiettivi che la stessa si propone di conseguire.

Tenendo conto di tali profili oggettivi e soggettivi, le SS.UU. hanno allora individuato i connotati del Concorrente Esterno, contrapponendoli a quelli del Partecipe:

a) Il Partecipe è colui che «fa parte dell’associazione» in quanto entra nella medesima e ne diventa parte integrante: infatti, è colui «senza il cui apporto quotidiano o assiduo, l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta speditezza». Il Partecipe, poi, può assumere graduazione diversa (Promotore, Organizzatore, Dirigente, Affiliato), ma in ogni caso il dato essenziale è che grazie alla sua azione diretta l’associazione «fa le proprie fortune». Del resto, sebbene a vario titolo, si tratta pur sempre di soggetti che agiscono nella «fisiologia» dell’associazione.

b) Il Concorrente Esterno, invece, «non fa parte dell’associazione», anzi egli non vuole affatto farne parte; ciononostante l’associazione si rivolge ad esso sia per colmare temporanei vuoti in un determinato ruolo, sia soprattutto nel momento in cui la fisiologia dell’associazione entra in «fibrillazione», cioè attraversa una fase patologica che per essere superata esige il contributo temporaneo e limitato di un soggetto esterno.

In sintesi, se il Partecipe esercita il proprio ruolo nella «normalità» della vita associativa, il Concorrente Esterno interviene invece in una fase di «fibrillazione patologica» (nel caso di specie il procedimento penale a carico dei membri, che rischia di incrinare la sussistenza dell’associazione), cioè di emergenza della vita dell’associazione.

LE CONCLUSIONI

Le SS.UU. hanno stabilito che il «Concorso Esterno» è configurabile per quei soggetti che, sebbene non facciano parte della societas sceleris, forniscano, sia pure mediante un solo intervento, un contributo all’ente delittuoso tale da consentirgli il Mantenimento in Vita, anche limitatamente ad un determinato settore, onde poter perseguire i propri scopi.

(di Tullia Mauro)

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LEGGE 26 novembre 2021, n. 206.

Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche' in materia di esecuzione forzata. (21G00229) (GU Serie Generale n.292 del 09-12-2021). Entrata in vigore del provvedimento: 24/12/2021.

art. 1

 

  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno

approvato;

 

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

                              Promulga

 

  la seguente legge:

 

                               Art. 1

 

  1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data  di

entrata  in  vigore  della  presente  legge,  uno  o   piu'   decreti

legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale  del  processo

civile, mediante novelle al codice di procedura civile e  alle  leggi

processuali speciali, in funzione di  obiettivi  di  semplificazione,

speditezza e razionalizzazione  del  processo  civile,  nel  rispetto

della garanzia del contraddittorio, attenendosi ai principi e criteri

direttivi previsti dalla presente legge.

  2. Gli schemi dei decreti  legislativi  di  cui  al  comma  1  sono

adottati su proposta del Ministro della giustizia di concerto con  il

Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  e  con  il  Ministro  per

l'innovazione tecnologica  e  la  transizione  digitale.  I  medesimi

schemi sono trasmessi alle Camere perche' su di essi sia espresso  il

parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per  i

profili finanziari entro il termine di  sessanta  giorni  dalla  data

della ricezione. Decorso il predetto termine i decreti possono essere

emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine scada nei

trenta giorni antecedenti alla  scadenza  del  termine  previsto  per

l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo e' prorogato

di sessanta giorni. Il Governo, qualora non  intenda  conformarsi  ai

pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con  le

sue  osservazioni  e  con  eventuali  modificazioni,  corredate   dei

necessari elementi  integrativi  di  informazione  e  motivazione.  I

pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia  e  per  i

profili finanziari sono espressi entro venti giorni dalla data  della

nuova trasmissione. Decorso tale termine, i  decreti  possono  essere

comunque emanati.

  3. Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni

dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei  decreti  legislativi

adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel  rispetto

dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente  legge,  puo'

adottare  disposizioni   integrative   e   correttive   dei   decreti

legislativi medesimi.

  4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche alle discipline della procedura

di mediazione  e  della  negoziazione  assistita  sono  adottati  nel

rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

    a)  riordinare  e  semplificare  la  disciplina  degli  incentivi

fiscali relativi alle procedure stragiudiziali di  risoluzione  delle

controversie prevedendo:  l'incremento  della  misura  dell'esenzione

dall'imposta di registro di cui all'articolo 17, comma 3, del decreto

legislativo 4 marzo 2010, n. 28; la semplificazione  della  procedura

prevista  per  la  determinazione  del  credito  d'imposta   di   cui

all'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010,  n.  28,  e  il

riconoscimento  di  un  credito  d'imposta  commisurato  al  compenso

dell'avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione, nei

limiti   previsti   dai    parametri    professionali;    l'ulteriore

riconoscimento di un  credito  d'imposta  commisurato  al  contributo

unificato versato dalle parti nel  giudizio  che  risulti  estinto  a

seguito della conclusione dell'accordo  di  mediazione;  l'estensione

del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e  di

negoziazione assistita; la previsione  di  un  credito  d'imposta  in

favore degli organismi di mediazione commisurato  all'indennita'  non

esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per  l'ammissione

al patrocinio a spese dello Stato; la riforma delle  spese  di  avvio

della procedura di  mediazione  e  delle  indennita'  spettanti  agli

organismi di mediazione; un monitoraggio del rispetto del  limite  di

spesa destinato alle misure previste che, al verificarsi di eventuali

scostamenti  rispetto  al  predetto  limite  di  spesa,  preveda   il

corrispondente aumento del contributo unificato;

    b) eccezion fatta per  l'arbitrato,  armonizzare,  all'esito  del

monitoraggio che dovra' essere effettuato sull'area  di  applicazione

della mediazione obbligatoria, la normativa in materia  di  procedure

stragiudiziali di risoluzione delle controversie previste dalla legge

e, allo scopo, raccogliere tutte le  discipline  in  un  testo  unico

degli strumenti complementari alla giurisdizione  (TUSC),  anche  con

opportuna valorizzazione delle singole competenze  in  ragione  delle

materie nelle quali dette procedure possono intervenire;

    c) estendere il ricorso  obbligatorio  alla  mediazione,  in  via

preventiva,   in   materia   di   contratti   di   associazione    in

partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di  rete,  di

somministrazione, di societa' di persone  e  di  subfornitura,  fermo

restando il ricorso alle procedure di risoluzione  alternativa  delle

controversie previsto da leggi speciali e fermo restando che,  quando

l'esperimento  del  procedimento  di  mediazione  e'  condizione   di

procedibilita' della  domanda  giudiziale,  le  parti  devono  essere

necessariamente  assistite  da  un  difensore  e  la  condizione   si

considera avverata se il  primo  incontro  dinanzi  al  mediatore  si

conclude senza l'accordo e che, in ogni caso,  lo  svolgimento  della

mediazione non preclude la concessione dei  provvedimenti  urgenti  e

cautelari,  ne'  la  trascrizione  della   domanda   giudiziale.   In

conseguenza di questa estensione rivedere la formulazione  del  comma

1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo  2010,  n.  28.

Prevedere, altresi', che decorsi cinque anni dalla data di entrata in

vigore  del  decreto  legislativo  che  estende  la  mediazione  come

condizione di procedibilita' si proceda a  una  verifica,  alla  luce

delle  risultanze  statistiche,  dell'opportunita'  della  permanenza

della procedura di mediazione come condizione di procedibilita';

    d)  individuare,  in  caso   di   mediazione   obbligatoria   nei

procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte  che  deve

presentare la domanda di mediazione, nonche' definire il  regime  del

decreto ingiuntivo laddove la parte obbligata non  abbia  soddisfatto

la condizione di procedibilita';

    e) riordinare le disposizioni concernenti  lo  svolgimento  della

procedura di mediazione  nel  senso  di  favorire  la  partecipazione

personale delle parti, nonche' l'effettivo confronto sulle  questioni

controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione;

  f) prevedere la possibilita'  per  le  parti  del  procedimento  di

mediazione di  delegare,  in  presenza  di  giustificati  motivi,  un

proprio rappresentante a conoscenza dei fatti  e  munito  dei  poteri

necessari per la soluzione della  controversia  e  prevedere  che  le

persone  giuridiche  e  gli  enti  partecipano  al  procedimento   di

mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza  dei

fatti  e  muniti  dei  poteri  necessari  per  la   soluzione   della

controversia;

  g) prevedere per i rappresentanti delle  amministrazioni  pubbliche

di cui all'articolo 1, comma 2,  del  decreto  legislativo  30  marzo

2001, n. 165, che la conciliazione  nel  procedimento  di  mediazione

ovvero in sede giudiziale non da' luogo a responsabilita'  contabile,

salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave,  consistente  nella

negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della  legge

o dal travisamento dei fatti;

  h) prevedere che l'amministratore del condominio e' legittimato  ad

attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi,

e prevedere che l'accordo di conciliazione riportato nel verbale o la

proposta   del    mediatore    sono    sottoposti    all'approvazione

dell'assemblea condominiale che delibera con le maggioranze  previste

dall'articolo 1136 del codice  civile  e  che,  in  caso  di  mancata

approvazione, la conciliazione si intende non conclusa o la  proposta

del mediatore non approvata;

  i) prevedere, quando il mediatore procede ai sensi dell'articolo 8,

comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, la possibilita'

per le parti di stabilire, al momento della nomina dell'esperto,  che

la sua relazione possa essere  prodotta  in  giudizio  e  liberamente

valutata dal giudice;

  l) procedere alla revisione della  disciplina  sulla  formazione  e

sull'aggiornamento dei mediatori, aumentando la durata della  stessa,

e dei criteri di idoneita' per l'accreditamento dei formatori teorici

e pratici, prevedendo che  coloro  che  non  abbiano  conseguito  una

laurea  nelle  discipline  giuridiche  possano  essere  abilitati   a

svolgere l'attivita' di mediatore dopo  aver  conseguito  un'adeguata

formazione tramite specifici percorsi di  approfondimento  giuridico,

senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

  m)  potenziare  i  requisiti  di   qualita'   e   trasparenza   del

procedimento di mediazione, anche riformando i criteri indicatori dei

requisiti di serieta' ed efficienza degli enti pubblici o privati per

l'abilitazione a  costituire  gli  organismi  di  mediazione  di  cui

all'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010,  n.  28,  e  le

modalita' della loro documentazione  per  l'iscrizione  nel  registro

previsto dalla medesima norma;

  n)  riformare   e   razionalizzare   i   criteri   di   valutazione

dell'idoneita' del responsabile dell'organismo di mediazione, nonche'

degli obblighi del responsabile dell'organismo di  mediazione  e  del

responsabile scientifico dell'ente di formazione;

  o) valorizzare e incentivare la mediazione demandata  dal  giudice,

di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010,

n. 28, in un regime  di  collaborazione  necessaria  fra  gli  uffici

giudiziari,  le  universita',  nel  rispetto  della  loro  autonomia,

l'avvocatura, gli organismi di mediazione, gli enti e le associazioni

professionali e di categoria sul territorio, che consegua stabilmente

la formazione degli operatori, il monitoraggio delle esperienze e  la

tracciabilita' dei provvedimenti giudiziali che  demandano  le  parti

alla mediazione. Agli stessi fini prevedere l'istituzione di percorsi

di formazione in mediazione per i magistrati e la  valorizzazione  di

detta formazione e dei contenziosi definiti a seguito di mediazione o

comunque mediante accordi conciliativi,  al  fine  della  valutazione

della carriera dei magistrati stessi;

  p) prevedere che le  procedure  di  mediazione  e  di  negoziazione

assistita  possano  essere  svolte,  su  accordo  delle  parti,   con

modalita' telematiche  e  che  gli  incontri  possano  svolgersi  con

collegamenti da remoto;

  q) prevedere, per le  controversie  di  cui  all'articolo  409  del

codice  di  procedura  civile,   fermo   restando   quanto   disposto

dall'articolo 412-ter del medesimo codice, senza che cio' costituisca

condizione  di  procedibilita'  dell'azione,   la   possibilita'   di

ricorrere alla negoziazione  assistita,  a  condizione  che  ciascuna

parte sia assistita dal proprio avvocato, nonche', ove  le  parti  lo

ritengano, anche dai rispettivi consulenti del  lavoro,  e  prevedere

altresi'  che  al  relativo  accordo  sia  assicurato  il  regime  di

stabilita' protetta di  cui  all'articolo  2113,  quarto  comma,  del

codice civile;

  r) semplificare  la  procedura  di  negoziazione  assistita,  anche

prevedendo che, salvo diverse intese tra le parti, sia utilizzato  un

modello di convenzione elaborato dal Consiglio nazionale forense;

  s)  prevedere,  nell'ambito   della   procedura   di   negoziazione

assistita, quando la convenzione di cui all'articolo 2, comma 1,  del

decreto-legge  12   settembre   2014,   n.   132,   convertito,   con

modificazioni, dalla legge 10  novembre  2014,  n.  162,  la  prevede

espressamente,  la  possibilita'  di  svolgere,  nel   rispetto   del

principio del contraddittorio e con la necessaria  partecipazione  di

tutti gli  avvocati  che  assistono  le  parti  coinvolte,  attivita'

istruttoria, denominata « attivita' di istruzione  stragiudiziale  »,

consistente nell'acquisizione di dichiarazioni da parte di  terzi  su

fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia  e  nella

richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui

all'articolo 2735 del codice civile, la  verita'  di  fatti  ad  essa

sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente;

  t)  prevedere,  nell'ambito  della  disciplina  dell'attivita'   di

istruzione stragiudiziale, in particolare:

  1) garanzie per le parti e i terzi, anche per cio' che concerne  le

modalita'  di  verbalizzazione  delle  dichiarazioni,   compresa   la

possibilita' per i terzi di non rendere le dichiarazioni,  prevedendo

in tal caso misure volte ad anticipare l'intervento  del  giudice  al

fine della loro acquisizione;

  2) sanzioni penali per chi rende dichiarazioni false e  conseguenze

processuali per  la  parte  che  si  sottrae  all'interrogatorio,  in

particolar modo consentendo al giudice di tener conto della  condotta

ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli  articoli

96 e 642, secondo comma, del codice di procedura civile;

  3)   l'utilizzabilita'    delle    prove    raccolte    nell'ambito

dell'attivita' di istruzione stragiudiziale nel  successivo  giudizio

avente ad oggetto  l'accertamento  degli  stessi  fatti  e  iniziato,

riassunto  o  proseguito  dopo  l'insuccesso   della   procedura   di

negoziazione assistita, fatta salva la possibilita' per il giudice di

disporne la  rinnovazione,  apportando  le  necessarie  modifiche  al

codice di procedura civile;

  4) che il compimento di abusi nell'attivita' di acquisizione  delle

dichiarazioni costituisca per l'avvocato grave illecito disciplinare,

indipendentemente dalla responsabilita' prevista da altre norme;

    u)  apportare  modifiche  all'articolo  6  del  decreto-legge  12

settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10

novembre  2014,  n.  162:  prevedendo  espressamente  che,  fermo  il

principio di cui al comma 3 del  medesimo  articolo  6,  gli  accordi

raggiunti a seguito di negoziazione assistita possano contenere anche

patti  di  trasferimenti   immobiliari   con   effetti   obbligatori;

disponendo  che  nella  convenzione  di  negoziazione  assistita   il

giudizio di congruita' previsto dall'articolo 5, ottavo comma,  della

legge 1° dicembre 1970, n. 898, sia effettuato dai difensori  con  la

certificazione dell'accordo delle parti;  adeguando  le  disposizioni

vigenti  quanto  alle   modalita'   di   trasmissione   dell'accordo;

prevedendo che gli accordi muniti di nulla osta o  di  autorizzazione

siano conservati, in originale, in apposito archivio tenuto presso  i

Consigli dell'ordine degli avvocati di cui all'articolo 11 del citato

decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132,  che  rilasciano  copia

autentica  dell'accordo  alle   parti,   ai   difensori   che   hanno

sottoscritto  l'accordo  e  ai   terzi   interessati   al   contenuto

patrimoniale dell'accordo stesso;  prevedendo  l'irrogazione  di  una

sanzione amministrativa pecuniaria a carico dei difensori che violino

l'obbligo di trasmissione degli  originali  ai  Consigli  dell'ordine

degli avvocati, analoga a quella prevista dal comma 4 dell'articolo 6

del citato decreto-legge n. 132 del 2014.

  5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al

tribunale in composizione monocratica sono adottati nel rispetto  dei

seguenti principi e criteri direttivi:

  a) assicurare la semplicita', la  concentrazione  e  l'effettivita'

della tutela e la ragionevole durata del processo;

  b) prevedere che nell'atto di citazione i fatti e gli  elementi  di

diritto costituenti le ragioni della  domanda,  di  cui  all'articolo

163, terzo comma, numero 4), del codice di  procedura  civile,  siano

esposti in modo chiaro e specifico;

  c) stabilire che nell'atto di citazione sia contenuta l'indicazione

specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e dei

documenti che offre in comunicazione, di cui all'articolo 163,  terzo

comma, numero 5), del codice di procedura civile;

  d) prevedere che l'atto  di  citazione  contenga,  in  aggiunta  ai

requisiti di cui all'articolo 163, terzo comma, numero 7), del codice

di procedura civile, l'ulteriore avvertimento che la  difesa  tecnica

mediante avvocato e'  obbligatoria  ai  sensi  degli  articoli  82  e

seguenti del codice di procedura civile, in tutti i  giudizi  davanti

al tribunale, fatta eccezione per i casi di cui all'articolo  86  del

medesimo codice, e che  la  parte,  sussistendone  i  presupposti  di

legge, puo' presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese

dello Stato;

  e) prevedere che nella comparsa di risposta di cui all'articolo 167

del codice di procedura civile il convenuto  proponga  tutte  le  sue

difese e prenda posizione sui fatti posti  dall'attore  a  fondamento

della domanda in modo chiaro e specifico e che, ferme le  preclusioni

di cui all'articolo 167, secondo comma, primo periodo, del codice  di

procedura civile, indichi i mezzi di prova di cui intende valersi e i

documenti che offre in comunicazione;

  f)  prevedere  che  l'attore,  entro  un  congruo   termine   prima

dell'udienza di comparizione, a pena di decadenza  puo'  proporre  le

domande  e  le  eccezioni  che   sono   conseguenza   della   domanda

riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto e chiedere di  essere

autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli  106  e  269,

terzo comma, del codice di procedura civile se  l'esigenza  e'  sorta

dalle  difese  del  convenuto,  nonche'  in  ogni  caso  precisare  e

modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni  gia'  formulate

e, a pena di  decadenza,  indicare  i  nuovi  mezzi  di  prova  e  le

produzioni documentali; prevedere che  entro  un  successivo  termine

anteriore all'udienza di comparizione il convenuto puo' modificare le

domande, le eccezioni e le conclusioni gia' formulate e,  a  pena  di

decadenza, indicare i mezzi di  prova  ed  effettuare  le  produzioni

documentali e che entro un ulteriore termine  prima  dell'udienza  di

comparizione le parti possono replicare  alle  domande  ed  eccezioni

formulate nelle memorie integrative e indicare la prova contraria;

  g) determinare i termini per le memorie di cui alla lettera  f)  in

modo tale da permettere la celere trattazione del processo garantendo

in ogni  caso  il  principio  del  contradditorio  e  il  piu'  ampio

esercizio del diritto di difesa,  se  del  caso  anche  ampliando  il

termine a comparire previsto dall'articolo 163-bis e il  termine  per

la costituzione del convenuto previsto dall'articolo 166  del  codice

di procedura civile;

  h) adeguare la disciplina della  chiamata  in  causa  del  terzo  e

dell'intervento volontario ai principi di cui alle lettere  da  c)  a

g);

  i) adeguare  le  disposizioni  sulla  trattazione  della  causa  ai

principi di cui alle lettere da c) a g) e prevedere che:

  1) nel corso dell'udienza di comparizione le parti devono comparire

personalmente  ai  fini  del  tentativo  di  conciliazione   previsto

dall'articolo  185  del  codice  di  procedura  civile;  la   mancata

comparizione personale senza giustificati motivi  e'  valutabile  dal

giudice ai fini dell'articolo  116,  secondo  comma,  del  codice  di

procedura civile;

  2)  il  giudice  provvede  sulle  richieste  istruttorie  all'esito

dell'udienza, predisponendo il calendario del processo  e  disponendo

che l'udienza per l'assunzione delle prove sia fissata entro  novanta

giorni;

    l) prevedere che, esaurita  la  trattazione  e  istruzione  della

causa:

      1) il giudice, ove abbia disposto la  discussione  orale  della

causa ai sensi  dell'articolo  281-sexies  del  codice  di  procedura

civile, possa riservare il deposito della sentenza entro  un  termine

non superiore a trenta giorni dall'udienza di discussione;

      2)  il  giudice,  ove  non  proceda  ai   sensi   dell'articolo

281-sexies  del  codice  di  procedura  civile,  fissi  l'udienza  di

rimessione della causa in decisione e di conseguenza:

        2.1) assegni un termine perentorio non superiore  a  sessanta

giorni prima di tale udienza per  il  deposito  di  note  scritte  di

precisazione delle conclusioni;

        2.2) assegni termini  perentori  non  superiori  a  trenta  e

quindici giorni prima di tale udienza per il deposito rispettivamente

delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, salvo che le

parti non vi rinuncino espressamente;

        2.3) all'udienza riservi la decisione e provveda al  deposito

della sentenza nei successivi trenta giorni nelle  cause  in  cui  il

tribunale decide in composizione monocratica  ovvero  nei  successivi

sessanta  giorni  nelle  cause  in  cui  il   tribunale   decide   in

composizione collegiale;

    m) modificare l'articolo 185-bis del codice di  procedura  civile

prevedendo  che  il  giudice  possa   formulare   una   proposta   di

conciliazione fino al momento in cui trattiene la causa in decisione;

    n) prevedere che il procedimento previsto dagli articoli  702-bis

e seguenti del codice di procedura civile:

      1) sia sistematicamente collocato nel libro II  del  codice  di

procedura civile;

  2)  assuma  la  denominazione  di  «procedimento  semplificato   di

cognizione»;

  3) ferma la possibilita' che l'attore vi ricorra di sua  iniziativa

nelle  controversie  di  competenza  del  tribunale  in  composizione

monocratica, debba essere adottato in ogni procedimento, anche  nelle

cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale,  quando

i fatti di causa siano tutti  non  controversi,  quando  l'istruzione

della causa si basi su prova documentale  o  di  pronta  soluzione  o

richieda  un'attivita'   istruttoria   costituenda   non   complessa,

stabilendo che, in  difetto,  la  causa  sia  trattata  con  il  rito

ordinario di cognizione e che nello stesso modo si  proceda  ove  sia

avanzata  domanda   riconvenzionale   priva   delle   condizioni   di

applicabilita' del procedimento semplificato;

  4) sia disciplinato  mediante  l'indicazione  di  termini  e  tempi

prevedibili  e  ridotti  rispetto  a  quelli  previsti  per  il  rito

ordinario per  lo  svolgimento  delle  difese  e  il  maturare  delle

preclusioni, nel rispetto del contraddittorio fra le parti;

  5) si concluda con sentenza;

    o) prevedere che, nel corso del giudizio di  primo  grado,  nelle

controversie di competenza del tribunale che hanno ad oggetto diritti

disponibili:

  1) il giudice possa, su istanza  di  parte,  pronunciare  ordinanza

provvisoria di accoglimento provvisoriamente esecutiva, in tutto o in

parte, della  domanda  proposta,  quando  i  fatti  costitutivi  sono

provati e le difese del convenuto appaiono manifestamente infondate;

  2)  l'ordinanza  di   accoglimento   sia   reclamabile   ai   sensi

dell'articolo 669-terdecies del codice  di  procedura  civile  e  non

acquisti efficacia di  giudicato  ai  sensi  dell'articolo  2909  del

codice civile, ne' possa avere autorita' in altri processi;

  3) in caso di accoglimento del reclamo, il procedimento  di  merito

prosegua davanti a un magistrato  diverso  appartenente  al  medesimo

ufficio;

    p) prevedere che, nel corso del giudizio di  primo  grado,  nelle

controversie di  competenza  del  tribunale  in  materia  di  diritti

disponibili:

  1) all'esito della prima udienza di comparizione delle parti  e  di

trattazione della causa  il  giudice  possa,  su  istanza  di  parte,

pronunciare ordinanza provvisoria di rigetto della domanda  proposta,

quando quest'ultima e' manifestamente infondata ovvero se e' omesso o

risulta assolutamente incerto il  requisito  stabilito  dall'articolo

163, terzo comma, numero 3), del codice di procedura civile ovvero se

manca l'esposizione dei fatti di cui al numero 4) del predetto  terzo

comma;

  2) l'ordinanza di  cui  al  numero  1)  sia  reclamabile  ai  sensi

dell'articolo 669-terdecies del codice  di  procedura  civile  e  non

acquisti efficacia di  giudicato  ai  sensi  dell'articolo  2909  del

codice civile, ne' possa avere autorita' in altri processi;

  3) in caso di accoglimento del reclamo,  il  procedimento  prosegua

davanti a un magistrato diverso appartenente al medesimo ufficio;

  q) coordinare la disciplina dell'articolo  164,  quarto,  quinto  e

sesto comma, del codice di procedura civile con  quanto  previsto  al

numero 1) della lettera p);

  r) estendere l'applicabilita'  della  procedura  di  convalida,  di

licenza per scadenza del contratto e di sfratto per  morosita'  anche

ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto d'azienda;

  s) disciplinare i rapporti  tra  collegio  e  giudice  monocratico,

prevedendo che:

  1) il collegio, quando rilevi che una causa, rimessa davanti a  se'

per la decisione, deve essere decisa dal  tribunale  in  composizione

monocratica, rimetta la causa al giudice istruttore con ordinanza non

impugnabile perche' decida quale giudice monocratico,  senza  fissare

ulteriori udienze;

  2) il giudice, quando rilevi che una causa, gia' riservata  per  la

decisione davanti a se' quale giudice monocratico, deve essere decisa

dal tribunale in composizione  collegiale,  senza  fissare  ulteriori

udienze, rimetta la causa al collegio per la decisione con  ordinanza

comunicata alle parti, ciascuna delle quali, entro dieci giorni dalla

comunicazione,  puo'   chiedere   la   fissazione   dell'udienza   di

discussione davanti al collegio, senza che in tal caso sia necessario

precisare nuovamente le conclusioni e debbano essere  assegnati  alle

parti ulteriori termini per il deposito di atti difensivi;

  3) in caso  di  mutamento  del  rito,  gli  effetti  sostanziali  e

processuali della domanda si producano  secondo  le  norme  del  rito

seguite  prima  del  mutamento,  restino  ferme  le  decadenze  e  le

preclusioni  gia'  maturate  secondo  le  norme  seguite  prima   del

mutamento e il giudice fissi alle parti  un  termine  perentorio  per

l'eventuale integrazione degli atti introduttivi;

  4) in caso di cause connesse oggetto di riunione, prevalga il  rito

collegiale,  restando  ferme  le  decadenze  e  le  preclusioni  gia'

maturate in ciascun procedimento prima della riunione;

    t) modificare, in conformita'  ai  criteri  di  cui  al  presente

comma, le connesse disposizioni del codice di procedura civile.

  6. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al

tribunale in composizione collegiale sono adottati nel  rispetto  dei

seguenti principi e criteri direttivi:

  a) ridurre i casi in  cui  il  tribunale  giudica  in  composizione

collegiale, in considerazione dell'oggettiva complessita' giuridica e

della rilevanza economico-sociale delle controversie;

  b) prevedere che nel processo operi un regime di preclusioni  e  di

fissazione dell'oggetto della causa analogamente  a  quanto  previsto

per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.

  7. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al

giudice di pace sono adottati nel rispetto dei  seguenti  principi  e

criteri direttivi:

  a)  uniformare  il  processo  davanti  al  giudice   di   pace   al

procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica;

  b) provvedere a una rideterminazione della competenza  del  giudice

di pace in materia civile, anche modificando  le  previsioni  di  cui

all'articolo 27 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116.

  8. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di giudizio di appello  sono  adottati  nel  rispetto  dei

seguenti principi e criteri direttivi:

  a)  prevedere  che  i  termini   per   le   impugnazioni   previsti

dall'articolo 325  del  codice  di  procedura  civile  decorrono  dal

momento in cui la sentenza e'  notificata  anche  per  la  parte  che

procede alla notifica;

  b) prevedere che l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia

anche quando l'impugnazione principale e' dichiarata improcedibile;

  c) prevedere che, negli atti introduttivi dell'appello disciplinati

dagli  articoli  342  e  434  del  codice  di  procedura  civile,  le

indicazioni previste a pena di inammissibilita' siano esposte in modo

chiaro, sintetico e specifico;

  d) individuare la forma con cui, nei  casi  previsti  dall'articolo

348  del  codice  di  procedura  civile,  l'appello   e'   dichiarato

improcedibile e il relativo regime di controllo;

  e) prevedere,  fuori  dei  casi  in  cui  deve  essere  pronunciata

l'improcedibilita' dell'appello secondo quanto previsto dall'articolo

348 del codice di procedura civile, che l'impugnazione che non ha una

ragionevole   probabilita'   di   essere   accolta   sia   dichiarata

manifestamente infondata e prevedere che la  decisione  di  manifesta

infondatezza sia assunta a seguito di trattazione orale con  sentenza

succintamente motivata anche mediante rinvio a  precedenti  conformi;

modificare conseguentemente gli articoli 348-bis e 348-ter del codice

di procedura civile;

  f)  modificare  la  disciplina  dei  provvedimenti  sull'esecuzione

provvisoria in appello, prevedendo:

  1) che la sospensione dell'efficacia  esecutiva  o  dell'esecuzione

della sentenza impugnata sia  disposta  sulla  base  di  un  giudizio

prognostico   di   manifesta    fondatezza    dell'impugnazione    o,

alternativamente, sulla base di un grave e  irreparabile  pregiudizio

derivante dall'esecuzione della  sentenza  anche  in  relazione  alla

possibilita' di insolvenza di una  delle  parti  quando  la  sentenza

contiene la condanna al pagamento di una somma di denaro;

  2) che l'istanza di cui  al  numero  1)  possa  essere  proposta  o

riproposta nel corso del  giudizio  di  appello,  anche  con  ricorso

autonomo,  a  condizione  che  il  ricorrente  indichi,  a  pena   di

inammissibilita',  gli  specifici  elementi  sopravvenuti   dopo   la

proposizione dell'impugnazione;

  3)  che,  qualora  l'istanza   sia   dichiarata   inammissibile   o

manifestamente infondata, il giudice, con ordinanza non  impugnabile,

puo' condannare la parte che l'ha proposta  al  pagamento  in  favore

della cassa delle ammende di una somma non inferiore ad  euro  250  e

non superiore ad  euro  10.000.  L'ordinanza  e'  revocabile  con  la

sentenza che definisce il giudizio;

  g) introdurre modifiche all'articolo 287 del  codice  di  procedura

civile prevedendo che, nell'ambito  del  procedimento  di  correzione

delle sentenze e delle ordinanze, le  parti  possano  fare  richiesta

congiunta, da depositare  almeno  cinque  giorni  prima  dell'udienza

fissata, di non presenziarvi. In caso  di  richiesta  non  congiunta,

prevedere che il giudice abbia comunque facolta' di invitare la parte

resistente a depositare note scritte, senza  fissazione  di  apposita

udienza;

  h) introdurre modifiche all'articolo 288 del  codice  di  procedura

civile, prevedendo la possibilita' di ricorrere  al  procedimento  di

correzione nei casi in cui si voglia contestare l'attribuzione  o  la

quantificazione delle spese di lite liquidate  con  un  provvedimento

gia' passato in giudicato, prevedendo altresi' che tale  procedimento

non sia piu' esperibile  decorso  un  anno  dalla  pubblicazione  del

provvedimento;

  i)   prevedere   che   per   la   trattazione   del    procedimento

sull'esecuzione provvisoria  il  presidente  del  collegio,  fermi  i

poteri di sospensione immediata  previsti  dall'articolo  351,  terzo

comma, secondo periodo, del codice di procedura  civile,  designa  il

consigliere istruttore e ordina la comparizione delle  parti  davanti

al predetto  consigliere  e  prevedere  che,  sentite  le  parti,  il

consigliere istruttore  riferisce  al  collegio  per  l'adozione  dei

provvedimenti sull'esecuzione provvisoria;

  l) prevedere che la trattazione davanti  alla  corte  d'appello  si

svolge davanti al consigliere istruttore, designato  dal  presidente,

al quale  sono  attribuiti  i  poteri  di  dichiarare  la  contumacia

dell'appellato, di procedere alla  riunione  degli  appelli  proposti

contro  la  stessa   sentenza,   di   procedere   al   tentativo   di

conciliazione,  di  ammettere  i  mezzi  di   prova,   di   procedere

all'assunzione  dei  mezzi  istruttori  e  di  fissare   udienza   di

discussione  della  causa  davanti  al  collegio   anche   ai   sensi

dell'articolo  281-sexies  del  codice  di  procedura  civile,  fermo

restando il  potere  del  collegio  di  impartire  provvedimenti  per

l'ulteriore istruzione della causa e di disporre, anche d'ufficio, la

riassunzione davanti a se' di uno o piu' mezzi di prova;

  m) introdurre la possibilita' che, all'esito dell'udienza in camera

di  consiglio  fissata  per  la   decisione   sull'istanza   prevista

dall'articolo  283  del  codice  di  procedura  civile,  il  collegio

provveda ai sensi dell'articolo 281-sexies del  codice  di  procedura

civile, assegnando ove richiesto un termine per il deposito  di  note

conclusive scritte antecedente all'udienza di discussione;

  n) prevedere che, esaurita l'attivita' prevista dagli articoli  350

e 351 del codice  di  procedura  civile,  il  consigliere  istruttore

assegna termini perentori non superiori  a  sessanta  giorni  per  il

deposito  di  note   scritte   contenenti   la   precisazione   delle

conclusioni, termini non superiori a trenta giorni  per  il  deposito

delle comparse conclusionali  e  termini  non  superiori  a  quindici

giorni per il deposito delle memorie di replica  e  fissa  successiva

udienza avanti a se' nella quale la causa e' rimessa in  decisione  e

il  consigliere  istruttore  si  riserva  di  riferire  al  collegio;

prevedere altresi' che  la  sentenza  e'  depositata  nei  successivi

sessanta giorni;

  o) riformulare gli articoli 353  e  354  del  codice  di  procedura

civile, riducendo le fattispecie di rimessione della causa  in  primo

grado ai casi di violazione del contraddittorio.

  9. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il  decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di giudizio di cassazione sono adottati nel  rispetto  dei

seguenti principi e criteri direttivi:

  a) prevedere che il ricorso debba contenere la chiara ed essenziale

esposizione dei fatti della causa e la chiara e sintetica esposizione

dei motivi per i quali si chiede la cassazione;

  b) uniformare i riti camerali disciplinati dall'articolo 380-bis  e

dall'articolo 380-bis.1 del codice di procedura civile, prevedendo:

  1) la soppressione della sezione  prevista  dall'articolo  376  del

codice di procedura civile e lo spostamento della relativa competenza

dinanzi alle sezioni semplici;

  2) la  soppressione  del  procedimento  disciplinato  dall'articolo

380-bis del codice di procedura civile;

  c) estendere la pronuncia in camera di consiglio all'ipotesi in cui

la  Corte  riconosca  di  dover  dichiarare  l'improcedibilita'   del

ricorso;

  d) prevedere, quanto alla fase decisoria del procedimento in camera

di consiglio disciplinato dagli  articoli  380-bis.1  e  380-ter  del

codice  di  procedura  civile,  che,  al  termine  della  camera   di

consiglio,  l'ordinanza,   succintamente   motivata,   possa   essere

immediatamente  depositata  in  cancelleria,   rimanendo   ferma   la

possibilita'  per  il  collegio  di  riservare  la  redazione  e   la

pubblicazione della stessa entro sessanta giorni dalla deliberazione;

  e) introdurre un procedimento  accelerato,  rispetto  all'ordinaria

sede  camerale,  per  la  definizione  dei   ricorsi   inammissibili,

improcedibili o manifestamente infondati, prevedendo:

  1) che il giudice della Corte formuli una proposta  di  definizione

del   ricorso,   con   la   sintetica   indicazione   delle   ragioni

dell'inammissibilita',  dell'improcedibilita'   o   della   manifesta

infondatezza ravvisata;

  2) che la proposta sia comunicata agli avvocati delle parti;

  3) che, se nessuna delle parti chiede la fissazione della camera di

consiglio nel termine di venti giorni dalla comunicazione, il ricorso

si intenda rinunciato e il giudice pronunci  decreto  di  estinzione,

liquidando le spese, con esonero  della  parte  soccombente  che  non

presenta la richiesta di cui al  presente  numero  dal  pagamento  di

quanto previsto dall'articolo 13, comma 1-quater, del testo unico  di

cui al decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.

115;

    f) prevedere che la Corte proceda in udienza pubblica  quando  la

questione di diritto e' di particolare rilevanza, anticipando fino  a

quaranta giorni prima dell'udienza  l'onere  di  comunicazione  della

data della stessa al pubblico ministero e agli avvocati, introducendo

la facolta' per il pubblico ministero di depositare una  memoria  non

oltre quindici giorni prima dell'udienza;

    g) introdurre la possibilita' per il giudice  di  merito,  quando

deve decidere una questione di diritto sulla quale ha preventivamente

provocato il contraddittorio tra le parti, di sottoporre direttamente

la questione alla Corte di cassazione per la risoluzione del  quesito

posto, prevedendo che:

      1) l'esercizio del potere di rinvio pregiudiziale alla Corte di

cassazione e' subordinato alla sussistenza dei seguenti presupposti:

        1.1) la questione e' esclusivamente di  diritto,  non  ancora

affrontata dalla Corte di cassazione e di particolare importanza;

        1.2) la questione presenta gravi difficolta' interpretative;

        1.3) la  questione  e'  suscettibile  di  porsi  in  numerose

controversie;

      2) ricevuta l'ordinanza con la quale il  giudice  sottopone  la

questione,  il  Primo  presidente,  entro  novanta  giorni,  dichiara

inammissibile  la  richiesta  qualora   risultino   insussistenti   i

presupposti di cui al numero 1) della presente lettera;

      3)   nel   caso   in   cui   non    provvede    a    dichiarare

l'inammissibilita', il Primo presidente  assegna  la  questione  alle

sezioni unite o alla sezione semplice tabellarmente competente;

      4) la Corte di cassazione decide  enunciando  il  principio  di

diritto in esito ad un procedimento  da  svolgere  mediante  pubblica

udienza, con la requisitoria scritta del  pubblico  ministero  e  con

facolta' per le parti di depositare brevi memorie  entro  un  termine

assegnato dalla Corte stessa;

      5) il rinvio pregiudiziale in cassazione sospende  il  giudizio

di merito ove e' sorta la questione oggetto di rinvio;

      6) il provvedimento con il quale la Corte di cassazione  decide

sulla questione e' vincolante nel procedimento nell'ambito del  quale

e' stata rimessa  la  questione  e  conserva  tale  effetto,  ove  il

processo si estingua, anche nel nuovo processo che e' instaurato  con

la riproposizione della medesima domanda nei confronti delle medesime

parti.

  10. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di revocazione a seguito di sentenze  emesse  dalla  Corte

europea dei diritti dell'uomo sono adottati nel rispetto dei seguenti

principi e criteri direttivi:

    a) prevedere che, ferma restando l'esigenza di evitare duplicita'

di ristori, sia esperibile  il  rimedio  della  revocazione  previsto

dall'articolo 395 del codice di procedura civile nel caso in cui, una

volta  formatosi  il  giudicato,  il  contenuto  della  sentenza  sia

successivamente dichiarato dalla Corte europea dei diritti  dell'uomo

contrario, in tutto o in parte, alla Convenzione per la  salvaguardia

dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ovvero a uno  dei

suoi Protocolli e non sia possibile rimuovere la  violazione  tramite

tutela per equivalente;

  b) prevedere che, nell'ambito del procedimento  per  revocazione  a

seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,

siano fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede che non

hanno partecipato al processo svoltosi innanzi alla Corte europea dei

diritti dell'uomo;

  c) prevedere che, nell'ambito del procedimento  per  revocazione  a

seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,

la legittimazione attiva a promuovere l'azione di revocazione  spetti

alle parti del processo svoltosi innanzi a tale Corte, ai loro  eredi

o aventi causa e al pubblico ministero;

  d)  prevedere,  nell'ambito  del  procedimento  per  revocazione  a

seguito di sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,

un termine per l'impugnazione non  superiore  a  novanta  giorni  che

decorra dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della

sentenza della Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  ai  sensi  del

regolamento della Corte stessa;

  e) prevedere l'onere per l'Agente del Governo di comunicare a tutte

le parti del processo che ha  dato  luogo  alla  sentenza  sottoposta

all'esame della Corte europea dei diritti  dell'uomo  e  al  pubblico

ministero la pendenza del procedimento davanti alla Corte stessa,  al

fine di consentire loro di fornire elementi informativi o, nei limiti

consentiti dal regolamento della Corte europea dei diritti dell'uomo,

di richiedere di essere autorizzati all'intervento;

  f)  operare  gli  adattamenti  delle  disposizioni  del  codice  di

procedura civile,  del  codice  civile  e  delle  altre  disposizioni

legislative che si rendano necessari in  seguito  all'adozione  delle

norme attuative dei principi e criteri direttivi di cui alle  lettere

a), b), c), d) ed e).

  11. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di controversie di lavoro e previdenza sono  adottati  nel

rispetto del seguente principio e  criterio  direttivo:  unificare  e

coordinare  la  disciplina  dei  procedimenti  di  impugnazione   dei

licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni  relative

alla qualificazione del rapporto di lavoro,  adottando  le  opportune

norme transitorie, prevedendo che:

  a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia  proposta

domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto  di  lavoro  abbia

carattere prioritario;

  b) le azioni di  impugnazione  dei  licenziamenti  dei  soci  delle

cooperative,  anche  ove  consegua   la   cessazione   del   rapporto

associativo, siano introdotte con ricorso ai sensi degli articoli 409

e seguenti del codice di procedura civile;

  c) le azioni di nullita' dei licenziamenti discriminatori, ove  non

siano proposte con ricorso ai sensi dell'articolo 414 del  codice  di

procedura  civile,  possano   essere   introdotte,   ricorrendone   i

presupposti, con i rispettivi riti speciali di cui agli  articoli  38

del codice delle pari opportunita'  tra  uomo  e  donna,  di  cui  al

decreto legislativo  11  aprile  2006,  n.  198,  e  28  del  decreto

legislativo 1° settembre 2011, n. 150, stabilendo che la proposizione

dell'azione, nell'una o nell'altra forma, preclude la possibilita' di

agire successivamente in giudizio con rito diverso.

  12. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina del processo di

esecuzione sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri

direttivi:

  a) prevedere che, per valere come titolo per l'esecuzione  forzata,

le sentenze e gli altri provvedimenti  dell'autorita'  giudiziaria  e

gli atti ricevuti da notaio o  da  altro  pubblico  ufficiale  devono

essere formati in copia attestata conforme  all'originale,  abrogando

le  disposizioni  del  codice  di  procedura  civile   e   le   altre

disposizioni legislative che si riferiscono alla formula esecutiva  e

alla spedizione in forma esecutiva;

  b)  prevedere  che  se  il  creditore  presenta  l'istanza  di  cui

all'articolo 492-bis del codice di procedura civile,  il  termine  di

cui all'articolo 481, primo comma, del codice  di  procedura  civile,

rimane  sospeso  e  riprende  a  decorrere  dalla  conclusione  delle

operazioni previste  dal  secondo  comma  dell'articolo  492-bis  del

medesimo codice;

  c)  prevedere  che  il  termine  prescritto   dal   secondo   comma

dell'articolo 567 del codice di  procedura  civile  per  il  deposito

dell'estratto del  catasto  e  dei  certificati  delle  iscrizioni  e

trascrizioni ovvero del certificato notarile sostitutivo coincide con

quello previsto dal combinato disposto degli articoli 497 e  501  del

medesimo codice per il deposito dell'istanza di  vendita,  prevedendo

che  il  predetto  termine  puo'  essere   prorogato   di   ulteriori

quarantacinque  giorni,   nei   casi   previsti   dal   terzo   comma

dell'articolo 567 del codice di procedura civile;

  d) prevedere che il custode di cui all'articolo 559 del  codice  di

procedura  civile  collabori  con   l'esperto   nominato   ai   sensi

dell'articolo 569 del codice di procedura civile al  controllo  della

completezza della documentazione di  cui  all'articolo  567,  secondo

comma, del codice di procedura civile;

  e)  prevedere  che  il  giudice   dell'esecuzione   provvede   alla

sostituzione  del  debitore  nella  custodia  nominando  il   custode

giudiziario entro quindici giorni dal deposito  della  documentazione

di cui al secondo comma dell'articolo 567  del  codice  di  procedura

civile,  contemporaneamente   alla   nomina   dell'esperto   di   cui

all'articolo 569 del medesimo codice, salvo che la custodia non abbia

alcuna utilita' ai fini della  conservazione  o  amministrazione  del

bene ovvero per la vendita;

  f) prevedere che il giudice dell'esecuzione ordina  la  liberazione

dell'immobile pignorato non abitato dall'esecutato e dal  suo  nucleo

familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla

procedura, al piu' tardi nel momento in cui pronuncia l'ordinanza con

cui e' autorizzata la vendita o sono delegate le relative  operazioni

e che ordina  la  liberazione  dell'immobile  abitato  dall'esecutato

convivente col nucleo  familiare  al  momento  in  cui  pronuncia  il

decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilita'  di

disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento  alle

attivita' degli ausiliari del giudice, di  ostacolo  del  diritto  di

visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione  del  cespite

in uno stato di buona  conservazione  o  di  violazione  degli  altri

obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti;

  g) prevedere che la relazione di stima  e  gli  avvisi  di  vendita

siano redatti secondo schemi standardizzati;

  h) prevedere che sia il custode  ad  attuare  il  provvedimento  di

liberazione  dell'immobile  pignorato  secondo  le  disposizioni  del

giudice  dell'esecuzione  immobiliare,   senza   l'osservanza   delle

formalita' di  cui  agli  articoli  605  e  seguenti  del  codice  di

procedura civile,  successivamente  alla  pronuncia  del  decreto  di

trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o  dell'assegnatario

se questi non lo esentano;

  i)  prevedere  che  la   delega   delle   operazioni   di   vendita

nell'espropriazione  immobiliare  ha  durata  annuale,  con  incarico

rinnovabile da parte del  giudice  dell'esecuzione,  e  che  in  tale

periodo  il  professionista  delegato  deve   svolgere   almeno   tre

esperimenti di vendita con l'obbligo di una tempestiva  relazione  al

giudice sull'esito di ciascuno di  essi,  nonche'  prevedere  che  il

giudice   dell'esecuzione   esercita    una    diligente    vigilanza

sull'esecuzione delle attivita' delegate e sul rispetto dei tempi per

esse stabiliti,  con  l'obbligo  di  provvedere  immediatamente  alla

sostituzione  del  professionista  in  caso  di  mancato  o   tardivo

adempimento;

  l) prevedere un termine di venti giorni  per  la  proposizione  del

reclamo al giudice dell'esecuzione avverso l'atto del  professionista

delegato ai sensi  dell'articolo  591-ter  del  codice  di  procedura

civile e prevedere che l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione

decide il reclamo possa essere impugnata  con  l'opposizione  di  cui

all'articolo 617 dello stesso codice;

  m)  prevedere  che  il   professionista   delegato   procede   alla

predisposizione del progetto di distribuzione del  ricavato  in  base

alle   preventive    istruzioni    del    giudice    dell'esecuzione,

sottoponendolo  alle  parti  e  convocandole  innanzi   a   se'   per

l'audizione, nel rispetto del termine di  cui  all'articolo  596  del

codice di procedura civile; nell'ipotesi prevista  dall'articolo  597

del  codice  di  procedura  civile  o  qualora  non  siano   avanzate

contestazioni al progetto, prevedere che il  professionista  delegato

lo dichiara esecutivo e provvede  entro  sette  giorni  al  pagamento

delle singole quote agli aventi diritto  secondo  le  istruzioni  del

giudice dell'esecuzione; prevedere che in caso  di  contestazioni  il

professionista rimette le parti innanzi al giudice dell'esecuzione;

  n) prevedere:

      1) che il debitore, con  istanza  depositata  non  oltre  dieci

giorni prima dell'udienza prevista dall'articolo  569,  primo  comma,

del  codice  di  procedura   civile,   puo'   chiedere   al   giudice

dell'esecuzione di essere autorizzato a procedere  direttamente  alla

vendita dell'immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo

base indicato nella relazione di stima,  prevedendo  che  all'istanza

del debitore  deve  essere  sempre  allegata  l'offerta  di  acquisto

irrevocabile per centoventi giorni e che, a garanzia  della  serieta'

dell'offerta, e' prestata cauzione  in  misura  non  inferiore  a  un

decimo del prezzo proposto;

      2)  che  il  giudice  dell'esecuzione,   con   decreto,   deve:

verificata l'ammissibilita' dell'istanza,  disporre  che  l'esecutato

rilasci l'immobile nella  disponibilita'  del  custode  entro  trenta

giorni a pena di  decadenza  dall'istanza,  salvo  che  il  bene  sia

occupato con titolo opponibile alla  procedura;  disporre  che  entro

quindici giorni e' data pubblicita', ai sensi dell'articolo  490  del

codice di procedura civile, dell'offerta pervenuta rendendo noto  che

entro sessanta giorni possono essere formulate ulteriori  offerte  di

acquisto, garantite da cauzione in misura non inferiore a  un  decimo

del prezzo proposto, il quale non  puo'  essere  inferiore  a  quello

dell'offerta gia' presentata a corredo  dell'istanza  dell'esecutato;

convocare il debitore, i comproprietari, il creditore  procedente,  i

creditori  intervenuti,  i  creditori  iscritti  e  gli  offerenti  a

un'udienza da fissare  entro  novanta  giorni  per  la  deliberazione

sull'offerta e, in caso di pluralita' di offerte, per la gara tra gli

offerenti;

      3)  che  con  il  provvedimento  con  il   quale   il   giudice

dell'esecuzione aggiudica  l'immobile  al  miglior  offerente  devono

essere stabilite le modalita' di pagamento  del  prezzo,  da  versare

entro novanta giorni, a pena di decadenza ai sensi dell'articolo  587

del codice di procedura civile;

      4)  che  il  giudice  dell'esecuzione  puo'  delegare  uno  dei

professionisti iscritti nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle

disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e

disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941,

n. 1368, alla deliberazione sulle offerte e  allo  svolgimento  della

gara,  alla  riscossione  del  prezzo  nonche'  alle  operazioni   di

distribuzione del ricavato e che, una volta riscosso  interamente  il

prezzo, ordina la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e

delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell'articolo 586 del codice  di

procedura civile;

      5) che, se  nel  termine  assegnato  il  prezzo  non  e'  stato

versato, il giudice provvede ai sensi degli articoli 587  e  569  del

codice di procedura civile;

      6) che l'istanza di cui al numero 1) puo' essere formulata  per

una sola volta a pena di inammissibilita';

    o)  prevedere  criteri  per  la  determinazione   dell'ammontare,

nonche' del termine di durata delle misure di  coercizione  indiretta

di cui all'articolo 614-bis del codice di procedura civile; prevedere

altresi' l'attribuzione al  giudice  dell'esecuzione  del  potere  di

disporre dette misure quando il titolo esecutivo  e'  diverso  da  un

provvedimento di condanna oppure la misura non e' stata richiesta  al

giudice che ha pronunciato tale provvedimento;

    p) prevedere che, nelle operazioni di vendita dei  beni  immobili

compiute nelle procedure esecutive  individuali  e  concorsuali,  gli

obblighi previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, a

carico del cliente si applicano anche agli  aggiudicatari  e  che  il

giudice  emette  il  decreto  di  trasferimento  soltanto  dopo  aver

verificato l'avvenuto rispetto di tali obblighi;

    q) istituire presso il Ministero della giustizia  la  banca  dati

per le  aste  giudiziali,  contenente  i  dati  identificativi  degli

offerenti,  i  dati  identificativi  del  conto  bancario  o  postale

utilizzato per versare la cauzione e  il  prezzo  di  aggiudicazione,

nonche' le relazioni di stima. I dati identificativi degli offerenti,

del conto e dell'intestatario devono essere messi a disposizione,  su

richiesta, dell'autorita' giudiziaria, civile e penale.

  13. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti   legislativi   recanti   modifiche   alla   disciplina   dei

procedimenti in camera di consiglio sono adottati  nel  rispetto  dei

seguenti principi e criteri direttivi:

    a) ridurre i casi in cui il tribunale  provvede  in  composizione

collegiale, limitandoli alle ipotesi in cui e' previsto  l'intervento

del pubblico ministero ovvero ai procedimenti in cui il tribunale  e'

chiamato  a  pronunciarsi  in  ordine  all'attendibilita'  di   stime

effettuate o alla buona amministrazione di cose  comuni,  operando  i

conseguenti adattamenti delle disposizioni di  cui  al  capo  VI  del

titolo II del libro IV del codice di procedura civile  e  consentendo

il rimedio  del  reclamo  di  cui  all'articolo  739  del  codice  di

procedura civile ai decreti  emessi  dal  tribunale  in  composizione

monocratica,  individuando  per  tale  rimedio  la   competenza   del

tribunale in composizione collegiale;

    b) prevedere interventi volti a trasferire  alle  amministrazioni

interessate, ai notai e ad altri professionisti dotati di  specifiche

competenze alcune delle  funzioni  amministrative,  nella  volontaria

giurisdizione, attualmente assegnate al giudice civile e  al  giudice

minorile, individuando altresi' gli specifici ambiti e limiti di tale

trasferimento di funzioni.

  14. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi che provvedono alla revisione dei procedimenti in

camera di consiglio e alle modifiche  del  procedimento  sommario  di

cognizione di primo grado sono adottati  nel  rispetto  dei  seguenti

principi e criteri direttivi:

    a) modificare l'articolo 30 del decreto legislativo 1°  settembre

2011, n. 150, specificando che si svolgono in camera di consiglio, in

assenza di contraddittorio,  i  procedimenti  volti  ad  ottenere  la

dichiarazione di esecutivita' di una  decisione  straniera  e  quelli

volti ad ottenere in via principale l'accertamento della  sussistenza

dei presupposti per il riconoscimento di una decisione  straniera  ai

sensi degli atti indicati di seguito:

  1) regolamento (CE) n. 2201/2003 del  Consiglio,  del  27  novembre

2003, relativo alla competenza, al  riconoscimento  e  all'esecuzione

delle  decisioni  in   materia   matrimoniale   e   in   materia   di

responsabilita'  genitoriale,  che  abroga  il  regolamento  (CE)  n.

1347/2000;

  2) regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre  2008,

relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e

all'esecuzione delle decisioni e  alla  cooperazione  in  materia  di

obbligazioni alimentari;

  3) regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del  24  giugno  2016,

che attua la cooperazione rafforzata nel  settore  della  competenza,

della legge applicabile, del riconoscimento e  dell'esecuzione  delle

decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi;

  4) regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del  24  giugno  2016,

che attua la cooperazione rafforzata nel  settore  della  competenza,

della legge applicabile, del riconoscimento e  dell'esecuzione  delle

decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate;

  5) regolamento (UE)  n.  650/2012  del  Parlamento  europeo  e  del

Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla  competenza,  alla  legge

applicabile, al riconoscimento e  all'esecuzione  delle  decisioni  e

all'accettazione e all'esecuzione degli atti pubblici in  materia  di

successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo;

  b) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) il giudice

provveda con decreto motivato, avverso il quale puo' essere  promosso

ricorso ai sensi della lettera c);

  c)  prevedere  che  i  ricorsi  avverso  le  decisioni   rese   nei

procedimenti di cui alla lettera a), nonche' i giudizi sulle  domande

di diniego del riconoscimento promosse ai sensi degli  atti  indicati

nei numeri da 1) a 5) della lettera a) siano  trattati  con  il  rito

sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis  e  seguenti  del

codice di procedura civile, o con altro rito ordinario semplificato;

  d) prevedere  che  le  domande  di  diniego  del  riconoscimento  o

dell'esecuzione  previste  dal  regolamento  (UE)  n.  606/2013   del

Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013,  relativo  al

riconoscimento  reciproco  delle  misure  di  protezione  in  materia

civile, siano trattate con il rito sommario di cognizione di cui agli

articoli 702-bis e seguenti del codice di  procedura  civile,  o  con

altro rito ordinario semplificato;

  e) prevedere che, fatti salvi i procedimenti di cui  agli  articoli

615 e seguenti del codice di procedura civile, si  applichi  il  rito

sommario di cognizione,  o  altro  rito  ordinario  semplificato,  ai

procedimenti di diniego del riconoscimento  o  dell'esecuzione  e  di

accertamento dell'assenza di motivi  di  diniego  del  riconoscimento

previsti dagli atti di seguito indicati:

  1) regolamento (UE) n.  1215/2012  del  Parlamento  europeo  e  del

Consiglio,  del  12  dicembre   2012,   concernente   la   competenza

giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni  in

materia civile e commerciale;

  2)  regolamento  (UE)  2015/848  del  Parlamento  europeo   e   del

Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di  insolvenza

(rifusione);

  3) regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del  25  giugno  2019,

relativo alla competenza, al riconoscimento  e  all'esecuzione  delle

decisioni in materia matrimoniale e  in  materia  di  responsabilita'

genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori;

  f) prevedere che i ricorsi di cui agli atti indicati nelle  lettere

a),  c)  ed  e)  siano  promossi   innanzi   alla   corte   d'appello

territorialmente competente ai sensi delle disposizioni e nei termini

previsti da tali atti;

  g) prevedere che  le  decisioni  della  corte  d'appello  rese  sui

ricorsi di cui alle lettere a), c) ed e)  siano  impugnabili  innanzi

alla Corte di cassazione;

  h) prevedere che i criteri di cui  alle  lettere  da  a)  a  g)  si

estendano, con gli opportuni adattamenti, ai  procedimenti  volti  ad

ottenere la dichiarazione di esecutivita' di una decisione  straniera

o in via principale l'accertamento della sussistenza dei  presupposti

per il riconoscimento di una decisione straniera,  o  il  diniego  di

tale riconoscimento, allorche' l'efficacia di tali decisioni si fondi

su una convenzione internazionale.

  15. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina  dell'arbitrato

sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

  a)  rafforzare  le  garanzie  di   imparzialita'   e   indipendenza

dell'arbitro, reintroducendo la facolta'  di  ricusazione  per  gravi

ragioni di convenienza nonche' prevedendo l'obbligo di rilasciare, al

momento  dell'accettazione  della  nomina,  una   dichiarazione   che

contenga tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini delle  sopra

richiamate garanzie, prevedendo l'invalidita'  dell'accettazione  nel

caso di omessa dichiarazione, nonche' in particolare la decadenza nel

caso in cui, al momento  dell'accettazione  della  nomina,  l'arbitro

abbia omesso di dichiarare le circostanze che, ai sensi dell'articolo

815 del codice di procedura civile, possono essere fatte valere  come

motivi di ricusazione;

  b) prevedere in modo esplicito l'esecutivita' del  decreto  con  il

quale il presidente della corte d'appello  dichiara  l'efficacia  del

lodo straniero con contenuto di condanna;

  c) prevedere l'attribuzione agli  arbitri  rituali  del  potere  di

emanare misure cautelari  nell'ipotesi  di  espressa  volonta'  delle

parti in tal senso, manifestata nella convenzione di arbitrato  o  in

atto  scritto  successivo,  salva  diversa  disposizione  di   legge;

mantenere per tali ipotesi in capo al  giudice  ordinario  il  potere

cautelare nei soli casi di domanda anteriore  all'accettazione  degli

arbitri;  disciplinare  il  reclamo  cautelare  davanti  al   giudice

ordinario per i motivi di cui  all'articolo  829,  primo  comma,  del

codice di procedura civile e per  contrarieta'  all'ordine  pubblico;

disciplinare le modalita' di attuazione della misura cautelare sempre

sotto il controllo del giudice ordinario;

  d) prevedere, nel caso di  decisione  secondo  diritto,  il  potere

delle parti di indicazione e scelta della legge applicabile;

  e) ridurre a sei mesi il termine di cui all'articolo  828,  secondo

comma,  del  codice  di  procedura   civile   per   la   proposizione

dell'impugnazione per nullita' del  lodo  rituale,  equiparandolo  al

termine di cui all'articolo 327, primo comma, del codice di procedura

civile;

  f) prevedere, nella prospettiva di riordino organico della  materia

e di semplificazione della normativa  di  riferimento,  l'inserimento

nel codice di procedura civile  delle  norme  relative  all'arbitrato

societario e la conseguente abrogazione del  decreto  legislativo  17

gennaio  2003,   n.   5;   prevedere   altresi'   la   reclamabilita'

dell'ordinanza  di  cui  all'articolo  35,  comma  5,   del   decreto

legislativo 17 gennaio 2003, n. 5,  che  decide  sulla  richiesta  di

sospensione della delibera;

  g) disciplinare la translatio  iudicii  tra  giudizio  arbitrale  e

giudizio ordinario e tra giudizio ordinario e giudizio arbitrale;

  h) prevedere che, in tutti i casi, le nomine degli arbitri da parte

dell'autorita' giudiziaria siano improntate a criteri che  assicurino

trasparenza, rotazione ed efficienza.

  16. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche alla normativa  in  materia  di

consulenti tecnici sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e

criteri direttivi:

  a) rivedere il percorso  di  iscrizione  dei  consulenti  presso  i

tribunali,  favorendo  l'accesso  alla  professione  anche  ai   piu'

giovani;

  b) distinguere le varie  figure  professionali,  caratterizzate  da

percorsi formativi differenti anche per il tramite  dell'unificazione

o  aggiornamento  degli   elenchi,   favorendo   la   formazione   di

associazioni nazionali di riferimento;

  c) creazione di un albo nazionale  unico,  al  quale  magistrati  e

avvocati possano accedere per ricercare le figure professionali  piu'

adeguate al singolo caso;

  d) favorire la mobilita' dei professionisti tra  le  diverse  corti

d'appello, escludendo  obblighi  di  cancellazione  da  un  distretto

all'altro;

  e) prevedere  la  formazione  continua  dei  consulenti  tecnici  e

periti;

  f) tutelare la salute, la gravidanza o  le  situazioni  contingenti

che possono verificarsi nel corso dell'anno lavorativo, prevedendo la

possibilita' di richiesta di sospensione volontaria come prevista  in

altri ambiti lavorativi;

  g) istituire presso le corti d'appello una commissione di  verifica

deputata  al  controllo  della  regolarita'  delle  nomine,  ai   cui

componenti non spettano compensi, gettoni di  presenza,  rimborsi  di

spese o altri emolumenti comunque denominati.

  17. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti  legislativi  recanti  disposizioni  dirette  a   rendere   i

procedimenti civili piu'  celeri  ed  efficienti  sono  adottati  nel

rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

    a) prevedere che, nei procedimenti davanti al giudice di pace, al

tribunale, alla corte  d'appello  e  alla  Corte  di  cassazione,  il

deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti  che  sono  in

giudizio con il ministero di un difensore abbia luogo  esclusivamente

con modalita' telematiche, o anche mediante altri mezzi  tecnologici,

e che  spetti  al  capo  dell'ufficio  autorizzare  il  deposito  con

modalita' non telematiche unicamente quando i sistemi informatici del

dominio giustizia non siano funzionanti  e  sussista  una  situazione

d'urgenza, assicurando  che  agli  interessati  sia  data  conoscenza

adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema;

    b) prevedere che, in tutti i  procedimenti  civili,  il  deposito

telematico di atti e documenti di  parte  possa  avvenire  anche  con

soluzioni tecnologiche diverse dall'utilizzo della posta  elettronica

certificata  nel  rispetto  della  normativa,  anche   regolamentare,

concernente la sottoscrizione, la trasmissione  e  la  ricezione  dei

documenti informatici;

    c) prevedere che, nel caso di utilizzo di soluzioni  tecnologiche

diverse dalla posta elettronica certificata, in tutti i  procedimenti

civili, il deposito si abbia per  avvenuto  nel  momento  in  cui  e'

generato  il  messaggio   di   conferma   del   completamento   della

trasmissione;

    d) prevedere che i provvedimenti  del  giudice  e  gli  atti  del

processo per i quali la legge non richiede forme determinate  possano

essere compiuti nella forma piu' idonea al  raggiungimento  del  loro

scopo,  nel  rispetto  dei  principi  di  chiarezza  e  sinteticita',

stabilendo che sia assicurata la strutturazione  di  campi  necessari

all'inserimento delle informazioni nei  registri  del  processo,  nel

rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti con decreto adottato  dal

Ministro  della  giustizia,  sentiti  il  Consiglio  superiore  della

magistratura e il Consiglio nazionale forense;

    e) prevedere il divieto di sanzioni sulla  validita'  degli  atti

per il mancato rispetto delle specifiche tecniche  sulla  forma,  sui

limiti  e  sullo  schema  informatico  dell'atto,  quando  questo  ha

comunque raggiunto lo scopo, e che della violazione delle  specifiche

tecniche, o dei criteri e limiti redazionali, si  possa  tener  conto

nella disciplina delle spese;

    f) rivedere la  disciplina  delle  modalita'  di  versamento  del

contributo unificato per i procedimenti davanti al giudice  ordinario

e, in particolare:

      1) prevedere che tale versamento possa avvenire:

        1.1)  con  sistemi  telematici  di   pagamento   tramite   la

piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5, comma  2,  del  codice

dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7  marzo

2005, n. 82, ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con

altri mezzi di  pagamento  con  moneta  elettronica  disponibili  nel

circuito bancario o postale, come previsto dall'articolo 4, comma  9,

del  decreto-legge  29  dicembre  2009,  n.  193,   convertito,   con

modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24;

        1.2) con strumenti di  pagamento  non  telematici,  in  conto

corrente postale intestato alla tesoreria dello Stato;

        1.3) presso le rivendite di generi di monopolio e  di  valori

bollati, con rilascio di contrassegni emessi ai  sensi  dell'articolo

3, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente  della  Repubblica

26 ottobre 1972, n. 642, di valore corrispondente all'importo dovuto;

        1.4)  mediante  bonifico,  con  strumenti  di  pagamento  non

telematici, ai sensi del regolamento di cui al decreto  del  Ministro

dell'economia e delle finanze 9 ottobre 2006, n. 293;

      2) disciplinare i mezzi tramite i quali  deve  essere  data  la

prova del versamento;

      3) prevedere che nei procedimenti davanti al giudice ordinario,

quando uno degli atti di cui all'articolo 14 del  testo  unico  delle

disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di

giustizia, di cui al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  30

maggio 2002, n. 115, e'  depositato  con  modalita'  telematiche,  il

contributo  unificato  sia  corrisposto  esclusivamente  con  sistemi

telematici di pagamento;

  4) prevedere, nella procedura di liquidazione  giudiziale,  che  il

contributo  unificato  sia  corrisposto  esclusivamente  con  sistemi

telematici di pagamento;

  5) prevedere che il versamento  con  modalita'  diverse  da  quelle

prescritte non liberi la parte dagli obblighi di cui all'articolo  14

del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica  30

maggio 2002, n. 115, e che la  relativa  istanza  di  rimborso  debba

essere proposta,  a  pena  di  decadenza,  entro  trenta  giorni  dal

pagamento;

  6) rivedere la disciplina dell'articolo 197 del testo unico di  cui

al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  2002,  n.  115,

prevedendo e disciplinando il versamento anche con sistemi telematici

delle spettanze degli ufficiali giudiziari;

  g) rivedere la disciplina delle attestazioni di conformita' di  cui

agli articoli  16-bis,  comma  9-bis,  16-decies  e  16-undecies  del

decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,

dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221,  al  fine  di  consentire  tali

attestazioni per tutti gli atti trasmessi con  modalita'  telematiche

all'ufficiale giudiziario o  dal  medesimo  ricevuti  con  le  stesse

modalita';

  h) introdurre, in funzione dell'attuazione dei principi  e  criteri

direttivi  di  cui  alla  presente  legge,  misure  di   riordino   e

implementazione delle disposizioni  in  materia  di  processo  civile

telematico;

  i) prevedere all'articolo 22 delle  disposizioni  per  l'attuazione

del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui  al

regio  decreto  18  dicembre  1941,  n.  1368,  che  le  funzioni  di

consulente  presso  le  sezioni  specializzate  dei   tribunali   con

competenza  distrettuale  possono  essere  affidate   ai   consulenti

iscritti negli albi dei tribunali del distretto;

  l) prevedere che il giudice, fatta salva  la  possibilita'  per  le

parti costituite di opporsi, puo' disporre che le udienze civili  che

non richiedono la presenza di soggetti diversi dai  difensori,  dalle

parti, dal pubblico  ministero  e  dagli  ausiliari  del  giudice  si

svolgano con  collegamenti  audiovisivi  a  distanza,  individuati  e

regolati con provvedimento  del  direttore  generale  per  i  sistemi

informativi automatizzati del Ministero della giustizia;

  m)  prevedere  che,  fatta  salva  la  possibilita'  per  le  parti

costituite di opporsi, il giudice puo', o deve in caso  di  richiesta

congiunta delle  parti,  disporre  che  le  udienze  civili  che  non

richiedono la presenza  di  soggetti  diversi  dai  difensori,  dalle

parti, dal pubblico ministero e dagli  ausiliari  del  giudice  siano

sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole

istanze e conclusioni  da  effettuare  entro  il  termine  perentorio

stabilito dal giudice;

  n) prevedere che il giudice, in luogo dell'udienza di  comparizione

per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio, puo' disporre  il

deposito telematico  di  una  dichiarazione  sottoscritta  con  firma

digitale recante il giuramento di cui all'articolo 193 del codice  di

procedura civile;

  o) prevedere che nei procedimenti di  separazione  consensuale,  di

istanza congiunta di scioglimento o cessazione degli  effetti  civili

del   matrimonio   le   parti   possono   formulare   rinuncia   alla

partecipazione all'udienza, confermando nelle conclusioni del ricorso

la volonta' di non volersi riconciliare  con  l'altra  parte  purche'

offrano una descrizione riassuntiva delle disponibilita' reddituali e

patrimoniali  relative  al  triennio  antecedente  e  depositino   la

relativa documentazione;

  p) prevedere che, nei procedimenti di interdizione,  inabilitazione

e   amministrazione   di   sostegno,    all'udienza    per    l'esame

dell'interdicendo, dell'inabilitando o della persona per la quale sia

richiesta la nomina di  amministratore  di  sostegno  sia  di  regola

prevista la comparizione personale del  soggetto  destinatario  della

misura,  con  facolta'  per  il  giudice  di  disporre  l'udienza  in

modalita' da remoto mediante  collegamenti  audiovisivi  a  distanza,

individuati  e  regolati  con  provvedimento  del   Ministero   della

giustizia, nelle ipotesi in cui la  comparizione  personale  potrebbe

arrecare grave pregiudizio per il soggetto destinatario della misura;

  q)  prevedere  che  il  provvedimento  cautelare   di   sospensione

dell'esecuzione delle deliberazioni assunte da  qualsiasi  organo  di

associazioni, fondazioni,  societa',  ovvero  condominio,  non  perde

efficacia in  caso  di  estinzione  del  giudizio,  anche  quando  la

relativa domanda e' stata proposta in corso di causa; prevedere che i

provvedimenti  di  sospensione  delle  deliberazioni   dell'assemblea

condominiale di cui all'articolo 1137 del codice civile  non  perdono

efficacia ove non  sia  successivamente  instaurato  il  giudizio  di

merito;

  r)  prevedere  che  la  dichiarazione   di   inefficacia   di   cui

all'articolo 669-novies del codice di procedura civile  assume  anche

in caso di contestazioni la forma dell'ordinanza.

  18. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche  alla  disciplina  dell'ufficio

per il processo istituito presso i tribunali e  le  corti  d'appello,

anche ad integrazione delle disposizioni dell'articolo 16-octies  del

decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,

dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e delle disposizioni di cui  al

decreto legislativo  13  luglio  2017,  n.  116,  sono  adottati  nel

rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

  a) prevedere che l'ufficio per il processo, sotto la direzione e il

coordinamento di uno o piu' magistrati dell'ufficio, sia  organizzato

individuando i requisiti professionali del personale da  assegnare  a

tale struttura facendo riferimento alle figure  gia'  previste  dalla

legge;

  b)  prevedere  altresi'  che  all'ufficio  per  il  processo   sono

attribuiti, previa formazione degli addetti alla struttura:

  1) compiti di supporto ai magistrati comprendenti, tra le altre, le

attivita' preparatorie per l'esercizio della funzione giurisdizionale

quali lo studio dei fascicoli, l'approfondimento giurisprudenziale  e

dottrinale, la selezione dei presupposti di mediabilita' della  lite,

la predisposizione di  bozze  di  provvedimenti,  il  supporto  nella

verbalizzazione,  la  cooperazione  per  l'attuazione  dei   progetti

organizzativi finalizzati  a  incrementare  la  capacita'  produttiva

dell'ufficio, ad abbattere l'arretrato e a prevenirne la formazione;

  2) compiti di supporto  per  l'ottimale  utilizzo  degli  strumenti

informatici;

  3) compiti  di  coordinamento  tra  l'attivita'  del  magistrato  e

l'attivita' del cancelliere;

  4) compiti di catalogazione, archiviazione e messa  a  disposizione

di precedenti giurisprudenziali;

  5) compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro;

    c) prevedere che presso la Corte di  cassazione  siano  istituite

una o piu' strutture organizzative denominate ufficio per il processo

presso la Corte di cassazione, in relazione alle quali:

  1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare

a tale  struttura  organizzativa,  facendo  riferimento  alle  figure

previste dalla legislazione  vigente  per  le  corti  d'appello  e  i

tribunali ordinari, in coerenza con la  specificita'  delle  funzioni

della Corte di cassazione;

  2) prevedere che all'ufficio per il processo  presso  la  Corte  di

cassazione, sotto la direzione e il coordinamento del presidente o di

uno o piu'  magistrati  da  lui  delegati,  previa  formazione  degli

addetti alla struttura, sono attribuiti compiti:

        2.1) di assistenza per l'analisi delle pendenze e dei  flussi

delle sopravvenienze;

        2.2) di supporto ai magistrati, comprendenti, tra l'altro, la

compilazione della scheda del ricorso, corredata  delle  informazioni

pertinenti quali la materia, la sintesi dei motivi e  l'esistenza  di

precedenti  specifici,  lo  svolgimento  dei  compiti  necessari  per

l'organizzazione delle udienze e delle camere di consiglio, anche con

l'individuazione di tematiche seriali, lo  svolgimento  di  attivita'

preparatorie  relative  ai   provvedimenti   giurisdizionali,   quali

ricerche  di  giurisprudenza,  di  legislazione,  di  dottrina  e  di

documentazione al fine di contribuire alla complessiva  gestione  dei

ricorsi e dei relativi provvedimenti giudiziali;

        2.3) di supporto  per  l'ottimale  utilizzo  degli  strumenti

informatici;

        2.4) di raccolta di materiale e documentazione anche  per  le

attivita' necessarie per l'inaugurazione dell'anno giudiziario;

    d) prevedere l'istituzione,  presso  la  Procura  generale  della

Corte di cassazione, di una o piu' strutture organizzative denominate

ufficio spoglio, analisi e documentazione, in relazione alle quali:

  1) individuare i requisiti professionali del personale da assegnare

a tale struttura, facendo  riferimento  alle  figure  previste  dalla

legislazione vigente per le corti d'appello e i  tribunali  ordinari,

in coerenza con la  specificita'  delle  attribuzioni  della  Procura

generale in materia di intervento dinanzi alla Corte di cassazione;

  2) prevedere che alla predetta struttura  organizzativa,  sotto  la

supervisione e gli indirizzi degli avvocati generali e dei magistrati

dell'ufficio, previa formazione degli addetti  alla  struttura,  sono

attribuiti compiti:

        2.1) di assistenza per l'analisi preliminare dei procedimenti

che  pervengono  per  l'intervento,   per   la   formulazione   delle

conclusioni e per il deposito  delle  memorie  dinanzi  alle  sezioni

unite e alle sezioni semplici della Corte;

        2.2) di supporto ai  magistrati  comprendenti,  tra  l'altro,

l'attivita' di ricerca e analisi su precedenti, orientamenti e prassi

degli uffici giudiziari di merito che formano oggetto dei  ricorsi  e

di individuazione delle questioni che  possono  formare  oggetto  del

procedimento   per   l'enunciazione   del   principio   di    diritto

nell'interesse della legge previsto dall'articolo 363 del  codice  di

procedura civile;

        2.3) di supporto  per  l'ottimale  utilizzo  degli  strumenti

informatici;

        2.4)  di  raccolta  di  materiale  e  documentazione  per  la

predisposizione dell'intervento del Procuratore generale in occasione

dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.

  19. Per l'attuazione delle disposizioni di  cui  al  comma  18,  il

Ministero della giustizia e' autorizzato ad assumere, con  decorrenza

non anteriore al 1° gennaio 2023, un contingente  di  500  unita'  di

personale  da  inquadrare  nella  III  area   funzionale,   posizione

economica F1, con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

  20. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti   legislativi   recanti   modifiche   alla   disciplina   del

procedimento notificatorio sono adottati nel  rispetto  dei  seguenti

principi e criteri direttivi:

    a) prevedere, quando il destinatario della  notificazione  e'  un

soggetto per il quale la legge prevede l'obbligo  di  munirsi  di  un

indirizzo di posta elettronica  certificata  risultante  da  pubblici

elenchi o quando il destinatario  ha  eletto  domicilio  digitale  ai

sensi    dell'articolo    3-bis,    comma    1-bis,    del     codice

dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7  marzo

2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle

persone fisiche e degli altri enti  di  diritto  privato  non  tenuti

all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese  ai

sensi  dell'articolo   6-quater   del   medesimo   codice,   che   la

notificazione degli atti  in  materia  civile  e  stragiudiziale  sia

eseguita dall'avvocato esclusivamente a mezzo  di  posta  elettronica

certificata,  nel  rispetto  della  normativa,  anche  regolamentare,

concernente la sottoscrizione, la trasmissione  e  la  ricezione  dei

documenti informatici;

    b) prevedere che,  quando  la  notificazione  a  mezzo  di  posta

elettronica certificata non sia possibile o non abbia esito  positivo

per  causa  imputabile  al  destinatario,  l'avvocato  provveda  alla

notificazione  esclusivamente  mediante  inserimento,  a  spese   del

richiedente, nell'area web riservata  di  cui  all'articolo  359  del

codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza,  di  cui  al  decreto

legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che la notificazione si abbia per

eseguita nel decimo giorno successivo a quello  in  cui  e'  compiuto

l'inserimento e che, solo quando la notificazione non sia possibile o

non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, la

notificazione si esegua con le modalita' ordinarie;

    c) prevedere che, quando la notificazione deve essere eseguita  a

mezzo  di  posta  elettronica  certificata  o  mediante   inserimento

nell'area  web  riservata,  sia  vietato  all'ufficiale   giudiziario

eseguire, su richiesta di  un  avvocato,  notificazioni  di  atti  in

materia civile e stragiudiziale,  salvo  che  l'avvocato  richiedente

dichiari che il destinatario della notificazione non  dispone  di  un

indirizzo di posta elettronica  certificata  risultante  da  pubblici

elenchi ovvero che la notificazione  a  mezzo  di  posta  elettronica

certificata non e' risultata possibile o non ha avuto esito  positivo

per cause non imputabili al destinatario;

    d)  adottare  misure  di  semplificazione  del  procedimento   di

notificazione nei casi in cui la stessa e' effettuata  dall'ufficiale

giudiziario, al fine di agevolare l'uso di  strumenti  informatici  e

telematici.

  21. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

dirette a rafforzare i doveri di leale collaborazione delle  parti  e

dei terzi sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e  criteri

direttivi:

  a) prevedere il riconoscimento dell'Amministrazione della giustizia

quale soggetto danneggiato nei casi di responsabilita'  aggravata  e,

conseguentemente, specifiche sanzioni  a  favore  della  cassa  delle

ammende;

  b) prevedere conseguenze processuali e sanzioni pecuniarie nei casi

di  rifiuto  non  giustificato  di  consentire  l'ispezione  prevista

dall'articolo 118 del codice  di  procedura  civile  e  nei  casi  di

rifiuto o inadempimento non giustificati  dell'ordine  di  esibizione

previsto dall'articolo 210 del medesimo codice;

  c) prevedere la fissazione di un termine non superiore  a  sessanta

giorni entro il quale la pubblica  amministrazione,  cui  sono  state

richieste informazioni ai  sensi  dell'articolo  213  del  codice  di

procedura civile, deve trasmetterle o deve comunicare le ragioni  del

diniego.

  22. Il decreto o i decreti legislativi attuativi  della  delega  di

cui al comma 1 sono  adottati  altresi'  nel  rispetto  dei  seguenti

principi e criteri direttivi:

  a) curare il  coordinamento  con  le  disposizioni  vigenti,  anche

modificando la formulazione e la collocazione delle norme del  codice

di procedura civile, del codice civile e  delle  norme  contenute  in

leggi speciali non direttamente  investite  dai  principi  e  criteri

direttivi di delega, comprese le disposizioni del testo  unico  delle

disposizioni di legge sulle acque e impianti  elettrici,  di  cui  al

regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, in modo da renderle ad  essi

conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune

disposizioni transitorie;

  b) apportare le necessarie modifiche alla legge 24 marzo  2001,  n.

89,  sostituendo  all'introduzione  del  giudizio  nelle  forme   del

procedimento sommario di cognizione di cui agli  articoli  702-bis  e

seguenti del codice di procedura civile quali rimedi  preventivi,  la

stipulazione, anche fuori dei casi  in  cui  l'accesso  preventivo  a

strumenti  alternativi  per   la   risoluzione   della   controversia

costituisce condizione di procedibilita' della domanda giudiziale, di

una convenzione di negoziazione assistita  ovvero  la  partecipazione

personale al procedimento  di  mediazione  anche  successivamente  al

primo incontro ovvero la partecipazione attiva ad altri  procedimenti

di conciliazione e mediazione previsti da  disposizioni  speciali  e,

per  i  giudizi  davanti  alla  corte  d'appello,  alla  proposizione

d'istanza di decisione in udienza, all'esito  di  discussione  orale,

preceduta dalla sola precisazione delle conclusioni nel  corso  della

medesima udienza;

  c) prevedere che il difetto di giurisdizione:

  1) sia rilevabile nel giudizio di primo grado anche d'ufficio e nei

successivi gradi del processo solo quando  e'  oggetto  di  specifico

motivo di impugnazione;

  2) non sia eccepibile nel giudizio di gravame da parte  dell'attore

che ha promosso il giudizio di primo grado.

  23. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina processuale per

la realizzazione di un rito  unificato  denominato  «procedimento  in

materia di persone, minorenni e famiglie» sono adottati nel  rispetto

dei seguenti principi e criteri direttivi:

    a) prevedere l'introduzione di nuove disposizioni in un  apposito

titolo IV-bis del libro II del codice di procedura civile,  rubricato

«Norme per  il  procedimento  in  materia  di  persone,  minorenni  e

famiglie», recante la disciplina  del  rito  applicabile  a  tutti  i

procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni  e  alle

famiglie di competenza del tribunale ordinario, del tribunale  per  i

minorenni e del giudice tutelare,  con  esclusione  dei  procedimenti

volti  alla  dichiarazione  di  adottabilita',  dei  procedimenti  di

adozione di  minori  di  eta'  e  dei  procedimenti  attribuiti  alla

competenza delle sezioni  istituite  dal  decreto-legge  17  febbraio

2017, n. 13, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  13  aprile

2017, n. 46, e con abrogazione, riordino, coordinamento, modifica  ed

integrazione delle disposizioni vigenti;

    b) nei procedimenti di cui alla  lettera  a),  prevedere  che  in

presenza di allegazioni di  violenza  domestica  o  di  genere  siano

assicurate:  su  richiesta,  adeguate  misure   di   salvaguardia   e

protezione, avvalendosi delle misure di cui all'articolo 342-bis  del

codice civile; le necessarie modalita'  di  coordinamento  con  altre

autorita' giudiziarie, anche inquirenti; l'abbreviazione dei  termini

processuali nonche' specifiche disposizioni processuali e sostanziali

per evitare la vittimizzazione secondaria. Qualora un  figlio  minore

rifiuti di incontrare uno o entrambi i  genitori,  prevedere  che  il

giudice, personalmente, sentito il minore e assunta ogni informazione

ritenuta necessaria, accerta con urgenza  le  cause  del  rifiuto  ed

assume  i  provvedimenti  nel   superiore   interesse   del   minore,

considerando ai fini della determinazione dell'affidamento dei  figli

e degli incontri con i figli eventuali episodi di violenza.  In  ogni

caso, garantire che gli eventuali incontri tra i genitori e il figlio

avvengano, se necessario, con l'accompagnamento dei servizi sociali e

non compromettano la sicurezza della vittima. Prevedere che,  qualora

il giudice  ritenga  di  avvalersi  dell'ausilio  di  un  consulente,

procede alla sua nomina con  provvedimento  motivato,  indicando  gli

accertamenti da svolgere; il  consulente  del  giudice  eventualmente

nominato si attiene ai protocolli  e  alle  metodologie  riconosciuti

dalla  comunita'  scientifica   senza   effettuare   valutazioni   su

caratteristiche e  profili  di  personalita'  estranee  agli  stessi;

prevedere esplicitamente, inoltre, che i provvedimenti  di  cui  agli

articoli  342-bis  e  seguenti  del  codice  civile  possono   essere

richiesti ed emessi anche dal tribunale per i minorenni e  quando  la

convivenza e' gia' cessata;

    c)  prevedere  la  competenza  del  tribunale   in   composizione

collegiale, con facolta' di delega per la trattazione e  l'istruzione

al giudice relatore, stabilendo che nel tribunale per i minorenni  la

prima udienza di cui alla lettera l) e  le  udienze  all'esito  delle

quali  devono   essere   adottati   provvedimenti   decisori,   anche

provvisori, sono tenute dal giudice relatore,  con  facolta'  per  lo

stesso di delegare ai giudici onorari  specifici  adempimenti  e  con

l'esclusione della facolta'  di  delegare  l'ascolto  dei  minorenni,

l'assunzione delle  testimonianze  e  tutti  gli  atti  riservati  al

giudice togato;

    d) procedere al riordino dei criteri di competenza  territoriale,

prevedendo quale  criterio  di  competenza  prevalente  quello  della

residenza abituale del minore che corrisponde  al  luogo  in  cui  si

trova di fatto il centro della sua vita al momento della proposizione

della domanda, salvo il caso di  illecito  trasferimento,  prevedendo

altresi' che  per  il  cambio  di  residenza  ovvero  per  la  scelta

dell'istituto scolastico anche prima della separazione  dei  genitori

sia sempre necessario il consenso di entrambi i genitori, ovvero,  in

difetto, del giudice;

    e) disporre l'intervento necessario del  pubblico  ministero,  ai

sensi dell'articolo 70 del codice di procedura civile, fermo restando

il potere  del  pubblico  ministero  nei  procedimenti  di  cui  agli

articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile e  in  quelli  di

cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, di proporre la relativa azione;

    f) prevedere l'introduzione del giudizio con ricorso, redatto  in

modo sintetico, contenente: l'indicazione del giudice, le generalita'

e la residenza abituale del ricorrente, del resistente  e  dei  figli

comuni  della  coppia,  minorenni,  maggiorenni  economicamente   non

autosufficienti o portatori di handicap grave ai sensi  dell'articolo

3, comma 3, della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104,  ai  quali  il

procedimento  si  riferisce;  la  determinazione  dell'oggetto  della

domanda; l'esposizione dei fatti e  degli  elementi  di  diritto  sui

quali si fonda la domanda con le relative conclusioni; l'indicazione,

a pena di decadenza per le sole domande  aventi  ad  oggetto  diritti

disponibili, dei mezzi di prova e dei documenti di cui il  ricorrente

intenda  avvalersi;  il   deposito   di   copia   dei   provvedimenti

eventualmente gia' adottati all'esito di uno dei procedimenti di  cui

alla lettera a); l'indicazione di  procedimenti  penali  in  cui  una

delle parti o il minorenne  sia  persona  offesa;  nelle  ipotesi  di

domande di natura economica, il deposito di copia delle  denunce  dei

redditi e di documentazione attestante le  disponibilita'  mobiliari,

immobiliari  e  finanziarie  delle  parti  degli  ultimi  tre   anni,

disponendo le sanzioni per il mancato deposito  della  documentazione

senza giustificato motivo ovvero per il  deposito  di  documentazione

inesatta o incompleta; prevedere che con  gli  atti  introduttivi  le

parti depositino altresi'  un  piano  genitoriale  che  illustri  gli

impegni e le attivita'  quotidiane  dei  minori,  relativamente  alla

scuola,   al   percorso   educativo,   alle    eventuali    attivita'

extrascolastiche,   sportive,   culturali    e    ricreative,    alle

frequentazioni  parentali   e   amicali,   ai   luoghi   abitualmente

frequentati, alle vacanze normalmente godute; prevedere che all'esito

del deposito del ricorso sia fissata con decreto la data dell'udienza

di comparizione delle parti davanti al giudice  relatore,  da  tenere

entro novanta giorni dal deposito del ricorso; prevedere inoltre  che

il capo dell'ufficio giudiziario vigili sul rispetto di tale  termine

e ne tenga conto nella formulazione dei rapporti per  la  valutazione

di  professionalita';  prevedere  con  la   fissazione   della   data

l'indicazione del termine per la  notificazione  del  ricorso  e  del

decreto e del termine per la costituzione della parte convenuta,  con

possibilita'  per  il  giudice  relatore  di  assumere  provvedimenti

d'urgenza   nell'interesse   delle   parti   e   dei   minori   prima

dell'instaurazione  del   contraddittorio,   quando   cio'   potrebbe

pregiudicare  l'attuazione  del  provvedimento  o  in   presenza   di

pregiudizio  imminente  ed  irreparabile,   fissando   l'udienza   di

comparizione delle parti per la conferma, modifica o revoca  di  tali

provvedimenti entro i successivi quindici giorni; prevedere  che  con

il decreto  di  fissazione  della  prima  udienza  il  giudice  debba

informare le parti della possibilita' di avvalersi  della  mediazione

familiare, con esclusione dei casi in cui una delle parti  sia  stata

destinataria di condanna anche non  definitiva  o  di  emissione  dei

provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di  reato  previsti

dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio d'Europa

sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei  confronti  delle

donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011,  di

cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77;

    g) prevedere che, in assenza di limitazioni  o  provvedimenti  di

decadenza  della   responsabilita'   genitoriale,   nell'assumere   i

provvedimenti circa l'affido dei  figli  minori  il  giudice  indichi

quali   sono   le   informazioni   che    ciascun    genitore    deve

obbligatoriamente comunicare all'altro;

    h) prevedere che il convenuto debba costituirsi mediante comparsa

di costituzione, redatta in modo sintetico, nella quale devono essere

proposte, a pena di decadenza, eventuali domande  riconvenzionali  ed

eccezioni processuali e di merito non rilevabili  d'ufficio,  nonche'

contestazioni specifiche sui fatti affermati dal ricorrente e, a pena

di  decadenza  per  le  sole  domande  aventi  ad   oggetto   diritti

disponibili,  i  mezzi  di  prova   e   i   documenti,   oltre   alla

documentazione indicata nella lettera f) e con le stesse sanzioni per

il mancato deposito della documentazione  senza  giustificato  motivo

ovvero per il deposito di documentazione inesatta o incompleta;

    i) disciplinare le difese  del  ricorrente  in  caso  di  domande

riconvenzionali del convenuto, nonche' la possibilita' di precisare e

modificare le domande e proporre nuove istanze istruttorie alla  luce

delle  difese  della  controparte;  prevedere   in   ogni   caso   la

possibilita' di introdurre  nel  corso  del  giudizio  domande  nuove

relative all'affidamento e al mantenimento  dei  figli  minori  e  di

quelli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo

3, comma  3,  della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104,  nonche'  la

possibilita' di introdurre domande  nuove  relative  al  mantenimento

delle   parti   e   dei   figli   maggiorenni   non    economicamente

autosufficienti nelle sole ipotesi di fatti  sopravvenuti  ovvero  di

nuovi accertamenti istruttori;

    l) prevedere che  la  prima  udienza  si  svolga  con  necessaria

comparizione  personale  delle  parti  per  essere   sentite,   anche

separatamente, e per il tentativo  di  conciliazione,  disponendo  le

sanzioni per la mancata  comparizione  senza  giustificato  motivo  e

prevedendo in ogni caso la data di  decorrenza  dei  provvedimenti  a

contenuto economico, con facolta' di farli retroagire alla data della

domanda  o  comunque  della  prima  udienza,  e  che  il  verbale  di

conciliazione costituisca titolo esecutivo e titolo per  l'iscrizione

di ipoteca giudiziale; prevedere che, in caso di mancata comparizione

del convenuto senza giustificato motivo, il giudice adotta comunque i

provvedimenti provvisori e urgenti  all'esito  della  prima  udienza,

determinando la  data  di  decorrenza  dei  provvedimenti  di  natura

economica anche a far data dalla  domanda;  prevedere  che  la  prima

udienza debba svolgersi con necessaria comparizione  personale  delle

parti per il tentativo di conciliazione, con esclusione delle ipotesi

in cui siano allegate o segnalate violenze di genere o domestiche,  e

che il giudice possa formulare una proposta di  definizione  motivata

anche tenendo conto  di  tutte  le  circostanze  e  delle  risultanze

istruttorie acquisite; prevedere che la  mancata  comparizione  senza

giustificato motivo sia valutata ai sensi dell'articolo 116,  secondo

comma, del codice di procedura civile e  che  possa  altresi'  essere

tenuta in considerazione ai  fini  delle  spese  di  lite;  prevedere

infine che il verbale di conciliazione costituisca titolo esecutivo e

titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale;

    m) prevedere che,  qualora  il  tentativo  di  conciliazione  non

riesca, il  presidente,  anche  d'ufficio,  sentiti  le  parti  ed  i

rispettivi difensori, assuma con ordinanza i provvedimenti temporanei

e urgenti che reputa  opportuni  nell'interesse  della  prole  e  dei

coniugi, nonche' che il tentativo di conciliazione non  sia  esperito

nei casi in cui sia allegata qualsiasi  forma  di  violenza  prevista

dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta

contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,

fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno  2013,

n. 77; in tali  casi  la  comparizione  personale  delle  parti  deve

avvenire in orari differiti;

    n) prevedere che il giudice relatore possa, con esclusione  delle

fattispecie in cui siano allegate violenze di  genere  o  domestiche,

secondo  quanto  previsto  dalla  citata  Convenzione  del  Consiglio

d'Europa  sulla  prevenzione  e  la  lotta  contro  la  violenza  nei

confronti delle donne e la violenza domestica, invitare le  parti  ad

esperire un tentativo di mediazione familiare; in caso di rifiuto  di

una delle parti, il giudice pronuncia i provvedimenti  temporanei  ed

urgenti;

    o)  prevedere  che  l'attivita'   professionale   del   mediatore

familiare, la sua formazione, le regole deontologiche  e  le  tariffe

applicabili siano regolate secondo quanto  previsto  dalla  legge  14

gennaio 2013, n. 4;

    p) prevedere  l'istituzione,  presso  ciascun  tribunale,  di  un

elenco dei mediatori familiari iscritti presso  le  associazioni  del

settore, secondo quanto disciplinato dalla legge 14 gennaio 2013,  n.

4, con possibilita' per le parti di scegliere il mediatore tra quelli

iscritti in tale elenco; prevedere che i  mediatori  familiari  siano

dotati  di  adeguata  formazione  e   specifiche   competenze   nella

disciplina giuridica della famiglia, nonche' in materia di tutela dei

minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica, e che i

mediatori abbiano l'obbligo di interrompere la loro opera nel caso in

cui emerga qualsiasi forma di violenza;

    q) prevedere che alla prima udienza, in mancanza di conciliazione

tra le parti, il giudice, ove la causa sia matura per  la  decisione,

inviti le parti alla discussione,  pronunciando  sentenza  definitiva

ovvero parziale qualora possa essere decisa la sola domanda  relativa

allo stato delle persone e il procedimento debba  continuare  per  la

definizione delle ulteriori domande;

    r) prevedere che qualora il processo debba continuare il  giudice

relatore, nel contraddittorio tra le parti:  adotti  i  provvedimenti

temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse delle  parti

stesse, nel limite delle rispettive domande e anche d'ufficio  per  i

minori, per i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti  e

per  i  figli  maggiorenni  portatori  di  handicap  grave  ai  sensi

dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,  n.  104,  che

costituiscono titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione  di  ipoteca

giudiziale, disciplinando il regime della reclamabilita'  dinanzi  al

giudice, che decide in composizione collegiale; ammetta  le  prove  o

adotti gli altri provvedimenti istruttori, fissando l'udienza per  la

prosecuzione   del   giudizio;   prevedere   che   nell'adottare    i

provvedimenti temporanei e urgenti il  giudice  possa  formulare  una

proposta di piano genitoriale nella quale illustrare  la  complessiva

situazione di vita del minore e le sue esigenze dal  punto  di  vista

dell'affidamento e dei tempi di frequentazione dei genitori,  nonche'

del mantenimento, dell'istruzione, dell'educazione e  dell'assistenza

morale del minore, nel rispetto dei principi  previsti  dall'articolo

337-ter del codice civile; prevedere  altresi'  che  all'interno  del

piano  genitoriale  siano  individuati  i  punti  sui  quali  vi  sia

l'accordo dei genitori e che il  mancato  rispetto  delle  condizioni

previste nel piano genitoriale costituisce comportamento sanzionabile

ai sensi dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile;

    s)  prevedere  che  il  giudice   dispone   in   ogni   caso   la

videoregistrazione dell'audizione del minore;

    t) prevedere che il giudice, anche relatore, previo  ascolto  non

delegabile del minore anche infradodicenne, ove capace  di  esprimere

la propria volonta', fatti salvi i casi di impossibilita' del minore,

possa adottare provvedimenti relativi ai minori d'ufficio e anche  in

assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio tra le parti  a

pena di nullita' del provvedimento; prevedere che il  giudice,  anche

relatore, possa disporre  d'ufficio  mezzi  di  prova  a  tutela  dei

minori, nonche' delle vittime di violenze,  anche  al  di  fuori  dei

limiti  stabiliti   dal   codice   civile,   sempre   garantendo   il

contraddittorio e il diritto alla prova  contraria,  disciplinando  i

poteri istruttori officiosi di indagine patrimoniale;

    u) stabilire che i provvedimenti temporanei  ed  urgenti  debbano

contenere le modalita' e i termini di prosecuzione del giudizio,  che

possano essere modificati o revocati dal giudice, anche relatore, nel

corso del giudizio in presenza  di  fatti  sopravvenuti  o  di  nuovi

accertamenti istruttori, che mantengano la loro efficacia in caso  di

estinzione  del  processo  e  che  siano  disciplinate  le  forme  di

controllo dei provvedimenti emessi nel corso del giudizio;

    v) modificare l'articolo  178  del  codice  di  procedura  civile

introducendo una disposizione  in  cui  si  preveda  che,  una  volta

istituito il tribunale per le persone,  per  i  minorenni  e  per  le

famiglie,  l'ordinanza  del  giudice   istruttore   in   materia   di

separazione e di affidamento dei figli e' impugnabile dalle parti con

reclamo immediato al collegio, che il reclamo  deve  essere  proposto

nel termine perentorio di venti giorni dalla  lettura  alla  presenza

delle parti oppure dalla ricezione della relativa notifica e  che  il

collegio decide in  camera  di  consiglio  entro  trenta  giorni  dal

deposito del reclamo;

    z) prevedere che per  la  fase  decisoria  il  giudice  relatore,

esaurita l'istruzione, fissi davanti a se'  l'udienza  di  rimessione

della causa in decisione con assegnazione dei termini per gli scritti

difensivi finali, che all'udienza la causa sia posta in decisione dal

giudice relatore che si riserva di riferire  al  collegio  e  che  la

sentenza venga depositata nel termine di sessanta giorni;

    aa) prevedere che in presenza di allegazioni  o  segnalazioni  di

comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un

rapporto  equilibrato  e  continuativo  con  l'altro  genitore  e  la

conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti  e  con  i

parenti di ciascun ramo genitoriale siano assicurate  l'abbreviazione

dei termini processuali e la concreta  attuazione  dei  provvedimenti

adottati nell'interesse del minore;

    bb) prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente

quanto  il  convenuto  abbiano  facolta'  di  proporre   domanda   di

scioglimento  o  cessazione  degli  effetti  civili  del  matrimonio,

disponendo  che  quest'ultima  sia  procedibile  solo  all'esito  del

passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia  pronunciato

la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'articolo

3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898,  e  che  sia  ammissibile  la

riunione dei procedimenti aventi ad oggetto  queste  domande  qualora

pendenti  tra  le  stesse  parti  dinanzi  al   medesimo   tribunale,

assicurando in entrambi i casi l'autonomia  dei  diversi  capi  della

sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti;

    cc) stabilire che nei procedimenti di separazione personale e  di

scioglimento o cessazione degli  effetti  civili  del  matrimonio  le

parti possano, sino alla prima udienza di comparizione, concludere un

accordo sulla legge applicabile alla separazione  e  al  divorzio  ai

sensi degli articoli 8 e 9 del  regolamento  (UE)  n.  1259/2010  del

Consiglio, del 20 dicembre 2010;

    dd) prevedere: la nomina, anche d'ufficio, del curatore  speciale

del minore; il riordino delle disposizioni in materia di ascolto  del

minore,  anche  alla   luce   della   normativa   sovranazionale   di

riferimento; la predisposizione di  autonoma  regolamentazione  della

consulenza tecnica psicologica, anche con l'inserimento nell'albo dei

consulenti tecnici d'ufficio di indicazioni relative alle  specifiche

competenze; la possibilita' di nomina di un tutore del minore,  anche

d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti di cui alla lettera

a), e in caso di adozione di provvedimenti ai  sensi  degli  articoli

330 e 333 del codice civile;

    ee) prevedere la facolta' per  il  giudice,  anche  relatore,  su

richiesta  concorde  di   entrambe   le   parti,   di   nominare   un

professionista, scelto tra quelli iscritti nell'albo  dei  consulenti

tecnici d'ufficio, ovvero anche al di fuori dell'albo in presenza  di

concorde richiesta delle parti, dotato di  specifiche  competenze  in

grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul  nucleo

familiare, per superare conflitti tra le parti, per  fornire  ausilio

per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni  tra

genitori e figli;

    ff) adottare, per i procedimenti di cui alla lettera a), puntuali

disposizioni   per    regolamentare    l'intervento    dei    servizi

socio-assistenziali  o  sanitari,  in   funzione   di   monitoraggio,

controllo e accertamento,  prevedendo  che  nelle  relazioni  redatte

siano  tenuti  distinti  con  chiarezza   i   fatti   accertati,   le

dichiarazioni rese dalle  parti  e  le  valutazioni  formulate  dagli

operatori, con diritto delle parti e  dei  loro  difensori  di  avere

visione di ogni relazione ed accertamento compiuto  dai  responsabili

del servizio socio-assistenziale o sanitario, e,  fermo  restando  il

principio generale dell'interesse del minore  a  mantenere  relazioni

significative con i genitori, sia assicurato  che  nelle  ipotesi  di

violenze di genere e domestiche tale intervento sia disposto solo  in

quanto specificamente diretto alla protezione  della  vittima  e  del

minore  e   sia   adeguatamente   motivato,   nonche'   disciplinando

presupposti e  limiti  dell'affidamento  dei  minorenni  al  servizio

sociale; dettare disposizioni per individuare modalita' di esecuzione

dei provvedimenti relativi ai minori,  prevedendo  che  queste  siano

determinate dal giudice in apposita udienza in contraddittorio con le

parti, salvo che sussista il concreto e attuale pericolo, desunto  da

circostanze specifiche ed oggettive, di sottrazione del minore  o  di

altre  condotte  che   potrebbero   pregiudicare   l'attuazione   del

provvedimento, che in caso di mancato  accordo  l'esecuzione  avvenga

sotto il controllo  del  giudice,  anche  con  provvedimenti  assunti

nell'immediatezza, che nell'esecuzione sia  sempre  salvaguardato  il

preminente interesse alla salute  psicofisica  del  minorenne  e  che

l'uso  della  forza  pubblica,  sostenuto  da  adeguata  e  specifica

motivazione, sia limitato ai  soli  casi  in  cui  sia  assolutamente

indispensabile e sia posto in essere  per  il  tramite  di  personale

specializzato;

    gg) riformare la disciplina dei  procedimenti  per  la  tutela  e

l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla  legge  4

maggio 1983, n. 184, e in particolare:

      1)  prevedere  cause  di  incompatibilita'   con   l'assunzione

dell'incarico  di  consulente  tecnico  d'ufficio  nonche'   con   lo

svolgimento delle funzioni di assistente sociale nei procedimenti che

riguardano l'affidamento dei minori, per coloro che rivestono cariche

rappresentative in strutture o comunita' pubbliche o  private  presso

le quali sono  inseriti  i  minori,  che  partecipano  alla  gestione

complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore  di  esse

attivita' professionale, anche a titolo gratuito, o che  fanno  parte

degli organi sociali di  societa'  che  le  gestiscono,  nonche'  per

coloro il cui coniuge, parte dell'unione civile, convivente,  parente

o affine entro il quarto grado svolge le medesime funzioni presso  le

citate  strutture  o  comunita';   apportare   modifiche   al   regio

decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni,

dalla legge 27 maggio 1935,  n.  835,  per  adeguare  le  ipotesi  di

incompatibilita' ivi previste per i giudici onorari a quelle previste

dal presente numero;

      2) introdurre il divieto di affidamento dei  minori  a  persone

che sono parenti o affini entro il quarto grado del  giudice  che  ha

disposto il collocamento,  del  consulente  tecnico  d'ufficio  o  di

coloro che  hanno  svolto  le  funzioni  di  assistente  sociale  nel

medesimo procedimento nonche' il divieto di collocamento  dei  minori

presso  strutture  o  comunita'  pubbliche  o  private  nelle   quali

rivestono  cariche  rappresentative,  o  partecipano  alla   gestione

complessiva o prestano a favore di esse attivita' professionale anche

a titolo gratuito o fanno parte degli organi sociali di societa'  che

le gestiscono, persone che sono parente  o  affine  entro  il  quarto

grado, convivente, parte dell'unione civile o coniuge del giudice che

ha disposto il collocamento, del consulente tecnico  d'ufficio  o  di

coloro che  hanno  svolto  le  funzioni  di  assistente  sociale  nel

medesimo procedimento;

    hh) introdurre un  unico  rito  per  i  procedimenti  su  domanda

congiunta di separazione personale dei  coniugi,  di  divorzio  e  di

affidamento dei  figli  nati  fuori  del  matrimonio,  modellato  sul

procedimento previsto  dall'articolo  711  del  codice  di  procedura

civile,  disponendo  che   nel   ricorso   debba   essere   contenuta

l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri

a carico delle parti, prevedendo la possibilita' che l'udienza per il

tentativo di conciliazione delle parti si  svolga  con  modalita'  di

scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine  rilasciare

dichiarazione contenente la volonta'  di  non  volersi  riconciliare;

introdurre un unico rito per i procedimenti  relativi  alla  modifica

delle condizioni di separazione ai sensi dell'articolo 711 del codice

di procedura civile, alla revisione delle condizioni di  divorzio  ai

sensi dell'articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n.  898,  e  alla

modifica  delle  condizioni  relative  ai  figli  di   genitori   non

coniugati, strutturato mediante presentazione di istanza congiunta  e

successiva decisione da parte del tribunale, prevedendo la fissazione

dell'udienza di comparizione personale delle parti nei soli  casi  di

richiesta congiunta delle  parti  ovvero  nelle  ipotesi  in  cui  il

tribunale ravvisi la necessita' di  approfondimenti  in  merito  alle

condizioni proposte dalle parti;

    ii) procedere al riordino della disciplina di cui  agli  articoli

145 e 316 del codice civile, attribuendo la  relativa  competenza  al

giudice anche  su  richiesta  di  una  sola  parte  e  prevedendo  la

possibilita'  di  ordinare  al  coniuge  inadempiente  al  dovere  di

contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall'articolo 143  del

codice civile di versare una  quota  dei  propri  redditi  in  favore

dell'altro; prevedere altresi' che il  relativo  provvedimento  possa

valere in via esecutiva diretta contro il terzo, in analogia a quanto

previsto dall'articolo 8 della legge 1° dicembre 1970, n. 898;

    ll) procedere al riordino della disciplina  di  cui  all'articolo

156 del codice civile, all'articolo 8 della legge 1°  dicembre  1970,

n. 898, all'articolo 3 della  legge  10  dicembre  2012,  n.  219,  e

all'articolo 316-bis del codice civile, introducendo un unico modello

processuale strutturato in analogia a quanto previsto dall'articolo 8

della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che tenga conto  dell'assenza

di limiti prevista dall'articolo 156 del codice civile  per  adottare

le garanzie a tutela dell'adempimento  delle  obbligazioni  a  carico

dell'onerato e per il sequestro;

    mm) procedere al riordino della disciplina  di  cui  all'articolo

709-ter del codice di procedura civile, con possibilita' di  adottare

anche   d'ufficio,   previa   instaurazione   del    contraddittorio,

provvedimenti ai sensi dell'articolo 614-bis del codice di  procedura

civile in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di  non  fare

anche quando relativi ai minori;

    nn) predisporre autonoma  regolamentazione  per  il  giudizio  di

appello, per tutti i procedimenti di cui alla lettera a);

    oo) prevedere che i provvedimenti adottati dal giudice  tutelare,

inclusi quelli emessi ai sensi dell'articolo 720-bis  del  codice  di

procedura civile in materia di  amministrazione  di  sostegno,  siano

reclamabili al tribunale che decide in composizione  monocratica  per

quelli aventi  contenuto  patrimoniale  gestorio  e  in  composizione

collegiale in tutti gli altri casi; prevedere che  del  collegio  non

possa far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato.

  24. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti norme per l'istituzione del tribunale per

le persone, per i minorenni e  per  le  famiglie  sono  adottati  con

l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

    a) riorganizzare il funzionamento e le competenze  del  tribunale

per i minorenni di cui al regio  decreto-legge  20  luglio  1934,  n.

1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio  1935,  n.

835, che assume la denominazione di «tribunale per le persone, per  i

minorenni e per le famiglie» composto dalla  sezione  distrettuale  e

dalle sezioni circondariali, prevedendo che la  sezione  distrettuale

sia costituita presso ciascuna sede di corte d'appello o  di  sezione

di corte d'appello e che le sezioni  circondariali  siano  costituite

presso ogni sede  di  tribunale  ordinario  di  cui  all'articolo  42

dell'ordinamento giudiziario, di cui  al  regio  decreto  30  gennaio

1941, n. 12, collocata nel distretto di corte d'appello o di  sezione

di  corte  d'appello  in  cui  ha  sede  la   sezione   distrettuale;

organizzare il tribunale per le persone, per i  minorenni  e  per  le

famiglie nell'ambito delle attuali dotazioni organiche del  personale

di magistratura, del personale  amministrativo,  dirigenziale  e  non

dirigenziale, e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

    b) trasferire le competenze civili, penali e di sorveglianza  del

tribunale per i minorenni alle sezioni distrettuali del tribunale per

le persone, per i minorenni e per le  famiglie,  ad  eccezione  delle

competenze civili indicate nella lettera c) che sono trasferite  alle

sezioni circondariali;

    c) attribuire alle sezioni circondariali  del  tribunale  per  le

persone, per i minorenni e per le famiglie le competenze assegnate al

tribunale per i minorenni dall'articolo  38  delle  disposizioni  per

l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui  al

regio decreto 30 marzo 1942, n. 318,  dall'articolo  403  del  codice

civile e dai titoli I e I-bis della legge  4  maggio  1983,  n.  184,

oltre a tutte le competenze civili attribuite al tribunale  ordinario

nelle cause riguardanti lo stato e la  capacita'  delle  persone,  ad

esclusione  delle  cause   aventi   ad   oggetto   la   cittadinanza,

l'immigrazione e il riconoscimento della  protezione  internazionale,

nonche'  quelle  riguardanti  la  famiglia,   l'unione   civile,   le

convivenze, i minori e tutti i procedimenti di competenza del giudice

tutelare, nonche' i procedimenti aventi ad  oggetto  il  risarcimento

del danno endo-familiare;

  d) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria  per  svolgere  le

funzioni  di  presidente  della  sezione  distrettuale  e  la  minore

anzianita' di servizio necessaria per svolgere quelle  di  presidente

della sezione circondariale;

  e)  determinare  le  competenze  del   presidente   della   sezione

distrettuale e del presidente della sezione circondariale;

  f) stabilire che i giudici assegnati al tribunale per  le  persone,

per i minorenni e per le famiglie siano scelti tra quelli  dotati  di

specifiche  competenze  nelle   materie   attribuite   all'istituendo

tribunale, stabilire l'anzianita' di servizio necessaria  e  disporre

che non si  applichi  il  limite  dell'assegnazione  decennale  nella

funzione;

  g) stabilire che i magistrati siano assegnati in via  esclusiva  al

tribunale per  le  persone,  per  i  minorenni  e  per  le  famiglie;

disciplinare la  possibilita'  di  applicazione,  anche  per  singoli

procedimenti individuati con criteri predeterminati nei provvedimenti

tabellari   con   provvedimento   del   presidente   della    sezione

distrettuale, dei giudici delle sezioni  circondariali  alla  sezione

distrettuale ovvero  dei  giudici  della  sezione  distrettuale  alle

sezioni circondariali, prevedendo la possibilita' che le udienze,  in

caso di applicazione, possano svolgersi con modalita' di  scambio  di

note scritte o di collegamento da remoto e con  possibilita'  per  il

giudice di tenere udienza in luogo diverso dall'ufficio;

  h) stabilire che i magistrati onorari assegnati ai tribunali per  i

minorenni al momento dell'istituzione del tribunale per  le  persone,

per i  minorenni  e  per  le  famiglie,  ferme  le  disposizioni  che

prevedono la loro presenza nella composizione dei collegi  secondo  i

principi di delega di seguito indicati, siano  assegnati  all'ufficio

per il processo gia' esistente presso il tribunale ordinario  per  le

funzioni da svolgere  nell'ambito  delle  sezioni  circondariali  del

tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

  i) disciplinare composizione ed attribuzioni  dell'ufficio  per  il

processo secondo  quelle  previste  per  l'ufficio  per  il  processo

costituito  presso  i  tribunali  ordinari  ai  sensi   dell'articolo

16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito,  con

modificazioni, dalla legge 17 dicembre  2012,  n.  221,  prevedendola

possibilita'  di  demandare  ai  giudici  onorari,  che  integreranno

l'ufficio, oltre alle funzioni previste per l'ufficio per il processo

presso  il  tribunale  ordinario,  funzioni  di   conciliazione,   di

informazione sulla mediazione familiare, di ausilio  all'ascolto  del

minore e di sostegno ai minorenni e alle parti, con  attribuzione  di

specifici  compiti  puntualmente  delegati  dal   magistrato   togato

assegnatario del procedimento, secondo le competenze  previste  dalla

legislazione vigente;

  l) stabilire che nelle  materie  del  penale  minorile  la  sezione

distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e  per  le

famiglie sia competente per tutti i procedimenti gia' attribuiti alla

competenza del tribunale per i minorenni e giudichi  in  composizione

monocratica  o  collegiale  secondo  le  disposizioni   vigenti   che

disciplinano la materia;

  m) stabilire che, nelle materie  della  sorveglianza  minorile,  la

sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni  e

per  le  famiglie  sia  competente  per  tutti  i  procedimenti  gia'

attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni  e  giudichi

in composizione monocratica  o  collegiale  secondo  le  disposizioni

vigenti che disciplinano la materia;

  n) stabilire che, nei procedimenti civili che rientrano nelle  loro

rispettive competenze, secondo quanto previsto nelle lettere b) e c),

le sezioni circondariali giudichino in composizione monocratica e  le

sezioni  distrettuali  giudichino  in  composizione  collegiale,  con

esclusione dei soli procedimenti di cui ai titoli II, III e IV  della

legge 4 maggio 1983, n. 184, per  i  quali  le  sezioni  distrettuali

giudicano in composizione collegiale, con collegio  composto  da  due

magistrati togati e da due magistrati onorari;

  o) stabilire che: ogni  provvedimento  che  definisce  il  giudizio

adottato dal giudice  della  sezione  circondariale  sia  impugnabile

dinanzi  alla  sezione  distrettuale,  che  giudica  in  composizione

collegiale, prevedendo che  del  collegio  non  possa  far  parte  il

giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; ogni  provvedimento

che definisce il giudizio adottato, quale giudice di  prima  istanza,

dalla sezione distrettuale nelle materie di competenza  della  stessa

sia impugnabile  dinanzi  alla  sezione  di  corte  d'appello  per  i

minorenni;

  p) stabilire che avverso i provvedimenti di  cui  alla  lettera  o)

possa  essere  proposto  ricorso   per   cassazione   e   avverso   i

provvedimenti provvisori emessi ai sensi degli articoli  330,  332  e

333 del codice civile dalle sezioni distrettuali del tribunale per le

persone, per i minorenni e  per  le  famiglie,  su  reclamo  proposto

avverso   i   provvedimenti   provvisori   emessi    dalle    sezioni

circondariali, possa essere proposto ricorso per cassazione ai  sensi

dell'articolo 111 della Costituzione;

  q) stabilire che nel settore civile ogni provvedimento  provvisorio

adottato dalle sezioni circondariali che presenti contenuti  decisori

sia  reclamabile  dinanzi  alla  sezione  distrettuale  e  che   ogni

provvedimento provvisorio adottato  dalla  sezione  distrettuale  che

presenti contenuti decisori nelle materie di competenza della  stessa

sia reclamabile  dinanzi  alla  sezione  di  corte  d'appello  per  i

minorenni, fatto salvo quanto previsto dalla legge 15  gennaio  1994,

n. 64, in materia di sottrazione internazionale di minorenni;

  r) stabilire per i  procedimenti  civili  elencati  nel  comma  23,

lettera a), l'applicazione del rito unificato in materia di  persone,

minorenni e famiglie previsto dal medesimo  comma  23,  salvo  quanto

previsto dalle lettere n), o) e q) del presente comma;

  s) stabilire che per i procedimenti  civili  non  ricompresi  nella

lettera r) si applichino  le  disposizioni  processuali  vigenti  che

disciplinano la materia;

  t) riorganizzare il  funzionamento  e  le  competenze  dell'ufficio

della procura della Repubblica presso il tribunale  per  i  minorenni

che assume la denominazione di ufficio della procura della Repubblica

presso il tribunale  per  le  persone,  per  i  minorenni  e  per  le

famiglie,  attribuendo,  inoltre,  all'ufficio  le  funzioni   civili

attribuite all'ufficio  della  procura  della  Repubblica  presso  il

tribunale ordinario  nelle  materie  di  competenza  del  costituendo

tribunale;  stabilire  che  le  funzioni   del   pubblico   ministero

attribuite siano svolte,  sia  presso  le  sezioni  distrettuali  sia

presso le sezioni circondariali, anche con l'utilizzo di modalita' di

collegamento da remoto, da  individuare  con  decreto  del  Ministero

della giustizia;

  u) stabilire l'anzianita' di servizio necessaria  per  svolgere  le

funzioni di procuratore della Repubblica presso il tribunale  per  le

persone, per i minorenni e per le famiglie;

  v)  stabilire  l'anzianita'  di  servizio  necessaria   perche'   i

magistrati possano essere assegnati all'ufficio della  procura  della

Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e  per

le famiglie;

    z) stabilire che per l'iniziale costituzione dei tribunali per le

persone, per i minorenni e per le  famiglie  e  delle  procure  della

Repubblica presso i suddetti  tribunali,  con  decreto  del  Ministro

della giustizia, sentito il Consiglio superiore  della  magistratura,

da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore dei  decreti

legislativi di cui al  presente  comma,  sia  determinata  la  pianta

organica  dei  magistrati  addetti  alle   sezioni   distrettuali   e

circondariali dei tribunali per le persone, per i minorenni e per  le

famiglie e alle procure della Repubblica presso i suddetti tribunali,

nell'ambito della dotazione organica del personale  di  magistratura,

con decorrenza dalla data indicata nei  decreti  legislativi  stessi;

disporre che i magistrati con funzione di presidente di tribunale per

i  minorenni  siano  assegnati   quali   presidenti   delle   sezioni

distrettuali dei costituendi tribunali e che i presidenti di  sezione

presso i tribunali ordinari, assegnati anche  in  via  non  esclusiva

alle materie di competenza delle costituende  sezioni  circondariali,

siano   nominati,   previa   domanda,   presidenti   delle    sezioni

circondariali,  individuando  i  criteri  di  selezione  in  caso  di

richieste superiori al numero di posti disponibili,  privilegiando  i

magistrati  con  maggiore  esperienza  maturata  nelle   materie   di

competenza del costituendo  tribunale;  disporre  che  i  procuratori

della Repubblica delle procure della Repubblica  presso  i  tribunali

per i minorenni siano assegnati quali  procuratori  della  Repubblica

delle  procure  della  Repubblica  presso  i  costituendi  tribunali;

stabilire che l'assegnazione  e'  prevista  fino  alla  scadenza  del

termine stabilito per l'assegnazione delle  funzioni  dirigenziali  e

semi-dirigenziali, computando in  tale  periodo  quello  gia'  svolto

nella precedente funzione; prevedere che i magistrati gia'  assegnati

ai tribunali per i minorenni e, in  via  anche  non  esclusiva,  alle

sezioni di corte d'appello  per  i  minorenni  siano  assegnati  alle

sezioni distrettuali e  che  i  magistrati  assegnati  nei  tribunali

ordinari, in via anche non  esclusiva,  alle  materie  di  competenza

delle sezioni  circondariali  siano  assegnati  alle  stesse,  previa

domanda  dei  magistrati  interessati,  individuando  i  criteri   di

selezione  in  caso  di  richieste  superiori  al  numero  di   posti

disponibili,  privilegiando  i  magistrati  con  maggiore  esperienza

maturata nelle  materie  di  competenza  del  costituendo  tribunale;

prevedere che i magistrati assegnati alla  procura  della  Repubblica

presso il tribunale per i  minorenni  siano  assegnati  alla  procura

della Repubblica presso il costituendo tribunale;

    aa) stabilire che il personale  di  cancelleria  e  le  dotazioni

materiali assegnati al tribunale per i minorenni siano assegnati alla

sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni  e

per le famiglie e che il personale  di  cancelleria  e  le  dotazioni

materiali assegnati  in  ciascun  tribunale  allo  svolgimento  delle

funzioni  amministrative  connesse  alle  materie   trasferite   alle

istituende sezioni circondariali  siano  alle  stesse  assegnati  con

provvedimenti del Ministero della giustizia;

    bb) stabilire l'informatizzazione del tribunale per  le  persone,

per i minorenni e per le famiglie  e  dell'ufficio  di  procura,  con

l'introduzione della consolle del magistrato e del pubblico ministero

per  tutti  i  procedimenti  civili  di  competenza   dell'istituendo

tribunale,  da  attuare  con  provvedimenti   del   Ministero   della

giustizia;

    cc)  stabilire  che  le  disposizioni   contenute   nei   decreti

legislativi di cui al presente comma abbiano  efficacia  decorsi  due

anni dalla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  25. Il Governo e' delegato ad emanare,  entro  il  termine  del  31

dicembre  2024,  le   norme   necessarie   al   coordinamento   delle

disposizioni dei decreti legislativi adottati ai sensi del  comma  24

con  tutte  le  altre  leggi  dello  Stato  nonche'   la   disciplina

transitoria  volta  ad   assicurare   la   rapida   trattazione   dei

procedimenti pendenti, civili e penali, fissando  le  fasi  oltre  le

quali  i  procedimenti  saranno  definiti  secondo  le   disposizioni

previgenti.

  26. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto  o  i

decreti legislativi recanti modifiche al codice di  procedura  civile

in materia di processo  di  cognizione  di  primo  grado  davanti  al

tribunale in composizione collegiale sono adottati nel  rispetto  del

seguente principio e criterio direttivo:  modificare  l'articolo  336

del codice civile, prevedendo che la legittimazione  a  richiedere  i

relativi provvedimenti competa, oltre che ai soggetti  gia'  previsti

dalla norma, anche al curatore  speciale  del  minore,  qualora  gia'

nominato; che il tribunale sin dall'avvio del procedimento nomini  il

curatore speciale del minore, nei casi in cui cio' e' previsto a pena

di  nullita'  del  provvedimento  di   accoglimento;   che   con   il

provvedimento con cui adotta provvedimenti temporanei  nell'interesse

del minore, il tribunale fissi l'udienza di comparizione delle parti,

del curatore del minore se nominato e del pubblico ministero entro un

termine perentorio, proceda all'ascolto del  minore,  direttamente  e

ove ritenuto necessario con l'ausilio  di  un  esperto,  e  all'esito

dell'udienza confermi, modifichi o revochi i provvedimenti emanati.

  27. All'articolo 403 del codice civile sono apportate  le  seguenti

modificazioni:

  a) al primo comma, le parole: « Quando il minore  e'  moralmente  o

materialmente  abbandonato  o  e'  allevato  in  locali  insalubri  o

pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralita',  ignoranza

o per altri motivi incapaci di provvedere  all'educazione  di  lui  »

sono sostituite dalle seguenti: «Quando il  minore  e'  moralmente  o

materialmente  abbandonato  o   si   trova   esposto,   nell'ambiente

familiare, a grave pregiudizio e  pericolo  per  la  sua  incolumita'

psico-fisica e vi e' dunque emergenza di provvedere»;

  b) dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:

  «La pubblica autorita' che ha adottato il provvedimento  emesso  ai

sensi del primo comma ne  da'  immediato  avviso  orale  al  pubblico

ministero  presso  il  tribunale   per   i   minorenni,   nella   cui

circoscrizione il minore ha  la  sua  residenza  abituale;  entro  le

ventiquattro ore successive al collocamento del minore in  sicurezza,

con l'allontanamento da uno o da entrambi i genitori o  dai  soggetti

esercenti  la  responsabilita'  genitoriale,  trasmette  al  pubblico

ministero il provvedimento corredato di ogni documentazione  utile  e

di sintetica relazione che descrive i motivi dell'intervento a tutela

del minore.

  Il pubblico ministero, entro le successive settantadue ore, se  non

dispone la  revoca  del  collocamento,  chiede  al  tribunale  per  i

minorenni la convalida del provvedimento; a tal  fine  puo'  assumere

sommarie informazioni  e  disporre  eventuali  accertamenti.  Con  il

medesimo ricorso il pubblico ministero puo'  formulare  richieste  ai

sensi degli articoli 330 e seguenti.

  Entro le successive quarantotto ore il tribunale per  i  minorenni,

con decreto del presidente o del giudice da  lui  delegato,  provvede

sulla richiesta di convalida del provvedimento,  nomina  il  curatore

speciale del minore e  il  giudice  relatore  e  fissa  l'udienza  di

comparizione delle  parti  innanzi  a  questo  entro  il  termine  di

quindici giorni. Il decreto e' immediatamente comunicato al  pubblico

ministero e all'autorita' che ha adottato  il  provvedimento  a  cura

della cancelleria. Il ricorso e  il  decreto  sono  notificati  entro

quarantotto ore agli esercenti la responsabilita'  genitoriale  e  al

curatore speciale a cura del pubblico ministero che a tal  fine  puo'

avvalersi della polizia giudiziaria.

  All'udienza il giudice relatore interroga liberamente  le  parti  e

puo' assumere informazioni; procede inoltre  all'ascolto  del  minore

direttamente e, ove ritenuto necessario, con l'ausilio di un esperto.

Entro i quindici giorni successivi il tribunale per i  minorenni,  in

composizione collegiale, pronuncia decreto con cui conferma, modifica

o  revoca  il  decreto  di  convalida,  puo'  adottare  provvedimenti

nell'interesse del minore e qualora siano state proposte  istanze  ai

sensi  degli  articoli  330  e  seguenti  da'  le  disposizioni   per

l'ulteriore corso del  procedimento.  Il  decreto  e'  immediatamente

comunicato alle parti a cura della cancelleria.

  Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del

decreto il  pubblico  ministero,  gli  esercenti  la  responsabilita'

genitoriale e il curatore  speciale  possono  proporre  reclamo  alla

corte d'appello ai sensi dell'articolo 739 del  codice  di  procedura

civile.  La  corte  d'appello  provvede  entro  sessanta  giorni  dal

deposito del reclamo.

  Il provvedimento emesso dalla pubblica autorita' perde efficacia se

la trasmissione degli atti da  parte  della  pubblica  autorita',  la

richiesta di convalida da parte del pubblico ministero  e  i  decreti

del tribunale per  i  minorenni  non  intervengono  entro  i  termini

previsti. In questo caso  il  tribunale  per  i  minorenni  adotta  i

provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore.

  Qualora il minore sia collocato in  comunita'  di  tipo  familiare,

quale  ipotesi  residuale  da  applicare  in  ragione  dell'accertata

esclusione di possibili soluzioni alternative, si applicano le  norme

in tema di affidamento familiare».

  28. All'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del  codice

civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto  30  marzo

1942, n. 318, il primo comma e' sostituito dai seguenti:

    «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i  procedimenti

previsti dagli articoli 84, 90,  250,  ultimo  comma,  251,  317-bis,

ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice

civile. Sono di competenza del  tribunale  ordinario  i  procedimenti

previsti dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del  codice  civile,

anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando e' gia'

pendente o  e'  instaurato  successivamente,  tra  le  stesse  parti,

giudizio di separazione,  scioglimento  o  cessazione  degli  effetti

civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli  articoli  250,

quarto comma, 268, 277, secondo  comma,  e  316  del  codice  civile,

dell'articolo 710 del codice di procedura civile  e  dell'articolo  9

della legge 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per

i minorenni, d'ufficio o su  richiesta  di  parte,  senza  indugio  e

comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta,  adotta

tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse

del minore e trasmette gli atti al tribunale  ordinario,  innanzi  al

quale il procedimento, previa  riunione,  continua.  I  provvedimenti

adottati dal tribunale per i minorenni conservano la  loro  efficacia

fino  a  quando  sono   confermati,   modificati   o   revocati   con

provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il  pubblico  ministero

della procura della Repubblica presso il tribunale per  i  minorenni,

nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni  al

tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei  propri  atti  al

pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale

ordinario.

    Il tribunale  per  i  minorenni  e'  competente  per  il  ricorso

previsto dall'articolo 709-ter del codice di procedura civile  quando

e' gia' pendente o  e'  instaurato  successivamente,  tra  le  stesse

parti, un procedimento previsto dagli articoli 330, 332, 333,  334  e

335 del codice civile. Nei casi in  cui  e'  gia'  pendente  o  viene

instaurato autonomo procedimento previsto dall'articolo  709-ter  del

codice  di  procedura  civile   davanti   al   tribunale   ordinario,

quest'ultimo, d'ufficio o a  richiesta  di  parte,  senza  indugio  e

comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti  gli

opportuni  provvedimenti  temporanei  e  urgenti  nell'interesse  del

minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi  al

quale il procedimento, previa  riunione,  continua.  I  provvedimenti

adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino  a

quando sono  confermati,  modificati  o  revocati  con  provvedimento

emesso dal tribunale per i minorenni».

  29. All'articolo 26-bis,  primo  comma,  del  codice  di  procedura

civile, le parole: «il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la

residenza, il domicilio, la dimora o la sede» sono  sostituite  dalle

seguenti:  «il   giudice   del   luogo   dove   ha   sede   l'ufficio

dell'Avvocatura dello Stato nel cui  distretto  il  creditore  ha  la

residenza, il domicilio, la dimora o la sede».

  30. All'articolo 78 del codice di procedura civile  sono  aggiunti,

in fine, i seguenti commi:

    «Il giudice  provvede  alla  nomina  del  curatore  speciale  del

minore,  anche  d'ufficio  e  a  pena  di  nullita'  degli  atti  del

procedimento:

  1) con riguardo ai casi in cui il pubblico ministero abbia  chiesto

la  decadenza  dalla  responsabilita'  genitoriale  di   entrambi   i

genitori, o in cui  uno  dei  genitori  abbia  chiesto  la  decadenza

dell'altro;

  2) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo  403

del codice civile o di affidamento del minore ai sensi degli articoli

2 e seguenti della legge 4 maggio 1983, n. 184;

  3) nel caso in cui dai fatti emersi  nel  procedimento  venga  alla

luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da  precluderne

l'adeguata  rappresentanza  processuale  da  parte  di   entrambi   i

genitori;

  4)  quando  ne  faccia  richiesta  il  minore  che  abbia  compiuto

quattordici anni.

    In ogni caso il giudice puo' nominare un curatore speciale quando

i genitori appaiono per gravi ragioni  temporaneamente  inadeguati  a

rappresentare gli interessi del minore; il  provvedimento  di  nomina

del curatore deve essere succintamente motivato».

  31. All'articolo 80 del codice di procedura civile  sono  apportate

le seguenti modificazioni:

  a) al primo comma e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se la

necessita' di nominare un curatore speciale sorge  nel  corso  di  un

procedimento,  anche  di  natura  cautelare,  alla  nomina  provvede,

d'ufficio, il giudice che procede»;

  b) dopo il secondo comma e' aggiunto il seguente:

      «Al curatore speciale del minore il giudice puo' attribuire nel

provvedimento di nomina, ovvero  con  provvedimento  non  impugnabile

adottato nel corso del giudizio, specifici poteri  di  rappresentanza

sostanziale. Il curatore speciale del minore procede al suo  ascolto.

Il minore  che  abbia  compiuto  quattordici  anni,  i  genitori  che

esercitano la responsabilita' genitoriale, il tutore  o  il  pubblico

ministero possono chiedere con istanza  motivata  al  presidente  del

tribunale o al giudice  che  procede,  che  decide  con  decreto  non

impugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze o  perche'

mancano o sono venuti meno i presupposti per la sua nomina».

  32. All'articolo 543 del codice di procedura civile, dopo il quarto

comma sono aggiunti i seguenti:

  «Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione  indicata

nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al  terzo  l'avviso

di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del  numero  di  ruolo

della  procedura  e  deposita  l'avviso  notificato   nel   fascicolo

dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso  o  il  suo  mancato

deposito nel fascicolo dell'esecuzione  determina  l'inefficacia  del

pignoramento.

  Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di  piu'  terzi,

l'inefficacia si produce solo nei confronti  dei  terzi  rispetto  ai

quali non e' notificato o depositato l'avviso. In ogni caso,  ove  la

notifica dell'avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli

obblighi del debitore e del  terzo  cessano  alla  data  dell'udienza

indicata nell'atto di pignoramento».

  33. All'articolo 709-ter, secondo comma, del  codice  di  procedura

civile, il numero 3) e' sostituito dal seguente:

    «3) disporre il risarcimento  dei  danni  a  carico  di  uno  dei

genitori  nei  confronti  dell'altro  anche  individuando  la   somma

giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza

dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento  del  giudice

costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute  per

ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis».

  34. Alle disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura

civile e  disposizioni  transitorie,  di  cui  al  regio  decreto  18

dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le seguenti modificazioni:

  a) all'articolo  13,  terzo  comma,  sono  aggiunte,  in  fine,  le

seguenti  parole:  «;  7)  della  neuropsichiatria  infantile,  della

psicologia  dell'eta'  evolutiva  e  della  psicologia  giuridica   o

forense»;

  b) all'articolo 15, dopo il primo comma e' inserito il seguente:

      «Con riferimento alla categoria di cui all'articolo  13,  terzo

comma, numero 7), la speciale  competenza  tecnica  sussiste  qualora

ricorrano, alternativamente o congiuntamente, i seguenti requisiti:

  1) comprovata  esperienza  professionale  in  materia  di  violenza

domestica e nei confronti di minori;

  2)   possesso   di   adeguati   titoli   di   specializzazione    o

approfondimento  post-universitari  in   psichiatria,   psicoterapia,

psicologia dell'eta' evolutiva  o  psicologia  giuridica  o  forense,

purche'  iscritti  da  almeno  cinque  anni   nei   rispettivi   albi

professionali;

  3) aver svolto per almeno cinque anni attivita' clinica con  minori

presso strutture pubbliche o private».

  35. All'articolo 6 del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.  132,

convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n.  162,

sono apportate le seguenti modificazioni:

  a) alla rubrica, dopo le parole: «o di divorzio» sono  aggiunte  le

seguenti: «, di affidamento e mantenimento dei figli nati  fuori  del

matrimonio, e loro modifica, e di alimenti»;

  b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:

      «1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da  almeno  un

avvocato per parte puo' essere conclusa tra i  genitori  al  fine  di

raggiungere  una  soluzione  consensuale  per  la  disciplina   delle

modalita' di affidamento e mantenimento dei figli minori  nati  fuori

del  matrimonio,  nonche'  per  la  disciplina  delle  modalita'   di

mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti

nati fuori del matrimonio e per la  modifica  delle  condizioni  gia'

determinate.  Puo'  altresi'  essere  conclusa  tra  le   parti   per

raggiungere  una  soluzione   consensuale   per   la   determinazione

dell'assegno  di  mantenimento  richiesto  ai  genitori  dal   figlio

maggiorenne   economicamente   non   autosufficiente   e    per    la

determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del  codice

civile, e per la modifica di tali determinazioni»;

    c) al comma 3, primo periodo, le parole: « nei  casi  di  cui  al

comma 1 » sono sostituite dalle seguenti: « nei casi di cui ai  commi

1 e 1-bis » e sono aggiunte, in  fine,  le  seguenti  parole:  «,  di

affidamento e  di  mantenimento  dei  figli  minori  nati  fuori  del

matrimonio, nonche' i procedimenti per la disciplina delle  modalita'

di   mantenimento   dei   figli   maggiorenni   non    economicamente

autosufficienti e per la modifica delle condizioni gia'  determinate,

per la determinazione degli alimenti e per la loro modifica».

  36. All'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n.

13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,

e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando  l'attore  risiede

all'estero  le  controversie   di   accertamento   dello   stato   di

cittadinanza italiana sono assegnate avendo  riguardo  al  comune  di

nascita del padre, della madre o dell'avo cittadini italiani».

  37. Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente  articolo  si

applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal  centottantesimo

giorno successivo alla data  di  entrata  in  vigore  della  presente

legge.

  38. Dall'attuazione della presente  legge,  salvo  quanto  previsto

dalle disposizioni di cui ai commi 4,  lettera  a),  9,  lettera  e),

numero 3), e 19, e dei decreti  legislativi  da  essa  previsti,  non

devono derivare  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza

pubblica.  Le  amministrazioni  interessate  provvedono  ai  relativi

adempimenti  nell'ambito   delle   risorse   umane,   strumentali   e

finanziarie disponibili a legislazione vigente.

  39. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 4,  lettera

a), e' autorizzata la spesa di 4,4 milioni di euro per l'anno 2022  e

di 60,6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. Al relativo

onere si provvede, quanto a 4,4 milioni di euro per l'anno 2022  e  a

15 milioni  di  euro  annui  a  decorrere  dall'anno  2023,  mediante

corrispondente riduzione del  Fondo  per  interventi  strutturali  di

politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge

29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla  legge

27 dicembre 2004, n. 307,  quanto  a  15  milioni  di  euro  annui  a

decorrere dall'anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo

di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23  dicembre  2014,  n.

190, e, quanto a 30,6 milioni di euro  annui  a  decorrere  dall'anno

2023,  mediante  corrispondente  riduzione  delle  proiezioni   dello

stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto,  ai  fini

del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di

riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»  dello  stato

di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per  l'anno

2021, allo scopo parzialmente utilizzando  l'accantonamento  relativo

al Ministero della giustizia.

  40. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di  cui

al comma 9, lettera e), numero  3),  valutati  in  euro  586.894  per

l'anno 2022 e in euro 1.  173.788  a  decorrere  dall'anno  2023,  si

provvede mediante corrispondente  riduzione  delle  proiezioni  dello

stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto,  ai  fini

del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di

riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»  dello  stato

di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per  l'anno

2021, allo scopo parzialmente utilizzando  l'accantonamento  relativo

al Ministero della giustizia.

  41. Per l'attuazione delle disposizioni  di  cui  al  comma  19  e'

autorizzata la spesa di euro 23.383.320 annui a  decorrere  dall'anno

2023. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione

dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 860,  della

legge 30 dicembre 2020,  n.  178.  Conseguentemente,  all'articolo  1

della legge 30 dicembre 2020, n.  178,  sono  apportate  le  seguenti

modificazioni:

  a) al comma 858, primo periodo,  le  parole:  «3.000  unita'»  sono

sostituite dalle seguenti: «2.410 unita'», le parole: «1.500  unita'»

sono sostituite dalle seguenti: «1.205  unita'»,  le  parole:  «1.200

unita'» sono sostituite dalle seguenti: «961  unita'»  e  le  parole:

«300 unita'» sono sostituite dalle seguenti: «244 unita'»;

  b) al comma  860,  la  cifra:  «119.010.951»  e'  sostituita  dalla

seguente: «95.627.631».

  42. Il Ministro dell'economia e delle  finanze  e'  autorizzato  ad

apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

  43. I decreti legislativi di attuazione della delega contenuta  nel

presente articolo sono corredati di relazione tecnica che  dia  conto

della  neutralita'  finanziaria  dei  medesimi  ovvero  dei  nuovi  o

maggiori oneri da  essi  derivanti  e  dei  corrispondenti  mezzi  di

copertura.

  44. In  conformita'  all'articolo  17,  comma  2,  della  legge  31

dicembre 2009,  n.  196,  qualora  uno  o  piu'  decreti  legislativi

determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino  compensazione  al

proprio interno, i medesimi decreti  legislativi  sono  emanati  solo

successivamente  o  contestualmente   all'entrata   in   vigore   dei

provvedimenti  legislativi  che  stanzino   le   occorrenti   risorse

finanziarie.

  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita

nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addi' 26 novembre 2021

 

                             MATTARELLA

 

                                  Draghi, Presidente del Consiglio

                                  dei ministri

 

                                  Cartabia, Ministro della giustizia

 

Visto, il Guardasigilli: Cartabia

 

 

art. 1 note (parte 1)

 

          NOTE

          Avvertenza

              Il testo delle note qui  pubblicato  e'  stato  redatto

          dall'amministrazione  competente  per  materia   ai   sensi

          dell'articolo 10,  commi  2  e  3  del  testo  unico  delle

          disposizioni    sulla    promulgazione     delle     leggi,

          sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica

          e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica  italiana,

          approvato con decreto del Presidente  della  Repubblica  28

          dicembre 1985, n. 1092,  al  solo  fine  di  facilitare  la

          lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali

          e'  operato  il  rinvio.  Restano  invariati  il  valore  e

          l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

              Per gli atti dell'Unione europea  vengono  forniti  gli

          estremi   di   pubblicazione   nella   Gazzetta   Ufficiale

          dell'Unione europea (GUUE).

 

          Note all'art. 1:

              - Si riporta il testo degli articoli 5, commi  1-bis  e

          2,  8,  comma  4,  16,  17,  comma  3,  e  20  del  decreto

          legislativo 4 marzo 2010, n. 28  (Attuazione  dell'articolo

          60 della legge  18  giugno  2009,  n.  69,  in  materia  di

          mediazione    finalizzata    alla    conciliazione    delle

          controversie civili e commerciali):

                «Art. 5 (Condizione di procedibilita' e rapporti  con

          il processo). - 1. Omissis.

                1-bis. Chi intende esercitare in  giudizio  un'azione

          relativa a  una  controversia  in  materia  di  condominio,

          diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti  di

          famiglia,  locazione,   comodato,   affitto   di   aziende,

          risarcimento del danno derivante da responsabilita'  medica

          e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della  stampa  o

          con altro mezzo  di  pubblicita',  contratti  assicurativi,

          bancari e finanziari, e' tenuto,  assistito  dall'avvocato,

          preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai

          sensi del presente decreto ovvero i  procedimenti  previsti

          dal decreto legislativo 8  ottobre  2007,  n.  179,  e  dai

          rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento

          istituito in attuazione  dell'articolo  128-bis  del  testo

          unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui

          al  decreto  legislativo    settembre  1993,  n.  385,  e

          successive modificazioni, ovvero il procedimento  istituito

          in  attuazione  dell'articolo  187-ter  del  Codice   delle

          assicurazioni private  di  cui  al  decreto  legislativo  7

          settembre 2005,  n.  209,  per  le  materie  ivi  regolate.

          L'esperimento del procedimento di mediazione e'  condizione

          di procedibilita' della  domanda  giudiziale.  A  decorrere

          dall'anno  2018,  il  Ministro  della  giustizia  riferisce

          annualmente  alle  Camere  sugli  effetti  prodotti  e  sui

          risultati conseguiti dall'applicazione  delle  disposizioni

          del presente comma. L'improcedibilita' deve essere eccepita

          dal convenuto, a pena di decadenza,  o  rilevata  d'ufficio

          dal giudice, non oltre la prima  udienza.  Il  giudice  ove

          rilevi che la mediazione e' gia' iniziata,  ma  non  si  e'

          conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza  del

          termine di cui all'articolo 6. Allo  stesso  modo  provvede

          quando la mediazione  non  e'  stata  esperita,  assegnando

          contestualmente alle parti il termine  di  quindici  giorni

          per  la  presentazione  della  domanda  di  mediazione.  Il

          presente comma non si applica alle  azioni  previste  dagli

          articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al

          decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e  successive

          modificazioni.

                2. Fermo quanto previsto  dal  comma  1-bis  e  salvo

          quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in  sede

          di giudizio di appello, valutata la natura della causa,  lo

          stato dell'istruzione e il comportamento delle parti,  puo'

          disporre l'esperimento del procedimento di  mediazione;  in

          tal caso, l'esperimento del procedimento di  mediazione  e'

          condizione di procedibilita' della domanda giudiziale anche

          in sede di appello. Il  provvedimento  di  cui  al  periodo

          precedente e' adottato prima dell'udienza  di  precisazione

          delle  conclusioni  ovvero,  quando  tale  udienza  non  e'

          prevista prima della discussione della  causa.  Il  giudice

          fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di

          cui all'articolo 6 e, quando  la  mediazione  non  e'  gia'

          stata  avviata,  assegna  contestualmente  alle  parti   il

          termine di  quindici  giorni  per  la  presentazione  della

          domanda di mediazione.

                2-bis. - 6. Omissis.».

                «Art. 8 (Procedimento). - 1. - 3. Omissis.

                4. Quando non puo' procedere ai sensi  del  comma  1,

          ultimo periodo, il  mediatore  puo'  avvalersi  di  esperti

          iscritti negli albi dei consulenti presso i  tribunali.  Il

          regolamento di procedura dell'organismo deve  prevedere  le

          modalita' di calcolo e liquidazione dei compensi  spettanti

          agli esperti.

                4-bis. - 5.

                Omissis.».

                «Art. 16 (Organismi di mediazione e registro.  Elenco

          dei formatori). - 1. Gli enti pubblici o privati, che diano

          garanzie  di  serieta'  ed  efficienza,  sono  abilitati  a

          costituire  organismi  deputati,  su  istanza  della  parte

          interessata, a gestire il procedimento di mediazione  nelle

          materie di cui all'articolo 2  del  presente  decreto.  Gli

          organismi devono essere iscritti nel registro.

                2. La formazione del registro  e  la  sua  revisione,

          l'iscrizione,  la  sospensione  e  la  cancellazione  degli

          iscritti, l'istituzione di separate  sezioni  del  registro

          per la trattazione degli affari che  richiedono  specifiche

          competenze anche in materia di  consumo  e  internazionali,

          nonche' la determinazione delle indennita'  spettanti  agli

          organismi  sono  disciplinati  con  appositi  decreti   del

          Ministro della giustizia, di concerto,  relativamente  alla

          materia  del  consumo,  con  il  Ministro  dello   sviluppo

          economico. Fino all'adozione di tali decreti si  applicano,

          in quanto compatibili,  le  disposizioni  dei  decreti  del

          Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio

          2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino  alla

          medesima    data,    gli    organismi    di    composizione

          extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del  codice  del

          consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n.

          206, e successive modificazioni.

                3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione

          nel registro, deposita presso il Ministero della  giustizia

          il proprio regolamento di  procedura  e  il  codice  etico,

          comunicando ogni  successiva  variazione.  Nel  regolamento

          devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente

          decreto, le procedure telematiche eventualmente  utilizzate

          dall'organismo, in modo da  garantire  la  sicurezza  delle

          comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al

          regolamento  devono  essere  allegate  le   tabelle   delle

          indennita' spettanti  agli  organismi  costituiti  da  enti

          privati, proposte per l'approvazione a norma  dell'articolo

          17. Ai fini dell'iscrizione nel registro il Ministero della

          giustizia valuta l'idoneita' del regolamento.

                4.  La  vigilanza  sul  registro  e'  esercitata  dal

          Ministero della giustizia e, con riferimento  alla  sezione

          per la trattazione degli affari in materia  di  consumo  di

          cui  al  comma  2,  anche  dal  Ministero  dello   sviluppo

          economico.

                4-bis. Gli avvocati iscritti all'albo sono di diritto

          mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione

          devono  essere  adeguatamente   formati   in   materia   di

          mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi

          di aggiornamento teorico-pratici a  cio'  finalizzati,  nel

          rispetto di quanto previsto dall'articolo 55-bis del codice

          deontologico  forense.   Dall'attuazione   della   presente

          disposizione non devono derivare nuovi o maggiori  oneri  a

          carico della finanza pubblica.

                5. Presso il Ministero della giustizia e'  istituito,

          con decreto ministeriale, l'elenco  dei  formatori  per  la

          mediazione.   Il   decreto   stabilisce   i   criteri   per

          l'iscrizione,  la  sospensione  e  la  cancellazione  degli

          iscritti, nonche'  per  lo  svolgimento  dell'attivita'  di

          formazione,  in  modo  da  garantire  elevati  livelli   di

          formazione  dei  mediatori.  Con  lo  stesso  decreto,   e'

          stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione

          all'attivita'  di  formazione  di  cui  al  presente  comma

          costituisce per il mediatore  requisito  di  qualificazione

          professionale.

                6.  L'istituzione  e  la  tenuta   del   registro   e

          dell'elenco  dei  formatori  avvengono  nell'ambito   delle

          risorse umane, finanziarie e strumentali gia' esistenti,  e

          disponibili a legislazione  vigente,  presso  il  Ministero

          della giustizia e il Ministero  dello  sviluppo  economico,

          per la parte di rispettiva competenza, e,  comunque,  senza

          nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.».

                «Art. 17 (Risorse, regime tributario e indennita'). -

          1. - 2. Omissis.

                3. Il verbale di accordo e'  esente  dall'imposta  di

          registro  entro  il  limite  di  valore  di  50.000   euro,

          altrimenti l'imposta e' dovuta per la parte eccedente.

                4. - 9.

                Omissis.».

                «Art. 20 (Credito d'imposta). -  1.  Alle  parti  che

          corrispondono l'indennita' ai soggetti abilitati a svolgere

          il procedimento  di  mediazione  presso  gli  organismi  e'

          riconosciuto, in caso  di  successo  della  mediazione,  un

          credito d'imposta commisurato all'indennita' stessa, fino a

          concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto

          disposto dai commi 2 e  3.  In  caso  di  insuccesso  della

          mediazione, il credito d'imposta e' ridotto della meta'.

                2.  A  decorrere  dall'anno  2011,  con  decreto  del

          Ministro della giustizia, entro il  30  aprile  di  ciascun

          anno, e' determinato l'ammontare  delle  risorse  a  valere

          sulla quota del "Fondo unico giustizia" di cui all'articolo

          2, comma 7, lettera  b),  del  decreto-legge  16  settembre

          2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13

          novembre 2008,  n.  181,  destinato  alla  copertura  delle

          minori entrate  derivanti  dalla  concessione  del  credito

          d'imposta di  cui  al  comma  1  relativo  alle  mediazioni

          concluse nell'anno precedente. Con il medesimo  decreto  e'

          individuato il credito d'imposta  effettivamente  spettante

          in relazione all'importo di ciascuna mediazione  in  misura

          proporzionale  alle  risorse  stanziate  e,  comunque,  nei

          limiti dell'importo indicato al comma 1.

                3.   Il   Ministero    della    giustizia    comunica

          all'interessato l'importo del credito  d'imposta  spettante

          entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la  sua

          determinazione e trasmette, in via telematica,  all'Agenzia

          delle entrate l'elenco dei beneficiari e i relativi importi

          a ciascuno comunicati.

                4. Il credito d'imposta deve essere indicato, a  pena

          di  decadenza,  nella  dichiarazione  dei  redditi  ed   e'

          utilizzabile a decorrere dalla data  di  ricevimento  della

          comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai  sensi

          dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997,  n.

          241, nonche', da parte delle persone fisiche  non  titolari

          di redditi d'impresa o di lavoro autonomo,  in  diminuzione

          delle imposte sui redditi. Il  credito  d'imposta  non  da'

          luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito

          ai fini delle imposte sui redditi,  ne'  del  valore  della

          produzione  netta  ai  fini  dell'imposta  regionale  sulle

          attivita' produttive e non rileva ai fini del  rapporto  di

          cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico  delle

          imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della

          Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

                5. Ai fini della copertura finanziaria  delle  minori

          entrate derivanti dal presente articolo il Ministero  della

          giustizia provvede annualmente al  versamento  dell'importo

          corrispondente all'ammontare  delle  risorse  destinate  ai

          crediti  d'imposta  sulla  contabilita'  speciale  n.  1778

          "Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio".».

                - Si riporta il testo  degli  articoli  2  e  11  del

          decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti  di

          degiurisdizionalizzazione  ed  altri  interventi   per   la

          definizione dell'arretrato in materia di processo  civile),

          convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  10  novembre

          2014, n. 162:

                «Art. 2 (Convenzione di negoziazione assistita da uno

          o piu' avvocati).  -  1.  La  convenzione  di  negoziazione

          assistita da uno o piu' avvocati e' un accordo mediante  il

          quale le parti convengono di cooperare in buona fede e  con

          lealta' per risolvere in  via  amichevole  la  controversia

          tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo anche ai

          sensi dell'articolo 6 del decreto  legislativo  2  febbraio

          2001, n. 96.

                1-bis.  E'  fatto  obbligo  per  le   amministrazioni

          pubbliche di cui  all'articolo  1,  comma  2,  del  decreto

          legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  di   affidare   la

          convenzione di negoziazione alla  propria  avvocatura,  ove

          presente.

                2. La convenzione di negoziazione deve precisare:

                a)   il   termine   concordato   dalle   parti    per

          l'espletamento della procedura, in ogni caso non  inferiore

          a un mese e non  superiore  a  tre  mesi,  prorogabile  per

          ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti;

                b)  l'oggetto  della  controversia,  che   non   deve

          riguardare diritti indisponibili o vertere  in  materia  di

          lavoro.

                3. La convenzione e' conclusa per un periodo di tempo

          determinato dalle parti, fermo restando il termine  di  cui

          al comma 2, lettera a).

                4. La convenzione di negoziazione e' redatta, a  pena

          di nullita', in forma scritta.

                5. La convenzione e' conclusa con l'assistenza di uno

          o piu' avvocati.

                6.  Gli  avvocati  certificano   l'autografia   delle

          sottoscrizioni apposte alla convenzione  sotto  la  propria

          responsabilita' professionale.

                7. E' dovere deontologico degli avvocati informare il

          cliente  all'atto  del  conferimento  dell'incarico   della

          possibilita' di ricorrere alla convenzione di  negoziazione

          assistita.».

                «Art. 11 (Raccolta dei dati). - 1.  I  difensori  che

          sottoscrivono l'accordo raggiunto  dalle  parti  a  seguito

          della convenzione  sono  tenuti  a  trasmetterne  copia  al

          Consiglio dell'ordine circondariale del luogo ove l'accordo

          e' stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'ordine  presso

          cui e' iscritto uno degli avvocati.

                2. Con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense

          provvede al monitoraggio delle  procedure  di  negoziazione

          assistita  e  ne  trasmette  i  dati  al  Ministero   della

          giustizia.

                2-bis. Il Ministro  della  giustizia  trasmette  alle

          Camere, con cadenza annuale, una relazione sullo  stato  di

          attuazione delle disposizioni  di  cui  al  presente  capo,

          contenente, in particolare, i dati trasmessi ai  sensi  del

          comma 2, distinti per tipologia di controversia, unitamente

          ai  dati  relativi  alle  controversie  iscritte  a   ruolo

          nell'anno  di  riferimento,  a  loro  volta  distinti   per

          tipologia.».

                - Si riporta il  testo  dell'articolo  6  del  citato

          decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132,  cosi'   come

          modificato dalla presente legge:

                «Art. 6 (Convenzione di negoziazione assistita da uno

          o piu' avvocati per le soluzioni consensuali di separazione

          personale,  di  cessazione  degli  effetti  civili   o   di

          scioglimento del matrimonio, di modifica  delle  condizioni

          di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento

          dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e  di

          alimenti). - 1. La convenzione di negoziazione assistita da

          almeno un avvocato  per  parte  puo'  essere  conclusa  tra

          coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di

          separazione personale, di cessazione degli  effetti  civili

          del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi  di

          cui all'articolo 3, primo comma,  numero  2),  lettera  b),

          della  legge    dicembre  1970,  n.  898,  e   successive

          modificazioni, di modifica delle condizioni di  separazione

          o di divorzio.

                1-bis. La convenzione di  negoziazione  assistita  da

          almeno un avvocato per parte puo'  essere  conclusa  tra  i

          genitori al fine di raggiungere una  soluzione  consensuale

          per  la  disciplina  delle  modalita'  di   affidamento   e

          mantenimento dei figli minori nati  fuori  del  matrimonio,

          nonche' per la disciplina delle modalita'  di  mantenimento

          dei figli maggiorenni  non  economicamente  autosufficienti

          nati  fuori  del  matrimonio  e  per  la   modifica   delle

          condizioni gia' determinate. Puo' altresi' essere  conclusa

          tra le parti per raggiungere una soluzione consensuale  per

          la determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai

          genitori  dal   figlio   maggiorenne   economicamente   non

          autosufficiente e per la determinazione degli alimenti,  ai

          sensi  dell'articolo  434  del  codice  civile,  e  per  la

          modifica di tali determinazioni.

                2. In mancanza di figli minori, di figli  maggiorenni

          incapaci  o  portatori   di   handicap   grave   ai   sensi

          dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio  1992,  n.

          104, ovvero economicamente non  autosufficienti,  l'accordo

          raggiunto  a  seguito  di   convenzione   di   negoziazione

          assistita e'  trasmesso  al  procuratore  della  Repubblica

          presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa

          irregolarita', comunica agli avvocati il nullaosta per  gli

          adempimenti ai sensi del comma  3.  In  presenza  di  figli

          minori,  di  figli  maggiorenni  incapaci  o  portatori  di

          handicap grave ovvero economicamente  non  autosufficienti,

          l'accordo   raggiunto   a   seguito   di   convenzione   di

          negoziazione  assistita  deve  essere  trasmesso  entro  il

          termine di dieci giorni  al  procuratore  della  Repubblica

          presso il tribunale competente, il  quale,  quando  ritiene

          che  l'accordo  risponde  all'interesse   dei   figli,   lo

          autorizza.  Quando  ritiene  che  l'accordo  non   risponde

          all'interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo

          trasmette,  entro  cinque   giorni,   al   presidente   del

          tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni,  la

          comparizione  delle  parti  e   provvede   senza   ritardo.

          All'accordo autorizzato si applica il comma 3.

                3. L'accordo raggiunto a  seguito  della  convenzione

          produce  gli  effetti  e  tiene  luogo  dei   provvedimenti

          giudiziali che definiscono, nei casi di cui ai  commi  1  e

          1-bis,  i  procedimenti  di   separazione   personale,   di

          cessazione  degli  effetti  civili   del   matrimonio,   di

          scioglimento del matrimonio e di modifica delle  condizioni

          di  separazione  o  di  divorzio  ,  di  affidamento  e  di

          mantenimento dei figli minori nati  fuori  del  matrimonio,

          nonche' i procedimenti per la disciplina delle modalita' di

          mantenimento  dei  figli  maggiorenni  non   economicamente

          autosufficienti e per la  modifica  delle  condizioni  gia'

          determinate, per la determinazione degli alimenti e per  la

          loro modifica. Nell'accordo si da' atto  che  gli  avvocati

          hanno tentato di conciliare le parti e le  hanno  informate

          della possibilita' di esperire la  mediazione  familiare  e

          che gli avvocati hanno informato le  parti  dell'importanza

          per il minore di trascorrere tempi  adeguati  con  ciascuno

          dei  genitori.  L'avvocato  della  parte  e'  obbligato   a

          trasmettere,   entro   il   termine   di   dieci    giorni,

          all'ufficiale dello stato  civile  del  Comune  in  cui  il

          matrimonio fu iscritto  o  trascritto,  copia,  autenticata

          dallo stesso, dell'accordo munito delle  certificazioni  di

          cui all'articolo 5.

                4. All'avvocato che viola l'obbligo di cui  al  comma

          3, terzo periodo, e' applicata la  sanzione  amministrativa

          pecuniaria da euro 2.000 ad euro 10.000.  Alla  irrogazione

          della sanzione di cui al periodo che precede e'  competente

          il Comune in cui  devono  essere  eseguite  le  annotazioni

          previste dall'articolo 69 del decreto del Presidente  della

          Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

                5. Al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  3

          novembre  2000,  n.  396,  sono   apportate   le   seguenti

          modificazioni:

                  a) all'articolo 49, comma 1, dopo la lettera g)  e'

          inserita la seguente:

                    "g-bis)  gli  accordi  raggiunti  a  seguito   di

          convenzione  di  negoziazione  assistita  da  uno  o   piu'

          avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi  al  fine

          di raggiungere  una  soluzione  consensuale  di  cessazione

          degli effetti civili del matrimonio e di  scioglimento  del

          matrimonio";

                  b) all'articolo 63, comma 2, dopo la lettera h)  e'

          aggiunta la seguente:

                    "h-bis)  gli  accordi  raggiunti  a  seguito   di

          convenzione  di  negoziazione  assistita  da  uno  o   piu'

          avvocati conclusi tra coniugi al fine  di  raggiungere  una

          soluzione  consensuale   di   separazione   personale,   di

          cessazione  degli  effetti  civili   del   matrimonio,   di

          scioglimento del  matrimonio,  nonche'  di  modifica  delle

          condizioni di separazione o di divorzio";

                  c) all'articolo 69, comma 1, dopo la lettera d)  e'

          inserita la seguente:

                    "d-bis) degli  accordi  raggiunti  a  seguito  di

          convenzione  di  negoziazione  assistita  da  uno  o   piu'

          avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi  al  fine

          di raggiungere una  soluzione  consensuale  di  separazione

          personale,  di  cessazione   degli   effetti   civili   del

          matrimonio, di scioglimento del matrimonio;".».

              - Si riporta  il  testo  dell'articolo  1  del  decreto

          legislativo  30  marzo  2001,  n.   165   (Norme   generali

          sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle

          amministrazioni pubbliche):

                «Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione) (Art. 1

          del decreto legislativo n. 29  del  1993,  come  modificato

          dall'art. 1 del decreto legislativo n. 80 del 1998).  -  1.

          Le   disposizioni   del   presente   decreto   disciplinano

          l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro  e  di

          impiego alle dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche,

          tenuto conto delle  autonomie  locali  e  di  quelle  delle

          regioni   e   delle   province   autonome,   nel   rispetto

          dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al  fine

          di:

                  a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in

          relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi  dei

          Paesi dell'Unione europea,  anche  mediante  il  coordinato

          sviluppo di sistemi informativi pubblici;

                  b) razionalizzare il  costo  del  lavoro  pubblico,

          contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e

          indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;

                  c)  realizzare  la  migliore  utilizzazione   delle

          risorse umane nelle pubbliche amministrazioni,  assicurando

          la formazione e lo sviluppo professionale  dei  dipendenti,

          applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro

          privato, garantendo pari opportunita' alle  lavoratrici  ed

          ai lavoratori  nonche'  l'assenza  di  qualunque  forma  di

          discriminazione e di violenza morale o psichica.

                2. Per amministrazioni pubbliche si  intendono  tutte

          le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e

          scuole di ogni ordine e grado e le  istituzioni  educative,

          le aziende ed amministrazioni dello  Stato  ad  ordinamento

          autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni,  le  Comunita'

          montane, e loro consorzi  e  associazioni,  le  istituzioni

          universitarie, gli  Istituti  autonomi  case  popolari,  le

          Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e

          loro associazioni, tutti gli enti  pubblici  non  economici

          nazionali,  regionali  e  locali,  le  amministrazioni,  le

          aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,

          l'Agenzia per la rappresentanza negoziale  delle  pubbliche

          amministrazioni (ARAN) e  le  Agenzie  di  cui  al  decreto

          legislativo 30 luglio 1999, n.  300.  Fino  alla  revisione

          organica della disciplina di settore,  le  disposizioni  di

          cui al presente decreto continuano ad applicarsi  anche  al

          CONI.

                3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono

          principi fondamentali  ai  sensi  dell'articolo  117  della

          Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario  si  attengono

          ad esse tenendo conto  delle  peculiarita'  dei  rispettivi

          ordinamenti. I principi desumibili  dall'articolo  2  della

          legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive  modificazioni,

          e dall'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997,  n.

          59,   e   successive   modificazioni    ed    integrazioni,

          costituiscono altresi', per le Regioni a statuto speciale e

          per le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  norme

          fondamentali    di    riforma    economico-sociale    della

          Repubblica.».

              - Si riporta il testo degli  articoli  143,  145,  156,

          316, 316-bis,  330,  332,  333,  334,  335,  336,  337-ter,

          342-bis e 342-ter del codice civile:

                «Art. 143 (Diritti e doveri reciproci dei coniugi). -

          Con il matrimonio il marito  e  la  moglie  acquistano  gli

          stessi diritti e assumono i medesimi doveri.

                Dal  matrimonio  deriva  l'obbligo   reciproco   alla

          fedelta',   all'assistenza   morale   e   materiale,   alla

          collaborazione  nell'interesse  della   famiglia   e   alla

          coabitazione.

                Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione

          alle proprie sostanze e alla propria  capacita'  di  lavoro

          professionale o casalingo, a contribuire ai  bisogni  della

          famiglia.».

                «Art. 145 (Intervento del  giudice).  -  In  caso  di

          disaccordo  ciascuno  dei  coniugi  puo'  chiedere,   senza

          formalita', l'intervento del giudice il quale,  sentite  le

          opinioni espresse dai coniugi e, per quanto opportuno,  dai

          figli conviventi che abbiano compiuto il  sedicesimo  anno,

          tenta di raggiungere una soluzione concordata.

                Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna

          la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il

          giudice,  qualora  ne   sia   richiesto   espressamente   e

          congiuntamente dai coniugi, adotta, con  provvedimento  non

          impugnabile, la soluzione che ritiene  piu'  adeguata  alle

          esigenze dell'unita' e della vita della famiglia.».

                «Art. 156 (Effetti  della  separazione  sui  rapporti

          patrimoniali tra i coniugi). - Il giudice, pronunziando  la

          separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia

          addebitabile  la  separazione  il   diritto   di   ricevere

          dall'altro   coniuge   quanto   e'   necessario   al    suo

          mantenimento,  qualora  egli  non  abbia  adeguati  redditi

          propri.

                L'entita' di tale somministrazione e' determinata  in

          relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.

                Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui

          agli articoli 433 e seguenti.

                Il giudice che pronunzia la separazione puo'  imporre

          al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se

          esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento

          degli   obblighi   previsti   dai   precedenti   commi    e

          dall'articolo 155.

                La  sentenza  costituisce  titolo  per   l'iscrizione

          dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'articolo 2818.

                In caso di  inadempienza,  su  richiesta  dell'avente

          diritto, il giudice puo' disporre il sequestro di parte dei

          beni del coniuge obbligato e ordinare ai  terzi,  tenuti  a

          corrispondere  anche   periodicamente   somme   di   danaro

          all'obbligato,  che  una  parte  di  esse   venga   versata

          direttamente agli aventi diritto.

                Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice,

          su istanza di parte, puo' disporre la revoca o la  modifica

          dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.».

                «Art. 316 (Responsabilita' genitoriale). - Entrambi i

          genitori  hanno  la  responsabilita'  genitoriale  che   e'

          esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacita',

          delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.

          I genitori di  comune  accordo  stabiliscono  la  residenza

          abituale del minore.

                In caso di  contrasto  su  questioni  di  particolare

          importanza  ciascuno  dei  genitori  puo'  ricorrere  senza

          formalita' al giudice indicando i provvedimenti che ritiene

          piu' idonei.

                Il giudice, sentiti i genitori e  disposto  l'ascolto

          del figlio minore che abbia  compiuto  gli  anni  dodici  e

          anche  di  eta'  inferiore  ove  capace  di  discernimento,

          suggerisce  le  determinazioni  che  ritiene   piu'   utili

          nell'interesse del figlio e dell'unita'  familiare.  Se  il

          contrasto permane  il  giudice  attribuisce  il  potere  di

          decisione a quello dei  genitori  che,  nel  singolo  caso,

          ritiene il piu' idoneo a curare l'interesse del figlio.

                Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la

          responsabilita' genitoriale su di lui. Se il riconoscimento

          del  figlio,  nato  fuori  del  matrimonio,  e'  fatto  dai

          genitori,  l'esercizio  della  responsabilita'  genitoriale

          spetta ad entrambi.

                Il  genitore  che  non  esercita  la  responsabilita'

          genitoriale vigila sull'istruzione, sull'educazione e sulle

          condizioni di vita del figlio.».

                «Art.  316-bis  (Concorso  nel  mantenimento).  -   I

          genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei

          figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo  la

          loro capacita' di lavoro professionale o casalingo.  Quando

          i  genitori  non  hanno  mezzi   sufficienti,   gli   altri

          ascendenti, in ordine di prossimita', sono tenuti a fornire

          ai genitori stessi  i  mezzi  necessari  affinche'  possano

          adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

                In caso di inadempimento il presidente del tribunale,

          su  istanza  di   chiunque   vi   ha   interesse,   sentito

          l'inadempiente ed assunte informazioni, puo'  ordinare  con

          decreto  che  una  quota  dei  redditi  dell'obbligato,  in

          proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro

          genitore o a chi sopporta le  spese  per  il  mantenimento,

          l'istruzione e l'educazione della prole.

                Il decreto, notificato agli interessati ed  al  terzo

          debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti  ed  il

          terzo debitore possono proporre opposizione nel termine  di

          venti giorni dalla notifica.

                L'opposizione  e'  regolata  dalle   norme   relative

          all'opposizione  al  decreto  di  ingiunzione,  in   quanto

          applicabili.

                Le  parti  ed  il  terzo  debitore   possono   sempre

          chiedere,  con  le  forme  del   processo   ordinario,   la

          modificazione e la revoca del provvedimento.».

                «Art.   330    (Decadenza    dalla    responsabilita'

          genitoriale sui figli). - Il giudice  puo'  pronunziare  la

          decadenza  dalla  responsabilita'  genitoriale  quando   il

          genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa

          dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.

                In tale caso,  per  gravi  motivi,  il  giudice  puo'

          ordinare  l'allontanamento  del  figlio   dalla   residenza

          familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente

          che maltratta o abusa del minore.».

                «Art.  332  (Reintegrazione   nella   responsabilita'

          genitoriale).  -  Il   giudice   puo'   reintegrare   nella

          responsabilita' genitoriale il genitore che ne e' decaduto,

          quando, cessate le ragioni per le  quali  la  decadenza  e'

          stata pronunciata, e' escluso ogni pericolo di  pregiudizio

          per il figlio.».

                «Art. 333 (Condotta del genitore  pregiudizievole  ai

          figli). - Quando  la  condotta  di  uno  o  di  entrambi  i

          genitori non e'  tale  da  dare  luogo  alla  pronuncia  di

          decadenza prevista dall'articolo 330,  ma  appare  comunque

          pregiudizievole  al  figlio,   il   giudice,   secondo   le

          circostanze, puo' adottare i  provvedimenti  convenienti  e

          puo' anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza

          familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente

          che maltratta o abusa del minore.

                Tali  provvedimenti  sono  revocabili  in   qualsiasi

          momento.».

                «Art. 334 (Rimozione dall'amministrazione). -  Quando

          il patrimonio del minore e' male amministrato, il tribunale

          puo' stabilire  le  condizioni  a  cui  i  genitori  devono

          attenersi nell'amministrazione o puo' rimuovere entrambi  o

          uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in

          tutto o in parte, dell'usufrutto legale.

                L'amministrazione e' affidata ad un curatore,  se  e'

          disposta la rimozione di entrambi i genitori.».

                «Art.      335      (Riammissione      nell'esercizio

          dell'amministrazione).    -     Il     genitore     rimosso

          dall'amministrazione     ed      eventualmente      privato

          dell'usufrutto legale puo' essere riammesso  dal  tribunale

          nell'esercizio dell'una e nel godimento dell'altro,  quando

          sono   cessati   i   motivi   che   hanno   provocato    il

          provvedimento.».

                «Art. 336 (Procedimento). - I provvedimenti  indicati

          negli  articoli  precedenti  sono   adottati   su   ricorso

          dell'altro genitore, dei parenti o del  pubblico  ministero

          e, quando si tratta di  revocare  deliberazioni  anteriori,

          anche del genitore interessato.

                Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte

          informazioni e  sentito  il  pubblico  ministero;  dispone,

          inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli

          anni dodici  e  anche  di  eta'  inferiore  ove  capace  di

          discernimento.  Nei  casi  in  cui  il   provvedimento   e'

          richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.

                In caso  di  urgente  necessita'  il  tribunale  puo'

          adottare,   anche   d'ufficio,   provvedimenti   temporanei

          nell'interesse del figlio.

                Per i provvedimenti di cui  ai  commi  precedenti,  i

          genitori e il minore sono assistiti da un difensore.».

                «Art. 337-ter (Provvedimenti riguardo ai figli). - Il

          figlio minore  ha  il  diritto  di  mantenere  un  rapporto

          equilibrato e continuativo con ciascuno  dei  genitori,  di

          ricevere cura, educazione, istruzione e  assistenza  morale

          da entrambi e di conservare rapporti significativi con  gli

          ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

                Per realizzare la finalita' indicata dal primo comma,

          nei procedimenti di cui all'articolo  337-bis,  il  giudice

          adotta i provvedimenti relativi alla  prole  con  esclusivo

          riferimento  all'interesse  morale  e  materiale  di  essa.

          Valuta prioritariamente la possibilita' che i figli  minori

          restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce  a

          quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le

          modalita' della  loro  presenza  presso  ciascun  genitore,

          fissando altresi' la misura e il modo con cui  ciascuno  di

          essi  deve  contribuire   al   mantenimento,   alla   cura,

          all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto,  se

          non  contrari  all'interesse  dei  figli,   degli   accordi

          intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento

          relativo alla prole, ivi compreso, in  caso  di  temporanea

          impossibilita' di affidare il minore ad uno  dei  genitori,

          l'affidamento familiare. All'attuazione  dei  provvedimenti

          relativi all'affidamento della prole  provvede  il  giudice

          del merito e, nel  caso  di  affidamento  familiare,  anche

          d'ufficio.  A  tal  fine   copia   del   provvedimento   di

          affidamento e' trasmessa, a cura del pubblico ministero, al

          giudice tutelare.

                La  responsabilita'  genitoriale  e'  esercitata   da

          entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per

          i  figli  relative  all'istruzione,  all'educazione,   alla

          salute e alla scelta della residenza  abituale  del  minore

          sono  assunte  di  comune  accordo  tenendo   conto   delle

          capacita', dell'inclinazione naturale e  delle  aspirazioni

          dei figli. In caso di disaccordo la decisione e' rimessa al

          giudice.  Limitatamente  alle  decisioni  su  questioni  di

          ordinaria amministrazione, il giudice puo' stabilire che  i

          genitori   esercitino   la   responsabilita'    genitoriale

          separatamente. Qualora il  genitore  non  si  attenga  alle

          condizioni   dettate,   il    giudice    valutera'    detto

          comportamento anche al fine della modifica delle  modalita'

          di affidamento.

                Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti  dalle

          parti, ciascuno dei genitori provvede al  mantenimento  dei

          figli  in  misura  proporzionale  al  proprio  reddito;  il

          giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un

          assegno periodico al fine di  realizzare  il  principio  di

          proporzionalita', da determinare considerando:

                  1) le attuali esigenze del figlio.

                  2) il tenore di vita goduto dal figlio in  costanza

          di convivenza con entrambi i genitori.

                  3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

                  4) le risorse economiche di entrambi i genitori.

                  5) la valenza economica dei compiti domestici e  di

          cura assunti da ciascun genitore.

                L'assegno e'  automaticamente  adeguato  agli  indici

          ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti  o

          dal giudice.

                Ove le informazioni di  carattere  economico  fornite

          dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il

          giudice dispone un accertamento  della  polizia  tributaria

          sui redditi e sui beni oggetto della  contestazione,  anche

          se intestati a soggetti diversi.».

                «Art. 342-bis (Ordini di protezione contro gli  abusi

          familiari). - Quando la condotta del  coniuge  o  di  altro

          convivente e' causa  di  grave  pregiudizio  all'integrita'

          fisica o morale ovvero alla liberta' dell'altro  coniuge  o

          convivente, il giudice, su istanza di parte, puo'  adottare

          con  decreto  uno  o  piu'   dei   provvedimenti   di   cui

          all'articolo 342-ter.».

                «Art. 342-ter (Contenuto degli ordini di protezione).

          - Con il decreto di cui  all'articolo  342-bis  il  giudice

          ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto  la  condotta

          pregiudizievole, la  cessazione  della  stessa  condotta  e

          dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o

          del convivente che ha tenuto  la  condotta  pregiudizievole

          prescrivendogli altresi', ove occorra, di  non  avvicinarsi

          ai luoghi  abitualmente  frequentati  dall'istante,  ed  in

          particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia

          d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi  congiunti

          o  di  altre  persone  ed  in  prossimita'  dei  luoghi  di

          istruzione dei figli della coppia,  salvo  che  questi  non

          debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.

                Il  giudice  puo'  disporre,  altresi',  ove  occorra

          l'intervento dei servizi sociali del  territorio  o  di  un

          centro di mediazione familiare, nonche' delle  associazioni

          che  abbiano   come   fine   statutario   il   sostegno   e

          l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime

          di abusi  e  maltrattati;  il  pagamento  periodico  di  un

          assegno a favore delle persone conviventi che, per  effetto

          dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di

          mezzi adeguati, fissando modalita' e termini di  versamento

          e prescrivendo, se del  caso,  che  la  somma  sia  versata

          direttamente  all'avente  diritto  dal  datore  di   lavoro

          dell'obbligato, detraendola dalla retribuzione allo  stesso

          spettante.

                Con il medesimo decreto il giudice, nei casi  di  cui

          ai precedenti commi, stabilisce la  durata  dell'ordine  di

          protezione, che decorre dal giorno dell'avvenuta esecuzione

          dello stesso. Questa non puo' essere superiore a un anno  e

          puo' essere prorogata, su istanza  di  parte,  soltanto  se

          ricorrano  gravi   motivi   per   il   tempo   strettamente

          necessario.

                Con il  medesimo  decreto  il  giudice  determina  le

          modalita'  di  attuazione.  Ove   sorgano   difficolta'   o

          contestazioni in ordine all'esecuzione, lo  stesso  giudice

          provvede  con  decreto  ad  emanare  i  provvedimenti  piu'

          opportuni per l'attuazione, ivi  compreso  l'ausilio  della

          forza pubblica e dell'ufficiale sanitario.».

              - Si riporta il  testo  dell'articolo  403  del  codice

          civile, cosi' come modificato dalla presente legge:

                «Art. 403  (Intervento  della  pubblica  autorita'  a

          favore dei minori). - Quando  il  minore  e'  moralmente  o

          materialmente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente

          familiare, a  grave  pregiudizio  e  pericolo  per  la  sua

          incolumita'  psico-fisica  e  vi  e'  dunque  emergenza  di

          provvedere, la pubblica autorita', a mezzo degli organi  di

          protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro,  sino

          a quando si possa provvedere in modo  definitivo  alla  sua

          protezione.

                La   pubblica   autorita'   che   ha   adottato    il

          provvedimento emesso  ai  sensi  del  primo  comma  ne  da'

          immediato avviso orale  al  pubblico  ministero  presso  il

          tribunale per i  minorenni,  nella  cui  circoscrizione  il

          minore ha la sua residenza abituale; entro le  ventiquattro

          ore successive al collocamento del minore in sicurezza, con

          l'allontanamento da uno o da  entrambi  i  genitori  o  dai

          soggetti   esercenti   la   responsabilita'    genitoriale,

          trasmette al pubblico ministero il provvedimento  corredato

          di ogni documentazione utile e di sintetica  relazione  che

          descrive i motivi dell'intervento a tutela del minore.

                Il   pubblico   ministero,   entro   le    successive

          settantadue ore, se non dispone la revoca del collocamento,

          chiede al  tribunale  per  i  minorenni  la  convalida  del

          provvedimento;  a   tal   fine   puo'   assumere   sommarie

          informazioni e  disporre  eventuali  accertamenti.  Con  il

          medesimo  ricorso  il  pubblico  ministero  puo'  formulare

          richieste ai sensi degli articoli 330 e seguenti.

                Entro le successive quarantotto ore il tribunale  per

          i minorenni, con decreto del presidente o  del  giudice  da

          lui delegato, provvede sulla  richiesta  di  convalida  del

          provvedimento, nomina il curatore speciale del minore e  il

          giudice relatore e fissa l'udienza  di  comparizione  delle

          parti innanzi a questo entro il termine di quindici giorni.

          Il  decreto  e'  immediatamente  comunicato   al   pubblico

          ministero e all'autorita' che ha adottato il  provvedimento

          a cura della cancelleria. Il  ricorso  e  il  decreto  sono

          notificati  entro  quarantotto  ore   agli   esercenti   la

          responsabilita' genitoriale e al curatore speciale  a  cura

          del pubblico ministero che a tal fine puo' avvalersi  della

          polizia giudiziaria.

                All'udienza il giudice relatore interroga liberamente

          le parti e  puo'  assumere  informazioni;  procede  inoltre

          all'ascolto  del  minore  direttamente  e,   ove   ritenuto

          necessario, con l'ausilio di un esperto. Entro  i  quindici

          giorni  successivi  il  tribunale  per  i   minorenni,   in

          composizione  collegiale,   pronuncia   decreto   con   cui

          conferma, modifica o revoca il decreto di  convalida,  puo'

          adottare provvedimenti nell'interesse del minore e  qualora

          siano state proposte istanze ai sensi degli articoli 330  e

          seguenti da' le  disposizioni  per  l'ulteriore  corso  del

          procedimento. Il decreto e' immediatamente comunicato  alle

          parti a cura della cancelleria.

                Entro il termine perentorio  di  dieci  giorni  dalla

          comunicazione  del  decreto  il  pubblico  ministero,   gli

          esercenti la  responsabilita'  genitoriale  e  il  curatore

          speciale possono proporre reclamo alla corte  d'appello  ai

          sensi dell'articolo 739 del codice di procedura civile.  La

          corte d'appello provvede entro sessanta giorni dal deposito

          del reclamo.

                Il  provvedimento  emesso  dalla  pubblica  autorita'

          perde efficacia se la  trasmissione  degli  atti  da  parte

          della pubblica autorita',  la  richiesta  di  convalida  da

          parte del pubblico ministero e i decreti del tribunale  per

          i minorenni non intervengono entro i termini  previsti.  In

          questo  caso  il  tribunale  per  i  minorenni   adotta   i

          provvedimenti  temporanei  e  urgenti  nell'interesse   del

          minore.

                Qualora il minore sia collocato in comunita' di  tipo

          familiare, quale ipotesi residuale da applicare in  ragione

          dell'accertata   esclusione    di    possibili    soluzioni

          alternative, si applicano le norme in tema  di  affidamento

          familiare.».

              - Si riporta il testo degli articoli 1136, 1137,  2113,

          2735 e 2909 del codice civile:

                «Art. 1136 (Costituzione dell'assemblea  e  validita'

          delle deliberazioni). - L'assemblea in  prima  convocazione

          e'  regolarmente  costituita  con  l'intervento  di   tanti

          condomini  che  rappresentino  i  due  terzi   del   valore

          dell'intero edificio e la maggioranza dei  partecipanti  al

          condominio.

                Sono valide le deliberazioni approvate con un  numero

          di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti  e

          almeno la meta' del valore dell'edificio.

                Se  l'assemblea  in  prima  convocazione   non   puo'

          deliberare per mancanza di numero  legale,  l'assemblea  in

          seconda convocazione delibera in  un  giorno  successivo  a

          quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci  giorni

          dalla medesima.  L'assemblea  in  seconda  convocazione  e'

          regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini

          che rappresentino almeno un terzo  del  valore  dell'intero

          edificio e un terzo  dei  partecipanti  al  condominio.  La

          deliberazione e'  valida  se  approvata  dalla  maggioranza

          degli intervenuti con un numero  di  voti  che  rappresenti

          almeno un terzo del valore dell'edificio.

                Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca

          dell'amministratore o le liti attive e passive  relative  a

          materie     che     esorbitano      dalle      attribuzioni

          dell'amministratore   medesimo,   le   deliberazioni    che

          concernono la  ricostruzione  dell'edificio  o  riparazioni

          straordinarie di notevole entita' e le deliberazioni di cui

          agli articoli 1117-quater, 1120,  secondo  comma,  1122-ter

          nonche' 1135, terzo comma, devono essere  sempre  approvate

          con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente

          articolo.

                Le deliberazioni  di  cui  all'articolo  1120,  primo

          comma, e all'articolo 1122-bis, terzo comma, devono  essere

          approvate  dall'assemblea  con  un  numero  di   voti   che

          rappresenti la maggioranza degli intervenuti  ed  almeno  i

          due terzi del valore dell'edificio.

                L'assemblea non puo' deliberare, se  non  consta  che

          tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

                Delle  riunioni  dell'assemblea  si  redige  processo

          verbale    da    trascrivere    nel     registro     tenuto

          dall'amministratore.».

                «Art.   1137   (Impugnazione   delle    deliberazioni

          dell'assemblea). - Le deliberazioni prese dall'assemblea  a

          norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti

          i condomini.

                Contro le deliberazioni contrarie  alla  legge  o  al

          regolamento   di   condominio   ogni   condomino   assente,

          dissenziente o astenuto puo' adire l'autorita'  giudiziaria

          chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta

          giorni, che decorre dalla data della  deliberazione  per  i

          dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della

          deliberazione per gli assenti.

                L'azione di annullamento  non  sospende  l'esecuzione

          della deliberazione, salvo che la sospensione sia  ordinata

          dall'autorita' giudiziaria.

                L'istanza per ottenere la sospensione proposta  prima

          dell'inizio  della  causa  di  merito  non   sospende   ne'

          interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione

          della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto,

          la sospensione e' disciplinata dalle norme di cui al  libro

          IV,  titolo  I,  capo  III,  sezione  I,  con  l'esclusione

          dell'articolo  669-octies,  sesto  comma,  del  codice   di

          procedura civile.».

                «Art. 2113 (Rinunzie e transazioni). - Le rinunzie  e

          le  transazioni,  che  hanno  per   oggetto   diritti   del

          prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili

          della  legge  e  dei   contratti   o   accordi   collettivi

          concernenti i rapporti di cui all'articolo 409  del  codice

          di procedura civile, non sono valide.

                L'impugnazione  deve  essere  proposta,  a  pena   di

          decadenza, entro sei mesi  dalla  data  di  cessazione  del

          rapporto o dalla data della rinunzia o  della  transazione,

          se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

                Le  rinunzie  e  le  transazioni  di  cui  ai   commi

          precedenti possono  essere  impugnate  con  qualsiasi  atto

          scritto, anche  stragiudiziale,  del  lavoratore  idoneo  a

          renderne nota la volonta'.

                Le  disposizioni  del  presente   articolo   non   si

          applicano alla conciliazione  intervenuta  ai  sensi  degli

          articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice  di

          procedura civile.».

                «Art.  2735  (Confessione   stragiudiziale).   -   La

          confessione stragiudiziale fatta alla  parte  o  a  chi  la

          rappresenta ha la stessa  efficacia  probatoria  di  quella

          giudiziale. Se e' fatta a un terzo o se e' contenuta in  un

          testamento, e' liberamente apprezzata dal giudice.

                La confessione stragiudiziale non puo'  provarsi  per

          testimoni, se verte su un oggetto per  il  quale  la  prova

          testimoniale non e' ammessa dalla legge.».

              «Art. 2909 (Cosa giudicata). - L'accertamento contenuto

          nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto

          tra le parti, i loro eredi o aventi causa.».

              - Si riporta il testo degli articoli 26-bis,  78  e  80

          del codice di procedura civile, cosi' come modificato dalla

          presente legge:

                «Art.  26-bis   (Foro   relativo   all'espropriazione

          forzata di crediti). - Quando  il  debitore  e'  una  delle

          pubbliche  amministrazioni  indicate   dall'articolo   413,

          quinto comma, per l'espropriazione forzata  di  crediti  e'

          competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali,  il

          giudice del luogo dove ha  sede  l'ufficio  dell'Avvocatura

          dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza,

          il domicilio, la dimora o la sede.

                Fuori  dei  casi  di  cui   al   primo   comma,   per

          l'espropriazione  forzata  di  crediti  e'  competente   il

          giudice del luogo in cui il debitore ha  la  residenza,  il

          domicilio, la dimora o la sede.».

                «Art. 78 (Curatore speciale). - Se manca la persona a

          cui spetta la rappresentanza  o  l'assistenza,  e  vi  sono

          ragioni d'urgenza, puo' essere nominato all'incapace,  alla

          persona giuridica o all'associazione  non  riconosciuta  un

          curatore speciale che  li  rappresenti  o  assista  finche'

          subentri  colui  al  quale  spetta  la   rappresentanza   o

          l'assistenza.

                Si  procede  altresi'  alla  nomina  di  un  curatore

          speciale  al  rappresentato,   quando   vi   e'   conflitto

          d'interessi col rappresentante.

                Il giudice provvede alla nomina del curatore speciale

          del minore, anche d'ufficio e a pena di nullita' degli atti

          del procedimento:

                  1)  con  riguardo  ai  casi  in  cui  il   pubblico

          ministero abbia chiesto la decadenza dalla  responsabilita'

          genitoriale di entrambi  i  genitori,  o  in  cui  uno  dei

          genitori abbia chiesto la decadenza dell'altro;

                  2) in caso di adozione di  provvedimenti  ai  sensi

          dell'articolo 403 del codice civile o  di  affidamento  del

          minore ai sensi degli articoli 2 e seguenti della  legge  4

          maggio 1983, n. 184;

                  3)  nel  caso  in  cui   dai   fatti   emersi   nel

          procedimento venga alla luce una situazione di  pregiudizio

          per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza

          processuale da parte di entrambi i genitori;

                  4) quando ne faccia richiesta il minore  che  abbia

          compiuto quattordici anni.

              In ogni caso  il  giudice  puo'  nominare  un  curatore

          speciale quando  i  genitori  appaiono  per  gravi  ragioni

          temporaneamente inadeguati a  rappresentare  gli  interessi

          del minore; il provvedimento di nomina  del  curatore  deve

          essere succintamente motivato.».

                «Art.  80  (Provvedimento  di  nomina  del   curatore

          speciale). - L'istanza per la nomina del curatore  speciale

          si propone al giudice di pace o al presidente  dell'ufficio

          giudiziario davanti al quale si intende proporre la  causa.

          Se la necessita' di nominare un curatore speciale sorge nel

          corso di un procedimento, anche di natura  cautelare,  alla

          nomina provvede, d'ufficio, il giudice che procede.

                Il  giudice,  assunte  le  opportune  informazioni  e

          sentite possibilmente le persone interessate, provvede  con

          decreto.  Questo  e'  comunicato  al   pubblico   ministero

          affinche' provochi, quando occorre, i provvedimenti per  la

          costituzione  della  normale  rappresentanza  o  assistenza

          dell'incapace, della persona giuridica o  dell'associazione

          non riconosciuta.

                Al curatore  speciale  del  minore  il  giudice  puo'

          attribuire  nel  provvedimento  di   nomina,   ovvero   con

          provvedimento  non  impugnabile  adottato  nel  corso   del

          giudizio, specifici poteri di  rappresentanza  sostanziale.

          Il curatore speciale del minore procede al suo ascolto.  Il

          minore che abbia compiuto quattordici anni, i genitori  che

          esercitano la responsabilita' genitoriale, il tutore  o  il

          pubblico ministero possono chiedere con istanza motivata al

          presidente del tribunale o  al  giudice  che  procede,  che

          decide con decreto non impugnabile, la revoca del  curatore

          per gravi inadempienze o perche' mancano o sono venuti meno

          i presupposti per la sua nomina.».

              - Si riporta il testo degli articoli 70,  82,  83,  84,

          85, 86, 96, 106, 116, 118, 163,  163-bis,  164,  166,  167,

          178, 185, 185-bis e 193 del codice di procedura civile:

                «Art.  70   (Intervento   in   causa   del   pubblico

          ministero). - Il pubblico ministero deve intervenire a pena

          di nullita' rilevabile d'ufficio:

                  1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;

                  2) nelle cause  matrimoniali,  comprese  quelle  di

          separazione personale dei coniugi;

                  3) nelle cause riguardanti lo stato e la  capacita'

          delle persone;

                  [4)  nelle   cause   collettive   e   nelle   cause

          individuali di lavoro in grado di appello;]

                  5) negli altri casi previsti dalla legge.

                Deve intervenire nelle cause davanti  alla  corte  di

          cassazione nei casi stabiliti dalla legge.

                Puo' infine intervenire in ogni altra  causa  in  cui

          ravvisa un pubblico interesse.».

                «Art. 82 (Patrocinio). - Davanti al giudice  di  pace

          le parti possono  stare  in  giudizio  personalmente  nelle

          cause il cui valore non eccede euro 1.100.

                Negli altri casi,  le  parti  non  possono  stare  in

          giudizio se non col ministero  o  con  l'assistenza  di  un

          difensore. Il giudice di pace tuttavia,  in  considerazione

          della natura ed entita' della  causa,  con  decreto  emesso

          anche su istanza verbale della parte, puo'  autorizzarla  a

          stare in giudizio di persona.

                Salvi i casi in  cui  la  legge  dispone  altrimenti,

          davanti al  tribunale  e  alla  corte  d'appello  le  parti

          debbono stare in giudizio col ministero di  un  procuratore

          legalmente esercente; e davanti alla  Corte  di  cassazione

          col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo.».

                «Art. 83 (Procura alle liti). - Quando la  parte  sta

          in giudizio col ministero  di  un  difensore,  questi  deve

          essere munito di procura.

                La procura alle liti puo' essere generale o speciale,

          e deve essere  conferita  con  atto  pubblico  o  scrittura

          privata autenticata.

                La procura speciale  puo'  essere  anche  apposta  in

          calce  o  a  margine  della  citazione,  del  ricorso,  del

          controricorso, della comparsa di risposta  o  d'intervento,

          del precetto o della domanda d'intervento  nell'esecuzione,

          ovvero della memoria di  nomina  del  nuovo  difensore,  in

          aggiunta o in sostituzione  del  difensore  originariamente

          designato. In tali casi l'autografia  della  sottoscrizione

          della parte  deve  essere  certificata  dal  difensore.  La

          procura si considera apposta in calce anche  se  rilasciata

          su foglio separato che sia  pero'  congiunto  materialmente

          all'atto cui  si  riferisce,  o  su  documento  informatico

          separato  sottoscritto  con  firma  digitale  e   congiunto

          all'atto cui si riferisce mediante  strumenti  informatici,

          individuati  con  apposito  decreto  del  Ministero   della

          giustizia. Se la procura alle liti e'  stata  conferita  su

          supporto  cartaceo,  il  difensore   che   si   costituisce

          attraverso  strumenti  telematici  ne  trasmette  la  copia

          informatica autenticata con firma  digitale,  nel  rispetto

          della  normativa,  anche  regolamentare,   concernente   la

          sottoscrizione,  la  trasmissione  e   la   ricezione   dei

          documenti informatici e trasmessi in via telematica.

                La procura speciale si presume conferita soltanto per

          un determinato grado del processo, quando nell'atto non  e'

          espressa volonta' diversa.».

                «Art. 84 (Poteri del difensore). -  Quando  la  parte

          sta in giudizio col ministero del  difensore,  questi  puo'

          compiere e ricevere,  nell'interesse  della  parte  stessa,

          tutti gli atti del processo che dalla  legge  non  sono  ad

          essa espressamente riservati.

                In ogni caso non puo'  compiere  atti  che  importano

          disposizione del diritto in contesa, se non ne ha  ricevuto

          espressamente il potere.».

                «Art. 85 (Revoca  e  rinuncia  alla  procura).  -  La

          procura puo' essere sempre revocata  e  il  difensore  puo'

          sempre rinunciarvi, ma la revoca e la  rinuncia  non  hanno

          effetto nei confronti  dell'altra  parte  finche'  non  sia

          avvenuta la sostituzione del difensore.».

                «Art. 86 (Difesa personale della parte). - La parte o

          la persona che la  rappresenta  o  assiste,  quando  ha  la

          qualita' necessaria per esercitare l'ufficio  di  difensore

          con procura presso il giudice adito, puo' stare in giudizio

          senza il ministero di altro difensore.».

                «Art. 96 (Responsabilita' aggravata).  -  Se  risulta

          che la parte soccombente ha agito o resistito  in  giudizio

          con mala  fede  o  colpa  grave,  il  giudice,  su  istanza

          dell'altra parte, la condanna, oltre  che  alle  spese,  al

          risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella

          sentenza.

                Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto  per

          cui  e'  stato  eseguito  un  provvedimento  cautelare,   o

          trascritta   domanda   giudiziale,   o   iscritta   ipoteca

          giudiziale,  oppure  iniziata   o   compiuta   l'esecuzione

          forzata, su istanza della  parte  danneggiata  condanna  al

          risarcimento dei danni l'attore o il creditore  procedente,

          che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei

          danni e' fatta a norma del comma precedente.

                In ogni caso, quando pronuncia sulle spese  ai  sensi

          dell'articolo  91,  il  giudice,  anche   d'ufficio,   puo'

          altresi' condannare la parte soccombente  al  pagamento,  a

          favore della  controparte,  di  una  somma  equitativamente

          determinata.».

                «Art.  106  (Intervento  su  istanza  di  parte).   -

          Ciascuna parte puo' chiamare nel processo un terzo al quale

          ritiene  comune  la  causa  o  dal  quale  pretende  essere

          garantita.».

                «Art. 116 (Valutazione delle  prove).  -  Il  giudice

          deve  valutare   le   prove   secondo   il   suo   prudente

          apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.

                Il giudice puo' desumere  argomenti  di  prova  dalle

          risposte che le  parti  gli  danno  a  norma  dell'articolo

          seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a  consentire  le

          ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno

          delle parti stesse nel processo.».

                «Art. 118 (Ordine d'ispezione di persone e di  cose).

          - Il giudice  puo'  ordinare  alle  parti  e  ai  terzi  di

          consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso

          le ispezioni che appaiono indispensabili  per  conoscere  i

          fatti della causa, purche' cio' possa compiersi senza grave

          danno per la parte o per il terzo, e senza  costringerli  a

          violare uno dei segreti previsti negli articoli 351  e  352

          del Codice di procedura penale.

                Se la parte rifiuta di  eseguire  tale  ordine  senza

          giusto motivo, il giudice puo' da questo  rifiuto  desumere

          argomenti di prova a norma dell'articolo 116 secondo comma.

                Se rifiuta il terzo, il giudice  lo  condanna  a  una

          pena pecuniaria da euro 250 a euro 1.500.».

                «Art. 163 (Contenuto della citazione). -  La  domanda

          si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.

                Il presidente del tribunale stabilisce  al  principio

          dell'anno giudiziario,  con  decreto  approvato  dal  primo

          presidente della corte di appello, i giorni della settimana

          e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla  prima

          comparizione delle parti.

                L'atto di citazione deve contenere:

                  1) l'indicazione del tribunale davanti al quale  la

          domanda e' proposta;

                  2) il nome, il cognome, la residenza  e  il  codice

          fiscale  dell'attore,  il  nome,  il  cognome,  il   codice

          fiscale, la residenza  o  il  domicilio  o  la  dimora  del

          convenuto  e   delle   persone   che   rispettivamente   li

          rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto e'  una

          persona giuridica, un'associazione non  riconosciuta  o  un

          comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la

          ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la

          rappresentanza in giudizio;

                  3)  la  determinazione  della  cosa  oggetto  della

          domanda;

                  4) l'esposizione dei  fatti  e  degli  elementi  di

          diritto  costituenti  le  ragioni  della  domanda,  con  le

          relative conclusioni;

                  5) l'indicazione specifica dei mezzi di  prova  dei

          quali  l'attore  intende  valersi  e  in  particolare   dei

          documenti che offre in comunicazione;

                  6)  il  nome  e  il  cognome  del   procuratore   e

          l'indicazione della procura, qualora questa sia stata  gia'

          rilasciata;

                  7)  l'indicazione  del   giorno   dell'udienza   di

          comparizione;  l'invito  al  convenuto  a  costituirsi  nel

          termine di venti  giorni  prima  dell'udienza  indicata  ai

          sensi e nelle forme  stabilite  dall'art.  166,  ovvero  di

          dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini,  e

          a comparire,  nell'udienza  indicata,  dinanzi  al  giudice

          designato ai sensi dell'art.  168-bis,  con  l'avvertimento

          che la costituzione oltre i  suddetti  termini  implica  le

          decadenze di cui agli articoli 38 e 167.

                L'atto   di   citazione,   sottoscritto    a    norma

          dell'articolo  125,  e'  consegnato  dalla  parte   o   dal

          procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale lo notifica

          a norma degli articoli 137 e seguenti.».

                «Art. 163-bis  (Termini  per  comparire).  -  Tra  il

          giorno  della  notificazione  della  citazione   e   quello

          dell'udienza di comparizione debbono  intercorrere  termini

          liberi non minori di  novanta  giorni  se  il  luogo  della

          notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni

          se si trova all'estero.

                Nelle  cause  che  richiedono  pronta  spedizione  il

          presidente puo',  su  istanza  dell'attore  e  con  decreto

          motivato in calce dell'atto originale e delle  copie  della

          citazione, abbreviare fino alla meta'  i  termini  indicati

          dal primo comma.

                Se il termine assegnato dall'attore ecceda il  minimo

          indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima

          della  scadenza  del  termine  minimo,  puo'  chiedere   al

          presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di

          quest'ultimo termine, l'udienza per la  comparizione  delle

          parti sia fissata con congruo anticipo su  quella  indicata

          dall'attore. Il presidente provvede con decreto,  che  deve

          essere comunicato dal cancelliere all'attore, almeno cinque

          giorni liberi prima dell'udienza fissata dal presidente.».

                «Art. 164 (Nullita' della citazione). - La  citazione

          e' nulla se  e'  omesso  o  risulta  assolutamente  incerto

          alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell'art.

          163, se manca  l'indicazione  della  data  dell'udienza  di

          comparizione, se e' stato assegnato un termine a  comparire

          inferiore a quello stabilito dalla legge  ovvero  se  manca

          l'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163.

                Se il convenuto non si costituisce  in  giudizio,  il

          giudice, rilevata la nullita' della citazione ai sensi  del

          primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro  un

          termine perentorio.  Questa  sana  i  vizi  e  gli  effetti

          sostanziali e processuali della domanda  si  producono  sin

          dal momento della prima notificazione. Se  la  rinnovazione

          non viene eseguita,  il  giudice  ordina  la  cancellazione

          della causa dal ruolo e il processo  si  estingue  a  norma

          dell'art. 307, comma terzo.

                La costituzione  del  convenuto  sana  i  vizi  della

          citazione  e  restano  salvi  gli  effetti  sostanziali   e

          processuali di  cui  al  secondo  comma;  tuttavia,  se  il

          convenuto deduce l'inosservanza dei termini a  comparire  o

          la mancanza dell'avvertimento previsto dal n. 7)  dell'art.

          163, il giudice fissa una nuova udienza  nel  rispetto  dei

          termini.

                La citazione e' altresi' nulla se e' omesso o risulta

          assolutamente incerto il  requisito  stabilito  nel  n.  3)

          dell'art. 163 ovvero se manca l'esposizione  dei  fatti  di

          cui al n. 4) dello stesso articolo.

                Il giudice, rilevata la nullita' ai sensi  del  comma

          precedente, fissa  all'attore  un  termine  perentorio  per

          rinnovare la citazione o, se il convenuto si e' costituito,

          per  integrare  la  domanda.  Restano  ferme  le  decadenze

          maturate e  salvi  i  diritti  quesiti  anteriormente  alla

          rinnovazione o alla integrazione.

                Nel caso di integrazione della  domanda,  il  giudice

          fissa l'udienza ai sensi del secondo comma dell'art. 183  e

          si applica l'art. 167.».

                «Art.  166  (Costituzione  del   convenuto).   -   Il

          convenuto deve  costituirsi  a  mezzo  del  procuratore,  o

          personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti

          giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto

          di citazione, o almeno  dieci  giorni  prima  nel  caso  di

          abbreviazione  di  termini  a  norma  del   secondo   comma

          dell'art.  163-bis  ovvero  almeno   venti   giorni   prima

          dell'udienza  fissata  a  norma  dell'art.  168-bis  quinto

          comma, depositando  in  cancelleria  il  proprio  fascicolo

          contenente la comparsa di cui all'art.  167  con  la  copia

          della citazione notificata, la procura e  i  documenti  che

          offre in comunicazione.».

                «Art. 167 (Comparsa di risposta). - Nella comparsa di

          risposta il convenuto deve proporre  tutte  le  sue  difese

          prendendo  posizione  sui   fatti   posti   dall'attore   a

          fondamento della domanda, indicare le proprie generalita' e

          il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende  valersi

          e i documenti che  offre  in  comunicazione,  formulare  le

          conclusioni.

                A  pena  di  decadenza  deve  proporre  le  eventuali

          domande riconvenzionali e le  eccezioni  processuali  e  di

          merito che non siano rilevabili d'ufficio. Se e'  omesso  o

          risulta assolutamente incerto l'oggetto o il  titolo  della

          domanda riconvezionale, il giudice, rilevata  la  nullita',

          fissa al convenuto un termine  perentorio  per  integrarla.

          Restano ferme le  decadenze  maturate  e  salvi  i  diritti

          acquisiti anteriormente alla integrazione.

                Se intende chiamare un terzo  in  causa,  deve  farne

          dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere  ai  sensi

          dell'art. 269.».

                «Art. 178 (Controllo del collegio sulle ordinanze). -

          Le parti, senza bisogno di  mezzi  d'impugnazione,  possono

          proporre al collegio, quando la causa e' rimessa a questo a

          norma dell'articolo 189, tutte le  questioni  risolute  dal

          giudice istruttore con ordinanza revocabile.

                L'ordinanza del giudice istruttore, che non operi  in

          funzione di giudice unico, quando dichiara l'estinzione del

          processo e' impugnabile dalle parti con  reclamo  immediato

          al collegio.

                Il  reclamo  deve   essere   proposto   nel   termine

          perentorio di  dieci  giorni,  decorrente  dalla  pronuncia

          dell'ordinanza  se  avvenuta  in  udienza,   o   altrimenti

          decorrente dalla comunicazione dell'ordinanza medesima.

                Il reclamo e' presentato con  semplice  dichiarazione

          nel verbale d'udienza, o con ricorso al giudice istruttore.

                Se il reclamo e' presentato in  udienza,  il  giudice

          assegna nella stessa udienza, ove le parti  lo  richiedano,

          il termine per la comunicazione di una  memoria,  e  quello

          successivo per la  comunicazione  di  una  replica.  Se  il

          reclamo e' proposto con ricorso,  questo  e'  comunicato  a

          mezzo della  cancelleria  alle  altre  parti,  insieme  con

          decreto, in calce, del giudice istruttore, che  assegna  un

          termine per  la  comunicazione  dell'eventuale  memoria  di

          risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede  entro

          i quindici giorni successivi.».

                «Art. 185 (Tentativo di conciliazione). - Il  giudice

          istruttore, in caso di  richiesta  congiunta  delle  parti,

          fissa  la  comparizione   delle   medesime   al   fine   di

          interrogarle liberamente e di provocarne la  conciliazione.

          Il giudice istruttore ha altresi' facolta'  di  fissare  la

          predetta  udienza  di  comparizione   personale   a   norma

          dell'articolo  117.  Quando  e'  disposta  la  comparizione

          personale, le parti hanno facolta' di  farsi  rappresentare

          da un procuratore generale o speciale il quale deve  essere

          a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve  essere

          conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata

          e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare  o

          transigere la controversia. Se la procura e' conferita  con

          scrittura privata, questa puo' essere autenticata anche dal

          difensore  della  parte.  La  mancata   conoscenza,   senza

          giustificato motivo, dei fatti della  causa  da  parte  del

          procuratore  e'  valutata  ai  sensi  del   secondo   comma

          dell'articolo 116.

                Il tentativo di conciliazione puo'  essere  rinnovato

          in qualunque momento dell'istruzione.

                Quando le parti si sono conciliate, si forma processo

          verbale della convenzione  conclusa.  Il  processo  verbale

          costituisce titolo esecutivo.».

                «Art.  185-bis   (Proposta   di   conciliazione   del

          giudice). - Il giudice, alla prima udienza, ovvero  sino  a

          quando e' esaurita l'istruzione,  formula  alle  parti  ove

          possibile, avuto riguardo  alla  natura  del  giudizio,  al

          valore della controversia e all'esistenza di  questioni  di

          facile  e  pronta  soluzione  di  diritto,   una   proposta

          transattiva o conciliativa. La  proposta  di  conciliazione

          non puo' costituire motivo di ricusazione o astensione  del

          giudice.».

                «Art. 193 (Giuramento del consulente). - Alla udienza

          di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente

          l'importanza delle funzioni che e' chiamato ad adempiere, e

          ne riceve il giuramento di bene e fedelmente  adempiere  le

          funzioni affidategli al solo scopo  di  fare  conoscere  ai

          giudici la verita'.».

              - Si riporta il testo degli  articoli  210,  213,  269,

          281-sexies, 283, 288, 325, 327, 342, 348, 348-bis, 348-ter,

          350, 351, 353, 354 del codice di procedura civile:

                «Art. 210 (Ordine  di  esibizione  alla  parte  o  al

          terzo). - Negli stessi limiti entro  i  quali  puo'  essere

          ordinata a norma dell'articolo 118 l'ispezione di  cose  in

          possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore,

          su istanza di parte puo' ordinare all'altra parte  o  a  un

          terzo di esibire in giudizio un documento o altra  cosa  di

          cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo.

                Nell'ordinare  l'esibizione,   il   giudice   da'   i

          provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il  modo

          dell'esibizione.

                Se l'esibizione importa una spesa, questa deve essere

          in  ogni  caso  anticipata  dalla  parte  che  ha  proposta

          l'istanza di esibizione.».

                «Art. 213  (Richiesta  d'informazioni  alla  pubblica

          amministrazione). - Fuori dei casi previsti negli  articoli

          210 e  211,  il  giudice  puo'  richiedere  d'ufficio  alla

          pubblica amministrazione le informazioni  scritte  relative

          ad atti e documenti  dell'amministrazione  stessa,  che  e'

          necessario acquisire al processo.».

                «Art. 269 (Chiamata di un terzo  in  causa).  -  Alla

          chiamata di un terzo nel processo a norma dell'art. 106, la

          parte provvede mediante citazione a comparire  nell'udienza

          fissata  dal  giudice  istruttore  ai  sensi  del  presente

          articolo, osservati i termini dell'art. 163-bis.

                Il convenuto che intenda chiamare un terzo  in  causa

          deve,  a  pena  di  decadenza,  farne  dichiarazione  nella

          comparsa di risposta e contestualmente chiedere al  giudice

          istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di

          consentire la citazione del terzo nel rispetto dei  termini

          dell'art. 163-bis.  Il  giudice  istruttore,  entro  cinque

          giorni dalla richiesta, provvede con decreto a  fissare  la

          data della nuova udienza.  Il  decreto  e'  comunicato  dal

          cancelliere  alle  parti  costituite.   La   citazione   e'

          notificata al terzo a cura del convenuto.

                Ove, a seguito  delle  difese  svolte  dal  convenuto

          nella  comparsa  di   risposta,   sia   sorto   l'interesse

          dell'attore a chiamare in causa un terzo, l'attore deve,  a

          pena di decadenza, chiederne  l'autorizzazione  al  giudice

          istruttore nella prima udienza. Il giudice  istruttore,  se

          concede l'autorizzazione,  fissa  una  nuova  udienza  allo

          scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei

          termini dell'art. 163-bis. La citazione  e'  notificata  al

          terzo  a  cura  dell'attore  entro  il  termine  perentorio

          stabilito dal giudice.

                La  parte  che  chiama  in  causa  il   terzo,   deve

          depositare  la  citazione  notificata  entro   il   termine

          pervisto dall'art. 165, e il terzo deve costituirsi a norma

          dell'art. 166.

                Nell'ipotesi prevista dal terzo comma  restano  ferme

          per le parti le preclusioni ricollegate alla prima  udienza

          di trattazione, ma i termini  eventuali  di  cui  al  sesto

          comma dell'articolo 183 sono fissati dal giudice istruttore

          nella udienza di comparizione del terzo.».

                «Art. 281-sexies (Decisione a seguito di  trattazione

          orale).  -   Se   non   dispone   a   norma   dell'articolo

          281-quinquies, il giudice, fatte precisare le  conclusioni,

          puo' ordinare la discussione orale della causa nella stessa

          udienza o, su istanza di parte, in un'udienza successiva  e

          pronunciare sentenza al termine  della  discussione,  dando

          lettura del dispositivo e della concisa  esposizione  delle

          ragioni di fatto e di diritto della decisione.

                In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la

          sottoscrizione da parte del  giudice  del  verbale  che  la

          contiene ed e' immediatamente depositata in cancelleria.».

                «Art. 283 (Provvedimenti sull'esecuzione  provvisoria

          in appello). -  Il  giudice  dell'appello,  su  istanza  di

          parte, proposta con l'impugnazione principale o con  quella

          incidentale, quando  sussistono  gravi  e  fondati  motivi,

          anche in relazione alla possibilita' di insolvenza  di  una

          delle parti, sospende  in  tutto  o  in  parte  l'efficacia

          esecutiva o l'esecuzione della sentenza  impugnata,  con  o

          senza cauzione.

                Se  l'istanza  prevista  dal  comma  che  precede  e'

          inammissibile o manifestamente infondata  il  giudice,  con

          ordinanza non impugnabile, puo'  condannare  la  parte  che

          l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad  euro

          250  e  non  superiore  ad  euro  10.000.  L'ordinanza   e'

          revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.».

                «Art. 288 (Procedimento di correzione). - Se tutte le

          parti concordano nel  chiedere  la  stessa  correzione,  il

          giudice provvede con decreto.

                Se e' chiesta da una delle  parti,  il  giudice,  con

          decreto  da  notificarsi  insieme  col  ricorso   a   norma

          dell'articolo 170 primo  e  terzo  comma,  fissa  l'udienza

          nella quale le  parti  debbono  comparire  davanti  a  lui.

          Sull'istanza il giudice provvede con  ordinanza,  che  deve

          essere annotata sull'originale del provvedimento.

                Se e' chiesta la correzione di una sentenza  dopo  un

          anno dalla pubblicazione, il ricorso e il  decreto  debbono

          essere notificati alle altre parti personalmente.

                Le sentenze possono  essere  impugnate  relativamente

          alle parti corrette nel termine  ordinario  decorrente  dal

          giorno  in  cui  e'   stata   notificata   l'ordinanza   di

          correzione.».

                «Art. 325 (Termini per le impugnazioni). - Il termine

          per proporre l'appello, la revocazione e  l'opposizione  di

          terzo di cui all'art. 404,  secondo  comma,  e'  di  trenta

          giorni. E' anche di trenta giorni il termine  per  proporre

          la revocazione e l'opposizione di  terzo  sopra  menzionata

          contro la sentenza delle corti di appello.

                Il termine per proporre il ricorso per cassazione  e'

          di giorni sessanta.».

                «Art.   327    (Decadenza    dall'impugnazione).    -

          Indipendentemente  dalla   notificazione,   l'appello,   il

          ricorso per  Cassazione  e  la  revocazione  per  i  motivi

          indicati nei numeri 4 e 5  dell'articolo  395  non  possono

          proporsi dopo decorsi sei mesi  dalla  pubblicazione  della

          sentenza.

                Questa disposizione non si applica  quando  la  parte

          contumace  dimostra  di  non  aver  avuto  conoscenza   del

          processo per nullita' della citazione o della notificazione

          di essa, e per nullita' della notificazione degli  atti  di

          cui all'art. 292.».

                «Art.  342  (Forma  dell'appello).  -  L'appello   si

          propone con citazione contenente le indicazioni  prescritte

          dall'articolo  163.  L'appello  deve  essere  motivato.  La

          motivazione  dell'appello  deve  contenere,   a   pena   di

          inammissibilita':

                  1) l'indicazione delle parti del provvedimento  che

          si  intende  appellare  e  delle  modifiche   che   vengono

          richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice

          di primo grado;

                  2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la

          violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della

          decisione impugnata.

                Tra il giorno della citazione e  quello  della  prima

          udienza di trattazione devono intercorrere  termini  liberi

          non minori di quelli previsti dall'art. 163-bis.».

                «Art.   348   (Improcedibilita'   dell'appello).    -

          L'appello e' dichiarato improcedibile, anche d'ufficio,  se

          l'appellante non si costituisce in termini.

                Se  l'appellante  non  compare  alla  prima  udienza,

          benche' si sia anteriormente costituito, il  collegio,  con

          ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una  prossima

          udienza,  della  quale  il  cancelliere  da'  comunicazione

          all'appellante. Se anche alla  nuova  udienza  l'appellante

          non compare, l'appello e'  dichiarato  improcedibile  anche

          d'ufficio.».

                «Art.  348-bis  (Inammissibilita'  dell'appello).   -

          Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata  con  sentenza

          l'inammissibilita'   o   l'improcedibilita'   dell'appello,

          l'impugnazione  e'  dichiarata  inammissibile  dal  giudice

          competente quando non ha una  ragionevole  probabilita'  di

          essere accolta.

                Il primo comma non si applica quando:

                  a) l'appello e' proposto relativamente a una  delle

          cause di cui all'articolo 70, primo comma;

                  b) l'appello  e'  proposto  a  norma  dell'articolo

          702-quater.».

                «Art.   348-ter   (Pronuncia    sull'inammissibilita'

          dell'appello). - All'udienza di  cui  all'articolo  350  il

          giudice, prima di procedere alla  trattazione,  sentite  le

          parti,   dichiara   inammissibile   l'appello,   a    norma

          dell'articolo   348-bis,   primo   comma,   con   ordinanza

          succintamente  motivata,  anche  mediante  il  rinvio  agli

          elementi di fatto riportati in uno o piu' atti di  causa  e

          il riferimento a precedenti conformi. Il  giudice  provvede

          sulle spese a norma dell'articolo 91.

                L'ordinanza di inammissibilita' e'  pronunciata  solo

          quando sia per l'impugnazione  principale  che  per  quella

          incidentale di cui all'articolo 333 ricorrono i presupposti

          di cui al primo comma dell'articolo 348-bis.  In  mancanza,

          il  giudice  procede   alla   trattazione   di   tutte   le

          impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.

                Quando e' pronunciata l'inammissibilita',  contro  il

          provvedimento di primo grado puo' essere proposto, a  norma

          dell'articolo 360, ricorso per cassazione. In tal  caso  il

          termine  per  il  ricorso   per   cassazione   avverso   il

          provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione  o

          notificazione, se anteriore,  dell'ordinanza  che  dichiara

          l'inammissibilita'. Si applica l'articolo  327,  in  quanto

          compatibile.

                Quando l'inammissibilita'  e'  fondata  sulle  stesse

          ragioni, inerenti alle questioni di  fatto,  poste  a  base

          della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui

          al comma precedente puo' essere proposto esclusivamente per

          i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del  primo  comma

          dell'articolo 360.

                La disposizione di cui al quarto  comma  si  applica,

          fuori dei casi di cui all'articolo 348-bis, secondo  comma,

          lettera a), anche al  ricorso  per  cassazione  avverso  la

          sentenza d'appello  che  conferma  la  decisione  di  primo

          grado.».

                «Art. 350 (Trattazione).  -  Davanti  alla  corte  di

          appello la trattazione dell'appello e'  collegiale;  ma  il

          presidente del collegio puo' delegare per l'assunzione  dei

          mezzi  istruttori  uno  dei  suoi  componenti;  davanti  al

          tribunale  l'appello  e'  trattato  e  deciso  dal  giudice

          monocratico.

                Nella  prima  udienza  di  trattazione   il   giudice

          verifica la regolare costituzione del  giudizio  e,  quando

          occorre, ordina l'integrazione di esso o  la  notificazione

          prevista dall'art. 332, oppure dispone che  si  rinnovi  la

          notificazione dell'atto di appello.

                Nella  stessa  udienza   il   giudice   dichiara   la

          contumacia dell'appellato,  provvede  alla  riunione  degli

          appelli proposti contro la stessa  sentenza  e  procede  al

          tentativo di conciliazione ordinando,  quando  occorre,  la

          comparizione personale delle parti.».

                «Art.     351     (Provvedimenti      sull'esecuzione

          provvisoria). - Sull'istanza prevista dall'articolo 283  il

          giudice provvede con ordinanza non impugnabile nella  prima

          udienza.

                La parte puo', con ricorso al giudice,  chiedere  che

          la  decisione  sulla  sospensione  sia  pronunciata   prima

          dell'udienza di comparizione. Davanti alla corte di appello

          il ricorso e' presentato al presidente del collegio.

                Il  presidente  del  collegio  o  il  tribunale,  con

          decreto in calce al ricorso, ordina la  comparizione  delle

          parti in camera di consiglio, rispettivamente,  davanti  al

          collegio o  davanti  a  se'.  Con  lo  stesso  decreto,  se

          ricorrono  giusti  motivi   di   urgenza,   puo'   disporre

          provvisoriamente  l'immediata  sospensione   dell'efficacia

          esecutiva o dell'esecuzione della sentenza;  in  tal  caso,

          all'udienza  in  camera  di  consiglio  il  collegio  o  il

          tribunale  conferma,  modifica  o  revoca  il  decreto  con

          ordinanza non impugnabile.

                Il giudice, all'udienza prevista dal primo comma,  se

          ritiene la causa matura per la decisione,  puo'  provvedere

          ai sensi dell'articolo  281-sexies.  Se  per  la  decisione

          sulla sospensione e' stata  fissata  l'udienza  di  cui  al

          terzo comma, il  giudice  fissa  apposita  udienza  per  la

          decisione  della  causa  nel   rispetto   dei   termini   a

          comparire.».

                «Art. 353 (Rimessione al primo giudice per ragioni di

          giurisdizione). -  Il  giudice  d'appello,  se  riforma  la

          sentenza  di  primo  grado  dichiarando  che   il   giudice

          ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal  primo

          giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda  le  parti

          davanti al primo giudice.

                Le parti debbono riassumere il processo  nel  termine

          perentorio di tre mesi dalla notificazione della sentenza.

                Se contro la sentenza d'appello e'  proposto  ricorso

          per cassazione, il termine e' interrotto.».

                «Art. 354 (Rimessione  al  primo  giudice  per  altri

          motivi).  -   Fuori   dei   casi   previsti   nell'articolo

          precedente, il giudice di appello  non  puo'  rimettere  la

          causa al  primo  giudice,  tranne  che  dichiari  nulla  la

          notificazione   della   citazione   introduttiva,    oppure

          riconosca che nel giudizio di  primo  grado  doveva  essere

          integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa

          una parte, ovvero dichiari la nullita'  della  sentenza  di

          primo grado a norma dell'articolo 161 secondo comma.

                Il  giudice  d'appello  rimette  la  causa  al  primo

          giudice anche nel caso di riforma  della  sentenza  che  ha

          pronunciato sulla estinzione del processo a norma  e  nelle

          forme dell'articolo 308.

                Nei casi di rimessione al primo giudice previsti  nei

          commi   precedenti,   si    applicano    le    disposizioni

          dell'articolo 353.

                Se il giudice d'appello dichiara la nullita' di altri

          atti  compiuti  in  primo  grado,  ne  ordina,  in   quanto

          possibile, la rinnovazione a norma dell'articolo 356.».

              - Si riporta il testo degli articoli 363, 376, 380-bis,

          380-bis.1., 380-ter, 395, 409, 410, 411, 412-ter, 414, 434,

          481, 490, 492-bis,  497  e  501  del  codice  di  procedura

          civile:

                «Art. 363 (Principio di diritto nell'interesse  della

          legge). - Quando le parti non hanno  proposto  ricorso  nei

          termini di legge o vi hanno rinunciato,  ovvero  quando  il

          provvedimento non e' ricorribile in  cassazione  e  non  e'

          altrimenti impugnabile, il Procuratore generale  presso  la

          Corte di cassazione  puo'  chiedere  che  la  Corte  enunci

          nell'interesse della legge il principio di diritto al quale

          il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi.

                La richiesta del procuratore generale, contenente una

          sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di  diritto

          poste  a  fondamento  dell'istanza,  e'  rivolta  al  primo

          presidente, il quale puo' disporre che la Corte si pronunci

          a  sezioni  unite  se  ritiene  che  la  questione  e'   di

          particolare importanza.

                Il principio di diritto puo' essere pronunciato dalla

          Corte anche d'ufficio, quando  il  ricorso  proposto  dalle

          parti e' dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene  che

          la questione decisa e' di particolare importanza.

                La  pronuncia  della  Corte  non   ha   effetto   sul

          provvedimento del giudice di merito.».

                «Art. 376 (Assegnazione dei ricorsi alle sezioni).  -

          Il primo presidente, tranne quando ricorrono le  condizioni

          previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi  ad  apposita

          sezione, che verifica se sussistono i  presupposti  per  la

          pronuncia in camera di  consiglio  ai  sensi  dell'articolo

          375, primo comma, numeri 1) e 5). Se, a un  sommario  esame

          del  ricorso,  la  suddetta  sezione   non   ravvisa   tali

          presupposti, il presidente, omessa ogni formalita', rimette

          gli atti alla sezione semplice.

                La parte, che ritiene  di  competenza  delle  sezioni

          unite un ricorso assegnato a  una  sezione  semplice,  puo'

          proporre al primo presidente  istanza  di  rimessione  alle

          sezioni unite, fino a dieci giorni  prima  dell'udienza  di

          discussione del ricorso.

                All'udienza della  sezione  semplice,  la  rimessione

          puo' essere disposta soltanto  su  richiesta  del  pubblico

          ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel  processo

          verbale.».

                «Art.  380-bis  (Procedimento  per  la  decisione  in

          camera di consiglio sull'inammissibilita' o sulla manifesta

          fondatezza o infondatezza del ricorso). - Nei casi previsti

          dall'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), su proposta

          del relatore  della  sezione  indicata  nell'articolo  376,

          primo comma, il presidente  fissa  con  decreto  l'adunanza

          della Corte indicando se e' stata ravvisata  un'ipotesi  di

          inammissibilita', di manifesta infondatezza o di  manifesta

          fondatezza del ricorso.

                Almeno venti giorni prima della  data  stabilita  per

          l'adunanza, il decreto e' notificato  agli  avvocati  delle

          parti, i quali hanno facolta'  di  presentare  memorie  non

          oltre cinque giorni prima.

                Se ritiene che  non  ricorrano  le  ipotesi  previste

          dall'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), la Corte in

          camera di consiglio rimette la causa alla pubblica  udienza

          della sezione semplice.».

                «Art. 380-bis.1 (Procedimento  per  la  decisione  in

          camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice). - Della

          fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi  alla

          sezione semplice ai sensi dell'articolo 375, secondo comma,

          e' data  comunicazione  agli  avvocati  delle  parti  e  al

          pubblico  ministero  almeno  quaranta  giorni   prima.   Il

          pubblico ministero puo' depositare in  cancelleria  le  sue

          conclusioni  scritte   non   oltre   venti   giorni   prima

          dell'adunanza in camera  di  consiglio.  Le  parti  possono

          depositare le loro memorie non  oltre  dieci  giorni  prima

          dell'adunanza  in  camera  di  consiglio.  In   camera   di

          consiglio la Corte giudica senza l'intervento del  pubblico

          ministero e delle parti.».

                «Art. 380-ter (Procedimento per  la  decisione  sulle

          istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza). -

          Nei casi previsti dall'articolo 375,  primo  comma,  numero

          4), il presidente richiede al  pubblico  ministero  le  sue

          conclusioni scritte.

                Le conclusioni e il decreto del presidente che  fissa

          l'adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli

          avvocati delle parti,  che  hanno  facolta'  di  presentare

          memorie  non  oltre  cinque  giorni  prima  della  medesima

          adunanza.

                In  camera  di  consiglio  la  Corte  giudica   senza

          l'intervento del pubblico ministero e delle parti.».

                «Art.  395  (Casi  di  revocazione).  -  Le  sentenze

          pronunciate in grado d'appello o  in  unico  grado  possono

          essere impugnate per revocazione:

                  1. se sono l'effetto del dolo di una delle parti in

          danno dell'altra;

                  2. se si e' giudicato in base a prove  riconosciute

          o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che  la

          parte soccombente  ignorava  essere  state  riconosciute  o

          dichiarate tali prima della sentenza;

                  3. se dopo la sentenza sono  stati  trovati  uno  o

          piu' documenti decisivi  che  la  parte  non  aveva  potuto

          produrre in giudizio per causa  di  forza  maggiore  o  per

          fatto dell'avversario;

                  4. se la sentenza e'  l'effetto  di  un  errore  di

          fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi  e'

          questo  errore  quando  la  decisione  e'   fondata   sulla

          supposizione   di   un   fatto   la    cui    verita'    e'

          incontrastabilmente  esclusa,  oppure  quando  e'  supposta

          l'inesistenza di un fatto la cui verita'  e'  positivamente

          stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro  caso  se  il

          fatto non costitui'  un  punto  controverso  sul  quale  la

          sentenza ebbe a pronunciare;

                  5. se la sentenza e' contraria ad altra  precedente

          avente fra le parti autorita' di  cosa  giudicata,  purche'

          non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;

                  6. se la sentenza e' effetto del dolo del  giudice,

          accertato con sentenza passata in giudicato.».

                «Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). -  Si

          osservano  le  disposizioni   del   presente   capo   nelle

          controversie relative a:

                  1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se

          non inerenti all'esercizio di una impresa;

                  2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria,  di

          compartecipazione  agraria,  di   affitto   a   coltivatore

          diretto, nonche'  rapporti  derivanti  da  altri  contratti

          agrari, salva la  competenza  delle  sezioni  specializzate

          agrarie;

                  3)   rapporti   di   agenzia,   di   rappresentanza

          commerciale ed altri  rapporti  di  collaborazione  che  si

          concretino in  una  prestazione  di  opera  continuativa  e

          coordinata,  prevalentemente  personale,  anche  se  non  a

          carattere  subordinato.  La   collaborazione   si   intende

          coordinata  quando,  nel  rispetto   delle   modalita'   di

          coordinamento stabilite di comune accordo dalle  parti,  il

          collaboratore    organizza    autonomamente     l'attivita'

          lavorativa;

                  4)  rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  di  enti

          pubblici  che  svolgono  esclusivamente  o  prevalentemente

          attivita' economica;

                  5)  rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  di  enti

          pubblici ed altri rapporti di lavoro  pubblico,  sempreche'

          non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.».

                «Art. 410 (Tentativo di conciliazione). - Chi intende

          proporre in  giudizio  una  domanda  relativa  ai  rapporti

          previsti dall'articolo 409 puo' promuovere,  anche  tramite

          l'associazione sindacale alla quale aderisce  o  conferisce

          mandato, un previo tentativo  di  conciliazione  presso  la

          commissione di conciliazione individuata secondo i  criteri

          di cui all'articolo 413.

                La comunicazione della richiesta di espletamento  del

          tentativo di conciliazione  interrompe  la  prescrizione  e

          sospende, per la durata del tentativo  di  conciliazione  e

          per i venti giorni  successivi  alla  sua  conclusione,  il

          decorso di ogni termine di decadenza.

                Le commissioni di conciliazione sono istituite presso

          la Direzione provinciale  del  lavoro.  La  commissione  e'

          composta dal direttore dell'ufficio  stesso  o  da  un  suo

          delegato o da un magistrato collocato a riposo, in qualita'

          di presidente, da quattro  rappresentanti  effettivi  e  da

          quattro  supplenti  dei  datori  di  lavoro  e  da  quattro

          rappresentanti  effettivi  e  da  quattro   supplenti   dei

          lavoratori,  designati  dalle   rispettive   organizzazioni

          sindacali   maggiormente    rappresentative    a    livello

          territoriale.

                Le commissioni, quando se ne ravvisi  la  necessita',

          affidano  il   tentativo   di   conciliazione   a   proprie

          sottocommissioni, presiedute dal direttore della  Direzione

          provinciale  del  lavoro  o  da  un   suo   delegato,   che

          rispecchino la composizione prevista dal  terzo  comma.  In

          ogni caso per la validita' della riunione e' necessaria  la

          presenza del Presidente e di almeno un  rappresentante  dei

          datori di lavoro e almeno un rappresentante dei lavoratori.

                La  richiesta   del   tentativo   di   conciliazione,

          sottoscritta dall'istante, e' consegnata o spedita mediante

          raccomandata  con  avviso  di  ricevimento.   Copia   della

          richiesta  del  tentativo  di  conciliazione  deve   essere

          consegnata o  spedita  con  raccomandata  con  ricevuta  di

          ritorno a cura della stessa parte istante alla controparte.

                La richiesta deve precisare:

                  1) nome, cognome e  residenza  dell'istante  e  del

          convenuto; se l'istante o il  convenuto  sono  una  persona

          giuridica, un'associazione non riconosciuta o un  comitato,

          l'istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonche'

          la sede;

                  2) il luogo dove e' sorto il rapporto  ovvero  dove

          si trova l'azienda o sua dipendenza alla quale  e'  addetto

          il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua  opera

          al momento della fine del rapporto;

                  3) il luogo dove devono  essere  fatte  alla  parte

          istante le comunicazioni inerenti alla procedura;

                  4) l'esposizione dei fatti e delle ragioni posti  a

          fondamento della pretesa.

                Se la controparte intende accettare la  procedura  di

          conciliazione,   deposita   presso   la   commissione    di

          conciliazione, entro venti  giorni  dal  ricevimento  della

          copia della richiesta, una memoria contenente le  difese  e

          le eccezioni in fatto e in diritto,  nonche'  le  eventuali

          domande in  via  riconvenzionale.  Ove  cio'  non  avvenga,

          ciascuna  delle  parti  e'  libera  di  adire   l'autorita'

          giudiziaria. Entro i dieci giorni successivi  al  deposito,

          la commissione fissa la comparizione  delle  parti  per  il

          tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro  i

          successivi  trenta  giorni.  Dinanzi  alla  commissione  il

          lavoratore puo' farsi assistere anche da  un'organizzazione

          cui aderisce o conferisce mandato.

                La  conciliazione  della  lite  da   parte   di   chi

          rappresenta la  pubblica  amministrazione,  anche  in  sede

          giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo, secondo

          e terzo, non puo' dar luogo a responsabilita', salvi i casi

          di dolo e colpa grave.».

                «Art. 411 (Processo verbale di conciliazione).  -  Se

          la  conciliazione  esperita  ai  sensi  dell'articolo   410

          riesce, anche limitatamente ad  una  parte  della  domanda,

          viene redatto separato processo verbale sottoscritto  dalle

          parti e dai componenti della commissione di  conciliazione.

          Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara

          esecutivo con decreto.

                Se non  si  raggiunge  l'accordo  tra  le  parti,  la

          commissione di conciliazione deve  formulare  una  proposta

          per  la  bonaria  definizione  della  controversia.  Se  la

          proposta non e' accettata, i termini di essa sono riassunti

          nel verbale  con  indicazione  delle  valutazioni  espresse

          dalle parti.  Delle  risultanze  della  proposta  formulata

          dalla  commissione   e   non   accettata   senza   adeguata

          motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio.

                Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto

          dalle parti, al ricorso depositato ai  sensi  dell'articolo

          415  devono  essere  allegati  i  verbali  e   le   memorie

          concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito.  Se

          il  tentativo  di  conciliazione  si  e'  svolto  in   sede

          sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di  cui

          all'articolo  410.  Il   processo   verbale   di   avvenuta

          conciliazione e' depositato presso la Direzione provinciale

          del lavoro a cura di una delle parti o per  il  tramite  di

          un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato,

          accertatane l'autenticita', provvede  a  depositarlo  nella

          cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e' stato

          redatto. Il giudice, su istanza  della  parte  interessata,

          accertata   la   regolarita'   formale   del   verbale   di

          conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.».

                «Art. 412-ter (Altre  modalita'  di  conciliazione  e

          arbitrato previste dalla contrattazione collettiva).  -  La

          conciliazione  e  l'arbitrato,   nelle   materie   di   cui

          all'articolo 409, possono essere svolti altresi' presso  le

          sedi e con le modalita' previste dai  contratti  collettivi

          sottoscritti  dalle  associazioni  sindacali   maggiormente

          rappresentative.».

                «Art. 414 (Forma della  domanda).  -  La  domanda  si

          propone con ricorso, il quale deve contenere:

                  1. l'indicazione del giudice;

                  2. il nome, il cognome, nonche' la residenza  o  il

          domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui  ha  sede

          il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza  o  il

          domicilio o  la  dimora  del  convenuto;  se  ricorrente  o

          convenuto e' una  persona  giuridica,  un'associazione  non

          riconosciuta o un comitato, il  ricorso  deve  indicare  la

          denominazione o ditta nonche' la sede del ricorrente o  del

          convenuto;

                  3. la determinazione dell'oggetto della domanda;

                  4. l'esposizione dei  fatti  e  degli  elementi  di

          diritto sui quali si  fonda  la  domanda  con  le  relative

          conclusioni;

                  5. l'indicazione specifica dei mezzi  di  prova  di

          cui il ricorrente intende avvalersi e  in  particolare  dei

          documenti che si offrono in comunicazione.».

                «Art. 434 (Deposito del ricorso  in  appello).  -  Il

          ricorso   deve   contenere   le   indicazioni    prescritte

          dall'articolo  414.  L'appello  deve  essere  motivato.  La

          motivazione  dell'appello  deve  contenere,   a   pena   di

          inammissibilita':

                  1) l'indicazione delle parti del provvedimento  che

          si  intende  appellare  e  delle  modifiche   che   vengono

          richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice

          di primo grado;

                  2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la

          violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della

          decisione impugnata.

                Il ricorso deve essere depositato  nella  cancelleria

          della  corte  di  appello   entro   trenta   giorni   dalla

          notificazione della sentenza, oppure entro quaranta  giorni

          nel caso in cui la notificazione abbia  dovuto  effettuarsi

          all'estero.».

                «Art. 481 (Cessazione dell'efficacia del precetto). -

          Il precetto diventa inefficace, se nel termine  di  novanta

          giorni   dalla   sua   notificazione   non   e'    iniziata

          l'esecuzione.

                Se contro il precetto  e'  proposta  opposizione,  il

          termine rimane sospeso  e  riprende  a  decorrere  a  norma

          dell'articolo 627.».

                «Art. 490 (Pubblicita' degli  avvisi).  -  Quando  la

          legge dispone che di un atto esecutivo  sia  data  pubblica

          notizia, un avviso contenente tutti  i  dati,  che  possono

          interessare il pubblico, deve essere inserito  sul  portale

          del  Ministero  della   giustizia   in   un'area   pubblica

          denominata "portale delle vendite pubbliche".

                In caso di espropriazione di beni mobili  registrati,

          per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni  immobili,

          lo stesso avviso, unitamente  a  copia  dell'ordinanza  del

          giudice  e  della  relazione  di  stima  redatta  ai  sensi

          dell'articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione  del

          presente codice, e'  altresi'  inserito  in  appositi  siti

          internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per

          la presentazione delle offerte o della data dell'incanto.

                Anche su  istanza  del  creditore  procedente  o  dei

          creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo il giudice

          puo' disporre inoltre  che  l'avviso  sia  inserito  almeno

          quarantacinque   giorni   prima   del   termine   per    la

          presentazione delle offerte una o piu' volte sui quotidiani

          di informazione locali  aventi  maggiore  diffusione  nella

          zona interessata o, quando  opportuno,  sui  quotidiani  di

          informazione nazionali o che sia  divulgato  con  le  forme

          della   pubblicita'   commerciale.   Sono   equiparati   ai

          quotidiani,   i   giornali    di    informazione    locale,

          multisettimanali o settimanali editi da  soggetti  iscritti

          al Registro operatori della comunicazione  (ROC)  e  aventi

          caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani

          che  garantiscono  la   maggior   diffusione   nella   zona

          interessata.  Nell'avviso  e'  omessa   l'indicazione   del

          debitore.».

                «Art. 492-bis (Ricerca con modalita' telematiche  dei

          beni  da  pignorare).  -  Su  istanza  del  creditore,   il

          presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la

          residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il

          diritto della  parte  istante  a  procedere  ad  esecuzione

          forzata, autorizza la ricerca con modalita' telematiche dei

          beni da pignorare. L'istanza deve  contenere  l'indicazione

          dell'indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il  numero

          di fax del difensore nonche', ai  fini  dell'articolo  547,

          dell'indirizzo di posta elettronica certificata.  L'istanza

          non puo' essere proposta prima che sia decorso  il  termine

          di cui all'articolo 482. Se vi e' pericolo nel ritardo,  il

          presidente del tribunale autorizza  la  ricerca  telematica

          dei  beni  da  pignorare  prima  della  notificazione   del

          precetto (3).

                Fermo quanto previsto dalle disposizioni  in  materia

          di accesso  ai  dati  e  alle  informazioni  degli  archivi

          automatizzati del Centro elaborazione dati istituito presso

          il Ministero dell'interno ai sensi  dell'articolo  8  della

          legge 1° aprile 1981, n. 121, con l'autorizzazione  di  cui

          al primo comma il presidente del tribunale o un giudice  da

          lui delegato dispone  che  l'ufficiale  giudiziario  acceda

          mediante collegamento telematico diretto ai dati  contenuti

          nelle banche dati delle  pubbliche  amministrazioni  e,  in

          particolare, nell'anagrafe tributaria, compreso  l'archivio

          dei  rapporti  finanziari,   e   in   quelle   degli   enti

          previdenziali, per l'acquisizione di tutte le  informazioni

          rilevanti  per  l'individuazione  di  cose  e  crediti   da

          sottoporre  ad  esecuzione,  comprese  quelle  relative  ai

          rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di  credito

          e datori di lavoro o committenti. Terminate  le  operazioni

          l'ufficiale giudiziario redige un  unico  processo  verbale

          nel quale indica tutte le  banche  dati  interrogate  e  le

          relative  risultanze.  L'ufficiale  giudiziario  procede  a

          pignoramento munito del titolo esecutivo  e  del  precetto,

          anche acquisendone copia  dal  fascicolo  informatico.  Nel

          caso di cui al primo comma, quarto periodo, il precetto  e'

          consegnato o trasmesso all'ufficiale giudiziario prima  che

          si proceda al pignoramento.

                Se l'accesso ha consentito di individuare cose che si

          trovano in luoghi appartenenti  al  debitore  compresi  nel

          territorio  di   competenza   dell'ufficiale   giudiziario,

          quest'ultimo accede agli stessi  per  provvedere  d'ufficio

          agli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520. Se  i

          luoghi non sono compresi nel territorio  di  competenza  di

          cui al periodo precedente, copia autentica del  verbale  e'

          rilasciata al creditore  che,  entro  quindici  giorni  dal

          rilascio a pena d'inefficacia della richiesta, la presenta,

          unitamente all'istanza per  gli  adempimenti  di  cui  agli

          articoli  517,  518  e   520,   all'ufficiale   giudiziario

          territorialmente competente.

                L'ufficiale giudiziario, quando non rinviene una cosa

          individuata mediante l'accesso nelle banche dati di cui  al

          secondo  comma,  intima  al  debitore  di  indicare   entro

          quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo  che

          l'omessa  o  la  falsa  comunicazione  e'  punita  a  norma

          dell'articolo 388, sesto comma, del codice penale.

                Se l'accesso ha consentito di individuare crediti del

          debitore  o   cose   di   quest'ultimo   che   sono   nella

          disponibilita' di terzi, l'ufficiale  giudiziario  notifica

          d'ufficio, ove possibile a norma dell'articolo 149-bis o  a

          mezzo telefax, al debitore  e  al  terzo  il  verbale,  che

          dovra' anche contenere l'indicazione del credito per cui si

          procede,   del   titolo   esecutivo   e    del    precetto,

          dell'indirizzo di posta elettronica certificata di  cui  al

          primo comma, del  luogo  in  cui  il  creditore  ha  eletto

          domicilio   o   ha   dichiarato   di   essere    residente,

          dell'ingiunzione,  dell'invito   e   dell'avvertimento   al

          debitore di cui all'articolo 492, primo,  secondo  e  terzo

          comma, nonche' l'intimazione al terzo di non disporre delle

          cose o delle somme dovute, nei limiti di  cui  all'articolo

          546. Il verbale di cui al presente comma e'  notificato  al

          terzo per estratto,  contenente  esclusivamente  i  dati  a

          quest'ultimo riferibili.

                Quando l'accesso ha consentito  di  individuare  piu'

          crediti del debitore o piu' cose di quest'ultimo  che  sono

          nella  disponibilita'  di  terzi  l'ufficiale   giudiziario

          sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore.

                Quando l'accesso ha  consentito  di  individuare  sia

          cose di cui al terzo comma che crediti o  cose  di  cui  al

          quinto  comma,   l'ufficiale   giudiziario   sottopone   ad

          esecuzione i beni scelti dal creditore.».

                «Art.    497    (Cessazione    dell'efficacia     del

          pignoramento). - Il pignoramento perde efficacia quando dal

          suo compimento sono trascorsi quarantacinque  giorni  senza

          che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita.».

                «Art. 501 (Termine  dilatorio  dal  pignoramento).  -

          L'istanza di assegnazione o di vendita dei  beni  pignorati

          non puo' essere proposta se non decorsi  dieci  giorni  dal

          pignoramento, tranne che per le cose  deteriorabili,  delle

          quali puo' essere  disposta  l'assegnazione  o  la  vendita

          immediata.».

              - Il Capo VI del Titolo II del libro IV del  codice  di

          procedura civile reca: «Disposizioni comuni ai procedimenti

          in camera di consiglio».

              - Si riporta il testo dell'articolo 543 del  codice  di

          procedura civile,  cosi'  come  modificato  dalla  presente

          legge:

                «Art. 543 (Forma del pignoramento). - Il pignoramento

          di crediti del debitore verso terzi o di cose del  debitore

          che sono in possesso di  terzi,  si  esegue  mediante  atto

          notificato al terzo e al debitore a  norma  degli  articoli

          137 e seguenti.

                L'atto  deve  contenere,  oltre  all'ingiunzione   al

          debitore di cui all'articolo 492:

                  1.  l'indicazione  del  credito  per  il  quale  si

          procede, del titolo esecutivo e del precetto;

                  2. l'indicazione, almeno  generica,  delle  cose  o

          delle somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne

          senza ordine di giudice;

                  3. la dichiarazione di residenza  o  l'elezione  di

          domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente

          nonche' l'indicazione dell'indirizzo di  posta  elettronica

          certificata del creditore procedente;

                  4. la citazione del debitore a comparire davanti al

          giudice competente, con l'invito al terzo a  comunicare  la

          dichiarazione  di  cui  all'articolo   547   al   creditore

          procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a

          mezzo di posta elettronica certificata; con  l'avvertimento

          al  terzo  che  in  caso  di  mancata  comunicazione  della

          dichiarazione, la  stessa  dovra'  essere  resa  dal  terzo

          comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non

          compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il

          credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del

          debitore,  nell'ammontare  o  nei  termini   indicati   dal

          creditore, si considereranno non  contestati  ai  fini  del

          procedimento  in  corso  e  dell'esecuzione   fondata   sul

          provvedimento di assegnazione.

                Nell'indicare  l'udienza  di  comparizione  si   deve

          rispettare il termine previsto nell'articolo 501.

                Eseguita    l'ultima    notificazione,    l'ufficiale

          giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale

          dell'atto di citazione. Il creditore deve depositare  nella

          cancelleria del tribunale competente  per  l'esecuzione  la

          nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di

          citazione, del  titolo  esecutivo  e  del  precetto,  entro

          trenta giorni dalla consegna. La conformita' di tali  copie

          e' attestata dall'avvocato del creditore ai soli  fini  del

          presente articolo. Il cancelliere al momento  del  deposito

          forma il fascicolo dell'esecuzione. Il  pignoramento  perde

          efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e  le  copie

          degli atti di cui al secondo periodo sono depositate  oltre

          il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore.

                Il  creditore,  entro   la   data   dell'udienza   di

          comparizione indicata nell'atto di  pignoramento,  notifica

          al debitore e al terzo l'avviso di  avvenuta  iscrizione  a

          ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e

          deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione.

          La mancata notifica dell'avviso o il suo  mancato  deposito

          nel fascicolo dell'esecuzione determina  l'inefficacia  del

          pignoramento.

                Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di

          piu' terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti dei

          terzi rispetto ai quali  non  e'  notificato  o  depositato

          l'avviso. In ogni caso, ove la notifica dell'avviso di  cui

          al presente comma non  sia  effettuata,  gli  obblighi  del

          debitore  e  del  terzo  cessano  alla  data   dell'udienza

          indicata nell'atto di pignoramento.

                Quando  procede  a   norma   dell'articolo   492-bis,

          l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore

          il verbale, il  titolo  esecutivo  ed  il  precetto,  e  si

          applicano le disposizioni di cui al quarto  comma.  Decorso

          il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante

          e  ognuno  dei  creditori  intervenuti  muniti  di   titolo

          esecutivo possono  chiedere  l'assegnazione  o  la  vendita

          delle   cose   mobili   o   l'assegnazione   dei   crediti.

          Sull'istanza di cui al periodo precedente il giudice  fissa

          l'udienza per l'audizione del creditore e  del  debitore  e

          provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il  decreto  con

          cui viene fissata l'udienza di cui al periodo precedente e'

          notificato a cura del creditore procedente e deve contenere

          l'invito e l'avvertimento al terzo di cui al numero 4)  del

          secondo comma.».

              - Si riporta il testo degli  articoli  559,  567,  569,

          586, 587, 591-ter,  596  e  597  del  codice  di  procedura

          civile:

                «Art.  559  (Custodia  dei  beni  pignorati).  -  Col

          pignoramento il debitore e'  costituito  custode  dei  beni

          pignorati e di tutti gli accessori, comprese le  pertinenze

          e i frutti, senza diritto a compenso.

                Su istanza del creditore pignorante o di un creditore

          intervenuto,  il  giudice   dell'esecuzione,   sentito   il

          debitore, puo' nominare custode una persona  diversa  dallo

          stesso debitore. Il giudice provvede a nominare una persona

          diversa quando l'immobile non sia occupato dal debitore.

                Il giudice provvede alla sostituzione del custode  in

          caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti.

                Il giudice, se  custode  dei  beni  pignorati  e'  il

          debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi

          ritenga che la sostituzione non abbia utilita', dispone, al

          momento in cui pronuncia l'ordinanza con cui e' autorizzata

          la vendita o disposta la delega delle relative  operazioni,

          che custode dei beni medesimi  sia  la  persona  incaricata

          delle dette operazioni o l'istituto di cui al  primo  comma

          dell'articolo 534.

                Qualora tale istituto non  sia  disponibile  o  debba

          essere sostituito, e' nominato custode altro soggetto.

                I provvedimenti di cui ai commi  che  precedono  sono

          pronunciati con ordinanza non impugnabile.».

                «Art. 567 (Istanza di vendita). - Decorso il  termine

          di cui all'articolo 501, il creditore pignorante  e  ognuno

          dei  creditori  intervenuti  muniti  di  titolo   esecutivo

          possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato.

                Il creditore che richiede la vendita deve provvedere,

          entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare

          allo stesso l'estratto del catasto, nonche'  i  certificati

          delle  iscrizioni  e  trascrizioni  relative   all'immobile

          pignorato  effettuate  nei  venti   anni   anteriori   alla

          trascrizione del  pignoramento;  tale  documentazione  puo'

          essere sostituita da un certificato notarile attestante  le

          risultanze  delle   visure   catastali   e   dei   registri

          immobiliari.

                Il termine  di  cui  al  secondo  comma  puo'  essere

          prorogato  una  sola  volta  su  istanza  dei  creditori  o

          dell'esecutato, per giusti motivi  e  per  una  durata  non

          superiore ad  ulteriori  sessanta  giorni.  Un  termine  di

          sessanta giorni  e'  inoltre  assegnato  al  creditore  dal

          giudice, quando lo stesso ritiene che la documentazione  da

          questi depositata debba essere completata.  Se  la  proroga

          non  e'  richiesta  o  non  e'  concessa,  oppure   se   la

          documentazione non e' integrata nel  termine  assegnato  ai

          sensi di quanto previsto nel periodo precedente, il giudice

          dell'esecuzione, anche  d'ufficio,  dichiara  l'inefficacia

          del pignoramento relativamente all'immobile  per  il  quale

          non  e'  stata  depositata  la  prescritta  documentazione.

          L'inefficacia  e'  dichiarata  con  ordinanza,  sentite  le

          parti.   Il   giudice,   con   l'ordinanza,   dispone    la

          cancellazione  della  trascrizione  del  pignoramento.   Si

          applica l'articolo 562, secondo comma. Il giudice  dichiara

          altresi' l'estinzione del processo esecutivo se non vi sono

          altri beni pignorati.».

                «Art. 569 (Provvedimento per  l'autorizzazione  della

          vendita). - A seguito dell'istanza di cui all'articolo  567

          il  giudice  dell'esecuzione,  entro  quindici  giorni  dal

          deposito della  documentazione  di  cui  al  secondo  comma

          dell'articolo 567, nomina l'esperto che  presta  giuramento

          in  cancelleria  mediante  sottoscrizione  del  verbale  di

          accettazione e fissa l'udienza per  la  comparizione  delle

          parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano

          intervenuti. Tra  la  data  del  provvedimento  e  la  data

          fissata per l'udienza non possono decorrere piu' di novanta

          giorni. Salvo quanto disposto dagli articoli 565 e 566, non

          oltre  trenta  giorni  prima  dell'udienza,  il   creditore

          pignorante  e  i  creditori  gia'  intervenuti   ai   sensi

          dell'articolo  499   depositano   un   atto,   sottoscritto

          personalmente dal creditore  e  previamente  notificato  al

          debitore esecutato, nel quale e' indicato  l'ammontare  del

          residuo credito  per  cui  si  procede,  comprensivo  degli

          interessi maturati, del criterio di calcolo  di  quelli  in

          corso  di  maturazione  e  delle   spese   sostenute   fino

          all'udienza. In difetto, agli  effetti  della  liquidazione

          della somma di cui al primo  comma  dell'articolo  495,  il

          credito resta definitivamente fissato nell'importo indicato

          nell'atto di precetto o di intervento, maggiorato dei  soli

          interessi al tasso legale e delle spese successive.

                All'udienza le parti possono fare osservazioni  circa

          il tempo e le modalita' della vendita, e debbono  proporre,

          a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se

          non sono gia' decadute dal diritto di proporle.

                Nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza  la

          vendita forzata, fissa un termine non inferiore  a  novanta

          giorni, e  non  superiore  a  centoventi,  entro  il  quale

          possono  essere  proposte  offerte  d'acquisto   ai   sensi

          dell'articolo 571. Il giudice  con  la  medesima  ordinanza

          stabilisce le modalita' con cui  deve  essere  prestata  la

          cauzione, se la vendita e' fatta in uno o  piu'  lotti,  il

          prezzo  base  determinato  a   norma   dell'articolo   568,

          l'offerta minima, il termine, non  superiore  a  centoventi

          giorni  dall'aggiudicazione,  entro  il  quale  il   prezzo

          dev'essere depositato, con  le  modalita'  del  deposito  e

          fissa, al giorno  successivo  alla  scadenza  del  termine,

          l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per  la  gara

          tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Quando ricorrono

          giustificati  motivi,  il  giudice   dell'esecuzione   puo'

          disporre  che  il  versamento  del   prezzo   abbia   luogo

          ratealmente ed entro un  termine  non  superiore  a  dodici

          mesi. Il giudice provvede ai sensi dell'articolo  576  solo

          quando ritiene probabile che la vendita con tale  modalita'

          possa  aver  luogo  ad  un  prezzo  superiore  della  meta'

          rispetto  al  valore  del   bene,   determinato   a   norma

          dell'articolo 568.

                Con la stessa ordinanza, il giudice stabilisce, salvo

          che sia pregiudizievole per gli interessi dei  creditori  o

          per  il  sollecito  svolgimento  della  procedura,  che  il

          versamento della cauzione, la presentazione delle  offerte,

          lo svolgimento della gara tra gli  offerenti  e,  nei  casi

          previsti, l'incanto, nonche' il pagamento del prezzo, siano

          effettuati con modalita' telematiche,  nel  rispetto  della

          normativa regolamentare di cui all'articolo  161-ter  delle

          disposizioni per l'attuazione del presente codice.

                Se vi sono opposizioni il  tribunale  le  decide  con

          sentenza e quindi il  giudice  dell'esecuzione  dispone  la

          vendita con ordinanza.

                Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine

          entro il quale essa deve  essere  notificata,  a  cura  del

          creditore  che  ha  chiesto  la  vendita  o  di  un   altro

          autorizzato, ai creditori di cui all'articolo 498  che  non

          sono comparsi.».

                «Art. 586 (Trasferimento  del  bene  espropriato).  -

          Avvenuto   il   versamento   del   prezzo,    il    giudice

          dell'esecuzione puo' sospendere la vendita  quando  ritiene

          che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore  a  quello

          giusto, ovvero pronunciare decreto  col  quale  trasferisce

          all'aggiudicatario  il  bene  espropriato,   ripetendo   la

          descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita

          e  ordinando  che  si  cancellino   le   trascrizioni   dei

          pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se  queste  ultime

          non    si    riferiscono    ad    obbligazioni    assuntesi

          dall'aggiudicatario a norma dell'articolo 508.  Il  giudice

          con  il  decreto  ordina  anche  la   cancellazione   delle

          trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie

          successive alla trascrizione del pignoramento.

                Il  decreto  contiene   altresi'   l'ingiunzione   al

          debitore o al custode di rilasciare l'immobile venduto.

                Esso costituisce titolo  per  la  trascrizione  della

          vendita sui  libri  fondiari  e  titolo  esecutivo  per  il

          rilascio.».

                «Art. 587 (Inadempienza dell'aggiudicatario). - Se il

          prezzo non e' depositato nel termine stabilito, il  giudice

          dell'esecuzione   con   decreto   dichiara   la   decadenza

          dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione  a

          titolo di multa e  quindi  dispone  un  nuovo  incanto.  La

          disposizione  di  cui  al  periodo  precedente  si  applica

          altresi'  nei  confronti  dell'aggiudicatario  che  non  ha

          versato anche  una  sola  rata  entro  dieci  giorni  dalla

          scadenza del termine; il giudice dell'esecuzione dispone la

          perdita a titolo di multa anche delle  rate  gia'  versate.

          Con il decreto adottato a norma del periodo precedente,  il

          giudice ordina altresi' all'aggiudicatario  che  sia  stato

          immesso nel possesso di rilasciare l'immobile  al  custode;

          il decreto e' attuato dal  custode  a  norma  dell'articolo

          560, quarto comma.

                Per  il  nuovo  incanto  si  procede  a  norma  degli

          articoli 576 e seguenti. Se il prezzo  che  se  ne  ricava,

          unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a  quello

          dell'incanto precedente, l'aggiudicatario  inadempiente  e'

          tenuto al pagamento della differenza.».

                «Art. 591-ter (Ricorso al giudice dell'esecuzione). -

          Quando, nel corso delle operazioni  di  vendita,  insorgono

          difficolta', il professionista delegato puo' rivolgersi  al

          giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto.  Le

          parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il

          predetto   decreto   nonche'   avverso   gli    atti    del

          professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il

          quale provvede con ordinanza; il ricorso  non  sospende  le

          operazioni di vendita salvo  che  il  giudice,  concorrendo

          gravi  motivi,   disponga   la   sospensione.   Contro   il

          provvedimento del giudice e' ammesso il  reclamo  ai  sensi

          dell'articolo 669-terdecies.».

                «Art. 596 (Formazione del progetto di distribuzione).

          - Se non si puo' provvedere a norma dell'articolo 510 primo

          comma,  il  giudice  dell'esecuzione  o  il  professionista

          delegato a norma dell'articolo 591-bis, non piu'  tardi  di

          trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare

          un progetto di distribuzione, anche parziale, contenente la

          graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita

          in  cancelleria  affinche'  possa  essere  consultato   dai

          creditori e dal debitore, fissando l'udienza  per  la  loro

          audizione. Il progetto di distribuzione parziale  non  puo'

          superare il novanta per cento delle somme da ripartire.

                Tra la comunicazione dell'invito e l'udienza  debbono

          intercorrere almeno dieci giorni.

                Il   giudice   dell'esecuzione   puo'   disporre   la

          distribuzione, anche parziale,  delle  somme  ricavate,  in

          favore di creditori  aventi  diritto  all'accantonamento  a

          norma dell'articolo 510, terzo comma, ovvero di creditori i

          cui crediti costituiscano oggetto di controversia  a  norma

          dell'articolo 512, qualora sia presentata una  fideiussione

          autonoma, irrevocabile e a prima richiesta,  rilasciata  da

          uno dei soggetti di  cui  all'articolo  574,  primo  comma,

          secondo periodo, idonea a garantire  la  restituzione  alla

          procedura delle somme che risultino ripartite  in  eccesso,

          anche in forza di provvedimenti provvisoriamente  esecutivi

          sopravvenuti, oltre  agli  interessi,  al  tasso  applicato

          dalla  Banca  centrale  europea  alle  sue   piu'   recenti

          operazioni di rifinanziamento principali, a  decorrere  dal

          pagamento   e   sino   all'effettiva    restituzione.    La

          fideiussione e' escussa dal custode  o  dal  professionista

          delegato su autorizzazione del giudice. Le disposizioni del

          presente  comma  si  applicano  anche  ai   creditori   che

          avrebbero diritto alla distribuzione delle  somme  ricavate

          nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte,

          il credito del soggetto avente  diritto  all'accantonamento

          ovvero oggetto di controversia a norma  del  primo  periodo

          del presente comma. ».

                «Art.  597  (Mancata  comparizione).  -  La   mancata

          comparizione alla prima udienza e in quella fissata a norma

          dell'articolo 485 ultimo comma,  importa  approvazione  del

          progetto per gli effetti di cui all'articolo seguente.».

              - Si riporta il testo degli  articoli  605,  606,  607,

          608, 608-bis, 614-bis,  615,  616,  617,  642,  669-novies,

          669-terdecies, 702-bis, 702-ter, 702-quater del  codice  di

          procedura civile:

                «Art. 605 (Precetto per consegna o  rilascio).  -  Il

          precetto per consegna di beni mobili  o  rilascio  di  beni

          immobili  deve  contenere,  oltre  le  indicazioni  di  cui

          all'articolo 480, anche la descrizione  sommaria  dei  beni

          stessi.

              Se il titolo esecutivo dispone circa il  termine  della

          consegna  o  del  rilascio,  l'intimazione  va  fatta   con

          riferimento a tale termine.».

                «Art. 606 (Modo della consegna). - Decorso il termine

          indicato nel precetto, l'ufficiale giudiziario, munito  del

          titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo  in  cui

          le cose si trovano e le ricerca a norma dell'articolo  513;

          quindi ne fa consegna alla parte istante o a persona da lei

          designata.».

                «Art.  607  (Cose  pignorate).  -  Se  le   cose   da

          consegnare sono  pignorate,  la  consegna  non  puo'  avere

          luogo, e la parte istante deve fare valere le  sue  ragioni

          mediante  opposizione  a  norma  degli   articoli   619   e

          seguenti.».

                «Art. 608 (Modo del rilascio). - L'esecuzione  inizia

          con  la  notifica  dell'avviso  con  il  quale  l'ufficiale

          giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla  parte,

          che e' tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in

          cui procedera'.

                Nel  giorno   e   nell'ora   stabiliti,   l'ufficiale

          giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si

          reca sul  luogo  dell'esecuzione  e,  facendo  uso,  quando

          occorre, dei poteri a  lui  consentiti  dall'articolo  513,

          immette la parte istante o una persona da lei designata nel

          possesso dell'immobile, del quale le  consegna  le  chiavi,

          ingiungendo agli  eventuali  detentori  di  riconoscere  il

          nuovo possessore.».

                «Art.   608-bis   (Estinzione   dell'esecuzione   per

          rinuncia  della  parte  istante).  -  L'esecuzione  di  cui

          all'articolo 605 si estingue se  la  parte  istante,  prima

          della  consegna  o  del  rilascio,  rinuncia  con  atto  da

          notificarsi  alla  parte   esecutata   e   da   consegnarsi

          all'ufficiale giudiziario procedente.».

                «Art. 614-bis (Misure di  coercizione  indiretta).  -

          Con  il  provvedimento  di  condanna   all'adempimento   di

          obblighi diversi  dal  pagamento  di  somme  di  denaro  il

          giudice, salvo che cio' sia manifestamente  iniquo,  fissa,

          su  richiesta  di  parte,  la  somma   di   denaro   dovuta

          dall'obbligato   per   ogni   violazione   o   inosservanza

          successiva ovvero  per  ogni  ritardo  nell'esecuzione  del

          provvedimento. Il  provvedimento  di  condanna  costituisce

          titolo esecutivo per il pagamento delle  somme  dovute  per

          ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di  cui  al

          presente comma non si applicano alle controversie di lavoro

          subordinato  pubblico  o   privato   e   ai   rapporti   di

          collaborazione   coordinata   e   continuativa    di    cui

          all'articolo 409.

                Il giudice determina l'ammontare della somma  di  cui

          al primo comma tenuto conto del valore della  controversia,

          della natura della prestazione, del  danno  quantificato  o

          prevedibile e di ogni altra circostanza utile.».

                «Art.  615  (Forma  dell'opposizione).  -  Quando  si

          contesta il diritto della  parte  istante  a  procedere  ad

          esecuzione forzata e questa non e' ancora iniziata, si puo'

          proporre opposizione al precetto con citazione  davanti  al

          giudice competente per materia o valore e per territorio  a

          norma  dell'articolo  27.  Il  giudice,  concorrendo  gravi

          motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia  esecutiva

          del titolo. Se il diritto della parte istante e' contestato

          solo parzialmente,  il  giudice  procede  alla  sospensione

          dell'efficacia  esecutiva  del  titolo  esclusivamente   in

          relazione alla parte contestata.

                Quando e' iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui

          al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilita'

          dei   beni   si   propongono   con   ricorso   al   giudice

          dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto  l'udienza

          di comparizione delle parti davanti  a  se'  e  il  termine

          perentorio per la notificazione del ricorso e del  decreto.

          Nell'esecuzione   per   espropriazione   l'opposizione   e'

          inammissibile se e' proposta dopo che e' stata disposta  la

          vendita o l'assegnazione a norma degli articoli  530,  552,

          569, salvo che sia fondata  su  fatti  sopravvenuti  ovvero

          l'opponente  dimostri   di   non   aver   potuto   proporla

          tempestivamente per causa a lui non imputabile.».

                «Art. 616 (Provvedimenti sul giudizio  di  cognizione

          introdotto dall'opposizione). - Se competente per la  causa

          e' l'ufficio giudiziario al  quale  appartiene  il  giudice

          dell'esecuzione questi  fissa  un  termine  perentorio  per

          l'introduzione del giudizio di merito secondo le  modalita'

          previste in  ragione  della  materia  e  del  rito,  previa

          iscrizione  a  ruolo,  a  cura  della  parte   interessata,

          osservati  i  termini  a  comparire  di  cui   all'articolo

          163-bis,  o  altri  se  previsti,  ridotti   della   meta';

          altrimenti rimette la causa dinanzi all'ufficio giudiziario

          competente  assegnando  un  termine   perentorio   per   la

          riassunzione della causa».

                «Art. 617 (Forma dell'opposizione). - Le  opposizioni

          relative alla regolarita' formale del  titolo  esecutivo  e

          del  precetto  si  propongono,  prima  che   sia   iniziata

          l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480

          terzo comma, con  atto  di  citazione  da  notificarsi  nel

          termine perentorio di venti giorni dalla notificazione  del

          titolo esecutivo o del precetto.

                Le opposizioni di cui al  comma  precedente  che  sia

          stato    impossibile     proporre     prima     dell'inizio

          dell'esecuzione e quelle relative  alla  notificazione  del

          titolo esecutivo e  del  precetto  e  ai  singoli  atti  di

          esecuzione   si   propongono   con   ricorso   al   giudice

          dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni  dal

          primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo

          o il precetto, oppure dal giorno  in  cui  i  singoli  atti

          furono compiuti.».

                «Art. 642 (Esecuzione provvisoria). - Se  il  credito

          e'  fondato  su   cambiale,   assegno   bancario,   assegno

          circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su  atto

          ricevuto  da  notaio  o   da   altro   pubblico   ufficiale

          autorizzato,  il  giudice,  su  istanza   del   ricorrente,

          ingiunge  al  debitore  di  pagare   o   consegnare   senza

          dilazione,   autorizzando    in    mancanza    l'esecuzione

          provvisoria del decreto  e  fissando  il  termine  ai  soli

          effetti dell'opposizione.

                L'esecuzione provvisoria puo' essere  concessa  anche

          se vi e' pericolo di grave pregiudizio nel ritardo,  ovvero

          se il ricorrente produce  documentazione  sottoscritta  dal

          debitore, comprovante il diritto fatto valere;  il  giudice

          puo' imporre al ricorrente una cauzione.

                In  tali  casi  il  giudice  puo'  anche  autorizzare

          l'esecuzione  senza  l'osservanza  del   termine   di   cui

          all'articolo 482.».

                «Art.  669-novies  (Inefficacia   del   provvedimento

          cautelare). - Se il procedimento di merito non e'  iniziato

          nel termine  perentorio  di  cui  all'articolo  669-octies,

          ovvero se successivamente al  suo  inizio  si  estingue  il

          provvedimento cautelare perde la sua efficacia.

                In entrambi i casi,  il  giudice  che  ha  emesso  il

          provvedimento,  su   ricorso   della   parte   interessata,

          convocate  le  parti  con  decreto  in  calce  al  ricorso,

          dichiara, se non c'e' contestazione, con  ordinanza  avente

          efficacia  esecutiva,  che  il  provvedimento  e'  divenuto

          inefficace   e   da'   le   disposizioni   necessarie   per

          ripristinare  la  situazione   precedente.   In   caso   di

          contestazione l'ufficio giudiziario al quale appartiene  il

          giudice che ha emesso il provvedimento cautelare decide con

          sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la  possibilita'

          di emanare  in  corso  di  causa  i  provvedimenti  di  cui

          all'articolo 669-decies.

                Il provvedimento cautelare perde  altresi'  efficacia

          se non e' stata versata la  cauzione  di  cui  all'articolo

          669-undecies, ovvero se con sentenza, anche non passata  in

          giudicato, e' dichiarato inesistente il diritto  a  cautela

          del quale era stato concesso. In tal caso  i  provvedimenti

          di cui al comma precedente sono  pronunciati  nella  stessa

          sentenza o, in mancanza, con ordinanza a seguito di ricorso

          al giudice che ha emesso il provvedimento.

                Se la causa di merito e' devoluta alla  giurisdizione

          di un giudice straniero o ad arbitrato italiano  o  estero,

          il provvedimento cautelare, oltre che nei casi previsti nel

          primo e nel terzo comma, perde altresi' efficacia:

                  1) se la parte che l'aveva richiesto  non  presenta

          domanda di esecutorieta' in Italia della sentenza straniera

          o del lodo arbitrale entro i termini eventualmente previsti

          a  pena  di  decadenza  dalla  legge  o  dalle  convenzioni

          internazionali;

                  2) se sono pronunciati  sentenza  straniera,  anche

          non passata in giudicato, o lodo arbitrale  che  dichiarino

          inesistente il diritto per il quale  il  provvedimento  era

          stato concesso. Per la  dichiarazione  di  inefficacia  del

          provvedimento cautelare e per le disposizioni di ripristino

          si applica il secondo comma del presente articolo.».

                «Art. 669-terdecies (Reclamo contro  i  provvedimenti

          cautelari). - Contro l'ordinanza  con  la  quale  e'  stato

          concesso o negato il  provvedimento  cautelare  e'  ammesso

          reclamo nel termine perentorio  di  quindici  giorni  dalla

          pronuncia in udienza ovvero  dalla  comunicazione  o  dalla

          notificazione se anteriore.

                Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo

          del tribunale si propone al collegio, del  quale  non  puo'

          far parte  il  giudice  che  ha  emanato  il  provvedimento

          reclamato.  Quando  il  provvedimento  cautelare  e'  stato

          emesso dalla Corte d'appello,  il  reclamo  si  propone  ad

          altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte

          d'appello piu' vicina.

                Il procedimento e' disciplinato dagli articoli 737  e

          738.

                Le circostanze e i  motivi  sopravvenuti  al  momento

          della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel

          rispetto del principio del  contraddittorio,  nel  relativo

          procedimento.   Il   tribunale   puo'    sempre    assumere

          informazioni e acquisire nuovi documenti. Non e' consentita

          la rimessione al primo giudice.

                Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre

          venti  giorni  dal  deposito  del  ricorso,  ordinanza  non

          impugnabile con la quale conferma,  modifica  o  revoca  il

          provvedimento cautelare.

                Il   reclamo   non    sospende    l'esecuzione    del

          provvedimento; tuttavia il presidente del tribunale o della

          Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti

          il provvedimento arrechi grave  danno,  puo'  disporre  con

          ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione  o

          subordinarla alla prestazione di congrua cauzione.».

                «Art.  702-bis  (Forma  della  domanda.  Costituzione

          delle parti). - Nelle cause in cui il tribunale giudica  in

          composizione monocratica, la domanda puo'  essere  proposta

          con  ricorso   al   tribunale   competente.   Il   ricorso,

          sottoscritto a norma dell'articolo 125, deve  contenere  le

          indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3),  4),  5)  e  6)  e

          l'avvertimento  di  cui  al  numero  7)  del  terzo   comma

          dell'articolo 163.

                A  seguito  della  presentazione   del   ricorso   il

          cancelliere forma il  fascicolo  d'ufficio  e  lo  presenta

          senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa

          il  magistrato  cui  e'   affidata   la   trattazione   del

          procedimento.

                Il giudice designato fissa con decreto  l'udienza  di

          comparizione delle parti,  assegnando  il  termine  per  la

          costituzione del convenuto, che  deve  avvenire  non  oltre

          dieci giorni prima dell'udienza; il ricorso, unitamente  al

          decreto di fissazione dell'udienza, deve essere  notificato

          al convenuto almeno trenta giorni prima della data  fissata

          per la sua costituzione.

                Il convenuto deve costituirsi  mediante  deposito  in

          cancelleria della comparsa di risposta,  nella  quale  deve

          proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti

          dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi

          di prova di cui intende avvalersi e i documenti  che  offre

          in comunicazione, nonche' formulare le conclusioni. A  pena

          di   decadenza   deve   proporre   le   eventuali   domande

          riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito  che

          non sono rilevabili d'ufficio.

                Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia

          deve,  a  pena  di  decadenza,  farne  dichiarazione  nella

          comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo

          spostamento   dell'udienza.   Il   giudice,   con   decreto

          comunicato dal cancelliere alle parti costituite,  provvede

          a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine

          perentorio per la citazione del terzo. La costituzione  del

          terzo in giudizio avviene a norma del quarto comma.».

                «Art.  702-ter  (Procedimento).  -  Il  giudice,   se

          ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza.

                Se rileva che  la  domanda  non  rientra  tra  quelle

          indicate nell'articolo 702-bis, il giudice,  con  ordinanza

          non impugnabile, la dichiara  inammissibile.  Nello  stesso

          modo provvede sulla domanda riconvenzionale.

                Se  ritiene  che  le  difese   svolte   dalle   parti

          richiedono un'istruzione  non  sommaria,  il  giudice,  con

          ordinanza  non  impugnabile,   fissa   l'udienza   di   cui

          all'articolo 183. In tal caso si applicano le  disposizioni

          del libro II.

                Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale

          richiede un'istruzione non sommaria, il giudice ne  dispone

          la separazione.

                Se non provvede ai sensi dei commi  precedenti,  alla

          prima udienza il giudice, sentite  le  parti,  omessa  ogni

          formalita' non essenziale al contraddittorio,  procede  nel

          modo che ritiene piu' opportuno  agli  atti  di  istruzione

          rilevanti  in  relazione  all'oggetto   del   provvedimento

          richiesto e provvede con ordinanza  all'accoglimento  o  al

          rigetto delle domande.

                L'ordinanza   e'   provvisoriamente    esecutiva    e

          costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e

          per la trascrizione.

                Il giudice provvede in  ogni  caso  sulle  spese  del

          procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti.».

                «Art. 702-quater (Appello). - L'ordinanza  emessa  ai

          sensi del sesto comma  dell'articolo  702-ter  produce  gli

          effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile  se  non

          e' appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione  o

          notificazione. Sono ammessi nuovi mezzi di  prova  e  nuovi

          documenti quando il collegio li ritiene  indispensabili  ai

          fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non  aver

          potuto proporli nel corso  del  procedimento  sommario  per

          causa ad essa non imputabile. Il  presidente  del  collegio

          puo' delegare l'assunzione dei mezzi istruttori ad uno  dei

          componenti del collegio.».

              - Si riporta il testo dell'articolo 709-ter del  codice

          di procedura civile, cosi' come modificato  dalla  presente

          legge:

                «Art.  709-ter  (Soluzione   delle   controversie   e

          provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni). -  Per

          la soluzione delle controversie insorte tra i  genitori  in

          ordine all'esercizio della  responsabilita'  genitoriale  o

          delle modalita' dell'affidamento e' competente  il  giudice

          del procedimento  in  corso.  Per  i  procedimenti  di  cui

          all'articolo 710 e' competente il tribunale  del  luogo  di

          residenza del minore.

                A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti  e

          adotta  i  provvedimenti  opportuni.  In  caso   di   gravi

          inadempienze o di atti che comunque  arrechino  pregiudizio

          al minore  od  ostacolino  il  corretto  svolgimento  delle

          modalita' dell'affidamento, puo' modificare i provvedimenti

          in vigore e puo', anche congiuntamente:

                  1) ammonire il genitore inadempiente;

                  2) disporre il risarcimento dei danni, a carico  di

          uno dei genitori, nei confronti del minore;

                  3) disporre il risarcimento dei danni a  carico  di

          uno   dei   genitori   nei   confronti   dell'altro   anche

          individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno

          di violazione o di inosservanza dei  provvedimenti  assunti

          dal  giudice.  Il  provvedimento  del  giudice  costituisce

          titolo esecutivo per il pagamento delle  somme  dovute  per

          ogni  violazione  o  inosservanza  ai  sensi  dell'articolo

          614-bis;

                  4) condannare il genitore inadempiente al pagamento

          di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo  di

          75 euro a un massimo di 5.000 euro  a  favore  della  Cassa

          delle ammende.

                I provvedimenti assunti dal giudice del  procedimento

          sono impugnabili nei modi ordinari.».

              - Si riporta il testo degli articoli 711, 720-bis, 739,

          815, 828 e 829 del codice di procedura civile:

                «Art. 711 (Separazione consensuale). -  Nel  caso  di

          separazione  consensuale  previsto  nell'articolo  158  del

          Codice civile, il presidente,  su  ricorso  di  entrambi  i

          coniugi, deve  sentirli  nel  giorno  da  lui  stabilito  e

          procurare di conciliarli nel  modo  indicato  nell'articolo

          708.

                Se il ricorso e' presentato da uno solo  dei  coniugi

          si applica l'articolo 706 ultimo comma.

                Se la conciliazione  non  riesce,  si  da'  atto  nel

          processo verbale del consenso dei coniugi alla  separazione

          e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole.

                La separazione consensuale acquista efficacia con  la

          omologazione del tribunale, il quale provvede in camera  di

          consiglio su relazione del presidente.

                Le  condizioni  della  separazione  consensuale  sono

          modificabili a norma dell'articolo precedente.».

                «Art. 720-bis (Norme applicabili ai  procedimenti  in

          materia di amministrazione di sostegno). - Ai  procedimenti

          in materia di amministrazione di sostegno si applicano,  in

          quanto compatibili, le  disposizioni  degli  articoli  712,

          713, 716, 719 e 720.

                Contro il decreto del  giudice  tutelare  e'  ammesso

          reclamo alla corte d'appello a norma dell'articolo 739.

                Contro il decreto della corte  d'appello  pronunciato

          ai sensi del secondo comma puo' essere proposto ricorso per

          cassazione.».

                «Art. 739 (Reclami delle parti). - Contro  i  decreti

          del giudice tutelare si puo' proporre reclamo  con  ricorso

          al tribunale che pronuncia in camera di consiglio. Contro i

          decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in

          primo grado si puo' proporre reclamo con ricorso alla corte

          d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio.

                Il  reclamo  deve   essere   proposto   nel   termine

          perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto,

          se e'  dato  in  confronto  di  una  sola  parte,  o  dalla

          notificazione se e' dato in confronto di piu' parti.

                Salvo  che  la  legge  disponga  altrimenti,  non  e'

          ammesso reclamo contro i decreti della  corte  d'appello  e

          contro  quelli  del  tribunale  pronunciati  in   sede   di

          reclamo.».

                «Art. 815 (Ricusazione degli arbitri). -  Un  arbitro

          puo' essere ricusato:

                  1) se non ha le qualifiche espressamente  convenute

          dalle parti;

                  2) se  egli  stesso,  o  un  ente,  associazione  o

          societa' di cui  sia  amministratore,  ha  interesse  nella

          causa;

                  3) se egli stesso o il coniuge e' parente  fino  al

          quarto grado o e' convivente o commensale abituale  di  una

          delle parti, di  un  rappresentante  legale  di  una  delle

          parti, o di alcuno dei difensori;

                  4) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente  o

          grave  inimicizia  con  una  delle  parti,   con   un   suo

          rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori;

                  5) se e' legato ad una delle parti, a una  societa'

          da questa controllata, al soggetto che la  controlla,  o  a

          societa' sottoposta a comune controllo, da un  rapporto  di

          lavoro  subordinato  o  da  un  rapporto  continuativo   di

          consulenza o di prestazione d'opera retribuita,  ovvero  da

          altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che  ne

          compromettono  l'indipendenza;  inoltre,  se  e'  tutore  o

          curatore di una delle parti;

                  6) se ha prestato consulenza, assistenza  o  difesa

          ad una delle parti in una precedente fase della  vicenda  o

          vi ha deposto come testimone.

                Una parte non puo' ricusare  l'arbitro  che  essa  ha

          nominato  o  contribuito  a  nominare  se  non  per  motivi

          conosciuti dopo la nomina.

                La  ricusazione  e'  proposta  mediante  ricorso   al

          presidente  del  tribunale  indicato   nell'articolo   810,

          secondo comma, entro il termine perentorio di dieci  giorni

          dalla  notificazione  della  nomina  o  dalla  sopravvenuta

          conoscenza  della  causa  di  ricusazione.  Il   presidente

          pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito  l'arbitro

          ricusato e le parti e  assunte,  quando  occorre,  sommarie

          informazioni.

                Con ordinanza il presidente provvede sulle spese. Nel

          caso di manifesta inammissibilita' o manifesta infondatezza

          dell'istanza di ricusazione  condanna  la  parte  che  l'ha

          proposta al pagamento, in favore dell'altra parte,  di  una

          somma equitativamente determinata non superiore  al  triplo

          del massimo del compenso spettante all'arbitro  singolo  in

          base alla tariffa forense.

                La  proposizione  dell'istanza  di  ricusazione   non

          sospende   il   procedimento   arbitrale,   salvo   diversa

          determinazione degli arbitri.  Tuttavia,  se  l'istanza  e'

          accolta, l'attivita' compiuta dall'arbitro ricusato  o  con

          il suo concorso e' inefficace.».

                «Art.   828   (Impugnazione    per    nullita').    -

          L'impugnazione per nullita'  si  propone,  nel  termine  di

          novanta giorni dalla notificazione del lodo,  davanti  alla

          corte   d'appello   nel   cui   distretto   e'   la    sede

          dell'arbitrato.

                L'impugnazione non e'  piu'  proponibile  decorso  un

          anno dalla data dell'ultima sottoscrizione.

                L'istanza per la correzione del lodo non sospende  il

          termine per l'impugnazione; tuttavia il  lodo  puo'  essere

          impugnato relativamente alle  parti  corrette  nei  termini

          ordinari, a  decorrere  dalla  comunicazione  dell'atto  di

          correzione.».

                «Art. 829 (Casi di nullita').  -  L'impugnazione  per

          nullita'  e'  ammessa,  nonostante   qualunque   preventiva

          rinuncia, nei casi seguenti:

                  1) se la convenzione d'arbitrato e' invalida, ferma

          la disposizione dell'articolo 817, terzo comma;

                  2) se gli arbitri non sono stati  nominati  con  le

          forme e nei modi prescritti nei capi II e VI  del  presente

          titolo, purche' la nullita' sia stata dedotta nel  giudizio

          arbitrale;

                  3) se il lodo  e'  stato  pronunciato  da  chi  non

          poteva essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812;

                  4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della

          convenzione    d'arbitrato,    ferma    la     disposizione

          dell'articolo 817, quarto comma,  o  ha  deciso  il  merito

          della controversia in ogni altro caso in cui il merito  non

          poteva essere deciso;

                  5) se il lodo  non  ha  i  requisiti  indicati  nei

          numeri 5), 6), 7) dell'articolo 823;

                  6) se il lodo e' stato pronunciato dopo la scadenza

          del termine stabilito, salvo il disposto dell'articolo 821;

                  7) se nel procedimento non sono state osservate  le

          forme prescritte dalle parti  sotto  espressa  sanzione  di

          nullita' e la nullita' non e' stata sanata;

                  8) se il lodo e' contrario ad altro precedente lodo

          non piu' impugnabile o a  precedente  sentenza  passata  in

          giudicato tra le parti purche' tale lodo  o  tale  sentenza

          sia stata prodotta nel procedimento;

                  9) se  non  e'  stato  osservato  nel  procedimento

          arbitrale il principio del contraddittorio;

                  10) se  il  lodo  conclude  il  procedimento  senza

          decidere il merito della controversia  e  il  merito  della

          controversia doveva essere deciso dagli arbitri;

                  11)    se    il    lodo    contiene    disposizioni

          contraddittorie;

                  12) se il lodo non ha pronunciato su  alcuna  delle

          domande ed eccezioni proposte dalle  parti  in  conformita'

          alla convenzione di arbitrato.

                La parte che ha dato causa a un motivo di nullita', o

          vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza

          o  difesa  successiva  la  violazione  di  una  regola  che

          disciplina lo svolgimento del procedimento  arbitrale,  non

          puo' per questo motivo impugnare il lodo.

                L'impugnazione per violazione delle regole di diritto

          relative  al  merito  della  controversia  e'  ammessa   se

          espressamente  disposta  dalle  parti  o  dalla  legge.  E'

          ammessa in ogni caso  l'impugnazione  delle  decisioni  per

          contrarieta' all'ordine pubblico.

                L'impugnazione per violazione delle regole di diritto

          relative al merito della controversia e' sempre ammessa:

                  1) nelle controversie previste dall'articolo 409;

                  2)  se  la  violazione  delle  regole  di   diritto

          concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia

          che non puo' essere oggetto di convenzione di arbitrato.

                Nelle controversie  previste  dall'articolo  409,  il

          lodo e' soggetto ad impugnazione anche per  violazione  dei

          contratti e accordi collettivi.».

              - Il regolamento (CE), n. 2201/2003 del  Consiglio  del

          27   novembre   2003,   relativo   alla   competenza,    al

          riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in  materia

          matrimoniale e in materia di  responsabilita'  genitoriale,

          che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, e'  pubblicato

          nella G.U.U.E. 23 dicembre 2003, n. L 338.

              - Il regolamento (CE) n. 4/2009 del  Consiglio  del  18

          dicembre  2008,  relativo  alla  competenza,   alla   legge

          applicabile,  al  riconoscimento  e  all'esecuzione   delle

          decisioni e alla cooperazione in  materia  di  obbligazioni

          alimentari, e' pubblicato nella G.U.U.E. 10  gennaio  2009,

          n. L 7.

              - Il regolamento (CE) n. 2016/1103 del Consiglio del 24

          giugno 2016,  che  attua  la  cooperazione  rafforzata  nel

          settore della  competenza,  della  legge  applicabile,  del

          riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia

          di regimi patrimoniali tra  coniugi,  e'  pubblicato  nella

          G.U.U.E. 8 luglio 2016, n. L 183.

              - Il regolamento (CE), n. 2016/1104 del  Consiglio  del

          24 giugno 2016, che attua la  cooperazione  rafforzata  nel

          settore della  competenza,  della  legge  applicabile,  del

          riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia

          di  effetti  patrimoniali  delle  unioni   registrate,   e'

          pubblicato nella G.U.U.E. 8 luglio 2016, n. L 183.

              -  Il  regolamento  (CE)  n.  650/2012  del  Parlamento

          europeo e  del  Consiglio  4  luglio  2012,  relativo  alla

          competenza, alla legge  applicabile,  al  riconoscimento  e

          all'esecuzione  delle  decisioni   e   all'accettazione   e

          all'esecuzione  degli   atti   pubblici   in   materia   di

          successioni e alla creazione di un certificato  successorio

          europeo, e' pubblicato nella G.U.U.E. 27 luglio 2012, n.  L

          201.

              -  Il  regolamento  (CE)  n.  606/2013  del  Parlamento

          europeo e del Consiglio del 12  giugno  2013,  relativo  al

          riconoscimento reciproco  delle  misure  di  protezione  in

          materia civile, e'  pubblicato  nella  G.U.U.E.  29  giugno

          2013, n. L 181.

              - Il  regolamento  (CE)  n.  1215/2012  del  Parlamento

          europeo e del Consiglio del 12 dicembre  2012,  concernente

          la  competenza   giurisdizionale,   il   riconoscimento   e

          l'esecuzione  delle   decisioni   in   materia   civile   e

          commerciale (rifusione), e' pubblicato  nella  G.U.U.E.  20

          dicembre 2012, n. L 351.

              -  Il  regolamento  (CE)  n.  2015/848  del  Parlamento

          europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015,  relativo  alle

          procedure di insolvenza  (rifusione)  e'  pubblicato  nella

          G.U.U.E. 5 giugno 2015, n. L 141.

              - Il regolamento (CE) n. 2019/1111 del Consiglio del 25

          giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento  e

          all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in

          materia di responsabilita' genitoriale, e alla  sottrazione

          internazionale di minori (rifusione), e'  pubblicato  nella

          G.U.U.E. 2 luglio 2019, n. L 178.

              - La legge 27 giugno 2013, n. 77, recante «Ratifica  ed

          esecuzione della Convenzione del Consiglio  d'Europa  sulla

          prevenzione e la lotta contro  la  violenza  nei  confronti

          delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul  l'11

          maggio  2011»,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta   Ufficiale

          1°luglio 2013, n. 152.

art. 1 note (parte 2)

 

              - Si riporta il  testo  dell'articolo  27  del  decreto

          legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica  della

          magistratura onoraria e altre disposizioni sui  giudici  di

          pace, nonche' disciplina transitoria relativa ai magistrati

          onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n.

          57):

              "Art. 27 (Ampliamento della competenza del  giudice  di

          pace in materia civile). - 1. Al codice di procedura civile

          sono apportate le seguenti modificazioni:

                a)  al  libro  primo  sono  apportate   le   seguenti

          modificazioni:

                  1)  all'articolo  7,  sono  apportate  le  seguenti

          modificazioni:

                    a) al primo comma,  la  parola:  «cinquemila»  e'

          sostituita dalla seguente: «trentamila»;

                    b) al secondo comma, la  parola:  «ventimila»  e'

          sostituita dalla seguente: «cinquantamila»;

                    c) al terzo  comma  sono  apportate  le  seguenti

          modificazioni:

                    1) il numero 1) e' sostituito dal  seguente:  «1)

          per le cause relative ad apposizione di termini;»;

                    2) il numero 2) e' sostituito dal  seguente:  «2)

          per le cause in materia di condominio negli  edifici,  come

          definite   ai   sensi   dell'articolo    71-quater    delle

          disposizioni per l'attuazione del codice civile;»;

                    3)  dopo  il  numero  3-bis),  sono  aggiunti   i

          seguenti:

                    «3-ter) per le cause  nelle  materie  di  cui  al

          libro terzo, titolo II, Capo  II,  Sezione  VI  del  codice

          civile, fatta eccezione per  quella  delle  distanze  nelle

          costruzioni;

                    3-quater) per le cause relative alle  materie  di

          cui al libro terzo, titolo II, Capo  II,  Sezione  VII  del

          codice civile, fatta eccezione per quella delle distanze di

          cui agli articoli 905, 906 e 907 del medesimo codice;

                    3-quinquies)  per  le   cause   in   materia   di

          stillicidio e di acque di cui al libro  terzo,  titolo  II,

          Capo II, sezioni VIII e IX del codice civile;

                    3-sexies) per le cause in materia di  occupazione

          e di invenzione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III,

          sezione I del codice civile;

                    3-septies)   per   le   cause   in   materia   di

          specificazione, unione e commistione di cui al libro terzo,

          titolo II, Capo III, sezione II del codice civile;

                    3-octies) per le cause in materia di enfiteusi di

          cui al libro terzo, titolo IV del codice civile;

                    3-novies) per le cause in  materia  di  esercizio

          delle servitu' prediali;

                    3-decies)  per  le  cause  di  impugnazione   del

          regolamento e delle deliberazioni di cui agli articoli 1107

          e 1109 del codice civile;

                    3-undecies) per le cause in materia di diritti ed

          obblighi del possessore nella restituzione della  cosa,  di

          cui al libro terzo, titolo VIII, Capo  II,  Sezione  I  del

          codice civile.»;

                    d) dopo il terzo comma sono aggiunti, in fine,  i

          seguenti:

                    «Il  giudice  di  pace  e'  altresi'  competente,

          purche' il valore della  controversia,  da  determinarsi  a

          norma dell'articolo 15,  non  sia  superiore  a  trentamila

          euro:

                    1) per le cause in materia di usucapione dei beni

          immobili e dei diritti reali immobiliari;

                    2) per le cause in materia di riordinamento della

          proprieta' rurale di cui al libro terzo,  titolo  II,  Capo

          II, sezione II del codice civile;

                    3) per le cause in materia di accessione;

                    4) per le cause in materia di superficie.

                  Quando una causa di competenza del giudice di  pace

          a norma dei commi terzo, numeri da 3-ter) a 3-undecies),  e

          quarto e' proposta, contro la stessa parte,  congiuntamente

          ad un'altra causa di competenza del tribunale, le  relative

          domande, anche in assenza di altre ragioni di  connessione,

          sono proposte innanzi al tribunale affinche'  siano  decise

          nello stesso processo.»;

                  2) dopo l'articolo 15 e' inserito il seguente:

                  «Art.   15-bis   (Esecuzione   forzata).   -    Per

          l'espropriazione forzata di cose mobili  e'  competente  il

          giudice di pace.

                    Per l'espropriazione forzata di cose  immobili  e

          di crediti e' competente il tribunale.

                    Se cose mobili sono  soggette  all'espropriazione

          forzata insieme con l'immobile nel quale  si  trovano,  per

          l'espropriazione   e'   competente   il   tribunale   anche

          relativamente ad esse.

                    Per la consegna e il rilascio di cose nonche' per

          l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di  non  fare

          e' competente il tribunale.»;

                  3) all'articolo  113,  secondo  comma,  la  parola:

          «millecento»     e'     sostituita     dalla      seguente:

          «duemilacinquecento»;

                  b) al libro terzo, titolo  II,  sono  apportate  le

          seguenti modificazioni:

                    1) all'articolo 513, terzo comma, le parole:  «Il

          presidente del tribunale o un giudice da lui delegato» sono

          sostituite dalle seguenti: «Il giudice di pace»;

                    2) all'articolo  518,  sesto  comma,  la  parola:

          «tribunale»  e'  sostituita  dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace»;

                    3) all'articolo  519,  primo  comma,  le  parole:

          «presidente del tribunale o da un giudice da lui  delegato»

          sono sostituite dalle seguenti: «giudice di pace»;

                    4) all'articolo  520,  primo  comma,  la  parola:

          «tribunale»  e'  sostituita  dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace»;

                    5) all'articolo 521-bis, quinto comma, la parola:

          «tribunale»  e'  sostituita  dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace»;

                    6)  all'articolo  543,  la  parola:  «tribunale»,

          ovunque ricorra, e' sostituita dalla seguente: «giudice»;

                  c) al libro quarto, titolo IV,  sono  apportate  le

          seguenti modificazioni:

                    1) all'articolo 763, primo comma, dopo le parole:

          «dal giudice» sono inserite le seguenti: «di pace»;

                    2) all'articolo 764, primo comma, dopo le parole:

          «al giudice» sono inserite le seguenti: «di pace»;

                    3)  all'articolo   765,   secondo   comma,   sono

          apportate le seguenti modificazioni:

                    a) al primo periodo, la  parola:  «tribunale»  e'

          sostituita dalle seguenti: «giudice di pace»;

                    b) il secondo periodo e' soppresso;

                    4) all'articolo 769  la  parola:  «tribunale»  e'

          sostituita, ovunque ricorra, dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace».

              2.  Al  codice  civile  sono  apportate   le   seguenti

          modificazioni:

                a)  al  libro  secondo  sono  apportate  le  seguenti

          modificazioni:

                  1) all'articolo 485, primo comma, secondo  periodo,

          la  parola:  «tribunale»  e'  sostituita  dalle   seguenti:

          «giudice di pace»;

                  2) all'articolo  620  sono  apportate  le  seguenti

          modificazioni:

                    a) al secondo comma, le  parole:  «tribunale  del

          circondario» sono sostituite dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace del luogo»;

                    b) al sesto  comma,  la  parola:  «tribunale»  e'

          sostituita dalle seguenti: «giudice di pace»;

                  3)  all'articolo  621,  primo  comma,  le   parole:

          «tribunale del circondario» sono sostituite dalle seguenti:

          «giudice di pace del luogo»;

                  4) all'articolo  736,  secondo  comma,  la  parola:

          «tribunale»  e'  sostituita  dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace».

                b)  al  libro  quarto  sono  apportate  le   seguenti

          modificazioni:

                  1) all'articolo  1211  la  parola:  «tribunale»  e'

          sostituita dalle seguenti: «giudice di pace»;

                  2)  all'articolo  1514,  primo  comma,  la  parola:

          «tribunale»  e'  sostituita  dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace»;

                  3) all'articolo 1515, terzo comma, le parole:  «dal

          tribunale» sono sostitute dalle seguenti: «dal  giudice  di

          pace»;

                  4) all'articolo 1841,  la  parola:  «tribunale»  e'

          sostituita, ovunque ricorra, dalle  seguenti:  «giudice  di

          pace».

              3. Alle disposizioni per l'attuazione del codice civile

          sono apportate le seguenti modificazioni:

                a) all'articolo 51-bis, le parole:  «620,  secondo  e

          sesto comma, 621, primo comma,», nonche' le parole: «e 736,

          secondo comma,» sono soppresse;

                b) all'articolo 57, il primo comma e' sostituito  dal

          seguente: «Le azioni previste dall'articolo 849 del  codice

          sono di competenza del tribunale, in quanto  non  siano  di

          competenza del giudice di pace  a  norma  dell'articolo  7,

          quarto comma, del codice di procedura civile.»;

                c) all'articolo  57-bis,  le  parole:  «tribunale  in

          composizione monocratica» sono sostituite  dalle  seguenti:

          «giudice di pace»;

                d) dopo l'articolo 60 sono inseriti i seguenti:

                  «Art. 60-bis. - Le domande  previste  dall'articolo

          1105, quarto comma, del codice si propongono con ricorso al

          giudice di pace.

                  Art. 60-ter. - Sull'impugnazione del regolamento  e

          delle deliberazioni, di cui agli articoli 1107 e  1109  del

          codice, e' competente il giudice di pace.»;

                e)  all'articolo  64,  sono  apportate  le   seguenti

          modificazioni:

                  1) al primo comma, le parole: «il  tribunale»  sono

          sostituite dalle seguenti: «il giudice di pace»;

                  2) il secondo comma  e'  sostituito  dal  seguente:

          «Contro il provvedimento del giudice di  pace  puo'  essere

          proposto reclamo in  tribunale  entro  dieci  giorni  dalla

          notificazione o dalla comunicazione.»;

                f) l'articolo 73-bis e' abrogato;

                g)  all'articolo  77,  secondo  comma,   la   parola:

          «pretore» e' sostituita dalle seguenti: «giudice di pace»;

                h)  all'articolo  79,  sono  apportate  le   seguenti

          modificazioni:

                  1) al primo comma, le parole: «dal  presidente  del

          tribunale» sono sostituite dalle seguenti: «dal giudice  di

          pace»;

                  2) il secondo comma e' sostituito dal seguente: «Il

          giudice di pace provvede con decreto, sentito il creditore.

          Contro  tale   decreto   e'   ammesso   reclamo   a   norma

          dell'articolo 739 del codice di procedura civile.».

              4. All'articolo 17, comma 2, della legge 7 marzo  1996,

          n.  108,  le  parole:  «presidente  del   tribunale»   sono

          sostituite dalle seguenti: «giudice di pace».

              5. All'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 1°

          settembre 2011, n. 150, le parole: «la  corte  di  appello»

          sono sostituite dalle seguenti: «il tribunale».".

              - Si riporta il  testo  dell'articolo  38  del  decreto

          legislativo 11 aprile  2006,  n.  198  (Codice  delle  pari

          opportunita' tra uomo e  donna,  a  norma  dell'articolo  6

          della legge 28 novembre 2005, n. 246):

                «Art. 38 (Provvedimento avverso  le  discriminazioni)

          (legge 9 dicembre 1977,  n.  903,  articolo  15;  legge  10

          aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 13).  -  1.  Qualora

          vengano poste in essere discriminazioni in  violazione  dei

          divieti di cui al capo II del  presente  titolo  o  di  cui

          all'articolo 11 del decreto legislativo 8 aprile  2003,  n.

          66, o  comunque  discriminazioni  nell'accesso  al  lavoro,

          nella promozione e nella  formazione  professionale,  nelle

          condizioni di lavoro compresa la retribuzione,  nonche'  in

          relazione   alle   forme    pensionistiche    complementari

          collettive di cui al decreto legislativo 5  dicembre  2005,

          n. 252, su ricorso del lavoratore o, per sua delega,  delle

          organizzazioni  sindacali,  delle  associazioni   e   delle

          organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse

          leso, o della consigliera  o  del  consigliere  di  parita'

          della citta' metropolitana e dell'ente di area vasta di cui

          alla   legge   7   aprile   2014,   n.   56   o   regionale

          territorialmente competente, il tribunale  in  funzione  di

          giudice  del  lavoro  del  luogo   ove   e'   avvenuto   il

          comportamento  denunziato,  nei  due   giorni   successivi,

          convocate le parti  e  assunte  sommarie  informazioni,  se

          ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso,  oltre

          a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche

          non patrimoniale, nei limiti della  prova  fornita,  ordina

          all'autore  del  comportamento  denunciato,   con   decreto

          motivato ed immediatamente  esecutivo,  la  cessazione  del

          comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

                2. L'efficacia esecutiva del decreto non puo'  essere

          revocata fino alla sentenza con cui il giudice definisce il

          giudizio instaurato a norma del comma seguente.

                3. Contro il decreto e' ammessa entro quindici giorni

          dalla  comunicazione  alle  parti  opposizione  davanti  al

          giudice che decide con sentenza  immediatamente  esecutiva.

          Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e  seguenti

          del codice di procedura civile.

                4. L'inottemperanza al decreto di cui al primo  comma

          o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione  e'

          punita con l'ammenda fino a 50.000 euro o l'arresto fino  a

          sei mesi.

                5. La tutela davanti  al  giudice  amministrativo  e'

          disciplinata dall'articolo  119  del  codice  del  processo

          amministrativo.

                6. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni

          di cui ai commi da 1 a 5 si applicano in tutti  i  casi  di

          azione individuale in giudizio promossa dalla  persona  che

          vi abbia interesse o su  sua  delega  da  un'organizzazione

          sindacale,  dalle  associazioni  e   dalle   organizzazioni

          rappresentative del diritto o dell'interesse leso, o  dalla

          consigliera o dal consigliere della citta' metropolitana  e

          dell'ente di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n.

          56 o regionale di parita'.».

              - Si riporta il  testo  degli  articoli  28  e  30  del

          decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni

          complementari al codice di procedura civile in  materia  di

          riduzione e  semplificazione  dei  procedimenti  civili  di

          cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno

          2009, n. 69):

                «Art.  28   (Delle   controversie   in   materia   di

          discriminazione).  -  1.  Le  controversie  in  materia  di

          discriminazione  di  cui  all'articolo   44   del   decreto

          legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  quelle   di   cui

          all'articolo 4 del decreto legislativo 9  luglio  2003,  n.

          215, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9

          luglio 2003, n. 216, quelle di  cui  all'articolo  3  della

          legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle  di  cui  all'articolo

          55-quinquies del decreto legislativo  11  aprile  2006,  n.

          198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non

          diversamente disposto dal presente articolo.

                2. E' competente il tribunale del  luogo  in  cui  il

          ricorrente ha il domicilio.

                3. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare

          in giudizio personalmente.

                4. Quando il ricorrente fornisce elementi  di  fatto,

          desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si

          puo' presumere l'esistenza di atti, patti  o  comportamenti

          discriminatori, spetta  al  convenuto  l'onere  di  provare

          l'insussistenza della discriminazione. I dati di  carattere

          statistico possono essere relativi anche  alle  assunzioni,

          ai regimi contributivi, all'assegnazione delle  mansioni  e

          qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera

          e ai licenziamenti dell'azienda interessata.

                5. Con  l'ordinanza  che  definisce  il  giudizio  il

          giudice puo' condannare il convenuto  al  risarcimento  del

          danno anche non patrimoniale e ordinare la  cessazione  del

          comportamento, della condotta o  dell'atto  discriminatorio

          pregiudizievole,  adottando,  anche  nei  confronti   della

          pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a

          rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la  ripetizione

          della  discriminazione,  il  giudice   puo'   ordinare   di

          adottare, entro il termine fissato  nel  provvedimento,  un

          piano di rimozione  delle  discriminazioni  accertate.  Nei

          casi  di   comportamento   discriminatorio   di   carattere

          collettivo, il piano e' adottato sentito l'ente  collettivo

          ricorrente.

                6. Ai fini della liquidazione del danno,  il  giudice

          tiene  conto  del  fatto  che  l'atto  o  il  comportamento

          discriminatorio costituiscono ritorsione ad una  precedente

          azione  giudiziale  ovvero   ingiusta   reazione   ad   una

          precedente attivita' del soggetto leso volta ad ottenere il

          rispetto del principio della parita' di trattamento.

                7. Quando accoglie la domanda  proposta,  il  giudice

          puo' ordinare la pubblicazione del provvedimento,  per  una

          sola volta e a spese del convenuto,  su  un  quotidiano  di

          tiratura nazionale. Dell'ordinanza  e'  data  comunicazione

          nei casi previsti dall'articolo 44, comma 11,  del  decreto

          legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dall'articolo 4,  comma

          1,  del  decreto  legislativo  9  luglio  2003,   n.   215,

          dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 9  luglio

          2003, n. 216, e dall'articolo 55-quinquies,  comma  8,  del

          decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.».

                «Art. 30 (Delle controversie in materia di attuazione

          di sentenze  e  provvedimenti  stranieri  di  giurisdizione

          volontaria e contestazione del  riconoscimento).  -  1.  Le

          controversie aventi ad oggetto l'attuazione di  sentenze  e

          provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria di  cui

          all'articolo 67 della legge 31 maggio 1995,  n.  218,  sono

          regolate dal rito sommario di cognizione.

                2. E' competente la corte di  appello  del  luogo  di

          attuazione del provvedimento.».

              - Il decreto legislativo  21  novembre  2007,  n.  231,

          recante «Attuazione della direttiva 2005/60/CE  concernente

          la prevenzione  dell'utilizzo  del  sistema  finanziario  a

          scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose  e

          di finanziamento del  terrorismo  nonche'  della  direttiva

          2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione», e' pubblicato

          nella Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 2007, n. 290, S.O.

              -  Si  riporta  il  testo  degli  articoli  13,   comma

          1-quater,  14  e  197  del  decreto  del  Presidente  della

          Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115  (Testo  unico  delle

          disposizioni legislative  e  regolamentari  in  materia  di

          spese di giustizia (Testo A)):

                «Art. 13 (L) (Importi). - 1. - 1-ter. Omissis.

                1-quater. Quando l'impugnazione,  anche  incidentale,

          e' respinta integralmente o e' dichiarata  inammissibile  o

          improcedibile, la parte  che  l'ha  proposta  e'  tenuta  a

          versare  un  ulteriore  importo  a  titolo  di   contributo

          unificato pari a quello dovuto per la stessa  impugnazione,

          principale o incidentale,  a  norma  del  comma  1-bis.  Il

          giudice da' atto nel provvedimento  della  sussistenza  dei

          presupposti di cui al periodo  precedente  e  l'obbligo  di

          pagamento sorge al momento del deposito dello stesso.

                1-quinquies. - 6-quinquies.

                Omissis.».

                «Art. 14 (L) (Obbligo di pagamento). -  1.  La  parte

          che per prima si costituisce in giudizio, che  deposita  il

          ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di

          espropriazione forzata, fa istanza per l'assegnazione o  la

          vendita  dei  beni  pignorati,  e'  tenuta   al   pagamento

          contestuale del contributo unificato.

                1-bis. La parte che fa istanza a norma  dell'articolo

          492-bis, primo comma, del codice  di  procedura  civile  e'

          tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato.

                2. Il valore dei processi, determinato ai  sensi  del

          codice  di  procedura  civile,  senza  tener  conto   degli

          interessi, deve risultare da  apposita  dichiarazione  resa

          dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche

          nell'ipotesi di prenotazione a debito.

                3. La parte di cui al comma  1,  quando  modifica  la

          domanda  o  propone  domanda  riconvenzionale   o   formula

          chiamata in causa, cui consegue l'aumento del valore  della

          causa,  e'  tenuta  a  farne  espressa  dichiarazione  e  a

          procedere al contestuale pagamento  integrativo.  Le  altre

          parti, quando modificano la domanda  o  propongono  domanda

          riconvenzionale o formulano chiamata in  causa  o  svolgono

          intervento  autonomo,  sono   tenute   a   farne   espressa

          dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento di  un

          autonomo  contributo  unificato,  determinato  in  base  al

          valore della domanda proposta.

                3-bis. Nei processi tributari, il valore della  lite,

          determinato, per ciascun atto impugnato anche  in  appello,

          ai  sensi  del  comma  2  dell'articolo  12   del   decreto

          legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546,   e   successive

          modificazioni, deve  risultare  da  apposita  dichiarazione

          resa dalla  parte  nelle  conclusioni  del  ricorso,  anche

          nell'ipotesi di prenotazione a debito.

                3-ter. Nel processo amministrativo per  valore  della

          lite nei ricorsi di cui all'articolo 119, comma 1,  lettera

          a) del decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.  104,  si

          intende l'importo posto a  base  d'asta  individuato  dalle

          stazioni  appaltanti  negli  atti   di   gara,   ai   sensi

          dell'articolo 29, del decreto legislativo 12  aprile  2006,

          n. 163. Nei ricorsi  di  cui  all'articolo  119,  comma  1,

          lettera b) del decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.  104,

          in  caso  di  controversie  relative   all'irrogazione   di

          sanzioni, comunque  denominate,  il  valore  e'  costituito

          dalla somma di queste.».

                «Art.  197  (L)  (Pagamento  delle  spettanze   degli

          ufficiali giudiziari relative a notifiche  a  richiesta  di

          parte  nel   processo   penale,   civile,   amministrativo,

          contabile e tributario). - 1. La parte che ha richiesto  la

          notificazione versa all'ufficiale giudiziario i  diritti  e

          le spese di spedizione o l'indennita' di trasferta.

                2. Le  spese  eventualmente  necessarie  per  l'invio

          della raccomandata di cui agli articoli 139, 140 e 660, del

          codice di procedura civile sono  anticipate  dall'ufficiale

          giudiziario e rimborsate dalla parte.

                3. Per le spese degli atti esecutivi e quando non sia

          possibile la preventiva determinazione delle somme  dovute,

          o questa risulti difficoltosa per il rilevante numero delle

          richieste, la parte versa una congrua somma a favore  degli

          ufficiali giudiziari. L'eventuale  somma  residua,  se  non

          richiesta  dalla  parte  entro  un  mese   dal   compimento

          dell'ultimo atto richiesto, e'  devoluta  allo  Stato.  Gli

          ufficiali giudiziari  provvedono  al  versamento  entro  un

          mese.».

              - Si riporta il  testo  dell'articolo  35  del  decreto

          legislativo  17  gennaio  2003,  n.  5   (Definizione   dei

          procedimenti  in  materia  di  diritto  societario   e   di

          intermediazione finanziaria, nonche' in materia bancaria  e

          creditizia, in attuazione dell'articolo 12  della  legge  3

          ottobre 2001, n. 366):

                «Art. 35 (Disciplina  inderogabile  del  procedimento

          arbitrale). - 1. La domanda  di  arbitrato  proposta  dalla

          societa'  o  in  suo  confronto  e'  depositata  presso  il

          registro delle imprese ed e' accessibile ai soci.

                2. Nel  procedimento  arbitrale  promosso  a  seguito

          della  clausola  compromissoria  di  cui  all'articolo  34,

          l'intervento di terzi a norma dell'articolo 105 del  codice

          di procedura civile nonche' l'intervento di  altri  soci  a

          norma degli articoli 106  e  107  dello  stesso  codice  e'

          ammesso fino alla prima udienza di trattazione. Si  applica

          l'articolo 820, comma  secondo,  del  codice  di  procedura

          civile.

                3.  Nel  procedimento  arbitrale   non   si   applica

          l'articolo  819,  primo  comma,  del  codice  di  procedura

          civile; tuttavia il lodo e' sempre  impugnabile,  anche  in

          deroga a quanto  previsto  per  l'arbitrato  internazionale

          dall' articolo 838 del codice di procedura civile, a  norma

          degli articoli 829, primo comma, e 831 dello stesso codice.

                4. Le statuizioni del lodo  sono  vincolanti  per  la

          societa'.

                5. La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di

          una  controversia  non  preclude  il  ricorso  alla  tutela

          cautelare a norma dell'articolo 669-quinquies del codice di

          procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente

          la devoluzione  in  arbitrato  di  controversie  aventi  ad

          oggetto la validita' di delibere assembleari  agli  arbitri

          compete sempre il potere di  disporre,  con  ordinanza  non

          reclamabile, la sospensione dell'efficacia della delibera.

                5-bis. I dispositivi dell'ordinanza di sospensione  e

          del  lodo  che  decide  sull'impugnazione   devono   essere

          iscritti, a cura degli amministratori, nel  registro  delle

          imprese.».

              - Si riporta  il  testo  degli  articoli  3-bis,  comma

          1-bis, 5, comma 2, e 6-quater  del  decreto  legislativo  7

          marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale):

                «Art.   3-bis   (Identita'   digitale   e   Domicilio

          digitale). - 01. - 1. Omissis.

                1-bis. Fermo restando quanto  previsto  al  comma  1,

          chiunque ha facolta' di eleggere o  modificare  il  proprio

          domicilio  digitale  da  iscrivere   nell'elenco   di   cui

          all'articolo 6-quater. Nel caso in cui il domicilio  eletto

          risulti non  piu'  attivo  si  procede  alla  cancellazione

          d'ufficio dall'indice di cui all'articolo 6-quater  secondo

          le modalita' fissate nelle Linee guida.

                1-ter. - 5. Omissis.».

                «Art. 5 (Effettuazione  di  pagamenti  con  modalita'

          informatiche). - 1. Omissis.

                2.  Al  fine  di  dare  attuazione  al  comma  1,  la

          Presidenza del Consiglio dei ministri mette a disposizione,

          attraverso  il  Sistema  pubblico  di  connettivita',   una

          piattaforma   tecnologica    per    l'interconnessione    e

          l'interoperabilita' tra le pubbliche  amministrazioni  e  i

          prestatori di servizi di pagamento abilitati,  al  fine  di

          assicurare, attraverso gli strumenti  di  cui  all'articolo

          64,    l'autenticazione    dei     soggetti     interessati

          all'operazione  in  tutta  la  gestione  del  processo   di

          pagamento.

                2-ter. - 5. Omissis.».

                «Art.  6-quater  (Indice   nazionale   dei   domicili

          digitali delle persone fisiche, dei professionisti e  degli

          altri enti di diritto privato, non tenuti all'iscrizione in

          albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle

          imprese). - 1. E' istituito il pubblico elenco dei domicili

          digitali delle persone fisiche, dei professionisti e  degli

          altri enti di diritto  privato  non  tenuti  all'iscrizione

          nell'indice di  cui  all'articolo  6-bis,  nel  quale  sono

          indicati i domicili eletti ai  sensi  dell'articolo  3-bis,

          comma 1-bis. La realizzazione e la  gestione  del  presente

          Indice sono affidate all'AgID, che vi provvede  avvalendosi

          delle strutture informatiche delle Camere di commercio gia'

          deputate alla  gestione  dell'elenco  di  cui  all'articolo

          6-bis. E' fatta salva la facolta' del  professionista,  non

          iscritto in albi, registri o elenchi professionali  di  cui

          all'articolo 6-bis, di eleggere presso il  presente  Indice

          un domicilio digitale professionale e un domicilio digitale

          personale diverso dal primo.

                2. Per i professionisti iscritti in albi  ed  elenchi

          il domicilio digitale e' l'indirizzo  inserito  nell'elenco

          di cui all'articolo 6-bis, fermo  restando  il  diritto  di

          eleggerne uno diverso ai sensi dell'articolo  3-bis,  comma

          1-bis.  Ai   fini   dell'inserimento   dei   domicili   dei

          professionisti  nel  predetto  elenco  il  Ministero  dello

          sviluppo  economico  rende  disponibili  all'AgID,  tramite

          servizi  informatici  individuati  nelle  Linee  guida,   i

          relativi  indirizzi  gia'  contenuti  nell'elenco  di   cui

          all'articolo 6-bis.

                3. AgID provvede costantemente all'aggiornamento e al

          trasferimento dei domicili digitali delle  persone  fisiche

          contenuti nell'elenco di cui al presente articolo nell'ANPR

          e  il   Ministero   dell'interno   provvede   costantemente

          all'aggiornamento e al trasferimento dei domicili  digitali

          delle persone fisiche contenuti in ANPR nell'elenco di  cui

          al  presente  articolo.  Le  funzioni  di  aggiornamento  e

          trasferimento  dei  dati  sono  svolte   con   le   risorse

          disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o  maggiori

          oneri a carico della finanza pubblica.».

              - Si riporta il testo dell'articolo  4,  comma  9,  del

          decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi  urgenti

          in  materia  di  funzionalita'  del  sistema  giudiziario),

          convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  22  febbraio

          2010:

                «Art. 4 (Misure urgenti per la digitalizzazione della

          giustizia). - 1. - 8. Omissis.

                9. Per consentire il pagamento, da parte dei privati,

          con sistemi telematici di pagamento  ovvero  con  carte  di

          debito, di  credito  o  prepagate  o  con  altri  mezzi  di

          pagamento con moneta elettronica disponibili  nei  circuiti

          bancario e postale, del contributo unificato,  del  diritto

          di copia, del diritto di certificato, delle spettanze degli

          ufficiali giudiziari relative ad attivita' di notificazione

          ed esecuzione, delle somme per il recupero del patrocinio a

          spese dello Stato, delle spese processuali, delle spese  di

          mantenimento,  delle  pene   pecuniarie,   delle   sanzioni

          amministrative pecuniarie e delle  sanzioni  pecuniarie  il

          Ministero della giustizia si avvale, senza nuovi o maggiori

          oneri a carico del bilancio dello  Stato,  di  intermediari

          abilitati che,  ricevuto  il  versamento  delle  somme,  ne

          effettuano il  riversamento  alla  Tesoreria  dello  Stato,

          registrando in apposito sistema informatico a  disposizione

          dell'amministrazione i pagamenti  eseguiti  e  la  relativa

          causale, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli

          e gli articoli d'entrata. Entro 60  giorni  dalla  data  di

          entrata in vigore del presente decreto  il  Ministro  della

          giustizia, di concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e

          delle finanze, determina con proprio  decreto,  sentito  il

          Centro   nazionale   per   l'informatica   nella   pubblica

          amministrazione, le modalita' tecniche per il riversamento,

          la rendicontazione  e  l'interconnessione  dei  sistemi  di

          pagamento,  nonche'   il   modello   di   convenzione   che

          l'intermediario abilitato deve sottoscrivere per effettuare

          servizio. Il Ministero della giustizia, di concerto con  il

          Ministero dell'economia e delle finanze,  stipula  apposite

          convenzioni a seguito di  procedura  di  gara  ad  evidenza

          pubblica   per   la   fornitura   dei   servizi   e   delle

          infrastrutture senza nuovi o maggiori oneri  a  carico  del

          bilancio dello Stato. Le convenzioni  di  cui  al  presente

          articolo    prevedono    che    gli     oneri     derivanti

          dall'allestimento   e   dal   funzionamento   del   sistema

          informatico sono a carico degli intermediari abilitati.

                10. - 11. Omissis.».

              - Si riporta il testo dell'articolo 3 del  decreto  del

          Presidente  della  Repubblica  26  ottobre  1972,  n.   642

          (Disciplina dell'imposta di bollo):

                «Art. 3 (Modi di pagamento). - 1. L'imposta di  bollo

          si  corrisponde  secondo  le  indicazioni   della   tariffa

          allegata:

                  a) mediante pagamento dell'imposta ad intermediario

          convenzionato  con  l'Agenzia  delle  entrate,   il   quale

          rilascia, con modalita' telematiche, apposito contrassegno;

                  b)   in   modo   virtuale,    mediante    pagamento

          dell'imposta all'ufficio dell'Agenzia delle  entrate  o  ad

          altri uffici autorizzati o  mediante  versamento  in  conto

          corrente postale.

                2. Le frazioni degli importi  dell'imposta  di  bollo

          dovuta in misura proporzionale  sono  arrotondate  ad  euro

          0,10 per difetto o per eccesso  a  seconda  che  si  tratti

          rispettivamente di frazioni fino ad euro 0,05  o  superiori

          ad euro 0,05.

                3. In ogni caso  l'imposta  e'  dovuta  nella  misura

          minima di euro 1,00, ad  eccezione  delle  cambiali  e  dei

          vaglia cambiari di cui,  rispettivamente,  all'articolo  6,

          numero 1, lettere a) e b), e  numero  2,  della  tariffa  -

          Allegato A-  annessa  al  presente  decreto,  per  i  quali

          l'imposta minima e' stabilita in euro 0,50.».

              -  Il  decreto  del  Ministero  dell'economia  e  delle

          finanze 9 ottobre 2006, n.  293,  concernente  «Regolamento

          recante norme per  l'introduzione  di  nuove  modalita'  di

          versamento presso le tesorerie statali» e' pubblicato nella

          Gazzetta Ufficiale 20 dicembre 2006, n. 295.

              - Si riporta il  testo  degli  articoli  16-bis,  comma

          9-bis, 16-octies, 16-decies e 16-undecies del decreto-legge

          18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure  urgenti  per  la

          crescita del Paese), convertito, con  modificazioni,  dalla

          legge 17 dicembre 2012, n. 221:

                «Art. 16-bis (Obbligatorieta' del deposito telematico

          degli atti processuali). - 1. - 9. Omissis.

                9-bis. Le copie informatiche, anche per immagine,  di

          atti processuali di parte e  degli  ausiliari  del  giudice

          nonche' dei provvedimenti  di  quest'ultimo,  presenti  nei

          fascicoli  informatici  o  trasmessi   in   allegato   alle

          comunicazioni telematiche  dei  procedimenti  indicati  nel

          presente articolo, equivalgono all'originale anche se prive

          della firma digitale del  cancelliere  di  attestazione  di

          conformita' all'originale. Il difensore, il  dipendente  di

          cui si avvale la  pubblica  amministrazione  per  stare  in

          giudizio   personalmente,   il   consulente   tecnico,   il

          professionista delegato,  il  curatore  ed  il  commissario

          giudiziale  possono  estrarre  con  modalita'   telematiche

          duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei

          provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare  la

          conformita' delle copie  estratte  ai  corrispondenti  atti

          contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed

          informatiche, anche per immagine,  estratte  dal  fascicolo

          informatico e munite  dell'attestazione  di  conformita'  a

          norma del presente  comma,  equivalgono  all'originale.  Il

          duplicato informatico  di  un  documento  informatico  deve

          essere  prodotto  mediante   processi   e   strumenti   che

          assicurino che  il  documento  informatico  ottenuto  sullo

          stesso sistema di memorizzazione o su  un  sistema  diverso

          contenga  la  stessa  sequenza   di   bit   del   documento

          informatico di origine. Le disposizioni di cui al  presente

          comma non si applicano agli atti processuali che contengono

          provvedimenti giudiziali che  autorizzano  il  prelievo  di

          somme di denaro vincolate all'ordine del giudice.

                9-ter. - 9-octies. Omissis.».

                «Art. 16-octies (Ufficio per il processo).  -  1.  Al

          fine di  garantire  la  ragionevole  durata  del  processo,

          attraverso  l'innovazione  dei  modelli  organizzativi   ed

          assicurando un piu'  efficiente  impiego  delle  tecnologie

          dell'informazione e della  comunicazione  sono  costituite,

          presso  le  corti  di  appello  e  i  tribunali   ordinari,

          strutture  organizzative   denominate   "ufficio   per   il

          processo", mediante l'impiego del personale di  cancelleria

          e di coloro che svolgono,  presso  i  predetti  uffici,  il

          tirocinio  formativo   a   norma   dell'articolo   73   del

          decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69,  convertito,  con

          modificazioni, dalla legge 9  agosto  2013,  n.  98,  o  la

          formazione professionale dei laureati a norma dell'articolo

          37, comma 5,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,

          convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,

          n. 111. Fanno altresi' parte dell'ufficio per  il  processo

          costituito presso le corti di appello i  giudici  ausiliari

          di cui agli articoli 62 e  seguenti  del  decreto-legge  21

          giugno 2013, n. 69, convertito,  con  modificazioni,  dalla

          legge 9 agosto 2013, n. 98, e dell'ufficio per il  processo

          costituito  presso  i  tribunati,  i  giudici  onorari   di

          tribunale di cui agli articoli 42 ter e seguenti del  regio

          decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

                2. Il Consiglio Superiore  della  Magistratura  e  il

          Ministro  della  giustizia,  nell'ambito  delle  rispettive

          competenze, danno attuazione alle disposizioni  di  cui  al

          comma 1, nell'ambito  delle  risorse  disponibili  e  senza

          nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».

                «Art.  16-decies   (Potere   di   certificazione   di

          conformita' delle copie degli atti e dei provvedimenti).  -

          1. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica

          amministrazione per stare  in  giudizio  personalmente,  il

          consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore

          ed  il  commissario  giudiziale,  quando   depositano   con

          modalita'  telematiche  la  copia  informatica,  anche  per

          immagine,  di  un  atto  processuale  di  parte  o  di   un

          provvedimento del giudice formato su supporto  analogico  e

          detenuto in originale o in  copia  conforme,  attestano  la

          conformita' della copia al predetto atto. La  copia  munita

          dell'attestazione di conformita' equivale  all'originale  o

          alla copia conforme dell'atto o del provvedimento.».

                «Art.  16-undecies  (Modalita'  dell'attestazione  di

          conformita'). - 1.  Quando  l'attestazione  di  conformita'

          prevista dalle disposizioni  della  presente  sezione,  dal

          codice di procedura civile e dalla legge 21  gennaio  1994,

          n. 53, si riferisce ad una copia analogica,  l'attestazione

          stessa e' apposta in calce o a margine  della  copia  o  su

          foglio separato, che sia pero' congiunto materialmente alla

          medesima.

                2. Quando l'attestazione di conformita' si  riferisce

          ad una copia informatica, l'attestazione stessa e'  apposta

          nel medesimo documento informatico.

                3. Nel caso previsto dal comma 2,  l'attestazione  di

          conformita' puo'  alternativamente  essere  apposta  su  un

          documento informatico  separato  e  l'individuazione  della

          copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente  secondo  le

          modalita' stabilite nelle specifiche tecniche stabilite dal

          responsabile per i sistemi  informativi  automatizzati  del

          Ministero della  giustizia.  Se  la  copia  informatica  e'

          destinata alla notifica, l'attestazione di  conformita'  e'

          inserita nella relazione di notificazione.

                3-bis. I  soggetti  di  cui  all'articolo  16-decies,

          comma  1,  che  compiono  le  attestazioni  di  conformita'

          previste dalle disposizioni  della  presente  sezione,  dal

          codice di procedura civile e dalla legge 21  gennaio  1994,

          n.  53,  sono  considerati  pubblici  ufficiali   ad   ogni

          effetto.».

              - Si riporta il testo  dell'articolo  359  del  decreto

          legislativo 12 gennaio 2019,  n.  14  (Codice  della  crisi

          d'impresa e dell'insolvenza in attuazione  della  legge  19

          ottobre 2017, n. 155):

                «Art. 359 (Area  web  riservata).  -  1.  L'area  web

          riservata di cui all'articolo 40, comma  6,  e'  realizzata

          dal Ministero dello sviluppo economico,  sentita  l'Agenzia

          per  l'Italia   digitale,   avvalendosi   delle   strutture

          informatiche  di  cui  all'articolo  6-bis,  comma  4,  del

          decreto  legislativo  7   marzo   2005,   n.   82   (Codice

          dell'amministrazione digitale).

                2. Il Ministro dello sviluppo economico, di  concerto

          con il Ministro della giustizia e con il  Ministro  per  la

          pubblica  amministrazione,  sentito  il  Garante   per   la

          protezione dei dati personali,  con  decreto  da  adottarsi

          entro il 1° marzo 2020, definisce in particolare:

                  a) la codifica degli eventi che generano avvisi  di

          mancata consegna,  distinguendo  tra  quelli  imputabili  e

          quelli non imputabili al destinatario;

                  b) le modalita'  di  inserimento  automatico  degli

          atti nell'area web riservata;

                  c) le modalita' di accesso a ciascuna area da parte

          dei rispettivi titolari;

                  d)  le  modalita'  di  comunicazione  al   titolare

          dell'area web riservata del link per  accedere  agevolmente

          all'atto oggetto della notifica, escludendo la rilevanza di

          questa comunicazione  ai  fini  del  perfezionamento  della

          notifica, gia' avvenuta per effetto dell'inserimento di cui

          alla lettera seguente;

                  e) il contenuto e le  modalita'  di  rilascio  alla

          cancelleria  dell'attestazione  dell'avvenuto   inserimento

          dell'atto da notificare nell'area web riservata;

                  f) il contenuto della ricevuta di avvenuta notifica

          mediante inserimento nell'area web riservata e le modalita'

          di firma elettronica;

                  g) il periodo di tempo per il quale  e'  assicurata

          la  conservazione  dell'atto   notificato   nell'area   web

          riservata.

                  h) le misure necessarie ad assicurare la protezione

          dei dati personali.».

              - Il regio decreto 11 dicembre 1933,  n.  1775  recante

          «Testo unico delle disposizioni  di  legge  sulle  acque  e

          impianti elettrici», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

          8 gennaio 1934, n. 5.

              - La legge 24 marzo 2001, n. 89, recante «Previsione di

          equa  riparazione  in  caso  di  violazione   del   termine

          ragionevole del processo e modifica dell'articolo  375  del

          codice di procedura civile», e' pubblicata  nella  Gazzetta

          Ufficiale 3 aprile 2001, n. 78.

              - Il decreto-legge 17  febbraio  2017,  n.  13  recante

          «Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei  procedimenti

          in materia di protezione  internazionale,  nonche'  per  il

          contrasto  dell'immigrazione  illegale»,  convertito,   con

          modificazioni, dalla  legge  13  aprile  2017,  n.  46,  e'

          pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 17  febbraio  2017,  n.

          40.

              - Si riporta il testo dell'articolo  3  della  legge  5

          febbraio  1992,  n.  104  (Legge-quadro  per  l'assistenza,

          l'integrazione  sociale   e   i   diritti   delle   persone

          handicappate):

                «Art. 3 (Soggetti aventi diritto). -  1.  E'  persona

          handicappata colui che  presenta  una  minorazione  fisica,

          psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva,  che  e'

          causa di difficolta' di apprendimento, di  relazione  o  di

          integrazione lavorativa e tale da determinare  un  processo

          di svantaggio sociale o di emarginazione.

                2.  La   persona   handicappata   ha   diritto   alle

          prestazioni stabilite  in  suo  favore  in  relazione  alla

          natura e alla consistenza della minorazione, alla capacita'

          complessiva individuale  residua  e  alla  efficacia  delle

          terapie riabilitative.

                3. Qualora la minorazione, singola o  plurima,  abbia

          ridotto l'autonomia personale, correlata all'eta', in  modo

          da   rendere   necessario   un   intervento   assistenziale

          permanente, continuativo e globale nella sfera  individuale

          o in quella di relazione, la situazione assume connotazione

          di  gravita'.  Le  situazioni  riconosciute   di   gravita'

          determinano priorita' nei programmi e negli interventi  dei

          servizi pubblici.

                4. La presente legge si applica anche agli  stranieri

          e agli apolidi, residenti,  domiciliati  o  aventi  stabile

          dimora nel territorio nazionale.  Le  relative  prestazioni

          sono corrisposte nei limiti  ed  alle  condizioni  previste

          dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.».

              - La legge 14 gennaio 2013, n. 4, recante «Disposizioni

          in materia di professioni non organizzate»,  e'  pubblicata

          nella Gazzetta Ufficiale 26 gennaio 2013, n. 22.

              - Si riporta il testo degli articoli 3,  8  e  9  della

          legge 1°dicembre 1970,  n.  898  (Disciplina  dei  casi  di

          scioglimento del matrimonio):

                «Art. 3. - Lo  scioglimento  o  la  cessazione  degli

          effetti civili del matrimonio puo' essere domandato da  uno

          dei coniugi:

                  1) quando, dopo  la  celebrazione  del  matrimonio,

          l'altro coniuge e' stato condannato, con  sentenza  passata

          in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:

                    a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore  ad

          anni quindici, anche con piu'  sentenze,  per  uno  o  piu'

          delitti non colposi, esclusi  i  reati  politici  e  quelli

          commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;

                    b) a qualsiasi pena detentiva per il  delitto  di

          cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di

          cui agli articoli 519, 521, 523 e 524  del  codice  penale,

          ovvero   per   induzione,   costrizione,   sfruttamento   o

          favoreggiamento della prostituzione;

                    c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un

          figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di

          un figlio;

                    d) a qualsiasi pena detentiva,  con  due  o  piu'

          condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra

          la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art.

          583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice  penale,  in

          danno del coniuge o di un figlio.

                  Nelle ipotesi previste alla lettera d)  il  giudice

          competente a pronunciare lo scioglimento  o  la  cessazione

          degli effetti  civili  del  matrimonio  accerta,  anche  in

          considerazione del comportamento successivo del  convenuto,

          la  di  lui  inidoneita'  a  mantenere  o  ricostituire  la

          convivenza familiare.

              Per tutte le ipotesi previste nel n.  1)  del  presente

          articolo la domanda non e' proponibile dal coniuge che  sia

          stato condannato per concorso nel reato  ovvero  quando  la

          convivenza coniugale e' ripresa;

                  2) nei casi in cui:

                    a) l'altro coniuge e'  stato  assolto  per  vizio

          totale di mente da uno dei delitti previsti  nelle  lettere

          b) e c) del numero 1)  del  presente  articolo,  quando  il

          giudice competente  a  pronunciare  lo  scioglimento  o  la

          cessazione degli  effetti  civili  del  matrimonio  accerta

          l'inidoneita' del convenuto a mantenere o  ricostituire  la

          convivenza familiare;

                    b) e' stata pronunciata con sentenza  passata  in

          giudicato la separazione giudiziale fra i  coniugi,  ovvero

          e' stata omologata la  separazione  consensuale  ovvero  e'

          intervenuta separazione di fatto quando la  separazione  di

          fatto stessa e' iniziata  almeno  due  anni  prima  del  18

          dicembre 1970.

                In tutti i predetti casi, per la  proposizione  della

          domanda di  scioglimento  o  di  cessazione  degli  effetti

          civili  del  matrimonio,  le  separazioni  devono   essersi

          protratte   ininterrottamente   da   almeno   dodici   mesi

          dall'avvenuta   comparizione   dei   coniugi   innanzi   al

          presidente del tribunale  nella  procedura  di  separazione

          personale  e  da  sei  mesi   nel   caso   di   separazione

          consensuale, anche quando il giudizio  contenzioso  si  sia

          trasformato in consensuale, ovvero dalla  data  certificata

          nell'accordo  di  separazione  raggiunto   a   seguito   di

          convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero

          dalla data dell'atto contenente  l'accordo  di  separazione

          concluso  innanzi   all'ufficiale   dello   stato   civile.

          L'eventuale  interruzione  della  separazione  deve  essere

          eccepita dalla parte convenuta.

                    c) il procedimento penale promosso per i  delitti

          previsti dalle lettere b) e  c)  del  n.  1)  del  presente

          articolo  si  e'  concluso  con  sentenza  di  non  doversi

          procedere per  estinzione  del  reato,  quando  il  giudice

          competente a pronunciare lo scioglimento  o  la  cessazione

          degli effetti civili del matrimonio ritiene che  nei  fatti

          commessi  sussistano  gli   elementi   costitutivi   e   le

          condizioni di punibilita' dei delitti stessi;

                    d) il  procedimento  penale  per  incesto  si  e'

          concluso con sentenza di proscioglimento o  di  assoluzione

          che dichiari non punibile il fatto per mancanze di pubblico

          scandalo;

                    e)  l'altro  coniuge,  cittadino  straniero,   ha

          ottenuto all'estero l'annullamento o  lo  scioglimento  del

          matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;

                    f) il matrimonio non e' stato consumato;

                    g)  e'   passata   in   giudicato   sentenza   di

          rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge

          14 aprile 1982, n. 164.».

                «Art. 8. - Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento

          o la cessazione degli effetti civili  del  matrimonio  puo'

          imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia  reale  o

          personale se esiste il pericolo che  egli  possa  sottrarsi

          all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6.

                La  sentenza  costituisce  titolo  per   l'iscrizione

          dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del  codice

          civile.

                Il coniuge cui  spetta  la  corresponsione  periodica

          dell'assegno,  dopo  la  costituzione  in  mora   a   mezzo

          raccomandata  con  avviso  di   ricevimento   del   coniuge

          obbligato e inadempiente per un periodo  di  almeno  trenta

          giorni,  puo'  notificare  il  provvedimento  in   cui   e'

          stabilita  la  misura  dell'assegno  ai  terzi   tenuti   a

          corrispondere periodicamente somme  di  denaro  al  coniuge

          obbligato con l'invito a versargli  direttamente  le  somme

          dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente.

                Ove  il   terzo   cui   sia   stato   notificato   il

          provvedimento non adempia, il coniuge creditore  ha  azione

          diretta esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle

          somme dovutegli quale  assegno  di  mantenimento  ai  sensi

          degli articoli 5 e 6.

                Qualora  il  credito  del   coniuge   obbligato   nei

          confronti dei suddetti terzi sia stato  gia'  pignorato  al

          momento  della  notificazione,  all'assegnazione   e   alla

          ripartizione delle somme  fra  il  coniuge  cui  spetta  la

          corresponsione   periodica   dell'assegno,   il   creditore

          procedente  e  i  creditori  intervenuti   nell'esecuzione,

          provvede il giudice dell'esecuzione.

                Lo Stato e gli altri enti indicati  nell'art.  1  del

          testo  unico  delle  leggi  concernenti  il  sequestro,  il

          pignoramento  e  la  cessione  degli  stipendi,  salari   e

          pensioni dei dipendenti  delle  pubbliche  amministrazioni,

          approvato con decreto del  Presidente  della  Repubblica  5

          gennaio 1950, n. 180, nonche'  gli  altri  enti  datori  di

          lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui  e'

          stabilita  la  misura  dell'assegno  e  l'invito  a  pagare

          direttamente  al  coniuge  cui  spetta  la   corresponsione

          periodica, non possono  versare  a  quest'ultimo  oltre  la

          meta' delle somme dovute al coniuge obbligato,  comprensive

          anche degli assegni e degli emolumenti accessori.

                Per assicurare che siano soddisfatte o conservate  le

          ragioni  del  creditore  in  ordine  all'adempimento  degli

          obblighi  di  cui  agli  articoli  5  e  6,  su   richiesta

          dell'avente diritto, il giudice puo' disporre il  sequestro

          dei beni del coniuge obbligato a  somministrare  l'assegno.

          Le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione

          dell'assegno di cui al precedente  comma  sono  soggette  a

          sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della  meta'

          per il soddisfacimento dell'assegno periodico di  cui  agli

          articoli 5 e 6.».

                «Art. 9.  -  1.  Qualora  sopravvengono  giustificati

          motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o  la

          cessazione  degli  effetti  civili   del   matrimonio,   il

          Tribunale, in camera di consiglio e,  per  i  provvedimenti

          relativi ai  figli,  con  la  partecipazione  del  pubblico

          ministero, puo', su istanza di parte, disporre la revisione

          delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di

          quelle relative alla misura e alle modalita' dei contributi

          da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.

                2. In caso di morte dell'ex coniuge e in  assenza  di

          un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di

          reversibilita', il  coniuge  rispetto  al  quale  e'  stata

          pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione  degli

          effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato  a

          nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno  ai  sensi

          dell'art. 5, alla pensione di reversibilita', sempre che il

          rapporto da cui trae origine il  trattamento  pensionistico

          sia anteriore alla sentenza.

                3. Qualora esista  un  coniuge  superstite  avente  i

          requisiti per la  pensione  di  reversibilita',  una  quota

          della pensione e degli altri assegni a questi spettanti  e'

          attribuita dal Tribunale, tenendo conto  della  durata  del

          rapporto, al coniuge rispetto al quale e' stata pronunciata

          la sentenza di scioglimento o di cessazione  degli  effetti

          civili del matrimonio e che sia  titolare  dell'assegno  di

          cui all'art. 5. Se  in  tale  condizione  si  trovano  piu'

          persone, il Tribunale provvede a  ripartire  fra  tutti  la

          pensione e gli altri assegni, nonche'  a  ripartire  tra  i

          restanti le quote  attribuite  a  chi  sia  successivamente

          morto o passato a nuove nozze.

                4.  Restano  fermi,  nei   limiti   stabiliti   dalla

          legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori

          o collaterali in merito al trattamento di reversibilita'.

                5. Alle domande giudiziali dirette  al  conseguimento

          della pensione di reversibilita' o di parte  di  essa  deve

          essere allegato un atto notorio, ai  sensi  della  legge  4

          gennaio 1968, n. 15, dal quale risultino tutti  gli  aventi

          diritto. In ogni caso, la sentenza che accoglie la  domanda

          non pregiudica la tutela, nei  confronti  dei  beneficiari,

          degli   aventi   diritto   pretermessi,   salva    comunque

          l'applicabilita' delle sanzioni penali per le dichiarazioni

          mendaci.».

              - I Titoli I, I-bis, II, III e IV della legge 4  maggio

          1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia),  recano:

          «TITOLO   I   -   Principi   generali;   TITOLO   I-bis   -

          Dell'affidamento del minore;  TITOLO  II  -  Dell'adozione;

          TITOLO III -  Dell'adozione  internazionale;  TITOLO  IV  -

          Dell'adozione in casi particolari».

              - Il regio  decreto-legge  20  luglio  1934,  n.  1404,

          recante «Istituzione e funzionamento del  tribunale  per  i

          minorenni» e convertito in legge, con modificazioni,  dalla

          legge 27 maggio 1935, n. 835, e' pubblicato nella  Gazzetta

          Ufficiale 5 settembre 1934, n. 208.

              - Si riporta il testo dell'articolo 3  della  legge  10

          dicembre  2012,  n.  219  (Disposizioni   in   materia   di

          riconoscimento dei figli naturali):

                «Art. 3 (Modifica dell'articolo 38 delle disposizioni

          per  l'attuazione  del  codice  civile  e  disposizioni   a

          garanzia  dei  diritti  dei  figli  agli  alimenti   e   al

          mantenimento). - 1. L'articolo 38  delle  disposizioni  per

          l'attuazione del codice civile e disposizioni  transitorie,

          di  cui  al  regio  decreto  30  marzo  1942,  n.  318,  e'

          sostituito dal seguente:

                «Art. 38. - Sono di competenza del  tribunale  per  i

          minorenni i provvedimenti contemplati  dagli  articoli  84,

          90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice

          civile. Per i procedimenti di cui  all'articolo  333  resta

          esclusa  la  competenza  del  tribunale  per  i   minorenni

          nell'ipotesi in cui sia in  corso,  tra  le  stesse  parti,

          giudizio di separazione o  divorzio  o  giudizio  ai  sensi

          dell'articolo 316 del codice civile; in  tale  ipotesi  per

          tutta la durata del processo la  competenza,  anche  per  i

          provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel

          primo periodo, spetta al giudice ordinario.

                Sono emessi dal tribunale ordinario  i  provvedimenti

          relativi  ai  minori  per  i  quali  non  e'  espressamente

          stabilita  la   competenza   di   una   diversa   autorita'

          giudiziaria. Nei procedimenti in materia di  affidamento  e

          di  mantenimento  dei  minori  si  applicano,   in   quanto

          compatibili, gli articoli 737  e  seguenti  del  codice  di

          procedura civile.

                Fermo restando  quanto  previsto  per  le  azioni  di

          stato, il tribunale competente provvede  in  ogni  caso  in

          camera di consiglio, sentito il  pubblico  ministero,  e  i

          provvedimenti emessi sono immediatamente  esecutivi,  salvo

          che   il   giudice   disponga   diversamente.   Quando   il

          provvedimento e' emesso dal tribunale per i  minorenni,  il

          reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello

          per i minorenni.».

                2.  Il  giudice,   a   garanzia   dei   provvedimenti

          patrimoniali in materia di alimenti  e  mantenimento  della

          prole, puo'  imporre  al  genitore  obbligato  di  prestare

          idonea garanzia personale o reale, se  esiste  il  pericolo

          che  possa   sottrarsi   all'adempimento   degli   obblighi

          suddetti. Per assicurare che siano conservate o soddisfatte

          le ragioni del creditore in  ordine  all'adempimento  degli

          obblighi di cui al  periodo  precedente,  il  giudice  puo'

          disporre  il  sequestro  dei  beni  dell'obbligato  secondo

          quanto previsto dall'articolo 8, settimo comma, della legge

          1° dicembre 1970, n.  898.  Il  giudice  puo'  ordinare  ai

          terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di

          denaro  all'obbligato,   di   versare   le   somme   dovute

          direttamente agli aventi diritto, secondo  quanto  previsto

          dall'articolo 8, secondo comma e seguenti, della  legge 

          dicembre  1970,  n.   898.   I   provvedimenti   definitivi

          costituiscono   titolo   per   l'iscrizione    dell'ipoteca

          giudiziale ai sensi dell'articolo 2818 del codice civile.».

              - Si  riporta  il  testo  dell'articolo  42  del  regio

          decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario):

                «Art. 42 (Sede del tribunale). - Il tribunale ha sede

          in ogni capoluogo determinato nella tabella  A  annessa  al

          presente ordinamento.».

              - La legge 15 gennaio 1994, n. 64, recante «Ratifica ed

          esecuzione della convenzione europea sul  riconoscimento  e

          l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento  dei

          minori e di ristabilimento  dell'affidamento,  aperta  alla

          firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della  convenzione

          sugli aspetti civili della  sottrazione  internazionale  di

          minori, aperta alla firma a L'Aja il 25 ottobre 1980; norme

          di attuazione delle  predette  convenzioni,  nonche'  della

          convenzione in materia di  protezione  dei  minori,  aperta

          alla firma a L'Aja il 5 ottobre 1961, e  della  convenzione

          in materia di rimpatrio dei minori,  aperta  alla  firma  a

          L'Aja il 28 maggio  1970»,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta

          Ufficiale 29 gennaio 1994, n. 23, S.O.

              -  Si  riporta  il  testo   dell'articolo   111   della

          Costituzione:

                «Art. 111. - La giurisdizione si  attua  mediante  il

          giusto processo regolato dalla legge.

                Ogni processo si svolge  nel  contradditorio  tra  le

          parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo  e

          imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.

                Nel processo penale, la legge assicura che la persona

          accusata di un reato sia, nel piu' breve  tempo  possibile,

          informata  riservatamente  della  natura   e   dei   motivi

          dell'accusa elevata a suo  carico;  disponga  del  tempo  e

          delle condizioni necessari per  preparare  la  sua  difesa;

          abbia la facolta', davanti al giudice, di interrogare o  di

          far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a  suo

          carico, di ottenere la convocazione e  l'interrogatorio  di

          persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa  e

          l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a  suo  favore;

          sia assistita da un interprete se non comprende o non parla

          la lingua impiegata nel processo.

                Il processo penale  e'  regolato  dal  principio  del

          contradditorio   nella   formazione   della    prova.    La

          colpevolezza dell'imputato non puo'  essere  provata  sulla

          base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e'

          sempre  volontariamente  sottratto  all'interrogatorio   da

          parte dell'imputato o del suo difensore.

                La legge regola i casi la cui formazione della  prova

          non ha luogo in contradditorio per consenso dell'imputato o

          per accertata impossibilita'  di  natura  oggettiva  o  per

          effetto di provata condotta illecita.

                Tutti i provvedimenti giurisdizionali  devono  essere

          motivati.

                Contro le sentenze e  contro  i  provvedimenti  sulla

          liberta'    personale,     pronunciati     dagli     organi

          giurisdizionali ordinari  o  speciali,  e'  sempre  ammesso

          ricorso in Cassazione per  violazione  di  legge.  Si  puo'

          derogare  a  tale  norma  soltanto  per  le  sentenze   dei

          Tribunali militari in tempo di guerra.

                Contro le decisioni del Consiglio di  Stato  e  della

          Corte dei conti il ricorso in Cassazione e' ammesso  per  i

          soli motivi inerenti alla giurisdizione.».

              - Si riporta il testo degli articoli 22 e  179-ter  del

          regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368  (Disposizioni  per

          l'attuazione del codice di procedura civile e  disposizioni

          transitorie):

                «Art. 22 (Distribuzione degli incarichi). -  Tutti  i

          giudici che hanno sede nella circoscrizione  del  tribunale

          debbono affidare  normalmente  le  funzioni  di  consulente

          tecnico agli iscritti nell'albo del tribunale medesimo.

                Il giudice istruttore che conferisce un incarico a un

          consulente iscritto in albo di altro tribunale o a  persona

          non iscritta in alcun albo, deve sentire  il  presidente  e

          indicare nel provvedimento i motivi della scelta.

                Le funzioni di consulente presso la  corte  d'appello

          sono normalmente affidate  agli  iscritti  negli  albi  dei

          tribunali del distretto.  Se  l'incarico  e'  conferito  ad

          iscritti in altri albi o a persone non  iscritte  in  alcun

          albo, deve essere sentito il  primo  presidente  e  debbono

          essere indicati nel provvedimento i motivi della scelta.».

                «Art.  179-ter   (Elenco   dei   professionisti   che

          provvedono alle  operazioni  di  vendita).  -  Presso  ogni

          tribunale e' istituito un  elenco  dei  professionisti  che

          provvedono alle operazioni  di  vendita.  Possono  ottenere

          l'iscrizione  nell'elenco  i  professionisti  di  cui  agli

          articoli 534-bis e 591-bis, primo comma,  del  codice,  che

          dimostrano  di  aver  assolto   gli   obblighi   di   prima

          formazione,  stabiliti  con  decreto  avente   natura   non

          regolamentare del Ministro della giustizia. Con il medesimo

          decreto sono stabiliti gli obblighi di formazione periodica

          da assolvere ai fini della conferma  dell'iscrizione,  sono

          fissate  le  modalita'  per  la   verifica   dell'effettivo

          assolvimento degli obblighi formativi e sono individuati il

          contenuto e le modalita' di presentazione delle domande.

                E' istituita presso ciascuna  corte  di  appello  una

          commissione,  la  cui  composizione  e'  disciplinata   dal

          decreto di cui al primo comma. Con il medesimo decreto sono

          disciplinate   le   modalita'   di   funzionamento    della

          commissione. L'incarico di componente della commissione  ha

          durata triennale, puo' essere rinnovato una  sola  volta  e

          non comporta alcuna  indennita'  o  retribuzione  a  carico

          dello Stato, ne' alcun tipo di rimborso spese.

                La  commissione  provvede  alla  tenuta  dell'elenco,

          all'esercizio  della   vigilanza   sugli   iscritti,   alla

          valutazione delle domande di iscrizione e all'adozione  dei

          provvedimenti di cancellazione dall'elenco.

                La Scuola superiore  della  magistratura  elabora  le

          linee guida generali per la definizione dei  programmi  dei

          corsi  di  formazione  e  di  aggiornamento,   sentiti   il

          Consiglio nazionale forense,  il  Consiglio  nazionale  dei

          dottori commercialisti  e  degli  esperti  contabili  e  il

          Consiglio nazionale notarile. La  commissione  esercita  le

          funzioni di cui al terzo comma, anche tenendo  conto  delle

          risultanze dei rapporti riepilogativi di  cui  all'articolo

          16-bis, commi 9-sexies e 9-septies,  del  decreto-legge  18

          ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,  dalla

          legge 17 dicembre 2012, n. 221. Valuta  altresi'  i  motivi

          per i quali sia stato revocato l'incarico  in  una  o  piu'

          procedure esecutive.

                Quando ricorrono speciali  ragioni,  l'incarico  puo'

          essere conferito a persona non iscritta  in  alcun  elenco;

          nel  provvedimento  di  conferimento  dell'incarico  devono

          essere analiticamente indicati i motivi della  scelta.  Per

          quanto non disposto diversamente dal presente articolo,  si

          applicano  le  disposizioni  di  cui  agli  articoli  13  e

          seguenti in quanto compatibili. I professionisti cancellati

          dall'elenco non possono essere reinseriti nel  triennio  in

          corso e nel triennio successivo.».

              - Si riporta il testo degli articoli 13 e 15 del citato

          regio  decreto  18  dicembre  1941,  n.  1368,  cosi'  come

          modificato dalla presente legge:

                «Art. 13 (Albo dei consulenti tecnici). - Presso ogni

          tribunale e' istituito un albo dei consulenti tecnici.

                L'albo e' diviso in categorie.

                Debbono   essere   sempre   comprese   nell'albo   le

          categorie:  1.  medico-chirurgica;   2.   industriale;   3.

          commerciale; 4. agricola; 5. bancaria; 6. Assicurativa;  7)

          della   neuropsichiatria   infantile,   della    psicologia

          dell'eta'  evolutiva  e  della   psicologia   giuridica   o

          forense.».

                «Art. 15 (Iscrizione nell'albo). -  Possono  ottenere

          l'iscrizione nell'albo coloro che sono forniti di  speciale

          competenza tecnica in  una  determinata  materia,  sono  di

          condotta morale specchiata e sono iscritti nelle rispettive

          associazioni professionali.

                Con riferimento alla categoria  di  cui  all'articolo

          13, terzo comma, numero 7), la speciale competenza  tecnica

          sussiste    qualora    ricorrano,    alternativamente     o

          congiuntamente, i seguenti requisiti:

                  1) comprovata esperienza professionale  in  materia

          di violenza domestica e nei confronti di minori;

                  2) possesso di adeguati titoli di  specializzazione

          o   approfondimento   post-universitari   in   psichiatria,

          psicoterapia, psicologia dell'eta' evolutiva  o  psicologia

          giuridica o forense, purche' iscritti da almeno cinque anni

          nei rispettivi albi professionali;

                  3) aver svolto per  almeno  cinque  anni  attivita'

          clinica con minori presso strutture pubbliche o private.

                Nessuno puo' essere iscritto in piu' di un albo.

                Sulle  domande  di  iscrizione  decide  il   comitato

          indicato nell'articolo precedente.

                Contro  il  provvedimento  del  comitato  e'  ammesso

          reclamo, entro  quindici  giorni  dalla  notificazione,  al

          comitato previsto nell'articolo.».

              - Si  riporta  il  testo  dell'articolo  38  del  regio

          decreto  30  marzo   1942,   n.   318   (Disposizioni   per

          l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie),

          cosi' come modificato dalla presente legge:

                «Art. 38. - Sono di competenza del  tribunale  per  i

          minorenni i procedimenti previsti dagli  articoli  84,  90,

          250, ultimo comma, 251, 317-bis, ultimo  comma,  330,  332,

          333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile.  Sono

          di  competenza  del  tribunale  ordinario  i   procedimenti

          previsti dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice

          civile,  anche  se  instaurati  su  ricorso  del   pubblico

          ministero,  quando  e'  gia'  pendente  o   e'   instaurato

          successivamente,  tra  le   stesse   parti,   giudizio   di

          separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili

          del matrimonio, ovvero giudizio  ai  sensi  degli  articoli

          250, quarto comma, 268,  277,  secondo  comma,  e  316  del

          codice civile, dell'articolo 710 del  codice  di  procedura

          civile e dell'articolo 9 della legge 1° dicembre  1970,  n.

          898. In questi casi il tribunale per i minorenni, d'ufficio

          o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro  il

          termine di quindici giorni dalla  richiesta,  adotta  tutti

          gli   opportuni   provvedimenti   temporanei   e    urgenti

          nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale

          ordinario,  innanzi  al  quale  il   procedimento,   previa

          riunione, continua. I provvedimenti adottati dal  tribunale

          per i minorenni conservano la loro efficacia fino a  quando

          sono confermati, modificati o  revocati  con  provvedimento

          emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero della

          procura  della  Repubblica  presso  il  tribunale   per   i

          minorenni,  nei  casi  di  trasmissione  degli   atti   dal

          tribunale per i minorenni al tribunale ordinario,  provvede

          alla trasmissione dei propri  atti  al  pubblico  ministero

          della  procura  della  Repubblica   presso   il   tribunale

          ordinario.

                Il tribunale per i minorenni  e'  competente  per  il

          ricorso  previsto  dall'articolo  709-ter  del  codice   di

          procedura civile quando e' gia' pendente  o  e'  instaurato

          successivamente,  tra  le  stesse  parti,  un  procedimento

          previsto dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice

          civile. Nei casi in cui e' gia' pendente o viene instaurato

          autonomo procedimento previsto  dall'articolo  709-ter  del

          codice di procedura civile davanti al tribunale  ordinario,

          quest'ultimo, d'ufficio  o  a  richiesta  di  parte,  senza

          indugio  e  comunque  non  oltre  quindici   giorni   dalla

          richiesta,  adotta  tutti   gli   opportuni   provvedimenti

          temporanei e urgenti nell'interesse del minore e  trasmette

          gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale  il

          procedimento, previa riunione,  continua.  I  provvedimenti

          adottati  dal  tribunale  ordinario  conservano   la   loro

          efficacia fino  a  quando  sono  confermati,  modificati  o

          revocati con  provvedimento  emesso  dal  tribunale  per  i

          minorenni.

                Sono emessi dal tribunale ordinario  i  provvedimenti

          relativi  ai  minori  per  i  quali  non  e'  espressamente

          stabilita  la   competenza   di   una   diversa   autorita'

          giudiziaria. Nei procedimenti in materia di  affidamento  e

          di  mantenimento  dei  minori  si  applicano,   in   quanto

          compatibili, gli articoli 737  e  seguenti  del  codice  di

          procedura civile.

                Fermo restando  quanto  previsto  per  le  azioni  di

          stato, il tribunale competente provvede  in  ogni  caso  in

          camera di consiglio, sentito il  pubblico  ministero,  e  i

          provvedimenti emessi sono immediatamente  esecutivi,  salvo

          che   il   giudice   disponga   diversamente.   Quando   il

          provvedimento e' emesso dal tribunale per i  minorenni,  il

          reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello

          per i minorenni.».

              - Si riporta il testo dell'articolo 4 del decreto-legge

          17  febbraio  2017,  n.  13   (Disposizioni   urgenti   per

          l'accelerazione dei procedimenti in materia  di  protezione

          internazionale, nonche' per il contrasto  dell'immigrazione

          illegale), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  13

          aprile 2017, n. 46, cosi' come  modificato  dalla  presente

          legge:

                «Art. 4 (Competenza territoriale delle sezioni). - 1.

          Le controversie e i procedimenti  di  cui  all'articolo  3,

          comma 1, sono assegnati alle sezioni specializzate  di  cui

          all'articolo 1. E' competente territorialmente  la  sezione

          specializzata nella cui circoscrizione ha sede  l'autorita'

          che ha adottato il provvedimento impugnato.

                2.  Per  l'assegnazione  delle  controversie  di  cui

          all'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.

          25, l'autorita' di cui  al  comma  1  e'  costituita  dalla

          commissione  territoriale  per  il   riconoscimento   della

          protezione  internazionale   o   dalla   sezione   che   ha

          pronunciato   il   provvedimento   impugnato   ovvero    il

          provvedimento del quale e' stata dichiarata la revoca o  la

          cessazione.

                2-bis. Per l'assegnazione delle controversie  di  cui

          all'articolo 3, comma 3-bis,  del  decreto  legislativo  28

          gennaio 2008, n. 25, l'autorita'  di  cui  al  comma  1  e'

          costituita dall'articolazione dell'Unita' Dublino  operante

          presso  il  Dipartimento   per   le   liberta'   civili   e

          l'immigrazione del Ministero dell'interno nonche' presso le

          prefetture-uffici territoriali del Governo che ha  adottato

          il provvedimento impugnato.

                3. Nel caso di ricorrenti presenti in  una  struttura

          di accoglienza governativa o in una struttura  del  sistema

          di   protezione   di   cui   all'articolo   1-sexies    del

          decreto-legge 30 dicembre 1989,  n.  416,  convertito,  con

          modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39,  ovvero

          trattenuti in un centro di cui all'articolo 14 del  decreto

          legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica il  criterio

          previsto dal comma 1, avendo riguardo al luogo  in  cui  la

          struttura o il centro ha sede.

                4.  Per  l'assegnazione  dei  procedimenti   di   cui

          all'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto

          2015, n. 142, si applica il criterio di  cui  al  comma  1,

          avendo riguardo al luogo in cui ha sede l'autorita' che  ha

          adottato il provvedimento soggetto a convalida.

                5. Le controversie di cui all'articolo  3,  comma  2,

          sono assegnate secondo il criterio previsto  dal  comma  1,

          avendo riguardo al luogo in  cui  l'attore  ha  la  dimora.

          Quando  l'attore  risiede  all'estero  le  controversie  di

          accertamento dello  stato  di  cittadinanza  italiana  sono

          assegnate avendo riguardo al comune di nascita  del  padre,

          della madre o dell'avo cittadini italiani.».

              -  Si   riporta   il   testo   dell'articolo   10   del

          decreto-legge  29  novembre  2004,  n.  282   (Disposizioni

          urgenti  in  materia  fiscale  e  di   finanza   pubblica),

          convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  27  dicembre

          2004, n. 307:

                "Art.  10  (Proroga  di   termini   in   materia   di

          definizione di illeciti edilizi). - 1. Al decreto-legge  30

          settembre 2003,  n.  269,  convertito,  con  modificazioni,

          dalla  legge  24  novembre  2003,  n.  326,  e   successive

          modificazioni,  sono  apportate   le   seguenti   ulteriori

          modifiche:

                  a) nell'allegato 1, le parole: «20 dicembre 2004» e

          «30 dicembre 2004», indicate dopo le parole: «seconda rata»

          e: «terza rata», sono  sostituite,  rispettivamente,  dalle

          seguenti: «31 maggio 2005» e «30 settembre 2005»;

                  b) nell'allegato 1, ultimo periodo, le parole:  «30

          giugno  2005»,  inserite  dopo  le  parole:  «deve   essere

          integrata entro il», sono sostituite  dalle  seguenti:  «31

          ottobre 2005»;

                  c) al comma 37  dell'articolo  32  le  parole:  «30

          giugno 2005» sono sostituite dalle  seguenti:  «31  ottobre

          2005».

                2. La proroga al 31 maggio 2005 ed  al  30  settembre

          2005   dei   termini   stabiliti   per    il    versamento,

          rispettivamente,  della  seconda   e   della   terza   rata

          dell'anticipazione   degli   oneri   concessori   opera   a

          condizione che le regioni, prima della data di  entrata  in

          vigore  del  presente  decreto,  non  abbiano  dettato  una

          diversa disciplina.

                3.   Il   comma   2-quater   dell'articolo   5    del

          decreto-legge 12  luglio  2004,  n.  168,  convertito,  con

          modificazioni, dalla  legge  30  luglio  2004,  n.  191,  e

          successive modificazioni, e' abrogato.

                4.  Alle  minori  entrate  derivanti  dal  comma   1,

          valutate per l'anno 2004 in 2.215,5  milioni  di  euro,  si

          provvede con quota parte delle maggiori  entrate  derivanti

          dalle altre disposizioni contenute nel presente decreto.

                5.  Al  fine  di  agevolare  il  perseguimento  degli

          obiettivi di finanza pubblica,  anche  mediante  interventi

          volti alla riduzione della pressione fiscale,  nello  stato

          di previsione del Ministero dell'economia e  delle  finanze

          e' istituito un apposito «Fondo per interventi  strutturali

          di politica economica», alla cui costituzione concorrono le

          maggiori entrate, valutate in 2.215,5 milioni di  euro  per

          l'anno 2005, derivanti dal comma 1.".

              - Si riporta il testo dell'articolo 1, comma 200, della

          legge  23  dicembre  2014,  n.  190  (Disposizioni  per  la

          formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato

          (legge di stabilita' 2015)):

                «Art. 1. - (Omissis).

                200.  Nello  stato  di   previsione   del   Ministero

          dell'economia e delle finanze e' istituito un Fondo per far

          fronte ad esigenze indifferibili  che  si  manifestano  nel

          corso della gestione, con la dotazione  di  27  milioni  di

          euro per l'anno 2015 e  di  25  milioni  di  euro  annui  a

          decorrere dall'anno 2016. Il Fondo e' ripartito annualmente

          con uno o piu' decreti del  Presidente  del  Consiglio  dei

          ministri su proposta del  Ministro  dell'economia  e  delle

          finanze. Il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  e'

          autorizzato  ad  apportare  le  occorrenti  variazioni   di

          bilancio.

              (Omissis).».

              - Si riporta il testo dell'articolo 17, comma 2,  della

          legge 31 dicembre 2009, n. 196  (Legge  di  contabilita'  e

          finanza pubblica):

                «Art. 17 (Copertura finanziaria delle  leggi).  -  1.

          Omissis.

                2. Le leggi di  delega  comportanti  oneri  recano  i

          mezzi di copertura necessari per  l'adozione  dei  relativi

          decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della

          delega, per la complessita' della materia trattata, non sia

          possibile  procedere  alla  determinazione  degli   effetti

          finanziari   derivanti   dai   decreti   legislativi,    la

          quantificazione  degli  stessi  e'  effettuata  al  momento

          dell'adozione dei singoli decreti  legislativi.  I  decreti

          legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri  sono

          emanati solo  successivamente  all'entrata  in  vigore  dei

          provvedimenti  legislativi  che  stanzino   le   occorrenti

          risorse  finanziarie.  A   ciascuno   schema   di   decreto

          legislativo e' allegata una relazione tecnica,  predisposta

          ai sensi del comma  3,  che  da'  conto  della  neutralita'

          finanziaria  del  medesimo  decreto  ovvero  dei  nuovi   o

          maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi

          di copertura.

                3. - 14. Omissis.».

              - La legge  30  dicembre  2020,  n.  178  (Bilancio  di

          previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2021  e

          bilancio  pluriennale  per  il  triennio   2021-2023),   e'

          pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 322 del 30  dicembre

          2020, S.O.

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Il Concorso Esterno in Associazione di tipo mafioso: le origini.

Il Concorso Esterno in Associazione di tipo mafioso è una forma di compartecipazione che ricorre quando dati soggetti (Concorrenti Esterni), pur non facendo parte dell’organizzazione criminale di stampo mafioso, apportano un contributo idoneo a conservare o rafforzare l’associazione medesima. 

I lineamenti della fattispecie in esame sono emersi al netto di alcune «Sentenze Storiche» pronunciate dalle SS. UU. della Suprema Corte di Cassazione: in effetti, all’interno del Codice Rocco non si rinviene alcuna norma che positivizza il reato di Concorso Esterno; piuttosto esso è fatto dipendere dal combinato disposto degli artt. 110 c.p. (disciplinante il Concorso di Persone nel reato) e 416-bis c.p. (dedicato alle Associazioni di tipo mafioso anche straniere). 

Nel 1994 c’è stata una sentenza da parte delle Sezioni Unite che hanno affermato la configurabilità del concorso esterno nel reato di associazione mafiosa per quei soggetti che, sebbene non facciano parte del sodalizio criminoso, forniscano occasionalmente un contributo all’ente delittuoso tale da consentire all’associazione di mantenersi in vita e di poter perseguire i propri scopi. Tramite questa sentenza quindi le Sezioni Unite rilevano la differenza tra il partecipe all’associazione rispetto al concorrente eventuale. 

Proprio in questa direzione la Suprema Corte ha puntualizzato presupposti e limiti del Concorso Esterno, sancendo che assume qualifica di «Concorrente Esterno» colui il quale, pur non essendo stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione, fornisce ad essa «un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo», e sempre che detto contributo «esplichi una effettiva rilevanza causale», nel senso che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento della operatività dell’associazione. 

Questa configurazione rappresenta il punto di arrivo di un’evoluzione storica della giurisprudenza della Cassazione, i cui momenti salienti risultano: 

1) La Sentenza «Demitry» del 1994; 

2) La Sentenza «Carnevale» del 2003; 

3) La Sentenza «Andreotti» del 2004; 

4) La Sentenza «Mannino» del 2005; 

5) La Sentenza «dell’Utri» del 2014; 

6) La Sentenza «Contrada» del 2015.

(di Tullia Mauro)

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La natura personale dell'assegnazione della casa coniugale (e le sue conseguenze).

L'assegnazione della casa coniugale in sede di separazione e/o divorzio in favore del coniuge collocatario dei figli configura un diritto di abitazione di natura personale. Diversamente dal diritto reale di abitazione, non è trasmissibile e non è legato al bene, ma piuttosto è previsto nell'interesse dei figli.

Infatti l'assegnazione viene meno se non più legata alle esigenze dei figli e più precisamente quando il rapporto con la casa familiare risulta reciso ovvero quando non costituisce più l'ambiente domestico necessario a garantire il riferimento affettivo utile e di sostegno ad una crescita sana.

Conseguenza diretta è che se l'assegnatario della casa familiare non è anche comproprietario non avrà legittimazione passiva nei confronti del condominio. Non potrà quindi essere destinatario degli atti di messa in mora dell'amministratore. Il proprietario dell'immobile sarà dunque l'unico legittimato passivo, fatto salvo il diritto di rivalsa di quest'ultimo nei confronti dell'assegnatario utilizzatore dei beni e servizi condominiali.

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Legge sulla parità retributiva uomo-donna.

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la nuova legge sulla parità retributiva uomo-donna. Entrerà in vigore il 3 dicembre 2021. Disponibile al seguente link il download del testo integrale.

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Approvato il decreto che dichiara guerra alla plastica monouso.

Approvato dal CdM lo schema del decreto legislativo che attua la Direttiva UE 2019/904, finalizzata a eliminare progressivamente i prodotti di plastica monouso.

Tra le altre cose, il provvedimento prevede anche il divieto d'immettere sul mercato prodotti di plastica monouso e in plastica oxo-degradabile, consentita solo fino all'esaurimento delle scorte e solo se si dimostra che l'acquisito è anteriore rispetto all'entrata in vigore del suddetto divieto.

Il decreto riporta poi, nel dettaglio, un regime sanzionatorio previsto in caso di violazione di quanto disposto dall'art. 5.

Il testo integrale del documento è disponibile al seguente link.

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Nuovo Codice della strada.

Disponibile il testo aggiornato alle modifiche introdotte dal decreto legge 10/09/2021 n. 121. Per scaricare il documento clicca qui.

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Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riafferma, nel pieno rispetto dei poteri e delle funzioni dell’UE e del principio della sussidiarietà, i diritti così come risultano, in particolare, dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni dei paesi dell’UE, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle Carte sociali adottate dall’UE e dal Consiglio d’Europa e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il testo integrale è scaricabile dal seguente link

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L’assegno unico per i figli slitta al 2022. da luglio una misura «ponte».

L’assegno unico universale che vedrà la luce nel 2022 concentrerà in un’unica soluzione i vari aiuti già esistenti per le famiglie.

Nel frattempo, ci sarà una misura «ponte»L’assegno «ponte», ovviamente modulato in base all’ISEE, con ogni probabilità non cancellerà le vecchie misure a sostegno delle famiglie con figli, che verranno assorbite dall’assegno unico a partire dal prossimo anno.

Per quest’anno, dunque, resteranno le detrazioni fiscali per i figli a carico, così come rimarranno attive fino al 31 dicembre almeno anche le vecchie misure a sostegno dei genitori, come il bonus bebè e il premio alla nascita.

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Tik Tok: il social network adotterà misure per bloccare l'accesso agli utenti under 13.

Dopo il provvedimento di blocco imposto nel mese di gennaio dal Garante privacy, il noto social network Tik Tok ha comunicato all'Autorità che adotterà misure per bloccare l'accesso agli utenti minori di 13 anni e valuterà l'utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per la verifica dell'età. Inoltre, lancerà una campagna informativa per sensibilizzare genitori e figli. 

L'Autorità si è, in ogni caso, riservata di verificare l'effettiva efficacia delle misure annunciate. 

Tik Tok, nel contempo, si è impegnata ad avviare con l'Autorità privacy dell'Irlanda - Paese nel quale la piattaforma ha fissato il proprio stabilimento principale - una discussione sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale a fini di "age verification".


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Obbligo di ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano.

L’ascolto dei minori nei giudizi in cui si devono adottare provvedimenti che li riguardano è oggi regolato, nell’ordinamento civile italiano, dagli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c. A livello internazionale, invece, è previsto dall’art. 12 della Convenzione di New York e dall’art. 6 della Convenzione di Strasburgo. 

In particolare, l'art. 315 bis, comma III, c.c. stabilisce "l figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano", mentre l'art. 336 bis c.c. recita "Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano ... ". E' inoltre previsto, dal medesimo articolo, che è il Giudice che deve condurre l'ascolto e che può avvalersi, se lo ritiene opportuno, di esperti o di altri ausiliari. I genitori, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore (se nominato) e il pubblico ministero possono partecipare all’ascolto solo se autorizzati dal giudice.

L'art. 337 octies c.c. prevede poi che "Prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 337 ter, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo".

Per quanto riguarda il diritto internazionale, invece, l'art. 12 della Convenzione di New York stabilisce: "1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. 2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale".

Da ultimo, la Convenzione di Strasburgo (art. 6) impone all’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione nei procedimenti relativi a minori, di valutare se dispone di informazioni sufficienti ad fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del fanciullo e, se necessario, ottenere informazioni supplementari.

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I patti in vista del divorzio (brevi cenni).

Con i patti in vista del divorzio, che in realtà possono essere stipulati sia prima o durante il matrimonio o confluire negli accordi di separazione, i coniugi intendono regolamentare l'eventuale fase della crisi del proprio matrimonio, con l'intento, anticipatorio, di statuire relativamente alle conseguenze del futuro divorzio. 

Invero, costante giurisprudenza si è espressa negativamente in tema di validità dei predetti patti, propendendo per la loro nullità principalmente per l'illiceità della causa dell'accordo con il quale i coniugi determinavano ante causa le condizioni del futuro divorzio. Inoltre, condizionando di fatto il diritto di difesa del coniuge nel corso del procedimento divorzile, costituirebbero un fenomeno di negoziazione dello status coniugale, e, in quanto tale, contrario all'ordine pubblico e, parimenti, all'art. 160 c.c. A ciò aggiungasi l'argomento secondo il quale gli accordi in vista del divorzio avrebbero ad oggetto diritti ancora non entrati nella sfera giuridica del loro titolare, e pertanto insuscettibili di disposizione.

Per la giurisprudenza più recente (Cass. Civ. 3 giugno 2014, n. 12346, in D&G, 2014; Cass. Civ. 11 aprile 2014, n. 8580, in D&G, 2014; Cass. Civ. 1° agosto 2013, in Mass. Giust. civ., 2013), infine, ulteriore motivo di nullità degli accordi in vista del divorzio sarebbe l'impossibilità di sottoporli ad un controllo giudiziale di equità.

Nonostante il parere favorevole di autorevole dottrina, nel 2017 la Cassazione (Cass. Civ. 30 gennaio 2017, n. 2224) è nuovamente intervenuta rimarcando l'orientamento consolidato di chiusura nei riguardi nell'ammissibilità di patti in vista del divorzio, rifacendosi alle argomentazioni di cui sopra.

In questo contesto, risultano assai interessanti i disegni di legge volti ad introdurre i patti in vista del divorzio, e tra questi in particolare la proposta di delega al Governo di riforma del Codice civile, che all'art. 1, lett. b), prevede di "consentire la stipulazione tra i nubendi, tra i coniugi, tra le parti di una programmata o attuata unione civile, di accordi intesi a regolare tra loro, nel rispetto delle norme imperative, dei diritti fondamentali della persona umana, dell'ordine pubblico e del buon costume, i rapporti personali e quelli patrimoniali, anche in previsione dell'eventuale crisi del rapporto, nonché a stabilire i criteri per l'indirizzo della vita familiare e l'educazione dei figli".


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Il sequestro nel procedimento di separazione e divorzio e la sua differenza col sequestro conservativo

Per garantire al coniuge beneficiario la corresponsione del mantenimento per sé o per i figli minori da parte dell’altro coniuge, il diritto di famiglia italiano accorda una peculiare tutela che consiste nel sequestro sui beni di quest’ultimo.   

Nel giudizio di separazione, tale strumento è disciplinato dall’art. 156 cc; in quello per divorzio, dall’art. 8 l. 898/1970.

Esso non ha natura cautelare e va tenuto distinto dal sequestro conservativo, disciplinato dagli artt. 671 ss cpc.

Nel dettaglio, i requisiti del sequestro nel rito di famiglia sono:

1) un credito già dichiarato (anche provvisoriamente);

2) l’inadempimento del coniuge obbligato.

Non è invece necessaria la sussistenza di un periculum in mora, il quale è notoriamente indispensabile per la concessione di qualsiasi provvedimento cautelare, tra cui il sequestro conservativo.

Vi sono poi ulteriori differenze tra il sequestro nel rito di famiglia e il sequestro conservativo.

Quest’ultimo, infatti, può essere concesso anche ante causam (ex art. 669 novies cpc.), ossia prima della causa di merito, mentre il sequestro ex art. 156 cc o art. 8 l. div. può essere concesso solamente o all’esito o nel corso dei rispettivi giudizi di separazione o di divorzio, ma non prima.

Ancora, il sequestro conservativo può colpire anche l’intero patrimonio del debitore e si converte in pignoramento al momento dell’ottenimento di un titolo favorevole.        
Il sequestro nel rito di separazione o divorzio, invece, può riguardare soltanto parte dei beni del coniuge obbligato, oltretutto non traducendosi in pignoramento.

Un’interessante pronuncia del Tribunale di Roma sul tema del sequestro divorzile e sul suo rapporto con il sequestro conservativo può essere trovata qui.

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Se l'esercizio della bigenitorialità è reso difficile dal comportamento di uno dei genitori l'altro può ricorrere all'art. 709 ter c.p.c.

il nostro ordinamento si ispira al principio della "bigenitorialità" che riconosce la totale parità dei genitori nella formazione ed crescita dei figli minori, che hanno il diritto di mantenere un rapporto continuativo e stabile sia con la mamma che con il papà, anche in caso di separazione o divorzio.

Tuttavia può accadere che l'esercizio della bigenitorialità sia reso difficile dal comportamento di uno dei genitori che non adempie ai propri obblighi. Così, l'altro genitore può ricorrere all'art. 709 ter c.p.c., strumento introdotto dal Legislatore e teso ad assicurare la realizzazione del diritto alla bigenitorialità.

L'articolo in parola, consente di ricorrere al Tribunale per la risoluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o alle modalità di affidamento dei figli. Una volta introdotto il giudizio con il Ricorso, il Giudice " convoca le parti e adotta i provvedimenti più opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 
1) ammonire il genitore inadempiente; 
2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende".

Tale strumento può essere utilizzato, anche in modo cumulativo, con quello previsto dall’art. 614 bis c.p.c. relativo alle "misure di coercizione indiretta" dell’obbligato, che prevede: "(...) Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza (...)".

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Diritto all'oblio nei motori di ricerca: Linee Guida EDPB n. 5/2019.

Le Linee Guida n. 5/2020 del Comitato Europeo per la protezione dei dati personali ("EDPB"), relative al diritto all'oblio nei motori di ricerca, prevedono che l'Autorità, nel momento della valutazione di una richiesta di deindicizzazione, debba innanzitutto considerare il contenuto del sito per cui è richiesta la deindicizzazione. L'EDPB prevede che, nel caso di richiesta di deindicizzazione per dati personali non più necessari per le finalità del trattamento del motore di ricerca, è necessario bilanciare la tutela dei dati personali dell'interessato con gli interessi degli utenti, considerando il periodo di conservazione dei dati. Durante il bilanciamento dovrà essere esaminata la posizione dell'interessato, ovvero se il contenuto del sito web possa pregiudicare la sua reputazione.

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Il trust: brevi cenni.

Il trust è entrato ormai a pieno titolo nel nostro ordinamento a seguito dell'emanazione della legge 16 ottobre 1989 n. 364 con la quale è stata ratificata la Convenzione de L'Aja del 1 luglio1985 sul riconoscimento dei trust: dal 1 gennaio 1992 anche in Italia è perciò possibile e lecito istituire un trust cd. «interno», ossia un rapporto giuridico i cui elementi soggettivi e oggettivi sono connessi al nostro territorio e al nostro ordinamento sebbene esso sia regolato da una legge straniera che gli attribuisce la qualificazione di trust. Nella lingua inglese trust significa letteralmente «fiducia» ed esprime il concetto di affidamento. Si può dunque definire trust lo strumento programmatico per realizzare la protezione di posizioni giuridiche trasferendole ad un trustee che ne diviene titolare per amministrarle e gestirle secondo le disposizioni dell'atto istitutivo per le finalità e per la durata ivi previste. Nella Convenzione de L'Aja non si trova la definizione dell'istituto, ma ciò che si intende per trust: «i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente - con atto tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse di un beneficiario o per un fine determinato» (1)(1). Le caratteristiche del trust sono le seguenti: a) i beni in trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee b) i beni in trust sono intestati a nome del trustee o di un'altra persona per conto del trustee c) il trustee è investito del potere e onerato dell'obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee. Un trust non è un contratto, ma un programma contenuto in un atto unilaterale: colui che lo istituisce - il disponente - delinea un progetto, stabilisce i tempi e le modalità per il suo realizzo e individua il soggetto - il trustee - che dovrà porlo in essere amministrando, gestendo e disponendo dei beni o dei diritti che al medesimo vengono trasferiti.

Le ragioni che possono giustificare l'istituzione di un trust sono molteplici e riconducibili ad ambiti assai vari: la motivazione più frequente riguarda le questioni familiari connesse al passaggio generazionale o alla crisi dell'unione coniugale, ma altre motivazioni possono derivare dalla gestione di partecipazioni societarie, alla necessità di proporre forme di garanzia per transazioni commerciali o finanziarie, alla tutela di patrimoni.

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L’affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi.

Quasi una famiglia su due, in Italia, vive con un animale domestico in casa e che, sempre più frequentemente diventa oggetto del contendere in un quadro normativo attualmente carente. nel nostro ordinamento, in conseguenza dell’entrata in vigore della L. 201/2010, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987- il sentimento per gli animali rinviene protezione costituzionale e riconoscimento europeo tanto da costituire un vero e proprio diritto soggettivo dell’animale.

Pertanto, posto e chiarito che l’animale non è un oggetto, è legittima facoltà dei coniugi, in caso di separazione, o dei conviventi in caso di cessazione della convivenza more uxorio, quella di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione.

Invero, le clausole della separazione che assicurano alle parti la frequentazione con l’animale, con le correlate responsabilità, rivestono un particolare interesse per i coniugi: le condizioni relative alla suddivisione delle spese di mantenimento e di cura rivestono un indubbio contenuto economico, così ha confermato il Tribunale di Como, 3 dicembre 2016.

Tuttavia, il Giudice della separazione non è tenuto ad occuparsi dell’assegnazione/affidamento degli animali all’uno o all’altro dei coniugi né dalla loro relazione con gli stessi.

in questo quadro normativo carente, vi è una recente decisione la quale ha così statuito “in assenza di accordo tra le parti, alla luce della necessaria protezione del sentimento di affezione per un animale, quale valore meritevole di tutela e tenuto conto altresì della necessità di assicurare il benessere e il miglior sviluppo della sua identità, ha assegnato un cane in via esclusiva al coniuge maggiormente in grado di far fronte a tali esigenze, chiarendo che, solo in assenza di ragioni particolari che orientino in senso diverso, può essere disposta l’assegnazione condivisa, con collocazione alternata presso ciascuno dei coniugi (Trib. Sciacca, 19 febbraio 2019).

Alla luce di quanto sin qui esposto, in riferimento alle spese di mantenimento dell’animale, quali le cure veterinarie, cibo e quanto altro eventualmente necessario al suo benessere, in caso di affido condiviso, salvo diversi accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei detentori vi deve provvedere in misura proporzionale al proprio reddito, restando in caso di affido esclusivo, a carico del detentore affidatario.

In conclusione, in assenza nel nostro ordinamento nella disciplina di separazione dei coniugi, di una norma sull’affidamento dell’animale familiare vi è la proposta di riforma recata dal disegno di legge n.76, che ha ipotizzato l’introduzione, nel codice civile, dell’art. 445-ter, rubricato “affido degli animali familiari in caso di separazione”, il quale potrebbe prevedere che in caso di separazione dei coniugi, il tribunale, in mancanza di accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole, e se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantire il maggior benessere. 

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Progetto Conscious, verso la diminuzione del reato di violenza.

Il Progetto Conscious rappresenta un progetto innovativo finalizzato alla realizzazione di un modello inter-sistemico volto ad evitare che un reato di violenza venga commesso o venga compiuto nuovamente, quindi rappresenta un progetto di prevenzione della violenza di genere.

Introduce in ambito intra ed extra carcerario un modello di trattamento dedicato ai perpetratos (autori del reato di violenza di genere) e costituisce una rete intersistemica di cooperazione avente come finalità la riduzione della recidiva.

I dati dell’Unione Europea dimostrano che una donna su tre ha subito violenza, spesso ciò avviene in età adolescensiale.

Tale Progetto prevede il coinvolgimento delle seguenti figure professionali:

·         gli operatori sanitari;

·         la magistratura di sorveglianza;

·         gli operatori penitenziari e gli operatori UEPE;

·         i direttori degli istituti carcerari;

·         gli avvocati coinvolti nella difesa degli autori di violenza;

·         i volontari chiamati ad intervenire per il recupero sociale del perpetrator.

I fondamenti di questo progetto sono i seguenti:

-        prevenire la violenza di genere;

-        curare e riabilitare i colpevoli di violenze;

-        stabilire dei piani di coordinamento nazionali per il contrasto della violenza sui bambini;

-        coordinare o adattare dei servizi di supporto per le vittime di violenza di genere o sessuale con lo scopo di favorire la riabilitazione dei colpevoli di violenze;

-        protezione e supporto per le vittime di violenza.

Il Progetto Conscious è un progetto europeo, cofinanziato dal Rights, Equality and Citizenship Programme of the European Union (2014- 2020) approvato dalla Commissione Europea; ed è tra i pochi progetti ammessi a finanziamento.

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Le unioni civili e la scelta del cognome.

Le unioni civili sono quelle unioni fondate su vincoli affettivi ed economici, alle quali l'ordinamento riconosce uno status giuridico per molti versi analogo a quello attribuito al matrimonio. Hanno fatto l'ingresso ufficiale all'interno dell'ordinamento giuridico italiano con l'emanazione della legge numero 76 del 20 maggio 2016 (cd. legge Cirinnà).

La predetta Legge permette a due persone - maggiorenni - di stipulare delle unioni civili con la quali le parti acquistano gli stessi diritti e  assumono  i  medesimi doveri, analogamente a quanto avviene nel matrimonio. Dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco  all'assistenza morale e materiale  e  alla  coabitazione.  Entrambe  le  parti  sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze  e  alla  propria capacita' di lavoro  professionale  e  casalingo,  a  contribuire  ai bisogni comuni. 

Le parti concordano tra loro anche l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune. Il regime patrimoniale dell'unione  civile  tra  persone  dello stesso sesso  è costituito poi, in mancanza di  diversa  convenzione patrimoniale,dalla comunione dei beni.

Infine, quanto al cognome, al momento della costituzione dell'unione civile le Parti possono - mediante dichiarazione all'ufficiale di stato civile  - stabilire di assumere, per la durata dell'unione  civile  tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o  posporre  al  cognome  comune  il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all'ufficiale di stato civile.


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Sospensione dei termini per la presentazione della dichiarazione di successione.

Con la circolare n. 8/E del 3 aprile 2020, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che la sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi di cui all'art. 62, co. 1, D.L. n. 18/2020, convertito con modifiche dalla L. n. 27/2020, trova applicazione anche con riferimento alla presentazione della dichiarazione di successione.

Pertanto, qualora il termine di presentazione della stessa fosse scaduto nel periodo compreso tra l'8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020, la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata entro il 30 giugno 2020. L'Agenzia delle Entrate ha inoltre precisato che il contribuente che si è avvalso della sospensione non ha dovuto - nel periodo di sospensione - versare le imposte ipotecarie, catastali e gli altri contributi indiretti. Di contro, se il contribuente non si è avvalso della sospensione e ha quindi presentato la dichiarazione di successione, unitamente ad essa ha dovuto altresì versare anche le anzidette imposte. 

(Agenzia delle Entrate, circ. 3 aprile 2020, n. 8/E)

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Abbandono di genitori anziani da parte dei figli: la figura dell'amministratore di sostegno provvisorio.

In caso di abbandono di genitori anziani da parte dei figli, il giudice può nominare un amministratore di sostegno provvisorio. L'amministratore di sostegno è una figura istituita per tutelare quelle persone che, a causa di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. In questi casi o nel caso in cui vi sia un abbandono di genitori anziani, o di persone che, seppur giovani, sono incapaci di intendere e volere, o sono semplicemente incapaci di tutelare i loro stessi interessi, lo strumento offerto dall'ordinamento italiano per la loro tutela è quello riportato agli artt. 404 e ss. cc 

L'art. 404 cc testualmente recita: "La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio".

il nostro codice civile, all'art. 438 e ss., prevede che: "Chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento", può chiedere ed ottenere gli alimenti da diverse persone, tra cui espressamente i figli, questo ovviamente nel caso in cui le persone bisognose siano i genitori (art. 433, n. 2, cc). Nel caso in cui i  figli, però, si rifiutano di pagare per i genitori indigenti, interviene l'amministratore di sostegno che deve compiere tutti gli atti dovuti nell'interesse dei tutelandi. In casi di estrema gravità ed urgenza tuttavia il Giudice Tutelare ha il potere di nominare anche un amministratore di sostegno provvisorio, che possa svolgere i compiti e le funzioni per la tutela delle persone bisognose.

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Il minore adolescente figlio di genitori separati ha diritto a scegliere presso quale genitore può essere collocato?

Il figlio minore di una coppia separata, divorziata o in corso di separazione o divorzio non può unilateralmente decidere di disattendere la collocazione disposta  dal giudice o concordata tra le parti, stabilendo autonomamente con quale genitore “andare a vivere”.

Va però ricordato che il benessere del minore rappresenta l’interesse supremo di ogni provvedimento in materia di famiglia; pertanto il ragazzo, qualora abbia più di 12 anni, ha diritto ad essere ascoltato in giudizio secondo quanto previsto dagli artt. 336 bis e 337 octies c.c.         
Il Giudice dovrà inoltre tenere conto dei desideri espressi dal minore anche in materia di collocazione, pur potendo disattenderne la volontà quando ritenga che non sia confacente al suo benessere quale interesse primario. In tal caso, dovrà adeguatamente motivare la sua decisione.

Sul punto, si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità. Si veda ad esempio Cass. n. 773/2012: “deve rimarcarsi che, attesa la primazia -dell'interesse morale e materiale della prole stessa, la norma contenuta nell'art. 155 sexies, primo comma, nella parte in cui prevede l'audizione del minore da parte del giudice, non solo consente di realizzare la presen­za nel giudizio dei figli in quanto parti sostanziali del procedimento (Cass., Sez. in., 21 ottobre 2009, n. 22238), ma impone certamente che degli e­siti di tale ascolto si tenga conto. Naturalmente le valutazioni del giudice, in quanto doverosamente orientate a realizzare l'interesse de minore, che può non coincidere con le opinioni dallo stesso ma­nifestate, potranno in  tal caso essere difformi: si impone, tuttavia, un onere di motivazione la cui entità deve ritenersi direttamente proporzionale al grado di discernimento attribuito al figlio.”           

L’età dei 12 anni, va specificato, rappresenta un vero e proprio discrimine nella legislazione italiana. Infatti, per il minore dodicenne e ultradodicenne vige una “presunzione di discernimento” che lo legittima a priori a essere ascoltato dal Giudice, mentre è necessaria una valutazione preventiva per ammettere l’ascolto di un bambino più piccolo.

L’Ordinanza di Cassazione  n. 32309 del 13-12-2018 offre un’efficace e dettagliata analisi della questione.

“Va osservato che l'art. 336 bis (introdotto dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, art. 53, in vigore dal 7/12/2014) sancisce il generale obbligo dell'ascolto del minore. Al riguardo, l'opinione del minore, nei procedimenti che lo riguardano, costituisce un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse anche alla luce dell'art. 12 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, dell'art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 1996 relativa all'esercizio dei diritti dei minori, ratificata con L. n. 77 del 2003; dell'art. 24, p. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Al riguardo, dall'esame delle norme che stabiliscono l'audizione del minore "nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano" (così testualmente recita l'art. 336 bis c.c.) emerge una diversa modulazione dell'obbligo di ascolto del minore dodicenne rispetto a quello di età inferiore. Per la prima ipotesi, la presunzione della capacità di discernimento, fissata in via legislativa, impone al giudice di primo grado di prevedere, anche officiosamente, (Cass. 19202 del 2014) una scansione procedimentale dedicata all'ascolto stesso, (Cass., n. 1687/13; n. 6129 del 2015) da svolgersi secondo le modalità stabilite dell'art. 336 bis, commi 2 e 3, all'interno delle quali spiccano l'obbligatorietà della conduzione da parte del giudice e la preventiva informazione del minore sulla natura del procedimento e sugli effetti dell'ascolto, salvo che motivatamente non si ritenga l'ascolto superfluo o contrario all'interesse del minore. La mancanza di un'esplicita motivazione al riguardo determina la nullità del procedimento di primo grado per omessa ingiustificata audizione dello stesso minore (…) Orbene, solo con il compimento del dodicesimo anno d'età sorge l'obbligo del giudice di ascoltare il minore e della motivazione espressa della scelta contraria, anche senza un'istanza di parte, a differenza che nell'ipotesi di minore infradodicenne in cui il giudice dispone di un potere discrezionale d'ascolto, salvo che egli debba disporne l'ascolto o motivarne l'omissione se vi sia un'istanza di parte che indichi gli argomenti e i temi di approfondimento sui quali si ritenga necessario l'ascolto (art. 336 c.c., comma 2). Ne discende l'infondatezza dell'eccezione sollevata dalla difesa della controricorrente circa la mancata formulazione di un'istanza di ascolto della minore. Per quanto esposto, l'omesso ascolto della minore, trattandosi di procedimento avente ad oggetto il disconoscimento della paternità della minore, ha determinato la sanzione della nullità processuale (Cass., n. 19327/15; n. 5676/17).”

Va poi ricordato che gli artt. 337bis e seguenti cc si applicano nel caso di questioni inerenti l’esercizio della responsabilità in casi di separazione, scioglimento del matrimonio, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità o all’esito dei giudizi sui figli nati al di fuori del matrimonio, secondo quanto disposto proprio dall’art. 337quinquies cc.

L’art. 337quinquies c.c., in particolare, prevede che: “I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.”

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Legge sul divorzio (testo aggiornato al 2018).

Legge 1 dicembre 1970, n. 898
"Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio"
Pubblicata nella Gazz. Uff. 3 dicembre 1970, n. 306.

Articolo 1.
1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3.

Articolo 2.
1. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.

Articolo 3.
1. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi:
1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:
a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;
b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;
c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;
d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio.
Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.
Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente articolo la domanda non è proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale è ripresa;
2) nei casi in cui:
a) l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;
b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.
In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta.(1)
c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;
d) il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;
e) l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;
f) il matrimonio non è stato consumato;
g) è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164.
(1) Lettera così modificata, da ultimo, ad opera dell’ art. 1, comma 1, Legge 6 maggio 2015, n. 55.
 
Art. 4.
La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, (1) del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge.
2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.
3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l'annotazione in calce all'atto.
4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi.(2)
5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.
6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.
7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l'assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All'udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.
8.  Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.(3)
9. Tra la data dell'ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell'udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.
10. Con l'ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all'articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. L'ordinanza deve contenere l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.
11. All'udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l'articolo 184 del medesimo codice.
12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all'articolo 10.
13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l'obbligo della somministrazione dell'assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda.
14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.
15. L'appello è deciso in camera di consiglio.
16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8.
(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio 2008, n. 169, ha dichiarato l'incostituzionalità del presente comma, limitatamente alle parole: "del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza," in quanto "L'individuazione di tale criterio di competenza è manifestamente irragionevole, non sussistendo alcuna valida giustificazione della adozione dello stesso, ove si consideri che, in tema di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata, quanto meno dal momento in cui i coniugi, in occasione della domanda di separazione – giudiziale o consensuale – sono stati autorizzati a vivere separatamente, con la conseguenza che, tenute presenti le condizioni per proporre la successiva domanda di divorzio, non è ravvisabile alcun collegamento fra i coniugi e il tribunale individuato dalla norma."
(2) Comma così sostituito dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
______________
Cfr. Tribunale, Modena, sez. II civile, sentenza 28 dicembre 2017 n° 2259. 

Articolo 5.
1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.
2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.
3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.
5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.
6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.
8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.
9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.
10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.
____________
Giurisprudenza

Assegno divorzile può esser ridotto se ex moglie ottiene il posto fisso, Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 31 marzo 2020, n. 7230
Assegno divorzile ridotto se l'ex non cerca lavoro, Cassazione civile, sez. I, ordinanza 13 febbraio 2020, n. 3661
Assegno divorzile a moglie che lascia paese per dedicarsi alla famiglia, Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 16 gennaio 2020, n. 765 
Assegno divorzile ridotto in appello, rilevanti malattia e costo della vita, Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 9 gennaio 2020, n. 174 
Assegno divorzile all’ex moglie anche se rifiuta offerte di lavoro, Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 25 novembre 2019, n. 30638 
Assegno divorzile non spetta alla ex moglie che abbandona il lavoro, Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 18 ottobre 2019, n. 26594
Assegno divorzile: squilibrio economico non è elemento decisivo, Cassazione civile, sez. I, ordinanza del 7 ottobre 2019, n. 24934
Cassazione civile, SS.UU., sentenza 24 settembre 2018 n° 22434, Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11 luglio 2018 n° 18287, Corte dei Conti, Umbria, sezione giurisdizionale, sentenza 21 febbraio 2018 n° 5, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 20 febbraio 2018 n° 4092, Cassazione Civile, sez. VI-1, ordinanza 27 ottobre 2017 n° 25697, Corte d'Appello, Milano, sez. V civile, sentenza 16 novembre 2017 n° 4793, Tribunale, Milano, sez. IX civile, ordinanza 22 maggio 2017, Cassazione Civile, sez. I, ordinanza 10 maggio 2017 n° 11453, Cassazione civile, sentenza 10 maggio 2017, n. 11504. 

Articolo 6.
1. L'obbligo, ai sensi degli articoli 315-bis e 316-bis del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.(1)
2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile.(2)
[3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.] (3)
[4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.] (3)
[5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento.] (3)
6. L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L'assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile.
7. Il Tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della responsabilità genitoriale sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.(1)
[8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all'affidamento familiare di cui all'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184.] (3)
[9. Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l'audizione dei figli minori.] (3)
[10. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.] (3)
[11. Nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria.] (3)
[12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.] (3)
(1) Comma così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così sostituito dall’art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma abrogato dall’art. 98, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
 
Articolo 7.
1. Il secondo comma dell'art. 252 del codice civile è così modificato:
«I figli adulterini possono essere riconosciuti anche dal genitore che, al tempo del concepimento, era unito in matrimonio, qualora il matrimonio sia sciolto per effetto della morte dell'altro coniuge ovvero per pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso».

Articolo 8.
1. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6.
2. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile.
3. Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l'invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente.
4. Ove il terzo cui sia stato notificato il provvedimento non adempia, il coniuge creditore ha azione diretta esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovutegli quale assegno di mantenimento ai sensi degli articoli 5 e 6.
5. Qualora il credito del coniuge obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia stato già pignorato al momento della notificazione, all'assegnazione e alla ripartizione delle somme fra il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, il creditore procedente e i creditori intervenuti nell'esecuzione, provvede il giudice dell'esecuzione.
6. Lo Stato e gli altri enti indicati nell'art. 1 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nonché gli altri enti datori di lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno e l'invito a pagare direttamente al coniuge cui spetta la corresponsione periodica, non possono versare a quest'ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori.
7. Per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare l'assegno. Le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno di cui al precedente comma sono soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell'assegno periodico di cui agli articoli 5 e 6.

Articolo 9.
1. Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.
2. In caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.
3. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze.
4. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità.
5. Alle domande giudiziali dirette al conseguimento della pensione di reversibilità o di parte di essa deve essere allegato un atto notorio, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dal quale risultino tutti gli aventi diritto. In ogni caso, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica la tutela, nei confronti dei beneficiari, degli aventi diritto pretermessi, salva comunque l'applicabilità delle sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci.
______________
Giurisprudenza

Pensione di reversibilità, come si ripartisce tra ex coniuge e coniuge superstite?, Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 28 aprile 2020, n. 8263
Assegno divorzile, mutamento giurisprudenziale non basta per non modificarlo, Cassazione civile, sez. I, sentenza 20 gennaio 2020, n. 1119. 
Reversibilità alla prima moglie anche se sentenza è provvisoria, Cassazione civile, sez. I, sentenza 26 settembre 2019, n. 24041.
Assegno di mantenimento in caso di nuova collocazione del figlio, Cassazione civile, sez. III, 2 luglio 2019, n. 17689.
Cassazione civile, SS.UU., sentenza 24 settembre 2018 n° 22434. 

Articolo 9-bis.
1. A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell'art. 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo conto dell'importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. L'assegno non spetta se gli obblighi patrimoniali previsti dall'art. 5 sono stati soddisfatti in unica soluzione.
2. Su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno può avvenire in unica soluzione. Il diritto all'assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno. Qualora risorga lo stato di bisogno l'assegno può essere nuovamente attribuito.

Articolo 10.
1. La sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando sia passata in giudicato, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere del tribunale o della Corte che l'ha emessa, all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238.
2. Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciati nei casi rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, hanno efficacia, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.

Articolo 11. (1)
...omissis...
(1) Articolo soppresso dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74.

Articolo 12.(1)
1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
(1) Articolo così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Articolo 12-bis.
1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.
2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Articolo 12-ter.
1. In caso di genitori rispetto ai quali sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la pensione di reversibilità spettante ad essi per la morte di un figlio deceduto per fatti di servizio è attribuita automaticamente dall'ente erogante in parti eguali a ciascun genitore.
2. Alla morte di uno dei genitori, la quota parte di pensione si consolida automaticamente in favore dell'altro.
3. Analogamente si provvede, in presenza della predetta sentenza, per la pensione di reversibilità spettante al genitore del dante causa secondo le disposizioni di cui agli articoli 83 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.

Articolo 12-quater.
1. Per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla presente legge è competente anche il giudice del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio.

Articolo 12-quinquies.
1. Allo straniero, coniuge di cittadina italiana, la legge nazionale del quale non disciplina lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge.

Articolo. 12-sexies.
[1. Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale.] (1)
(1) Articolo abrogato dall’art. 7, comma 1, lett. b), D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21. A norma di quanto disposto dall’art. 8, comma 1, D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, dal 6 aprile 2018 i richiami alle disposizioni del presente articolo, ovunque presenti, si intendono riferiti all’art. 570-bis del codice penale.
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Cfr. Tribunale, Roma, sentenza 12 settembre 2018 n° 17144, Cassazione penale, sez. VI, sentenza 14 novembre 2017 n° 51913. 

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Contratto di appalto (in pillole).

A norma dell'art. 1655 c.c., "l'appalto è il contratto con il quale una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro". La disciplina del contratto di appalto, invece, è stabilita dagli articoli seguenti.

Le parti del contratto di appalto sono dunque: -) appaltatore; -) committente. Di seguito analizziamo, schematicamente, le posizioni di entrambi.

Appaltatore:
-) se la convenzione o gli usi non stabiliscono nulla di diverso, deve fornire la materia necessaria a compiere l'opera (art. 1658 c.c.);
-) non può apportare variazioni alle modalità convenute dell'opera se il committente non le ha autorizzate. L'autorizzazione si deve provare per iscritto (art. 1659 c.c.);
-) è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita (art. 1663 c.c.);
-) se si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata è responsabile per la rovina o per il pericolo di rovina dello stesso per 10 anni dal compimento dell'opera (art. 1669 c.c.);
-) è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore (art. 1667 c.c.);
-) può anche subappaltare il lavoro, solo se è stato autorizzato dal committente, ma è sempre direttamente responsabile nei suoi confronti. Può però agire in via di regresso nei confronti dei subappaltatori se gli ha comunicato la denunzia del committente entro 60 gg. dal ricevimento.

Committente:
-) solo lui può autorizzare variazioni dell'opera. Se le variazioni sono necessarie per compiere l'opera a regola d'arte e superano 1\6 del prezzo convenuto questo dovrà essere modificato anche con l'intervento del giudice in caso di disaccordo (artt. 1659-1660 c.c.) 
-) ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato (art. 1662 c.c.) 
-) prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l'opera compiuta (art. 1665 c.c.) 
-) deve, a pena di decadenza, denunziare allo appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta (art. 1667 c.c.) 
-) in caso di vizi o difformità dell'opera può chiedere che siano eliminati o, nei casi più gravi, la risoluzione del contratto (art. 1668 c.c.)
-) entro un anno deve denunziare all'appaltatore i vizi relativi alla possibile rovina di edifici (art. 1669 c.c.)
-) può recedere dal contratto anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno;
-) può autorizzare il subappalto (art. 1656 c.c.).




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Regolamento UE N. 1259/2010 20.12.2010 Relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale


                                                            IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 81, paragrafo 3,
vista la decisione 2010/405/UE del Consiglio, del 12 luglio 2010, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale ( 1 ),
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Parlamento europeo,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1) L’Unione si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone. Al fine di una progressiva istituzione di tale spazio, l’Unione deve adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato interno.
(2) A norma dell’articolo 81 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tali misure includono quelle intese ad assicurare la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi.
(3) Il 14 marzo 2005 la Commissione ha adottato un libro verde sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio. Il libro verde ha dato il via a un’ampia consultazione pubblica sulle soluzioni possibili ai problemi che può porre la situazione attuale.
(4) Il 17 luglio 2006 la Commissione ha proposto un regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio ( 2 ) limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale.
(5) Il 5 e 6 giugno 2008 il Consiglio, riunito a Lussemburgo, prendeva atto della mancanza di unanimità su tale proposta e dell’esistenza di difficoltà insormontabili che rendevano impossibile l’unanimità allora e in un prossimo futuro, e constatava che gli obiettivi della proposta non potevano essere conseguiti, entro un termine ragionevole, applicando le pertinenti disposizioni dei trattati.
(6) Il Belgio, la Bulgaria, la Germania, la Grecia, la Spagna, la Francia, l’Italia, la Lettonia. il Lussemburgo, l’Ungheria, Malta, l’Austria, il Portogallo, la Romania e la Slovenia hanno successivamente trasmesso una richiesta alla Commissione manifestando l’intenzione di instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile in materia matrimoniale. Il 3 marzo 2010 la Grecia ha ritirato la propria richiesta.
(7) Il 12 luglio 2010 il Consiglio ha adottato la decisione 2010/405/UE, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale.
(8) Ai sensi dell’articolo 328, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al momento della loro instaurazione le cooperazioni rafforzate sono aperte a tutti gli Stati membri, fatto salvo il rispetto delle eventuali condizioni di partecipazione stabilite dalla decisione di autorizzazione. La partecipazione alle cooperazioni rafforzate resta inoltre possibile in qualsiasi altro momento, fatto salvo il rispetto, oltre che delle condizioni summenzionate, degli atti già adottati in tale ambito. La Commissione e gli Stati membri che partecipano a una cooperazione rafforzata si adoperano per promuovere la partecipazione del maggior numero possibile di Stati membri. Il presente regolamento dovrebbe essere obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile soltanto negli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati.
(9) Il presente regolamento dovrebbe istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale negli Stati membri partecipanti e garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità, e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi.IT L 343/10 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 29.12.2010
( 1 ) GU L 189 del 22.7.2010, pag. 12.
( 2 ) Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1).
(10) Il presente regolamento, sia nell’ambito di applicazione sostanziale sia nelle disposizioni, dovrebbe essere coerente con il regolamento (CE) n. 2201/2003. Non dovrebbe tuttavia applicarsi all’annullamento del matrimonio.
Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento o all’allentamento del vincolo matrimoniale. La legge determinata dalle norme di conflitto del presente regolamento dovrebbe applicarsi alle cause del divorzio e della separazione personale.
Questioni preliminari quali la capacità giuridica e la validità del matrimonio e materie quali gli effetti del divorzio o della separazione personale sui rapporti patrimoniali, il nome, la responsabilità genitoriale, le obbligazioni alimentari o altri eventuali provvedimenti accessori dovrebbero essere regolate dalle norme di conflitto applicabili nello Stato membro partecipante interessato.
(11) Al fine di definire con precisione l’ambito di applicazione territoriale del presente regolamento, è opportuno specificare gli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata.
(12) Il presente regolamento dovrebbe presentare un carattere universale, vale a dire che le norme uniformi in materia di conflitto di leggi dovrebbero poter designare la legge di uno Stato membro partecipante, la legge di uno Stato membro non partecipante o la legge di uno Stato non membro dell’Unione europea.
(13) Il presente regolamento dovrebbe essere applicato a prescindere dalla natura dell’autorità giurisdizionale adita. Se del caso, un’autorità giurisdizionale dovrebbe essere considerata adita ai sensi del regolamento (CE) n. 2201/2003.
(14) Affinché i coniugi possano scegliere una legge applicabile con cui hanno legami stretti o, in mancanza di scelta, affinché al loro divorzio o separazione personale si applichi una siffatta legge, è opportuno che questa si applichi anche se non è la legge di uno Stato membro partecipante. Qualora sia designata la legge di un altro Stato membro, la rete istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale ( 1 ), potrebbe intervenire per fornire assistenza alle autorità giurisdizionali sul contenuto della legge straniera.
(15) Per aumentare la mobilità dei cittadini è necessario rafforzare la flessibilità e garantire una maggiore certezza del diritto. A tal fine, il presente regolamento dovrebbe potenziare l’autonomia delle parti in materia di divorzio e separazione personale riconoscendo una limitata possibilità di scelta in ordine alla legge applicabile al divorzio o alla separazione personale.
(16) I coniugi dovrebbero poter scegliere, quale legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, la legge di un paese con cui hanno un legame particolare o la legge del foro. La legge scelta dai coniugi deve essere conforme ai diritti fondamentali riconosciuti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(17) Prima di designare la legge applicabile occorre che i coniugi abbiano accesso ad informazioni aggiornate relative agli aspetti essenziali della legge nazionale e dell’Unione e delle procedure in materia di divorzio e di separazione personale. Per garantire l’accesso ad appropriate informazioni di qualità, la Commissione le aggiorna regolarmente nel sistema di informazione destinato al pubblico che si avvale di Internet, istituito con decisione 2001/470/CE.
(18) La scelta informata di entrambi i coniugi è un principio essenziale del presente regolamento. Ciascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le conseguenze giuridiche e sociali della scelta della legge applicabile. La possibilità di scegliere di comune accordo la legge applicabile dovrebbe far salvi i diritti e le pari opportunità per i due coniugi. A tal fine i giudici negli Stati membri partecipanti dovrebbero essere consapevoli dell’importanza di una scelta informata per entrambi i coniugi riguardo alle conseguenze giuridiche dell’accordo raggiunto.
(19) Occorre definire norme sulla validità sostanziale e formale, in modo che la scelta informata dei coniugi sia facilitata e che il loro consenso sia rispettato nell’obiettivo di garantire la certezza del diritto ed un migliore accesso alla giustizia. Per quanto riguarda la validità formale, dovrebbero essere introdotte talune garanzie per assicurare che i coniugi siano consapevoli delle conseguenze della loro scelta. Come minimo l’accordo sulla scelta della legge applicabile dovrebbe essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambe le parti. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati. Tali requisiti possono ad esempio esistere in uno Stato membro partecipante in cui l’accordo è inserito nel contratto di matrimonio. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi che prevedono requisiti di forma differenti, è sufficiente che siano soddisfatti i requisiti di forma di uno dei due Stati. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei due coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante che prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati.
(20) L’accordo che designa la legge applicabile dovrebbe poter essere concluso e modificato al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale e anche nel corso del procedimento se la legge del foro lo prevede. In tal caso, dovrebbe essere sufficiente che l’autorità giurisdizionale metta agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.IT 29.12.2010 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 343/11
( 1 ) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25.
(21) In mancanza di scelta della legge applicabile, il presente regolamento dovrebbe introdurre norme di conflitto armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento successivi fondati sull’esistenza di un legame stretto tra i coniugi e la legge in questione, al fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilità e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi. È altresì opportuno che la scelta dei criteri di collegamento sia tale da assicurare che i procedimenti di divorzio o separazione personale siano disciplinati da una legge con cui i coniugi hanno un legame stretto.
(22) Laddove, ai fini dell’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alla cittadinanza quale fattore di collegamento, la problematica dei casi di cittadinanza plurima dovrebbe essere disciplinata dalla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dei principi generali dell’Unione europea.
(23) Nell’ipotesi di un procedimento volto a convertire una separazione personale in divorzio e in mancanza di scelta della legge applicabile ad opera delle parti, la legge applicata alla separazione personale dovrebbe applicarsi anche al divorzio. Tale continuità favorirebbe la prevedibilità per le parti e rafforzerebbe la certezza del diritto. Se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, il divorzio dovrebbe essere disciplinato dalle norme di conflitto che si applicano in mancanza di scelta ad opera delle parti. Ciò non dovrebbe ostare a che i coniugi chiedano il divorzio in forza di altre norme del presente regolamento.
(24) In certe situazioni, quali quelle in cui la legge applicabile non prevede il divorzio o non concede a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, dovrebbe tuttavia applicarsi la legge dell’autorità giurisdizionale adita. Ciò dovrebbe tuttavia far salva la clausola relativa all’ordine pubblico.
(25) Considerazioni di interesse pubblico dovrebbero dare alle autorità giurisdizionali degli Stati membri la possibilità, in circostanze eccezionali, di disapplicare una disposizione della legge straniera qualora in una data fattispecie sia manifestamente contraria all’ordine pubblico del foro. Tuttavia, le autorità giurisdizionali non dovrebbero poter applicare l’eccezione di ordine pubblico allo scopo di non tenere conto di una disposizione della legge di un altro Stato qualora ciò sia contrario alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare all’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione.
(26) Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro partecipante in cui è adita l’autorità giurisdizionale non prevede il divorzio, ciò dovrebbe essere interpretato nel senso che la legge di tale Stato membro non contempla l’istituto del divorzio. In tal caso, l’autorità giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio in virtù del presente regolamento.
Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro partecipante in cui è adita l’autorità giurisdizionale non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio, ciò dovrebbe essere interpretato, inter alia, nel senso che tale matrimonio non esiste secondo la legge di tale Stato membro. In tal caso, l’autorità giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio o di separazione personale in virtù del presente regolamento.
(27) Poiché in alcuni Stati e Stati membri partecipanti coesistono due o più sistemi giuridici o complessi di norme per materie disciplinate dal presente regolamento, è opportuno prevedere in quale misura il presente regolamento si applica nelle differenti unità territoriali di tali Stati e Stati membri partecipanti o a categorie diverse di persone di tali Stati e Stati membri partecipanti.
(28) In mancanza di norme che designino la legge applicabile, le parti che scelgono la legge dello Stato di cui una di esse ha la cittadinanza dovrebbero al tempo stesso indicare di quale unità territoriale hanno convenuto di applicare la legge nel caso in cui lo Stato di cui è scelta la legge comprenda diverse unità territoriali, ciascuna delle quali ha il proprio sistema giuridico o un complesso di norme in materia di divorzio.
(29) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, ossia aumentare la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità nei procedimenti matrimoniali internazionali e quindi agevolare la libera circolazione delle persone nell’Unione europea, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire, se del caso mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(30) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente l’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. Le autorità giurisdizionali degli Stati membri partecipanti dovrebbero applicare il presente regolamento nel rispetto di tali diritti e principi,IT L 343/12 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 29.12.2010
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
AMBITO DI APPLICAZIONE, RELAZIONE CON IL REGOLAMENTO (CE) N. 2201/2003, DEFINIZIONI E CARATTERE UNIVERSALE
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, al divorzio e alla separazione personale.
2. Il presente regolamento non si applica alle seguenti materie, anche se si presentano semplicemente come questioni preliminari nell’ambito di un procedimento di divorzio o separazione personale:
a) la capacità giuridica delle persone fisiche;
b) l’esistenza, la validità e il riconoscimento di un matrimonio;
c) l’annullamento di un matrimonio;
d) il nome dei coniugi;
e) gli effetti patrimoniali del matrimonio;
f) la responsabilità genitoriale;
g) le obbligazioni alimentari;
h) i trust o le successioni.
Articolo 2
Relazione con il regolamento (CE) n. 2201/2003
Il presente regolamento fa salva l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003.
Articolo 3
Definizione
Ai fini del presente regolamento valgono le definizioni seguenti:
1) «Stato membro partecipante»: uno Stato membro che partecipa alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale in virtù della decisione 2010/405/UE o in virtù di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
2) «autorità giurisdizionale»: tutte le autorità degli Stati membri partecipanti competenti per le materie rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento.
Articolo 4
Carattere universale
La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro partecipante.
CAPO II
NORME UNIFORMI SULLA LEGGE APPLICABILE AL DIVORZIO E ALLA SEPARAZIONE PERSONALE
Articolo 5
Scelta della legge applicabile dalle parti
1. I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi:
a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; o
b) la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo; o
c) la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo; o
d) la legge del foro.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile può essere concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
3. Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale. In tal caso, quest’ultima mette agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.
Articolo 6
Consenso e validità sostanziale
1. L’esistenza e la validità di un accordo sulla scelta della legge o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù del presente regolamento se l’accordo o la disposizione fossero validi.IT 29.12.2010 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 343/13
2. Tuttavia, un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del suo comportamento secondo la legge prevista nel paragrafo 1.
Articolo 7
Validità formale
1. L’accordo di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, è redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi i coniugi. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che permetta una registrazione durevole dell’accordo.
2. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari per tali accordi, si applicano tali requisiti.
3. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma differenti, l’accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati.
4. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante e se tale Stato prevede requisiti di forma supplementari per questo tipo di accordo, si applicano tali requisiti.
Articolo 8
Legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti
In mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:
a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;
b) dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
d) in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
Articolo 9
Conversione della separazione personale in divorzio
1. In caso di conversione della separazione personale in divorzio, la legge applicata alla separazione personale si applica anche al divorzio, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5.
2. Tuttavia, se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, si applica l’articolo 8, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5.
Articolo 10
Applicazione della legge del foro
Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro.
Articolo 11
Esclusione del rinvio
Quando prescrive l’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alle norme giuridiche in vigore in quello Stato, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato.
Articolo 12
Ordine pubblico
L’applicazione di una norma della legge designata in virtù del presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro.
Articolo 13
Divergenze fra le legislazioni nazionali
Nessuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorità giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di divorzio in virtù dell’applicazione del regolamento stesso.
Articolo 14
Stati con due o più sistemi giuridici — conflitti territoriali di leggi
Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con il proprio sistema giuridico o complesso di norme per materie disciplinate dal presente regolamento: IT L 343/14 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 29.12.2010
a) ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso, ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento, come riferimento alla legge in vigore nell’unità territoriale pertinente;
b) ogni riferimento alla residenza abituale in quello Stato è inteso come riferimento alla residenza abituale in un’unità territoriale;
c) ogni riferimento alla cittadinanza è inteso come riferimento all’appartenenza all’unità territoriale designata dalla legge di detto Stato o, in mancanza di norme pertinenti, all’unità territoriale scelta dalle parti o, in mancanza di scelta, all’unità territoriale con la quale il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.
Articolo 15
Stati con due o più sistemi giuridici — conflitti interpersonali di leggi
In relazione ad uno Stato con due o più sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di persone riguardanti materie disciplinate dal presente regolamento, ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso come riferimento al sistema giuridico determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.
Articolo 16
Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi
Uno Stato membro partecipante in cui diversi sistemi giuridici o complessi di norme si applicano a materie disciplinate dal presente regolamento non è tenuto ad applicare il presente regolamento a conflitti di leggi che riguardano unicamente tali diversi sistemi giuridici o complessi di norme.
CAPO III
ALTRE DISPOSIZIONI
Articolo 17
Informazioni da parte degli Stati membri partecipanti
1. Entro il 21 settembre 2011 gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le eventuali disposizioni nazionali riguardo:
a) ai requisiti di forma per gli accordi sulla scelta della legge applicabile, conformemente all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4; e
b) alla possibilità di designare la legge applicabile in conformità dell’articolo 5, paragrafo 3.
Gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali disposizioni.
2. La Commissione rende pubblicamente accessibili le informazioni comunicate conformemente al paragrafo 1 con mezzi appropriati, in particolare tramite il sito web della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Articolo 18
Disposizioni transitorie
1. Il presente regolamento si applica ai procedimenti avviati e agli accordi di cui all’articolo 5 conclusi a decorrere dal 21 giugno 2012.
Producono tuttavia effetti anche gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi prima del 21 giugno 2012, a condizione che siano conformi agli articoli 6 e 7.
2. Il presente regolamento fa salvi gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi conformemente alla legge di uno Stato membro partecipante la cui autorità giurisdizionale sia stata adita prima del 21 giugno 2012.
Articolo 19
Relazione con altre convenzioni internazionali in vigore
1. Fatti salvi gli obblighi degli Stati membri partecipanti ai sensi dell’articolo 351 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento non osta all’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parti al momento dell’adozione del presente regolamento o al momento dell’adozione della decisione ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e che disciplinano i conflitti di leggi in materia di divorzio o separazione.
2. Tuttavia, il presente regolamento prevale, tra gli Stati membri partecipanti, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura in cui esse riguardino materie disciplinate dal presente regolamento.
Articolo 20
Clausola di revisione
1. Entro il 31 dicembre 2015 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione è corredata, se del caso, di opportune proposte di modifica.IT 29.12.2010 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 343/15
2. A tal fine gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le informazioni pertinenti in ordine all’applicazione del presente regolamento da parte delle rispettive autorità giurisdizionali.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 21
Entrata in vigore e data di applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Si applica a decorrere dal 21 giugno 2012, ad eccezione dell’articolo 17, che si applica a decorrere dal 21 giugno 2011.
Per gli Stati membri partecipanti che partecipano a una cooperazione rafforzata in forza di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo comma o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento si applica dalla data indicata nella relativa decisione.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati.
Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2010.
                                                                            Per il Consiglio
                                                                             La presidente
                                                                       J. SCHAUVLIEGEIT

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La piaga delle truffe sentimentali online e la loro evoluzione ai tempi del coronavirus

Possiamo definire “truffe sentimentali” quelle condotte con cui un soggetto induce in inganno un altro, spingendolo a legarsi sentimentalmente a lui, con lo scopo di ottenere somme di denaro e vantaggi di varia natura. Questo genere di circuizione, quando il perpetratore è abile, può anche spingere il truffato a esborsi di enorme valore.

La truffa in parola viene preparata attraverso il reperimento di informazioni che permettano di profilare la vittima e di avvicinarla, tramite l’attenta analisi di account social e siti di incontri. Il soggetto agente si accerterà quindi di costruirsi una personalità fittizia basata su passioni, interessi e problematiche in comune col soggetto da circuire. Al fine di contattare la vittima, il truffatore cercherà poi una foto da spacciare per sua, accompagnandola chiaramente a un nome falso. Sul punto, non di rado alla frode sentimentale si unisce anche il furto di identità di una persona realmente esistente ma ignara che il proprio volto e il proprio nome stiano venendo usati da altri per fini illeciti.

Il perpetratore stabilirà quindi un contatto con la vittima nella maniera idonea a ottenerne la piena fiducia, ricercando punti deboli e fragilità su cui far leva per creare un'illusione di intimità.

 

L’odierna situazione sanitaria ha rappresentato un vero e proprio “laboratorio” per i professionisti della truffa sentimentale, che hanno potuto sviluppare anche modalità di attuazione inedite e inquietanti. Ad esempio, Il truffatore può presentarsi come medico impegnato nella lotta al coronavirus: in questi casi le somme vengono estorte non solo facendo leva sui sentimenti dell'altra persona e sulla maggior vulnerabilità legata alla paura e all'isolamento, ma anche sulle presunte attività umanitarie che il reo finge di star svolgendo. Ancora, le menzogne impiegate potrebbero riguardare l'attuale crisi economica e lavorativa conseguita all'emergenza sanitaria: il perpetratore simulerà di essere in enorme difficoltà economica - ad esempio - per la chiusura prolungata della propria attività commerciale o per il fatto di essere stato licenziato dall’azienda in cui era assunto, aggiungendo così un elemento di verosimiglianza ai propri artifici.

 

Com’è facile immaginare, Le condotte descritte integrano fattispecie penalmente rilevanti.
Fingere di provare sentimenti verso qualcuno al solo fine di trarre un ingiusto profitto può configurare, infatti, il reato di truffa ex art. 640 c.p.

Sul punto, si veda anche la più recente giurisprudenza di legittimità:     
"la truffa non si apprezza per l'inganno riguardante i sentimenti dell'agente rispetto a quelli della vittima, ma perché la menzogna circa i propri sentimenti è intonata con tutta una situazione atta a far scambiare il falso con il vero operando sulla psiche del soggetto passivo" (Cass. Pen., Sez. II Speciale, n. 25165/2019).

 

Il giudice dovrà valutare la portata fraudolenta della condotta verificando la sussistenza degli elementi costituenti il reato di truffa. Dovrà a tale scopo configurarsi non solo la mera simulazione dei sentimenti di amore ma, altresì, una serie di comportamenti che rientrino dal punto di oggettivo e strutturale nella fattispecie criminosa di cui ex art. 640 c.p. In particolare, gli artifizi e raggiri dovranno essere idonei a ingannare la vittima inducendola in errore e portandola ad effettuare disposizioni patrimoniali che altrimenti non avrebbe eseguito. L'artificio deve quindi essere inteso come simulazione o dissimulazione della realtà esterna tale da far percepire all'altro una "falsa apparenza"; il raggiro deve consistere invece in una simulazione basata su parole o argomentazioni idonee a sostituire il falso con il vero. Nel caso delle c.d. "truffe sentimentali" gli artifizi e i raggiri constano della manifestazione di sentimenti fasulli, della dichiarazione della volontà di fare progetti a lungo termine (convivenza, acquisto di un immobile, investimenti, progetti lavorativi), del palesare difficoltà economiche anche spesso presentate come ostacoli al coronamento del "sogno d'amore", il tutto accompagnato talvolta anche da elementi costruiti ad hoc a sostegno della rete di menzogne tessuta dal truffatore (false documentazioni, fotografie ecc).          
Gli atti dispositivi eseguiti dal raggirato comportano quindi un ingiusto profitto e un danno alla persona offesa per l'inganno in cui la stessa è incorsa a causa dell’altrui comportamento fraudolento.

 

Una seconda fattispecie di reato rinvenibile nei comportamenti descritti è la sostituzione di persona ex art. 494 c.p.       
La legge, infatti, punisce chi attribuendosi un falso nome, un falso stato o false qualità personali induce la vittima in errore al fine di trarre un ingiusto guadagno.  
Secondo indirizzo giurisprudenziale costante, il reato di sostituzione di persona può concorrere con quello di truffa sia per la diversità dei beni giuridici tutelati sia poiché la sostituzione di persona non costituisce un elemento necessario della truffa. Di conseguenza, lo stesso comportamento può concretizzare l'elemento materiale di entrambi i reati. Infatti, la Corte di Cassazione ha evidenziato che "il reato di sostituzione di persona è compatibile con il reato di truffa, diversi essendo gli elementi costitutivi e la natura dei beni giuridici protetti, sicché nell'ipotesi in cui con la stessa condotta si vulneri, da un lato, sia la fede pubblica e/o la persona "sostituita" e, dall'altro, si induca in errore la vittima di truffa si configura concorso formale di reati" (Cass. Pen., Sez. V, n. 11918/2016.)

Vedi anche Cass. Pen., Sez. V, n. 33862/2018: "integra il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) la creazione ed utilizzazione di un profilo su social network, utilizzando abusivamente l'immagine di una persona del tutto inconsapevole trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza. Sotto il versante soggettivo, il dolo specifico del delitto di sostituzione di persona consiste nel fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio, anche non patrimoniale, ovvero di recare ad altri un danno"

 

Per difendersi da questo genere di raggiri, in primis occorre sempre diffidare da sconosciuti che propinano storie di vita inverosimilmente problematiche e legate a mestieri pericolosi oltretutto svolti in luoghi remoti del mondo. Per verificare l'autenticità dei racconti dell'interlocutore è bene formulare domande specifiche, al fine di valutare le reazioni e la coerenza delle risposte. È fondamentale, inoltre, non cedere mai a richieste di natura economica anche quando dall'altra parte vengono prospettate le più drammatiche e gravi problematiche.
Se si sospetta di essere caduti in una truffa sentimentale, è necessario innanzitutto cessare i contatti col soggetto e rivolgersi subito alla polizia postale che svolgerà tutte le indagini, al fine di risalire alla reale identità del truffatore. A tal fine sarà d’uopo conservare chat e estratti di pagamenti effettuati e consegnarli alle forze dell’ordine. Nel caso in cui il contato sia avvenuto tramite siti d'incontri o social è consigliabile procedere anche alla segnalazione al sito attraverso il quale il truffatore ha preso contatti la prima volta.

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Differimento del termine di approvazione del bilancio secondo il Decreto "Cura Italia"


L'art. 106, co. 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto "Cura Italia"), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17 marzo 2020 e in vigore da tale data ha previsto il differimento del termine per l'approvazione del bilancio di 60 giorni. Infatti, la norma prevede che "ín deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, l'assemblea ordinaria è convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio".

Il comma 7 del citato articolo prevede, inoltre, l'applicabilità di tali disposizioni alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale sarà in vigore lo stato di emergenza sanitario sul territorio nazionale. 

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Coronavirus: Linee guida del 04.05.2020 per il settore Penale del Tribunale per i Minorenni di Roma

Si riportano di seguito le linee guida per l'accesso e la fruizione dei servizi del settore penale del Tribunale per i Minorenni di Roma, disposte dal Presidente in data 04.05.2020 con atto prot. n. 101

                                         TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA

PRESIDENZA

Prot. n. A CU Roma, 4 maggio 2020

Richiamate le premesse dei provvedimenti adottati da Presidenza e Dirigenza amministrativa del Tribunale per i minorenni di Roma dal 21 febbraio al 10 aprile 2020 per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e dei servizi di cancelleria ed amministrativi con modalità adeguate alla prevenzione e al contrasto della diffusione del contagio da Covid19, in conformità alle disposizioni  di legge emanate e alle indicazioni diramate da Ministero della Giustizia, Ministero della Salute, Consiglio Superiore della Magistratura e Presidente della Regione Lazio;

Considerato quanto previsto dall'art. 83 del DL. 1.7 marzo 2020 n. 18, come modificato dall'art. 36 del D. L. 8 aprile 2020 n. 23, dalla legge di conversione 24 aprile 2020 n. 27 e dall'art. 3 dei D.L. 30 aprile 2020 n. 28;

Visto il DPCM del 26 aprile 2020, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale;

Vista l'Ordinanza del Presidente della Regione Lazio 700037 del 304.2020;

Considerata la perdurante necessita di adottare misure organizzative volte a contrastare l'emergenza epidemiologica assicurando per quanto possibile continuità all'attività giudiziaria del Tribunale per i minorenni di Roma nel settore penale, avuto anche riguardo alle peculiari esigenze e finalità dei procedimenti a carico di imputati di reati commessi da minorenni;

Considerate le linee guida diramate dal Consiglio Superiore della Magistratura in accordo con Consiglio Nazionale Forense e DGSIA del Ministero della Giustizia;

Considerato quanto previsto dall'ari. 33 del D. PR. n. 448/88 e la idoneità delle aule destinate alla celebrazione delle udienze penali ad assicurare le misure di distanziamento sociale indicate come necessarie dalle Autorità competenti;

Verificate le dotazioni tecnologiche allo stato disponibili per i collegamenti da remoto e adottate le opportune iniziative, presso DGSIA e CISIA, per implementarle;

Sentiti il Presidente della Corte di appello di Roma, il Procuratore Generale presso la stessa Corte, i Consigli dell'Ordine degli Avvocati dei 9 circondari i  compresi nel distretto della Corte di appello di Roma, la Camera penale di Roma e del Lazio, l'unione Forense del Lazio e la Camera Famiglia e minori di Roma e del Lazio;

Sentiti i magistrati del settore penale e verificati, per il tramite dei presidenti dei collegi, il numero e lo stato dei procedimenti iscritti nei ruoli delle udienze già fissate dinanzi ai collegi GUP, del Dibattimento penale e del Tribunale di Sorveglianza nel periodo 12 maggio - 31 luglio 2020;

Sentita, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione Lazio, l'Autorità sanitaria regionale, alla quale sono state comunicate le misure organizzative, di cautela e protezione fin qui adottate e da adottarsi, e riservate le opportune modifiche ed integrazioni all'esito di eventuali successive indicazioni;

Sentita la Procuratrice della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Roma;

D'intesa con la Dirigenza amministrativa

                                                                                          DISPONE

nelle udienze dei collegi GUP e del Dibattimento penale previste in calendario nel periodo dal 12 maggio al 31 luglio 2020 saranno trattati, previo scaglionamento dell'orario di convocazione di imputati e difensori, i procedimenti a carico di imputati ai quali è applicata una misura cautelare, nonché i procedimenti, individuati nel ruolo di ciascuna udienza dal presidente del collegio, previa intesa con i presidenti degli altri collegi penali e civili nel caso di udienze contestuali, in numero compatibile con l'esigenza di contingentare l’accesso di persone alla sede del Tribunale e di assicurarne il distanziamento anche negli spazi antistanti l'edificio, nei quali:

- sia decorso il periodo di sospensione e prevista la verifica dell'esito della MAP dell'imputato;

- debba procedersi a valutazione di fattibilità del progetto, già predisposto dall'USSM ai sensi dell'art. 27 Divo n. 272/89, ai fini dell'ammissione a MAP dell'imputato;

- sussista l'esigenza di non differire la trattazione, avuto riguardo alla gravità del reato contestato, alla condizione della persona offesa e alla personalità dell'imputato.

Nelle udienze dibattimentali potranno inoltre essere trattati, nei limiti di compatibilità anzidetti, i procedimenti fissati esclusivamente per:

- il cd. "smistamento" ad altre udienze;

- la discussione e la decisione;

- l'escussione di testi ufficiali o agenti di polizia giudiziaria.

Nelle udienze del Tribunale di Sorveglianza previste in calendario per 18 maggio, il 5 giugno e il 3 luglio 2020 saranno trattati i procedimenti relativi a persone detenute per l'ammissione a misure penali di comunità e a seguito di sospensione provvisoria di tali misure disposta dal Magistrato di Sorveglianza. Saranno inoltre trattati i procedimenti pia fissati a tali udienze, anche se relativi a persone non detenute, per i quali risultino acquisite le informazioni necessarie alla decisione richieste a USSM e Autorità di polizia.

Tutti gli altri procedimenti saranno rinviati d'ufficio a data successiva al 31 luglio 2020, con provvedimenti da adottarsi fuori udienza dal presidente del collegio. Contestualmente all'adozione del provvedimento di rinvio, il presidente del Collegio dibattimentale richiederà alla Procura della Repubblica per i Minorenni di provvedete alla controcitazione dei testi eventualmente già convocati.

La Cancelleria provvederà a notificare il decreto di rinvio o di conferma dell'udienza con eventuale indicazione del nuovo orario.

Sul sito del Tribunale per i minorenni di Roma sarà pubblicato un prospetto riepilogativo dei procedimenti rinviati con l'indicazione del numero di iscrizione al ruolo, della data dell'udienza rinviata e della data cui il procedimento è rinviato e un prospetto dei procedimenti di cui è confermata la trattazione, con 'indicazione dell'orario in cui il procedimento verrà trattato.

Al fine di evitare l'inutile presentazione in Tribunale -- posto che l'accesso sarà, comunque, interdetto - è rivolto invito ai Consigli dell'Ordine degli Avvocati del distretto, alla Camera Penale di Roma e del Lazio, all'Unione Forense del Lazio e alla Camera Famiglia e minori di Roma e del Lazio a sensibilizzare i propri iscritti a verificare la ricezione delle comunicazioni di rinvio e di conferma e a consultare il sito del Tribunale per i Minorenni di Roma,

Sarà richiesto al Consiglio dell'Ordine negli Avvocati di Roma di garantire la presenza di un difensore di turno per le esigenze delle udienze di convalida di fermo e di arresto e per le udienze GUP, dibattimentali e del Tribunale di Sorveglianza.

Le udienze verranno tenute nelle aule a piano terra dell'edificio di via dei Bresciani ti. 32, assicurandone l'areazione e osservando le misi nt' di distanziamento e con l'uso dei dispositivi di sicurezza individuali prescritti.

I Presidi della Polizia Penitenziaria e dei Carabinieri in forza presso la sede del Tribunale assicureranno la collaborazione necessaria nella chiamata dei processi, regolando e sorvegliando l'accesso all'interno dell'edificio, che sarà consentito all’ imputato, difensore ed esercenti la responsabilità genitoriale soltanto per la partecipazione all'udienza e previa chiamata del procedimento.

Per le udienze di cui all'art. 83 commi 17 e 17 bis del DL n. 18/20, come modificato dalla legge di conversione n. 27 del 24 aprile 2020 e dal DL. n. 28 del 30.4.2020, verrà assicurato il collegamento da remoto con CPA e IPM, nonché, ove possibile, il collegamento da remoto con le Comunità presso le quali sono collocati minori con l’USSM.

Si procederà, ove possibile, mediante collegamento da remoto anche per l'audizione di operatori dell'IJSSM o del minorenne ai sensi dell'art. 27 nomina 1 del D.L.vo n. 272/89.

Allo scopo di limitare al massimo l'accesso al Tribunale sino al 31 luglio 2020 i difensori faranno pervenire, tramite casella di posta elettronica Certificata, le liste testimoniali di cui all'art. 468 c.p.p. e le richieste indifferibili volte a visionare atti o fascicoli penali e/o a richiedere copie,              
richieste alle quali verrà con lo stesso mezzo dato riscontro dalla Cancelleria, con l'indicazione della data e dell'ora in cui il fascicolo o Latto saranno disponibili. Le richieste rivolte alla cancelleria del Dibattimento o dell'Ufficio di Sorveglianza dovranno pervenire esclusivamente alla casella PECpenale. ;
le richieste indirizzate all'Ufficio GIP/GUP e alla cancelleria del Collegio per il riesame dovranno, invece, pervenire esclusivamente alla casella PEC.

Il presente provvedimento verrà comunicato al Capo di Gabinetto dell'On. Ministro della Giustizia, al Capo Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, al Capo Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità, al Presidente della Corte d'Appello di Roma, al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma. al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma, ai Consigli dell'Ordine degli Avvocati del distretto della Corte di appello di Roma, alla Camera Penale di Roma e del Lazio, all'Unione Forense del Lazio, alla Camera Famiglia e minori di Roma e del Lazio e al Presidente della Regione Lazio.

 

La Presidente

 


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Modalità di svolgimento delle assemblee sociali durante l'emergenza Coronavirus


L'art. 106, co. 2 e 3 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. "Decreto Cura Italia"), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17 marzo 2020, ha previsto che le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, e le società cooperative e mutue assicuratrici, con l'avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere - anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie - che l'assemblea sia svolta in modalità telematica (audio e/o tele-conferenza) e che il voto possa essere espresso in via elettronica o per corrispondenza. In tal caso, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2370, co. 4, 2479-bis, co. 4 e 2538,  co. 6 c.c. non sarà necessario che i partecipanti all'assemblea si trovino nello stesso luogo ove si trovano il presidente, il segretario o il notaio.

Per sole società a responsabilità limitata, è poi prevista l'ulteriore possibilità di esprimere il voto mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.

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Il negozio giuridico del trust e i suoi rapporti con l'ordinamento italiano

Il trust è un negozio giuridico, originario del sistema di common law anglosassone, che si configura per la presenza di un soggetto disponente (settlor) che trasferisce uno o più beni ad un soggetto fiduciario (trustee) che si obbliga a gestirli nell’interesse di un terzo (beneficiary) oppure per il conseguimento di uno scopo determinato e ulteriore specificatamente espresso.       
Il patrimonio posto in capo al trustee è dunque separato e può essere aggredito solo dai creditori del trust stesso.
Si tratta quindi di una figura complessa in cui si riscontrano due negozi: uno con cui il settlor  trasferisce i beni oggetto del trust al trustee o li vincola ad una destinazione specifica, mantenendone la proprietà, e uno con cui il trustee è designato quale amministratore e gestore del patrimonio a lui trasferito.           


Possiamo distinguere due forme di trust: quello estero in cui vi è una scissione tra il Paese in cui si trovano i beni da amministrare e il Pase il cui ordinamento disciplina il trust; e quello cd. interno, in cui vi è corrispondenza tra l’ordinamento del Paese in cui è stipulato il negozio e quello in cui si trovano i beni.


Disciplinato per la prima volta dalla Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, il trust non ha ancora ricevuto, nel nostro ordinamento, una regolamentazione diretta secondo quanto previsto dall’art. 8 della Convenzione in parola, la quale, però, è stata di per sé ratificata con la legge n. 368 del 1989.      
Ciò porta a un vivace dibattito dottrinale sull’ammissibilità nel nostro ordinamento del c.d. trust interno.

L’orientamento favorevole al suo riconoscimento ritiene che la legge n. 368/1989, che ha ratificato la Convezione dell’Aja, abbia aperto la strada a questa figura, consentendo una deroga al principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.
A ciò si aggiunga che l’art. 13 della Convenzione stessa prevede che gli Stati aderenti possano escludere il riconoscimento del trust nei loro ordinamenti con delle norme interne apposite, le quali però – finora – non sono mai state adottate dal legislatore nazionale: se ne dovrebbe dedurre che il trust interno, non essendo vietato, sia consentito.
Va inoltre considerata la l. 22 giugno 2016 n. 112 (legge c.d. “sul Dopo di noi”). Essa ha inserito il trust fra i rapporti giuridici cui può farsi ricorso per realizzare progetti di vita in favore di disabili gravi privi dell’aiuto della famiglia.

La predetta posizione favorevole parte dal presupposto che la Convenzione, ancorandosi al concetto di realizzazione di una funzione economico sociale meritevole di tutela, abbia di fatto introdotto una nuova categoria di atti ad effetti reali: gli atti di destinazione.

Per l’orientamento negativo, invece, è impossibile riconoscere un trust che non abbia elementi di internazionalità, perché la Convenzione dell’Aja non prevederebbe alcuna tutela per una forma di trust diversa da quello internazionale. Ciò in ragione del fatto che una norma di diritto internazionale privato non sarebbe in grado  di introdurre una nuova ipotesi di patrimonio separato rispetto a quelle previste dall’ordinamento nazionale e, quindi, sarebbe insuscettibile di derogare al divieto di cui all’art. 2740 co. 2 c.c.
Inoltre, col riconoscimento del trust interno verrebbe a costituirsi un nuovo diritto reale, solo temporaneo e strumentale alla soddisfazione di interessi predeterminati, dunque non riconducibile alla proprietà (che nel nostro ordinamento è perpetua e non vincolata a un fine specifico) nonché posto in violazione del principio del numerus clausus dei diritti reali.     
Ancora, si porrebbe un problema relativo alla violazione degli artt. 2643 e 2645 c.c. che elencano tassativamente gli atti soggetti a trascrizione.

Il trust presenta alcune analogie e differenze con il fondo patrimoniale ex artt. 167 ss c.c.           
Quest’ultimo consiste nell’individuazione di un patrimonio separato da quello del soggetto titolare, con lo scopo specifico – come nel trust - di vincolare determinati beni al soddisfacimento di bisogni, i quali devono necessariamente rivestire la qualità di interessi familiari (pertanto è presupposto necessario l’esistenza di una famiglia fondata sul matrimonio) mentre nel trust possono avere qualsivoglia destinazione meritevole di tutela. Inoltre, il fondo patrimoniale è un istituto tipico del diritto di famiglia italiano, mentre il trust è un istituto atipico e derivante dal common law. ll fondo patrimoniale, poi, non richiede accettazione, salvo che nel caso in cui sia costituito da un terzo per atto tra vivi; a differenza del trust, in cui il trustee ha facoltà di non accettare i beni. Si rinvengono poi differenze per quanto riguarda la protezione patrimoniale: i beni del fondo non possono essere oggetto di esecuzione forzata per debiti non relativi ai bisogni della famiglia. A tal riguardo, è onere della prova dei coniugi dimostrare che il creditore fosse consapevole della motivazione non familiare dei debiti contratti. La protezione del trust, invece, grazie all’effetto segregativo, è totale: i creditori del disponente non possono soddisfarsi sui beni del trust (salvo in caso di buon esito della azione revocatoria dell’atto con cui il disponente ha dotato il fondo in trust) e allo stesso modo i creditori del trustee non possono in alcun modo rivalersi per debiti di quest’ultimo sui beni del fondo, perché quei beni non si confondono con il suo patrimonio. Inoltre, neanche i creditori dei beneficiari potranno agire sui beni o sui redditi se il trust è discrezionale. In ultimo, il trust presenta anche differenze formali, dato che il suo atto istitutivo può assumere la forma di scrittura privata, al contrario dell’obbligatoria forma dell’atto pubblico per il fondo patrimoniale.

Sussistono, altresì, analogie e differenze tra il trust e la fondazione disciplinata agli artt. 14 ss c.c.           
A differenza del trust, la fondazione è un ente costituito da un patrimonio formato per il perseguimento di un determinato scopo. Nel trust, invece, i beni oggetto del trust entrano nel patrimonio di un determinato soggetto (il trustee) pur non confondendosi con gli altri beni dello stesso patrimonio. Inoltre, I beni destinati alla fondazione, diversamente dal trust, sono soggetti a indisponibilità, ossia l’impossibilità di distrarre tali beni dalla finalità prevista dallo statuto, ma possono essere aggrediti dai creditori della fondazione. Ancora,   il termine di durata del trust è fissato autonomamente dai disponenti e ha come unico limite quello previsto dalla legge richiamata nell’atto istitutivo. Nel caso della fondazione, a norma dell’art 27 c.c., oltre che per le cause previste dall’atto costitutivo e dallo statuto, la persona giuridica si estingue quando nel momento in cui scopo non è stato raggiunto o è divenuto impossibile.
Relativamente alla responsabilità patrimoniale l’art 18 c.c. la responsabilità degli amministratori segue le forme del mandato ex art. 1707 ss c.c.: i creditori del mandatario non possono soddisfarsi sui beni che, in esecuzione del mandato, questi ha acquistato in nome proprio purché, trattandosi di beni mobili o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento ovvero,  nel caso di beni immobili iscritti in pubblici registri sia anteriore al pignoramento la trascrizione dell’atto di ritrasferimento o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo. Dunque, mentre i creditori del mandante possono aggredire i beni acquistati dal mandatario in esecuzione del suo incarico, ciò non è consentito ai creditori del beneficiary nel caso in cui questo sia persona diversa dal settlor. Sotto il profilo formale, le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico o con testamento mentre il trust pur dovendo risultare per iscritto, può assumere la forma di scrittura privata.

Vi sono poi analogie anche con il negozio fiduciario, nonché evidenti differenze.            
Prima di tutto, il  negozio fiduciario ha struttura bilaterale mentre il trust, di regola, ha struttura trilaterale. Inoltre, nel negozio fiduciario il bene trasferito entra nel patrimonio del fiduciario e non è immune dall’azione esecutiva dei creditori personali dello stesso. Il beneficiary del trust, ancora, è proprietario sostanziale del bene: potrà quindi apporte le azioni a tutela della proprietà ed esercitare il diritto di seguito. Il fiduciante, al contrario, non essendo più titolare di un diritto reale, non ha azioni di tutela della proprietà ma solo un diritto al ritrasferimento e non può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento dell’obbligo di ritrasferimento e il risarcimento del danno oppure esercitare l’azione ex art. 2932 c.c.

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Art. 707 cpc e mancata comparizione del ricorrente all'udienza presidenziale di separazione personale

L’art. 707 cpc, al comma 2 prevede che, nella fase presidenziale della separazione personale,

“Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto.”

Il comma 3 prevede invece che

“Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.”

La dottrina sul punto è divisa.
Per un primo orientamento, in caso di assenza del tutto ingiustificata del ricorrente ovvero di  rinuncia di quest'ultimo all'azione, il Presidente deve disporre la  chiusura della lite nel rispetto del comma 2.  Eventuale comparizione del convenuto in udienza e sua richiesta di prosecuzione del giudizio non possono rilevare (Andrioli).
Nello stesso senso, Dogliotti, Separazione e divorzio, Torino, 1988, pag. 510: “La mancata comparizione del ricorrente priva di ogni efficacia il ricorso e determina, pertanto, la necessità della proposizione di un ulteriore ricorso, ove si intenda perseguire l’intento di giungere ad una separazione giudiziale”.

Secondo un orientamento meno rigido, il convenuto comparso è legittimato a far propria la domanda dell'attore non comparso, conferendo in tal modo il necessario impulso al processo (Scardulla).


La differenza testuale tra le disposizioni sulla comparizione delle parti nel processo in materia di diritto di famiglia e nel procedimento civile ordinario è anche oggetto di giurisprudenza.

Trib. Nola sez. I, 08/06/2012 :“In tema di separazione personale dei coniugi la circostanza che l'art 707 comma 2 c.p.c. prevede una disciplina propria degli effetti processuali della rinuncia operata nella fase presidenziale non vale a stravolgere i principi generali in materia processuale ma è dettata dalla peculiarità della natura non contenziosa della udienza presidenziale e dalla connessa esigenza di consentire una definizione rapida del giudizio quando non vi è interesse alla prosecuzione dello stesso, dovendosi ritenere che la crisi coniugale sia rientrata.

Un passaggio della stessa sentenza delinea una differenza di trattamento tra la mancata comparizione del ricorrente e la sua rinuncia agli atti.

 “ [L]a mancata comparizione del ricorrente non determina necessariamente la inefficacia della domanda tutte le volte in cui il contraddittorio risulti regolarmente instaurato ed alla udienza partecipi il difensore dello stesso in grado di manifestare la volontà del proprio assistito (chiedendo il rinvio della causa per impedimento ovvero rinunciando alla domanda) atteso che in queste ipotesi la mancata partecipazione incide unicamente sulla possibilità per il presidente di esperire il tentativo di conciliazione ma non determina necessariamente l'improcedibilità della domanda laddove lo stesso verifichi l'interesse di almeno una delle parti alla prosecuzione del giudizio ed alla adozione dei provvedimenti urgenti (cfr. Cass. 23070/2005 e 11059/2001),

quanto al diverso profilo della rinuncia, ritiene questo giudice, che la stessa non determini l'inefficacia della domanda tutte le volte in cui la resistente si sia regolarmente costituita e non si sia limitata ad una mera attività difensiva ma abbia, a sua volta, spiegato domanda riconvenzionale di separazione ponendosi in tal caso il dovere per il giudice di pronunciarsi su tale domanda,

d'altro canto, diversamente, opinando si finirebbe per consentire una strumentalizzazione del giudizio determinando una paralisi processuale ai danni della parte che ha interesse alla prosecuzione dello stesso, non a caso l' art 306 c.p.c. richiede ai fini della pronuncia di estinzione del giudizio che la rinuncia sia accettata dalla parte che ha interesse alla prosecuzione.”


Conclusioni:

Secondo (alcuna) dottrina, quindi, se il ricorrente non compare è possibile proseguire il giudizio se c’è interesse del convenuto.

Secondo la giurisprudenza (e alcuna dottrina), invece, l’interesse del convenuto non è sufficiente a far proseguire il giudizio se il ricorrente non si presenta. Si può proseguire solo se compare il difensore al suo posto e vi sia interesse di controparte al proseguimento

.
Inoltre, la rinuncia del ricorrente  (diversa dalla mancata comparizione: deve essere dichiarata esplicitamente, anche solo a mezzo del difensore) non comporta l’estinzione del processo se il convenuto si è costituito con una domanda riconvenzionale di separazione.

Quindi, se all'udienza presidenziale dovesse  presentarsi solo il convenuto, il giudice potrebbe semplicemente estinguere il processo ex art. 707 c. 2 cpc se aderisse alla posizione (conforme alla lettera del Codice) per cui la mancata comparizione del ricorrente comporti la rinuncia alla domanda indipendentemente dall'interesse del convenuto alla prosecuzione. 
Altrimenti potrebbe proseguirlo se desse valore all’interesse in tal senso espresso da parte del convenuto.
In caso, diverso, di rinuncia agli atti di causa da parte dell'attore, secondo la giurisprudenza  il giudizio potrebbe proseguire solo qualora il convenuto si fosse costituito con domanda riconvenzionale di separazione.

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Linee giuda 20.04.2020 del Consiglio Nazionale Forense per i procedimenti in materia di famiglia nella fase di emergenza COVID-19

Si riportano di seguito le linee guida approvate in data 20 aprile 2020 dal CNF in relazione allo svolgimento dei procedimenti in materia di diritto di famiglia nella corrente fase emergenziale da COVID-19.  

                                                                          LINEE GUIDA
PER I PROCEDIMENTI IN MATERIA DI DIRITTO DI FAMIGLIA NELLA FASE DI EMERGENZA COVID-19

Visto il D.L. n. 11 dell’8 marzo 2020 recante “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria” ed il DPCM 9 marzo 2020.
Visto il D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, recante “Misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-2019”.

Considerato che anche nei prossimi mesi di maggio e giugno proseguirà ad esistere l’esigenza di evitare assembramenti e contatti ravvicinati tra le persone che, per lavoro e utenza, frequentano gli uffici giudiziari.
Tenuto conto che la vita di relazione delle persone nell’ambito dei rapporti endofamiliari non può restare sospesa per mesi, sia con riferimento a coloro i quali già abbiano definito il nuovo assetto dei loro rapporti che, a maggior ragione, per coloro i quali non siano stati in grado di definire un accordo e dunque necessitino di provvedimenti che definiscano e risolvano convivenze divenute intollerabili.

Tenuto conto che nell’attuale situazione emergenziale di contenimento della epidemia da COVID-19 si è correttamente ritenuto che siano da tutelare due diritti costituzionali fondamentali ovvero, da un lato, le esigenze di tutela della salute pubblica (art. 32 Cost.), dall’altro quelle della tutela della famiglia (art. 29 e 30 Cost.), famiglia da intendersi come formazione naturale nella quale si debba proseguire a convivere in armonia, evitandosi ogni forma di costrizione ed in genere di degenerazione dei rapporti, massimamente nel precipuo interesse della prole.

Tenuto conto che tutti i procedimenti in materia di famiglia sono intrinsecamente connotati da urgenza di provvedere o, quantomeno, di non doversi ulteriormente dilazionare nel tempo e che la modalità che si ritiene debba essere sempre e comunque privilegiata sia quella che concede la possibilità per parti e difensori di presenziare personalmente in tribunale, laddove sia possibile, nel rispetto della tutela della salute e del diritto di difesa.

Tenuto conto che i difensori sono i soggetti deputati a poter adeguatamente valutare e decidere quale debba essere la scelta più confacente alle necessità ed alla tutela del proprio assistito e ad evitare pregiudizi agli equilibri familiari, anche e soprattutto alla luce delle esigenze dei minori coinvolti.

Tenuto conto che, nel bilanciamento degli interessi, laddove sia impossibile la celebrazione dell’udienza in tribunale e tuttavia non si possa assoggettare il procedimento ad un rinvio, debbano comunque essere previste delle modalità per cui sia concesso di provvedere, nell’interesse delle parti assistite e dei minori coinvolti;

Rilevata quindi la necessità di procedere alla stesura di linee guida in relazione ai procedimenti in materia di famiglia che tenga conto - limitatamente al periodo di emergenza e comunque non oltre la data del 30 giugno 2020 - dell’eccezionalità della situazione, si propone quanto segue:

Procedimenti di natura consensuale:

1) Fino alla cessazione della fase emergenziale è ammesso il deposito esclusivamente telematico di ricorsi per separazione consensuale, divorzio congiunto, ricorso congiunto ex art. 337 bis c.c., ricorso congiunto ex art. 710 c.p.c. e ricorso congiunto ex art. 337 quinques c.c.
2) Nelle ipotesi di separazione consensuale, divorzio congiunto, ricorso congiunto ex art. 337 bis c.c., ricorso congiunto ex art. 710 c.p.c. e ricorso congiunto ex art. 337 quinques c.c., i difensori - a causa dell’emergenza epidemiologica e delle sottese esigenze di tutela della salute, che impongono, tra le altre cose, il rispetto del distanziamento sociale – potranno convenire sulla scelta della c.d. trattazione scritta.
In tal caso i difensori, anche alla luce della giurisprudenza della Cassazione (Cass. 7.01.2008, n. 34) che ha affermato la non indispensabilità del tentativo di conciliazione ogni volta che non se ne ravvisi la necessità, “per la volontà manifestata dalla parte non comparsa di non opporsi alla richiesta di separazione” almeno ventiquattro ore prima della c.d. udienza virtuale, dovranno trasmettere per via telematica al Presidente una dichiarazione sottoscritta dalle parti (e loro trasmessa, anche via posta ordinaria o via mail, in quest’ultimo caso scannerizzata) nella quale ognuna - stante l’emergenza sanitaria in corso e stante il distanziamento sociale imposto dal D.L. n.18/2020 - dichiara con atto separato:
- di essere perfettamente a conoscenze delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza;
- di essere stata resa edotta della possibilità di procedere all’alternativa della rinuncia alla presenza fisica e di avervi aderito liberamente e coscientemente;
- di non volersi conciliarsi (solo in caso di separazione e divorzio);
- di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso;
A seguito di detta espressa manifestazione di volontà potrà conseguire l’omologa (nel caso di separazione), la sentenza (nel caso di divorzio congiunto) o il decreto collegiale (nelle altre ipotesi), previa trasmissione telematica per il parere al PM.
Procedimenti di natura contenziosa:
La previsione normativa che in queste udienze le parti siano sentite personalmente e che sia tentata la conciliazione (artt. 708 c.p.c., comma 4, Legge n. 898/1970 e succ. modif.) comporta che la scelta di celebrazione dell’udienza tramite collegamento da remoto possa trovare giustificazione, pur dandosi atto che la progressiva introduzione della stessa dovrà tuttavia avvenire gradualità e, comunque, previa comunicazione della disponibilità dei difensori delle parti, che si impegnano a comunicarla al Tribunale laddove ritengano che detta modalità sia compatibile con le esigenze della difesa.
Il ricorso a questa modalità non potrà peraltro avvenire, secondo il prudente apprezzamento del magistrato, nei casi in cui la trattazione con udienza ordinaria si imponga per l’esigenza di valutare in modo più attento, per le coppie con figli di minore età, il profilo delle capacità genitoriali, soprattutto in presenza di problematiche personali eventualmente allegate da controparte o emergenti dagli atti. L’emergenza di tali ipotesi potrà essere segnalata dai difensori.
Con l’udienza da remoto potrà essere esperito il tentativo di conciliazione tra le parti. Laddove tale ipotesi appaia non adeguata, ritenendosi che un efficace intervento di mediazione da parte del giudice sia indebolito, il Giudice, soprattutto laddove si tratti di coppie con figli in età minore, potrà valutare se ricorrere o meno a questa modalità.
La peculiare esigenza di garantire una rigorosa tutela della privacy e della libertà personale nei procedimenti in materia di famiglia, porta a dover ritenere non del tutto idonea, tra i luoghi per l’effettuazione del collegamento da remoto, l’abitazione personale della parte, soprattutto nei casi in cui in essa vi sia ancora coabitazione dei coniugi o dei conviventi con altri familiari o con i figli.
La parte, pertanto, qualora ve ne siano le condizioni - tenendo pur sempre in debita considerazione la primaria esigenza di limitare la condivisione di spazi fisici, anche nel rispetto del c.d. distanziamento sociale – dovrà recarsi, ove possibile, presso lo studio del proprio difensore da cui avverrà il collegamentocon il Giudice con obbligo per il legale di rispettare le precauzioni per il distanziamento necessari al contenimento del contagio.
Il Presidente, laddove lo ritenga, potrà convocare separatamente ricorrente e resistente attraverso collegamenti separati ovvero in orari differenti per ascoltarli. In quest’ultima ipotesi, convocherà poi ad un terzo orario l’udienza con la presenza di tutte le parti.
Il Presidente, in apertura di ciascun collegamento, farà presente alle parti il divieto di audio e video registrazione dell’udienza.
Il verbale della trattazione congiunta verrà sottoposto alle parti ed ai rispettivi legali attraverso la modalità “condividi schermo” prevista dalla piattaforma telematica utilizzata e ciò corrisponderà alla sottoscrizione dello stesso.
Dal punto di vista operativo, si richiama il protocollo siglato da CNF e CSM in materia di procedimenti avanti al tribunale per i Minorenni, con le seguenti precisazioni che afferiscono alla materia oggetto delle linee guida:

1. Invito e convocazione delle parti all’udienza da remoto

L’art. 83 comma 7 lett. f) D.L. n.18/2020 prevede che “Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento”.
a) Prima dell'udienza il giudice emetterà un provvedimento che farà comunicare con congruo preavviso, preferibilmente non inferiore a 7 giorni salvo improrogabili ragioni di urgenza dalla cancelleria ai procuratori delle parti ed al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipa- zione, con indicazione di giorno, ora e modalità di collegamento tramite link inserito nel prov- vedimento stesso. Ove la parte resistente non compaia all’udienza telematica, il Presidente del Tribunale, verificata la presenza del ricorrente e la regolarità della notifica del ricorso, procederà a mente dell’art. 707, comma 3, c.p.c. Qualora il resistente costituito risulti assente all’udienza telematica il Presidente del Tribunale fisserà una nuova udienza, dandone atto a verbale.
b) Il verbale con l’indicazione della nuova udienza sarà inserito nel PCT e sarà onere delle parti costituite prenderne visione.
c) Laddove il Giudice ritenga necessaria una interlocuzione preliminare con i legali, potrà farne richiesta. In tal caso, prima dell’udienza, sarà fissato un incontro a distanza finalizzato ad ottenere i ragguagli che si rendessero necessari e/o chiarimenti in ordine agli atti depositati; nell’ipotesi di deposito di procedimenti contenziosi nuovi, ovvero successivi all’11 maggio 2020 le modalità di svolgimento dell’udienza da remoto, con indicazione di giorno, ora e modalità di collegamento tramite link verranno inserite nel provvedimento di fissazione dell’udienza che verrà notificato al resistente unitamente al ricorso;
d) Si rammenta che, pacificamente, nei procedimenti in camera di consiglio non sono previste preclusioni e decadenze.
e) I difensori delle parti, entro cinque giorni dalla data dell’udienza, comunicheranno se - in linea con la già richiamata esigenza di garantire la privacy e la ricorrenza di una situazione domestica confacente alle esigenze collegate ai procedimenti di famiglia - le parti potranno effettuare un collegamento adeguato dai loro dispositivi. In caso positivo verrà fornito alle parti, a cura del difensore, il link contenente l’indirizzo telematico dell’aula virtuale. Analoga comunicazione dovrà essere data qualora i difensori converranno di effettuare il collegamento alla presenza delle parti dal proprio studio.
f) In caso contrario chiederanno che i loro assistiti compaiano di persona in Tribunale ove saranno rispettate tutte le prescrizioni ministeriali e del capo dell’ufficio finalizzate al contenimento della diffusione dell’epidemia.
g) L’ascolto del minore di persona sarà effettuato ove assolutamente indispensabile. In tale ipotesi:
- laddove il minore sia presso i genitori conviventi o presso uno dei genitori, lo stesso verrà ascoltato di persona in Tribunale ove saranno rispettate tutte le prescrizioni ministeriali e del capo dell’ufficio finalizzate al contenimento della diffusione dell’epidemia.
- qualora sia stato nominato un curatore speciale del minore, lo stesso potrà essere ascoltato presso lo studio del curatore, ove possibile, oppure in caso negativo di persona in Tribunale ove saranno rispettate tutte le prescrizioni ministeriali e del capo dell’ufficio finalizzate al contenimento della diffusione dell’epidemia.
- laddove si renda necessaria l’audizione dei servizi sociali o di neuropsichiatria infantile, così come del CTU a chiarimenti, l’invito di cui al punto sub 1, lett. a verrà inviato anche all’ufficio di cui si renda necessaria l’audizione che interverrà all’udienza con le modalità tutte previste sub punto 2, lett. a, b, c, d.
a. I procuratori delle parti depositeranno nel fascicolo una nota contenente un recapito telefonico e un indirizzo mail attraverso i quali potranno essere contattati dal cancelliere in caso di mal- funzionamento dell’applicativo utilizzato.

2. Svolgimento dell’udienza da remoto

L’art. 83, comma 7, lett. f,) del D.L. n.18/2020 prevede che “il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell'identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale”
Nel verbale di udienza il giudice:
a. prende atto della dichiarazione di identità dei procuratori delle parti presenti (anche in forza di sostituzione per delega orale) e delle parti, nonché della presenza, nella stanza da cui viene effettuato il collegamento, di ulteriori soggetti legittimati alla partecipazione (quali magistrati in tirocinio, tirocinanti, codifensori, praticanti avvocati);
b. prende atto della espressa dichiarazione dei difensori delle parti in merito alle modalità di partecipazione della parte assistita al momento dell’udienza e della dichiarazione relativa al fatto che non siano in atto, né da parte dei difensori né da parte dei loro assistiti, collegamenti con soggetti non legittimati; nonché della dichiarazione della parte che si colleghi da un luogo diverso da quello da cui si collega il difensore che non sono presenti fisicamente soggetti non legittimati;
c. verifica della regolare comunicazione di cancelleria del provvedimento di fissazione dell’udienza contenente il link di collegamento;
d. il giudice, i procuratori delle parti e le parti, se collegate da luogo distinto, dovranno tenere attivata per tutta la durata dell’udienza la funzione video; il giudice disciplinerà l’uso della funzione audio ai fini di dare la parola ai difensori o alle parti; è vietata la registrazione dell’udienza;
e. ove possibile, la gestione dell’avvio e dello svolgimento dell’udienza verrà effettuata dal cancelliere collegato da remoto con il medesimo applicativo; eventualmente il medesimo cancelliere, potrà curare anche la verbalizzazione;
f. la produzione di documenti in udienza, di cui non sia stato possibile il previo deposito tele- matico, potrà avvenire mediante l’eventuale utilizzazione di strumenti di condivisione dello schermo – sempre che autorizzato espressamente dal giudice - e varrà come mera esibizione, con necessità di regolarizzare successivamente il deposito in caso di malfunzionamenti, di scollegamenti involontari e di impossibilità di ripristino il giudice dovrà rinviare l’udienza, facendo dare comunicazione alle parti del verbale d’udienza contenente il disposto rinvio;
g. al termine dell’udienza il giudice inviterà i procuratori delle parti a dichiarare a verbale di aver partecipato effettivamente all’udienza nel rispetto del contraddittorio e ad attestare che lo svolgimento dell’udienza stessa mediante l’applicativo è avvenuto regolarmente;
i. il giudice dà lettura del verbale di udienza, eventualmente anche tramite la condivisione della finestra del redattore del verbale
j. al fine di consentire lo svolgimento delle udienze da remoto, DGSIA:
1. garantisce, con effettività e tempestività, l’assistenza tecnica necessaria ai singoli magistrati o ai cancellieri che assistono il giudice in udienza anche tramite n. verde 800 868 444;
2. garantisce ai magistrati togati (inclusi i MOT) ed onorari le dotazioni hardware e soft- ware necessarie alla trattazione delle controversie con collegamento da remoto;
3. verifica che sia pervenuto il link relativo all’avvio della “stanza virtuale” a tutti i magistrati, MOT in tirocinio, tirocinanti, onorari, cancellieri; per l’ipotesi che sia stata smarrita la mail del 10.3.2020 dalla casella supportosistemistico.dgsia@giustizia.it con cui DGSIA comunicava il link per l’accesso alla stanza virtuale, ciascuno potrà farne richiesta scrivendo all’indirizzo info-PCT
4. avvisa tempestivamente del malfunzionamento della rete per il necessario rinvio delle udienze.
Ricorsi ex artt. 710 c.p.c. contenziosi, ricorsi ex art. 9, Legge n. 898/70 divorzi contenziosi, ricorsi ex art. 337 bis e quinquies c.c. contenziosi
a. Si ritiene che la prima udienza di comparizione delle parti possa avvenire con udienza da remoto, salvo che il giudice ritenga opportuna la comparizione personale (specialmente ove si tratti di coppie con di figli minori e siano dedotti aspetti di pregiudizio). Per detta ipotesi si rinvia alle modalità sopra indicate.
b. Resta salva la facoltà del Giudice di disporre la trattazione scritta, laddove i difensori convengano, secondo le precise modalità previste nel protocollo generale CSM/CNF. Tale modalità sarà quella preferenziale per tutte le udienze successive, sempre laddove i difensori ne convengano.
Ricalendarizzazione udienze fissate nel periodo di sospensione.
Con riguardo alla ricalendarizzazione delle udienze, comprese le udienze presidenziali, rinviate a seguito del D.L. n. 11/2020 e D.L. n. 18/2020, vi si provvederà nel rispetto dei termini dilatori e per la notifica la costituzione del convenuto ed il relativo provvedimento verrà trasmesso via PCT dalla cancelleria ai legali di entrambe le parti costituite.
Nel caso di mancata costituzione del convenuto in fase presidenziale o per la prima udienza ex art. 183 c.p.c. sarà onere del legale della parte ricorrente rinotificare il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Negoziazioni assistite

Gli accordi di negoziazione assistita verranno depositati alla Procura della Repubblica in via telematica a mezzo PEC ed il relativo provvedimento di nulla-osta o autorizzazione verrà trasmesso agli Avvocati con le medesime modalità del deposito, sempre a mezzo PEC.
L’accordo verrà quindi trasmesso dagli avvocati agli Ufficiali dello stato civile sempre via PEC (art. 6, c. 2 e 3,D. L. n. 132/2014, conv. in L. n. 3 162/2014). Ai fini del perfezionamento dell’accordo e dei successivi adempimenti, l’autografia della sottoscrizione delle parti avverrà attraverso l’identificazione da parte dei legali da remoto (art. 5, D.L. n. 132/2014, conv. in legge n. 162/2014).
Nel caso in cui la Procura della Repubblica non dovesse autorizzare gli accordi e rinviare avanti al Presidente questi fisserà udienza che potrà avvenire anche con collegamento da remoto, previo consenso dei difensori.
L’udienza si terrà con le modalità già suggerite.
*** *** *** *** *** ***
Con i migliori saluti.
Roma, li

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L’inevitabile digitalizzazione del processo civile ai tempi del coronavirus

In ragione dell’emergenza sanitaria da pandemia di covid-19, il Governo ha notoriamente adottato una serie di disposizioni volte a consentire il funzionamento del “sistema-giustizia” riducendo al minimo ogni contatto sociale. A tal fine, e soprattutto per il diritto civile, da una parte è stata potenziata l’informatizzazione di tutte quelle attività di carattere burocratico che l’avvocato svolge normalmente presso gli uffici giudiziari (i c.d. “adempimenti”, nel linguaggio della professione e della pratica forense) dall’altra, cosa inedita per il nostro ordinamento, è stata disposta la celebrazione delle udienze da remoto o in forma cartolare.


Sul primo versante, va sottolineato come l’art. 83, comma 11, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 preveda infatti che “dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico anche gli atti e documenti di cui all’articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 del medesimo articolo.” A sua volta, il richiamato art. 16-bis, comma 1-bis del d.l. 179/2012 elenchi tutti quegli atti per il quale il deposito telematico è facoltativo. In sostanza, fino al 30 giugno 2020 è fatto obbligo agli avvocati di depositare i suddetti atti telematicamente.   
Va però ricordato che, attualmente, il processo civile telematico italiano non contempla la possibilità di caricare determinato materiale, come file video. In assenza di una menzione specifica a tale problema da parte delle richiamate norme emergenziali, se ne deduce che il difensore interessato ad allegare a un atto dei documenti dall’estensione non consentita, anche nell’odierna situazione di distanziamento sociale imposto, si troverebbe costretto a recarsi fisicamente in cancelleria o nell’ufficio competente per depositare CD-ROM o supporto affine contenente i relativi file.

Per quanto riguarda l’assoluta novità introdotta nel processo civile ai tempi dell’emergenza, ossia la celebrazione “non in presenza” delle udienze,  l’art. 2, comma 2, lett. f) del d.l. 8 marzo 2020, n. 11 e l’art. 7, lett. f) e h), d.l. 17 marzo 2020, n. 83, prevedono due differenti casi:

  • Le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti. Esse sono celebrate mediante l’utilizzo di programmi di video-conferenza (Skype Business e Microsoft Teams), individuati con provvedimenti del 10 e del 20 marzo 2020 del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si tratta di una misura non esente da criticità, se si pensa – ad esempio – che i mezzi delineati dal Ministero si basano sull’invio della posta elettronica ordinaria e le disposizioni in parola non attribuiscono alla cancelleria del Giudice il compito di comunicare via PEC ai difensori data e ora del collegamento da remoto. Per colmare tale lacuna, alcuni uffici giudiziari hanno adottato la strategia di indicare il link della stanza di conversazione in un provvedimento del Giudice stesso;

  • le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori. Queste sono celebrate tramite scambio e deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.
    Il metodo in parola è stato recentemente sperimentato da Questo studio legale, in relazione a un’udienza fissata per i primi di aprile 2020 da un provvedimento cautelate inaudita altera parte della Sezione I del Tribunale di Roma che aveva ordinato a una parte di ricondurre i figli minori presso il domicilio dell’ex coniuge,  genitore collocatario principale. Con istanza congiunta, i difensori hanno chiesto al Giudice che l’udienza fosse trattata secondo una delle modalità appena descritte o, eventualmente, fosse rinviata a data successiva alla crisi sanitaria. Il Giudice ha fissato nuova udienza a pochi giorni di distanza e disposto la trattazione cartolare. A tale udienza ha fatto seguito il Decreto n. 7852 del 17.04.2020, analizzato e riportato per intero sul Nostro sito, nell’articolo Coronavirus e genitori divorziati residenti in Comuni diversi: il Tribunale di Roma modifica temporaneamente il regime di affido condiviso per garantire salute e bigenitorialità.

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Legge 22 maggio 1978, n. 194 - Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.

Legge 22 maggio 1978, n. 194

Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza

(Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 1978, n. 140)

 

Articolo 1

Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale

della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.

L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo

delle nascite.

Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e

sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia

usato ai fini della limitazione delle nascite.

 

Articolo 2

I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla

stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza:

a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi

sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;

b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro

a tutela della gestante;

c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti

nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i

quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);

d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della

gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i

fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di

associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.

La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi

necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è

consentita anche ai minori.

 

Articolo 3

Anche per l’adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari,

il fondo di cui all’articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405, è aumentato con uno stanziamento di

L. 50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto

articolo.

Alla copertura dell’onere di lire 50 miliardi relativo all’esercizio finanziario 1978 si provvede

mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di

previsione della spesa del Ministero del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è

autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

 

Articolo 4

Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi

circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero

un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue

condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o

a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito

ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura sociosanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

 

Articolo 5

Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici,

hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza

sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della

gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel

rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del

concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la

porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di

lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna,

offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.

Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari

necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il

padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della

donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli

accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della

gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare

ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie.

Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra

l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un

certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle

sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di

urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il

medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle

circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna,

attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni.

Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza,

sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi

autorizzate.

 

Articolo 6

L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;

b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o

malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della

donna.

 

Articolo 7

I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo precedente vengono accertati da un

medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento,

che ne certifica l’esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è

tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore

sanitario dell’ospedale per l’intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l’interruzione della

gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l’intervento può

essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al

di fuori delle sedi di cui all’articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al

medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della

gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e il medico che

esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.

 

Articolo 8

L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso

un ospedale generale tra quelli indicati nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132, il

quale verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie.

Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed

enti di cui all’articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di

cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18

giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.

Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di

cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetricoginecologici.

Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare

gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo:

1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in

rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell’anno precedente presso la stessa casa di

cura;

2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza,

rispetto al totale dei giorni di degenza che nell’anno precedente si sono avuti in relazione alle

convenzioni con la regione.

Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte

le case di cura.

Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati.

Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere

effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici

adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione.

Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell’articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il

documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono

titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero.

 

Articolo 9

Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle

procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando

sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve

essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o

dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente

legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire

prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con

enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.

L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al

precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua

presentazione al medico provinciale.

L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal

compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a

determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente

all’intervento.

Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo

espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione

della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla

e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.

L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività

ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è

indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.

L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende

parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al

di fuori dei casi di cui al comma precedente.

 

Articolo 10

L’accertamento, l’intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione della

gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui

all’articolo 8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto

1974, n. 386.

Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie

per il compimento della gravidanza nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto

all’assistenza mutualistica.

Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti

effettuati secondo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 5 e dal primo comma

dell’articolo 7 da medici dipendenti pubblici, o che esercitino la loro attività nell’ambito di strutture

pubbliche o convenzionate con la regione, sono a carico degli enti mutualistici, sino a che non sarà

istituito il servizio sanitario nazionale.

 

Articolo 11

L’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l’intervento è stato effettuato sono

tenuti ad inviare al medico provinciale competente per territorio una dichiarazione con la quale il

medico che lo ha eseguito dà notizia dell’intervento stesso e della documentazione sulla base della

quale è avvenuto, senza fare menzione dell’identità della donna.

Le lettere b) e f) dell’articolo 103 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con il regio decreto

27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.

 

Articolo 12

La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta

personalmente dalla donna.

Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto lo

assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni,

quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti

la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro

difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le

procedure di cui all’articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del

proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque

giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione

trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione

della gravidanza.

Qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della

minore di diciotto anni, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e

senza adire il giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione

della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se

necessario, il ricovero.

Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore

di diciotto anni le procedure di cui all’articolo 7, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la

potestà o la tutela.

 

Articolo 13

Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere

presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia

legalmente separato.

Nel caso di richiesta presentata dall’interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore.

La richiesta presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna.

Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice

tutelare, entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione

contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque

assunto dalla donna e sulla gravidanza e specie dell’infermità mentale di essa nonché il parere del

tutore, se espresso.

Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal

ricevimento della relazione, con atto non soggetto a reclamo.

Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di cui all’ultimo comma dell’articolo 8.

 

Articolo 14

Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e

le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi,

che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna.

In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro,

il medico che esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari

per la prevenzione di tali processi.

 

Articolo 15

Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del

personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e

responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle

tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose

per l’interruzione della gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono

partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad

approfondire le questioni relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai

metodi anticoncezionali e alle tecniche per l’interruzione della gravidanza.

Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono un programma annuale

d’aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali,

sanitari e assistenziali esistenti nel territorio regionale.

 

Articolo 16

Entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della

Presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della

legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione.

Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun

anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro.

Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di

specifica competenza del suo Dicastero.

Articolo 17

Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza è punito con la

reclusione da tre mesi a due anni.

Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal

comma precedente, diminuita fino alla metà.

Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste

a tutela del lavoro la pena è aumentata.

 

Articolo 18

Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la

reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza

o minaccia ovvero carpito con l’inganno.

La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a

provocare lesioni alla donna.

Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l’acceleramento del parto.

Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la

reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la

reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita.

Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.

 

Articolo 19

Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità

indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni.

La donna è punita con la multa fino a lire centomila.

Se l’interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l’accertamento medico dei casi previsti

dalle lettere a) e b) dell’articolo 6 o comunque senza l’osservanza delle modalità previste

dall’articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi.

Quando l’interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o

interdetta, fuori dei casi o senza l’osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi la

cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla

metà. La donna non è punibile.

Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre

a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da due a

cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita.

Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate se la morte o la lesione della donna

derivano dai fatti previsti dal quinto comma.

 

Articolo 20

Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l’interruzione della gravidanza sono

aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi

dell’articolo 9.

 

Articolo 21

Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 326 del codice penale, essendone venuto a

conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l’identità - o comunque divulga notizie

idonee a rivelarla - di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente

legge, è punito a norma dell’articolo 622 del codice penale.

 

Articolo 22

Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato.

Sono altresì abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo comma dell’articolo 583 del

codice penale.

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DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

(adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948)

 

Preambolo

 

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da 8 Dichiarazione universale dei diritti umani norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti

umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L'ASSEMBLEA GENERALE

Proclama la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2

Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza

distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli

schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o

degradanti.

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che

violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11

Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13

Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio

paese.

Articolo 14

Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15

Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16

Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società

e dallo Stato.

Articolo 17

Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20

Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21

Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22

Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23

Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24

Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25

Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza.

Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26

Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27

Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29

Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

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Chi paga l'IMU in caso di separazione tra i coniugi?

L‘assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, a seguito del provvedimento di separazione legale, da parte di un giudice, configura l’insorgere di un diritto di abitazione, il quale fa sorgere l’obbligo del versamento IMU in capo al coniuge assegnatario.

Con la Risoluzione n. 2/E/2013 l'Agenzia delle Entrate ha chiarito definitivamente la questione, affermando che in presenza di coniugi separati l’assegnatario della casa di abitazione sarà obbligato al pagamento dell’IMU per il suo intero ammontare

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Vendita della casa familiare assegnata: l'opponibilità del provvedimento giudiziale di assegnazione.

L’immobile assegnato ad uno dei coniugi in sede di separazione o divorzio può comunque essere oggetto di trasferimento di proprietà. Infatti, l’assegnazione è un diritto di godimento e non impedisce il cambio della titolarità del proprietario.

Il provvedimento giudiziale, però, avendo data certa può essere opposto – anche se non trascritto – al terzo acquirente. Il periodo di opponibilità sarà limitato a nove anni in caso di provvedimento non trascritto, ovvero senza limiti di tempo nel caso in cui il provvedimento sia stato trascritto (sempre che nel frattempo non sia venuta meno l’assegnazione).

Tuttavia, se la trascrizione del titolo di acquisto fosse anteriore alla data della trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione l’opponibilità sarà comunque limitata a nove anni. Di contro, nel caso in cui sia stato trascritto il solo titolo di acquisto, allora l’opponibilità varrà sempre per i nove anni ma solo nei confronti dei terzi acquirenti che erano a conoscenza della situazione di convivenza dei coniugi separati.

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Le novità introdotte dal cd. "Codice Rosso".

La Legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”), anche denominata “Codice Rosso”, ha introdotto importanti modifiche al diritto penale sostanziale e processuale.

Tra le novità in ambito procedurale, per alcuni reati come quelli di maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, gli eventuali provvedimenti di protezione delle vittime saranno adottati più celermente. Inoltre, è previsto che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, possa riferire immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale e che il pubblico ministero, nelle ipotesi ove proceda per i delitti di violenza domestica o di genere, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato (il termine di tre giorni può essere prorogato solamente in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, pure nell’interesse della persona offesa). Infine, gli atti d’indagine delegati dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria devono avvenire senza ritardo. 

È stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.

Sono stati introdotti poi 4 nuovi reati:   

 

- il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro: la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati. La condotta può essere commessa da chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, ovvero mediante l’impiego di strumenti informatici.

- il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, sanzionato con la reclusione da otto a 14 anni. Quando, per effetto del delitto in questione, si provoca la morte della vittima, la pena è l’ergastolo;

- il reato di costrizione o induzione al matrimonio, punito con la reclusione da uno a cinque anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso a danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia;

- violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, sanzionato con la detenzione da sei mesi a tre anni. 

Vengono poi inasprite le sanzioni già previste dal codice penale:

- il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, da un intervallo compreso tra un minimo di due e un massimo di sei anni, passa a un minimo di tre e un massimo di sette; 

- lo stalking passa da un minimo di sei mesi e un massimo di cinque anni a un minimo di un anno e un massimo di sei anni e sei mesi; 

- la violenza sessuale passa da sei a 12 anni, mentre prima andava dal minimo di cinque e il massimo di dieci;

- la violenza sessuale di gruppo passa a un minimo di otto e un massimo di 14, prima era punita col minimo di sei e il massimo di 12.

Da ultimo, degno di nota, è l’estensione del termine concesso alla persona offesa dal reato di violenza sessuale per sporgere querela (dagli attuali 6 mesi a 12 mesi). Vengono inoltre ridisegnate ed inasprite le aggravanti per l’ipotesi ove la violenza sessuale sia commessa in danno di minore di età ed è stata inserita un’ulteriore circostanza aggravante per il delitto di atti sessuali con minorenne: la pena è aumentata fino a un terzo quando gli atti sono posti in essere con individui minori di 14 anni, in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, pure solo promessa. Nell’omicidio viene estesa l’applicazione delle circostanze aggravanti, facendovi rientrare finanche le relazioni personali.

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Il "Codice Rosso" (Legge 19 luglio 2019, n. 69).

LEGGE 19 luglio 2019, n. 69

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. (19G00076)

(GU n.173 del 25-7-2019)

Vigente al: 9-8-2019

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga la seguente legge:

Art. 1

Obbligo di riferire la notizia del reato

1. All'articolo 347, comma 3, del codice di procedura penale, dopo le parole: « nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) » sono inserite le seguenti: « , del presente codice, o di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice penale, ».

Art. 2

Assunzione di informazioni

1. Dopo il comma 1-bis dell'articolo 362 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:

«1-ter. Quando si procede per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa».

Art. 3

Atti diretti e atti delegati

1. Dopo il comma 2 dell'articolo 370 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Se si tratta di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5, 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, la polizia giudiziaria procede senza ritardo al compimento degli atti delegati dal pubblico ministero.

2-ter. Nei casi di cui al comma 2-bis, la polizia giudiziaria pone senza ritardo a disposizione del pubblico ministero la documentazione dell’attività nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 357».

Art. 4

Introduzione dell'articolo 387-bis del codice penale in materia di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa

1. Dopo l'articolo 387 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 387-bis (Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384-bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».

Art. 5

Formazione degli operatori di polizia

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo di Polizia penitenziaria attivano presso i rispettivi istituti di formazione specifici corsi destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di cui agli articoli 1, 2 e 3 o che interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate. La frequenza dei corsi è obbligatoria per il personale individuato dall'amministrazione di appartenenza.

2. Al fine di assicurare l’omogeneità dei corsi di cui al comma 1, i relativi contenuti sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa.

Art. 6

Modifica all'articolo 165 del codice penale in materia di sospensione condizionale della pena

1. All'articolo 165 del codice penale, dopo il quarto comma è inserito il seguente:

«Nei casi di condanna per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché' agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati».

 2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero di cui all'articolo 165 del codice penale, come modificato dal citato comma 1, sono a carico del condannato.

Art. 7

Introduzione dell'articolo 558-bis del codice penale in materia di costrizione o induzione al matrimonio 1. Dopo l'articolo 558 del codice penale è inserito il seguente:

 «Art. 558-bis (Costrizione o induzione al matrimonio). - Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto.

La pena è da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia».

Art. 8

Modifica all'articolo 11 della legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di misure in favore degli orfani per crimini domestici e delle famiglie affidatarie

1. All'articolo 11 della legge 11 gennaio 2018, n. 4, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. La dotazione del Fondo di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, come modificato dall'articolo 14 della legge 7 luglio 2016, n. 122, è incrementata di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, per le seguenti finalità a valere su tale incremento:

a) una quota pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 è destinata all'erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell’attività lavorativa ai sensi delle disposizioni della presente legge, assicurando che almeno il 70 per cento di tale somma sia destinato agli interventi in favore dei minori e che la quota restante, ove ne ricorrano i presupposti, sia destinata agli interventi in favore dei soggetti maggiorenni economicamente non autosufficienti;

b) una quota pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020 è destinata, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 5, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie, secondo criteri di equità fissati con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione».

2. Alla copertura dei maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

Art. 9

Modifiche agli articoli 61, 572 e 612-bis del codice penale, nonché' al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

1. All'articolo 61, numero 11-quinquies, del codice penale, le parole: «, contro la libertà personale nonché' del delitto di cui all'articolo 572,» sono sostituite dalle seguenti: «e contro la libertà personale,».

2. All'articolo 572 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «da due a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sette anni»;

b) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato.».

3. All'articolo 612-bis, primo comma, del codice penale, le parole:

«da sei mesi a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a sei anni e sei mesi».

4. All'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole: «del delitto di cui all'articolo 612-bis» sono sostituite dalle seguenti: «dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis».

5. All'articolo 8, comma 5, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole da: «di cui» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter), il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori».

Art. 10

Introduzione dell'articolo 612-ter del codice penale in materia di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti 1. Dopo l'articolo 612-bis del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 612-ter (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché' quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio».

Art. 11

Modifiche all'articolo 577 del codice penale 1. All'articolo 577 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, numero 1, dopo le parole: «o il discendente» sono inserite le seguenti: «anche per effetto di adozione di minorenne» e le parole: «o contro la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente» sono sostituite dalle seguenti: «o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva»;

b) al secondo comma, dopo le parole: «l'altra parte dell'unione civile, ove cessata,» sono inserite le seguenti: «la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate,» e dopo le parole: «la sorella,» sono inserite le seguenti:

«l'adottante o l'adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile,»;

c) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

«Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 62, numero 1, 89, 98 e 114, concorrenti con le circostanze aggravanti di cui al primo comma, numero 1, e al secondo comma, non possono essere ritenute prevalenti rispetto a queste».

Art. 12

Modifiche al codice penale in materia di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, nonché modifiche all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 1. Dopo l'articolo 583-quater del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 583-quinquies (Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso). - Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni.

La condanna ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno».

2. All'articolo 576, primo comma, numero 5, del codice penale, dopo la parola: «572,» è inserita la seguente: «583-quinquies,».

3. All'articolo 583, secondo comma, del codice penale, il numero 4 è abrogato.

4. All'articolo 585, primo comma, del codice penale, dopo la parola: «583-bis» è inserita la seguente: «, 583-quinquies».

5. All'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1-quater, dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» è inserita la seguente: «583-quinquies,»;

b) al comma 1-quinquies, dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» è inserita la seguente: «583-quinquies,».

Art. 13

Modifiche agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-septies e 609-octies del codice penale

1. All'articolo 609-bis, primo comma, del codice penale le parole:

«da cinque a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dodici anni».

2. All'articolo 609-ter del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma:

1) all'alinea, le parole: «La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo 609-bis» sono sostituite dalle seguenti: «La pena stabilita dall'articolo 609-bis è aumentata di un terzo se i fatti ivi previsti»;

2) il numero 1) è sostituito dal seguente:

«1) nei confronti di persona della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il tutore»;

3) il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto»;

b) il secondo comma è sostituito dal seguente:

«La pena stabilita dall'articolo 609-bis è aumentata della metà se i fatti ivi previsti sono commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici. La pena è raddoppiata se i fatti di cui all'articolo 609-bis sono commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci».

3. All'articolo 609-quater del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«La pena è aumentata se il compimento degli atti sessuali con il minore che non abbia compiuto gli anni quattordici avviene in cambio

di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessi»;

b) al terzo comma, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattro anni».

4. All'articolo 609-septies del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «articoli 609-bis, 609-ter e 609-quater» sono sostituite dalle seguenti: «articoli 609-bis e 609-ter»;

b) al secondo comma, la parola: «sei» è sostituita dalla seguente: «dodici»;

c) al quarto comma, il numero 5) è abrogato.

5. All'articolo 609-octies del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, le parole: «da sei a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a quattordici anni»;

b) al terzo comma, le parole: «La pena è aumentata se concorre taluna delle» sono sostituite dalle seguenti: «Si applicano le».

Art. 14

Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e agli articoli 90-bis e 190-bis del codice di procedura penale

1. Dopo l'articolo 64 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

 «Art. 64-bis (Trasmissione obbligatoria di provvedimenti al giudice civile). - 1. Ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età o all'esercizio della potestà genitoriale, copia delle ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, del provvedimento con il quale è disposta l'archiviazione e della sentenza emessi nei confronti di una delle parti in relazione ai  reati previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, nonché' dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale è trasmessa senza ritardo al giudice civile procedente».

2. All'articolo 90-bis, comma 1, lettera p), del codice di procedura penale, le parole: «e alle case rifugio» sono sostituite dalle seguenti: «, alle case rifugio e ai servizi di assistenza alle vittime di reato».

3. All'articolo 190-bis, comma 1-bis, del codice di procedura penale, le parole: «anni sedici» sono sostituite dalle seguenti:

«anni diciotto».

Art. 15

Modifiche agli articoli 90-ter, 282-ter, 282-quater, 299 e 659 del codice di procedura penale

1. All'articolo 90-ter del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Le comunicazioni previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché' dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale».

2. Al comma 1 dell'articolo 282-ter del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis».

3. Al comma 1 dell'articolo 282-quater del codice di procedura penale, dopo le parole: «alla parte offesa» sono inserite le seguenti: «e, ove nominato, al suo difensore».

4. Al comma 2-bis dell'articolo 299 del codice di procedura penale, le parole: «al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa» sono sostituite dalle seguenti: «alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore».

5. Dopo il comma 1 dell'articolo 659 del codice di procedura penale e' inserito il seguente:

«1-bis. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato per

uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché' dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore».

Art. 16

Modifica all'articolo 275 del codice di procedura penale 1. All'articolo 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale, dopo la parola: «612-bis» è inserita la seguente: «, 612-ter».

Art. 17

Modifiche all'articolo 13-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento psicologico per i condannati per reati  sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per  atti persecutori

1. All'articolo 13-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «nonché' agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in danno di persona minorenne» sono sostituite dalle seguenti: «nonché' agli articoli 572, 583-quinquies, 609-bis, 609-octies e 612-bis del medesimo codice»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Le persone condannate per i delitti di cui al comma 1 possono essere ammesse a seguire percorsi di reinserimento nella societa' e di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti enti o associazioni e gli istituti penitenziari»;

c) la rubrica e' sostituita dalla seguente: «Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori».

Art. 18

Modifica all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in materia di riequilibrio territoriale dei centri antiviolenza 1. All'articolo 5-bis, comma 2, lettera d), del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, le parole da: «, riservando un terzo» fino alla fine della lettera sono soppresse.

Art. 19

Modifiche al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, recante attuazione della direttiva 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato 1. Al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, le parole: «la procura generale della Repubblica presso la corte d'appello» sono sostituite, ovunque ricorrono, dalle seguenti: «la procura della Repubblica presso il tribunale»;

b) all'articolo 3, comma 1, le parole: «procura generale della Repubblica presso la corte d'appello» sono sostituite dalle seguenti:

«procura della Repubblica presso il tribunale»;

c) all'articolo 4, le parole: «procura generale della Repubblica presso la corte d'appello» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «procura della Repubblica presso il tribunale»;

d) all'articolo 7, comma 1, le parole: «delle procure generali presso le corti d'appello» sono sostituite dalle seguenti: «delle procure della Repubblica presso i tribunali».

Art. 20

Modifica all'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, in  materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali  violenti

1. All'articolo 11, comma 2, della legge 7 luglio 2016, n. 122, dopo le parole: «secondo comma, del codice penale» sono inserite le seguenti: «nonche' per il delitto di deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui all'articolo 583-quinquies del codice penale».

Art. 21

Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 19 luglio 2019

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei ministri

Bonafede, Ministro della giustizia

Visto, il Guardasigilli: Bonafede

 

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La legittima difesa dopo l'entrata in vigore della L. 26 aprile 2019, n. 102.

La riforma della legittima difesa (26 Aprile 2019, n. 102) ha profondamente modificato le regole della legittima difesa all'interno di case o luoghi di lavoro. La legittima difesa all'esterno di case o luoghi di lavoro è tuttora regolata dalla legge del 1930, mentre la nuova legge distingue tra legittima difesa contro un aggressore che entra nella casa o nel luogo di lavoro senza violenza o minaccia e aggressore che lo fa con violenza o minaccia. 

Nel primo caso, la legge del 13 Febbraio 2006 n. 59 è stata confermata (stabiliva che la proporzionalità della reazione doveva essere considerata 'presunta': così, qualsiasi forma di reazione era giustificata, anche contro l'aggressore, per proteggere i propri beni patrimoniali (confermando, comunque, gli altri elementi di scriminante, come la rilevanza del pericolo). 

Nel secondo caso, tutti gli elementi di scriminante sono stati considerati ' presunti' (la persona che si difende agisce sempre per legittima difesa): così, il diritto di legittima difesa si trasforma in licenza di uccidere e viola chiaramente ciò che è stabilito dalla Costituzione italiana e dalle regole Cedu. 

Per quanto riguarda il secondo caso, la legge del 2019 ha anche stabilito che, in caso di eccesso di legittima difesa, la punizione sia sempre esclusa per chi ha agito in condizione di 'grave turbamento', offrendo così ulteriore impunità a coloro che eccedono nella legittima difesa. Infatti, è ragionevole ritenere che, tenendo in considerazione quanto sia difficile stabilire il livello di 'turbamento', il giudice tenderà a riconoscere la gravità del turbamento e perciò a considerare non punibile chi colpevolmente ha reagito superando i limiti della scriminante.

 

Di seguito, pubblichiamo il testo della riforma:

 

LEGGE 26 aprile 2019, n. 36 


Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa. (19G00042) 

 

(GU n. 102 del 3-5-2019)

 

Vigente al: 18-5-2019 

 

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; 


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 

 

Promulga 

 

la seguente legge: 

 

Art. 1 

Modifiche all'articolo 52 del codice penale  

1. All'articolo 52 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: 

a) al secondo comma, dopo la parola: «sussiste» e' inserita la seguente: «sempre»; 

b) al terzo comma, le parole: «La disposizione di cui al secondo comma si applica» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano»; 

c) dopo il terzo comma, e' aggiunto il seguente: «Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o piu' persone». 

Art. 2 

Modifica all'articolo 55 del codice penale  

1. Dopo il primo comma dell'articolo 55 del codice penale e' aggiunto il seguente: «Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilita' e' esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumita' ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5)
ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto». 

Art. 3 

Modifiche all'articolo 165 del codice penale  

1. All'articolo 165 del codice penale, dopo il quinto comma e' aggiunto il seguente: «Nel caso di condanna per il reato previsto dall'articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena e' comunque subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa». 

Art. 4 

Modifiche all'articolo 614 del codice penale  

1. All'articolo 614 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: 

a) al primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; 

b) al quarto comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni». 

Art. 5 

Modifiche all'articolo 624-bis del codice penale  

1. All'articolo 624-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: 

a) al primo comma, le parole: «da tre a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a sette anni»; 

b) al terzo comma, le parole: «da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000» sono sostituite dalle seguenti: «da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500». 

Art. 6 

Modifiche all'articolo 628 del codice penale  

1. All'articolo 628 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: 

a) al primo comma, la parola: «quattro» e' sostituita dalla seguente: «cinque»; 

b) al terzo comma, alinea, la parola: «cinque» e' sostituita dalla seguente: «sei» e le parole: «da euro 1.290 a euro 3.098» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 2.000 a euro 4.000»; 

c) al quarto comma, la parola: «sei» e' sostituita dalla seguente: «sette» e le parole: «da euro 1.538 a euro 3.098» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 2.500 a euro 4.000». 

Art. 7 

Modifica all'articolo 2044 del codice civile  

1. All'articolo 2044 del codice civile sono aggiunti, infine, i seguenti commi: 

«Nei casi di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, la responsabilita' di chi ha compiuto il fatto e' esclusa. 

Nel caso di cui all'articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato e' dovuta una indennita' la cui misura e' rimessa all'equo apprezzamento del giudice, tenuto altresi' conto della gravita', delle modalita' realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato». 

Art. 8 

Disposizioni in materia di spese di giustizia  

1. Dopo l'articolo 115 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e' inserito il seguente: 

«Art. 115-bis (L) (Liquidazione dell'onorario e delle spese per la difesa di persona nei cui confronti e' emesso provvedimento di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento nel caso di legittima difesa). - 1. L'onorario e le spese spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte di persona nei cui confronti e' emesso provvedimento di archiviazione motivato dalla sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale o sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento perche' il fatto non costituisce reato in quanto commesso in presenza delle condizioni di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale nonche' all'articolo 55, secondo comma, del medesimo codice, sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalita' previste dagli articoli 82 e 83 ed e' ammessa opposizione ai sensi dell'articolo 84. Nel caso in cui il difensore sia iscritto nell'albo degli avvocati di un distretto di corte d'appello diverso da quello dell'autorita' giudiziaria procedente, in deroga all'articolo 82, comma 2, sono sempre dovute le spese documentate e le indennita' di trasferta nella misura minima consentita. 

2. Nel caso in cui, a seguito della riapertura delle indagini, della revoca o della impugnazione della sentenza di non luogo a procedere o della impugnazione della sentenza di proscioglimento, sia pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, lo Stato ha diritto di ripetere le somme anticipate nei confronti della persona condannata». 

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in 590.940 euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia. 

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 

Art. 9 

Modifica all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale  

1. Al comma 1 dell'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo la lettera a-bis) e' inserita la seguente: «a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale». 

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. 

Data a Roma, addi' 26 aprile 2019 


MATTARELLA 


Conte, Presidente del Consiglio dei ministri 


Visto, il Guardasigilli: Bonafede


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Il mancato riconoscimento anagrafico dei minori nati all’estero da maternità surrogata

Nel nostro ordinamento giuridico è posto l’esplicito divieto della gestazione per altri o maternità surrogata in quanto contraria alle disposizioni in materia di adozione dei minori. A tale scopo il comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40 vieta questa pratica asserendo che “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”. La surrogazione di maternità quindi, integra la fattispecie di affidamento illegale di minore, anche se fatta senza fini di lucro.

Tuttavia tale pratica non è altrettanto vietata in altri paesi del mondo, tra i quali il Canada, nel quale è consentita la surrogazione di maternità purché avvenga a titolo gratuito. In tali ipotesi il giudice straniero, in seguito alla nascita del neonato, accerta il rapporto di filiazione tra il minore ed il c.d. genitore d’intenzione ovvero colui che non ha alcun rapporto biologico.

Tale attività è stata oggetto di attenta analisi da parte della Corte di Cassazione, in seguito alla richiesta avanzata da una coppia omossessuale di Trento, sposata secondo la legge canadese ed esercenti la potestà genitoriale nei confronti di due minori, cittadini sia italiani che canadesi, nati grazie all’utilizzo della maternità surrogata, che aveva chiesto la trascrizione negli atti dello stato civile del Comune di Trento del provvedimento di accertamento di genitorialità precedentemente emesso dalla Corte di Giustizia dell’Ontario.

La questione è stata dapprima analizzata dalla Corte di Appello di Trento, dove la coppia aveva fatto ricorso a fronte del rifiuto della richiesta di trascrizione, la quale aveva accolto la domanda dei ricorrenti ritenendo che il giusto parametro in virtù del quale valutare la spettanza del riconoscimento dell’efficacia del provvedimento straniero sia costituito dalla compatibilità dello stesso con l’ordine pubblico internazionale; secondo i giudici d’appello infatti la nozione di ordine pubblico deve comporsi non solo dei principi fondamentali della Costituzione ma anche dei diritti fondamentali dell’uomo individuati nei Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e della CEDU. Di conseguenza, in merito al divieto posto dalla legge n.40/2004 i giudici di merito hanno ritenuto che lo stesso non possa rappresentare valido ostacolo alla tutela del superiore interesse dei minori non costituendo espressione di alcun principio fondamentale costituzionalmente tutelato.

Avverso tale ordinanza però, proponevano ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero, il Ministero dell’Interno e il Sindaco di Trento ai quale resisteva con controricorso la coppia di genitori. 

Il tema ha sollevato delicatissime questioni di diritto oltre che etiche, ed è stato infatti diversamente affrontato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno statuito che non è consentito trascrivere in Italia nei registri di stato civile il provvedimento straniero che riconosce il rapporto di filiazione tra il minore e il componente di una coppia gay uniti da alcun legame biologico, visto l’utilizzo della maternità surrogata. Le Sezioni Unite hanno argomentato tale decisione affermando che, pur riconoscendo valore nel nostro ordinamento ai principi e valori giuridici emergenti dal processo di armonizzazione tra gli ordinamenti, ciò non è sufficiente a condurre i giudici di legittimità ad elidere il divieto della surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma sesto imposto  della legge n.40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull’interesse del minore, nell’ambito di un bilanciamento effettuato  direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione. La legge sopra richiamata rappresenta, per quanto non contraddista da un contenuto costituzionalmente vincolato, una norma “costituzionalmente necessaria” atta a definire l’esatto punto di equilibrio tra contrapposte esigenze.

Per tale ragione che la Corte di Cassazione ha posto l’esplicito divieto alla trascrizione all’anagrafe italiana dell’atto di filiazione di minori concepiti all’estero tramite utero in affitto, per i genitori che non hanno alcun rapporto biologico con i minori. A tal riguardo ha richiamato la giurisprudenza della Corte EDU la quale non ha ravvisato nei casi in cui non fosse riconosciuto il rapporto di filiazione con genitore intenzionale alcuna violazione del minore alla vita familiare. Il legame biologico o genetico rappresenta dunque anche a parere della Corte EDU il limite oltre il quale interviene la discrezionalità del legislatore statale il quale individua le soluzioni più appropriate per la costituzione del rapporto genitoriale.

Le Sezioni Unite concludono stabilendo che il rapporto di filiazione ottenuto da madre surrogata non può essere riconosciuto in Italia anche se attestato da un giudice straniero; tuttavia nel nostro ordinamento vi sono strumenti legislativi, come l’adozione in casi particolari, in grado di tutelare l’interesse del minore, pur ove esso subisca una limitazione a fronte di diritti invece altrimenti non tutelabili, e al contempo l’interesse di un soggetto, a realizzare il proprio progetto di genitorialità pur in assenza di legami biologici.

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Disconoscimento paternità.

In tema di disconoscimento di paternità, il quadro normativo (art. 30 Cost, art. 24 Cost., comma 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE, e art. 244 cc) e giurisprudenziale attuale impone un bilanciamento fra il diritto all'identità personale legato all'affermazione della verità biologica e l'interesse alla certezza degli status ed alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatesi all'interno di una famiglia, specie quando trattasi di un minore infraquattordicenne.

Tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, ma occorre un accertamento in concreto dell'interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di uno sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale.

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La maggiore età dell’adottando.

Se durante il procedimento per l’adottabilità l’adottando raggiunge la maggiore età, il processo si estingue per cessazione della materia del contendere perché il risultato del procedimento non è più conseguibile.

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Legittimazione al risarcimento del danno: art. 82 GDPR.

L’art. 82 GDPR dispone che il risarcimento del danno riguardi i danni "materiali e immateriali", ricalcando la formulazione inglese “material or non-material damage” e richiamando il concetto di “danno patrimoniale” e “danno non patrimoniale”. Questo articolo prevede che il legittimato passivo sia in primo luogo il titolare del trattamento coinvolto nelle operazioni di trattamento, ma l’elemento innovativo concerne il riconoscimento della legittimazione passiva anche in capo al responsabile del trattamento. Bisogna specificare però che il responsabile è tenuto al risarcimento quando: 1) ha agito in modo difforme o contrario alle istruzioni impartite dal titolare del trattamento violando l’obbligo contrattuale, 2) quando il titolare ha violato gli obblighi posti a suo carico dal GDPR.

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L'autonomia negoziale dei coniugi in ambito internazionale e la scelta della normativa applicabile in caso di separazione o divorzio.

L’Italia, avendo dato vita con altri sedici Stati membri ad una cooperazione rafforzata, risulta oggi vincolata al reg. (UE) n. 1259/2010. L’applicazione di tale regolamento comporta quasi il totale superamento della disciplina prevista dall’art 31 della L. 31 maggio 218 del 1995 che individua, come legge da applicare alla separazione e allo scioglimento, la legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio ed aggiunge che “in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata”. Infatti l’ambito applicativo della nuova disciplina è pressoché universale poiché la scelta del diritto da applicare può ricadere, non solo sulla disciplina di uno stato non partecipante alla cooperazione rafforzata, ma anche su quella di uno stato non membro dell’UE.

La portata innovativa è di tutta evidenza: mentre l’art 31 comma 1 non dà alcun rilievo alla volontà dei coniugi, con le novità apportate dal reg. UE n. 1259 del 2010 si assiste al tralignamento dell’autonomia internazionalprivatistica. L’art 5 del regolamento conferisce all’optio legis delle parti un rilievo primario. Si demanda ai soggetti la scelta della normativa applicabile permettendo di selezionarla all’interno di un catalogo di leggi predeterminate e, in ipotesi, financo adottate oltreoceano.

Occorre precisare che si tratta di una scelta orientata: è il legislatore a individuare il novero delle leggi entro il quale le parti potranno esercitare la loro scelta. L’art 5 par 1 stabilisce che la scelta può avere ad oggetto: “ a) la legge dello Stato di residenza abituale dei coniugi; b) la legge dello Stato di ultima residenza abituale dei coniugi, a condizione che uno dei due vi risieda ancora al momento dell'accordo; c) la legge dello Stato di cittadinanza dei coniugi ovvero di uno soltanto di essi- in tutti i casi, da accertarsi al momento dell'accordo - e, infine, d) la legge del foro.

È un dato empirico che la scelta dei coniugi ricade più frequentemente sul diritto di ordinamenti (come quello albanese e rumeno) che, al contrario di quello italiano, non prevedono la necessità del previo periodo di separazione ai fini dell’ottenimento di una pronuncia di divorzio. La legittimità di una scelta di questo tipo non può essere in nessun modo contestata, non trovando origine la ratio della previsione di un previo periodo di separazione in uno dei principi fondamentali dell’ordinamento. Non possono quindi essere invocate ragioni attinenti alla salvaguardia dell’ordine pubblico.

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Il testamento olografo e le sue caratteristiche.

E’ una forma di testamento scritto interamente a mano dal testatore datato (precisando giorno, mese e anno) e sottoscritto dal medesimo. In assenza di uno di questi tre requisiti, il testamento è nullo ai sensi del primo comma dell’art. 606 del codice civile. Quindi non sono validi i testamenti scritti in tutto o in parte con l’ausilio di strumenti meccanografici e quelli scritti con mano guidata da altri.

Sono ammesse correzioni e aggiunte per mano di terzi purché siano irrilevanti e non mutino la sostanza del testamento. In caso contrario tali aggiunte comportano la nullità del testamento.

Il testamento olografo è una scrittura privata liberamente redatta dal testatore; pur essendo sempre possibile depositarlo presso un notaio per garantire una più sicura conservazione del documento, ciò deve avvenire alla presenza obbligatoria di testimoni e non produce nessun effetto giuridico.

 Ai sensi dell’art. 608 del codice civile è sempre possibile per il testatore ritirare il testamento già depositato presso il notaio. Tale ritiro non influisce sulla validità del testamento e non implica la volontà del testatore di revocarlo.

In più è sempre possibile per il testatore modificare le previsioni precedentemente scritte. 

Gli eredi possono instaurare un giudizio per accertare la veridicità del testamento.

La Corte di Cassazione ha stabilito più volte che in tale giudizio la perizia grafologica deve necessariamente essere condotta sull’originale del documento. Questo per garantire che il perito rinvenga tutti gli elementi essenziali al fine di stabilire la veridicità del testamento. (ex multis Cass., Sez. VI, Ord. N. 711/2018).

Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 12307 del 15/06/2015 hanno stabilito che “la parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l'onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo.”

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Il procedimento di ingiunzione.

Il procedimento di ingiunzione (artt. 633 e ss.) è una forma speciale e abbreviata del normale processo di condanna, dal quale differisce per la struttura, perché all’accertamento contenzioso è sostituita una cognizione sommaria, inizialmente senza contraddittorio, con la quale si giunge a decreto di condanna. Contro quest’ultimo il debitore può fare opposizione, instaurando un giudizio a cognizione piena che si svolge con tutte le garanzie del contraddittorio. Il procedimento di ingiunzione è dunque, diretto a far conseguire, al creditore che se ne avvalga, una pronuncia di condanna in forme più agili e spedite rispetto a quelle tipiche della cognizione ordinaria. La competenza ad emanare il decreto appartiene al Giudice di pace o al Tribunale monocratico.

Secondo l’art. 633 c.p.c può ottenere un decreto ingiuntivo:

·         Chi è creditore di una somma di denaro liquida, o di una determinata quantità di cose fungibili;

·         Chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata;

·         Gli avvocati, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e chiunque abbia prestato la sua opera in occasione di un processo, per il pagamento di onorari dovuti per le loto prestazioni giudiziali;

·         I notai ed altri esercenti una libera professione o arte per la quale esiste una tariffa legalmente approvata , per onorari o rimborsi di spese.

La prova che il creditore deve fornire in ordine alla esistenza del suo diritto è una prova scritta.

La domanda d’ingiunzione si propone con ricorso, il quale, oltre i requisiti generali di ogni atto di parte indicati nell’art.125, deve contenere:

-          L’indicazione delle prove che si producono (il titolo);

-          L’indicazione del procuratore del ricorrente, oppure, quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel Comune dove ha sede il giudice adito; in mancanza le notificazioni possono essere fatte presso la cancelleria;

-          Se la domanda riguarda la consegna di cose fungibili, essa deve contenere anche la dichiarazione della somma di denaro che il ricorrente è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell’altra parte.

Il ricorso va depositato in cancelleria insieme con i documenti che si allegano. Il giudice emette, quindi, la decisione sulla base delle prove documentali fornite inaudita altera parte.

Depositati il ricorso ed i documenti, possono verificarsi due ipotesi:

1.      Rigetto della domanda (art. 640). Se il giudice ritiene non sufficientemente giustificata la domanda, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla prova. Se il ricorrente non vi provvede o, se la domanda non è accoglibile, il giudice, ove il ricorso non venga ritirato, lo rigetta con decreto motivato. Il decreto di rigetto non pregiudica, però la possibilità di riproporre la domanda.

2.      Accoglimento della domanda (art. 641). Se esistono le condizioni previste dall’art. 633, quindi, il ricorso è accoglibile, il giudice pronuncia decreto motivato col quale ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose richieste, nel termine di 40 giorni, con l’avvertimento espresso che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che , in mancanza di questa, si procederà ad esecuzione forzata.

Tuttavia il termine per il pagamento o per la consegna non viene sempre concesso al debitore, in quanto il  giudice, su istanza del ricorrente, può ingiungere al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto (decreto immediatamente esecutivo), nei casi previsti dall’art. 642 c.p.c.

Il decreto, insieme con il ricorso, deve essere notificato all’ingiunto, e dalla data di notifica decorre il termine per l’opposizione e per il pagamento. Il decreto diviene inefficace se non è notificato entro 60 giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica, 90 giorni negli altri casi (art.644). La domanda però può essere riproposta.

L’opposizione è il mezzo con cui l’ingiunto, che ritenga ingiusta la condanna, impugna il decreto. L’opposizione si propone con atto di citazione davanti allo stesso ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice monocratico che ha emesso il decreto ingiuntivo, nel termine di 40 giorni. Il giudizio si svolge nelle forme del procedimento ordinario davanti al giudice adito.

 

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Il diritto di avere animali nel condominio

La riforma del 2012 sul condominio ha rinnovato la disciplina relativa alla tenuta degli animali nelle abitazioni. A tal proposito, all’art. 1138 c.c. riguardante il regolamento di condominio, è stato inserito un ultimo comma che sostiene che le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. In sede di approvazione del testo di tale articolo si è preferito utilizzare il termine “domestico” anziché “animale da compagnia”, poiché il termine “animale domestico” dal punto di vista legale appare diverso e più ristretto rispetto a quello “animale da compagnia”. Tale modifica però non ha evitato equivoci in materia che al contrario sono aumentati. Il rischio dell’ambiguo aggettivo “domestico” è infatti quello di incrementare le liti condominiali e l’abbandono degli animali stessi.

La confusione interpretativa è stata provocata anche dal fatto che non esiste una definizione legislativa volta ad identificare quali animali sono da considerare domestici. 

Le cose sono completamente differenti per quanto riguarda il caso dell’inquilino che invece di acquistare l’abitazione nel condominio, prende in affitto un appartamento all’interno dello stesso. In questo caso la normativa da la possibilità al proprietario, nel contratto di locazione, di impedire allo stesso di introdurre in casa qualsiasi animale domestico.

Per quanto invece concerne la detenzione di animali “selvatici” in Italia essa è vietata in particolare se tali animali sono reputati pericolosi o rientrano in specie protette (ad esempio ratti, canguri, lemuri, serpenti, tartarughe, orsi lavoratori, lupi, cinghiali, volpi). Questo divieto se non viene rispettato può comportare severe conseguenze stabilite dalla legge n. 150 del 1992. L’art. 6 comma 1 della predetta legge vieta a chiunque di commerciare o detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici che possono costituire pericolo per la salute o l’incolumità pubblica, pena l’applicazione di severe sanzioni penali che come precisa la legge n. 68/2015 possono essere dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da euro quindicimila a centocinquantamila. Gli animali che vengono tenuti illegalmente dovranno essere confiscati.

La Convenzione CITIES ha consentito invece di poter detenere alcune specie esotiche (pappagalli, rettili, scimmie, volpi) ma solo previa autorizzazione e con un permesso contenente tutti i dati relativi all’animale.

Quindi qualora non vi sia un esplicito divieto approvato all’unanimità da tutti i condomini si ritiene consentita la detenzione di tutti gli animali non vietati dalla legge e che non creino un pericolo per la salute e l’incolumità.

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Ex coniugi: reddito di cittadinanza o assegno di mantenimento?

L’obiettivo del reddito di cittadinanza è fornire a tutti disoccupati in cerca di una nuova occupazione un reddito mensile di circa 780 euro.

Nella bozza di decreto attuativo della misura prevista dalla legge di bilancio 2019, il richiedente e tutti i componenti del nucleo familiare beneficiario si dovranno attivare per cercare un posto di lavoro, pena la perdita del sostegno economico per tutto il nucleo familiare.

Tale condizione non opera in caso in cui si chieda la “pensione di cittadinanza”, ma è esclusa per i componenti del nucleo beneficiario del reddito di cittadinanza pensionati o con età superiore a 65 anni.

Da marzo chi vorrà chiedere il reddito di cittadinanza dovrà presentare anche la DID a nome di tutti i componenti il nucleo familiare in età da lavoro, purché non già occupati e non frequentanti un corso di studio o di formazione. Gli stessi dovranno collaborare alla definizione del “patto per il lavoro” (ossia un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale) con gli operatori del centro per l’impiego o dei servizi sociali del comune di residenza.

Si dovranno accettare gli obblighi e gli impegni previsti nel “patto per il lavoro”, tra cui quello di eseguire corsi di formazione, di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue e di offrire la propria disponibilità alla partecipazione a progetti gestiti dal comune di residenza, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni, per almeno otto ore settimanali.

Cosa succede se il richiedente il reddito di cittadinanza è una donna separata che percepisce anche l’assegno di mantenimento dal marito?

Se l’assegno di mantenimento percepito è superiore ai 780 euro previsti del reddito di cittadinanza le sarà impedito di ottenere la nuova misura di sostentamento, se invece l’assegno di mantenimento dovesse prevedere una cifra inferiore potrebbe essere possibile la concessione alla donna separata di un’integrazione in modo da percepire, sommando le due somme, 780 euro mensili.

Invece nel caso in cui l’ex moglie, dopo il divorzio, dovesse ottenere il reddito di cittadinanza, sarebbe possibile per l’ex marito chiedere al giudice di annullare o modificare le condizioni di mantenimento in favore della ex coniuge. E tale istanza potrebbe essere anche accolta alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali che vedrebbero tutte le donne autonome e lavoratrici.

Tuttavia questo scenario è plausibile se la donna in questione è giovane e con esperienze lavorative precedenti: in questo caso le sarebbe facile trovare una nuova occupazione e usufruire soltanto del reddito di cittadinanza in attesa delle nuove proposte lavorative.

Diversa è l’ipotesi in cui l’ex moglie è una donna non più giovane che si è sempre occupata soltanto della casa e della famiglia: in questo caso sarebbe meglio continuare a percepire l’assegno di mantenimento. Ciò per ben due ordini di motivi: poiché ancora non è certo che gli ex coniugi abbiano diritto a richiedere il reddito di cittadinanza e perché non è ancora possibile capire quanto a lungo durerà questa misura e sarà mantenuta dai prossimi Governi.

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La responsabilità medica conseguente al danno iatrogeno.

Il danno iatrogeno differenziale rappresenta una sorta di danno biologico. Può altersì essere definito come pregiudizio alla salute collegato all’aggravamento di una lesione o di una patologia, derivato dal comportamento colposo di un sanitario, imputabile alla colpa di un terzo o a cause naturali. Tale pregiudizio sussiste nelle seguenti situazioni: per errore del medico; aggravamento o mancata guarigione della lesione alla salute; la presenza di una lesione alla salute; l’intervento di un operatore sanitario per far fronte a tale condizione di salute.

Da notare è che la lesione originaria alla salute di un soggetto, sulla quale poi si unisce il danno iatrogeno differenziale, può dipendere da due situazioni: o dal caso fortuito, da forza maggiore o dalla condotta di un terzo incolpevole; oppure da una condotta umana di un terzo colpevole.

È opportuno evidenziare che l’aggravamento della lesione preesistente per colpa del medico è rappresentato dallo stabilizzarsi di disturbi che il danneggiato avrebbe evitato altrimenti o in quanto sarebbe guarito o perché sarebbe guarito con disturbi permanenti ma di entità minore rispetto a quelli consolidatesi. In tale ipotesi si pone la questione se il medico che abbia causato l’aggravamento o la mancata guarigione debba rispondere dell’intero danno del paziente o solo pro quota del danno a lui addebitato. Sembrerebbe giusto dire che il medico risponda solo del danno a lui addebitabile cioè derivante dalle azioni da lui commesse, in realtà però il legislatore prima e la giurisprudenza ermellini poi hanno ritenuto che il medico debba rispondere dell’intero danno cagionato al paziente indipendentemente dal fatto che la lesione sia dovuta per caso fortuito o forza maggiore o per colpa di un terzo.

La modalità di quantificazione del danno nel caso in cui il creditore agisca per il solo danno iatrogeno differenziale e non per l’intero danno, è prassi di alcuni uffici giudiziari chiedere al C.T.U quale sia il grado di invalidità permanente residuato al danneggiato, e quanta parte dello stesso sia stato causato dalla lesione originaria. Così l’ausiliario dovrà fornire a tal proposito due valutazioni percentuali: una prima valutazione riguardante il danno originario, una seconda riguardante il danno iatrogeno differenziale. Una volta quantificate tali percentuali, si valuta la differenza tra la percentuale di invalidità in cui versa il danneggiato e la percentuale di invalidità che ci sarebbe comunque stata a seguito dell’intervento chirurgico così ottenendo la liquidazione del danno de quo. Questa modalità di calcolo del danno, consistente nel sottrarre la percentuale di invalidità permanente in concreto verificatasi a seguito dell’errore medico alla percentuale che comunque si sarebbe verificata anche in assenza di errore del medico, è da considerarsi errata, facendo riferimento invece  alla modalità liquidatoria secondo il principio sancito dai Giudici di Piazza Cavour nella sentenza n. 6341/2014 secondo la quale “in tema di responsabilità medica, allorché un paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell’integrità fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua cattiva esecuzione, determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che sarebbe comunque residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell’intervento stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve assumersi come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale di invalidità comunque ineliminabile, e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario”.

 

 

 

 

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Successioni: principi generali.

Nell’ordinamento giuridico italiano vi sono due modalità di trasferimento di diritti e proprietà: con atto tra vivi e con la successione.

Con il termine successione si designa il fenomeno con cui un soggetto subentra ad un altro nella titolarità di uno o più diritti o rapporti giuridici (anche passivi, come i debiti). La morte di una persona determina l’apertura della sua successione. L’apertura avviene nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto, art. 456 cod. civ. Il momento identificativo della morte si ha con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Aperta la successione, occorre vedere a chi spettano il patrimonio ereditario o singoli beni. Si parla di delazione all’eredità, ovvero di offerta dell’eredità ad una persona, che se vuole la può acquistare (art. 457, cod. civ.).

La designazione del successibile può avvenire in due modi: per legge, successione legittima, o per testamento, successione testamentaria.

La legge vieta esplicitamente varie tipologie di patti successori: confermativi o istitutivi (con cui Tizio conviene con Caio di lasciargli la propria eredità); dispositivi ( vendo a Caio i beni che dovrebbero pervenirmi dall’eredità di X) e rinunciativi ( convengo con Caio di rinunciare all’eredità di X non ancora devoluta), art. 458 cod. civ.

Vietata è anche la donazione mortis causa, in cui la morte del donante funziona come causa dell’attribuzione patrimoniale (in contemplazione della mia morte ti dono ecc.).
Con la morte del de cuius colui che è chiamato all’eredità, sia per legge  sia per testamento, acquista  la qualità di erede e la titolarità dei beni e dei diritti solo dopo una sua dichiarazione di volontà chiamata accettazione o adizione dell’eredità.

Qualunque persona fisica che, al momento dell’apertura della successione, sia già nata o concepita e sia ancora in vita è senz’altro capace di succedere, art. 462 comma 1, cod. civ.
L’eredità non si acquista se non con l’accettazione da parte del chiamato, art. 459 cod. civ.
Si distinguono due tipi di accettazione: pura e semplice o con beneficio di inventario.
Per effetto della prima si verifica la confusione tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede, che diventano un patrimonio solo. Se, invece, il chiamato all’eredità accetta con beneficio di inventario, non si produce la confusione dei patrimoni.

L’accettazione ancora, può essere espressa oppure tacita.
La prima consiste nella esplicita manifestazione della volontà di acquistare l’eredità (art. 475 cod. civ.); la seconda si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, (art. 476 cod. civ).

Il diritto di accettare l’eredità è soggetto alla prescrizione ordinaria di anni 10, decorrente dalla data dell’apertura della successione; il termine non è suscettibile di interruzione. L’eredità così come può essere accettata può essere rifiutata.

La rinuncia all’eredità consiste in una dichiarazione unilaterale non recettizia, con la quale il chiamato all’eredità manifesta la sua decisione di non acquistare l’eredità, art. 519 cod. civ. La rinuncia richiede una forma particolare, deve essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione. La rinuncia, come l’accettazione, è un actus legitimus. Non tollera né termini né condizioni.

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la Kafala e le adozioni internazionali nell'ordinamento giuridico italiano.

L’adozione internazionale è l’adozione di minori di nazionalità diversa rispetto a quella degli adottandi, regolamentata dalla legge 184/1983 successivamente modificata dalla legge 149/2001.

Tra le Convenzioni rilevanti in materia vi è: la Convenzione dell’Aja del 1993, il cui presupposto fondamentale è garantire che le adozioni internazionali si effettuino nel superiore interesse del minore e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali, ratificata dall’Italia con la legge 31 dicembre 1998 n. 476 che ha portato a delle modifiche della legge 184/1983; la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 che fa esplicito riferimento al superiore interesse del minore all’art 3; la successiva Convenzione dell’Aja del 1996 ritenuta dall’Unione europea come strumento per la protezione del minore, il cui obiettivo fondamentale è la tutela del minore stesso; la Dichiarazione sui diritti dell’infanzia del 1959 che si basa su alcuni principi fondamentali in base ai quali il fanciullo deve godere di una speciale protezione ed ha diritto sin dalla nascita ad un nome e ad una nazionalità, egli ha inoltre diritto ad un istruzione che almeno a livello elementare deve essere gratuita e obbligatoria, e ha diritto ad essere protetto contro ogni forma di crudeltà, negligenza e sfruttamento.

I requisiti dell’adozione internazionale sono gli stessi dell’adozione nazionale, e sono previsti dall’art. 6 della legge 184/1983 “l’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno 3 anni, tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e si dimostrino idonei ad istruire, mantenere ed educare i minori che intendono adottare”.

La l. 184/1983 (artt. 29-39) detta un procedimento adottivo che si articola in tre fasi: una prima fase preliminare giurisdizionale presso il tribunale per minorenni territorialmente competente, che si conclude con la dichiarazione di idoneità; una seconda fase all’estero davanti ad un’autorità giurisdizionale o amministrativa straniera, necessaria per l’ingresso del minore in Italia, e la terza, di nuovo giurisdizionale, in Italia davanti al tribunale per i minorenni, volta a dare efficacia al provvedimento straniero, presupposto indispensabile per l’emanazione di un’adozione regolata dalla legge italiana.

I genitori adottivi hanno l’obbligo di informare il minore della sua condizione. Tale obbligo non era previsto dalla legge 184/1983 che appunto non prevedeva né che il minore potesse accedere alle informazioni riguardanti i propri genitori naturali né la possibilità, per il minore stesso, di essere portato a conoscenza della sua condizione. La legge 149/2001 ha mutato tale prospettiva e ha introdotto il diritto dell’adottato ad accedere alle informazioni riguardanti le proprie origini. In materia si è espressa anche la Convenzione dell’Aja del 1993 che ha previsto due disposizioni in merito agli articoli 30 e 31: l’art 30 richiede alle autorità competenti di ciascuno Stato contraente di conservare con cura le informazioni in loro possesso sulle origini del minore, in particolare devono essere conservate le informazioni relative alla madre e al padre, nonché i dati sul quadro sanitario del minore e della sua famiglia. Tali autorità devono inoltre assicurare ai minori l’accesso a tali informazioni, decidendo come e quando permetterlo; l’art 31 invece prevede che a tali informazioni possono accedere soltanto i minori e queste informazioni non possono essere utilizzate ad altri scopi. L’adottato una volta venuto a conoscenza della sua condizione, può presentare istanza al Tribunale per i minorenni per avviare un procedimento che ha come obiettivo l’accesso alle informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei genitori biologici. È possibile presentare l’istanza anche al mero raggiungimento della maggiore età ma, in tal caso, devono sussistere gravi e comprovati motivi relativi alla salute psicofisica dell’istante. Il disegno di legge n. 1978 del 18 giugno 2015, volto a creare un bilanciamento tra la volontà dei genitori biologici di mantenere l’anonimato, e il diritto del minore ha conoscere le sue origini, ha modificato l’art. 28 della legge 184/1983, estendendo il diritto non solo all’adottato ma anche al figlio non riconosciuto dalla madre alla nascita e ha abbassato la soglia di età dai 25 ai 18 anni; ha inoltre modificato il comma 7 dell’art. 28 che prevedeva il divieto di accesso a tali informazioni al figlio non riconosciuto, prevedendo le due ipotesi di revoca spontanea e di conferma spontanea dell’anonimato da parte della madre. Nel primo caso il minore ha il diritto di accedere a tali informazioni; nel secondo caso il minore può accedere solo alle informazioni sanitarie.

Non in tutti i Paesi è previsto l’istituto dell’adozione internazionale, vi sono paesi arabo islamici come l’Egitto, il Marocco, la Tunisia, la Libia e l’Algeria che vietano l’adozione e la ragione di tale divieto è data dalla concezione che essi hanno della famiglia considerata un istituto di origine divina dove l’unico legame valido a qualificarla è quello biologico; quindi l’uomo non può né creare artificialmente né determinare la cessazione di alcun vincolo di filiazione. In questi Paesi è previsto, a tutela del minore rimasto privo della sua famiglia, in alternativa all’adozione, l’istituto della Kafala, oggi assimilabile al nostro istituto dell’affido, riconosciuto dall’ordinamento italiano il 4 maggio 2018 in seguito al riconoscimento da parte del giudice tutelare del Tribunale di Mantova del provvedimento di Kafala emesso dal Tribunale di Algeria riguardante l’affidamento di una minore straniera ad una cittadina italiana.

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DDL del Senatore Pillon in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità: il testo completo.

DISEGNO DI LEGGE 

d’iniziativa dei senatori PILLON, OSTELLARI, CANDURA, Emanuele PELLEGRINI, PIARULLI, D’ANGELO, EVANGELISTA, GIARRUSSO e RICCARDI 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1° AGOSTO 2018 

Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità



ONOREVOLI SENATORI. – Il presente disegno di legge vuole dare attuazione al contratto di governo stipulato dalla maggioranza parlamentare che prevede, con riguardo al diritto di famiglia, alcune rilevanti modifiche normative idonee ad accompagnare questa delicata mate ria verso una progressiva de-giurisdizionalizza­zione, rimettendo al centro la famiglia e i geni­tori e soprattutto restituendo in ogni occasione possibile ai genitori il diritto di decidere sul futuro dei loro figli e lasciando al giudice il ruolo residuale di decidere nel caso di mancato accordo, ovvero di verificare la non contrarietà all’interesse del minore delle decisioni assunte dai genitori. Come soleva dire Arturo Carlo Jemolo, la famiglia è un’isola che il diritto può solo lambire, essendo organismo normalmente capace di equilibri e bilanciamenti che la norma giuridica deve saper rispettare quanto più possibile. I criteri dettati dal contratto di governo sono sostanzialmente quattro: a) mediazione civile obbligatoria per le questioni in cui siano coinvolti i figli minorenni; b) equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi paritari; c) mantenimento in forma di­retta senza automatismi; d) contrasto dell’a­lienazione genitoriale. Quanto alla mediazione civile obbligatoria, sono note le questioni pregiudiziali sol levate da taluni con riguardo alla possibilità per la norma di imporre un procedimento di mediazione. È tuttavia ben strano che sia stata imposta la mediazione preventiva in settori assai meno coinvolgenti la vita delle persone e invece si pongano forti limitazioni con riguardo alla materia del diritto di famiglia. Eppure, meccanismi di Alternative di­spute resolution (ADR), ben concepiti e caldeg­giati, potrebbero evitare a molte famiglie la lite giudiziaria, di per sé autonoma espressione di fallimento e foriera di conseguenze personali e relazionali, le cui spese vengono in ogni caso pagate a caro prezzo dai molti minori coinvolti. A fronte dell’imposizione normativa del procedimento di ADR è pertanto necessario garantire uno strumento realmente capace di incidere positivamente sulle situazioni concrete ed evitare, per quanto possibile, che le famiglie con minori siano costrette al tunnel giudiziario. Per quanto concerne l’affido condiviso, la legge 8 febbraio 2006, n. 54, si è rivelata un fallimento, cosicché l’Italia rimane uno degli ultimi Paesi del mondo industrializzato per quanto riguarda la cogenitorialità (co-parenting) delle coppie separate. Nel mondo occidentale il principio della bigenitorialità viene affermato e applicato a partire dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In realtà però presso alcune corti degli Stati Uniti già nel 1970 gruppi di magistrati avevano iniziato a redigere sentenze che prevedevano l’affido congiunto della prole in caso di divorzio dei geni­tori. Ben presto gli analisti si resero conto che dietro la locuzione joint custody si potevano celare differenti forme di affidamento: in molti casi dietro il concetto di pari responsabilità genitoriali si nascondevano forme di affidamento identiche a quelle normalmente previste in caso di affidamento esclusivo (si trattava della cosiddetta joint legal custody), mentre in altre a una suddivisione giuridico-formale si aggiungeva una condivisione materiale delle cure e dei tempi di permanenza (joint physical custody). Senza minimamente prendere in considerazione le esperienze estere, in Italia solo nel 2006, dopo un faticoso lavoro durato Atti parlamentari – 2 – Senato della Repubblica – N. 735 XVIII LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI ben quattro legislature, si è riusciti a far passare come forma privilegiata l’affida­mento formalmente (o legalmente) condiviso nel 2006. Il risultato però è stato fallimentare: in Italia l’affido a tempi paritetici è sti­mato intorno all’1-2 per cento, in Belgio su­pera il 20 per cento, in Quebec il 25 per cento, in Svezia il 28 per cento. In Italia l’affido materialmente condiviso (considerando tale una situazione nella quale il minore trascorre almeno il 30 per cento del tempo presso il genitore meno coinvolto) ri­ guarda il 3-4 per cento dei minori, tasso fra i più bassi al mondo, in Belgio il 30 per cento, in Quebec il 30 per cento, in Svezia il 40 per cento. In Italia l’affido material­mente esclusivo riguarda oltre il 90 per cento dei minori, in Belgio circa il 50 per cento, in Quebec circa il 40 per cento, in Svezia il 30 per cento. Nel nostro Paese tro­viamo quindi una situazione estrema che si­curamente non rispecchia la volontà del le­gislatore e che sta danneggiando moltissimi minori. È giunta pertanto l’ora di dare piena applicazione alla risoluzione n. 2079 (2015) del Consiglio d’Europa che consiglia gli Stati membri di adottare legislazioni che as­sicurino l’effettiva uguaglianza tra padre e madre nei confronti dei propri figli, al fine di garantire ad ogni genitore il diritto di es­sere informato e di partecipare alle decisioni importanti per la vita e lo sviluppo del loro figlio, nel miglior interesse di quest’ultimo, consigliando altresì di introdurre nella legi­slazione il principio della doppia residenza o del doppio domicilio dei figli in caso di se­parazione, limitando le eccezioni ai casi di abuso o di negligenza verso un minore, o di violenza domestica. È la stessa risoluzione a suggerire di adottare tutte le misure neces­sarie a garantire la piena esecuzione delle decisioni relative alla residenza dei figli e agli incontri coi genitori, anche dando se­guito a reclami relativi alla mancata frequentazione dei bambini, incoraggiando in ogni caso la mediazione all’interno delle procedure giudiziarie in materia famigliare relativamente ai minori, istituendo un incon­tro informativo obbligatorio stabilito dal giu­dice. La risoluzione si conclude chiedendo che i Paesi membri incoraggino l’elabora­zione di piani parentali che permettano ai genitori di definire loro stessi i principali aspetti della vita di loro figlio. In modo analogo, si ritiene maturo il tempo per applicare il principio del mante­nimento diretto, pur astrattamente previsto dalla norma come modalità di default per provvedere alla prole. Eppure, oltre ad es­sere costume esteso e inveterato di molti S Per questa ragione è importante far pas­sare il principio che entrambi i genitori sono tenuti al mantenimento in forma diretta, possibilmente individuando i costi standard e i capitoli di spesa Medesimo discorso va fatto anche in or­dine a una delle componenti più significative della contribuzione economica dei genitori alle esigenze della prole: la «assegnazione» della casa familiare. Non potendosi più identificare un genitore collocatario, ma dovendosi prendere atto che il bambino potrà finalmente fare conto su «due case», in perfetta conformità con l’os­servazione di Jemolo, è opportuno ripensare in modo significativo nell’ambito del corpus normativo l’istituto «monstrum» dell’asse­gnazione che ha richiesto negli anni un con­tinuo adeguamento giurisprudenziale a fini di coordinamento rispetto alle norme sulla proprietà, altri diritti reali nonché ai contratti per l’utilizzo degli immobili (si veda, in particolare, l’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392). Lo stesso istituto dell’assegnazione, alla luce del raggiunto consenso scientifico sulla sostanziale irrilevanza dell’eventuale asse­gnazione ai fini del benessere della prole in relazione all’autentico significato e concetto sostanziale dell’affidamento condiviso, pre­senta forti dubbi di costituzionalità (rispetto all’articolo 42 della Costituzione). In caso di separazione, il conflitto tra i genitori nella sua più aspra declinazione giu­diziale è statisticamente e positivamente de­terminato dall’interesse economico all’assegnazione della casa familiare piuttosto che da un reale scetticismo sull’idoneità dell’al­tro genitore, che inflaziona il processo con accertamenti peritali e altro. Con riferimento al caso statisticamente più frequente di casa familiare co-intestata a entrambi i genitori, la proposta di modifica richiama la regolamentazione secondo le norme sulla comunione (articoli 1100 e se­guenti del codice civile) che prevede il di­ ritto a un corrispettivo da parte del comproprietario che utilizza il bene in via esclusiva, nelle more della divisione. In caso di proprietà esclusiva in capo a uno dei due geni­tori o a terzi, si dovranno in ogni caso ap­plicare le vigenti norme in materia di pro­prietà, comodato d’uso, diritto di usufrutto o di abitazione e locazione. L’istituto che meglio aiuterà i genitori a evitare contrasti strumentali e a concentrarsi sulla centralità dei figli sarà quello del piano genitoriale, autentico strumento di lavoro sul quale padre e madre saranno chiamati a confrontarsi per individuare le concrete esi­genze dei figli minori e fornire il loro con­tributo educativo e progettuale che riguardi i tempi e le attività della prole e i relativi capitoli di spesa. Il continuo rimando della proposta alle procedure di ADR (conciliazione, media­zione e coordinazione genitoriale) ha lo scopo di restituire la responsabilità decisio­nale ai genitori stessi, aiutandoli e sostenen­doli quando, a causa della difficoltà di dia­logo, i medesimi non appaiono in grado di mantenere pervio il canale comunicativo nel­l’interesse del minore. Anche i nonni potranno intervenire e far sentire la loro voce con interventi ad adiu­vandum che siano propositivi e che tutelino il diritto dei minori a intrattenere rapporti si­gnificativi con i propri ascendenti È poi necessario superare la concezione nominalistica dell’alienazione genitoriale, che in passato ha suscitato consistenti pole­miche, e avere riguardo al dato oggettivo: in molti casi si presenta il fenomeno del rifiuto manifestato dal minore in ordine a qualsiasi forma di relazione con uno dei genitori. Alienazione, estraniazione, avversità, sono solo nomi mutevoli che non possono impe­dire al legislatore di prendersi cura di una delle condizioni più pericolose per il cor­retto e armonico sviluppo psicofisico del mi­nore. Nell’ambito dei rapporti all’interno della famiglia, e in particolare nelle rela­zioni tra genitori e figli, si parla di una nuova categoria di diritti che la recente ri­flessione sociologica ha definito con la locu­zione di diritti relazionali o diritti alla rela­zione. Essi rappresentano i diritti specifici di ogni relazione umana nella sua dimensione affettiva ed emotiva, relazione della quale l’ordinamento e i giuristi sempre più si stanno occupando. È grazie al godimento del diritto ad avere relazioni con i propri fa­miliari che le persone possono, nel contempo, esercitare i doveri legati al «fare fa­miglia». Il presente disegno di legge si compone di ventiquattro articoli. All’articolo 1 si istituisce e regolamenta la funzione pubblica e sociale della profes­sione del mediatore familiare, stabilendo i requisiti per l’esercizio di tale professione. Si delineano in modo estremamente punti­glioso e rigoroso i titoli di studio, le specializzazioni e i percorsi di formazione neces­sari all’espletamento del ruolo di mediatore familiare, professione che non può essere improvvisata, ma che necessita di una for­mazione approfondita. Si stabilisce che le regioni debbano istituire e aggiornare an­nualmente gli elenchi di iscrizione per i me­diatori. All’articolo 2 si sancisce l’obbligo di ri­servatezza per segreto professionale, stabi­lendo anche che gli atti e i documenti del procedimento di mediazione non possano es­sere esibiti nei procedimenti giudiziali, ad eccezione dell’accordo sottoscritto dal mediatore, dalle parti e dai rispettivi legali. L’articolo 3, con rimandi alla normativa vigente in materia di mediazione civile, de­finisce e regolamenta il procedimento della mediazione familiare, con durata non supe­riore a sei mesi, prevedendone l’accesso volontario delle parti, che, in qualsiasi mo­mento, possono interromperne la partecipazione. L’esperimento della mediazione fami­liare rimane condizione di procedibilità qua­lora nella controversia siano coinvolti diret­tamente o indirettamente persone minorenni. Al comma 8 si prevede l’omologazione del tribunale competente per territorio al fine dell’esecutività dell’accordo raggiunto a se­guito del procedimento di mediazione fami­liare. Il tribunale deve decidere, entro quin­dici giorni dalla richiesta, in camera di con­siglio. All’articolo 4 si prevede che le spese e i compensi per il mediatore siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia, da adot­tare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge. L’articolo 5, nell’ambito della coordina­zione genitoriale quale processo di risolu­zione alternativa delle controversie fra geni­tori, qualifica la figura del coordinatore ge­nitoriale. Si tratta di esperto qualificato con funzione mediativa, dotato di formazione specialistica in coordinazione genitoriale, iscritto all’albo di una delle professioni re­golamentate di ambito sanitario o socio-giu­ridico. Il medesimo, operando come terzo imparziale, nell’ambito delle disposizioni di natura legale e deontologica della rispettiva professione, ha il compito di gestire in via stragiudiziale le controversie eventualmente sorte tra i genitori di prole minorenne rela­tivamente all’esecuzione del piano genito­riale. La sua attività è volta al superamento di eventuali ostacoli al corretto e sereno esercizio della cogenitorialità assistendo i genitori nell’attuazione del piano genitoriale, monitorandone l’osservanza e risolvendo tempestivamente le controversie. Il giudice, su richiesta dei genitori di incaricare un co­ordinatore genitoriale, ne dispone la nomina ove ritenuto necessario nell’interesse del mi­nore. L’articolo 6 modifica l’articolo 178 codice di procedura civile (Controllo del collegio sulle ordinanze) con l’aggiunta di un comma per stabilire che l’ordinanza del giudice istruttore in materia di separazione e di af­fidamento dei figli è impugnabile dalle parti, con reclamo immediato al collegio. L’articolo 7, che modifica l’articolo 706 del codice di procedura civile (Forma della domanda), sancisce che le coppie con figli devono procedere alla mediazione obbligato­ria per aiutare le parti a trovare un accordo nell’interesse dei minori. In ogni caso il me­diatore familiare rilascia ai coniugi un’atte­stazione, sottoscritta dai coniugi medesimi, in cui si dà atto del tentativo di mediazione e del relativo esito. L’articolo 8, di modifica all’articolo 708 del codice di procedura civile (Tentativo di conciliazione e provvedimenti del presi­dente), stabilisce che all’udienza di compa­rizione il presidente, nel caso di concilia­zione infruttuosa, debba informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare (obbligatoria in presenza di figli minori). Si stabilisce, per i procedi­menti di separazione di genitori con figli minorenni, la verifica anche d’ufficio del ri­spetto delle prescrizioni di cui all’articolo 706. Il presidente è altresì tenuto a valutare i rispettivi piani genitoriali assumendo con ordinanza i provvedimenti opportuni nell’in­teresse della prole e dei coniugi, secondo quanto previsto dagli articolo 337-ter e se­guenti del codice civile. L’articolo 9, sostituendo il vigente articolo 709-ter del codice di procedura civile (Solu­zione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni), rende più incisivo il ricorso, in quanto la mera ammonizione si è rivelata un’arma spuntata e incapace di frenare gli atteggiamenti più spregiudicati dei genitori. Con l’articolo 10, sostitutivo del vigente articolo 711 del codice di procedura civile (Separazione consensuale), si stabilisce che nel caso di separazione consensuale i geni­tori di figli minori, a pena di nullità, devono indicare nel ricorso il piano genitoriale con­cordato, secondo quanto previsto dall’arti­colo 706, sesto comma del medesimo codice e dall’articolo 337-ter del codice civile. Ove riscontri che i coniugi non vi abbiano adem­piuto, il presidente è tenuto ad esperire pre­liminarmente un tentativo di conciliazione. In caso positivo si procede come previsto dall’articolo 708, secondo comma. In caso negativo il presidente dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla sepa­ razione e delle condizioni riguardanti i co­niugi stessi e la prole, come previste dal ri­corso e dai piani educativo e di riparto delle spese. I coniugi che abbiano depositato ri­ corso congiunto per la separazione consen­suale sono esentati dalla mediazione obbli­gatoria. L’articolo 11 riguarda i provvedimenti concernenti i figli. Con la sostituzione del vigente articolo 337-ter del codice civile (Provvedimenti riguardo ai figli), il nuovo articolato prevede, in maniera oltremodo in­ novativa, il diritto del minore al manteni­mento di un rapporto equilibrato e continua­tivo con il padre e la madre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali e a trascor­rere con ciascuno dei genitori tempi ade­guati, paritetici ed equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale. Si garantiscono tempi paritari qualora anche uno solo dei genitori ne faccia richiesta. Si garantisce co­munque la permanenza di non meno di do­dici giorni al mese, compresi i pernotta­menti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pre­giudizio per la salute psico-fisica del figlio in casi tassativamente individuati. Si sanci­sce il suo diritto a conservare rapporti signi­ ficativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. L’articolo prevede inoltre che il giudice, nell’affidare in via condivisa i figli minori, debba stabilire il doppio domicilio del minore ai fini delle co­municazioni scolastiche, amministrative e relative alla salute. Nel piano genitoriale deve essere indicata anche la misura e la modalità con cui ciascuno dei genitori provvede al mantenimento diretto dei figli, sia per le spese ordinarie sia per quelle straordinarie, anche attribuendo a ciascuno specifici capi­toli di spesa, in misura proporzionale al pro­ prio reddito e ai tempi di permanenza presso ciascun genitore secondo le esigenze indi­cate nel piano genitoriale, considerando sempre le esigenze del minore, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convi­venza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le ri­sorse economiche di entrambi i genitori e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. In man­canza di accordo, il giudice, sentite le parti, stabilisce il piano genitoriale determinando i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi dovrà contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli sulla base del costo medio dei beni e servizi per i figli individuato su base locale alla luce del costo medio della vita come calcolato dall’I­STAT, individuando le spese ordinarie, le spese straordinarie e attribuendo a ciascun genitore specifici capitoli di spesa, dando applicazione al protocollo nazionale sulle spese straordinarie. Si sancisce infine che, ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficiente­ mente documentate, il giudice possa di­sporre un accertamento della polizia tributa­ria sui redditi e sui beni oggetto della con­testazione, anche se intestati a soggetti di­versi. Con l’articolo 12, che sostituisce l’arti­colo 337-quater del codice civile (Affida­mento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso), si stabilisce che il giudice, nei casi di cui all’articolo 337-ter, secondo comma, possa disporre l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori qua­lora ritenga che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore, garan­tendo sempre il diritto del minore alla bige­nitorialità. Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della re­sponsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giu­ dice, favorendo e garantendo in ogni modo la frequentazione dei figli minori con l’altro genitore, a meno che ciò non sia stato espressamente vietato dal giudice con prov­vedimento motivato. Salvo che non sia di­versamente stabilito, le decisioni di mag­giore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto e il dovere di vi­gilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. Sono previsti casi di tem­poranea impossibilità ad affidare il minore ai propri genitori. In tali casi il giudice deve porre in essere ogni misura idonea al recu­pero della capacità genitoriale dei figli. L’articolo 13, sostitutivo dell’articolo 337- quinquies del codice civile, reca la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli e i casi di conflittualità genitoriale introducendo il secondo tentativo di media­zione e il coordinatore genitoriale quali estremi tentativi di restituire ai genitori la capacità di decisione autonoma, prima della definitiva decisione del giudice. I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’af­fidamento dei figli, la revisione dei piani ge­nitoriali e dei tempi di frequentazione con la prole, l’attribuzione dell’esercizio della re­sponsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. L’articolo 14, che sostituisce l’articolo 337-sexies, verte sulla residenza del minore presso la casa familiare e sulle prescrizioni in tema di residenza. Il giudice può stabilire nell’interesse dei figli minori che questi mantengano la residenza nella casa fami­liare, indicando in caso di disaccordo quale dei due genitori potrà continuare a risiedervi. Si stabilisce che non possa continuare a risedere nella casa familiare il genitore non proprietario o non titolare di specifico diritto che non abiti o cessi di abitare stabil­mente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. All’articolo 15, che sostituisce l’articolo 337-septies vertente su disposizioni in favore dei figli maggiorenni, si chiarisce che il giu­dice possa disporre in favore dei figli mag­giorenni non indipendenti economicamente, su loro richiesta, il pagamento di un assegno periodico a carico di entrambi i genitori. Tale assegno è versato direttamente all’a­vente diritto. L’articolo 16, che sostituisce l’articolo 337-octies del codice civile (Poteri del giu­dice e ascolto del minore), prevede che il giudice disponga l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. L’ascolto del minore deve essere sempre svolto alla presenza del giudice e di un esperto da lui designato e deve essere vide­oregistrato. Le parti, che possono assistere in locale separato collegato mediante video, possono presentare domande per mezzo del giudice, ma sono vietate domande dirette a ottenere risposte relativamente al desiderio del minore di stare con uno dei genitori ov­vero quelle potenzialmente in grado di su­scitare preferenze o conflitti di lealtà da parte del minore verso uno dei genitori. L’articolo 17 modifica l’articolo 342-bis del codice civile (Ordini di protezione con­tro gli abusi familiari), aggiungendo un comma per prevedere da parte del giudice, su istanza di parte, l’adozione con decreto di provvedimenti nell’esclusivo interesse del minore, anche quando – pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori – il fi­glio minore manifesti comunque rifiuto, alie­nazione o estraniazione con riguardo ad uno di essi. L’articolo 18 introduce il nuovo articolo 342-quater nel codice civile, con il quale si attribuisce al giudice il potere di ordinare al genitore che abbia tenuto la condotta pregiu­dizievole per il minore la cessazione della stessa condotta; si prevede inoltre che il giu­dice possa disporre con provvedimento d’ur­genza la limitazione o sospensione della re­sponsabilità genitoriale. Il giudice può, in ogni caso, disporre l’inversione della resi­ denza abituale del figlio minore presso l’al­tro genitore ovvero il collocamento provvi­sorio del minore presso apposita struttura specializzata, previa redazione da parte dei servizi sociali o degli operatori della strut­tura di uno specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità del minore, nonché dell’indicazione del responsabile dell’attuazione di tale programma. L’articolo 19 dispone l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 151 del codice civile, in tema di separazione giudiziale, che attualmente prevede che il giudice, pronun­ ziando la separazione, dichiari, ove ne ricor­rano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separa­zione, in considerazione del suo comporta­mento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. Con l’articolo 20 si modifica l’articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, al fine di stabilire che le parti e i ri­spettivi legali devono in ogni caso applicare le disposizioni di cui agli articoli 337-ter e seguenti del codice civile. Con l’articolo 21, quale logica conse­guenza del principio del mantenimento di­retto della prole, si procede ad abrogare l’ar­ticolo 570-bis del codice penale. L’articolo 22 applica i principi previsti per la separazione anche alla legge sul divorzio. L’articolo 23 stabilisce che le norme della legge si applichino anche ai procedimenti pen­denti alla data dell’entrata in vigore della mede­sima. L’articolo 24 infine contiene una clausola di invarianza finanziaria.


DISEGNO DI LEGGE

Art. 1. (Istituzione dell’albo nazionale per la professione di mediatore familiare) 

1. È istituito l’albo professionale dei me­diatori familiari. La Repubblica riconosce la funzione sociale della mediazione familiare. 2. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell’arti­colo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presi­dente del Consiglio dei ministri e del Mini­stro della giustizia, sono adottate le norme di attuazione delle disposizioni di cui al pre­sente articolo, tenuto conto dei seguenti princìpi: a) possono esercitare la professione di mediatore familiare le persone in possesso della laurea specialistica in discipline so­ciali, psicologiche, giuridiche, mediche o pe­dagogiche, nonché della formazione speci­fica, certificata da idonei titoli quali master universitari ovvero specializzazioni o perfe­ zionamenti presso enti di formazione ricono­sciuti dalle regioni, aventi durata biennale e di almeno 350 ore; b) possono altresì esercitare l’attività di mediazione familiare coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono in possesso di laurea specialistica e che hanno già ottenuto la qualifica di mediatore familiare a seguito della formazione speci­ficaalmeno biennale certificata da master universitari ovvero a seguito della frequenza e del superamento dell’esame finale presso corsi di formazione almeno biennali e della durata di almeno 350 ore, purché svolti e conclusi entro il 31 dicembre 2018; c) la qualifica di mediatore familiare può essere attribuita anche agli avvocati iscritti all’ordine professionale da almeno cinque anni e che abbiano trattato almeno dieci nuovi procedimenti in diritto di fami­glia e dei minori per ogni anno; d) la professione di mediatore familiare può essere esercitata in forma individuale o associata secondo le disposizioni stabilite dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4; e) l’albo è costituito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministero della giustizia, che ne cura annualmente l’aggiornamento; possono fare domanda di iscrizione all’albo i media­tori familiari in possesso dei requisiti di cui al presente articolo; f) il servizio di mediazione familiare può essere altresì offerto nei consultori fa­miliari pubblici e privati da persone aventi la qualifica di mediatori familiari iscritti al­l’albo; g) il mediatore familiare deve essere particolarmente e specificamente esperto nelle tecniche di mediazione e deve essere in possesso di approfondite conoscenze in diritto, psicologia e sociologia con partico­ lare riferimento ai rapporti familiari e geni­toriali; h) l’iscrizione all’albo è subordinata al superamento di una prova di esame da svol­gere annualmente e la cui disciplina è ri­messa ad appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’i­struzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro per la famiglia e le disabi­lità; i) il consiglio nazionale dei mediatori familiari provvede entro sei mesi dalla sua istituzione all’emanazione di un codice de­ontologico ispirato ai seguenti principi: 1) il mediatore familiare deve essere terzo e imparziale rispetto alle parti; 2) il mediatore familiare ha un ob­bligo informativo in favore delle parti circa la possibilità di avvalersi della consulenza matrimoniale al fine di salvaguardare per quanto possibile l’unità della famiglia come previsto dall’articolo 708 del codice di pro­cedura civile, come modificato dall’articolo 8 della presente legge, nel rispetto del mi­glior interesse del minore; deve altresì ado­perarsi per impedire o per risolvere gravi conflittualità che possono produrre ogni forma di violenza endofamiliare, anche in­formando le parti della possibilità di otte­nere l’aiuto di altri specialisti; 3) il mediatore deve astenersi dal for­nire consulenza legale o psicologica alle parti. 

Art. 2. (Obbligo di riservatezza)

1. Il mediatore familiare è tenuto al se­greto professionale ai sensi dell’articolo 622 del codice penale. Nessuno degli atti o do­cumenti del procedimento di mediazione fa­miliare può essere prodotto dalle parti nei procedimenti giudiziali ad eccezione dell’ac­cordo, solo se sottoscritto dal mediatore fa­miliare e controfirmato dalle parti e dai rispettivi legali, ovvero della proposta di ac­cordo formulata dal mediatore.

Art. 3. (Procedimento di mediazione familiare) 

1. Il procedimento di mediazione familiare è informale e riservato. Partecipano al procedimento di mediazione familiare le parti e i rispettivi legali. La partecipazione al procedimento di mediazione di minori , purché di età superiore a dodici anni , può essere ammessa solo con il consenso di tutte le parti e, comunque, di entrambi i genitori. 2. Le parti devono rivolgersi a un media­tore familiare scelto tra quelli che esercitano la professione nell’ambito del distretto del tribunale competente per territorio ai sensi del codice di procedura civile. 3. La partecipazione al procedimento di mediazione familiare è volontariamente scelta dalle parti e può essere interrotta in qualsiasi momento. L’esperimento della me­diazione familiare è comunque condizione di procedibilità secondo quanto previsto dalla legge qualora nel procedimento debbano es­sere assunte decisioni che coinvolgano direttamente o indirettamente i diritti dei minori. 4. Il procedimento di mediazione fami­liare ha una durata non superiore a sei mesi, decorrenti dal primo incontro cui hanno par­tecipato entrambe le parti. Le parti devono partecipare al primo incontro del procedi­mento di mediazione familiare assistite dai rispettivi avvocati, qualora esse abbiano già dato loro mandato. 5. Il mediatore familiare, su accordo delle parti, può chiedere che gli avvocati di cui al comma 4 non partecipino agli incontri suc­cessivi. Gli stessi devono comunque essere presenti, a pena di nullità e inutilizzabilità, alla stipulazione dell’eventuale accordo, ove raggiunto. 6. Gli avvocati e le parti hanno il dovere di collaborare lealmente con il mediatore fa­miliare. 7. Si applicano gli articoli 8, 9, 10, 11, 13 e 14, commi 1 e 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. 8. L’efficacia esecutiva dell’accordo rag­giunto a seguito del procedimento di media­zione familiare deve in ogni caso essere omologata dal tribunale competente per ter­ritorio ai sensi del codice di procedura ci­vile. 9. Il tribunale di cui al comma 8 decide in camera di consiglio entro quindici giorni dalla richiesta.

Art. 4. (Spese e compensi per il mediatore familiare) 

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, con proprio decreto, stabilisce i parametri per la determinazione dei com­pensi professionali per i mediatori familiari, prevedendo in ogni caso la gratuità del primo incontro. Gli avvocati e gli altri pro­fessionisti che operano in funzione di me­diatori familiari devono applicare le tariffe professionali relative a tale ultima funzione.

Art. 5. (Coordinatore genitoriale) 

1. La coordinazione genitoriale è un pro­cesso di risoluzione alternativa delle contro­versie centrato sulle esigenze del minore, svolta da professionista qualificato, che inte­gra la valutazione della situazione conflit­tuale, l’informazione circa i rischi del con­flitto per le relazioni tra genitori e figli, la gestione del caso e degli operatori coinvolti, la gestione del conflitto ricercando l’accordo tra i genitori o fornendo suggerimenti o rac­comandazioni e assumendo, previo consenso dei genitori, le funzioni decisionali. 2. Il coordinatore genitoriale è un esperto qualificato con funzione mediativa, dotato di formazione specialistica in coordinazione genitoriale, iscritto all’albo di una delle se­guenti professioni regolamentate di ambito sanitario o socio-giuridico: a) psichiatra; b) neuropsichiatra; c) psicoterapeuta; d) psicologo; e) assistente sociale; f) avvocato; g) mediatore familiare. 3. Il coordinatore genitoriale deve osser­vare tutte le disposizioni di natura legale e deontologica della rispettiva professione. Il medesimo opera come terzo imparziale e ha il compito di gestire in via stragiudiziale le controversie eventualmente sorte tra i geni­tori di prole minorenne relativamente all’e­secuzione del piano genitoriale. La sua atti­ vità è volta al superamento di eventuali ostacoli al corretto e sereno esercizio della cogenitorialità con l’obiettivo di: a) assistere i genitori con alto livello di conflitto nell’attuazione del piano genito­riale; b) monitorare l’osservanza del piano genitoriale, risolvendo tempestivamente le controversie; c) salvaguardare e preservare una rela­zione sicura, sana e significativa tra il mi­nore ed entrambi i suoi genitori. 4. Lo svolgimento dell’attività di coordi­nazione genitoriale non dà luogo a respon­sabilità personali, salvi i casi di dolo o colpa grave. 5. Il giudice prende atto della volontà dei genitori di incaricare un coordinatore genito­riale nell’interesse del minore. L’accordo di incarico e, per le professioni sanitarie, il consenso informato alla coordinazione geni­toriale devono essere sottoscritti dai genitori e sono recepiti contestualmente alla nomina del coordinatore. 

Art. 6. (Modifica all’articolo 178 del codice di procedura civile) 

1. Dopo il terzo comma dell’articolo 178 del codice di procedura civile è inserito il seguente: «L’ordinanza del giudice istruttore in materia di separazione e di affidamento dei figli è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di venti giorni dalla lettura alla presenza delle parti oppure dalla ricezione della relativa notifica. Il collegio decide in camera di consiglio entro trenta giorni dal deposito del reclamo».

Art. 7. (Modifiche all’articolo 706 del codice di procedura civile) 

1. All’articolo 706 del codice di proce­dura civile sono apportate le seguenti modi­ficazioni: a) al primo comma è premesso il se­guente: «I genitori di prole minorenne che vogliano separarsi devono, a pena di improcedibilità, iniziare un percorso di mediazione familiare. I genitori devono redigere, eventualmente con l’aiuto del mediatore familiare e dei rispettivi legali, un piano genitoriale come previsto dall’articolo 337-ter del codice civile. In ogni caso il mediatore familiare deve rilasciare ai coniugi un’attestazione, sottoscritta dai coniugi medesimi, in cui dà atto che gli stessi hanno tentato la mediazione e informa del relativo esito»; b) al terzo comma, le parole: «novanta giorni dal deposito del ricorso» sono sosti­tuite dalle seguenti: «quaranta giorni dal de­posito del ricorso»; c) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Nel caso di cui al quinto comma, il ricorso e la memoria difensiva di cui al quarto comma, a pena di nullità, devono contenere altresì, a cura dei genitori, una dettagliata proposta di piano genitoriale che illustri la situazione attuale del minore e le proposte formulate in ordine al suo mantenimento, alla sua istruzione, alla sua educazione e alla sua assistenza morale secondo i punti previsti dall’articolo 337-ter del codice civile». 

Art. 8. (Modifiche all’articolo 708 del codice di procedura civile) 

1. All’articolo 708 del codice di proce­dura civile sono apportate le seguenti modi­ficazioni: a) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Qualora la conciliazione riesca, il presidente allega agli atti il verbale di conciliazione e ordina la cancellazione della causa dal ruolo e l’immediata estinzione del procedimento»; b) il terzo comma è sostituito dal se­guente: «Qualora la conciliazione non sia riuscita, il presidente informa le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare. Nei procedimenti di separazione di genitori con figli minori il presidente verifica anche d’ufficio il rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 706 e in caso contrario rinvia il procedimento per un termine massimo di due mesi e ordina alle parti di rivolgersi a un mediatore familiare. Il presidente, all’esito della mediazione familiare, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori, valuta i rispettivi piani genitoriali e assume con ordinanza i provvedimenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi secondo quanto previsto dagli articoli 337-ter e seguenti del codice civile, accogliendo le rispettive proposte ove convergenti e non contrarie all’interesse della prole e motivando le proprie decisioni ove ritenga di discostarsi dalle indicazioni dell’uno o dell’altro genitore in ordine al piano genitoriale. Se uno dei genitori non compare ovvero non presenta un proprio piano genitoriale, il presidente accoglie nell’ordinanza le proposte indicate dall’altro, ove congrue e non contrarie all’interesse della prole». 

Art. 9. (Modifica dell’articolo 709-ter del codice di procedura civile) 

1. L’articolo 709-ter del codice di proce­dura civile è sostituito dal seguente: «Art. 709-ter. – (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni). – Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in or- dine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze, di manipolazioni psichiche o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, nonché in caso di astensione ingiustificata dai compiti di cura di un genitore e comunque in ogni caso ove riscontri accuse di abusi e violenze fisiche e psicologiche evidentemente false e infondate mosse contro uno dei genitori, il giudice valuta prioritariamente una modifica dei provvedimenti di affidamento ovvero, nei casi più gravi, la decadenza dalla responsabilità genitoriale del responsabile ed emette le necessarie misure di ripristino, restituzione o compensazione. Il giudice può anche congiuntamente: 1) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 3) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 600 euro a un massimo di 6.000 euro. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».

Art. 10. (Modifica dell’articolo 711 del codice di procedura civile) 

1. L’articolo 711 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 711. – (Separazione consensuale). – Nel caso di separazione consensuale previsto dall’articolo 158 del codice civile, entrambi i coniugi presentano ricorso congiunto. I genitori di figli minori devono a pena di nullità indicare nel ricorso il piano genitoriale concordato, secondo quanto previsto dall’articolo 706, sesto comma, del presente codice e dall’articolo 337-ter del codice civile. Il presidente, ove riscontri che i coniugi non hanno svolto in precedenza il tentativo di conciliazione di cui all’articolo 708, tenta preliminarmente di conciliarli nel corso della medesima udienza. Se la conciliazione riesce, procede come previsto dall’articolo 708, secondo comma. Se la conciliazione non riesce il presidente dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole, come previste dal ricorso e dai piani educativo e di riparto delle spese. La separazione consensuale acquista efficacia con l’omologazione del tribunale, che provvede in camera di consiglio su relazione del presidente. Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell’articolo 710»

Art. 11. (Modifica dell’articolo 337-ter del codice civile) 

1. L’articolo 337-ter del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 337-ter. – (Provvedimenti riguardo ai figli). – Indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità. Ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale. Qualora uno dei genitori ne faccia richiesta e non sussistano oggettivi elementi ostativi, il giudice assicura con idoneo provvedimento il diritto del minore di trascorrere tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori. Salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore in caso di: 1) violenza; 2) abuso sessuale; 3) trascuratezza; 4) indisponibilità di un genitore; 5) inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore. Il giudice o le parti, quando le circostanze rendano difficile attuare una divisione paritaria dei tempi su base mensile, possono prevedere adeguati meccanismi di recupero durante i periodi di vacanza, onde garantire una sostanziale equivalenza dei tempi di frequentazione del minore con ciascuno dei genitori nel corso dell’anno. Il figlio minore ha inoltre il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Gli ascendenti del minore possono intervenire nel giudizio di affidamento con le forme dell’articolo 105 del codice di procedura civile. Il giudice, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Il giudice, salvo che ciò sia contrario al superiore interesse del minore, affida in via condivisa i figli minori a entrambi i genitori e prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Stabilisce il doppio domicilio del minore presso l’abitazione di ciascuno dei genitori ai fini delle comunicazioni scolastiche, amministrative e relative alla salute. Entrambi i genitori predispongono un piano genitoriale in ordine a: 1) luoghi abitualmente frequentati dai figli; 2) scuola e percorso educativo del minore; 3) eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e formative; 4) frequentazioni parentali e amicali del minore; 5) vacanze normalmente godute dal minore. Nel piano genitoriale deve essere indicata anche la misura e la modalità con cui ciascuno dei genitori provvede al mantenimento diretto dei figli, sia per le spese or- dinarie che per quelle straordinarie, attribuendo a ciascuno specifici capitoli di spesa, in misura proporzionale al proprio reddito secondo quanto previsto nel piano genitoriale, considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) le risorse economiche di entrambi i genitori; 3) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. Il giudice esamina e approva il piano genitoriale concordato dai due genitori ove non contrastante col superiore interesse o con i diritti del minore. In mancanza di accordo o in caso di accordo parziale, il giudice, sentite le parti, recepisce quanto par- zialmente concordato dai genitori e stabilisce comunque il piano genitoriale, determinando i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore e fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli, applicando in ogni caso il mantenimento diretto come indicato ai commi precedenti e sulla base del costo medio dei beni e servizi per i figli, individuato su base locale in ragione del costo medio della vita come calcolato dall’ISTAT, indicando altresì le spese ordinarie, le spese straordinarie e attribuendo a ciascun genitore specifici capitoli di spesa. Il giudice stabilisce, ove strettamente necessario e solo in via residuale, la corresponsione a carico di uno dei genitori, di un assegno periodico per un tempo determinato in favore dell’altro a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore. Nel medesimo provvedimento deve anche indicare quali iniziative devono essere intraprese dalle parti per giungere al mantenimento diretto della prole, indicando infine i termini entro i quali la corresponsione di assegno periodico residuale verrà a cessare. I benefici previdenziali e fiscali erogati in favore della prole o ai genitori per i figli a carico sono in ogni caso attribuiti sulla base del reciproco accordo ovvero su disposizione del giudice in misura direttamente proporzionale ai rispettivi redditi. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito. La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni quotidiane sono assunte dal genitore che in quel momento si trova col figlio minore, mentre quelle di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuta detto comportamento anche al fine della modifica della forma di affidamento».

Art. 12. (Modifica dell’articolo 337-quater del codice civile) 

1. L’articolo 337-quater del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 337-quater. – (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso). – Il giudice, nei casi di cui all’articolo 337-ter, secondo comma, può disporre temporaneamente l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori, qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. In ogni caso deve garantire il diritto del minore alla bigenitorialità, disponendo tempi adeguati di frequentazione dei figli minori col genitore non affidatario e promuovendo azioni concrete per rimuovere le cause che hanno portato all’affidamento esclusivo. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile. Il genitore a cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice, favorendo e garantendo in ogni modo la frequentazione dei figli minori con l’altro genitore, a meno che ciò non sia stato espressamente limitato dal giudice con provvedimento motivato. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono comunque adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. Il giudice, nel caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ai suoi genitori dispone l’affidamento familiare in altro nucleo familiare, anche d’ufficio, per un tempo non superiore ai due anni, preferendo in ogni caso nuclei familiari di parenti o comunque, in mancanza di questi, di famiglie residenti nel medesimo territorio del minore. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa a cura del pubblico ministero al giudice tutelare. Deve in ogni caso essere garantito al minore il diritto alla bigenitorialità, disponendo tempi adeguati di frequentazione con ciascun genitore, salvo che ciò sia motivatamente ritenuto come assolutamente contrario all’interesse del minore. Deve altresì essere posta in essere ogni misura idonea e opportuna per il recupero della capacità genitoriale dei genitori del minore, favorendo il reinserimento immediato in famiglia non appena possibile».

Art. 13. (Modifica dell’articolo 337-quinquies del codice civile) 

1. L’articolo 337-quinquies del codice ci­vile è sostituito dal seguente: «Art. 337-quinquies. – (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli; conflittualità genitoriale; mediatore e coordinatore genitoriale). – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, la revisione dei piani genitoriali, il ricalcolo dei tempi di frequentazione con la prole e l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. Il giudice, nei casi di conflittualità tra le parti, invita nuovamente i genitori a intraprendere un percorso di mediazione familiare per la risoluzione condivisa delle controversie. Qualora le parti accettino, il giudice sospende il procedimento per non più di sei mesi e rimette le parti avanti il mediatore familiare, sorteggiandone il nome tra due scelti dalle parti in caso di disaccordo. Qualora la mediazione riesca, il giudice esamina il piano genitoriale redatto dalle parti con l’aiuto del mediatore e lo recepisce nel proprio provvedimento ove non ritenuto contrario al superiore interesse del minore. In caso di rifiuto o di fallimento della mediazione il giudice, qualora la conflittualità persista, propone alle parti la nomina di un coordinatore genitoriale, con il compito di facilitare le parti nel dialogo e nella relazione genitoriale, nell’interesse dei figli minori. Il coordinatore può sentire le parti separatamente e congiuntamente. Le parti possono anche attribuire al coordinatore genitoriale il potere di assumere decisioni limitatamente a specifici ambiti e sostenerle nell’attuazione del piano genitoriale. Le eventuali modifiche al piano genitoriale concordate in coordinazione dovranno essere sottoposte al giudice per il tramite dei legali delle parti. Gli oneri della coordinazione genitoriale sono ripartiti tra i genitori nella misura del 50 per cento, salvo diverso accordo tra le parti. Qualora le parti rifiutino di intraprendere la mediazione o la coordinazione genitoriale, il giudice decide della questione applicando i princìpi di cui al primo comma del presente articolo e di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 337-ter».

Art. 14. (Modifica dell’articolo 337-sexies del codice civile) 

1. L’articolo 337-sexies del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 337-sexies. – (Residenza presso la casa familiare e prescrizioni in tema di residenza). – Fermo il doppio domicilio dei minori presso ciascuno dei genitori secondo quanto stabilito dal quinto comma dell’articolo 337-ter, il giudice può stabilire nell’interesse dei figli minori che questi mantengano la residenza nella casa familiare, indicando in caso di disaccordo quale dei due genitori può continuare a risiedervi. Quest’ultimo è comunque tenuto a versare al proprietario dell’immobile un indennizzo pari al canone di locazione computato sulla base dei correnti prezzi di mercato. Le questioni relative alla proprietà o alla locazione della casa familiare sono risolte in base alle norme vigenti in materia di proprietà e comunione. Non può continuare a risedere nella casa familiare il genitore che non ne sia proprietario o titolare di specifico diritto di usufrutto, uso, abitazione, comodato o locazione e che non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, almeno trenta giorni prima, l’intenzione di cambiare la propria residenza o domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risar- cimento del danno eventualmente verificatosi a carico dell’altro genitore o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto. In ogni caso il trasferimento del minore, il suo cambiamento di residenza e la sua iscrizione a un istituto scolastico sono sempre soggetti al preventivo consenso scritto di entrambi i genitori, ovvero alla decisione del giudice tutelare in caso di mancato accordo. Qualsiasi trasferimento del minore non autorizzato in via preventiva da entrambi i genitori o dal giudice deve esser ritenuto contrario al suo superiore interesse e privo di ogni efficacia giuridica. È compito delle autorità di pubblica sicurezza, su segnalazione di uno dei genitori, adoperarsi per ricondurre immediatamente il minore alla sua residenza qualora sia stato allontanato senza il consenso di entrambi i genitori o l’ordine del giudice».

Art. 15. (Modifica dell’articolo 337-septies del codice civile) 

1. L’articolo 337-septies del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 337-septies. – (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni). – I genitori possono concordare con il figlio maggiorenne non ancora autosufficiente economicamente un piano genitoriale con le forme di cui ai commi sesto e settimo dell’articolo 337-ter. Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente e su loro richiesta il pagamento di un assegno periodico a carico di entrambi i genitori. Tale assegno è versato da entrambi i genitori direttamente all’avente diritto, fermi per il figlio gli obblighi di cui all’articolo 315-bis. Ai figli maggiorenni portatori di disabilità grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori. Fatto salvo quanto previsto al precedente comma, nei confronti dei figli maggiorenni cessa ogni obbligo di mantenimento al compimento del venticinquesimo anno di età ovvero qualora la mancanza di una loro occupazione o impiego lavorativo sia dipesa da negligenza o rifiuto ingiustificato di opportunità di lavoro offerte ovvero si dimostri la colpevole inerzia nel prorogare il proprio percorso di studi senza alcun effettivo rendimento».

Art. 16. (Modifica dell’articolo 337-octies del codice civile) 

1. L’articolo 337-octies del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 337-octies. – (Poteri del giudice e ascolto del minore). – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 337-ter, il giudice può assumere, a istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone inoltre l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo. L’ascolto del minore deve essere sempre svolto alla presenza del giudice e di un esperto da lui designato. L’ascolto deve essere videoregistrato. Le parti possono assistere in locale separato collegato mediante video e possono presentare domande per mezzo del giudice. Sono vietate le domande manifestamente in grado di suscitare conflitti di lealtà da parte del minore verso uno dei genitori».

Art. 17. (Modifica all’articolo 342-bis del codice civile) 

1. All’articolo 342-bis del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Quando in fase di separazione dei genitori o dopo di essa la condotta di un genitore è causa di grave pregiudizio ai diritti relazionali del figlio minore e degli altri familiari, ostacolando il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore e la conservazione rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui agli articoli 342-ter e 342-quater. I provvedimenti di cui a quest’ultimo articolo possono essere applicati , nell’esclusivo interesse del minore, anche quando, pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori, il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo a uno di essi». 

Art. 18. (Introduzione dell’articolo 342-quater del codice civile) 

1. Dopo l’articolo 342-ter è inserito il se­ guente: «Art. 342-quater. – (Ulteriori contenuti dell’ordine di protezione). – Con il decreto di cui all’articolo 342-bis il giudice ordina al genitore che ha tenuto la condotta pregiudizievole per il minore la cessazione della stessa condotta; può inoltre disporre con provvedimento d’urgenza la limitazione o sospensione della sua responsabilità genitoriale. Il giudice può applicare in tali casi anche di ufficio e inaudita altera parte uno dei provvedimenti previsti dall’articolo 709- ter del codice di procedura civile. Il giudice, nei casi di cui all’articolo 342- bis, può in ogni caso disporre l’inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore oppure limitare i tempi di permanenza del minore presso il genitore inadempiente, ovvero disporre il collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata, previa redazione da parte dei servizi sociali o degli operatori della struttura di uno specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità del minore, nonché dell’indicazione del responsabile dell’attuazione di tale programma. Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per tutelare i diritti delle persone interessate, ivi compresi quelli di cui agli articoli 337-ter e 337-quater».

Art. 19. (Modifica all’articolo 151 del codice civile) 

1. All’articolo 151 del codice civile, il se­ condo comma è abrogato. Art. 20. (Modifica all’articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132) 1. All’articolo 6 del decreto-legge 12 set­tembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, dopo il comma 3 è inserito il se­guente: «3-bis. Le parti e i rispettivi legali devono in ogni caso applicare le disposizioni di cui agli articoli 337-ter e seguenti del codice civile».

Art. 21. (Abrogazione dell’articolo 570-bis del codice penale) 

1. L’articolo 570-bis del codice penale è abrogato. 

Art. 22. (Modifica dell’articolo 4 della legge 1º dicembre 1970, n. 898) 
1. L’articolo 4 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, è sostituito dal seguente: «Art. 4. – 1. I genitori di prole minorenne che vogliano presentare ricorso per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio devono a pena di improcedibilità iniziare un percorso di mediazione familiare. I genitori devono redigere, eventualmente con l’aiuto del mediatore familiare e dei rispettivi legali, un piano genitoriale secondo quanto previsto dall’articolo 337-ter del codice civile. In ogni caso il mediatore familiare deve rilasciare ai coniugi un’attestazione, sottoscritta dai coniugi medesimi, in cui dà atto che gli stessi hanno tentato la mediazione e del relativo esito. 2. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge. 3. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata. Qualora la coppia abbia figli minori, la domanda deve contenere a pena di inammissibilità una proposta di piano genitoriale redatto secondo i criteri di cui all’articolo 337-ter del codice civile. 4. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all’ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l’annotazione in calce all’atto. 5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro quaranta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto e il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace. 6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime tre dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate dai coniugi. 7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l’assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All’udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente e tenta preliminarmente di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione. 8. Se la conciliazione non riesce, il presidente informa le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare. Nei procedimenti con figli minori il presidente verifica anche d’ufficio che le parti abbiano iniziato un percorso di mediazione familiare. In caso contrario rinvia il procedimento per un termine massimo di due mesi e ordina alle parti di rivolgersi a un mediatore familiare. I genitori devono redigere, eventualmente con l’aiuto del mediatore familiare e dei rispettivi legali, un piano genitoriale come previsto dall’articolo 337-ter del codice civile. In ogni caso il mediatore familiare deve rilasciare ai coniugi un’attestazione, sottoscritta dai coniugi medesimi, in cui dà atto che gli stessi hanno tentato la mediazione e del relativo esito. 9. Il presidente, all’esito della mediazione familiare, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici nei casi e con le modalità di cui all’articolo 337-octies del codice civile, esamina i rispettivi piani genitoriali e assume con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole secondo quanto previsto dagli articoli 337-ter e seguenti del codice civile, accogliendo le rispettive proposte ove convergenti e non contrarie all’interesse della prole e motivando le proprie decisioni ove ritenga di discostarsi dalle indicazioni dell’uno o dell’altro genitore in ordine al piano genitoriale. Se uno dei genitori non compare ovvero non presenta un proprio piano genitoriale, il presidente accoglie nell’ordinanza le proposte indicate dall’altro, ove congrue e non contrarie all’interesse della prole. 10. Con la medesima ordinanza il presidente nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo 189 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368. 11. Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell’udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all’articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti di metà. 12. Con l’ordinanza di cui al comma 9, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile, e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, del medesimo codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza deve contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il ter- mine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. 13. All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l’articolo 184 del medesimo codice. 14. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell’assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all’articolo 10. 15. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l’obbligo della somministrazione dell’assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda. 16. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva. 17. L’appello è deciso in camera di consiglio. 18. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio è proposta con ricorso al presidente del tribunale. I genitori di figli minori devono a pena di nullità indicare nel ricorso il piano genitoriale concordato secondo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo e dall’articolo 337-ter del codice civile. Il presidente, ove riscontri che i coniugi non hanno svolto in precedenza il tentativo di conciliazione di cui al comma 7, tenta preliminarmente di conciliarli anche avvalendosi della collaborazione di esperti e di consulenti familiari. Se la conciliazione riesce il presidente fa redigere verbale di conciliazione. Se la conciliazione non riesce il presidente, sentiti i coniugi, verificata l’esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, rimette gli atti al collegio che provvede in camera di consiglio con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui ai commi 8 e 9».

Art. 23. (Disposizioni transitorie) 

1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della medesima.

Art. 24. (Clausola di invarianza finanziaria) 

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le amministrazioni interessate svol­gono le attività previste dalla presente legge con le risorse umane, finanziarie e strumen­tali disponibili a legislazione vigente. 

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Il nuovo regime delle impugnazioni penali alla luce della Riforma Orlando.

 Dal 6 marzo 2018 la riforma Orlando troverà piena attuazione con l’entrata in vigore della nuova normativa processuale sulle impugnazioni penali, finalizzata a modificare e circoscrivere i poteri di impugnazione dell’imputato e del pm,in una generale finalità di riduzione dei giudizi di appello.

La riforma delle impugnazioni penali è contenuta nel Decreto Legislativo del 6 febbraio 2018 n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2018, recante “disposizioni di modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione” approvato dal Consiglio dei Ministri in data 19 gennaio 2018, in attuazione della delega di cui alla riforma Orlando (Legge 103/2017), in vigore dal 6 marzo 2018.

Lo scopo della riforma delle impugnazioni penali è quello di limitare l’instaurazione di giudizi di appello, limitando i poteri di impugnazione delle parti attraverso la valorizzazione del rispettivo ruolo processuale e dei rispettivi interessi ad impugnare. Tale riforma va dunque a circoscrivere il potere d’impugnazione del PM (e dell’imputato)nei limiti in cui “le pretese delle parti, legate all’esercizio dell’azione penale per il pubblico ministero e al diritto di difesa per l’imputato, risultino soddisfatte”.

Nella generale finalità perseguita dalla riforma, viene anzitutto circoscritto il potere del PM di proporre impugnazione. L’art. 1 del D.Lgs. 11/2018 modifica l’art. 568 del codice di procedura penale inserendo il nuovo comma 4-bis che prevede “Il Pubblico Ministero propone impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso per Cassazione”.

Nella stessa ottica, l’art. 2 del decreto modifica l’art. 593 c.p.p. limitando i poteri di appello del pubblico ministero, prevedendo che “Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l’imputato può appellare contro le sentenze di condanna, mentre il pubblico ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato”.

Dunque, il PM può proporre appello avverso (tutte) le sentenze di proscioglimento e assoluzione ma potrà impugnare le sentenze di condanna solo entro determinati limiti fissati  dalla legge, ovvero l’appellabilità delle stesse è limitata ai casi in cui le medesime modifichino il titolo del reato o escludano la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscano una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.

La ratio della inappellabilità è quella per cui le pretese del PM e sue richieste di condanna sono state soddisfatte, non sussistendo un interesse all’impugnazione, con una disciplina analoga a quella dettata in materia di giudizio abbreviato.

La riforma del 2018 delle impugnazioni penali, introduce poi il nuovo art. 593-bis c.p.p. al fine di risolvere i problemi relativi alla possibile sovrapposizione degli uffici accusatori (Procuratore della repubblica e Procuratore Generale). Viene infatti previsto che “Nei casi consentiti, contro le sentenze del Giudice per le indagini preliminari, della Corte d’Assise e del Tribunale può appellare il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello può appellare soltanto nei casi di avocazione o qualora il procuratore della Repubblica abbia prestato acquiescenza al provvedimento”.

Quanto ai poteri di impugnazione dell’imputato, la nuova formulazione dell’art. 593 c.p.p. consente allo stesso di proporre appello contro le sentenze di condanna mentre viene limitato il potere di appello contro le sentenze di proscioglimento, affermando che “L’imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso”. Viene dunque esclusa la possibilità per l’imputato di appellare sentenze di assoluzione pronunciate con la più ampia formula liberatoria.

Nella stessa ottica di deflazione dei giudizi di appello, i nuovi art. 593 e 428 c.p.p. prevedono l’inappellabilità per entrambe le parti (PM ed imputato) delle sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa e le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa.

L’art. 4 della riforma modifica l‘art. 595 c.p.p. introducendo “Modifiche alla disciplina in materia di appello incidentale“. Viene statuito che l’imputato che non ha proposto impugnazione può proporre appello incidentale entro quindici giorni da quello in cui ha ricevuto la notificazione ex art. 584 dell’impugnazione presentata dalle altre parti e, nello stesso termine, l’imputato può presentare al giudice, mediante deposito in cancelleria, memorie o richieste scritte.

Dunque, la nuova normativa processuale consente l’appello incidentale solo per l’imputato che non abbia proposto impugnazione, non prevedendosi analoga facoltà per il PM.

L’art. 5 del decreto di riforma introduce “Modifiche alla disciplina sui casi di ricorso per Cassazione” modificando il testo dell’art. 606 c.p.p. con l’introduzione di un nuovo comma 2-bis che prevede che “Contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c)”.

Viene dunque limitata la possibilità di proporre ricorso per Cassazione contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, che potrà essere proposto solo per tre motivi, ossia in caso di esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche; per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza.

Infine, il decreto di riforma delle impugnazioni penali introduce, agli art. 6 e 7, modifiche di carattere organizzativo e amministrativo, intervenendo sugli art. 165 e 166 delle disposizioni di attuazione al c.p.p. Viene abrogato l’art. 166 disp. att. relativo alla comunicazione al procuratore generale dell’appello dell’imputato e viene introdotto il nuovo art. 165-bis disp. att. che prevede che, dopo la presentazione dell’impugnazione, il giudice che ha emesso la sentenza trasmetta al giudice dell’impugnazione alcune informazioni essenziali ai fini organizzativi del giudizio di appello.

In conclusione, dunque, la riforma delle impugnazioni penali mira a razionalizzare e circoscrivere i giudizi di appello in un’ottica di deflazione dei giudizi penali e di valorizzazione del ruolo delle parti.

 

 

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Il principio del consenso nella legge sul biotestamento.

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LEGGE 22 dicembre 2017, n. 219 Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Promulga

 

la seguente legge:

Art. 1

 

Consenso informato

 

1. La presente  legge,  nel  rispetto  dei  principi  di  cui  agli

articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli  articoli  1,  2  e  3

della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,  tutela  il

diritto    alla    vita,    alla    salute,    alla    dignita'     e

all'autodeterminazione  della  persona  e   stabilisce   che   nessun

trattamento sanitario puo' essere iniziato o proseguito se privo  del

consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei

casi espressamente previsti dalla legge.

2. E' promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia  tra

paziente e medico che si basa sul consenso  informato  nel  quale  si

incontrano l'autonomia decisionale  del  paziente  e  la  competenza,

l'autonomia  professionale   e   la   responsabilita'   del   medico.

Contribuiscono alla  relazione  di  cura,  in  base  alle  rispettive

competenze, gli esercenti una professione  sanitaria  che  compongono

l'equipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il  paziente

lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione  civile  o

il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo.

3. Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di

salute e di essere informata in modo completo,  aggiornato  e  a  lei

comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai

rischi degli accertamenti  diagnostici  e  dei  trattamenti  sanitari

indicati,  nonche'  riguardo  alle  possibili  alternative   e   alle

conseguenze  dell'eventuale  rifiuto  del  trattamento  sanitario   e

dell'accertamento diagnostico o  della  rinuncia  ai  medesimi.  Puo'

rifiutare in tutto o in parte  di  ricevere  le  informazioni  ovvero

indicare i familiari o una  persona  di  sua  fiducia  incaricati  di

riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se  il  paziente  lo

vuole. Il rifiuto o  la  rinuncia  alle  informazioni  e  l'eventuale

indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e

nel fascicolo sanitario elettronico.

4. Il consenso informato, acquisito nei modi e  con  gli  strumenti

piu' consoni alle condizioni del paziente, e'  documentato  in  forma

scritta  o  attraverso  videoregistrazioni  o,  per  la  persona  con

disabilita', attraverso dispositivi che le consentano di  comunicare.

Il consenso informato, in qualunque forma espresso, e' inserito nella

cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

5. Ogni persona capace di agire ha  il  diritto  di  rifiutare,  in

tutto o in parte, con le stesse forme di cui al  comma  4,  qualsiasi

accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal  medico

per la sua patologia o  singoli  atti  del  trattamento  stesso.  Ha,

inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con  le  stesse

forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca

comporti l'interruzione  del  trattamento.  Ai  fini  della  presente

legge,  sono   considerati   trattamenti   sanitari   la   nutrizione

artificiale e l'idratazione artificiale, in quanto  somministrazione,

su prescrizione medica, di  nutrienti  mediante  dispositivi  medici.

Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto  di  trattamenti

sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al

paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari,  le  conseguenze

di tale decisione e le possibili alternative e promuove  ogni  azione

di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi  dei  servizi  di

assistenza  psicologica.  Ferma  restando  la  possibilita'  per   il

paziente di modificare la propria volonta', l'accettazione, la revoca

e il rifiuto sono annotati nella cartella  clinica  e  nel  fascicolo

sanitario elettronico.

6. Il medico e'  tenuto  a  rispettare  la  volonta'  espressa  dal

paziente di rifiutare il trattamento sanitario  o  di  rinunciare  al

medesimo e, in conseguenza di  cio',  e'  esente  da  responsabilita'

civile o penale. Il paziente non puo'  esigere  trattamenti  sanitari

contrari a norme di legge,  alla  deontologia  professionale  o  alle

buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste,  il

medico non ha obblighi professionali.

7. Nelle situazioni di  emergenza  o  di  urgenza  il  medico  e  i

componenti dell'equipe sanitaria assicurano le cure  necessarie,  nel

rispetto della volonta' del paziente ove le sue condizioni cliniche e

le circostanze consentano di recepirla.

8. Il tempo della comunicazione tra medico e  paziente  costituisce

tempo di cura.

9. Ogni struttura  sanitaria  pubblica  o  privata  garantisce  con

proprie modalita' organizzative la piena e  corretta  attuazione  dei

principi di  cui  alla  presente  legge,  assicurando  l'informazione

necessaria ai pazienti e l'adeguata formazione del personale.

10. La formazione iniziale e continua  dei  medici  e  degli  altri

esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia

di relazione e di comunicazione  con  il  paziente,  di  terapia  del

dolore e di cure palliative.

11.  E'  fatta  salva  l'applicazione  delle  norme  speciali   che

disciplinano l'acquisizione del consenso  informato  per  determinati

atti o trattamenti sanitari.

 

N O T E

 

Avvertenza:

Il testo delle note qui  pubblicato  e'  stato  redatto

dall'amministrazione  competente  per  materia   ai   sensi

dell'art.  10,  commi  2  e  3,  del  testo   unico   delle

disposizioni    sulla    promulgazione     delle     leggi,

sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica

e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica  italiana,

approvato con decreto del Presidente  della  Repubblica  28

dicembre 1985, n. 1092,  al  solo  fine  di  facilitare  la

lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali

e'  operato  il  rinvio.  Restano  invariati  il  valore  e

l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

 

Note all'art. 1:

- Si riporta il testo degli articoli 2, 13 e  32  della

Costituzione:

"Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti

inviolabili  dell'uomo,  sia   come   singolo   sia   nelle

formazioni sociali ove si svolge  la  sua  personalita',  e

richiede   l'adempimento   dei   doveri   inderogabili   di

solidarieta' politica, economica e sociale."

"Art. 13. La liberta' personale e' inviolabile.

Non e' ammessa forma alcuna di detenzione di  ispezione

o perquisizione personale, ne' qualsiasi altra  restrizione

della  liberta'  personale,  se  non  per   atto   motivato

dall'Autorita' giudiziaria e nei soli casi e modi  previsti

dalla legge.

In casi eccezionali di necessita' ed urgenza,  indicati

tassativamente  dalla  legge,   l'autorita'   di   Pubblica

sicurezza  puo'  adottare  provvedimenti  provvisori,   che

devono   essere   comunicati    entro    quarantotto    ore

all'Autorita' giudiziaria e, se  questa  non  li  convalida

nelle successive quarantotto ore, si intendono  revocati  e

restano privi di ogni effetto.

E' punita ogni violenza fisica e morale  sulle  persone

comunque sottoposte a restrizioni di liberta'.

-  La  legge  stabilisce   i   limiti   massimi   della

carcerazione preventiva."

"Art.  32.  La  Repubblica  tutela   la   salute   come

fondamentale  diritto  dell'individuo  e  interesse   della

collettivita', e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno  puo'  essere  obbligato   a   un   determinato

trattamento sanitario se non per disposizione di legge.  La

legge non puo' in nessun caso violare i limiti imposti  dal

rispetto della persona umana.".

- Si riporta il testo degli articoli 1,  2  e  3  della

Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea:

«Art. 1 (Dignita' umana). - 1.  La  dignita'  umana  e'

inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.

«Art. 2 (Diritto alla  vita).  -  1.  Ogni  persona  ha

diritto alla vita.

2. Nessuno puo' essere condannato alla pena  di  morte,

ne' giustiziato.

Art. 3 (Diritto all'integrita'  della  persona).  -  1.

Ogni persona ha diritto alla propria  integrita'  fisica  e

psichica.

2. Nell'ambito della medicina e della  biologia  devono

essere in particolare rispettati:

a) il  consenso  libero  e  informato  della  persona

interessata, secondo le modalita' definite dalla legge;

b)  il  divieto  delle   pratiche   eugenetiche,   in

particolare di quelle aventi come scopo la selezione  delle

persone;

c) il divieto di fare del corpo  umano  e  delle  sue

parti in quanto tali una fonte di lucro;

d) il divieto  della  clonazione  riproduttiva  degli

esseri umani.».

 

 

Art. 2

 

Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e

dignita' nella fase finale della vita

 

1. Il medico, avvalendosi  di  mezzi  appropriati  allo  stato  del

paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso

di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato

dal medico. A tal fine, e' sempre  garantita  un'appropriata  terapia

del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina  generale  e

l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15  marzo  2010,

n. 38.

2. Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o  di

imminenza di morte, il medico  deve  astenersi  da  ogni  ostinazione

irragionevole nella somministrazione  delle  cure  e  dal  ricorso  a

trattamenti inutili  o  sproporzionati.  In  presenza  di  sofferenze

refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico  puo'  ricorrere  alla

sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia

del dolore, con il consenso del paziente.

3. Il ricorso alla sedazione  palliativa  profonda  continua  o  il

rifiuto della stessa sono motivati e  sono  annotati  nella  cartella

clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

 

Art. 3

 

Minori e incapaci

 

1.  La  persona  minore  di  eta'  o  incapace  ha   diritto   alla

valorizzazione  delle  proprie  capacita'  di   comprensione   e   di

decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo 1,  comma  1.

Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria  salute

in modo consono alle sue capacita' per essere messa nelle  condizioni

di esprimere la sua volonta'.

2. Il consenso informato al trattamento  sanitario  del  minore  e'

espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilita' genitoriale o

dal tutore tenendo conto della  volonta'  della  persona  minore,  in

relazione alla sua eta' e al suo grado di maturita',  e  avendo  come

scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore  nel

pieno rispetto della sua dignita'.

3.  Il  consenso  informato  della  persona  interdetta  ai   sensi

dell'articolo 414 del codice  civile  e'  espresso  o  rifiutato  dal

tutore, sentito l'interdetto ove  possibile,  avendo  come  scopo  la

tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel  pieno

rispetto della sua dignita'.

4. Il consenso informato  della  persona  inabilitata  e'  espresso

dalla medesima  persona  inabilitata.  Nel  caso  in  cui  sia  stato

nominato  un  amministratore  di  sostegno  la  cui  nomina   preveda

l'assistenza necessaria  o  la  rappresentanza  esclusiva  in  ambito

sanitario, il  consenso  informato  e'  espresso  o  rifiutato  anche

dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo,  tenendo

conto della volonta' del beneficiario, in relazione al suo  grado  di

capacita' di intendere e di volere.

5.  Nel  caso  in  cui  il  rappresentante  legale  della   persona

interdetta o inabilitata  oppure  l'amministratore  di  sostegno,  in

assenza delle disposizioni anticipate di  trattamento  (DAT)  di  cui

all'articolo 4, o  il  rappresentante  legale  della  persona  minore

rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste  siano

appropriate e necessarie, la decisione e' rimessa al giudice tutelare

su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o  dei

soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o  del

medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.

 

 

 

Note all'art. 3:

- Si riporta il testo dell'art. 414 del codice civile:

"Art. 414. Persone che possono essere interdette.

Il maggiore di eta' e il minore emancipato, i quali  si

trovano in condizioni di abituale infermita' di  mente  che

li rende incapaci di provvedere ai propri  interessi,  sono

interdetti quando cio' e' necessario per assicurare la loro

adeguata protezione.".

- Si riporta il testo degli articoli 406 e seguenti del

codice civile:

"406. Soggetti.

Il ricorso per  l'istituzione  dell'amministrazione  di

sostegno  puo'  essere  proposto  dallo   stesso   soggetto

beneficiario, anche se minore,  interdetto  o  inabilitato,

ovvero da uno dei soggetti indicati nell'art. 417.

Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata

il medesimo e'  presentato  congiuntamente  all'istanza  di

revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione  davanti  al

giudice competente per quest'ultima.

I  responsabili  dei   servizi   sanitari   e   sociali

direttamente  impegnati  nella  cura  e  assistenza   della

persona,  ove  a  conoscenza  di  fatti  tali  da   rendere

opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di

sostegno, sono tenuti a proporre  al  giudice  tutelare  il

ricorso di cui all'art. 407 o a fornirne  comunque  notizia

al pubblico ministero.

(Omissis).

417. Istanza d'interdizione o di inabilitazione.

L'interdizione  o   l'inabilitazione   possono   essere

promosse dalle persone indicate negli articoli 414  e  415,

dal coniuge,  dalla  persona  stabilmente  convivente,  dai

parenti entro  il  quarto  grado,  dagli  affini  entro  il

secondo grado, dal tutore o curatore  ovvero  dal  pubblico

ministero.

Se l'interdicendo o l'inabilitando si  trova  sotto  la

responsabilita' genitoriale  o  ha  per  curatore  uno  dei

genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non puo' essere

promossa  che  su  istanza  del  genitore  medesimo  o  del

pubblico ministero.".

Il Capo I del Titolo XII del libro I del codice  civile

e' stato introdotto dalla  legge  9  gennaio  2004,  n.  6,

relativa all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e

modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e

429 del codice civile  in  materia  di  interdizioni  e  di

inabilitazione, nonche' relative norme  di  attuazione,  di

coordinamento e finali.

 

 

Art. 4

 

Disposizioni anticipate di trattamento

 

1. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di  volere,  in

previsione di un'eventuale futura incapacita' di  autodeterminarsi  e

dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle  conseguenze

delle sue scelte, puo',  attraverso  le  DAT,  esprimere  le  proprie

volonta' in materia di trattamenti sanitari, nonche' il consenso o il

rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche  e

a singoli trattamenti sanitari. Indica altresi' una  persona  di  sua

fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci  e

la rappresenti nelle relazioni con  il  medico  e  con  le  strutture

sanitarie.

2. Il fiduciario deve essere una persona maggiorenne  e  capace  di

intendere e di volere.  L'accettazione  della  nomina  da  parte  del

fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT o con  atto

successivo, che e' allegato alle DAT. Al fiduciario e' rilasciata una

copia delle DAT. Il fiduciario puo' rinunciare alla nomina  con  atto

scritto, che e' comunicato al disponente.

3. L'incarico del fiduciario puo' essere revocato dal disponente in

qualsiasi momento, con le stesse modalita' previste per la  nomina  e

senza obbligo di motivazione.

4. Nel  caso  in  cui  le  DAT  non  contengano  l'indicazione  del

fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto

incapace, le DAT mantengono efficacia in  merito  alle  volonta'  del

disponente. In caso di necessita', il giudice tutelare provvede  alla

nomina di un amministratore di sostegno, ai  sensi  del  capo  I  del

titolo XII del libro I del codice civile.

5. Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell'articolo  1,  il

medico e' tenuto al rispetto  delle  DAT,  le  quali  possono  essere

disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con  il

fiduciario,  qualora  esse  appaiano  palesemente  incongrue  o   non

corrispondenti alla condizione clinica attuale  del  paziente  ovvero

sussistano terapie non  prevedibili  all'atto  della  sottoscrizione,

capaci  di  offrire  concrete  possibilita'  di  miglioramento  delle

condizioni di vita. Nel caso di conflitto  tra  il  fiduciario  e  il

medico, si procede ai sensi del comma 5, dell'articolo 3.

6. Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o  per  scrittura

privata  autenticata  ovvero   per   scrittura   privata   consegnata

personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile  del

comune  di  residenza   del   disponente   medesimo,   che   provvede

all'annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le

strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di cui al  comma

7. Sono esenti dall'obbligo di registrazione, dall'imposta di bollo e

da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nel caso in cui

le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT  possono

essere  espresse  attraverso  videoregistrazione  o  dispositivi  che

consentano  alla  persona  con  disabilita'  di  comunicare.  Con  le

medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili  e  revocabili  in

ogni momento.  Nei  casi  in  cui  ragioni  di  emergenza  e  urgenza

impedissero di procedere alla revoca delle DAT con le forme  previste

dai  periodi  precedenti,  queste   possono   essere   revocate   con

dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da  un  medico,  con

l'assistenza di due testimoni.

7. Le regioni che adottano modalita' telematiche di gestione  della

cartella  clinica  o  il  fascicolo  sanitario  elettronico  o  altre

modalita' informatiche di gestione dei dati del singolo  iscritto  al

Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare

la  raccolta  di  copia  delle  DAT,   compresa   l'indicazione   del

fiduciario,  e  il  loro  inserimento  nella  banca  dati,  lasciando

comunque al firmatario la liberta' di  scegliere  se  darne  copia  o

indicare dove esse siano reperibili.

8. Entro sessanta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della

presente legge, il Ministero della salute, le regioni  e  le  aziende

sanitarie provvedono a informare della possibilita'  di  redigere  le

DAT in base alla presente legge, anche attraverso i  rispettivi  siti

Internet.

 

 

 

Art. 5

 

Pianificazione condivisa delle cure

 

1. Nella relazione tra paziente e medico  di  cui  all'articolo  1,

comma 2, rispetto all'evolversi delle conseguenze  di  una  patologia

cronica e invalidante o caratterizzata  da  inarrestabile  evoluzione

con prognosi infausta,  puo'  essere  realizzata  una  pianificazione

delle cure condivisa tra il paziente  e  il  medico,  alla  quale  il

medico e l'equipe sanitaria  sono  tenuti  ad  attenersi  qualora  il

paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere  il

proprio consenso o in una condizione di incapacita'.

2. Il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari o la  parte

dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di sua  fiducia

sono adeguatamente informati, ai sensi dell'articolo 1, comma  3,  in

particolare sul possibile  evolversi  della  patologia  in  atto,  su

quanto il paziente puo'  realisticamente  attendersi  in  termini  di

qualita' della vita, sulle possibilita'  cliniche  di  intervenire  e

sulle cure palliative.

3. Il paziente  esprime  il  proprio  consenso  rispetto  a  quanto

proposto dal medico ai sensi del comma 2 e i propri intendimenti  per

il futuro, compresa l'eventuale indicazione di un fiduciario.

4. Il  consenso  del  paziente  e  l'eventuale  indicazione  di  un

fiduciario, di cui al comma 3, sono espressi in forma scritta ovvero,

nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano,

attraverso video-registrazione  o  dispositivi  che  consentano  alla

persona con disabilita' di comunicare, e sono inseriti nella cartella

clinica e nel  fascicolo  sanitario  elettronico.  La  pianificazione

delle cure puo' essere  aggiornata  al  progressivo  evolversi  della

malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.

5. Per quanto riguarda gli aspetti non  espressamente  disciplinati

dal presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo.

 

 

Art. 6

 

Norma transitoria

 

1. Ai documenti atti ad esprimere le  volonta'  del  disponente  in

merito ai  trattamenti  sanitari,  depositati  presso  il  comune  di

residenza o presso un notaio prima della data di  entrata  in  vigore

della presente legge, si applicano  le  disposizioni  della  medesima

legge.

 

 

Art. 7

 

Clausola di invarianza finanziaria

 

1.   Le   amministrazioni    pubbliche    interessate    provvedono

all'attuazione delle disposizioni della  presente  legge  nell'ambito

delle  risorse  umane,  strumentali  e  finanziarie   disponibili   a

legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la

finanza pubblica.

 

Art. 8

 

Relazione alle Camere

 

1. Il Ministro della salute trasmette  alle  Camere,  entro  il  30

aprile di ogni anno, a decorrere dall'anno  successivo  a  quello  in

corso alla data di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  una

relazione sull'applicazione  della  legge  stessa.  Le  regioni  sono

tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di febbraio

di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal  Ministero

della salute.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara'  inserita

nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 22 dicembre 2017

 

MATTARELLA

 

Gentiloni Silveri,  Presidente  del

Consiglio dei ministri

Visto, il Guardasigilli: Orlando

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REGOLAMENTO (UE) N. 650/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 luglio 2012 relativo alle successioni transfrontaliere

CAPO I

AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI

Articolo 1

Ambito di applicazione

1.   Il presente regolamento si applica alle successioni a causa di morte. Esso non concerne la materia fiscale, doganale e amministrativa.

2.   Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento:

a)

lo status delle persone fisiche, i rapporti di famiglia e i rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili;

b)

la capacità delle persone fisiche, fatto salvo quanto stabilito all’articolo 23, paragrafo 2, lettera c), e all’articolo 26;

c)

le questioni riguardanti la scomparsa, l’assenza o la morte presunta di una persona fisica;

d)

le questioni riguardanti i regimi patrimoniali tra coniugi e i regimi patrimoniali relativi a rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al matrimonio;

e)

le obbligazioni alimentari diverse da quelle a causa di morte;

f)

la validità formale delle disposizioni a causa di morte fatte oralmente;

g)

i diritti e i beni creati o trasferiti con strumenti diversi dalla successione, quali le donazioni, la comproprietà con reversibilità a favore del comproprietario superstite, i piani pensione, i contratti di assicurazione e accordi analoghi, fatto salvo l’articolo 23, paragrafo 2, lettera i);

h)

le questioni disciplinate dal diritto applicabile alle società, alle associazioni e alle persone giuridiche, quali le clausole degli atti costitutivi e degli statuti di società, associazioni e persone giuridiche che stabiliscono la destinazione delle quote di partecipazione alla morte dei loro membri;

i)

lo scioglimento, l’estinzione e la fusione di società, associazioni e persone giuridiche;

j)

la costituzione, il funzionamento e lo scioglimento di trust;

k)

la natura dei diritti reali;

l)

qualsiasi iscrizione in un registro di diritti su beni mobili o immobili, compresi i requisiti legali relativi a tale iscrizione, e gli effetti dell’iscrizione o della mancata iscrizione di tali diritti in un registro.

Articolo 2

Competenza in materia di successione all’interno degli Stati membri

Il presente regolamento lascia impregiudicata la competenza delle autorità degli Stati membri a trattare questioni di successione.

Articolo 3

Definizioni

1.   Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)

«successione», la successione a causa di morte, comprendente qualsiasi modalità di trasferimento di beni, diritti e obbligazioni a causa di morte, che si tratti di un trasferimento volontario per disposizione a causa di morte ovvero di un trasferimento per effetto di successione legittima;

b)

«patto successorio», l’accordo, anche derivante da testamenti reciproci, che conferisce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo;

c)

«testamento congiuntivo», il testamento redatto in un unico documento da due o più persone;

d)

«disposizione a causa di morte», un testamento, un testamento congiuntivo o un patto successorio;

e)

«Stato membro d’origine», lo Stato membro in cui, a seconda dei casi, è stata emessa la decisione, è stata approvata o conclusa la transazione giudiziaria, è stato redatto l’atto pubblico o è stato rilasciato il certificato successorio europeo;

f)

«Stato membro dell’esecuzione», lo Stato membro in cui sono richieste la dichiarazione di esecutività o l’esecuzione della decisione, della transazione giudiziaria o dell’atto pubblico;

g)

«decisione», qualsiasi decisione in materia di successioni emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro, a prescindere dalla denominazione usata, compresa una decisione sulla determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere;

h)

«transazione giudiziale», la transazione in materia di successioni approvata dall’organo giurisdizionale o conclusa davanti all’organo giurisdizionale nel corso di un procedimento;

i)

«atto pubblico», qualsiasi documento in materia di successioni che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico in uno Stato membro e la cui autenticità:

i)

riguardi la firma e il contenuto dell’atto pubblico; nonché

ii)

sia stata attestata da un’autorità pubblica o da altra autorità a tal fine autorizzata dallo Stato membro di origine;

2.   Ai fini del presente regolamento il termine «organo giurisdizionale» indica qualsiasi autorità giudiziaria e tutte le altre autorità e i professionisti legali competenti in materia di successioni che esercitano funzioni giudiziarie o agiscono su delega di un’autorità giudiziaria o sotto il controllo di un’autorità giudiziaria, purché tali altre autorità e professionisti legali offrano garanzie circa l’imparzialità e il diritto di audizione delle parti e purché le decisioni che prendono ai sensi della legge dello Stato membro in cui operano:

a)

possano formare oggetto di ricorso o riesame davanti a un’autorità giudiziaria; e

b)

abbiano forza ed effetto equivalenti a quelli di una decisione dell’autorità giudiziaria nella stessa materia.

Gli Stati membri notificano alla Commissione, conformemente all’articolo 79, le altre autorità e i professionisti legali di cui al primo comma.

CAPO II

COMPETENZA

Articolo 4

Competenza generale

Sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte.

Articolo 5

Accordi di scelta del foro

1.   Se la legge scelta dal defunto per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, le parti interessate possono convenire che un organo giurisdizionale o gli organi giurisdizionali di tale Stato membro hanno competenza esclusiva a decidere su qualsiasi questione legata alla successione.

2.   L’accordo relativo alla scelta del foro è concluso per iscritto, datato e firmato dalle parti interessate. Si considera equivalente alla forma scritta qualsiasi comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole dell’accordo.

Articolo 6

Dichiarazione di incompetenza in caso di scelta di legge

Quando la legge scelta dal defunto per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, l’organo giurisdizionale adito ai sensi dell'articolo 4 o dell'articolo 10:

a)

può, su richiesta di una delle parti del procedimento, dichiarare la propria incompetenza se ritiene che gli organi giurisdizionali dello Stato membro della legge scelta siano più adatti a decidere sulla successione tenuto conto delle circostanze pratiche di quest’ultima, quali la residenza abituale delle parti e il luogo in cui sono situati i beni; oppure

b)

dichiara la propria incompetenza se le parti del procedimento hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 5, di conferire la competenza a un organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali dello Stato membro della legge scelta.

Articolo 7

Competenza in caso di scelta di legge

Gli organi giurisdizionali dello Stato membro la cui legge sia stata scelta dal defunto conformemente all’articolo 22 sono competenti a decidere sulla successione:

a)

se un organo giurisdizionale preventivamente adito ha dichiarato la propria incompetenza nella stessa causa ai sensi dell’articolo 6;

b)

se le parti del procedimento hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 5, di conferire la competenza a un organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali di tale Stato membro; oppure

c)

se le parti del procedimento hanno espressamente accettato la competenza dell’organo giurisdizionale adito.

Articolo 8

Chiusura del procedimento aperto d’ufficio in caso di scelta di legge

L’organo giurisdizionale che ha aperto d’ufficio un procedimento in materia di successioni ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10 chiude il procedimento se le parti del procedimento hanno convenuto di regolare la successione amichevolmente in sede stragiudiziale nello Stato membro la cui legge sia stata scelta dal defunto conformemente all’articolo 22.

Articolo 9

Competenza fondata sulla comparizione

1.   Se, nel corso del procedimento davanti a un organo giurisdizionale di uno Stato membro che esercita la competenza ai sensi dell’articolo 7, risulta che non tutte le parti del procedimento sono parte dell’accordo relativo alla scelta del foro, l’organo giurisdizionale continua a esercitare la competenza quando le parti che non sono parte dell’accordo compaiono senza contestare la competenza dell’organo giurisdizionale.

2.   Se la competenza dell’organo giurisdizionale di cui al paragrafo 1 è contestata dalle parti del procedimento che non sono parte dell’accordo in questione, l’organo giurisdizionale dichiara la propria incompetenza.

In tal caso, la competenza a decidere sulla successione spetta agli organi giurisdizionali competenti ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10.

Articolo 10

Competenza sussidiaria

1.   Se, al momento della morte, il defunto non risiedeva abitualmente in uno Stato membro, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro in cui si trovano beni ereditari sono comunque competenti a decidere sull’intera successione, nella misura in cui:

a)

il defunto possedeva la cittadinanza di quello Stato membro al momento della morte; o, in mancanza,

b)

la precedente residenza abituale del defunto era stabilita in quello Stato membro, purché nel momento in cui l’organo giurisdizionale è adito non sia trascorso un periodo superiore a cinque anni dal cambiamento di tale residenza abituale.

2.   Se nessun organo giurisdizionale di uno Stato membro è competente ai sensi del paragrafo 1, gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui si trovano beni ereditari sono comunque competenti a decidere su tali beni.

Articolo 11

Forum necessitatis

Qualora nessun organo giurisdizionale di uno Stato membro sia competente in forza di altre disposizioni del presente regolamento, in casi eccezionali, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro possono decidere sulla successione se un procedimento non può ragionevolmente essere intentato o svolto o si rivela impossibile in uno Stato terzo con il quale la causa ha uno stretto collegamento.

La causa deve presentare un collegamento sufficiente con lo Stato membro dell’organo giurisdizionale adito.

Articolo 12

Limitazione del procedimento

1.   Se l’eredità comprende beni situati in uno Stato terzo, l’organo giurisdizionale adito per decidere sulla successione può, su richiesta di una delle parti, astenersi dal decidere su uno o più di tali beni qualora si possa supporre che la sua decisione sui beni in questione non sarà riconosciuta né, se del caso, dichiarata esecutiva in tale Stato terzo.

2.   Il paragrafo 1 non pregiudica il diritto delle parti di limitare l’oggetto del procedimento ai sensi della legge dello Stato membro dell’organo giurisdizionale adito.

Articolo 13

Accettazione o rinuncia dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima

Oltre all’organo giurisdizionale competente a decidere sulla successione ai sensi del presente regolamento, gli organi giurisdizionali dello Stato membro di residenza abituale di qualsiasi persona che, in base alla legge applicabile alla successione, può rendere dinanzi a un organo giurisdizionale una dichiarazione di accettazione dell’eredità, di un legato o di una quota, oppure una dichiarazione diretta a limitare la responsabilità della persona interessata in relazione alle passività ereditarie, sono competenti a ricevere tali dichiarazioni quando, in base alla legge di tale Stato membro, dette dichiarazioni possono essere rese dinanzi ad un organo giurisdizionale.

Articolo 14

Adizione dell’organo giurisdizionale

Ai fini del presente capo, un organo giurisdizionale è considerato adito:

a)

alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso l’organo giurisdizionale, a condizione che il richiedente non abbia in seguito omesso di prendere le misure che era tenuto a prendere affinché l’atto fosse notificato o comunicato al convenuto;

b)

se l’atto deve essere notificato o comunicato prima di essere depositato presso l’organo giurisdizionale, alla data della sua ricezione da parte dell’autorità incaricata della notificazione o comunicazione, a condizione che il richiedente non abbia in seguito omesso di prendere le misure che era tenuto a prendere affinché l’atto fosse depositato presso l’organo giurisdizionale; o

c)

se i procedimenti sono aperti d’ufficio, alla data in cui l’autorità giurisdizionale decide di aprire il procedimento o, ove tale decisione non sia richiesta, alla data in cui la causa è registrata dall’autorità giurisdizionale.

Articolo 15

Verifica della competenza

L’organo giurisdizionale di uno Stato membro investito di una causa in materia di successione per la quale non è competente in base al presente regolamento dichiara d’ufficio la propria incompetenza.

Articolo 16

Verifica della ricevibilità

1.   Se il convenuto che ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato diverso dallo Stato membro in cui l’azione è stata proposta non compare, l’organo giurisdizionale competente sospende il procedimento fino a quando sia accertato che il convenuto è stato messo nelle condizioni di ricevere la domanda giudiziale o un atto equivalente in tempo utile a consentirgli di presentare le proprie difese o, che sono stati effettuati tutti gli adempimenti in tal senso.

2.   In luogo del paragrafo 1 del presente articolo, si applica l’articolo 19 del regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») (9), qualora sia stato necessario trasmettere da uno Stato membro a un altro la domanda giudiziale o un atto equivalente a norma di tale regolamento.

3.   Ove non sia applicabile il regolamento (CE) n. 1393/2007, si applica l’articolo 15 della convenzione dell’Aia del 15 novembre 1965 relativa alla notificazione e alla comunicazione all’estero degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile o commerciale, qualora sia stato necessario trasmettere all’estero la domanda giudiziale o un atto equivalente a norma di tale convenzione.

Articolo 17

Litispendenza

1.   Qualora davanti a organi giurisdizionali di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’organo giurisdizionale successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento fino a quando sia stata accertata la competenza dell’organo giurisdizionale preventivamente adito.

2.   Ove sia accertata la competenza dell’organo giurisdizionale preventivamente adito, l’organo giurisdizionale successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo.

Articolo 18

Connessione

1.   Ove più cause connesse siano pendenti davanti agli organi giurisdizionali di Stati membri differenti, l’organo giurisdizionale successivamente adito può sospendere il procedimento.

2.   Se tali cause sono pendenti in primo grado, l’organo giurisdizionale successivamente adito può parimenti dichiarare la propria incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che l’organo giurisdizionale preventivamente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti.

3.   Agli effetti del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro un collegamento così stretto da rendere opportune una trattazione e una decisione uniche per evitare decisioni tra loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente.

Articolo 19

Provvedimenti provvisori e cautelari

I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti agli organi giurisdizionali di tale Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta agli organi giurisdizionali di un altro Stato membro.

CAPO III

LEGGE APPLICABILE

Articolo 20

Applicazione universale

La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro.

Articolo 21

Criterio generale

1.   Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, la legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto aveva la propria residenza abituale al momento della morte.

2.   Se, in via eccezionale, dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente che, al momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con uno Stato diverso da quello la cui legge sarebbe applicabile ai sensi del paragrafo 1, la legge applicabile alla successione è la legge di tale altro Stato.

Articolo 22

Scelta di legge

1.   Una persona può scegliere come legge che regola la sua intera successione la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.

Una persona con più di una cittadinanza può scegliere la legge di uno qualsiasi degli Stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.

2.   La scelta di legge deve essere effettuata in modo espresso a mezzo di dichiarazione resa nella forma di una disposizione a causa di morte o risultare dalle clausole di tale disposizione.

3.   La validità sostanziale dell’atto con cui è stata fatta la scelta di legge è disciplinata dalla legge scelta.

4.   La modifica o la revoca della scelta di legge devono soddisfare le condizioni di forma previste per la modifica o la revoca di una disposizione a causa di morte.

Articolo 23

Ambito di applicazione della legge applicabile

1.   La legge designata a norma dell’articolo 21 o dell’articolo 22 regola l’intera successione.

2.   Tale legge regola in particolare:

a)

le cause, il momento e il luogo dell’apertura della successione;

b)

l’individuazione dei beneficiari, delle loro quote rispettive e degli eventuali oneri imposti loro dal defunto e la determinazione degli altri diritti successori, compresi i diritti del coniuge o del partner superstite;

c)

la capacità di succedere;

d)

la diseredazione e l’indegnità;

e)

il trasferimento agli eredi e, se del caso, ai legatari, dei beni, dei diritti e delle obbligazioni che fanno parte del patrimonio ereditario, comprese le condizioni e gli effetti dell’accettazione dell’eredità o del legato ovvero della rinuncia all’eredità o al legato;

f)

i poteri degli eredi, degli esecutori testamentari e degli altri amministratori dell’eredità, in particolare per quanto riguarda la vendita dei beni e il pagamento dei creditori, fatti salvi i poteri di cui all’articolo 29, paragrafi 2 e 3;

g)

la responsabilità per i debiti ereditari;

h)

la quota disponibile, le quote di legittima e altre restrizioni alla libertà di disporre a causa di morte nonché gli eventuali diritti che le persone vicine al defunto possono vantare nei confronti dell’eredità o degli eredi;

i)

la collazione e la riduzione delle liberalità ai fini del calcolo delle quote dei diversi beneficiari;

j)

la divisione dell’eredità.

Articolo 24

Disposizioni a causa di morte diverse dai patti successori

1.   Una disposizione a causa di morte diversa da un patto successorio è disciplinata, per quanto riguarda l’ammissibilità e la validità sostanziale, dalla legge che, in forza del presente regolamento, sarebbe stata applicabile alla successione della persona che ha fatto la disposizione se fosse deceduta il giorno in cui è stata fatta la disposizione.

2.   In deroga a quanto stabilito al paragrafo 1, una persona può scegliere come legge regolatrice della sua disposizione a causa di morte, per quanto riguarda l’ammissibilità e la validità sostanziale, la legge che avrebbe potuto scegliere conformemente all’articolo 22 alle condizioni ivi stabilite.

3.   Il paragrafo 1 si applica, in quanto compatibile, alla modifica o alla revoca di una disposizione a causa di morte diversa da un patto successorio. In caso di scelta di legge a norma del paragrafo 2, la modifica o la revoca sono disciplinate dalla legge scelta.

Articolo 25

Patti successori

1.   Un patto successorio avente a oggetto la successione di una sola persona è disciplinato, per quanto riguarda l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni di scioglimento, dalla legge che, in forza del presente regolamento, sarebbe stata applicabile alla successione di tale persona se questa fosse deceduta il giorno della conclusione del patto.

2.   Un patto successorio avente a oggetto la successione di più persone è ammissibile solo se è ammissibile in base a ciascuna delle leggi che, in forza del presente regolamento, avrebbero regolato la successione di ciascuna di tali persone se esse fossero decedute il giorno della conclusione del patto.

Un patto successorio ammissibile ai sensi del primo comma del presente paragrafo è disciplinato, per quanto riguarda la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni per il suo scioglimento, dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto tra quelli menzionati al primo comma del presente paragrafo.

3.   In deroga ai paragrafi 1 e 2, le parti possono scegliere come legge regolatrice del loro patto successorio, per quanto riguarda l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni per il suo scioglimento, la legge che la persona o una delle persone della cui successione si tratta avrebbe potuto scegliere ai sensi dell’articolo 22, alle condizioni ivi indicate.

Articolo 26

Validità sostanziale delle disposizioni a causa di morte

1.   Ai fini degli articoli 24 e 25 i seguenti elementi sono attinenti alla validità sostanziale:

a)

la capacità della persona che fa la disposizione a causa di morte di fare tale disposizione;

b)

le cause specifiche che impediscono alla persona che fa la disposizione di disporre a favore di determinate persone o che impediscono a una persona di ricevere beni della successione dalla persona che fa la disposizione;

c)

l’ammissibilità della rappresentanza ai fini di una disposizione a causa di morte;

d)

l’interpretazione della disposizione;

e)

il dolo, la violenza, l’errore e qualsiasi altra questione legata al consenso o alla volontà della persona che fa la disposizione.

2.   Se una persona ha la capacità di fare una disposizione a causa di morte secondo la legge applicabile a norma dell’articolo 24 o dell’articolo 25, una successiva modifica della legge applicabile lascia impregiudicata la sua capacità di modificare o revocare une tale disposizione.

Articolo 27

Validità formale delle disposizioni a causa di morte fatte per iscritto

1.   Una disposizione a causa di morte fatta per iscritto è valida quanto alla forma se questa è conforme alla legge:

a)

dello Stato in cui la disposizione è stata fatta o il patto successorio è stato concluso; o

b)

di uno degli Stati di cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio possedeva la cittadinanza al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o

c)

di uno degli Stati in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva il domicilio al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o

d)

dello Stato in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva la residenza abituale al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o

e)

per quanto riguarda i beni immobili, dello Stato in cui i beni immobili sono situati.

Per determinare se il testatore o ogni persona la cui successione è interessata dal patto successorio hanno o meno il proprio domicilio in un determinato Stato si applica la legge di tale Stato.

2.   Il paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni a causa di morte che modificano o revocano una precedente disposizione. La modifica o la revoca è parimenti valida quanto alla forma se è conforme a una delle leggi in virtù delle quali, ai sensi del paragrafo 1, era valida la disposizione a causa di morte modificata o revocata.

3.   Ai fini del presente articolo, sono considerate attinenti alla forma le disposizioni di legge che limitano le forme ammesse delle disposizioni a causa di morte con riferimento all’età, alla cittadinanza o ad altre qualità personali del testatore o delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio. Lo stesso vale per i requisiti che devono possedere i testimoni richiesti per la validità di una disposizione a causa di morte.

Articolo 28

Validità formale della dichiarazione riguardante l’accettazione o la rinuncia

La dichiarazione riguardante l’accettazione dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima o la rinuncia ad essi, ovvero la dichiarazione volta a limitare la responsabilità della persona che effettua la dichiarazione è valida quanto alla forma se soddisfa i requisiti previsti:

a)

dalla legge applicabile alla successione a norma dell’articolo 21 o dell’articolo 22; o

b)

dalla legge dello Stato in cui la persona che fa la dichiarazione ha la propria residenza abituale.

Articolo 29

Disposizioni specifiche in materia di nomina e poteri di un amministratore dell’eredità in determinate situazioni

1.   Qualora la nomina di un amministratore sia obbligatoria ovvero obbligatoria su richiesta ai sensi della legislazione dello Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti a decidere sulla successione in conformità al presente regolamento e qualora la legge applicabile alla successione sia una legge straniera, gli organi giurisdizionali di tale Stato membro possono, quando aditi, nominare uno o più amministratori della successione conformemente alla propria legge nazionale, fatte salve le condizioni stabilite nel presente articolo.

L’amministratore o gli amministratori nominati ai sensi del presente paragrafo sono abilitati a eseguire il testamento del defunto e/o amministrare l’eredità a norma della legge applicabile alla successione. Se tale legge non prevede l’amministrazione dell’eredità da parte di una persona che non è un beneficiario, gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui l’amministratore deve essere nominato possono nominare un amministratore terzo ai sensi della propria legge nazionale qualora quest’ultima lo richieda e sussista un grave conflitto di interessi tra i beneficiari o tra i beneficiari e i creditori o altre persone che abbiano garantito i debiti del defunto ovvero un disaccordo tra i beneficiari sull’amministrazione dell’eredità o qualora l’eredità sia di complessa amministrazione a causa della natura dei beni.

L’amministratore o gli amministratori nominati ai sensi del presente paragrafo sono gli unici soggetti abilitati a esercitare i poteri di cui ai paragrafi 2 o 3.

2.   L’amministratore o gli amministratori nominati ai sensi del paragrafo 1 esercitano i poteri di amministrare l’eredità ai quali sono abilitati a norma della legge applicabile alla successione. L’organo giurisdizionale che provvede alla nomina può determinare nella sua decisione condizioni specifiche per l’esercizio di detti poteri in conformità alla legge applicabile alla successione.

Se la legge applicabile alla successione non prevede poteri sufficienti per conservare i beni dell’eredità o proteggere i diritti dei creditori o di altre persone che abbiano garantito i debiti del defunto, l’organo giurisdizionale che provvede alla nomina può decidere di permettere all’amministratore o agli amministratori di esercitare, in via residuale, i poteri previsti a tal fine dalla propria legge e nella relativa decisione può fissare condizioni specifiche per l’esercizio di tali poteri in conformità alla legge.

Nell’esercizio di tali poteri residuali l’amministratore o gli amministratori devono tuttavia rispettare la legge applicabile alla successione per quanto riguarda il trasferimento della proprietà dei beni ereditari, le responsabilità per i debiti ereditari, i diritti dei beneficiari, tra cui, se del caso, il diritto di accettare l’eredità o di rinunciare ad essa e, se del caso, i poteri dell’esecutore testamentario.

3.   In deroga al paragrafo 2, l’organo giurisdizionale che nomina uno o più amministratori ai sensi del paragrafo 1 può, in via eccezionale, qualora la legge applicabile alla successione sia la legge di uno Stato terzo, decidere di conferire agli amministratori tutti i poteri di amministrazione previsti dal diritto dello Stato membro in cui sono nominati.

Nell’esercizio di tali poteri, tuttavia, gli amministratori rispettano, in particolare, l’individuazione dei beneficiari e i loro diritti successori, incluso il diritto alla quota di legittima o le loro rivendicazioni nei confronti dell’eredità o degli eredi ai sensi della legge applicabile alla successione.

Articolo 30

Norme speciali che impongono restrizioni alla successione di determinati beni

Se la legge dello Stato in cui sono situati determinati beni immobili, imprese o altre categorie particolari di beni contiene norme speciali che, per ragioni di carattere economico, familiare o sociale, impongono restrizioni alla successione di tali beni, tali norme speciali si applicano alla successione purché, in base alla legge di tale Stato, esse si applichino indipendentemente dalla legge applicabile alla successione.

Articolo 31

Adattamento dei diritti reali

Se una persona invoca un diritto reale che le spetta secondo la legge applicabile alla successione e la legge dello Stato membro in cui il diritto è invocato non conosce il diritto reale in questione, tale diritto è adattato, se necessario e nella misura del possibile, al diritto reale equivalente più vicino previsto dalla legge di tale Stato, tenendo conto degli obiettivi e degli interessi perseguiti dal diritto reale in questione nonché dei suoi effetti.

Articolo 32

Commorienza

Quando due o più persone le cui successioni sono regolate da leggi diverse decedono in circostanze che non consentono di determinare l’ordine dei decessi e quelle leggi regolano la fattispecie in maniera differente ovvero non la regolano affatto, nessuna di tali persone ha diritto di succedere all’altra o alle altre.

Articolo 33

Eredità vacante

Nella misura in cui, secondo la legge applicabile alla successione ai sensi del presente regolamento, non vi siano disposizioni a causa di morte che istituiscano eredi o legatari, né persone fisiche che abbiano diritto di succedere per legge, l’applicazione della legge così determinata non osta al diritto di uno Stato membro o di un’istituzione designata dalla legge di quello Stato di acquisire a norma della propria legge i beni ereditari situati sul suo territorio, a condizione che i creditori possano chiedere di soddisfare i propri crediti con tutti i beni caduti in successione.

Articolo 34

Rinvio

1.   Quando il presente regolamento prescrive l’applicazione della legge di uno Stato terzo, esso si riferisce all’applicazione delle norme giuridiche in vigore in tale Stato, comprese le norme di diritto internazionale privato, nella misura in cui tali norme rinviino:

a)

alla legge di uno Stato membro; o

b)

alla legge di un altro Stato terzo che applicherebbe la propria legge.

2.   Il rinvio non opera con riferimento alle leggi indicate all’articolo 21, paragrafo 2, all’articolo 22, all’articolo 27, all’articolo 28, lettera b), e all’articolo 30.

Articolo 35

Ordine pubblico

L’applicazione di una disposizione della legge di uno Stato designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro dell’autorità giurisdizionale o di altra autorità competente che si occupa della successione.

Articolo 36

Ordinamenti plurilegislativi a base territoriale

1.   Se la legge designata dal presente regolamento è quella di uno Stato che si compone di più unità territoriali, ciascuna delle quali ha una propria normativa in materia di successione, le norme interne di tale Stato in materia di conflitti di legge determinano l’unità territoriale pertinente la cui normativa si applica.

2.   In mancanza di norme interne in materia di conflitti di legge:

a)

ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata dalle disposizioni che si riferiscono alla residenza abituale del defunto, come riferimento alla legge dell’unità territoriale in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte;

b)

ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata dalle disposizioni che si riferiscono alla cittadinanza del defunto, come riferimento alla legge dell’unità territoriale con cui il defunto aveva il collegamento più stretto;

c)

ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata da disposizioni che si riferiscono ad altri elementi quali criteri di collegamento, come riferimento alla legge dell’unità territoriale in cui l’elemento in questione è situato.

3.   In deroga al paragrafo 2, ogni riferimento alla legge dello Stato di cui al paragrafo 1 deve intendersi, ai fini della determinazione della legge designata ai sensi dell’articolo 27 e in mancanza di norme interne in materia di conflitti di legge in tale Stato, come riferimento alla legge dell’unità territoriale con cui il testatore o le persone la cui successione è interessata da un patto successorio avevano il collegamento più stretto.

Articolo 37

Ordinamenti plurilegislativi a base personale

Se uno Stato ha due o più sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di persone in materia di successione, ogni riferimento alla legge di tale Stato deve intendersi come riferimento al sistema giuridico o al complesso di norme determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il defunto aveva il collegamento più stretto.

Articolo 38

Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi

Uno Stato membro che si compone di più unità territoriali, ciascuna con una propria normativa in materia di successione, non è tenuto ad applicare il presente regolamento ai conflitti di legge che riguardano unicamente tali unità.

CAPO IV

RICONOSCIMENTO, ESECUTIVITÀ ED ESECUZIONE DELLE DECISIONI

Articolo 39

Riconoscimento

1.   Le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento particolare.

2.   In caso di contestazione, ogni parte interessata che chieda il riconoscimento in via principale di una decisione può far accertare, secondo il procedimento di cui agli articoli da 45 a 58, che la decisione sia riconosciuta.

3.   Se il riconoscimento è richiesto in via incidentale in un procedimento davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, tale autorità giurisdizionale è competente al riguardo.

Articolo 40

Motivi di diniego del riconoscimento

Le decisioni non sono riconosciute:

a)

se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento;

b)

se la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da consentirgli di presentare la propria difesa, eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione;

c)

se sono incompatibili con una decisione emessa in un procedimento tra le stesse parti nello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento;

d)

se sono incompatibili con una decisione emessa precedentemente tra le stesse parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in un procedimento avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, qualora tale decisione soddisfi le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento.

Articolo 41

Divieto di riesame del merito

In nessun caso la decisione emessa in uno Stato membro può formare oggetto di un riesame del merito.

Articolo 42

Sospensione del procedimento di riconoscimento

L’organo giurisdizionale di uno Stato membro davanti al quale è chiesto il riconoscimento di una decisione emessa in un altro Stato membro può sospendere il procedimento se la decisione è stata impugnata con un mezzo ordinario nello Stato membro di origine.

Articolo 43

Esecutività

Le decisioni emesse in uno Stato membro e ivi esecutive sono eseguite in un altro Stato membro dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza di una parte interessata secondo la procedura di cui agli articoli da 45 a 58.

Articolo 44

Determinazione del domicilio

Per determinare se, ai fini della procedura di cui agli articoli da 45 a 58, una parte sia domiciliata nello Stato membro dell’esecuzione, l’organo giurisdizionale adito applica la legge interna di tale Stato membro.

Articolo 45

Competenza territoriale

1.   La domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività è proposta all’organo giurisdizionale o all’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione comunicata da tale Stato membro alla Commissione conformemente all’articolo 78.

2.   La competenza territoriale è determinata dal luogo di domicilio della parte contro cui è chiesta l’esecuzione, o dal luogo dell’esecuzione.

Articolo 46

Procedimento

1.   Il procedimento è disciplinato dalla legge dello Stato membro dell’esecuzione.

2.   L’istante non è tenuto a disporre di un recapito postale, né di un rappresentante autorizzato nello Stato membro dell’esecuzione.

3.   La domanda è corredata dei seguenti documenti:

a)

una copia della decisione che soddisfi le condizioni necessarie per stabilirne l’autenticità;

b)

l’attestato rilasciato dall’organo giurisdizionale o dall’autorità competente dello Stato membro di origine utilizzando il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2, fatto salvo quanto stabilito all’articolo 47.

Articolo 47

Mancata produzione dell’attestato

1.   Qualora l’attestato di cui all’articolo 46, paragrafo 3, lettera b), non venga prodotto, il giudice o l’autorità competente può fissare un termine per la sua presentazione o accettare un documento equivalente ovvero, qualora ritenga di essere informato a sufficienza, disporne la dispensa.

2.   Qualora l’organo giurisdizionale o l’autorità competente lo richieda, deve essere presentata una traduzione dei documenti. La traduzione è effettuata da una persona abilitata a eseguire traduzioni in uno degli Stati membri.

Articolo 48

Dichiarazione di esecutività

La decisione è dichiarata esecutiva non appena espletate le formalità di cui all’articolo 46 senza alcun esame ai sensi dell’articolo 40. La parte contro cui l’esecuzione viene chiesta non può, in tale fase del procedimento, presentare osservazioni.

Articolo 49

Notificazione della decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività

1.   La decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività è immediatamente notificata all’istante secondo le modalità previste dalla legge dello Stato membro di esecuzione.

2.   La dichiarazione di esecutività è notificata o comunicata alla parte contro la quale è chiesta l’esecuzione, corredata della decisione qualora quest’ultima non sia già stata notificata o comunicata a tale parte.

Articolo 50

Ricorso contro la decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività

1.   Ciascuna delle parti può proporre ricorso contro la decisione relativa alla domanda volta a ottenere una dichiarazione di esecutività.

2.   Il ricorso è proposto davanti all’organo giurisdizionale comunicato dallo Stato membro interessato alla Commissione in conformità all’articolo 78.

3.   Il ricorso è esaminato secondo le norme sul procedimento in contraddittorio.

4.   Se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione non compare davanti all’organo giurisdizionale investito del ricorso nel procedimento riguardante l’azione proposta dall’istante, si applicano le disposizioni dell’articolo 16 anche se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione non è domiciliata nel territorio di uno degli Stati membri.

5.   Il ricorso contro la dichiarazione di esecutività è proposto entro trenta giorni dalla data di notificazione o comunicazione della stessa. Se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione è domiciliata in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata rilasciata la dichiarazione di esecutività, il termine per proporre ricorso è di sessanta giorni a decorrere dalla data della notificazione o comunicazione, sia mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario che nella residenza. Tale termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza.

Articolo 51

Impugnazione della decisione emessa sul ricorso

La decisione emessa sul ricorso può essere impugnata solo nei modi comunicati dallo Stato membro interessato alla Commissione conformemente all’articolo 78.

Articolo 52

Rifiuto o revoca di una dichiarazione di esecutività

L’organo giurisdizionale davanti al quale è stato proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51 rigetta o revoca la dichiarazione di esecutività solo per uno dei motivi contemplati dall’articolo 40. Esso si pronuncia senza indugio.

Articolo 53

Sospensione del procedimento

L’organo giurisdizionale davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51, su istanza della parte contro la quale è chiesta l’esecuzione, sospende il procedimento se l’esecutività della decisione è sospesa nello Stato membro d’origine per la presentazione di un ricorso.

Articolo 54

Provvedimenti provvisori e cautelari

1.   Qualora una decisione debba essere riconosciuta in conformità del presente capo, nulla osta a che l’istante chieda provvedimenti provvisori o cautelari in conformità della legge dello Stato membro di esecuzione, senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività ai sensi dell’articolo 48.

2.   La dichiarazione di esecutività implica di diritto l’autorizzazione a procedere a provvedimenti cautelari.

3.   In pendenza del termine di cui all’articolo 50, paragrafo 5, per proporre il ricorso contro la dichiarazione di esecutività e fino a quando non sia stata adottata alcuna decisione su di esso, si può procedere solo a provvedimenti cautelari sui beni della parte contro cui è chiesta l’esecuzione.

Articolo 55

Esecutività parziale

1.   Se la decisione ha statuito su vari capi della domanda e la dichiarazione di esecutività non può essere rilasciata per tutti i capi, l’organo giurisdizionale o l’autorità competente rilasciano la dichiarazione di esecutività solo per uno o più di essi.

2.   L’istante può richiedere una dichiarazione di esecutività parziale della decisione.

Articolo 56

Patrocinio a spese dello Stato

L’istante che nello Stato membro d’origine ha beneficiato in tutto o in parte del patrocinio a spese dello Stato o dell’esenzione dai costi o dalle spese beneficia, nel procedimento per la dichiarazione di esecutività, del patrocinio più favorevole o dell’esenzione più ampia previsti dalla legge dello Stato membro di esecuzione.

Articolo 57

Assenza di garanzie, cauzioni o depositi

Alla parte che chiede il riconoscimento, l’esecutività o l’esecuzione in uno Stato membro di una decisione emessa in un altro Stato membro non devono essere imposte garanzie, cauzioni o depositi, comunque denominati, a causa della qualità di straniero o per difetto di domicilio o residenza nello Stato membro dell’esecuzione.

Articolo 58

Assenza di imposte, diritti o tasse

Nei procedimenti relativi al rilascio di una dichiarazione di esecutività non sono riscossi, nello Stato membro di esecuzione, imposte, diritti o tasse proporzionali al valore della controversia.

CAPO V

ATTI PUBBLICI E TRANSAZIONI GIUDIZIARIE

Articolo 59

Accettazione degli atti pubblici

1.   Un atto pubblico redatto in uno Stato membro ha in un altro Stato membro la stessa efficacia probatoria che ha nello Stato membro d’origine o produce gli effetti più comparabili, a condizione che ciò non sia manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro interessato.

Una persona che intende utilizzare un atto pubblico in un altro Stato membro può chiedere all’autorità che redige l’atto pubblico nello Stato membro d’origine di compilare il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2 precisando quali sono gli effetti probatori che l’atto pubblico ha nello Stato membro d’origine.

2.   Qualsiasi contestazione riguardo all’autenticità di un atto pubblico è proposta davanti agli organi giurisdizionali dello Stato membro d’origine ed è decisa secondo la legge di tale Stato. L’atto pubblico contestato non ha nessuna efficacia probatoria negli altri Stati membri fino a quando la contestazione è pendente davanti all’organo giurisdizionale competente.

3.   Qualsiasi contestazione riguardo ai negozi giuridici o ai rapporti giuridici registrati in un atto pubblico è proposta davanti agli organi giurisdizionali competenti ai sensi del presente regolamento ed è decisa secondo la legge applicabile a norma del capo III. L’atto pubblico contestato non ha nessuna efficacia probatoria negli Stati membri diversi dallo Stato membro d’origine per quanto concerne i punti contestati fino a quando la contestazione è pendente davanti all’organo giurisdizionale competente.

4.   Se una questione relativa ai negozi giuridici o ai rapporti giuridici registrati in un atto pubblico in materia di successioni è sollevata in via incidentale in un procedimento davanti a un organo giurisdizionale di uno Stato membro, tale organo giurisdizionale è competente a decidere tale questione.

Articolo 60

Esecutività degli atti pubblici

1.   L’atto pubblico esecutivo nello Stato membro d’origine è dichiarato esecutivo in un altro Stato membro, su istanza della parte interessata, secondo la procedura di cui agli articoli da 45 a 58.

2.   Ai fini dell’articolo 46, paragrafo 3, lettera b), l’autorità che ha redatto l’atto pubblico, su istanza della parte interessata, rilascia un attestato utilizzando il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.

3.   L’organo giurisdizionale davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51 rifiuta o revoca la dichiarazione di esecutività solo se l’esecuzione dell’atto pubblico è manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro di esecuzione.

Articolo 61

Esecutività delle transazioni giudiziarie

1.   Le transazioni giudiziarie esecutive nello Stato membro d’origine sono dichiarate esecutive in un altro Stato membro, su istanza della parte interessata, secondo la procedura di cui agli articoli da 45 a 58.

2.   Ai fini dell’articolo 46, paragrafo 3, lettera b), l’organo giurisdizionale che ha approvato la transazione o dinanzi al quale essa è stata conclusa, rilascia, su istanza della parte interessata, un attestato utilizzando il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.

3.   L’organo giurisdizionale davanti al quale è proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 50 o dell’articolo 51 rifiuta o revoca la dichiarazione di esecutività solo se l’esecuzione della transazione giudiziaria è manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro di esecuzione.

CAPO VI

CERTIFICATO SUCCESSORIO EUROPEO

Articolo 62

Istituzione di un certificato successorio europeo

1.   Il presente regolamento istituisce un certificato successorio europeo («certificato») che è rilasciato per essere utilizzato in un altro Stato membro e produce gli effetti di cui all’articolo 69.

2.   L’uso del certificato non è obbligatorio.

3.   Il certificato non sostituisce i documenti interni utilizzati per scopi analoghi negli Stati membri. Tuttavia, una volta rilasciato per essere utilizzato in un altro Stato membro, il certificato produce gli effetti di cui all’articolo 69 anche nello Stato membro le cui autorità lo hanno rilasciato in forza del presente capo.

Articolo 63

Scopo del certificato

1.   Il certificato è destinato a essere utilizzato dagli eredi, dai legatari che vantano diritti diretti sulla successione e dagli esecutori testamentari o amministratori dell’eredità che, in un altro Stato membro, hanno necessità di far valere la loro qualità o di esercitare, rispettivamente, i loro diritti di eredi o legatari e/o i loro poteri come esecutori testamentari o amministratori dell’eredità.

2.   Il certificato può essere utilizzato, in particolare, per dimostrare uno o più dei seguenti elementi:

a)

la qualità e/o i diritti di ciascun erede ovvero di ciascun legatario menzionato nel certificato e le rispettive quote ereditarie;

b)

l’attribuzione di uno o più beni determinati che fanno parte dell’eredità agli eredi ovvero ai legatari menzionati nel certificato;

c)

i poteri della persona indicata nel certificato di dare esecuzione al testamento o di amministrare l’eredità.

Articolo 64

Competenza a rilasciare il certificato

Il certificato è rilasciato nello Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti a norma dell’articolo 4, dell’articolo 7, dell’articolo 10 o dell’articolo 11. L’autorità di rilascio è:

a)

un organo giurisdizionale quale definito all’articolo 3, paragrafo 2; o

b)

un’altra autorità che in forza del diritto nazionale è competente in materia di successione.

Articolo 65

Domanda di certificato

1.   Il certificato è rilasciato su richiesta di una delle persone di cui all’articolo 63, paragrafo 1 («richiedente»).

2.   Ai fini della presentazione della domanda, il richiedente può utilizzare il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.

3.   La domanda contiene le informazioni elencate di seguito, nella misura in cui il richiedente ne sia a conoscenza e siano necessarie per consentire all’autorità di rilascio di attestare gli elementi di cui il richiedente chiede la certificazione, ed è corredata di tutti i documenti pertinenti in originale o in copia autentica, fatto salvo l’articolo 66, paragrafo 2:

a)

le generalità del defunto: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo al momento della morte, data e luogo della morte;

b)

le generalità del richiedente: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo ed eventuale rapporto di parentela o di affinità con il defunto;

c)

le generalità dell’eventuale rappresentante del richiedente: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, indirizzo e potere di rappresentanza;

d)

le generalità del coniuge o partner del defunto e, se del caso, degli ex coniugi o ex partner: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso) e indirizzo;

e)

le generalità di altri possibili beneficiari in forza di una disposizione a causa di morte e/o per legge: cognome e nome/nomi o denominazione dell’organizzazione, numero d’identificazione (se del caso) e indirizzo;

f)

lo scopo previsto del certificato ai sensi dell’articolo 63;

g)

gli estremi dell’organo giurisdizionale o altra autorità competente che tratta o ha trattato la successione in quanto tale, se del caso;

h)

gli elementi su cui il richiedente si basa per far valere, secondo il caso, il preteso diritto ai beni della successione in qualità di beneficiario e/o il diritto di dare esecuzione al testamento del defunto e/o il diritto di amministrare l’eredità del defunto;

i)

l’indicazione delle eventuali disposizioni a causa di morte fatte dal defunto; se non è allegato né l’originale né una copia, un’indicazione del luogo in cui si trova l’originale;

j)

l’indicazione delle eventuali disposizioni a causa di morte fatte dal defunto a un rapporto suscettibile di avere effetti comparabili al matrimonio; se non è allegato né l’originale né la copia della convenzione, un’indicazione del luogo in cui si trova l’originale;

k)

l’indicazione delle eventuali dichiarazioni di accettazione o di rinuncia dell’eredità da parte dei beneficiari;

l)

una dichiarazione secondo cui, per quanto noto al richiedente, non vi sono controversie pendenti in relazione agli elementi da certificare;

m)

qualsiasi altra informazione considerata utile dal richiedente ai fini del rilascio del certificato.

Articolo 66

Esame della domanda

1.   Ricevuta la domanda, l’autorità di rilascio verifica le informazioni e le dichiarazioni, nonché i documenti e gli altri mezzi di prova forniti dal richiedente. Effettua d’ufficio le indagini necessarie per detta verifica, laddove ciò sia previsto o consentito dal proprio diritto nazionale, o invita il richiedente a fornire le ulteriori prove che essa ritiene necessarie.

2.   Se il richiedente non è stato in grado di produrre copie autentiche dei documenti pertinenti, l’autorità di rilascio può decidere di accettare altri mezzi di prova.

3.   Se il diritto nazionale lo prevede e alle condizioni da esso stabilite, l’autorità di rilascio può chiedere che le dichiarazioni siano rese sotto giuramento o nella forma di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.

4.   L’autorità di rilascio adotta tutte le misure necessarie per informare i beneficiari della richiesta di rilascio di un certificato. Se necessario per l’accertamento degli elementi da certificare, procede all’audizione degli interessati e degli eventuali esecutori o amministratori e procede ad annunci pubblici allo scopo di dare ad altri possibili beneficiari l’opportunità di far valere i propri diritti.

5.   Ai fini del presente articolo, l’autorità competente di uno Stato membro fornisce, su richiesta, all’autorità di rilascio di un altro Stato membro le informazioni contenute, in particolare, nei registri immobiliari, nei registri dello stato civile e nei registri in cui sono riportati i documenti e i fatti rilevanti ai fini della successione o dei rapporti patrimoniali tra coniugi o rapporti patrimoniali equivalenti del defunto, ove tale autorità competente sia autorizzata, in forza del diritto nazionale, a fornire tali informazioni a un’altra autorità nazionale.

Articolo 67

Rilascio del certificato

1.   L’autorità di rilascio emette senza indugio il certificato secondo la procedura di cui al presente capo quando gli elementi da certificare sono stati accertati a norma della legge applicabile alla successione o di un’altra legge applicabile a elementi specifici. A tal fine utilizza il modulo elaborato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.

L’autorità di rilascio non emette il certificato, in particolare quando:

a)

gli elementi da certificare sono oggetto di contestazione; o

b)

il certificato non è conforme a una decisione riguardante gli stessi elementi.

2.   L’autorità di rilascio adotta tutte le misure necessarie per informare i beneficiari dell’emissione del certificato.

Articolo 68

Contenuto del certificato

Il certificato contiene le seguenti informazioni nella misura in cui siano necessarie ai fini per cui esso è rilasciato:

a)

il nome e l’indirizzo dell’autorità di rilascio;

b)

il numero di riferimento del fascicolo;

c)

gli elementi in base ai quali l’autorità di rilascio si ritiene competente a rilasciare il certificato;

d)

la data di rilascio;

e)

le generalità del richiedente: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo ed eventuale rapporto di parentela o di affinità con il defunto;

f)

le generalità del defunto: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi, sesso, data e luogo di nascita, stato civile, cittadinanza, numero d’identificazione (se del caso), indirizzo al momento della morte, data e luogo della morte;

g)

le generalità dei beneficiari: cognome (se del caso, cognome da nubile), nome/nomi e numero d’identificazione (se del caso);

h)

i dati relativi a eventuali convenzioni matrimoniali stipulate dal defunto o, se del caso, eventuali convenzioni stipulate dal defunto nel contesto di un rapporto che secondo la legge applicabile a quest’ultimo ha effetti comparabili al matrimonio e i dati relativi al regime patrimoniale tra coniugi o a un regime patrimoniale equivalente;

i)

la legge applicabile alla successione e gli elementi sulla cui base essa è stata determinata;

j)

l’indicazione se si tratta di una successione regolata da una disposizione a causa di morte o di una successione legittima, comprese le informazioni sugli elementi da cui derivano i diritti e/o i poteri degli eredi, legatari, esecutori testamentari o amministratori dell’eredità;

k)

se del caso, per ogni beneficiario le informazioni relative alla natura dell’accettazione dell’eredità o della rinuncia alla stessa;

l)

la quota ereditaria di ciascun erede e, se del caso, l’elenco dei diritti e/o beni spettanti a ogni erede;

m)

l’elenco dei beni e/o diritti spettanti a ogni legatario;

n)

le restrizioni ai diritti del o degli eredi e, se del caso, del o dei legatari in forza della legge applicabile alla successione e/o della disposizione a causa di morte;

o)

i poteri dell’esecutore testamentario e/o dell’amministratore dell’eredità e le restrizioni a tali poteri in forza della legge applicabile alla successione e/o della disposizione a causa di morte.

Articolo 69

Effetti del certificato

1.   Il certificato produce i suoi effetti in tutti gli Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.

2.   Si presume che il certificato dimostri con esattezza gli elementi accertati in base alla legge applicabile alla successione o a ogni altra legge applicabile a elementi specifici. Si presume che la persona indicata nel certificato come erede, legatario, esecutore testamentario o amministratore dell’eredità possiede la qualità indicata nel certificato e/o sia titolare dei diritti o dei poteri enunciati nel certificato, senza nessun’altra condizione e/o restrizione ulteriore rispetto a quelle menzionate nel certificato stesso.

3.   Chiunque, agendo sulla base delle informazioni attestate in un certificato, esegua pagamenti o consegni beni a una persona indicata nel certificato come legittimata a ricevere pagamenti o beni, è considerato aver agito con una persona legittimata a ricevere pagamenti o beni, a meno che sappia che il contenuto del certificato non corrisponde al vero o che il fatto di non saperlo derivi da colpa grave.

4.   Se una persona menzionata nel certificato come legittimata a disporre di beni ereditari dispone di tali beni a favore di un’altra persona, si considera che quest’ultima, ove agisca sulla base delle informazioni attestate nel certificato, abbia acquistato da una persona avente il potere di disporre dei beni in questione, a meno che sappia che il contenuto del certificato non corrisponde al vero o che il fatto di non saperlo derivi da negligenza grave.

5.   Il certificato costituisce titolo idoneo per l’iscrizione di beni ereditari nel pertinente registro di uno Stato membro, fatto salvo l’articolo 1, paragrafo 2, lettere k) e l).

Articolo 70

Copie autentiche del certificato

1.   L’autorità di rilascio conserva l’originale del certificato e ne rilascia una o più copie autentiche al richiedente e a chiunque dimostri di avervi interesse.

2.   Ai fini dell’articolo 71, paragrafo 3, e dell’articolo 73, paragrafo 2, l’autorità di rilascio tiene un elenco delle persone cui sono state rilasciate copie autentiche ai sensi del paragrafo 1.

3.   Le copie autentiche rilasciate sono valide per un periodo limitato di sei mesi che dev’essere indicato nella copia autentica con una data di scadenza. In casi eccezionali, debitamente motivati, l’autorità di rilascio può decidere, a titolo di deroga, che il periodo di validità possa essere più lungo. Allo scadere di tale periodo, chiunque sia in possesso di una copia autentica deve, per poter utilizzare il certificato ai fini indicati dall’articolo 63, chiedere una proroga del periodo di validità della copia autentica oppure richiedere una nuova copia autentica all’autorità di rilascio.

Articolo 71

Rettifica, modifica o revoca del certificato

1.   Su richiesta di chiunque dimostri di avervi interesse o d’ufficio, l’autorità di rilascio rettifica il certificato in caso di errore materiale.

2.   Su richiesta di chiunque dimostri di avervi interesse o, se previsto dal diritto nazionale, d’ufficio, l’autorità di rilascio modifica o revoca il certificato ove sia stato accertato che il certificato o singoli elementi di esso non corrispondano al vero.

3.   L’autorità di rilascio informa senza indugio tutte le persone cui sono state rilasciate copie autentiche del certificato ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 1, di eventuali rettifiche, modifiche o revoche del certificato.

Articolo 72

Procedure di ricorso

1.   Le decisioni adottate dall’autorità di rilascio ai sensi dell’articolo 67 possono essere impugnate da chiunque abbia il diritto di richiedere un certificato.

Le decisioni adottate dall’autorità di rilascio a norma dell’articolo 71 e dell’articolo 73, paragrafo 1, lettera a), possono essere impugnate da chiunque dimostri di avervi interesse.

Il ricorso è proposto davanti a un’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’autorità di rilascio conformemente alla legge di tale Stato.

2.   Se, a seguito del ricorso di cui al paragrafo 1, è accertato che il certificato rilasciato non corrisponde al vero, l’autorità giudiziaria competente rettifica, modifica o revoca il certificato ovvero assicura che il certificato sia rettificato, modificato o revocato dall’autorità di rilascio.

Se, a seguito del ricorso di cui al paragrafo 1, è accertato che il diniego di emettere il certificato rilasciato non era motivato, l’autorità giudiziaria competente rilascia il certificato ovvero assicura che l’autorità di rilascio riesamini il caso e adotti una nuova decisione.

Articolo 73

Sospensione degli effetti del certificato

1.   Gli effetti del certificato possono essere sospesi:

a)

dall’autorità di rilascio, su richiesta di chiunque dimostri di avervi interesse, nelle more di una modifica o revoca del certificato ai sensi dell’articolo 71; o

b)

dall’autorità giudiziaria, su richiesta di chiunque abbia diritto di impugnare una decisione adottata dall’autorità di rilascio in virtù dell’articolo 72, in pendenza di tale impugnazione.

2.   L’autorità di rilascio o, a seconda dei casi, l’autorità giudiziaria informa senza indugio tutte le persone cui sono state rilasciate copie autentiche ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 1, dell’eventuale sospensione degli effetti del certificato.

Durante la sospensione degli effetti del certificato non possono essere rilasciate ulteriori copie autentiche del certificato stesso.

CAPO VII

DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI

Articolo 74

Legalizzazione o altra formalità analoga

Per gli atti o documenti emessi in uno Stato membro ai sensi del presente regolamento non è richiesta alcuna legalizzazione né altra formalità analoga.

Articolo 75

Relazioni con le convenzioni internazionali in vigore

1.   Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parte al momento dell’adozione del presente regolamento e che riguardano materie disciplinate dal presente regolamento.

In particolare, gli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione dell’Aia, del 5 ottobre 1961, sui conflitti di legge relativi alla forma delle disposizioni testamentarie, continuano ad applicare le disposizioni di tale convenzione invece dell’articolo 27 del presente regolamento per quanto riguarda la validità formale dei testamenti e dei testamenti congiuntivi.

2.   In deroga al paragrafo 1, il presente regolamento prevale, tra Stati membri, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura in cui esse riguardano materie disciplinate dal presente regolamento.

3.   Il presente regolamento non osta all’applicazione della convenzione, del 19 novembre 1934, tra la Danimarca, la Finlandia, l’Islanda, la Norvegia e la Svezia comprendente disposizioni di diritto internazionale privato in materia di successioni, testamenti e amministrazione di eredità, riveduta dall’accordo intergovernativo tra tali Stati del 1o giugno 2012, da parte degli Stati membri che ne sono parte, nella misura in cui essa preveda:

a)

norme sugli aspetti procedurali dell’amministrazione dell’eredità secondo la definizione della convenzione e sulla relativa assistenza da parte delle autorità degli Stati parti contraenti della convenzione; e

b)

procedure semplificate e accelerate per il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di successioni.

Articolo 76

Relazioni con il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio

Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (10).

Articolo 77

Informazioni messe a disposizione dei cittadini

Gli Stati membri, al fine di rendere le informazioni disponibili al pubblico nell’ambito della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, forniscono alla Commissione una breve sintesi della loro legislazione e delle loro procedure nazionali in materia di successioni, comprese le informazioni relative al tipo di autorità competente in materia di successioni e al tipo di autorità competente a ricevere dichiarazioni di accettazione dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima ovvero di rinuncia ad essi.

Gli Stati membri forniscono altresì schede informative che indichino tutti i documenti o le informazioni abitualmente richiesti ai fini della registrazione dei beni immobili situati nel loro territorio.

Gli Stati membri tengono costantemente aggiornate tali informazioni.

Articolo 78

Informazioni concernenti gli estremi e le procedure

1.   Entro 16 gennaio 2014 gli Stati membri comunicano alla Commissione:

a)

i nomi e gli estremi delle autorità giurisdizionali o delle autorità competenti a trattare le domande intese a ottenere la dichiarazione di esecutività ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, e i ricorsi avverso le decisioni su tali domande ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2;

b)

i mezzi di impugnazione di cui all’articolo 51;

c)

le informazioni pertinenti relative alle autorità competenti a rilasciare il certificato ai sensi dell’articolo 64; e

d)

le procedure di ricorso di cui all’articolo 72.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali informazioni.

2.   La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea le informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1, a eccezione degli indirizzi e altri estremi degli organi giurisdizionali e delle autorità di cui al paragrafo 1, lettera a).

3.   La Commissione mette tutte le informazioni comunicate conformemente al paragrafo 1 a disposizione dei cittadini con qualsiasi altro mezzo appropriato, in particolare tramite la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.

Articolo 79

Elaborazione e successiva modifica dell’elenco contenente le informazioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2

1.   La Commissione, sulla base delle notifiche degli Stati membri, elabora l’elenco delle altre autorità e dei professionisti legali di cui all’articolo 3, paragrafo 2.

2.   Gli Stati membri notificano alla Commissione le eventuali successive modifiche delle informazioni contenute in tale elenco. La Commissione modifica conseguentemente l’elenco.

3.   La Commissione pubblica l’elenco e le eventuali successive modifiche nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

4.   La Commissione mette tutte le informazioni comunicate conformemente ai paragrafi 1 e 2 a disposizione dei cittadini con qualsiasi altro mezzo appropriato, in particolare tramite la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.

Articolo 80

Elaborazione e successiva modifica degli attestati e dei moduli di cui agli articoli 46, 59, 60, 61, 65 e 67

La Commissione adotta atti di esecuzione relativi all’elaborazione e alla successiva modifica degli attestati e dei moduli di cui agli articoli 46, 59, 60, 61, 65 e 67. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 81, paragrafo 2.

Articolo 81

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Articolo 82

Riesame

Entro 18 agosto 2025, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’applicazione del presente regolamento comprendente una valutazione degli eventuali problemi pratici incontrati in relazione a transazioni stragiudiziali in materia di successioni intervenute parallelamente in diversi Stati membri o a una transazione stragiudiziale intervenuta in uno Stato membro parallelamente a una transazione dinanzi a un giudice di un altro Stato membro. La relazione è corredata, se del caso, di proposte di modifica.

Articolo 83

Disposizioni transitorie

1.   Il presente regolamento si applica alle successioni delle persone decedute alla data o dopo 17 agosto 2015.

2.   Se il defunto aveva scelto la legge applicabile alla sua successione anteriormente a 17 agosto 2015, tale scelta è valida se soddisfa le condizioni di cui al capo III o se è valida in applicazione delle norme di diritto internazionale privato vigenti al momento della scelta nello Stato in cui il defunto aveva la residenza abituale o in uno qualsiasi degli Stati di cui possedeva la cittadinanza.

3.   Una disposizione a causa di morte fatta anteriormente a 17 agosto 2015 è ammissibile e ha validità sostanziale e formale se soddisfa le condizioni di cui al capo III o se è ammissibile e valida in termini sostanziali e formali in applicazione delle norme di diritto internazionale privato vigenti al momento dell’effettuazione della disposizione nello Stato in cui il defunto aveva la residenza abituale, in uno qualsiasi degli Stati di cui possedeva la cittadinanza o nello Stato membro dell’autorità che si occupa della successione.

4.   Se una disposizione a causa di morte è stata fatta anteriormente a 17 agosto 2015 in conformità alla legge che il defunto avrebbe potuto scegliere a norma del presente regolamento, si ritiene che tale legge sia stata scelta come legge applicabile alla successione.

Articolo 84

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere da 17 agosto 2015, tranne gli articoli 77 e 78, che si applicano a decorrere da 16 gennaio 2014, e gli articoli 79, 80 e 81, che si applicano a decorrere da 5 luglio 2012.

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La valutazione sull'importanza dell'inadempimento per la risoluzione del contratto.

L’art. 1455 del codice civile dispone che «il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra». Tale norma fornisce un presupposto che il giudice deve accertare affinché possa accogliere una domanda di risoluzione, ossia che l’inadempimento sia grave.

Il carattere generale e indeterminato della formula implica la necessità di individuare indici o parametri valutativi che ne consentano un’applicazione puntuale, al fine di evitare che l’utilizzo della clausola si trasformi in un giudizio equitativo.

La dottrina maggioritaria e la giurisprudenza di legittimità hanno rinvenuto in tale disposizione la funzione di elemento impeditivo di domande di risoluzione pretestuose. Infatti, avendo il rimedio risolutorio una portata devastante per il contratto, facendone venire meno gli effetti per le parti, deve essere un ultimum subsidium che può operare soltanto a fronte di un rilevante difetto funzionale del sinallagma.

La regola è che la valutazione del requisito dell’importanza dell’inadempimento sia rimessa al giudice e, poiché la norma si caratterizza per essere aperta ed elastica, la sua reale portata dipenderà certamente dall’interpretazione che lo stesso farà degli elementi che la costituiscono.

L’applicazione dell’art. 1455 c.c. incontra, tuttavia, un duplice limite. Il primo è posto dalle regole legali sull’importanza dell’inadempimento che connotano la disciplina di alcuni contratti tipici, fornendo al giudice dei criteri più rigidi e determinati, rispetto a quelli forniti dall’art. 1455 c.c. Il secondo limite è costituito dal carattere derogabile di tale disposizione, in quanto le parti possono arbitrariamente precludere al giudice la valutazione sull’importanza dell’inadempimento, che le stesse hanno compiuto ex ante, mediante taluni istituti predisposti a tal fine, quali una clausola risolutiva espressa o un termine essenziale. Questi strumenti sono stati forniti dal legislatore affinché le parti possano sciogliersi più velocemente dal vincolo contrattuale e servono ad evitare qualsiasi discussione sull’importanza o meno dell’inadempimento verificatosi.

L’art 1456 c.c. sulla clausola risolutiva espressa prevede che i contraenti possano specificare determinate obbligazioni il cui inadempimento porta alla risoluzione di diritto del contratto, mediante la semplice dichiarazione della parte a favore della quale la clausola è predisposta di volersene avvalere. La ratio della pattuizione di una clausola risolutiva espressa è quella di dare rilevanza a quei motivi specifici ed individuali che hanno indotto una parte a stipulare il contratto, facendo coincidere l’eventuale lesione degli stessi con un inadempimento di non scarsa importanza. Da tale norma è derivato l’affermarsi, nella dottrina maggioritaria e nella giurisprudenza di legittimità, del dogma dell’inapplicabilità dell’art. 1455 c.c., ossia l’impossibilità per il giudice di procedere ad una valutazione sull’importanza dell’inadempimento. nel caso in cui il contratto presenti una clausola risolutiva espressa.

Tuttavia, la Cassazione, nella sentenza 23868/2015, ha statuito un principio del tutto nuovo e mai enunciato prima di quel momento. La stessa è arrivata ad escludere la risoluzione di diritto del contratto sulla base dell’insussistenza dell’inadempimento, laddove la condotta della parte, pur realizzando materialmente il fatto contemplato nella clausola risolutiva espressa, sia conforme al principio della buona fede. La Corte di Cassazione, pur non discostandosi dall’orientamento, ritenuto pacifico e condivisibile, secondo cui l’apposizione di una clausola risolutiva espressa escluderebbe la possibilità del giudizio ex art. 1455 c.c., afferma che le parti siano tenute ad un comportamento secondo buona fede, ai sensi dell’art. 1375 c.c., ed al divieto di abuso del diritto. Nonostante da un punto di vista oggettivo sia  realizzato il fatto materiale previsto nella clausola risolutiva espressa, la scarsa rilevanza dello stesso dovuta al comportamento dell’inadempiente conforme a buona fede comporta che non possa considerarsi alla stregua di un inadempimento tale da incidere sull’assetto contrattuale stabilito dai contraenti o da arrecare un pregiudizio all’interesse del creditore.

La pronuncia ha peculiare rilevanza sistemica perché offre una soluzione alla questione dell’esercizio strumentale della clausola risolutiva espressa, quando mancanze di lieve entità vengano impiegate come pretesto per sciogliersi da un contratto ritenuto non più conveniente.

Potrebbero muoversi una serie di riserve alla decisione della Corte. In primo luogo, vi è il rischio che un sindacato secondo buona fede comporti una delibazione giudiziale ben più penetrante rispetto a quella ex art. 1455 c.c., essa stessa esclusa in linea di principio in presenza di una clausola risolutiva espressa oltre ad incidere sulla coerenza e calcolabilità del diritto. Inoltre, la Cassazione supera sia l’autonomia delle parti, che prevedendo una clausola risolutiva espressa hanno deciso di elidere il vincolo contrattuale al verificarsi della fattispecie di inadempimento prevista nella clausola a prescindere da qualsiasi valutazione da parte del giudice, sia e soprattutto il dato normativo, richiedendo un ulteriore elemento costitutivo di fattispecie (l’inadempimento deve essere difforme dalla buona fede). Infine, sarebbero posti alla clausola risolutiva espressa limiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla norma codicistica che tipizza l’istituto; un limite quale la buona fede, oltre i problemi di variabilità contenutistica, comporterebbe l’invalidità o la parziale inefficacia della clausola risolutiva espressa o dell’atto mediante cui il contraente adempiente si sia avvalso della clausola risolutiva espressa.

In realtà, qualora si consideri il contratto quale veste giuridica di un programma economico, la buona fede può essere uno strumento di correzione di quelle disfunzioni connesse ad un utilizzo unilaterale e distorto dell’autonomia privata e contrattuale. Per tale motivo, un sindacato secondo buona fede, attraverso il mezzo della valutazione giudiziale sull’importanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., eviterebbe un abuso del diritto da parte del contraente più scaltro ed un utilizzo solo formale della clausola risolutiva espressa, ossia che abbia a oggetto inadempimenti di lieve entità.

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DECRETO-LEGGE 27 giugno 2015, n. 83 "Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria".

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 2015, n. 192 il testo del decreto legge n. 83/2015 (coordinato con la legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132) recante: «Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria».


                                  Art. 12 
Modifiche al codice civile 1. Al codice civile, dopo l'articolo 2929 e' inserita la seguente Sezione: Sezione I-bis Dell'espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilita' o di alienazioni a titolo gratuito «Art. 2929-bis (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilita' o di alienazioni a titolo gratuito). - Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilita' o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, puo' procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorche' non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto e' stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa. Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario. Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all'esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonche' la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore.».


Art. 13 Modifiche al codice di procedura civile 1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 480, secondo comma, e' aggiunto, in fine il seguente periodo: «Il precetto deve altresi' contenere l'avvertimento che il debitore puo', con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.»; b) all'articolo 490, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) il primo comma e' sostituito dal seguente: «Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un'area pubblica denominata "portale delle vendite pubbliche".»; 2) il terzo comma e' sostituito dal seguente: «Su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo il giudice puo' disporre inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte una o piu' volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali o che sia divulgato con le forme della pubblicita' commerciale. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso e' omessa l'indicazione del debitore.»; c) all'articolo 495, il quarto comma e' sostituito dal seguente: «Quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza puo' disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di trentasei mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell'articolo 510, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.»; d) all'articolo 497, primo comma, la parola «novanta» e' sostituita dalla seguente: «quarantacinque»; e) all'articolo 530: 1) al settimo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il giudice dispone che sia sempre effettuata la pubblicita' prevista dall'articolo 490, primo comma, nel rispetto del termine di cui al periodo precedente.»; 2) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «Fuori dell'ipotesi prevista dal secondo comma dell'articolo 525, il giudice dell'esecuzione puo' disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 569, terzo comma, terzo periodo, 574, primo comma, secondo periodo, e 587, primo comma, secondo periodo.»; f) all'articolo 532: 1) al primo comma, le parole: "puo' disporre" sono sostituite dalla parola: "dispone", e dopo le parole: "di competenza" sono inserite le seguenti: "iscritto nell'elenco di cui all'articolo 169-sexies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice"; 2) al secondo comma, sono inseriti, in fine, i seguenti periodi: "Il giudice fissa altresi' il numero complessivo, non inferiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalita' di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice."; g) l'articolo 533, secondo comma, e' sostituito dal seguente: «Qualora la vendita non avvenga nel termine fissato a norma dell'articolo 532, secondo comma, il commissionario restituisce gli atti in cancelleria e fornisce prova dell'attivita' specificamente svolta in relazione alla tipologia del bene per reperire potenziali acquirenti, oltre alla pubblicita' disposta dal giudice.»; h) all'articolo 534-bis le parole: "puo', sentiti gli interessati, delegare" sono sostituite dalla parola: "delega"; i) all'articolo 534-ter, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo comma, primo periodo, la parola: "puo'" e' sostituita dalle seguenti: "o il commissionario possono"; 2) al primo comma, secondo periodo, dopo le parole: "del professionista" sono inserite le seguenti: "o del commissionario"; 3) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Contro il provvedimento del giudice e' ammesso il reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies."; l) all'articolo 545 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennita' che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della meta'. La parte eccedente tale ammontare e' pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonche' dalle speciali disposizioni di legge. Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione, di indennita' che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonche' dalle speciali disposizioni di legge. Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge e' parzialmente inefficace. L'inefficacia e' rilevata dal giudice anche d'ufficio.»; m) all'articolo 546, primo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione, di indennita' che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell'assegno sociale; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall'articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.»; n) all'articolo 567: 1) al secondo comma, la parola «centoventi» e' sostituita dalla seguente: «sessanta»; 2) al terzo comma, la parola «centoventi», ovunque ricorra, e' sostituita dalla seguente: «sessanta»; o) l'articolo 568 e' sostituito dal seguente: «Art. 568 (Determinazione del valore dell'immobile). - Agli effetti dell'espropriazione il valore dell'immobile e' determinato dal giudice avuto riguardo al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto nominato ai sensi dell'articolo 569, primo comma. Nella determinazione del valore di mercato l'esperto procede al calcolo della superficie dell'immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l'assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d'uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonche' per le eventuali spese condominiali insolute.»; p) all'articolo 569: 1) al primo comma, la parola: "trenta" e' sostituita dalla seguente: "quindici", e le parole da: "convocandolo" sino a: "il giuramento" sono sostituite dalle seguenti: "che presta giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione", e la parola: "centoventi" e' sostituita dalla seguente: "novanta"; 2) il terzo comma e' sostituito dal seguente: "Nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza la vendita forzata, fissa un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalita' con cui deve essere prestata la cauzione, se la vendita e' fatta in uno o piu' lotti, il prezzo base determinato a norma dell'articolo 568, il termine, non superiore a centoventi giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo dev'essere depositato, con le modalita' del deposito e fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Quando ricorrono giustificati motivi, il giudice dell'esecuzione puo' disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi. Il giudice provvede ai sensi dell'articolo 576 solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalita' possa aver luogo ad un prezzo superiore della meta' rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568.»; q) all'articolo 571, secondo comma, le parole da: "al prezzo determinato" alle parole: "articolo 568" sono sostituite dalle seguenti: "di oltre un quarto al prezzo stabilito nell'ordinanza"; r) all'articolo 572 il secondo e il terzo comma sono sostituiti dai seguenti: "Se l'offerta e' pari o superiore al valore dell'immobile stabilito nell'ordinanza di vendita, la stessa e' senz'altro accolta. Se il prezzo offerto e' inferiore rispetto al prezzo stabilito nell'ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, il giudice puo' far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilita' di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell'articolo 588."; s) all'articolo 573: 1) al primo comma, dopo la parola: "invita" sono inserite le seguenti: "in ogni caso"; 2) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Se la gara non puo' avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti, il giudice, quando ritiene che non vi sia seria possibilita' di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, dispone la vendita a favore del migliore offerente oppure, nel caso di piu' offerte dello stesso valore, dispone la vendita a favore di colui che ha presentato l'offerta per primo."; 3) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: "Ai fini dell'individuazione della migliore offerta, il giudice tiene conto dell'entita' del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonche' di ogni altro elemento utile indicato nell'offerta stessa."; t) all'articolo 574, primo comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Quando l'ordinanza che ha disposto la vendita ha previsto che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente, col decreto di cui al primo periodo il giudice dell'esecuzione puo' autorizzare l'aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell'immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, societa' assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attivita' di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una societa' di revisione per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita. Il giudice dell'esecuzione individua la categoria professionale alla quale deve appartenere il soggetto che puo' rilasciare la fideiussione a norma del periodo precedente. La fideiussione e' rilasciata a favore della procedura esecutiva a garanzia del rilascio dell'immobile entro trenta giorni dall'adozione del provvedimento di cui all'articolo 587, primo comma, secondo periodo, nonche' del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all'immobile; la fideiussione e' escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice.»; u) all'articolo 587, primo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La disposizione di cui al periodo precedente si applica altresi' nei confronti dell'aggiudicatario che non ha versato anche una sola rata entro dieci giorni dalla scadenza del termine; il giudice dell'esecuzione dispone la perdita a titolo di multa anche delle rate gia' versate. Con il decreto adottato a norma del periodo precedente, il giudice ordina altresi' all'aggiudicatario che sia stato immesso nel possesso di rilasciare l'immobile al custode; il decreto costituisce titolo esecutivo per il rilascio."; v) all'articolo 588, primo comma, le parole: "dell'incanto" sono sostituite dalle seguenti: "dell'udienza fissata per la vendita" e sono soppresse le parole: "all'incanto" e "per mancanza di offerte"; z) all'articolo 589, primo comma, le parole: "determinato a norma dell'articolo 568" sono sostituite dalle seguenti: "base stabilito per l'esperimento di vendita per cui e' presentata."; aa) all'articolo 590, primo comma, le parole "all'incanto" sono soppresse"; bb) all'articolo 591: 1) alla rubrica la parola "nuovo" e' soppressa; 2) al primo comma, la parola "nuovo" e' soppressa e dopo la parola "incanto" sono aggiunte le seguenti: ", sempre che ritenga che la vendita con tale modalita' possa aver luogo ad un prezzo superiore della meta' rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568"; 3) secondo comma, le parole da "di un quarto" sino a "precedente" sono sostituite dalle seguenti: "al precedente fino al limite di un quarto"; 4) il terzo comma e' sostituito dal seguente: "Se al secondo tentativo la vendita non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione, il giudice assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio. Si applica il secondo comma dell'articolo 590."; cc) all'articolo 591-bis: 1) al primo comma, dopo le parole: "il giudice dell'esecuzione," sono inserite le seguenti: "salvo quanto previsto al secondo comma," le parole: "puo', sentiti gli interessati, delegare" sono sostituite dalla seguente: "delega"; 2) dopo il primo comma e' inserito il seguente: "Il giudice non dispone la delega ove, sentiti i creditori, ravvisi l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti."; 3) al secondo comma, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al punto 1) la parola: "terzo" e' sostituita dalla seguente: "primo"; b) al punto 7, dopo le parole: "articolo 590" sono inserite le seguenti: "e 591, terzo comma"; 4) e', in fine, aggiunto, il seguente comma: "Il giudice dell'esecuzione, sentito l'interessato, dispone la revoca della delega delle operazioni di vendita se non vengono rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni, salvo che il professionista delegato dimostri che il mancato rispetto dei termini o delle direttive sia dipeso da causa a lui non imputabile."; dd) all'articolo 615, primo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Se il diritto della parte istante e' contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata."; ee) dopo l'articolo 631 e' inserito il seguente: «Art. 631-bis (Omessa pubblicita' sul portale delle vendite pubbliche) - Se la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche non e' effettuata nel termine stabilito dal giudice, il giudice dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 630, secondo e terzo comma. La disposizione di cui al presente articolo non si applica quando la pubblicita' sul portale non e' stata effettuata perche' i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti, a condizione che tale circostanza sia attestata a norma dell'articolo 161-quater delle disposizione per l'attuazione del presente codice.»; ff) all'articolo 492-bis: 1) al primo comma: a) la parola "procedente" e' soppressa; b) sono aggiunti in fine i seguenti periodi: "L'istanza non puo' essere proposta prima che sia decorso il termine di cui all'articolo 482. Se vi e' pericolo nel ritardo, il presidente del tribunale autorizza la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notificazione del precetto". 2) al secondo comma sono aggiunti in fine, i seguenti periodi: "L'ufficiale giudiziario procede a pignoramento munito del titolo esecutivo e del precetto, anche acquisendone copia dal fascicolo informatico. Nel caso di cui al primo comma, quarto periodo il precetto e' consegnato o trasmesso all'ufficiale giudiziario prima che si proceda al pignoramento.". 2. Per gli interventi informatici connessi alla realizzazione del portale delle vendite pubbliche di cui al comma 1, e' autorizzata la spesa di euro 900.000,00 per l'anno 2015 e, in relazione agli interventi di manutenzione e di funzionamento, e di euro 200.000,00 annui a decorrere dall'anno 2016.
Art. 14 Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie e ad altre disposizioni 1. Alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 155-quinquies: 1) la parola "procedente" e' soppressa; 2) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «La disposizione di cui al primo comma si applica, limitatamente alle banche dati previste dall'articolo 492-bis del codice, anche sino all'adozione di un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, che attesta la piena funzionalita' delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l'accesso alle medesime banche dati. Il decreto di cui al periodo precedente e' adottato entro tre mesi dall'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 155-quater. La disposizione di cui al presente comma perde efficacia se il decreto dirigenziale non e' adottato entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.»; b) all'articolo 161-ter, al secondo comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se occorre, le medesime regole tecnico-operative sono integrate al fine di assicurare un agevole collegamento tra il portale delle vendite pubbliche e i portali dei gestori delle vendite telematiche.»; c) dopo l'articolo 161-ter, e' inserito il seguente: «161-quater (Modalita' di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche) - La pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche e' effettuata a cura del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, del creditore procedente ed in conformita' alle specifiche tecniche, che possono determinare anche i dati e i documenti da inserire. Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sono rese disponibili mediante pubblicazione nel portale delle vendite pubbliche. Quando la pubblicita' riguarda beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non puo' essere effettuata in mancanza della prova dell'avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione, previsto dall'articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. Il portale delle vendite pubbliche deve inviare all'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata, ad ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si e' registrato mediante un'apposita procedura disciplinata dalle specifiche tecniche di cui al primo comma, un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui e' stata effettuata la pubblicita'. Il portale delle vendite pubbliche provvede all'archiviazione e alla gestione dei dati relativi alle vendite in esso pubblicate. Il mancato funzionamento dei sistemi informatici e' attestato dal responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.»; d) dopo l'articolo 169-quinquies, e' inserito il seguente: "169-sexies. (Elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei mobili pignorati). - Presso ogni tribunale e' istituito un elenco dei soggetti specializzati di cui all'articolo 532 del codice per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati. Alle domande e' allegata la documentazione comprovante le competenze maturate, anche relativamente a specifiche categorie di beni. L'elenco e' formato dal presidente del tribunale, che provvede sentito il procuratore della Repubblica. Si applicano gli articoli 13 e seguenti in quanto compatibili."; e) all'articolo 173-bis, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo comma, dopo il numero 6), sono inseriti i seguenti: "7) in caso di opere abusive, il controllo della possibilita' di sanatoria ai sensi dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull'eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l'istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni gia' corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l'aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 40, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall'articolo 46, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria; 8) la verifica che i beni pignorati siano gravati da censo, livello o uso civico e se vi sia stata affrancazione da tali pesi, ovvero che il diritto sul bene del debitore pignorato sia di proprieta' ovvero derivante da alcuno dei suddetti titoli; 9) l'informazione sull'importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie gia' deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato."; 2) al terzo comma, la parola: "quarantacinque" e' sostituita dalla seguente: "trenta"; f) l'articolo 173-quinquies, primo comma, e' sostituito dal seguente: "Il giudice, con l'ordinanza di vendita di cui all'articolo 569, terzo comma, del codice, puo' disporre che la presentazione dell'offerta d'acquisto e la prestazione della cauzione ai sensi degli articoli 571, 579, 580 e 584 del medesimo codice possano avvenire con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale. E' consentita la prestazione della cauzione anche mediante fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, societa' assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attivita' di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una societa' di revisione. Il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza di vendita, individua la categoria professionale alla quale deve appartenere il soggetto che puo' rilasciare la fideiussione a norma del periodo precedente. La fideiussione e' rilasciata in favore della procedura esecutiva ed e' escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice. In ogni caso, e' stabilito che l'offerente comunichi, a mezzo posta elettronica certificata, la dichiarazione contenente le indicazioni prescritte dall'articolo 571.". 2. Al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo l'articolo 16-octies e' inserito il seguente: «Art. 16-novies (Modalita' informatiche per le domande di iscrizione e per la tenuta dell'albo dei consulenti tecnici, dell'albo dei periti presso il tribunale, dell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati e dell'elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita) - 1. Le domande di iscrizione all'albo dei consulenti tecnici di cui agli articoli 13 e seguenti delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, all'elenco dei soggetti specializzati previsto dall'articolo 169-sexies delle medesime disposizioni e all'albo dei periti presso il tribunale, di cui agli articoli 67 e seguenti delle norme di attuazione del codice di procedura penale, sono inserite, a cura di coloro che le propongono, con modalita' esclusivamente telematiche in conformita' alle specifiche tecniche di cui al comma 5. Con le medesime modalita' sono inseriti i documenti allegati alle domande. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle domande e ai relativi documenti per l'iscrizione negli elenchi dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita di cui all'articolo 169-ter e all'articolo 179-ter, secondo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile. 3. Quando, per l'iscrizione negli albi e negli elenchi di cui al presente articolo, la legge prevede il pagamento di bolli, diritti o altre somme a qualsiasi titolo, il versamento e' effettuato esclusivamente con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nel circuito bancario o postale, a norma dell'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. I versamenti di cui al presente comma hanno luogo nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente i pagamenti telematici nel processo civile. 4. Gli albi e gli elenchi di cui ai commi 1 e 2 sono formati a norma delle disposizioni legislative che li regolano e tenuti, a cura del presidente del tribunale, con modalita' esclusivamente informatiche in conformita' alle specifiche tecniche di cui al comma 5. L'accesso ai dati contenuti negli albi e negli elenchi e' consentito ai magistrati e al personale delle cancellerie e delle segreterie di tutti gli uffici giudiziari della giustizia ordinaria. Salvo quanto previsto dall'articolo 179-quater, terzo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, la disposizione di cui al periodo precedente si applica anche agli elenchi previsti dagli articoli 169-ter e 179-ter delle medesime disposizioni. 5. La presentazione delle domande e la tenuta degli albi ed elenchi di cui al presente articolo sono effettuate in conformita' alle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, nel rispetto della disciplina prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. Le specifiche tecniche sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sul sito internet del Ministero della giustizia. 6. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia decorsi trenta giorni dalla pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia delle specifiche tecniche previste dal comma 5. 7. I soggetti di cui ai commi 1 e 2, che alla data di acquisto di efficacia delle disposizioni del presente articolo sono gia' iscritti negli albi ed elenchi previsti dai medesimi commi, inseriscono i propri dati, con modalita' telematiche e in conformita' alle specifiche tecniche di cui al comma 5, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia delle medesime specifiche tecniche. A decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al periodo precedente, gli albi ed elenchi gia' formati sono sostituiti ad ogni effetto dagli albi ed elenchi previsti dal presente articolo.». 3. Al decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, all'articolo 122, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il quarto comma e' sostituito dal seguente: «In caso di estinzione del processo esecutivo il compenso e' posto a carico del creditore procedente ed e' liquidato dal giudice dell'esecuzione nella medesima misura di cui al terzo comma, calcolata sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se minore, sul valore del credito per cui si procede. In caso di chiusura anticipata del processo a norma dell'articolo 164-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile o a norma dell'articolo 530, quarto comma, del codice di procedura civile, il compenso previsto dal secondo comma non e' dovuto. Negli altri casi di chiusura anticipata del processo esecutivo si applica la disposizione di cui al primo periodo. Il giudice provvede con decreto che costituisce titolo esecutivo.»; b) al quinto comma dopo le parole: «per cui si procede» sono aggiunte le seguenti: «e comunque non puo' eccedere l'importo di euro 3.000,00»; c) al sesto comma, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «La residua quota del quaranta per cento e' distribuita dall'ufficiale giudiziario coordinatore l'ufficio, in parti uguali, tra tutti gli ufficiali giudiziari e funzionari appartenenti all'ufficio notificazioni, esecuzioni e protesti.». 4. Per l'istituzione dell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati, di cui al comma 1, lett. d), e' autorizzata la spesa di euro 150.000 per l'anno 2015.
Art. 15 Portale delle vendite pubbliche 1. Dopo l'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e' inserito il seguente: «Art. 18-bis (Pubblicita' sul portale delle vendite pubbliche) - 1. Per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche di ciascun atto esecutivo per il quale la legge dispone che sia data pubblica notizia e che riguarda beni immobili o mobili registrati, e' dovuto un contributo per la pubblicazione dell'importo di euro 100 a carico del creditore procedente. Quando la vendita e' disposta in piu' lotti, il contributo per la pubblicazione e' dovuto per ciascuno di essi. Il pagamento deve essere effettuato con le modalita' previste dall'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, con imputazione ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Quando la parte e' stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il contributo per la pubblicazione e' prenotato a debito, a norma e per gli effetti delle disposizioni del presente decreto. Per la pubblicazione relativa a beni diversi da quelli di cui al periodo precedente, il contributo per la pubblicazione non e' dovuto. 2. Con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'importo del contributo per la pubblicazione e' adeguato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. 3. Le entrate derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, affluite all'apposito capitolo di cui al medesimo comma, sono riassegnate allo stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, per il funzionamento degli uffici giudiziari nonche' per l'implementazione e lo sviluppo dei sistemi informatizzati. 4. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

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Legge 28 marzo 2001, n. 149 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile".

Legge 28 marzo 2001, n. 149

"Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile"

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001


 

TITOLO I

DIRITTO DEL MINORE
ALLA PROPRIA FAMIGLIA

Art. 1.

    1. Il titolo della legge 4 maggio 1983, n. 184, di seguito denominata «legge n. 184», è sostituito dal seguente: «Diritto del minore ad una famiglia».

    2. La rubrica del Titolo I della legge n. 184 è sostituita dalla seguente: «Princìpi generali».

    3.  L’articolo 1 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 1. – 1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.

    2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.

    3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e l’adozione e di sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma.

    4. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’eduzione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge.

    5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i princìpi fondamentali dell’ordinamento».

TITOLO II

AFFIDAMENTO DEL MINORE

Art. 2.

    1. All’articolo 2 della legge n. 184 sono premesse le seguenti parole: «Titolo I-bis. Dell’affidamento del minore».

    2. L’articolo 2 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

       «Art. 2. – 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

    2. Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l’inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.

    3. In caso di necessità e urgenza l’affidamento può essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui all’articolo 1, commi 2 e 3.

    4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.

    5. Le regioni, nell’ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell’assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi».

Art. 3.

    1. L’articolo 3 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 3. – 1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l’esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito.

    2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall’accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico.

    3. Nel caso in cui i genitori riprendano l’esercizio della potestà, le comunità di tipo familiare e gli istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio».

Art. 4.

    1. L’articolo 4 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 4. – 1. L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.

    2. Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

    3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.

    4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.

    5. L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

    6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore.

    7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato».

Art. 5.

    1. L’articolo 5 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 5. – 1. L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 316 del codice civile. In ogni caso l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L’affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.

    2. Il servizio sociale, nell’ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell’opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

    3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato».

    4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria».

TITOLO III

DELL’ADOZIONE

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 6.

   1. L’articolo 6 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 6. – 1. L’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.

    2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.

    3. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando.

    4. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.

    5. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

    6. Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato.

    7. Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni anche con atti successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell’adozione l’avere già adottato un fratello dell’adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all’adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate».

    8. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati».

Art. 7.

    1. L’articolo 7 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 7. – 1. L’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.

    2. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche quando il minore compia l’età predetta nel corso del procedimento. Il consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell’adozione.

    3. Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha un’età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento».

Capo II

DELLA DICHIARAZIONE
DI ADOTTABILITÀ

Art. 8.

     1. L’articolo 8 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 8. – 1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purchè la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.

    2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.

    3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

    4. Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10».

Art. 9.

    1. L’articolo 9 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 9. – 1. Chiunque ha facoltà di segnalare all’autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

    2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l’elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l’indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare l’adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.

    3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.

    4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.

    5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L’omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell’articolo 330 del codice civile e l’apertura della procedura di adottabilità».

Art. 10.

    1. L’articolo 10 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 10. – 1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato, ricevuto il ricorso di cui all’articolo 9, comma 2, provvede all’immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente, all’occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull’ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

    2. All’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.

    3. Il tribunale può disporre in ogni momento e fino all’affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell’interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la sospensione dell’esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.

    4. In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3 possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.

    5. Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale provvede in camera di consiglio con l’intervento del pubblico ministero, sentite tutte le parti interessate ed assunta ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile».

Art. 11.

    1. All’articolo 11, primo comma, della legge n. 184, dopo le parole: «parenti entro il quarto grado» sono inserite le seguenti: «che abbiano rapporti significativi con il minore».

Art. 12.

     1. All’articolo 12, quinto comma, della legge n. 184, le parole «ai sensi del secondo comma dell’articolo 10» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi del comma 3 dell’articolo  10».

Art. 13.

    1. L’articolo 14 della legge n.184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 14. – 1. Il tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell’interesse del minore. In tal caso la sospensione è disposta con ordinanza motivata per un periodo non superiore a un anno.

    2. La sospensione è comunicata ai servizi sociali locali competenti perché adottino le iniziative opportune».

Art. 14.

   1. L’articolo 15 della legge n.184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 15. – 1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all’articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

        a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

        b) l’audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;

        c) le prescrizioni impartite ai sensi dell’articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.

    2. La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell’istituto di assistenza pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.

    3. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, al tutore, nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all’articolo 17».

Art. 15.

    1. L’articolo 16 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 16. – 1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.

    2. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, nonché al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell’interesse del minore.

    3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».

Art. 16.

    1. L’articolo 17 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 17. – 1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d’appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La Corte, sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d’ufficio al pubblico ministero e alle altre parti.

    2. Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell’articolo 360 del codice di procedura civile. Si applica altresì il secondo comma dello stesso articolo.

    3. L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi».

Art. 17.

    1. L’articolo 18 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 18. – 1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di adottabilità è trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria del tribunale stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno successivo a quello della comunicazione che la sentenza di adottabilità è divenuta definitiva. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell’impugnazione deve inviare immediatamente apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i minorenni».

Art. 18.

    1. L’articolo 21 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 21. – 1. Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca, nell’interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni di cui all’articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui al comma 2 dell’articolo 15.

    2. La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.

    3. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

    4. Nel caso in cui sia in atto l’affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato».

Capo III

DELL’AFFIDAMENTO PREADOTTIVO

Art. 19.

    1. L’articolo 22 della legge n.184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 22. – 1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l’eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n.  104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. È ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purchè in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d’ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.

    2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.

    3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all’articolo 6, dispone l’esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all’adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

    4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di centoventi giorni.

    5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

    6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l’affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’affidamento alla coppia prescelta.

    7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere disposto l’affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L’ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all’articolo 18.

   8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell’affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all’origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale».

Art. 20.

   1. L’articolo 23 della legge n.184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 23. – 1. L’affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all’articolo 22, comma 8, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato. Debbono essere sentiti, oltre al pubblico ministero ed al presentatore dell’istanza di revoca, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.

    2. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore dell’istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che dispone la revoca dell’affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui all’articolo 18.

    3. In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».

Capo IV

DELLA DICHIARAZIONE DI ADOZIONE

Art. 21.

     1. L’articolo 25 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 25. – 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull’adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all’adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’adozione nei confronti della coppia prescelta.

    2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni quattordici, debbono essere sentiti.

    3. Nell’interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di un anno, d’ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con ordinanza motivata.

    4. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo, l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell’altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte.

    5. Se nel corso dell’affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari, l’adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell’esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.

    6. La sentenza che decide sull’adozione è comunicata al pubblico ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.

    7.    Nel caso di provvedimento negativo viene meno l’affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».

Art. 22.

     1. L’articolo 26 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 26. – 1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare luogo all’adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può essere proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della Corte d’appello da parte del pubblico ministero, dagli adottanti e dal tutore del minore. La Corte d’appello, sentite le parti ed esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La sentenza è notificata d’ufficio alle parti per esteso.

    2. Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della stessa, solo per i motivi di cui al primo comma, numero 3, dell’articolo 360 del codice di procedura civile.

    3. L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso per Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.

    4. La sentenza che pronuncia l’adozione, divenuta definitiva, è immediatamente trascritta nel registro di cui all’articolo 18 e comunicata all’ufficiale dello stato civile che la annota a margine dell’atto di nascita dell’adottato. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell’impugnazione deve immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza al cancelliere del tribunale per i minorenni.

    5. Gli effetti dell’adozione si producono dal momento della definitività della sentenza».

Art. 23.

   1. All’articolo 27, secondo comma, della legge n. 184, le parole «ai sensi dell’articolo 25, quinto comma» sono sostituite dalle seguenti «ai sensi dell’articolo 25, comma 5».

Art. 24.

    1. L’articolo 28 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 28. – 1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.

    2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e dell’annotazione di cui all’articolo 26, comma 4.

    3. L’ufficiale di stato civile, l’ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria. Non è necessaria l’autorizzazione qualora la richiesta provenga dall’ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano impedimenti matrimoniali.

    4. Le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l’informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore.

    5. L’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L’istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.

    6. Il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste.

    7. L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.

    8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l’autorizzazione non è richiesta per l’adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili».

TITOLO IV

DELL’ADOZIONE IN CASI
PARTICOLARI

Capo I

DELL’ADOZIONE IN CASI
PARTICOLARI E DEI SUOI EFFETTI

Art. 25.

    1. L’articolo 44 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 44. – 1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7:

        a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;

        b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;

        c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n.  104, e sia orfano di padre e di madre;

        soppressa

        d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

    2. L’adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi.

    3. Nei casi di cui alle lettere a)c), e d) del comma 1 l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l’adottante è persona coniugata e non separata, l’adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.

    4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare».

Art. 26.

    1. L’articolo 45 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 45. – 1. Nel procedimento di adozione nei casi previsti dall’articolo 44 si richiede il consenso dell’adottante e dell’adottando che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età.

    2. Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento.

    3. In ogni caso, se l’adottando non ha compiuto gli anni quattordici, l’adozione deve essere disposta dopo che sia stato sentito il suo legale rappresentante.

    4. Quando l’adozione deve essere disposta nel caso previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera c), deve essere sentito il legale rappresentante dell’adottando in luogo di questi, se lo stesso non può esserlo o non può prestare il proprio consenso ai sensi del presente articolo a causa delle sue condizioni di minorazione».

Art. 27.

    1. L’articolo 47 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 47. – 1. L’adozione produce i suoi effetti dalla data della sentenza che la pronuncia. Finché la sentenza non è emanata, tanto l’adottante quanto l’adottando possono revocare il loro consenso.

    2. Se uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione della sentenza, si può procedere, su istanza dell’altro coniuge, al compimento degli atti necessari per l’adozione.

    3. Se l’adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell’adottante».

Art. 28.

    1. L’articolo 49 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 49. – 1. L’adottante deve fare l’inventario dei beni dell’adottato e trasmetterlo al giudice tutelare entro trenta giorni dalla data della comunicazione della sentenza di adozione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del capo I del titolo X del libro primo del codice civile.

    2. L’adottante che omette di fare l’inventario nel termine stabilito o fa un inventario infedele può essere privato dell’amministrazione dei beni dal giudice tutelare, salvo l’obbligo del risarcimento dei danni».

Capo II

DELLE FORME DELL’ADOZIONE
IN CASI PARTICOLARI

Art. 29.

    1. La lettera a) del terzo comma dell’articolo 57 della legge n. 184 è sostituita dalla seguente:

        «a) l’idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottanti;».

TITOLO V

MODIFICHE AL TITOLO VIII DEL
LIBRO PRIMO DEL CODICE CIVILE

Art. 30.

    1. L’articolo 313 del codice civile è sostituito dal seguente:

    «Art. 313. - (Provvedimento del tribunale) – Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con sentenza decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.

    L’adottante, il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono proporre impugnazione avanti la Corte d’appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero».

Art. 31.

    1. L’articolo 314 del codice civile è sostituito dal seguente:

    «Art. 314. - (Pubblicità) – La sentenza definitiva che pronuncia l’adozione è trascritta a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell’impugnazione, su apposito registro e comunicata all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato.

    Con la procedura di cui al primo comma deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato.

    L’autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza che pronuncia l’adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni».

TITOLO VI

NORME FINALI, PENALI
E TRANSITORIE

Art. 32.

    1. All’articolo 35, comma 4, della legge n. 184, le parole: «può essere sentito ove sia opportuno e» sono sostituite dalle seguenti: «deve essere sentito».

    2. All’articolo 52, secondo comma, della legge n. 184, le parole: «e, se opportuno, anche di età inferiore» sono sostituite dalle seguenti: «e anche di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento».

    3. All’articolo 79, terzo comma, della legge n. 184, le parole: «, se opportuno,» sono sostituite dalle seguenti: «, in considerazione della loro capacità di discernimento,».

Art. 33.

    1. All’articolo 43, primo comma, della legge n. 184, le parole: «di cui al sesto, settimo e ottavo comma dell’articolo 9» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 9».

Art. 34.

     1. L’articolo 70 della legge n.  184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 70. – 1. I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell’articolo 328 del codice penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire 2.500.000.

    2. I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati che omettono di trasmettere semestralmente alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni l’elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti, ovvero forniscono informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire 5.000.000».

Art. 35.

    1. Il primo comma dell’articolo 71 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero lo avvia all’estero perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni».

    2. Il sesto comma dell’articolo 71 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Chiunque svolga opera di mediazione al fine di realizzare l’affidamento di cui al primo comma è punito con la reclusione fino ad un anno o con multa da lire 500.000 a lire 5.000.000.»

Art. 36.

    1. Il primo comma dell’articolo 73 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per adozione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire 200.000 a lire 2.000.000».

Art. 37.

    1. All’articolo 330, secondo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».

    2. All’articolo 333, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».

    3. All’articolo 336 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

    «Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge».

Art. 38.

    1. L’articolo 80 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

    «Art. 80. – 1. Il giudice, se del caso ed anche in relazione alla durata dell’affidamento, può disporre che gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente in favore dell’affidatario.

    2. Le disposizioni di cui all’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, all’articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla legge 8 marzo 2000, n. 53, si applicano anche agli affidatari di cui al comma 1.

    3. Alle persone affidatarie si estendono tutti i benefici in tema di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di permessi per malattia, di riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici.

    4. Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinchè tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche».

Art. 39.

    1. Dopo i primi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e successivamente con cadenza triennale, il Ministro della giustizia e il Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nell’ambito delle rispettive competenze, trasmettono al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, al fine di verificarne la funzionalità in relazione alle finalità perseguite e la rispondenza all’interesse del minore, in particolare per quanto attiene all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 6, commi 3 e 5, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall’articolo 6 della presente legge.

Art. 40.

    1. Per le finalità perseguite dalla presente legge è istituita, entro e non oltre centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, anche con l’apporto dei dati forniti dalle singole regioni, presso il Ministero della giustizia, una banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili, nonché ai coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale, con indicazione di ogni informazione atta a garantire il miglior esito del procedimento. I dati riguardano anche le persone singole disponibili all’adozione in relazione ai casi di cui all’articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall’articolo 25 della presente legge.

    2. La banca dati è resa disponibile, attraverso una rete di collegamento, a tutti i tribunali per i minorenni e deve essere periodicamente aggiornata con cadenza trimestrale.

    3. Con regolamento del Ministro della giustizia sono disciplinate le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati, anche per quanto attiene all’adozione dei dispositivi necessari per la sicurezza e la riservatezza dei dati.

    4. Dall’attuazione del presente articolo non debbono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Art. 41.

   1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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Legge 1 dicembre 1970, n. 898 "Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio"

Articolo 1.

 

1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3.

 

Articolo 2.

 

1. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.

 

Articolo 3.

 

1. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi:

 

1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:

 

a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;

 

b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;

 

c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;

 

d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio.

 

Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.

 

Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente articolo la domanda non è proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale è ripresa;

 

2) nei casi in cui:

 

a) l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;

 

b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.

 

b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.

 

In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta.(1)

 

c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;

 

d) il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;

 

e) l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;

 

f) il matrimonio non è stato consumato;

 

g) è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164.

 

    (1) Lettera così modificata, da ultimo, ad opera dell’ art. 1, comma 1, Legge 6 maggio 2015, n. 55.

 

Art. 4.

 

La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, (1) del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge.

 

2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.

 

3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l'annotazione in calce all'atto.

 

4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi.(2)

 

5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.

 

6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.

 

7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l'assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All'udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.

 

8.  Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.(3)

 

9. Tra la data dell'ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell'udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.

 

10. Con l'ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all'articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. L'ordinanza deve contenere l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.

 

11. All'udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l'articolo 184 del medesimo codice.

 

12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all'articolo 10.

 

13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l'obbligo della somministrazione dell'assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda.

 

14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.

 

15. L'appello è deciso in camera di consiglio.

 

16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8.

 

    (1) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio 2008, n. 169, ha dichiarato l'incostituzionalità del presente comma, limitatamente alle parole: "del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza," in quanto "L'individuazione di tale criterio di competenza è manifestamente irragionevole, non sussistendo alcuna valida giustificazione della adozione dello stesso, ove si consideri che, in tema di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata, quanto meno dal momento in cui i coniugi, in occasione della domanda di separazione – giudiziale o consensuale – sono stati autorizzati a vivere separatamente, con la conseguenza che, tenute presenti le condizioni per proporre la successiva domanda di divorzio, non è ravvisabile alcun collegamento fra i coniugi e il tribunale individuato dalla norma."

    (2) Comma così sostituito dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

    (3) Comma così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

 

    ______________

 

    Cfr. Tribunale, Modena, sez. II civile, sentenza 28 dicembre 2017 n° 2259.

 

Articolo 5.

 

1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.

 

2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.

 

3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.

 

4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.

 

5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.

 

6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

 

7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.

 

8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

 

9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.

 

10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.

 

11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.

 

    ____________

 

    Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 20 febbraio 2018 n° 4092, Cassazione Civile, sez. VI-1, ordinanza 27 ottobre 2017 n° 25697, Corte d'Appello, Milano, sez. V civile, sentenza 16 novembre 2017 n° 4793, Tribunale, Milano, sez. IX civile, ordinanza 22 maggio 2017, Cassazione Civile, sez. I, ordinanza 10 maggio 2017 n° 11453, Cassazione civile, sentenza 10 maggio 2017, n. 11504.

 

Articolo 6.

 

1. L'obbligo, ai sensi degli articoli 315-bis e 316-bis del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.(1)

 

2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile.(2)

 

[3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.] (3)

 

[4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.] (3)

 

[5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento.] (3)

 

6. L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L'assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile.

 

7. Il Tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della responsabilità genitoriale sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.(1)

 

[8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all'affidamento familiare di cui all'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184.] (3)

 

[9. Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l'audizione dei figli minori.] (3)

 

[10. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.] (3)

 

[11. Nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria.] (3)

 

[12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.] (3)

 

    (1) Comma così modificato dall’art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

    (2) Comma così sostituito dall’art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

    (3) Comma abrogato dall’art. 98, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

 

 

Articolo 7.

 

1. Il secondo comma dell'art. 252 del codice civile è così modificato:

 

«I figli adulterini possono essere riconosciuti anche dal genitore che, al tempo del concepimento, era unito in matrimonio, qualora il matrimonio sia sciolto per effetto della morte dell'altro coniuge ovvero per pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso».

 

Articolo 8.

 

1. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6.

 

2. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile.

 

3. Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l'invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente.

 

4. Ove il terzo cui sia stato notificato il provvedimento non adempia, il coniuge creditore ha azione diretta esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovutegli quale assegno di mantenimento ai sensi degli articoli 5 e 6.

 

5. Qualora il credito del coniuge obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia stato già pignorato al momento della notificazione, all'assegnazione e alla ripartizione delle somme fra il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, il creditore procedente e i creditori intervenuti nell'esecuzione, provvede il giudice dell'esecuzione.

 

6. Lo Stato e gli altri enti indicati nell'art. 1 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nonché gli altri enti datori di lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno e l'invito a pagare direttamente al coniuge cui spetta la corresponsione periodica, non possono versare a quest'ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori.

 

7. Per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare l'assegno. Le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno di cui al precedente comma sono soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell'assegno periodico di cui agli articoli 5 e 6.

 

Articolo 9.

 

1. Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.

 

2. In caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.

 

3. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze.

 

4. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità.

 

5. Alle domande giudiziali dirette al conseguimento della pensione di reversibilità o di parte di essa deve essere allegato un atto notorio, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dal quale risultino tutti gli aventi diritto. In ogni caso, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica la tutela, nei confronti dei beneficiari, degli aventi diritto pretermessi, salva comunque l'applicabilità delle sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci.

 

Articolo 9-bis.

 

1. A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell'art. 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo conto dell'importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. L'assegno non spetta se gli obblighi patrimoniali previsti dall'art. 5 sono stati soddisfatti in unica soluzione.

 

2. Su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno può avvenire in unica soluzione. Il diritto all'assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno. Qualora risorga lo stato di bisogno l'assegno può essere nuovamente attribuito.

 

Articolo 10.

 

1. La sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando sia passata in giudicato, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere del tribunale o della Corte che l'ha emessa, all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238.

 

2. Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciati nei casi rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, hanno efficacia, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.

 

Articolo 11. (1)

 

...omissis...

 

    (1) Articolo soppresso dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

Articolo 12.(1)

 

1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

    (1) Articolo così modificato dall’ art. 98, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

 

 

Articolo 12-bis.

 

1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.

 

2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

 

Articolo 12-ter.

 

1. In caso di genitori rispetto ai quali sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la pensione di reversibilità spettante ad essi per la morte di un figlio deceduto per fatti di servizio è attribuita automaticamente dall'ente erogante in parti eguali a ciascun genitore.

 

2. Alla morte di uno dei genitori, la quota parte di pensione si consolida automaticamente in favore dell'altro.

 

3. Analogamente si provvede, in presenza della predetta sentenza, per la pensione di reversibilità spettante al genitore del dante causa secondo le disposizioni di cui agli articoli 83 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.

 

Articolo 12-quater.

 

1. Per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla presente legge è competente anche il giudice del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio.

 

Articolo 12-quinquies.

 

1. Allo straniero, coniuge di cittadina italiana, la legge nazionale del quale non disciplina lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge.

 

Articolo. 12-sexies.

 

1. Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale.

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LEGGE 8 marzo 2017, n. 24 Legge Gelli


 Vigente al: 1‐4‐2017 

  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno

approvato;

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

                              Promulga

  la seguente legge:

                               Art. 1

                   Sicurezza delle cure in sanita'

  1. La sicurezza delle cure e' parte costitutiva  del  diritto  alla

salute  ed  e'  perseguita  nell'interesse  dell'individuo  e   della

collettivita'.

  2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme  di

tutte le attivita' finalizzate alla prevenzione e alla  gestione  del

rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo

appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

  3. Alle attivita' di prevenzione del rischio messe  in  atto  dalle

strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, e'  tenuto

a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che

vi operano  in  regime  di  convenzione  con  il  Servizio  sanitario

nazionale.

                               Art. 2

Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute  al

  Difensore civico regionale o provinciale e istituzione  dei  Centri

  regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza  del

  paziente.

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono

affidare all'ufficio del Difensore civico la funzione di garante  per

il diritto alla salute e disciplinarne la struttura  organizzativa  e

il supporto tecnico.

  2. Il Difensore civico,  nella  sua  funzione  di  garante  per  il

diritto alla salute,  puo'  essere  adito  gratuitamente  da  ciascun

soggetto  destinatario  di  prestazioni  sanitarie,  direttamente   o

mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni  del

sistema dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria.

  3. Il Difensore civico acquisisce,  anche  digitalmente,  gli  atti

relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia  verificato  la

fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del  diritto  leso

con i poteri e le modalita' stabiliti dalla legislazione regionale.

  4. In ogni regione e' istituito, con le risorse umane,  strumentali

e finanziarie disponibili a legislazione  vigente  e  comunque  senza

nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per

la gestione del rischio sanitario e la sicurezza  del  paziente,  che

raccoglie dalle strutture  sanitarie  e  sociosanitarie  pubbliche  e

private  i  dati  regionali  sui  rischi  ed  eventi  avversi  e  sul

contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica

unificata a livello nazionale, all'Osservatorio nazionale delle buone

pratiche sulla sicurezza nella sanita', di cui all'articolo 3.

  5. All'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,

e' aggiunta, in fine, la seguente lettera:

  «d‐bis) predisposizione di una relazione annuale  consuntiva  sugli

eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle  cause

che hanno prodotto l'evento avverso e  sulle  conseguenti  iniziative

messe in atto. Detta relazione e' pubblicata nel sito internet  della

struttura sanitaria».

                               Art. 3

Osservatorio nazionale delle buone  pratiche  sulla  sicurezza  nella

                               sanita'

  1. Entro tre mesi dalla data di entrata in  vigore  della  presente

legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa  in  sede

di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito, senza nuovi o

maggiori oneri per la finanza pubblica,  presso  l'Agenzia  nazionale

per i servizi sanitari regionali (AGENAS),  l'Osservatorio  nazionale

delle buone  pratiche  sulla  sicurezza  nella  sanita',  di  seguito

denominato «Osservatorio».

  2. L'Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio

sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all'articolo 2, i  dati

regionali relativi ai rischi ed eventi avversi  nonche'  alle  cause,

all'entita', alla frequenza e all'onere finanziario  del  contenzioso

e, anche mediante la predisposizione, con  l'ausilio  delle  societa'

scientifiche  e   delle   associazioni   tecnico‐scientifiche   delle

professioni sanitarie di cui all'articolo 5, di linee  di  indirizzo,

individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del  rischio

sanitario e il monitoraggio delle buone  pratiche  per  la  sicurezza

delle cure nonche' per la formazione e l'aggiornamento del  personale

esercente le professioni sanitarie.

  3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle  Camere  una

relazione sull'attivita' svolta dall'Osservatorio.

  4. L'Osservatorio, nell'esercizio delle  sue  funzioni,  si  avvale

anche del Sistema informativo per il  monitoraggio  degli  errori  in

sanita' (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della

salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009,  pubblicato  nella

Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.

                               Art. 4

                        Trasparenza dei dati

  1. Le prestazioni sanitarie erogate  dalle  strutture  pubbliche  e

private sono soggette all'obbligo di trasparenza,  nel  rispetto  del

codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto

legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

  2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro

sette giorni dalla  presentazione  della  richiesta  da  parte  degli

interessati  aventi   diritto,   in   conformita'   alla   disciplina

sull'accesso ai documenti amministrativi  e  a  quanto  previsto  dal

codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto

legislativo 30  giugno  2003,  n.  196,  fornisce  la  documentazione

sanitaria  disponibile  relativa  al  paziente,  preferibilmente   in

formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in  ogni

caso, entro il termine massimo di trenta giorni  dalla  presentazione

della suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data di  entrata

in vigore della presente legge, le strutture  sanitarie  pubbliche  e

private adeguano i regolamenti interni adottati in  attuazione  della

legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.

  3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono  disponibili,

mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati  relativi  a

tutti i  risarcimenti  erogati  nell'ultimo  quinquennio,  verificati

nell'ambito   dell'esercizio   della   funzione   di    monitoraggio,

prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui

all'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come

modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.

  4. All'articolo 37 del regolamento di polizia mortuaria, di cui  al

decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre  1990,  n.  285,

dopo il comma 2 e' inserito il seguente:

  «2‐bis. I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto  possono

concordare con il direttore sanitario o  sociosanitario  l'esecuzione

del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in

altro luogo, e possono disporre la presenza  di  un  medico  di  loro

fiducia».

                               Art. 5

Buone pratiche clinico‐assistenziali e raccomandazioni previste dalle

                             linee guida

  1. Gli esercenti le professioni  sanitarie,  nell'esecuzione  delle

prestazioni  sanitarie  con   finalita'   preventive,   diagnostiche,

terapeutiche, palliative, riabilitative  e  di  medicina  legale,  si

attengono,  salve   le   specificita'   del   caso   concreto,   alle

raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate  ai  sensi  del

comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche'

dalle societa' scientifiche e dalle associazioni tecnico‐scientifiche

delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco  istituito  e

regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro

novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente  legge,

e da aggiornare con cadenza  biennale.  In  mancanza  delle  suddette

raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si  attengono

alle buone pratiche clinico‐assistenziali.

  2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle societa'

scientifiche e delle  associazioni  tecnico‐scientifiche  di  cui  al

comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:

    a)  i  requisiti  minimi  di  rappresentativita'  sul  territorio

nazionale;

    b) la costituzione  mediante  atto  pubblico  e  le  garanzie  da

prevedere  nello  statuto  in  riferimento  al  libero  accesso   dei

professionisti  aventi  titolo  e  alla  loro   partecipazione   alle

decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo  di

lucro,  alla  pubblicazione  nel  sito  istituzionale   dei   bilanci

preventivi,  dei  consuntivi  e  degli  incarichi  retribuiti,   alla

dichiarazione  e   regolazione   dei   conflitti   di   interesse   e

all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della  qualita'

della produzione tecnico‐scientifica;

    c) le procedure di iscrizione all'elenco nonche' le verifiche sul

mantenimento  dei  requisiti  e  le  modalita'   di   sospensione   o

cancellazione dallo stesso.

  3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle  stesse  elaborati  dai

soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema  nazionale  per

all'articolo 696‐bis del codice di  procedura  civile  non  e'  stato

espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna  alle

parti il termine di quindici giorni per la  presentazione  dinanzi  a

se' dell'istanza di consulenza tecnica in via  preventiva  ovvero  di

completamento del procedimento.

  3. Ove la  conciliazione  non  riesca  o  il  procedimento  non  si

concluda entro il termine perentorio di sei  mesi  dal  deposito  del

ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti  della  domanda

sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito  della  relazione  o

dalla scadenza del  termine  perentorio,  e'  depositato,  presso  il

giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso

di cui all'articolo 702‐bis del codice di procedura  civile.  In  tal

caso il giudice fissa  l'udienza  di  comparizione  delle  parti;  si

applicano gli articoli 702‐bis e seguenti  del  codice  di  procedura

civile.

  4.  La  partecipazione  al  procedimento  di   consulenza   tecnica

preventiva  di  cui  al  presente  articolo,  effettuato  secondo  il

disposto dell'articolo 15 della presente legge, e'  obbligatoria  per

tutte  le  parti,  comprese  le  imprese  di  assicurazione  di   cui

all'articolo 10,  che  hanno  l'obbligo  di  formulare  l'offerta  di

risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per  cui  ritengono

di non formularla. In caso di  sentenza  a  favore  del  danneggiato,

quando l'impresa di  assicurazione  non  ha  formulato  l'offerta  di

risarcimento  nell'ambito  del  procedimento  di  consulenza  tecnica

preventiva di cui ai commi precedenti,  il  giudice  trasmette  copia

della sentenza all'Istituto  per  la  vigilanza  sulle  assicurazioni

(IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata

partecipazione, il giudice, con il  provvedimento  che  definisce  il

giudizio, condanna le parti che non hanno  partecipato  al  pagamento

delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del

giudizio,   oltre   che   ad   una   pena   pecuniaria,   determinata

equitativamente,  in  favore  della  parte  che  e'   comparsa   alla

conciliazione.

                               Art. 9

        Azione di rivalsa o di responsabilita' amministrativa

  1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la  professione

sanitaria puo' essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

  2. Se l'esercente la professione sanitaria non e' stato  parte  del

giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del  danno,

l'azione  di  rivalsa  nei  suoi  confronti  puo'  essere  esercitata

soltanto successivamente  al  risarcimento  avvenuto  sulla  base  di

titolo giudiziale o  stragiudiziale  ed  e'  esercitata,  a  pena  di

decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.

  3.  La  decisione  pronunciata  nel  giudizio  promosso  contro  la

amministrativa il giudice puo'  desumere  argomenti  di  prova  dalle

prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato  nei  confronti

della  struttura  sanitaria  o  sociosanitaria  o   dell'impresa   di

assicurazione se l'esercente la professione  sanitaria  ne  e'  stato

parte.

                               Art. 10

                      Obbligo di assicurazione

  1. Le strutture sanitarie  e  sociosanitarie  pubbliche  e  private

devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe

misure  per  la  responsabilita'  civile  verso  terzi   e   per   la

responsabilita'   civile   verso   prestatori   d'opera,   ai   sensi

dell'articolo 27, comma 1‐bis, del decreto‐legge 24 giugno  2014,  n.

90, convertito, con modificazioni, dalla legge  11  agosto  2014,  n.

114, anche per danni  cagionati  dal  personale  a  qualunque  titolo

operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie  pubbliche  e

private,  compresi  coloro  che  svolgono  attivita'  di  formazione,

aggiornamento nonche' di sperimentazione e  di  ricerca  clinica.  La

disposizione del primo periodo  si  applica  anche  alle  prestazioni

sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria  ovvero

in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale  nonche'

attraverso la telemedicina. Le strutture  di  cui  al  primo  periodo

stipulano, altresi', polizze assicurative o adottano  altre  analoghe

misure per la copertura  della  responsabilita'  civile  verso  terzi

degli esercenti le professioni sanitarie anche ai  sensi  e  per  gli

effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo  7,  fermo

restando quanto previsto dall'articolo 9. Le disposizioni di  cui  al

periodo precedente non si applicano in relazione  agli  esercenti  la

professione sanitaria di cui al comma 2.

  2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga  la  propria

attivita' al di fuori di una delle strutture di cui al  comma  1  del

presente articolo o che presti la sua opera all'interno della  stessa

in regime libero‐professionale ovvero che  si  avvalga  della  stessa

nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta  con

il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo  l'obbligo

di cui all'articolo 3, comma 5,  lettera  e),  del  decreto‐legge  13

agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  14

settembre 2011, n. 148, all'articolo 5  del  regolamento  di  cui  al

decreto del Presidente della Repubblica 7  agosto  2012,  n.  137,  e

all'articolo 3, comma 2, del decreto‐legge 13 settembre 2012, n. 158,

convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

  3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9

e  all'articolo  12,  comma  3,  ciascun  esercente  la   professione

sanitaria operante  a  qualunque  titolo  in  strutture  sanitarie  o

sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a

proprio carico, di un'adeguata polizza  di  assicurazione  per  colpa

grave.

  4.  Le  strutture  di  cui  al  comma  1  rendono  nota,   mediante

pubblicazione   nel   proprio   sito   internet,   la   denominazione

dell'impresa   che   presta   la   copertura    assicurativa    della

responsabilita' civile verso i terzi e verso i prestatori d'opera  di

cui al comma  1,  indicando  per  esteso  i  contratti,  le  clausole

assicurative ovvero le  altre  analoghe  misure  che  determinano  la

copertura assicurativa.

  5. Con decreto da  emanare  entro  novanta  giorni  dalla  data  di

entrata in vigore della presente legge, il  Ministro  dello  sviluppo

economico, di concerto con il  Ministro  della  salute,  definisce  i

criteri e le modalita' per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza

e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione  che

intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e  con

gli esercenti la professione sanitaria.

  6. Con decreto del Ministro dello sviluppo  economico,  da  emanare

entro centoventi  giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della

presente legge, di concerto con il Ministro della  salute  e  con  il

Ministro dell'economia e delle finanze,  previa  intesa  in  sede  di

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le

province  autonome  di  Trento  e  di   Bolzano,   sentiti   l'IVASS,

l'Associazione nazionale fra  le  imprese  assicuratrici  (ANIA),  le

Associazioni nazionali rappresentative delle  strutture  private  che

erogano  prestazioni  sanitarie  e  sociosanitarie,  la   Federazione

nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli  odontoiatri,  le

Federazioni nazionali degli ordini e dei  collegi  delle  professioni

sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente  rappresentative

delle categorie professionali interessate, nonche' le associazioni di

tutela dei cittadini e dei pazienti,  sono  determinati  i  requisiti

minimi delle  polizze  assicurative  per  le  strutture  sanitarie  e

sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni

sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far

corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce

i  requisiti  minimi  di  garanzia  e  le  condizioni   generali   di

operativita' delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta

del rischio, richiamate dal comma 1; disciplina  altresi'  le  regole

per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di

un'impresa di assicurazione nonche' la previsione nel bilancio  delle

strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla  messa  a

riserva  per  competenza  dei  risarcimenti  relativi   ai   sinistri

denunciati.  A  tali  fondi  si  applicano  le  disposizioni  di  cui

all'articolo 1, commi 5 e 5‐bis, del decreto‐legge 18  gennaio  1993,

n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18  marzo  1993,  n.

67.

  7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, di

concerto con il  Ministro  della  salute  e  sentito  l'IVASS,  entro

centoventi giorni dalla data di  entrata  in  vigore  della  presente

legge, sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione

stipulate ai sensi dei commi 1 e 2,  e  alle  altre  analoghe  misure

adottate ai sensi dei commi 1 e 6  e  sono  stabiliti,  altresi',  le

modalita' e i termini per la comunicazione  di  tali  dati  da  parte

delle strutture sanitarie e  sociosanitarie  pubbliche  e  private  e

degli  esercenti  le  professioni  sanitarie   all'Osservatorio.   Il

medesimo decreto stabilisce le modalita' e i termini per l'accesso  a

tali dati.

                               Art. 11

               Estensione della garanzia assicurativa

  1.  La  garanzia  assicurativa  deve  prevedere  una   operativita'

temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la

conclusione   del   contratto   assicurativo,   purche'    denunciati

all'impresa di  assicurazione  durante  la  vigenza  temporale  della

polizza.   In   caso   di   cessazione   definitiva    dell'attivita'

professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo  di

ultrattivita'  della  copertura  per  le  richieste  di  risarcimento

presentate per la  prima  volta  entro  i  dieci  anni  successivi  e

riferite a fatti generatori della  responsabilita'  verificatisi  nel

periodo  di  efficacia  della  polizza,   incluso   il   periodo   di

retroattivita' della copertura. L'ultrattivita' e' estesa agli  eredi

e non e' assoggettabile alla clausola di disdetta.

                               Art. 12

               Azione diretta del soggetto danneggiato

  1.  Fatte  salve  le  disposizioni  dell'articolo  8,  il  soggetto

danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro  i  limiti  delle

somme per le quali e' stato stipulato il contratto di  assicurazione,

nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta  la  copertura

assicurativa alle strutture sanitarie o  sociosanitarie  pubbliche  o

private di cui  al  comma  1  dell'articolo  10  e  all'esercente  la

professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.

  2. Non sono opponibili al danneggiato, per  l'intero  massimale  di

polizza,  eccezioni  derivanti  dal  contratto  diverse   da   quelle

stabilite dal decreto di cui all'articolo 10, comma 6, che  definisce

i requisiti  minimi  delle  polizze  assicurative  per  le  strutture

sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le

professioni sanitarie di cui all'articolo 10, comma 2.

  3.  L'impresa  di  assicurazione  ha  diritto  di   rivalsa   verso

l'assicurato  nel  rispetto  dei  requisiti  minimi,  non  derogabili

contrattualmente, stabiliti dal decreto di cui all'articolo 10, comma

6.

  4. Nel giudizio promosso contro l'impresa  di  assicurazione  della

struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata a  norma  del

comma 1  e'  litisconsorte  necessario  la  struttura  medesima;  nel

giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione dell'esercente la

professione sanitaria a norma del comma 1 e' litisconsorte necessario

l'esercente la professione  sanitaria.  L'impresa  di  assicurazione,

l'esercente la professione sanitaria e il danneggiato  hanno  diritto

di accesso alla documentazione  della  struttura  relativa  ai  fatti

dedotti in ogni fase della trattazione del sinistro.

  5. L'azione diretta del danneggiato nei confronti  dell'impresa  di

assicurazione e' soggetta al termine di prescrizione  pari  a  quello

dell'azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica  o

privata o l'esercente la professione sanitaria.

  6. Le disposizioni del presente articolo si applicano  a  decorrere

dalla data di entrata in  vigore  del  decreto  di  cui  al  comma  6

dell'articolo 10 con il quale sono  determinati  i  requisiti  minimi

delle   polizze   assicurative   per   le   strutture   sanitarie   e

sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.

                               Art. 13

Obbligo di comunicazione all'esercente la professione  sanitaria  del

              giudizio basato sulla sua responsabilita'

  1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui  all'articolo  7,

comma 1, e le imprese di  assicurazione  che  prestano  la  copertura

assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi

1  e   2,   comunicano   all'esercente   la   professione   sanitaria

l'instaurazione  del  giudizio  promosso  nei  loro   confronti   dal

danneggiato,  entro  dieci  giorni  dalla  ricezione  della  notifica

dell'atto introduttivo,  mediante  posta  elettronica  certificata  o

lettera raccomandata  con  avviso  di  ricevimento  contenente  copia

dell'atto  introduttivo  del  giudizio.  Le  strutture  sanitarie   e

sociosanitarie e le  imprese  di  assicurazione  entro  dieci  giorni

comunicano all'esercente la  professione  sanitaria,  mediante  posta

elettronica  certificata  o  lettera  raccomandata  con   avviso   di

ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato,

con  invito  a  prendervi  parte.  L'omissione,   la   tardivita'   o

l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude

l'ammissibilita'  delle  azioni  di  rivalsa  o  di   responsabilita'

amministrativa di cui all'articolo 9.

                               Art. 14

Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita' sanitaria

  1. E' istituito, nello stato  di  previsione  del  Ministero  della

salute, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilita'

sanitaria. Il Fondo di garanzia e' alimentato dal  versamento  di  un

contributo annuale dovuto  dalle  imprese  autorizzate  all'esercizio

delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i danni causati

da responsabilita' sanitaria. A tal fine il  predetto  contributo  e'

versato all'entrata del bilancio dello Stato per  essere  riassegnato

al  Fondo  di  garanzia.  Il  Ministero  della  salute  con  apposita

convenzione affida alla Concessionaria servizi assicurativi  pubblici

(CONSAP) Spa la gestione delle risorse del Fondo di garanzia.

  2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della  salute,

da emanare entro centoventi giorni dalla data di  entrata  in  vigore

della presente legge, di concerto  con  il  Ministro  dello  sviluppo

economico e con il Ministro e dell'economia e delle finanze,  sentite

la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano e  le  rappresentanze  delle

imprese di assicurazione, sono definiti:

    a) la misura del  contributo  dovuto  dalle  imprese  autorizzate

all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilita' civile per i

danni causati da responsabilita' sanitaria;

    b) le modalita' di versamento del contributo di cui alla  lettera

a);

    c) i principi  cui  dovra'  uniformarsi  la  convenzione  tra  il

Ministero della salute e la CONSAP Spa;

    d) le modalita' di intervento, il funzionamento e il regresso del

Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.

  3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 concorre al  risarcimento

del danno nei limiti delle effettive disponibilita' finanziarie.

  4. La misura del contributo di cui  al  comma  2,  lettera  a),  e'

aggiornata  annualmente  con  apposito  decreto  del  Ministro  della

salute, da adottare  di  concerto  con  il  Ministro  dello  sviluppo

economico e  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  in

relazione  alle  effettive  esigenze  della  gestione  del  Fondo  di

garanzia.

  5. Ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2,

lettera a), la CONSAP Spa trasmette  ogni  anno  al  Ministero  della

salute e al Ministero dello sviluppo economico  un  rendiconto  della

gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1,  riferito  all'anno

precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di  cui

al comma 2.

  6. Gli oneri per l'istruttoria e la  gestione  delle  richieste  di

risarcimento sono posti a carico del Fondo  di  garanzia  di  cui  al

comma 1.

  7. Il Fondo di garanzia di  cui  al  comma  1  risarcisce  i  danni

cagionati da responsabilita' sanitaria nei seguenti casi:

    a)  qualora  il  danno  sia  di  importo  eccedente  rispetto  ai

massimali previsti dai contratti  di  assicurazione  stipulati  dalla

struttura  sanitaria  o  sociosanitaria  pubblica  o  privata  ovvero

dall'esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto  di  cui

all'articolo 10, comma 6;

    b) qualora la struttura sanitaria  o  sociosanitaria  pubblica  o

privata  ovvero  l'esercente  la  professione   sanitaria   risultino

assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi  in

stato di insolvenza o di  liquidazione  coatta  amministrativa  o  vi

venga posta successivamente;

    c) qualora la struttura sanitaria  o  sociosanitaria  pubblica  o

privata ovvero l'esercente la professione sanitaria siano  sprovvisti

di  copertura  assicurativa  per  recesso  unilaterale   dell'impresa

assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o  cancellazione

dall'albo dell'impresa assicuratrice stessa.

  8. Il decreto di cui all'articolo  10,  comma  6,  prevede  che  il

massimale minimo sia rideterminato  in  relazione  all'andamento  del

Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del  presente

articolo.

  9. Le disposizioni di cui al  presente  articolo  si  applicano  ai

sinistri denunciati per la prima volta dopo la  data  di  entrata  in

vigore della presente legge.

  10. Il Ministro dell'economia e delle  finanze  e'  autorizzato  ad

apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

                               Art. 15

Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei  giudizi  di

                      responsabilita' sanitaria

  1. Nei procedimenti civili e  nei  procedimenti  penali  aventi  ad

oggetto la responsabilita' sanitaria, l'autorita' giudiziaria  affida

l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a  un  medico

specializzato in medicina legale e a uno  o  piu'  specialisti  nella

disciplina che abbiano  specifica  e  pratica  conoscenza  di  quanto

oggetto del procedimento, avendo cura che  i  soggetti  da  nominare,

scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3,  non  siano

in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o

in altri connessi e che i consulenti tecnici  d'ufficio  da  nominare

nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in

possesso  di  adeguate  e  comprovate  competenze  nell'ambito  della

conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.

  2.  Negli  albi  dei  consulenti  di  cui  all'articolo  13   delle

disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e

disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941,

n. 1368,  e  dei  periti  di  cui  all'articolo  67  delle  norme  di

attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura

penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,  devono

essere indicate e  documentate  le  specializzazioni  degli  iscritti

esperti in medicina. In sede di revisione  degli  albi  e'  indicata,

relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo  precedente,

l'esperienza professionale maturata, con particolare  riferimento  al

numero e  alla  tipologia  degli  incarichi  conferiti  e  di  quelli

revocati.

  3.  Gli  albi  dei  consulenti  di  cui   all'articolo   13   delle

disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e

disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941,

n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme  di

attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura

penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,  devono

essere  aggiornati  con  cadenza  almeno  quinquennale,  al  fine  di

garantire,  oltre  a  quella  medico‐legale,  un'idonea  e   adeguata

rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite  a

tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per  la  nomina

tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

  4. Nei casi di cui al comma 1, l'incarico e' conferito al  collegio

e,  nella  determinazione  del  compenso  globale,  non  si   applica

l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli  altri  componenti  del

collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni

legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di  cui

al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

                               Art. 16

Modifiche alla  legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  in  materia  di

        responsabilita' professionale del personale sanitario

  1. All'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge  28  dicembre

2015, n. 208, il secondo  periodo  e'  sostituito  dal  seguente:  «I

verbali e gli atti conseguenti all'attivita' di gestione del  rischio

clinico non possono essere  acquisiti  o  utilizzati  nell'ambito  di

procedimenti giudiziari».

  2. All'articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,

le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle

seguenti: «, in medicina legale ovvero da  personale  dipendente  con

adeguata formazione e  comprovata  esperienza  almeno  triennale  nel

settore».

                               Art. 17

                      Clausola di salvaguardia

  1. Le disposizioni della  presente  legge  sono  applicabili  nelle

regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento  e  di

Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative  norme

di attuazione, anche con riferimento  alla  legge  costituzionale  18

ottobre 2001, n. 3.

                               Art. 18

                 Clausola di invarianza finanziaria

  1. Le amministrazioni interessate provvedono  all'attuazione  delle

disposizioni di cui alla presente  legge  nell'ambito  delle  risorse

umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e

comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita

nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addi' 8 marzo 2017

                             MATTARELLA

                                  Gentiloni Silveri,  Presidente  del

                                  Consiglio dei ministri

Visto, il Guardasigilli: Orlando

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Il rifiuto del minore di vedere un genitore.

E' assai frequente, a seguito della intervenuta crisi familiare, che il rifiuto del minore di avere rapporti con il genitore non collocatario scateni dinamiche conflittuali caratterizzate da reciproche accuse che i genitori si rivolgono al fine di attribuire all'alltro la colpa e la responsabilità del rifiuto stesso da parte del figlio. In questa situazione, l'intervento degli operatori del diritto è essenziale per valutare le ragioni del rifiuto e le eventuali modalità di ripristino del rapporto padre-figlio.

Nel caso sottoposto al giudizio della Corte di Appello di Campobasso (sentenza del 16.4.2013), una madre è stata assolta dal reato di cui all'art. 388 c.p. ("Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice") per essersi rifiutata di consegnare il figlio al padre nei di lui giorni di speranza. Una delle ragioni addotte dalla madre era la volontà del figlio, che asseriva di non voler andare dal padre. A tal fine la madre aveva già presentato in sede civile un ricorso per la modifica del provvedimento presidenziale, proprio per la difficoltà del minore di incontrare la figura paterna, tanto da necessitare (a parere della ricorrente) una sospensione delle visite o un cambiamento delle condizioni di visita. Il padre, a sua volta, imputava tale rifiuto ai condizionamenti materni, adducendo a sostegno della propria domanda l'astio e la conflittualità dell'ex coniuge nei suoi confronti.

Secondo la Corte, l'astio non vale a dare ritenere dimostrata una concreta influenza della madre sull'atteggiamneto di netto rifiuto del minore. A ciò si deve aggiungere la manifestata volontà del minore durante l'assunto incidente probatorio, alla quale la Corte attribuisce genuinità e attendibilità. In questo caso, dagli elementi del giudizio si è ricavato che la avversione del minore nei confronti del padre era determinata dall'atteggiamento assente del padre e dal suo modo di considerare il figlio "oggetto di diritto" più che "soggetto di diritti".

Ove venga dunque in concreto verificato un rifiuto insuperabile da parte del figlio nei confronti del genitore non affidatario o non collocatario, il giudice potrebbe giungere ad una sospensione del diritto-dovere di visita a tempo indeterminato e ciò nel superiore interesse del minore.

La stessa Convenzione di New York del 20.11.1989, ratificata con L.176/1991, la circostanza che un figlio minore, divenuto ormai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti e delle loro motivazioni, provi nei confronti del genitore non affidatario sentimenti di avversione/repulsione costituisce fatto idoneo a giustificare anche la totale sospensione degli incontri genitore-figlio, indipendentemente dalle eventuali responsabilità di ciascuno dei genitori rispetto all'atteggiamento del figlio. In tal caso, però, non viene escluso il ricorso a strutture sociali e psicopedagogiche per superare la situazione di ostilità del minore.

Secondo parte della dottrina, tale orientamento non può essere considerato principio generale, ma, eventualmente, da valere soltanto per singoli casi, in quanto il rapporto genitore-figlio è talmente fondamentale per lo sviluppo psico-fisico del minore, che assecondare la volontà del figlio finirebbe nel realizzare solo formalmente l'interesse dello stesso, ma non dal punto di vista sostanziale.

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Filiazione e unioni civili: la stepchild adoption.

A partire dal 2001, in diversi Paesi del mondo è consentito alle coppie omosessuali di adottare i minori (Paesi Bassi, nel Regno Unito, Danimarca, Spagna, Belgio, Islanda, Francia, Austria, Lussemburgo, Svezia e Norvegia. In Germania, la legge sulla convivenza tra persone dello stesso sesso (LebenspartnerschaftgesetsLPartG), entrata in vigore il 1° agosto del 2001, attraverso successive modifiche già consentiva di adottare il figlio dell’altro partner, ma la Riforma del 2017 apre il matrimonio anche alle coppie same sex. Nell’ordinamento italiano, a seguito delle divisioni politiche, non è stato possibile assumere una presa di posizione chiara: la legge 76/2016, da un lato esclude la c.d. stepchild adoption, in particolare vietando di fatto l’applicazione dell’art. 44, lett. b), l. adoz., dall’altro delega alla giurisprudenza la soluzione in concreto della questione. Infatti: mentre inizialmente, attraverso l’art. 5 del progetto n. 2081, si intendeva modificare l’art. 44, comma 1, lett. b), L. 4 maggio 1983, n. 184, affiancando alla parola “coniuge”, ivi contenuta, l’espressa previsione della “parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”, il testo infine approvato sopprimeva tale previsione, col chiaro intento politico di una parte del Parlamento di impedire la c.d. stepchild adoption. Tuttavia, il testo infine approvato, al comma 20 dell’art. 1 specifica che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, sicché consente sul piano interpretativo il richiamo di altre ipotesi dello stesso art. 44 della legge sulle adozioni. E, secondo la giurisprudenza recente, le “norme vigenti”, appunto, consentirebbero l’adozione del figlio nato da una precedente unione dell’altro componente: lo consentirebbe, in particolare, la disposizione che prevede l’adozione in “casi particolari”, di cui all’art. 44, lett. d), l. n. 184/1983. Val la pena ricordare le ipotesi in cui è consentita l’adozione in casi particolari, ex cit. art. 44 l. adoz.: a) se il minore è orfano di entrambi i genitori, può essere adottato da un parente entro il sesto grado, oppure da persona che abbia con lui un preesistente rapporto stabile e duraturo; b) se il genitore, con un figlio minore avuto da una precedente relazione o da un precedente matrimonio si sposa o risposa, il coniuge può adottare il minore; c) se il minore è disabile e orfano; d) in presenza della constatata impossibilità dell’affidamento preadottivo, nonostante la situazione di abbandono: ciò può accadere nel caso di bambini non più piccolissimi o di soggetti già adolescenti, per soggetti per i quali l’adozione piena non sia possibile a causa della difficoltà di reperire coppie aventi i requisiti di legge disposte ad adottare o per qualsivoglia altra ragione che abbia, nei fatti, impedito tale affidamento; oppure quando il minore abbia già instaurato con la famiglia affidataria legami affettivi che sarebbe controproducente troncare28. Orbene, mentre la lett. b), che parla di “coniuge”, non può essere applicata, perché il comma 20 l. 76/2016 ha vietato l’equiparazione (all’interno della l. ad.), inizialmente programmata ma infine esclusa, tra “coniuge” e “parte dell’unione civile”, v’è da chiedersi se rimanga spazio per l’operatività della norma di chiusura di cui alla lett. d)29. La prima sezione della Suprema Corte, il 22 giugno 2016, si è già espressa in senso affermativo: ha applicato la lettera d) nell’ipotesi di adozione del figlio dell’altra parte dell’unione, in ordine al best interest del minore e dunque al diritto del minore ad una “continuità affettiva”30. Si tratta della prima adozione, da parte di Uniti civilmente, riconosciuta dalla Cassazione, dopo l’entrata in vigore della Riforma del 2016. Peraltro, già si segnalavano altre sentenze emanate prima dell’entrata in vigore della novella, tutte favorevoli all’adozione, nonostante i giudici conoscessero il travagliato iter parlamentare in corso, che aveva già portato all’eliminazione dal testo del richiamo alla stepchild adoption31. La soluzione positiva è resa possibile attraverso una revisione dell’opinione tradizionale che interpretava la “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” di cui alla lett. d) art. 44 l. adoz. alla stregua di una situazione di abbandono di fatto del minore, accompagnata dalla concreta impossibilità di affidamento preadottivo. È evidente che così interpretata la norma l’adozione da parte del partner del genitore non sarebbe possibile, giacché il minore non versa in uno stato di abbandono grazie alla presenza, appunto, del genitore biologico che ben può assicurargli ogni cura materiale e spirituale. Nelle sentenze più recenti, tuttavia, tale tradizionale impostazione di pensiero è stata superata da una lettura più flessibile, tesa a includere nella nozione di “impossibilità di affidamento preadottivo”, oltre all’impossibilità di fatto, anche l’impossibilità di diritto, che prescinde da una situazione di effettivo abbandono. Si tratta di interpretazione coerente con la ratio dell’adozione in casi particolari, nata per salvaguardare il legame affettivo, quando significativo, che soggetti diversi dai genitori biologici abbiano instaurato col minore. La questione sembrerebbe dunque già risolta in senso positivo sia dai giudici di merito sia da quelli di legittimità.

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Il ruolo dei notai nel testamento biologico.

l 14 dicembre 2017 è stata approvata in via definitiva dal Senato la legge sul testamento biologico, volta a regolare principalmente il diritto all'autodeterminazione in materia di salute di cui all'art. 32 della Costituzione e a sancire il principio del consenso informato, ossia il diritto del paziente di accettare o rifiutare le cure e i trattamenti cui viene sottoposto. Tale consenso deve essere libero, consapevole, sorretto da adeguate informazioni sulle conseguenze delle proprie scelte e prestato quindi in condizioni di capacità di intendere e volere. E' data perciò la possibilità di effettuare disposizioni anticipate di trattamento (DAT) contenenti le proprie determinazioni in merito ai trattamenti sanitari e a scelte terapeutiche destinate a valere per il momento eventuale e futuro di impossibilità di manifestare autonomamente la propria volontà e con la possibilità di demandare l'attuazione delle stesse ad un fiduciario ivi indicato.

La forma prescritta per tali disposizioni è quella dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o della scrittura privata da consegnarsi personalmente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente. Il Notariato si è dichiarato pronto a mettere a disposizione un registro elettronico nazionale delle DAT ricevute dai notai, l'intervento dei quali, in tale ambito, appare importante per garantire la certezza dell'identità personale del dichiarante e la consapevolezza e spontaneità della sua dichiarazione.

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Il biotestamento è legge.

La nuova legge riguarda la vita di tutti, giovani e meno giovani. Il testamento biologico non è un atto obbligatorio, è sempre revocabile e modificabile. È un ampliamento delle libertà personali in direzione di una piena autodeterminazione anche in tema di salute.

L’invecchiamento della popolazione italiana è un dato di fatto strutturale. Gli italiani vivono e vivranno sempre più a lungo, ma con più anni di invalidità, come ha spiegato l’Organizzazione mondiale della sanità. Un Paese vecchio è più esposto a malattie neurodegenerative e a demenze. Già oggi un milione di italiani è affetto da Alzheimer e altre malattie che portano alla perdita delle facoltà cognitive. I numeri sono destinati a triplicarsi nei prossimi 40 anni. Un boom di pazienti non più in condizioni di decidere sul proprio fine vita. Chi deciderà per loro quando sarà il momento? La legge serve a questo. La norma, nelle intenzioni di chi l’ha scritta, rinsalda l’alleanza tra medico e paziente, perché porta chiarezza sul da farsi quando le chance di guarigione sono finite.

La legge prevede che fino a che il paziente è cosciente e può liberamente esprimere la propria volontà, ogni cura - o rifiuto di cura - deve essere subordinata al suo consenso informato e scritto, che è sempre revocabile. L'articolo 1 del testo prevede che, nel rispetto della Costituzione, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata.

In casi di patologie croniche, invalidanti o caratterizzate da prognosi infausta, medico e paziente possono pianificare delle cure condivise, alle quali il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità.

L'articolo 3 della legge prevede che “ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento (Dat), esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”. Le Disposizioni anticipate di trattamento, sempre revocabili, sono vincolanti per il medico, che per questo è “esente da responsabilità civile e penale”. Le disposizioni, però, possono esser disattese dal medico quando queste sono “palesemente incongrue”, non corrispondano alla situazione clinica del malato, o siano sopraggiunte terapie - non prevedibili al momento di compilazione delle Dat - tali da offrire “concrete possibilità di miglioramento della vita” del malato. Lo stesso articolo stabilisce il modo in cui il malato deve esprimere la propria volontà: “Le Dat devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata, con sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale o da un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale o convenzionato. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso videoregistrazione”. In caso di emergenza o di urgenza, viene precisato, “la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni”. 

Chi decide di usufruire delle Dat dovrà indicare un fiduciario che ne faccia le veci e lo rappresenti: la persona in questione può rinunciare al ruolo tramite un atto scritto e, in ogni caso, il suo incarico può essere revocato. In questi casi, o se il fiduciario dovesse morire o divenire incapace di intendere e di volere, le Dat mantengono efficacia in merito alle convinzioni e preferenze del paziente.

 

 

 

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Revoca post-mortem del testamento.

La revocazione del testamento per sopravvenienza di figli ha luogo anche nel caso in cui il rapporto di filiazione consegua a una dichiarazione di paternità giudiziale intervenuta dopo la morte del testatore: è quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 169 depositata la scorsa settimana. La sentenza interviene sul disposto dell’articolo 687 del Codice civile, il quale sancisce la caducazione di diritto del testamento dettato da una persona che non aveva figli o ignorava di averne. Questa norma fa il paio l’articolo 803, per il quale la donazione può essere revocata per sopravvenienza di figli dal donante che, al momento della donazione, non aveva figli o ignorava di averli.

Se l’interpretazione dell’articolo 803 è abbastanza pacifica, controverso è invece il senso della norma di cui all’articolo 687.

La revoca della donazione, infatti, è una disciplina a chiara matrice “volontaristica”: essa viene intesa come tutela della volontà del donante il quale, al cospetto di un figlio sopravvenuto, viene messo nella condizione di depennare la donazione. Se ne trarrebbe argomento considerando che:

-          la revocazione della donazione non opera di diritto (com’è invece per la revocazione del testamento) ma è rimessa alla volontà del donante;

-          la revocazione della donazione dipende da una manifestazione di volontà del donante in un breve termine di decadenza (la revocazione del testamento ha luogo ex lege);

-          se il testamento è revocato, l’eredità viene devoluta con le regole della successione legittima ( a favore dei soli stretti familiari del de cuius) mentre, una volta revocata la donazione, il bene oggetto di donazione torna nella assoluta disponibilità del donante, il quale può disporne come vuole, per atto tra vivi o (salvi i diritti dei legittimari) o mortis causa;

-          la revocazione della donazione è impedita se il donante sapeva dell’esistenza del figlio non riconosciuto e che poi lo riconosca; mentre la revocazione del testamento si ha comunque per effetto del riconoscimento, senza che abbia rilevanza la conoscenza che il testatore avesse dell’esistenza del figlio.

In materia di revocazione del testamento, alcuni interpreti ritengono che la norma in questione abbia lo stesso fondamento di tutela della volontà del donante che caratterizza la norma in tema di revocazione delle donazioni, mentre altra parte della dottrina ritiene che la revocazione del testamento vada intesa in senso oggettivo, e cioè come mera conseguenza della modificazione della situazione familiare del defunto e, quindi, a tutela dei figli “sopravvenuti”. Ne sarebbero espressione il rilievo che il testamento è revocato di diritto anche se passa molto tempo tra la data in cui il figlio sopravviene e la morte del testatore. Inoltre, il fatto che se si tratta della sopravvenienza di un figlio postumo, cioè dichiarato tale dopo la morte del testatore, la revoca disposta dalla legge non è correlata alla volontà del testatore, morto senza sapere di avere un figlio.

Pertanto, non essendovi da tutelare la volontà del testatore, ma essendo l’articolo 687 preordinato a funzionare per il caso del mutamento della compagine familiare del defunto, causato dalla sopravvenienza del figlio, la dichiarazione giudiziale di paternità provoca la revoca del testamento sia che intervenga prima della morte del testatore, sia che intervenga successivamente.

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Il concetto di "esclusivo interesse morale e materiale della prole".

Provando ad semplificare il concetto, ci si può riferire alla necessità che il minore possa godere di uno sviluppo compiuto ed armonico della sua personalità in quel contesto di vita che risulti più adeguato a soddisfare le sue esigenze materiali, morali e psicologiche, al di là di interessi diversi e/o contrapposti e ciò allo scopo di ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare.

Dal punto di vista normativo, dalla Convenzione dei Diritti del Fanciullo e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, si ricava il principio che il minore ha diritto di vivere e crescere nella propria famiglia fino a quando tale permanenza si riveli totalmente pregiudizievole per il suo benessere psico-fisico e la sua crescita. Nel valutare quindi l'effettivo interesse del minore - anche in caso di affido a terzi - il Giudice dovrà anche valutare la sussistenza della "buona genitorialità". A tal proposito, giova qui ricordare l'art. 6, co. 2, della L. 184/83, il quale stabilisce che "i coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare". Quest'ultimo concetto è stato recentemente rafforzato dalla L. 219/2010 che impone l'esigenza che la famiglia adottiva sia in grado di svolgere le funzioni genitoriali con una modalità atta a rispettare la personalità del minore e ad accettare le sue personali caratteristiche e risorse. Attraverso l'applicazione di tali parametri, il Giudice che ravvisi elementi di possibile pregiudizio per il minore causato dalle carenze genitoriali delegherà la conseguente indagine agli operatori sociali ed agli psicologi al fine di acquisire ulteriori elementi utile ad adottare un provvedimento che motivi compiutamente la scelta dell'affido etero-familiare quale forma necessaria alla tutela del minore.

Ciò detto, la forma dell'affidamento a terzi non necessariamente implica un allontanamento dai genitori naturali del minore, ma significa l'intenzione di inserire il minore in una realtà dove possa fronteggiare con la più ampia serenità possibile le problematiche della crisi coniugale dei genitori.

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La comunione.

1. La comunione:

La 
comunione in generale (artt. 1100- 1116 c.c.) ricorre quando un diritto ha non un solo titolare, ma più titolari. La disciplina in esame è legata a quella del condominio (artt. 1117-1138) da un rapporto di genere a specie, come si evince dall'art. 1139 c.c., che coordina i due istituti rinviando alle norme sulla comunione in generale per tutto quanto non espressamente previsto dalle norme speciali sul condominio. La comunione impone una disciplina dettagliata dei diritti e degli obblighi esistenti in capo a ciascun partecipante, allo scopo, da un lato, di agevolare i rapporti interpersonali e garantire la realizzazione degli interessi dei singoli e, dall'altro, di consentire il migliore e pacifico utilizzo della cosa comune.

2. Caratteristiche della comunione:

Si evidenziano di seguito le principali caratteristiche della comunione.

  • a.
     
    Uso dei beni comuni - L'art. 1102 c.c., comma 1, contiene la regola-base per quanto attiene all'uso del bene in comunione, applicabile anche alle parti comuni del condominio: "ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa".

  • b. 
    I diritti sulle quote - Ciascun comunista può disporre del suo diritto e cedere a terzi il godimento della cosa, nei limiti della sua quota (art. 1103 c.c.). La proprietà sulla cosa spetta per intero a tutti i partecipanti; ciascuno è titolare altresì di un diritto d'uso proporzionato ad una quota del bene, cioè ad una frazione ideale, aritmetica, dell'intero. È la quota - l'entità ideale che esprime il complesso dei poteri (e degli obblighi) che ciascun partecipante ha sul bene comune - a costituire propriamente l'oggetto del diritto della comunione.
 
c.
 
Il diritto allo scioglimento - Il singolo partecipante ha il diritto di chiedere in ogni momento lo scioglimento della comunione (art. 1111 c.c.): se gli altri partecipanti si oppongono, la domanda va rivolta al giudice, che ordina lo scioglimento e procede alla divisione. Si tratta, come si dirà più avanti, di uno degli elementi distintivi della comunione rispetto al condominio. Il diritto allo scioglimento, peraltro, incontra alcuni limiti, specificati negli artt. 1111 e 1112
  • d.
     
    L'amministrazione della comunione - Tutti i partecipanti hanno il diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune (art. 1105 c.c.). La maggioranza è calcolata non per "teste" (cioè in base al numero dei comproprietari), bensì in base al valore delle quote di cui gli stessi sono titolari. 
  •      Le maggioranze richieste variano in base al tipo di atto da compiere:
    •   
      a maggioranza semplice per gli atti di ordinaria amministrazione e per l'eventuale formazione del regolamento per l'ordinaria amministrazione e il miglior godimento della cosa comune, nonché per la nomina di un amministratore (art. 1106 c.c.);
    •   
      a maggioranza dei due terzi per gli atti di straordinaria amministrazione e per le innovazioni dirette al miglioramento della cosa (art. 1108, commi 1 e 2, c.c.);
    •   
      all'unanimità dei consensi, per tutti gli atti di disposizione della cosa comune, quali l'alienazione, la costituzione di diritti reali, le locazioni di durata superiore a nove anni (art. 1108 c.c., comma 3).
 

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Stato di abbandono del minore.

Presupposto fondamentale per l'adozione è che il minore sia stato dichiarato in stato di adottabilità ai sensi dell'art. 7 della L. n. 184/1983. Sono dichiarati tali i minori di cui sia stata accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancata assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere temporaneo.

La nozione di abbandono costituisce una clausola generale che il giudice integra tenendo conto delle circostanze del caso concreto, in modo da realizzare in ciascuna fattispecie della vita il preminente interesse del minore (Cass., 11 ottobre 2006, n. 21817). La dottrina sottolinea che l'adozione non ha intenti sanzionatori verso i genitori, piuttosto si concentra sulla situazione oggettiva in cui il minore si trova, indipendentemente dalle cause che l'hanno provocata [G. Ferrando, op. cit.].

Il diritto del minore alla sua famiglia d'origine va sacrificato soltanto in presenza di una situazione che denota carenze significative e non semplicemente una semplice inadeguatezza dei genitori. A questo proposito, la dottrina osserva che l'adozione viene pronunciata solo in presenza di circostanze che denotino una situazione grave, non recuperabile, tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo psico-fisico del minore, tenuto conto dei tempi e dei meccanismi evolutivi della personalità minorile [G. Ferrando, op. cit.]. Negli altri casi è necessario optare per il ricorso a forme di sostegno della famiglia e dell'affidamento familiare.

Secondo la citata dottrina, il giudicante deve considerare l'interesse di ciascun minore in relazione al caso concreto che lo riguarda e non in base a meri principi astratti. Tra i casi più facili da risolvere si ritrovano quelli in cui il minore non è stato riconosciuto dai genitori o è stato completamente abbandonato, mentre più difficile è la soluzione di casi in cui tra minore e genitori biologici sussiste ancora una qualche forma di relazione: il giudice è chiamato a valutare che impatto abbia siffatta relazione sull'esperienza esistenziale del minore. Al fine di effettuare detta valutazione il giudicante può avvalersi di un consulente tecnico, del pari è preziosa la presenza nel Tribunale per i minorenni accanto ai giudici togati, di componenti laici esperti di discipline psicopedagogiche [G. Ferrando, op. cit.]. Tra le specifiche circostanze concrete che il collegio dovrà tener in conto si segnalano l'appartenenza del minore e del suo nucleo familiare originario ad altre culture, considerato che la sempre maggiore multietnicità e differente provenienza culturale dei consociati nella società odierna, la tossicodipendenza, la situazione di disagio psichico dei genitori, l'induzione del minore al furto ovvero all'accattonaggio da parte dei genitori.

L'assistenza può essere prestata al figlio anche dai parenti "tenuti a provvedervi" ovvero quelli entro il quarto grado, i quali però devono aver stabilito un "rapporto significativo" con il minore.

L'abbandono può sussistere anche se il minore si trova in affidamento familiare o presso un istituto o quando i genitori l'hanno affidato a terzi, disinteressandosi successivamente di lui. L'abbandono può derivare tanto da una condotta omissiva, con il disinteresse, appunto, quanto da una condotta commissiva, come nel caso di maltrattamenti, percosse, ovvero induzione a comportamenti illeciti o immorali.

Si esclude l'abbandono del minore nei casi in cui siano presenti cause di forza maggiore di carattere temporaneo, come la mancanza di una abitazione o di un lavoro o una malattia curabile, e si può prevedere che il rapporto sia recuperabile, l'adozione non può essere pronunciata, mentre può essere disposto, quale misura di sostegno, l'affidamento familiare [G. Ferrando, op. cit.].

Ai sensi dell'art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 184/1983 il minore il quale ha compiuto gli anni quattordici nel corso del procedimento, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso. Tale principio generale - ribadito dagli artt. 25 e 45 della stessa legge - imposto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata in Italia con la L. n. 176/1991, è dettato dall'intento di attribuire rilievo alla personalità e volontà del minore in relazione a provvedimenti che, nel suo interesse, trovano la loro ragion d'essere così che, il minore che abbia compiuto gli anni quattordici, può legittimamente rifiutare, in modo vincolante, la dichiarazione di adozione e, tale rifiuto, proprio per la portata generale della norma in esame collocata all'interno del Capo I delle disposizioni generali sull'adozione, va tenuto in considerazione anche ai fini del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità (Trib. Palermo, sez. min., Sent. 28 maggio 2009).

Ritenuto che, ai fini ed ai sensi della L. n. 184/1983, l'accertamento delle condizioni del minore va condotto non già con riferimento ad una figura astratta di minore, bensì con riguardo alle concrete, specifiche esigenze di un minore determinato, con la sua storia personale, il suo vissuto, i suoi ricordi, le sue caratteristiche psicofisiche, il suo stadio evolutivo ed i trattamenti terapeutici eventualmente occorrenti, è adottabile, perché in stato di abbandono, un minore in tenera età, gravato da notevolissimi handicap, tanto da essere dichiarato già invalido al 100 per cento, nonché bisognevole di speciale cura e di costante, plurigiornaliera, assai impegnativa assistenza sanitaria e parasanitaria (anche specialistica) e negletto durante la ospedalizzazione nei primi periodi di sua vita, pur se i genitori, dopo avere smesso la consumazione di droga ed avere acquisito una apprezzabile, graduale (ma ancora non completa) autonomia lavorativa, economica ed alloggiativa, appaiono idonei all'allevamento, all'istruzione ed all'educazione degli altri tre figli, del tutto normali; essi non sono, però, idonei alla cura ed alla assistenza dovute al figlio gravissimamente handicappato, tanto che il giudice di primo grado, dopo avere revocato per tutti i germani la dichiarazione di adottabilità, ha, tuttavia, disposto la continuazione "sine die" del pregresso affido familiare per il minore handicappato, alla luce dei notevoli miglioramenti progressivi da lui conseguiti grazie alle cure ed all'assistenza (anche tecnica) amorevoli e costanti prodigategli dagli affidatari, cui il minore invalido è, peraltro, legatissimo, tanto da individuare in essi le vere figure genitoriali, pur essendo anche legato ai genitori di sangue ed ai fratelli. Stante la sussistenza di amichevoli e corretti rapporti tra la famiglia biologica e la famiglia affidataria, appare fin d'ora opportuno, salva in futuro la prova del contrario, disporre che il minore possa proseguire i contatti con i congiunti di sangue, che fanno ormai parte del suo incancellabile vissuto, nella presumibile, ragionevole certezza che tali contatti abbiano ad allargare la sfera affettiva del minore con benefiche refluenze anche sul piano terapeutico; è, infine, da auspicare che i rapporti con la famiglia di sangue abbiano a proseguire, per i motivi che precedono, anche nell'ipotesi che il minore venga ritualmente adottato (App. Roma, 28 maggio 1998).

La dichiarazione di adottabilità del minore, comportando il sacrificio della (del tutto primaria) esigenza di crescita in seno alla sua famiglia biologica, è consentita dalla legge non per il solo fatto che la vita in istituto o presso terzi possa presentarsi intrinsecamente più adatta al suo sviluppo fisico e psichico, ma perché (e solo quando) la vita offerta dai (o dal) genitore naturale sia talmente inadeguata da far considerare la rescissione del legame familiare come l'unico strumento adatto ad evitargli un più grave pregiudizio. (Nella specie, la madre di un minore, proposta opposizione avverso il decreto dichiarativo dello stato di adottabilità di quest'ultimo, aveva rappresentato al giudice di appello una "ritrovata e seria disponibilità a prendersi cura del figlio, frutto del mutamento della propria situazione psicologica che, al momento del primo giudizio, aveva indotto il Tribunale a sottrarglielo", in ciò confortata dalla contestuale dichiarazione di disponibilità rilasciata dal suo attuale convivente. Il giudice di merito, con decisione confermata dalla S.C., rigettando l'opposizione, ebbe ad escludere la rilevanza di tali circostanze, che nulla avevano a che vedere con la condizione mentale e comportamentale della donna - definita, in sede di rigorosi accertamenti specialistici, "soggetto instabile, irresponsabile, dedito all'uso di sostanze alcoliche ed affetta da sindrome dissociativa" e con la sua condotta di iniziale abbandono nei confronti del minore, nonché di altre due figlie nei cui riguardi era stata già dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale) (Cass. civ., sez. I, 29 aprile 1998, n. 4363).

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Novità sull'istituzione della Procura Europea


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La successione nel diritto europeo.

Con il regolamento n. 650/2012 il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea ha voluto uniformare la disciplina delle successioni.

La competenza generale in materia di successione è indicata dall’art. 4 del succitato regolamento: ”sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte”.

L’art. 22 dello stesso regolamento, concede una deroga al principio della competenza generale. Istituisce difatti, in favore del cittadino comunitario che abbia più cittadinanze in differenti Stati membri, la possibilità per lo stesso di scegliere preventivamente la normativa nazionale che regolerà la propria successione.

Una persona può scegliere come legge che regola la sua intera successione la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte. Una persona con più di una cittadinanza può scegliere la legge di uno qualsiasi degli Stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.

Per garantire poi la reale esecutività di tale scelta, che deve risultare espressamente in una delle disposizioni testamentarie, la normativa in oggetto predispone il Certificato successorio europeo (ECS). Questo documento viene rilasciato, dall’Autorità nazionale che si occupa della successione, agli eventuali eredi, legatari, esecutori testamentari che ne avanzino richiesta e costituisce prova del titolo vantato.

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Carta di Noto: strumento per operatori nel campo dell’abuso sessuale ai minori.

La Carta di Noto individua e descrive protocolli da seguire in relazione all'esame del minore che si ipotizzi vittima di abusi. In particolare, il codice di rito già prevede strumenti di tutela dell'integrità psico-fisica del minore (cosiddetta audizione protetta, termine con cui viene usualmente identificata l’escussione di un minore presunta vittima di maltrattamento o abusi sessuali nella fase dell’incidente probatorio, che può essere richiesto nel corso delle indagini preliminari o udienza preliminare dal Pubblico Ministero o dall’indagato/imputato. L’incidente probatorio «rappresenta un’assunzione anticipata di una prova (art. 392 c.p.p.), quando vi siano ragioni di urgenza o ricorra il rischio di pregiudizio della prova se rinviata alla fase naturale del dibattimento» L’audizione protetta comprende anche l’acquisizione di sommarie informazioni testimoniali (SIT). Come specificano le Linee Guida per l’ascolto del minore testimone della Questura di Roma (2011), da alcuni anni in Italia si è diffusa la cultura di effettuare in forma protetta anche questo primo ascolto di bambini o adolescenti presunte vittime di abuso sessuale e/o maltrattamento. In sintesi, invece di far condurre l’ascolto direttamente dal poliziotto o dal carabiniere in questura o in caserma o presso l’Ufficio del PM, il bambino o l’adolescente viene ascoltato in una struttura idonea da un esperto che svolge il ruolo di ausiliario di Polizia Giudiziaria). 

In concreto, la Carta di Noto specifica le modalità per la conduzione dell'esame e le modalità attraverso la quale può svolgersi la perizia per la valutazione della capacità di essere fonte di prova del minore. 

In primo luogo la Carta di Noto stabilisce il diritto delle parti ad interloquire nella scelta dell'esperto e nell'elaborazione dei quesiti peritali. Secondo la Carta di Noto la valutazione sull'idoneità a testimoniare (che non implica credibilità del fatto) deve precedere l'audizione del minore sul fatto.

Con riferimento alla modalità di audizione del minore, la Carta di Noto, all'art. 14, stabilisce che: "In sede di raccolta delle dichiarazioni del minore ritenuto idoneo a testimoniare occorre: a) garantire che egli sia sentito in contraddittorio il più presto possibile; b) garantire che l'incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la sua serenità; c) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso; d) consentirgli di esprimere esigenze e preoccupazioni; e) evitare, anche nella fase investigativa, modalità comunicative anche non verbali che possano compromettere la spontaneità e le domande che possano nuocere alla sincerità e genuinità delle risposte; f) contenere la durata e le modalità del colloquio in tempi rapportati all’età e alle condizioni emotive del minore, nel rispetto comunque dei diritti processuali delle parti".

L’audizione protetta dovrebbe quindi soddisfare diverse esigenze:
1) secondo il principio di legalità, favorire l’acquisizione di testimonianze genuine, ovvero scevre da suggestioni, pressioni, induzioni o condizionamenti, secondo le regole del giusto processo e le disposizioni contemplate dall’articolo 8, comma 6 del Protocollo della Convenzione di New York ratificato l’11 marzo 2002 e dall’articolo 30, comma 4 della Convenzione di Lanzarote ratificata in data 19 gennaio 2010;
2) preservare il minore da rischi di vittimizzazione secondaria derivanti da interviste ripetute e/o eccessivamente intrusive, insistite ed affaticanti.

 

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Mobbing familiare è causa di addebito della separazione.

La vicenda muove dalla separazione personale intercorsa tra due coniugi, con addebito al marito.

La motivazione del suddetto addebito è individuata dai giudici, nel comportamento persecutorio posto in essere dall’uomo nei confronti della moglie.

La gravità di tale comportamento, che configura gli estremi del c.d. mobbing parentale, ha spinto la coniuge ad abbandonare la casa familiare, non essendo più sostenibile la convivenza.

 

Con ordinanza n. 21296/2017 della VI sezione civile, la Suprema Corte di Cassazione, ha ritenuto dimostrati gli atti vessatori e non contestabile né contributivo alla crisi coniugale il di lei allontanamento, come invece il marito voleva dimostrare per invertire l’addebito della separazione.

Doveva infatti, secondo gli stessi giudici, già ritenersi in corso la succitata crisi, della quale questi episodi ne rappresentano solamente le deteriori conseguenze.                                                          

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No alla risoluzione del contratto per reciproco inadempimento, dichiarando il mutuo consenso.

La sentenza 26475/2017 della Cassazione sez. lavoro ha dichiarato erronee le decisioni assunte in primo grado e in appello che statuivano favorevolmente sulle contrapposte richieste di risoluzione per inadempimento dello stesso contratto, per risoluzione per mutuo consenso.

La Suprema Corte ha in primis evidenziato come il presupposto di tali decisioni fosse apertamente in contrasto con il principio di corrispondenza tra richiesto e pronunciato. Nel concreto si verrebbe a regolamentare il rapporto che intercorre tra le parti con una modalità differente rispetto alla volontà delle parti stesse.
Precisa parimenti la Corte che il mutuo consenso “presuppone una concorde e comune volontà di porre termine al rapporto contrattuale, definendo altresì compiutamente le relative obbligazioni
Si evidenzia perciò la fusione delle volontà rispetto al primo enunciato, ma le stesse rimango nettamente distinte per quanto riguarda il secondo enunciato. Questo è il fondamento dell’esclusione del mutuo consenso per la risoluzione.

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Condanna per violenza sessuale anche se il soggetto offeso – moglie, subisce passivamente.

La questione riguarda gli abusi di un marito nei confronti della propria moglie, consapevole del di lei rifiuto implicito ai rapporti intimi. La coniuge sceglie di non opporsi alle pretese del partner e mantiene il riserbo sulle subite sopraffazioni.

La Suprema Corte di Cassazione, III sez. penale, con sentenza n. 51074/2017 ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato contro la doppia motivazione conforme di condanna. L’uomo infatti sosteneva la non credibilità e la contraddittorietà delle dichiarazioni della parte offesa, sottolineando a sostegno di ciò che la moglie non aveva mai avanzato richieste di aiuto né aveva parlato con alcuno della vicenda.

Giurisprudenza precisa (sent. 49597/2016) che ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, è sufficiente che l’agente abbia consapevolezza del fatto che non sia stato chiaramente manifestato il consenso dal soggetto passivo. La Corte inoltre ritiene giustificato il silenzio della donna dal naturale pudore nel trattare argomenti del genere, soprattutto con la prole.

La circostanza della non opposizione della coniuge ai rapporti non limita la configurabilità del reato di violenza sessuale, essendo sufficiente qualsiasi forma di costringi mento psico-fisico idoneo ad incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione.

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L'arbitrato internazionale.

Il termine Arbitrato indica una delle procedure riconducibili al sistema di ADR, vale a dire l’Alternative Dispute Resolution. L’ADR comprende una serie di strade che si presentano come alternative rispetto ai mezzi tradizionali per risolvere una controversia, in primis il contenzioso giudiziale. Tra i principali tipi di ADR sono inclusi la mediazione, l’arbitrato e la negoziazione assistita.

Le ragioni che giustificano il passaggio ad una via alternativa di risoluzione di una controversia sono legate a diverse circostanze, in relazione al tipo di ADR di volta in volta considerato.

L’arbitrato ad esempio, specialmente se internazionale, presenta caratteristiche estremamente adatte per la risoluzione di conflitti tra parti provenienti da diversi Paesi e, quindi, da diversi background tanto dal punto di vista giudiziale quanto culturale.

Tentare di risolvere una controversia a livello internazionale ricorrendo al tradizionale contenzioso giudiziale, infatti, arrecherebbe inevitabilmente diverse conseguenze, spesso negative: le difficoltà legate alla predisposizione e individuazione di un Tribunale competente; il rischio di non avere un giudizio del tutto equo e imparziale, perché dettato da un giudice della stessa nazionalità di una sola delle parti, e quindi potenzialmente incline a preferire la posizione della stessa; le lungaggini dovute alle diverse fasi di giudizio nei diversi gradi di giurisdizione e infine le complicazioni legate al riconoscimento ed esecuzione di una sentenza straniera.

Ricorrere alla procedura di ADR dell’arbitrato internazionale, significa avere la possibilità di superare ognuna delle difficoltà summenzionate. Tra i diversi vantaggi di cui le parti possono godere, rientra principalmente l’ampia libertà di scelta e determinazione di cui le stesse godono. In particolare, l’arbitrato concede alle parti la libertà di formare il tribunale arbitrale che condurrà la procedura, mediante un accordo frutto delle loro libere scelte. Ciò implica che, mediante il cosiddetto “arbitration agreement”, le parti hanno la possibilità di determinare gli elementi principali dell’intero procedimento: possono nominare fino a tre arbitri che decideranno la controversia; possono scegliere quale sarà la legge da applicare tanto alla procedura quanto al merito, tra quelle che ritengono più opportune e adatte al tipo di controversia; possono, inter alia, determinare la sede in cui si svolgerà la procedura e la lingua sotto cui condurre le operazioni.

Come risultato principale, tale ampia libertà di scelta permette alle parti di formare un Tribunale arbitrale che al meglio rispecchi le loro esigenze e necessità. Inoltre, essendo questo Tribunale arbitrale creato sulla base delle scelte condivise di entrambe le parti, esso risulta del tutto imparziale e slegato da qualsivoglia rischio di illegittime propensione verso una delle parti.

Infine, un tratto particolarmente rilevante è legato al riconoscimento e all’esecuzione di un lodo arbitrale internazionale. Mentre una sentenza straniera, prima di poter essere eseguita in un Paese diverso da quello in cui la stessa è stata emessa, ha bisogno di un’ulteriore procedura di exequatur, il lodo arbitrale non incontra alcun ostacolo. Tale risultato è reso possibile dalla New York Convention del 1958, in base alla quale un lodo arbitrale è immediatamente riconosciuto ed eseguibile in tutti i paesi aderenti alla Convenzione stessa: dal momento che i Paesi aderenti sono, attualmente, circa 155 da ogni continente, risulta semplice e quasi immediata l’esecutività di ogni lodo arbitrale.

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Opposizione di terzo all’esecuzione civile.

Il processo esecutivo è, nel nostro ordinamento, finalizzato all’esecuzione coatta di un’obbligazione, tanto contrattuale quanto extracontrattuale. Si parla di esecuzione “coattiva” in quanto si rende necessaria nel momento in cui l’obbligato, non adempiendo alla propria obbligazione entro il termine stabilito al momento del sorgere dell’obbligazione stessa, riceva la notificazione di un titolo esecutivo e di un precetto: nel caso in cui l’obbligato non provveda all’adempimento entro l’ulteriore termine indicato nel precetto, in ogni caso non prima di dieci giorni dalla notificazione del precetto, si potrà procedere a esecuzione forzata.

L’esecuzione forzata colpisce i beni del debitore, tanto mobili quanto immobili, quanto i suoi titoli di credito: essi possono essere oggetto di vendita forzata di modo che, con il ricavato della vendita, possano essere soddisfatte le obbligazioni che erano rimaste inadempiute.[1]

Tuttavia, può accadere che oggetto di esecuzione forzata siano beni non appartenenti all’esecutato: tale circostanza ha più possibilità di verificarsi in caso di beni mobili appartenenti a terzi, ubicati presso beni immobili dell’esecutato dove era stato compiuto il pignoramento.

Un simile risultato finirebbe per ledere radicalmente i diritti del terzo sui propri beni, che correrebbero il rischio di essere sottoposti a vendita forzata e, di conseguenza, di uscire dal patrimonio del terzo proprietario ingiustamente e illegittimamente.

Il nostro ordinamento prevede una soluzione preventiva a una circostanza simile tramite l’istituto dell’opposizione di terzo all’esecuzione, disciplinata dagli artt. 619 e seguenti. In base a tale istituto, il terzo che pretenda di avere proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati potrà opporre opposizione all’esecuzione tramite ricorso al giudice dell’esecuzione.

In seguito a tale ricorso, da presentare in anticipo rispetto alla vendita forzata, il giudice fissa un’udienza di comparizione delle parti, indicando al terzo – opponente un termine perentorio per la notificazione del ricorso al debitore esecutato e al creditore procedente.

Gli esiti di detta udienza possono essere due. Nel primo caso le parti raggiungono un accordo, di cui il giudice dà atto con ordinanza prendendo ogni provvedimento necessario al proseguimento e alla conclusione del processo esecutivo. Nel secondo caso, invece, il debitore esecutato potrebbe contestare il diritto del terzo, rendendo necessaria una potenziale sospensione dell’esecuzione e al contempo aprendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario.

Ad ogni modo, in caso di esito positivo dell’opposizione di terzo, quest’ultimo potrà vedere salvaguardati i diritti sui propri beni, i quali verrebbero sottratti all’esecuzione e reintegrati nel patrimonio dell’opponente.

 

RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI

Cass. 8 febbraio 2008, n. 3136

L’opposizione del terzo che pretende avere la proprietà sui beni pignorati è proponibile, a norma degli artt. 619 e 620 c.p.c., prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni e, se in seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l’opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata.

Trib. Campobasso, 9 febbraio 2012

L’opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., rappresenta un’azione di accertamento negativo, volta a vincere la presunzione iuris tantum di appartenenza al debitore dei beni staggiti nella casa di abitazione o nell’azienda dello stesso, attraverso la prova della proprietà dell’opponente e la correlativa negazione del diritto del creditore di procedere alla loro espropriazione.

Cass. n. 22807/2013

Il terzo che, acquistato a titolo particolare l'immobile pignorato in pendenza dell'esecuzione forzata e dopo la trascrizione del pignoramento faccia valere l'invalidità del pignoramento al fine dell'accertamento che il suo acquisto, benché trascritto dopo la trascrizione del pignoramento immobiliare, é efficace e opponibile al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti così da sottrarre all'esecuzione il bene pignorato, non propone un'opposizione agli atti esecutivi a norma dell'art 617 cod. proc. civ., bensì un'azione inquadrabile nello schema dell'opposizione di terzo ex art 619 cod. proc. civ.

 

 

 



[1] In caso di obbligazioni di dare, fare e non fare si parlerà di risarcimento per equivalente. In caso di obbligazioni pecuniarie si tratterà di un risarcimento in forma specifica.

 

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Legge n. 103/2017 di modifica del codice penale e di procedura penale.

La legge n. 103/2017 ha dettato un nuovo regime di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere ex art. 428 c.p.p.

Le sentenze di non luogo a procedere, emesse prima dell’entrata in vigore delle modifiche di cui alla legge n. 103/2017, sono impugnabili in Cassazione e non in appello. Tanto accade perché le nuove disposizioni, in assenza di una disciplina transitoria, si applicano solo ai provvedimenti emessi dopo la loro entrata in vigore.

Invero, la legge n. 103/2017, in vigore dallo scorso 3 agosto, ha modificato il codice di rito, stabilendo che la sentenza di non luogo a procedere è impugnabile con l’appello. Tale riforma, tuttavia, non ha effetto retroattivo e dunque - in assenza di specifica disciplina intertemporale - per le sentenze di non luogo a procedere emesse prima delle modifiche valgono le vecchie regole che riconoscono, quale unico mezzo di gravame, il ricorso per Cassazione.

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Affidamento esclusivo rafforzato o superesclusivo

Prima sezione civile del Tribunale di Roma, decreto del 16 giugno 2017

In presenza di una grave inadeguatezza di uno dei genitori ad esercitare le funzioni genitoriali, il tribunale può affidare i figli in via esclusiva al genitore idoneo, attribuendo a questi l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale per tutte le questioni riguardanti la prole – istruzione, educazione, salute, determinazione della residenza abituale, richiesta di documenti etc. – da assumere tenendo conto della capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli, decisioni di assumere anche sena il consenso dell’altro genitore (c.d. affidamento esclusivo rafforzato o superesclusivo).

 

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Progetto di legge C. 4605 in materia di assegno divorzile.

In seguito alla sentenza della Cassazione civile n. 11504 del 10 maggio 2017 - con la quale si è affermato che l'assegno divorzile può essere concesso solamente all'ex coniuge che non abbia l'autosufficienza economica, che non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento - il 27 luglio 2017 è stato presentato alla Camera il progetto di legge C. 4605 di modifica all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile, ddl che è stato assegnato alla commissione Giustizia il 27 settembre 2017. I lavori sono iniziati il 5 ottobre 2017.


In seguito alla predetta pronuncia, si è avuto un contrastante quadro interpretativo della giurisprudenza di merito.


Il progetto di legge C. 4605 mira a fare chiarezza sul punto. Ecco cosa prevede il provvedimento:

1) sostituzione del sesto comma dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898: in particolare si prevede che con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale disporrà l'attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, destinato a compensare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita dei coniugi;

2) inserimento di nuovi comma dopo il sesto dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, che prevedono che:

- nella determinazione dell'assegno il tribunale valuterà le condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio; le ragioni dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; la durata del matrimonio; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il reddito di entrambi, l'impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili, assunto dall'uno o dall'altro coniuge; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive; la mancanza di un'adeguata formazione professionale quale conseguenza dell'adempimento di doveri coniugali;

- tenuto conto di tutte le circostanze il tribunale potrà predeterminare la durata dell'assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili;

- che l'assegno non sarà dovuto nel caso in cui il matrimonio sia cessato o sciolto per violazione, da parte del richiedente l'assegno, degli obblighi coniugali.

L’art. 3 del ddl C. 4605 dispone esplicitamente che le disposizioni introdotte si applicheranno anche nei casi di scioglimento delle unioni civili.

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La mediazione non si applica alle controversie sorte tra Condominio e soggetti terzi.

Tale è l’affermazione del Tribunale di Taranto, prima sez. civ. nella sentenza del 22.08.2017 con la quale ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata dal Condominio nei confronti dell’impresa edile che si era occupata dei lavoro di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Il Condominio lamentava il mancato esperimento del tentativo di mediazione, condizione di procedibilità della domanda proposta in sede monitoria, ma nulla obiettava riguardo la sussistenza del credito in questione.

Inoltre le parti, sottoscrivendo il contratto d’appalto, avevano specificato all’art. 12, che per qualsiasi controversia la competenza sarebbe stata rinvenuta in capo al foro di Taranto, “previo tentativo obbligatorio previsto ex D.L. n. 28 del 2010.

La motivazione precisata dal Tribunale, indica che l’oggetto della contesa non rientra nelle materie previste dall’art.5 d.lgs. n. 28 del 2010, quelle cioè per cui è previsto il preventivo e obbligatorio esperimento della procedura di mediazione.

Infatti per “materie di condominio” si intendono quelle derivanti dalla violazione delle disposizione del libro III, titolo VII, capo II del codice civile, non includendo così le controversie che sorgono tra il condominio e un soggetto terzo.

Rispetto poi, alla clausola conciliativa, la giurisprudenza è orientata nel dichiarare l’ inefficacia qualora sia carente dell’espressa sanzione di improcedibilità come si è verificato nel caso in questione.

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In attesa della riforma del Codice antimafia di cui al d. lgs. n. 159/2011

Con il disegno di legge n. 2134-S, approvato in via definitiva dalla Camera il 27 settembre 2017, Il legislatore torna a porre mano al sistema delle misure di prevenzione contenuto nel c.d. codice antimafia (d.lgs. 159/2011).

L’aspetto più innovativo consiste nell’ ampliamento dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. La novella aggiunge infatti al già esteso catalogo di fattispecie di c.d. pericolosità qualificata contenuto nell’art. 4 del codice antimafia anche:

- i soggetti indiziati del reato di assistenza agli associati ex art. 418 c.p.;

- le persone che abbiano posto in essere atti esecutivi – e non più, dunque, solamente preparatori – diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati indicati alla lett. d) dell'art. 4 del codice antimafia, tra cui figurano anche i reati con finalità di terrorismo;

- i soggetti indiziati del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p.;

- gli indiziati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati contro la pubblica amministrazione;

- i soggetti indiziati di stalking ex art. 612-bis c.p.

Quanto alle misure di prevenzione patrimoniali, anch’esse coinvolte dall’estensione del loro ambito soggettivo di applicazione, può anzitutto osservarsi che l’art. 5 comma 1 della riforma ha provveduto a modificare l’art. 17 del codice antimafia, relativo alla titolarità della proposta, precisando che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo può in ogni caso proporre la misura patrimoniale e che nel caso di applicazione rivolta ai c.d. pericolosi generici di cui all’art. 1 o alle persone indiziate di cui alle nuove lett. i-bis e i-ter dell’art. 4, le funzioni e le competenze del procuratore distrettuale sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale.

Anche la norma sulla confisca di prevenzione (art. 24) viene ritoccata dal legislatore, attraverso un esplicito riferimento alla impossibilità per il proposto di giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale, ponendo fine ad un'annosa questione e confermando così quanto sostenuto da una celebre pronuncia delle Sezioni Unite resa nel 2015.

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Separazione e divorzio nel Testo Unico per l'Immigrazione.

Nel caso di matrimonio tra cittadino comunitario e cittadino extracomunitario trovano applicazione, in materia di condizioni di soggiorno le disposizioni del decreto legislativo n. 30 del 2007. Le disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione trovano applicazione se più favorevoli.

In particolare, per quanto riguarda la separazione tra i coniugi, di cui uno sia cittadino comunitario e l’altro extracomunitario, l’articolo 12 del citato decreto prevede che “il divorzio e l'annullamento del matrimonio con il cittadino dell'Unione non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro a condizione che essi abbiano acquisito il diritto al soggiorno permanente o che si verifichi una delle seguenti condizioni:

a) il matrimonio è durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di divorzio o annullamento;
b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione in base ad accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria;
c) l'interessato risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell'ambito familiare;
d) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro beneficia, in base ad un accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria, di un diritto di visita al figlio minore, a condizione che l'organo giurisdizionale ha ritenuto che le visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e fino a quando sono considerate necessarie.”

La sussistenza di queste condizioni, non fa venir meno la conservazione al diritto di soggiorno per il cittadino extracomunitario, il quale conserva il diritto al soggiorno e può quindi richiedere il rinnovo del titolo di soggiorno.

Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione con un noto provvedimento del 2010. Si tratta della sentenza n. 19893 del 2010, con la quale i Giudici della Suprema Corte hanno accolto il ricorso di una cittadina extracomunitaria, sposata e successivamente separata con cittadino italiano, cui era stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno per il venir meno del presupposto della convivenza.
Nel caso in cui non sussistano le condizioni indicate, l’art. 30 del Testo Unico sull’immigrazione prevede che in caso di separazione legale o scioglimento del matrimonio il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso di lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio. In questo senso si può citare anche la sentenza del TAR Lombardia n. 369 del 2010 nella quale i Giudici amministrativi, hanno affermato che “se sussistono i presupposti per il rilascio di un permesso ad altro titolo, la conversione è possibile”.

In questo caso la conversione non è però automatica, ma deve essere di impulso da parte del cittadino extracomunitario, non essendo ipotizzabile una sorta di conversione di ufficio del titolo del soggiorno, e l’Amministrazione deve essere in grado di valutare se ricorrano i presupposti per il rilascio del permesso ad altro titolo.

E’ quindi onere dello straniero, cittadino extracomunitario, in questo caso attivarsi per richiedere la conversione del proprio permesso in altro tipo di permesso, allegando la documentazione inerente al titolo  richiesto.

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Morte dell'ex coniuge: l'assegno successorio.

Il coniuge divorziato percettore dell'assegno, pur perdendo in ragione della cessazione del rapporto di coniugio la qualità di successore legittimo e di erede legittimario ex art. 536 c.c., ha diritto a rivalersi sull'eredità dell'ex coniuge scomparso. L'art. 9-bis della legge n. 898/1970 dispone, infatti, che al coniuge superstite a cui è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell'art. 5, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato e previa verifica dei presupposti (titolarità del diritto all'assegno divorzile e lo stato di bisogno), possa attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità.

Nel valutarne la determinazione, il giudice dovrà tenere conto dell'importo dell'assegno divorzile, dell'entità del bisogno, dell'eventuale presenza della pensione di reversibilità, della consistenza delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. La corresponsione dell'assegno può avvenire anche in un'unica soluzione, previo accordo delle parti.

Il diritto all'assegno successorio decade qualora il beneficiario passi a nuove nozze ovvero cessi lo stato di bisogno. Tuttavia, nel caso in cui si verificasse nuovamente la condizione di bisogno, nulla vieta che l'assegno possa essere nuovamente attribuito.

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Riforma della filiazione - Decreto Legislativo n. 154/2013

DECRETO LEGISLATIVO 28 dicembre 2013 n. 154 (in Gazz. Uff., 8 gennaio 2014, n. 5). - Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, in particolare l'articolo 2 che delega il Governo ad adottare uno o piu' decreti legislativi di modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 12 luglio 2013;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 13 dicembre 2013;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri per l'integrazione, dell'interno, della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunita', di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto legislativo:

 


Titolo I
Modifiche al codice civile in materia di filiazione

ARTICOLO N.1

Modifiche all'articolo 87 del codice civile

Art. 1

1. All'articolo 87 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica le parole: "e affiliazione" sono soppresse;

b) al primo comma, numero 1) le parole: ", legittimi o naturali" sono soppresse;

c) il secondo comma e' abrogato;

d) il terzo comma e' abrogato;

e) al quarto comma le parole: "o di filiazione naturale" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.2

Modifiche all'articolo 128 del codice civile

Art. 2

1. All'articolo 128 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.";

b) nel quarto comma le parole: "bigamia o" sono soppresse;

c) il quinto comma e' sostituito dal seguente: "Nell'ipotesi di cui al quarto comma, rispetto ai figli si applica l'articolo 251.".

 

ARTICOLO N.3

Modifiche all'articolo 147 del codice civile

Art. 3

1. L'articolo 147 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 147.

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacita', inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall'articolo 315-bis.".

 

ARTICOLO N.4

Modifiche all'articolo 148 del codice civile

Art. 4

1. L'articolo 148 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 148.

I coniugi devono adempiere l'obbligo di cui all'articolo 147, secondo quanto previsto dall'articolo 316-bis".

 

ARTICOLO N.5

Modifiche all'articolo 155 del codice civile

Art. 5

1. L'articolo 155 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 155.

In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX.".

 

ARTICOLO N.6

Modifiche all'articolo 165 del codice civile

Art. 6

1. All'articolo 165 del codice civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.7

Modifiche alle rubriche del libro primo del codice civile

Art. 7

1. La rubrica del titolo VII, del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Dello stato di figlio".

2. La rubrica del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Della presunzione di paternita'".

3. Le parole: "Sezione I. "Dello stato di figlio legittimo"" sono soppresse.

4. La Sezione II del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Capo II. "Delle prove della filiazione"".

5. La Sezione III del capo I del titolo VII del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Capo III. "Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio"".

6. Le parole: "Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"" sono soppresse.

7. Le parole: "Sezione I. "Della filiazione naturale"" sono soppresse.

8. La rubrica del paragrafo 1 della Sezione I del capo II del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"".

9. La rubrica del paragrafo 2 della sezione I del capo II del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Capo V. "Della dichiarazione giudiziale della paternita' e della maternita'"".

10. La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile e' sostituita dalla seguente: "Della responsabilita' genitoriale e dei diritti e doveri del figlio".

11. Dopo il titolo IX del libro primo del codice civile e' inserito il seguente: "Capo I. "Dei diritti e doveri del figlio".

12. Dopo l'articolo 337 del codice civile e' inserito il seguente:

" Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio".

 

ARTICOLO N.8

Modifica all'articolo 231 del codice civile

Art. 8

1. L'articolo 231 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 231.

Paternita' del marito

Il marito e' padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio.".

 

ARTICOLO N.9

Modifiche all'articolo 232 del codice civile

Art. 9

1. All'articolo 232 del codice civile il primo comma e' sostituito dal seguente: "Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.".

 

ARTICOLO N.10

Modifiche all'articolo 234 del codice civile

Art. 10

1. All'articolo 234 del codice civile il terzo comma e' sostituito dal seguente: "In ogni caso il figlio puo' provare di essere stato concepito durante il matrimonio.".

 

ARTICOLO N.11

Modifiche all'articolo 236 del codice civile

Art. 11

1. All'articolo 236 del codice civile le parole: "legittima" e la parola: "legittimo" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.12

Modifiche all'articolo 237 del codice civile

Art. 12

1. All'articolo 237 del codice civile il secondo comma e' sostituito dal seguente.

"In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:

che il genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualita' al mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa.

che la persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali.

che sia stata riconosciuta in detta qualita' dalla famiglia.".

 

ARTICOLO N.13

Modifiche all'articolo 238 del codice civile

Art. 13

1. All'articolo 238 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Irreclamabilita' di uno stato di figlio contrario a quello attribuito dall'atto di nascita";

b) al primo comma le parole: "233, 234, 235 e 239" sono sostituite dalle seguenti: "234, 239, 240 e 244";

c) il secondo comma e' abrogato.

 

ARTICOLO N.14

Modifiche all'articolo 239 del codice civile

Art. 14

1. L'articolo 239 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 239.

Reclamo dello stato di figlio

Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, il figlio puo' reclamare uno stato diverso.

L'azione di reclamo dello stato di figlio puo' essere esercitata anche da chi e' nato nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta sentenza di adozione.

L'azione puo' inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternita' da chi e' stato riconosciuto in contrasto con tale presunzione e da chi fu iscritto in conformita' di altra presunzione di paternita'.

L'azione puo', altresi', essere esercitata per reclamare un diverso stato di figlio quando il precedente e' stato comunque rimosso.".

 

ARTICOLO N.15

Modifiche all'articolo 240 del codice civile

Art. 15

1. L'articolo 240 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 240.

Contestazione dello stato di figlio

Lo stato di figlio puo' essere contestato nei casi di cui al primo e secondo comma dell'articolo 239.".

 

ARTICOLO N.16

Modifiche all'articolo 241 del codice civile

Art. 16

1. All'articolo 241 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Prova in giudizio";

b) il primo comma e' sostituito dal seguente: "Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, la prova della filiazione puo' darsi in giudizio con ogni mezzo.";

c) il secondo comma e' abrogato.

 

ARTICOLO N.17

Articolo 243-bis del codice civile

Art. 17

1. Dopo l'articolo 243 del codice civile e' inserito il seguente:

"Art. 243-bis.

Disconoscimento di paternita'

L'azione di disconoscimento di paternita' del figlio nato nel matrimonio puo' essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.

Chi esercita l'azione e' ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.

La sola dichiarazione della madre non esclude la paternita'.".

 

ARTICOLO N.18

Modifiche all'articolo 244 del codice civile

Art. 18

1. L'articolo 244 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 244.

Termini dell'azione di disconoscimento

L'azione di disconoscimento della paternita' da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui e' venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.

Il marito puo' disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui e' nato il figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.

Se il marito non si trovava nel luogo in cui e' nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.

Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non puo' essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.

L'azione di disconoscimento della paternita' puo' essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore eta'. L'azione e' imprescrittibile riguardo al figlio.

L'azione puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratti di figlio di eta' inferiore.".

 

ARTICOLO N.19

Modifiche agli articoli 245 e 246 del codice civile

Art. 19

1. L'articolo 245 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 245.

Sospensione del termine

Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento di paternita' si trova in stato di interdizione per infermita' di mente ovvero versa in condizioni di abituale grave infermita' di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell'articolo 244 e' sospesa nei suoi confronti, sino a che duri lo stato di interdizione o durino le condizioni di abituale grave infermita' di mente.

Quando il figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale grave infermita' di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, l'azione puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico ministero, del tutore, o dell'altro genitore. Per gli altri legittimati l'azione puo' essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.".

2. L'articolo 246 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 246.

Trasmissibilita' dell'azione

Se il presunto padre o la madre titolari dell'azione di disconoscimento di paternita' sono morti senza averla promossa, ma prima che sia decorso il termine previsto dall'articolo 244, sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli ascendenti;

il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.

Se il figlio titolare dell'azione di disconoscimento di paternita' e' morto senza averla promossa sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.

Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.".

 

ARTICOLO N.20

Modifiche all'articolo 248 del codice civile

Art. 20

1. All'articolo 248 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Legittimazione all'azione di contestazione dello stato di figlio.

Imprescrittibilita'.";

b) il primo comma e' sostituito dal seguente: "L'azione di contestazione dello stato di figlio spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.";

c) dopo il quarto comma e' aggiunto il seguente: "Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.".

 

ARTICOLO N.21

Modifiche all'articolo 249 del codice civile

Art. 21

2. L'articolo 249 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 249.

Legittimazione all'azione di reclamo dello stato di figlio.

Imprescrittibilita'

L'azione per reclamare lo stato di figlio spetta al medesimo.

L'azione e' imprescrittibile.

Quando l'azione e' proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo 247.

Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.

Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.".

 

ARTICOLO N.22

Modifiche all'articolo 251 del codice civile

Art. 22

1. Al secondo comma dell'articolo 251 del codice civile le parole: "tribunale per i minorenni" sono sostituite dalle seguenti: "giudice".

 

ARTICOLO N.23

Modifiche all'articolo 252 del codice civile

Art. 23

1. All'articolo 252 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Affidamento del figlio nato fuori del matrimonio e suo inserimento nella famiglia del genitore.";

b) al primo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio";

c) al secondo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio"; le parole: "e dei figli legittimi" sono sostituite dalle seguenti: "convivente e degli altri figli"; le parole: "genitore naturale" sono sostituite dalla seguente: "genitore"; l'ultimo periodo e' sostituito dal seguente:

"In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi.";

d) al terzo comma le parole: "legittima" e la parola: "naturale"

sono soppresse;

e) al quarto comma la parola: "naturale" e' soppressa;

f) dopo il quarto comma e' inserito il seguente: "In caso di disaccordo tra i genitori, ovvero di mancato consenso degli altri figli conviventi, la decisione e' rimessa al giudice tenendo conto dell'interesse dei minori. Prima dell'adozione del provvedimento, il giudice dispone l'ascolto dei figli minori che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capaci di discernimento.".

 

ARTICOLO N.24

Modifiche all'articolo 253 del codice civile

Art. 24

1. All'articolo 253 del codice civile le parole: "legittimo o legittimato" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.25

Modifiche all'articolo 254 del codice civile

Art. 25

1. All'articolo 254 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio";

b) il secondo comma e' abrogato.

 

ARTICOLO N.26

Modifiche all'articolo 255 del codice civile

Art. 26

1. All'articolo 255 del codice civile le parole: "legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.27

Modifiche all'articolo 262 del codice civile

Art. 27

1. All'articolo 262 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica dopo la parola: "figlio" sono aggiunte le seguenti: "nato fuori del matrimonio";

b) la parola: "naturale", ovunque presente, e' soppressa;

c) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Se la filiazione nei confronti del padre e' stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio puo' assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.";

d) dopo il secondo comma e' aggiunto il seguente: "Se la filiazione nei confronti del genitore e' stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio puo' mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identita' personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.";

e) al terzo comma le parole: "l'assunzione del cognome del padre" sono sostituite dalle seguenti: "l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento".

 

ARTICOLO N.28

Modifiche all'articolo 263 del codice civile

Art. 28

1. L'articolo 263 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 263.

Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita'

Il riconoscimento puo' essere impugnato per difetto di veridicita' dall'autore del riconoscimento, da colui che e' stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

L'azione e' imprescrittibile riguardo al figlio.

L'azione di impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Se l'autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento e' ammessa a provare di aver ignorato l'impotenza del presunto padre. L'azione non puo' essere comunque proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento.

L'azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica l'articolo 245.".

 

ARTICOLO N.29

Modifiche all'articolo 264 del codice civile

Art. 29

1. L'articolo 264 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 264.

Impugnazione da parte del figlio minore

L'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita' puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto quattordici anni, ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio, quando si tratti di figlio di eta' inferiore.".

 

ARTICOLO N.30

Modifiche agli articoli 267 e 269 del codice civile

Art. 30

1. All'articolo 267 del codice civile dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:

"Nel caso indicato dal primo comma dell'articolo 263, se l'autore del riconoscimento e' morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia decorso il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte dell'autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.

Se il figlio riconosciuto e' morto senza aver promosso l'azione di cui all'articolo 263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.

La morte dell'autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce l'esercizio dell'azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine di cui al quarto comma dell'articolo 263.

Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.".

2. All'articolo 269 del codice civile la parola: "naturale", ovunque presente, e' soppressa.

 

ARTICOLO N.31

Modifiche all'articolo 270 del codice civile

Art. 31

1. All'articolo 270 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma la parola: "naturale" e' soppressa;

b) al secondo comma le parole: "legittimi, legittimati o naturali riconosciuti" sono soppresse;

c) dopo il terzo comma e' inserito il seguente: "Si applica l'articolo 245.".

 

ARTICOLO N.32

Modifiche all'articolo 273 del codice civile

Art. 32

1. All'articolo 273 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma la parola: "naturale" e' soppressa; la parola:

"potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

b) al secondo comma la parola: "sedici" e' sostituita dalla seguente: "quattordici".

 

ARTICOLO N.33

Modifiche all'articolo 276 del codice civile

Art. 33

1. All'articolo 276 del codice civile la parola: "naturale" e' soppressa.

 

ARTICOLO N.34

Modifiche all'articolo 277 del codice civile

Art. 34

1. All'articolo 277 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, la parola: "naturale" e' soppressa;

b) al secondo comma, dopo le parole: "che stima utili per" sono inserite le seguenti: "l'affidamento,".

 

ARTICOLO N.35

Modifiche all'articolo 278 del codice civile

Art. 35

1. L'articolo 278 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 278.

Autorizzazione all'azione

Nei casi di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinita' in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternita' o la maternita' non puo' essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 251.".

 

ARTICOLO N.36

Modifiche all'articolo 279 del codice civile

Art. 36

1. All'articolo 279 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma la parola: "naturale", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio"; dopo le parole: "per ottenere gli alimenti" sono inserite le seguenti: " a condizione che il diritto al mantenimento di cui all'articolo 315-bis, sia venuto meno.";

b) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "L'azione e' ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.";

c) al terzo comma la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.37

Modifiche agli articoli 293 e 297 del codice civile

Art. 37

1. All'articolo 293 del codice civile, nella rubrica e nel primo comma, le parole: "nati fuori del matrimonio" sono soppresse.

2. Al secondo comma dell'articolo 297 del codice civile, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.38

Modifiche all'articolo 299 del codice civile

Art. 38

1. All'articolo 299 del codice civile, il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Nel caso in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente all'adozione si applica il primo comma.".

 

ARTICOLO N.39

Modifiche all'articolo 316 del codice civile

Art. 39

1. L'articolo 316 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 316.

Responsabilita' genitoriale

Entrambi i genitori hanno la responsabilita' genitoriale che e' esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacita', delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori puo' ricorrere senza formalita' al giudice indicando i provvedimenti che ritiene piu' idonei.

Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene piu' utili nell'interesse del figlio e dell'unita' familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il piu' idoneo a curare l'interesse del figlio.

Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilita' genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, e' fatto dai genitori, l'esercizio della responsabilita' genitoriale spetta ad entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilita' genitoriale vigila sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.".

 

ARTICOLO N.40

Articolo 316-bis del codice civile

Art. 40

1. Dopo l'articolo 316 del codice civile e' inserito il seguente:

"Art. 316-bis.

Concorso nel mantenimento

I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacita' di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimita', sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinche' possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, puo' ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.

Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.

L'opposizione e' regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.

Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.".

 

ARTICOLO N.41

Modifiche all'articolo 317 del codice civile

Art. 41

1. All'articolo 317 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

b) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "La responsabilita' genitoriale di entrambi i genitori non cessa a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio; il suo esercizio, in tali casi, e' regolato dal capo II del presente titolo.".

 

ARTICOLO N.42

Modifiche all'articolo 317-bis del codice civile

Art. 42

1. L'articolo 317-bis del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 317-bis.

Rapporti con gli ascendenti

Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.

L'ascendente al quale e' impedito l'esercizio di tale diritto puo' ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinche' siano adottati i provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336, secondo comma.".

 

ARTICOLO N.43

Modifiche all'articolo 318 del codice civile

Art. 43

1. All'articolo 318 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: "Il figlio" sono inserite le seguenti: ", sino alla maggiore eta' o all'emancipazione,";

b) la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.44

Modifiche all'articolo 320 del codice civile

Art. 44

1. All'articolo 320 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la parola: "potesta'" ovunque presente e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

b) al primo comma dopo le parole: "i figli nati e nascituri" inserire le seguenti: ", fino alla maggiore eta' o all'emancipazione,".

 

ARTICOLO N.45

Modifiche all'articolo 321 del codice civile

Art. 45

1. All'articolo 321 del codice civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.46

Modifiche all'articolo 322 del codice civile

Art. 46

1. All'articolo 322 del codice civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.47

Modifiche all'articolo 323 del codice civile

Art. 47

1. All'articolo 323 del codice civile la parola: "potesta'", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.48

Modifiche all'articolo 324 del codice civile

Art. 48

1. All'articolo 324 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la parola: "potesta'", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

b) al primo comma, dopo le parole: "dei beni del figlio", sono inserite le seguenti: ", fino alla maggiore eta' o all'emancipazione".

 

ARTICOLO N.49

Modifiche all'articolo 327 del codice civile

Art. 49

1. All'articolo 327 del codice civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.50

Modifiche all'articolo 330 del codice civile

Art. 50

1. All'articolo 330 del codice civile, nella rubrica e nel testo, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.51

Modifiche all'articolo 332 del codice civile

Art. 51

1. All'articolo 332 del codice civile, nella rubrica e nel testo, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.52

Modifiche all'articolo 336 del codice civile

Art. 52

1. All'articolo 336 del codice civile il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero;

dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento.

Nei casi in cui il provvedimento e' richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.".

 

ARTICOLO N.53

Articolo 336-bis del codice civile

Art. 53

1. Dopo l'articolo 336 del codice civile e' inserito il seguente:

"Art. 336-bis.

Ascolto del minore

Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento e' ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l'ascolto e' in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato.

L'ascolto e' condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se gia' nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento.

Prima di procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto.

Dell'adempimento e' redatto processo verbale nel quale e' descritto il contegno del minore, ovvero e' effettuata registrazione audio video.".

 

ARTICOLO N.54

Modifiche all'articolo 337 del codice civile

Art. 54

1. All'articolo 337 del codice civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.55

Introduzione degli articoli da 337-bis a 337-octies del codice civile

Art. 55

1. Dopo l'articolo 337 del codice civile sono inseriti i seguenti:

"Art. 337-bis.

Ambito di applicazione

In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo.

Art. 337-ter.

Provvedimenti riguardo ai figli

Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalita' indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilita' che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalita' della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresi' la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilita' di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento e' trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

La responsabilita' genitoriale e' esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacita', dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione e' rimessa al giudice.

Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice puo' stabilire che i genitori esercitino la responsabilita' genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valutera' detto comportamento anche al fine della modifica delle modalita' di affidamento.

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalita', da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio.

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

4) le risorse economiche di entrambi i genitori.

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L'assegno e' automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

Art. 337-quater.

Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso

Il giudice puo' disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.

Ciascuno dei genitori puo', in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice puo' considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilita' genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e puo' ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

Art. 337-quinquies.

Revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli

I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della responsabilita' genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalita' del contributo.

Art. 337-sexies.

Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza

Il godimento della casa familiare e' attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprieta'. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.

In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori e' obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficolta' di reperire il soggetto.

Art. 337-septies.

Disposizioni in favore dei figli maggiorenni

Il giudice, valutate le circostanze, puo' disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, e' versato direttamente all'avente diritto.

Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

Art. 337-octies.

Poteri del giudice e ascolto del minore

Prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter, il giudice puo' assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo.

Qualora ne ravvisi l'opportunita', il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, puo' rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.".

 

ARTICOLO N.56

Modifiche all'articolo 343 del codice civile

Art. 56

1. Al primo comma dell'articolo 343 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.57

Modifiche all'articolo 348 del codice civile

Art. 57

1. All'articolo 348 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

b) il terzo comma e' sostituito dal seguente: "Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, dispone l'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento.".

 

ARTICOLO N.58

Modifiche all'articolo 350 del codice civile

Art. 58

1. All'articolo 350 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.59

Modifiche all'articolo 356 del codice civile

Art. 59

1. Al primo comma dell'articolo 356 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.60

Modifiche all'articolo 371 del codice civile

Art. 60

1. All'articolo 371, primo comma, del codice civile, il numero 1) e' sostituito dal seguente:

"1) sul luogo dove il minore deve essere cresciuto e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, disposto l'ascolto dello stesso minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento e richiesto, quando opportuno, l'avviso dei parenti prossimi;".

 

ARTICOLO N.61

Modifiche all'articolo 401 del codice civile

Art. 61

1. All'articolo 401 del codice civile le parole: "figli naturali riconosciuti dalla sola madre che si trovi" sono sostituite dalle seguenti "figli di genitori che si trovino"; la parola: "allevamento" e' sostituita dalla seguente: "mantenimento".

 

ARTICOLO N.62

Modifiche all'articolo 402 del codice civile

Art. 62

1. All'articolo 402 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori", ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti:

"responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.63

Modifiche all'articolo 417 del codice civile

Art. 63

1. Al secondo comma dell'articolo 417 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.64

Modifiche all'articolo 433 del codice civile

Art. 64

1. All'articolo 433 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il numero 2) e' sostituito dal seguente: "2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;";

b) il numero 3) e' sostituito dal seguente: "3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;".

 

ARTICOLO N.65

Modifiche all'articolo 436 del codice civile

Art. 65

1. All'articolo 436 del codice civile le parole: "legittimi o naturali" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.66

Modifiche all'articolo 448-bis del codice civile

Art. 66

1. All'articolo 448-bis del codice civile, nella rubrica e nel testo, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti:

"responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.67

Modifiche all'articolo 467 del codice civile

Art. 67

1. All'articolo 467 del codice civile le parole: "legittimi o naturali" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.68

Modifiche all'articolo 468 del codice civile

Art. 68

1. All'articolo 468 del codice civile le parole: "legittimi, legittimati e adottivi" sono sostituite dalle seguenti: "anche adottivi"; le parole: "nonche' dei discendenti dei figli naturali del defunto," sono soppresse.

 

ARTICOLO N.69

Modifiche all'articolo 480 del codice civile

Art. 69

1. Al secondo comma dell'articolo 480 del codice civile dopo le parole: "la condizione." e' aggiunto il seguente periodo: "In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa.".

 

ARTICOLO N.70

Modifiche all'articolo 536 del codice civile

Art. 70

1. All'articolo 536 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: "i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi" sono sostituite dalle seguenti:

"i figli, gli ascendenti";

b) al secondo comma le parole: "legittimi" e "i legittimati e" sono soppresse;

c) al terzo comma le parole: "legittimi o naturali" ovunque presenti sono soppresse.

 

ARTICOLO N.71

Modifiche all'articolo 537 del codice civile

Art. 71

1. All'articolo 537 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica le parole: "legittimi e naturali" sono soppresse;

b) al primo comma le parole: "legittimo o naturale," sono soppresse;

c) al secondo comma le parole: " , legittimi e naturali" sono soppresse;

d) il terzo comma e' abrogato.

 

ARTICOLO N.72

Modifiche all'articolo 538 del codice civile

Art. 72

1. All'articolo 538 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica la parola: "legittimi" e' soppressa;

b) al primo comma le parole: "legittimi ne' naturali" e la parola: "legittimi" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.73

Modifiche all'articolo 542 del codice civile

Art. 73

1. All'articolo 542 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: "legittimo o naturale," sono soppresse;

b) al secondo comma le parole: ", legittimi o naturali" ovunque presenti sono soppresse;

c) il terzo comma e' abrogato.

 

ARTICOLO N.74

Modifiche all'articolo 544 del codice civile

Art. 74

1. All'articolo 544 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica la parola: "legittimi" e' soppressa;

b) al primo comma le parole: "ne' figli legittimi ne' figli naturali" sono sostituite dalla seguente: "figli"; la parola: "legittimi" e' soppressa.

 

ARTICOLO N.75

Modifiche all'articolo 565 del codice civile

Art. 75

1. All'articolo 565 del codice civile le parole: "legittimi e naturali" e la parola: "legittimi" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.76

Modifiche all'articolo 566 del codice civile

Art. 76

1. L'articolo 566 del codice civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 566.

Successione dei figli

Al padre ed alla madre succedono i figli, in parti uguali.".

 

ARTICOLO N.77

Modifiche all'articolo 567 del codice civile

Art. 77

1. All'articolo 567 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica e' sostituita dalla seguente "Successione dei figli adottivi";

b) il primo comma e' sostituito dal seguente: "Ai figli sono equiparati gli adottivi".

 

ARTICOLO N.78

Modifiche all'articolo 573 del codice civile

Art. 78

1. All'articolo 573 del codice civile, nella rubrica e nel primo comma, la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio".

 

ARTICOLO N.79

Modifiche all'articolo 580 del codice civile

Art. 79

1. All'articolo 580 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica la parola: "naturali" e' sostituita dalla seguente: "nati fuori del matrimonio";

b) la parola: "naturali", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio".

 

ARTICOLO N.80

Modifiche all'articolo 581 del codice civile

Art. 80

1. All'articolo 581 del codice civile le parole: "legittimi o figli naturali, o figli legittimi e naturali" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.81

Modifiche all'articolo 582 del codice civile

Art. 81

1. All'articolo 582 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica la parola: "legittimi" e' soppressa;

b) al primo comma la parola: "legittimi" e' soppressa.

 

ARTICOLO N.82

Modifiche all'articolo 583 del codice civile

Art. 82

1. All'articolo 583 del codice civile le parole: "legittimi o naturali" sono soppresse.

 

ARTICOLO N.83

Modifiche all'articolo 594 del codice civile

Art. 83

1. All'articolo 594 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nella rubrica la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio";

b) la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio".

 

ARTICOLO N.84

Modifiche all'articolo 643 del codice civile

Art. 84

1. All'articolo 643 del codice civile il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Se e' chiamato un concepito, l'amministrazione spetta al padre e alla madre.".

 

ARTICOLO N.85

Modifiche all'articolo 687 del codice civile

Art. 85

1. All'articolo 687 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma la parola: "legittimo" e' soppressa; le parole: "o legittimato o" sono sostituite dalla seguente: "anche" e la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio";

b) il secondo comma e' sostituito dal seguente: "La revocazione ha luogo anche se il figlio e' stato concepito al tempo del testamento.".

 

ARTICOLO N.86

Modifiche all'articolo 715 del codice civile

Art. 86

1. Al primo comma dell'articolo 715 del codice civile le parole:

"sulla legittimita' o sulla filiazione naturale" sono sostituite dalle seguenti: "sulla filiazione".

 

ARTICOLO N.87

Modifiche all'articolo 737 del codice civile

Art. 87

1. All'articolo 737 del codice civile le parole: "legittimi e naturali" ovunque presenti sono soppresse.

 

ARTICOLO N.88

Modifiche all'articolo 803 del codice civile

Art. 88

1. L'articolo 803 del codice civile e' sostituito dal seguente.

"Art. 803.

Revocazione per sopravvenienza di figli

Le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante.

Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio.

La revocazione puo' essere domandata anche se il figlio del donante era gia' concepito al tempo della donazione.".

 

ARTICOLO N.89

Modifiche all'articolo 804 del codice civile

Art. 89

1. All'articolo 804 del codice civile dopo le parole: "ultimo figlio" sono aggiunte le seguenti "nato nel matrimonio"; la parola:

"legittimo" e' soppressa; la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio".

 

ARTICOLO N.90

Modifiche all'articolo 1023 del codice civile

Art. 90

1. All'articolo 1023 del codice civile, il secondo periodo del primo comma e' sostituito dal seguente: "Si comprendono inoltre i figli adottivi e i figli riconosciuti, anche se l'adozione o il riconoscimento sono seguiti dopo che il diritto era gia' sorto.".

 

ARTICOLO N.91

Modifiche all'articolo 1916 del codice civile

Art. 91

1. All'articolo 1916 del codice civile, secondo comma, le parole: "dagli affiliati," sono soppresse.

 

ARTICOLO N.92

Modifiche all'articolo 2941 del codice civile

Art. 92

1. Al numero 2) dell'articolo 2941 del codice civile la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 


Titolo II
Modifiche ai codici penale, di procedura penale e di procedura civile in materia di filiazione

ARTICOLO N.93

Modifiche al codice penale in materia di filiazione

Art. 93

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 19, primo comma, numero 6), le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

b) all'articolo 32, secondo comma, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

c) all'articolo 34, nella rubrica e nel testo dell'articolo, le parole: "potesta' dei genitori" e la parola: "potesta'", ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

d) all'articolo 98, secondo comma, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

e) all'articolo 111, secondo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

f) all'articolo 112, terzo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

g) all'articolo 146, secondo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

h) all'articolo 147, terzo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

i) all'articolo 540, primo comma, la parola: "illegittima" e' sostituita dalle seguenti: "fuori del matrimonio" e la parola: "legittima" e' sostituita dalle seguenti: "nel matrimonio"; nel secondo comma, la parola: "illegittima" e' sostituita dalle seguenti: "fuori del matrimonio";

l) all'articolo 564, quarto comma, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

m) nella rubrica dell'articolo 568 le parole: "fanciullo legittimo o naturale riconosciuto" sono sostituite dalla seguente:"figlio"; al primo comma le parole: "legittimo o naturale riconosciuto" sono sostituite dalle seguenti "nato nel matrimonio o riconosciuto";

n) all'articolo 569, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

o) all'articolo 570, primo comma, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

p) all'articolo 573, primo comma, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

q) all'articolo 574, primo comma, le parole: "potesta' dei genitori", ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

r) all'articolo 574-bis, le parole: "potesta' dei genitori" e le parole: "potesta' genitoriale", ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

s) all'articolo 583-bis, quarto comma, numero 1), le parole: "potesta' del genitore" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

t) all'articolo 600-septies.2, primo comma, numero 1), le parole: "potesta' genitoriale" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

u) all'articolo 609-nonies, primo comma, numero 1), le parole: "potesta' del genitore" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.94

Modifiche al codice di procedura penale in materia di filiazione

Art. 94

1. All'articolo 288 del codice di procedura penale, nella rubrica e nel comma 1, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.95

Modifiche al codice di procedura civile in materia di filiazione

Art. 95

1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 706 il quarto comma e' sostituito dal seguente:

"Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi.";

b) all'articolo 709-ter, primo comma, la parola: "potesta'" e' sostituita dalla seguente: "responsabilita'".

 


Titolo III
Modifiche alle leggi speciali in materia di filiazione

ARTICOLO N.96

Modifiche al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318

Art. 96

1. Al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 35 e' sostituito dal seguente:

"Art. 35.

Sulla domanda di adozione e di revoca della adozione di minore di eta' provvede il tribunale per i minorenni.";

b) dopo l'articolo 37 e' inserito il seguente:

"Art. 37-bis.

I figli maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall'articolo 337-septies, secondo comma, del codice civile, sono coloro i quali siano portatori di handicap ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.";

c) all'articolo 38, primo comma, dopo le parole: "spetta al giudice ordinario." e' aggiunto il seguente periodo: "Sono, altresi', di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile.";

d) dopo l'articolo 38 e' inserito il seguente:

"Art. 38-bis.

Quando la salvaguardia del minore e' assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l'uso di un vetro specchio unitamente ad impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se gia' nominato, ed il pubblico ministero possono seguire l'ascolto del minore, in luogo diverso da quello in cui egli si trova, senza chiedere l'autorizzazione del giudice prevista dall'articolo 336-bis, secondo comma, del codice civile.";

e) all'articolo 117 le parole: "figli naturali" sono sostituite dalle seguenti: "figli nati fuori del matrimonio";

f) all'articolo 121 la parola: "legittimo" e' sostituita dalle seguenti: "nato nel matrimonio";

g) all'articolo 122 la parola: "naturali" ovunque presente e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio";

h) all'articolo 123 la parola: "naturali" e la parola:

"adulterini" ovunque presenti sono sostituite dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio"; al quinto comma la parola: "naturale" e' soppressa;

i) dopo l'articolo 127 e' inserito il seguente:

"Art. 127-bis.

I divieti contenuti nei numeri 6, 7, 8 e 9 dell'articolo 87 del codice civile sono applicabili all'affiliazione.".

 

ARTICOLO N.97

Modifiche alla legge 21 novembre 1967, n. 1185

Art. 97

1. All'articolo 3 della legge 21 novembre 1967, n. 1185, le parole: "patria potesta'" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale"; le parole: "potesta' sul figlio" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale sul figlio".

 

ARTICOLO N.98

Modifiche alla legge 1° dicembre 1970, n. 898

Art. 98

1. Alla legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4 il comma 4 e' sostituito dal seguente: "4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi."; nel comma 8, le parole da "qualora lo ritenga" fino a: "i figli minori" sono sostituite dalle seguenti: "disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento";

b) all'articolo 6, comma 1, le parole: "147 e 148" sono sostituite dalle seguenti: "315-bis e 316-bis "; il comma 2 e' sostituito dal seguente: "2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile."; i commi 3, 4, 5, 8, 9, 10, 11 e 12 sono abrogati; nel comma 7, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

c) all'articolo 12, la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio".

 

ARTICOLO N.99

Modifiche alla legge 22 maggio 1978, n. 194

Art. 99

1. All'articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

 

ARTICOLO N.100

Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184

Art. 100

1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1 la parola: "potesta'" e' sostituita dalla seguente: "responsabilita'";

b) all'articolo 3 le parole: "potesta' dei genitori" e la parola: "potesta'" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

c) all'articolo 4 la parola: "potesta'", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

d) all'articolo 5 le parole: "potesta' parentale" e la parola: "potesta'" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

e) all'articolo 6, comma 6, le parole: "naturali o" sono sostituite dalla seguente: "anche";

f) all'articolo 8, comma 3, dopo le parole: "dei servizi sociali locali" sono inserite le seguenti: ", anche all'esito della segnalazione di cui all'articolo 79-bis,";

g) all'articolo 9, comma 5, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

h) all'articolo 10, comma 3, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

i) all'articolo 11 la parola: "naturali" e la parola: "naturale", ovunque presenti, sono soppresse; al terzo comma, dopo le parole: "per altri due mesi." e' aggiunto il seguente periodo: "Il genitore autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo anno ai sensi dell'articolo 250, quinto comma, del codice civile, puo' chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi dopo l'autorizzazione.";

l) all'articolo 15, comma 1, la lettera c), e' sostituita dalla seguente: "c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilita' dei genitori ovvero e' provata l'irrecuperabilita' delle capacita' genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole.";

m) all'articolo 19, comma 1, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

n) all'articolo 25, comma 2, le parole: "legittimi o legittimati" sono soppresse e la parola: "quattordici" e' sostituita dalla seguente: "dodici";

o) all'articolo 27, comma 1, la parola: "legittimo" e' sostituita dalle seguenti: "nato nel matrimonio";

p) all'articolo 28, comma 4, le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

q) all'articolo 32, comma 2, lettera b), la parola: "legittimo" e' sostituita dalle seguenti: "nato nel matrimonio" e la parola: "naturali" e' sostituita dalla seguente: "biologici";

r) all'articolo 36, comma 2, lettera a), la parola: "naturali" e' sostituita dalla seguente: "biologici" e la parola: "legittimo" e' sostituita dalle seguenti: "nato nel matrimonio";

s) all'articolo 37, comma 2, la parola: "naturali" e' sostituita dalla seguente: "biologici";

t) all'articolo 44, comma 2, la parola: "legittimi" e' soppressa;

u) all'articolo 46, comma 2, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

v) all'articolo 48, comma 1, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

z) all'articolo 50 la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

aa) all'articolo 52, comma 3, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

bb) all'articolo 71, comma 3, la parola: "potesta'" e' sostituita dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

cc) all'articolo 73, comma 1, le parole: "legittimo per adozione" sono sostituite dalla seguente: "adottivo";

dd) all'articolo 74 la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio";

ee) dopo l'articolo 79 e' inserito il seguente:

"Art. 79-bis.

1. Il giudice segnala ai comuni le situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia.".

 

ARTICOLO N.101

Modifiche alla legge 31 maggio 1995, n. 218

Art. 101

1. Alla legge 31 maggio 1995, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 33 e' sostituito dal seguente:

"Art. 33.

Filiazione

1. Lo stato di figlio e' determinato dalla legge nazionale del figlio o, se piu' favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e' cittadino, al momento della nascita.

2. La legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio; qualora la legge cosi' individuata non permetta l'accertamento o la contestazione dello stato di figlio si applica la legge italiana.

3. Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non puo' essere contestato che alla stregua di tale legge; se tale legge non consente la contestazione si applica la legge italiana.

4. Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicita' dello stato di figlio.";

b) nella rubrica dell'articolo 35 la parola: "naturale" e' soppressa; il comma 1 e' sostituito dal seguente: "1. Le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, o se piu' favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene; se tali leggi non prevedono il riconoscimento si applica la legge italiana.";

c) all'articolo 36 le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale";

d) dopo l'articolo 36 e' inserito il seguente:

"Art. 36-bis.

1. Nonostante il richiamo ad altra legge, si applicano in ogni caso le norme del diritto italiano che:

a) attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilita' genitoriale;

b) stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento del figlio;

c) attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilita' genitoriale in presenza di condotte pregiudizievoli per il figlio.";

e) all'articolo 38, primo comma, la parola: "legittimo" e' soppressa.

 

ARTICOLO N.102

Modifiche alla legge 19 febbraio 2004, n. 40

Art. 102

1. All'articolo 8 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, la parola: "legittimi" e' sostituita dalle seguenti: "nati nel matrimonio".

 

ARTICOLO N.103

Modifiche al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71

Art. 103

1. All'articolo 30 del decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio";

b) al primo comma la parola: "naturale" e' sostituita dalle seguenti: "nato fuori del matrimonio";

c) il secondo periodo del primo comma e' sostituito dal seguente:

"Quando ricorrono i presupposti previsti dall'articolo 262 del codice civile, il capo dell'ufficio consolare riceve altresi' le domande relative al cognome del figlio nato fuori del matrimonio e le trasmette al giudice competente";

d) il secondo comma e' abrogato.

 


Titolo IV
Disposizioni transitorie e finali

ARTICOLO N.104

Disposizioni transitorie

Art. 104

1. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, sono legittimati a proporre azioni di petizione di eredita', ai sensi dell'articolo 533 del codice civile, coloro che, in applicazione dell'articolo 74 dello stesso codice, come modificato dalla medesima legge, hanno titolo a chiedere il riconoscimento della qualita' di erede.

2. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, possono essere fatti valere i diritti successori che discendono dall'articolo 74 del codice civile, come modificato dalla medesima legge.

3. Le disposizioni di cui al comma 1 e al comma 2 si applicano anche nei confronti dei discendenti del figlio, riconosciuto o la cui paternita' o maternita' sia stata giudizialmente accertata, morto prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219.

4. I diritti successori che discendono dall'articolo 74 del codice civile, come modificato dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, sulle eredita' aperte anteriormente al termine della sua entrata in vigore si prescrivono a far data da suddetto termine.

5. Nei casi in cui i riconoscimenti o le dichiarazioni giudiziali di genitorialita' intervengano dopo il termine di entrata in vigore della presente legge, i diritti successori che non sarebbero spettati a persona deceduta prima di tale termine possono essere fatti valere dai suoi discendenti in rappresentazione e dai suoi eredi. Essi si prescrivono a far data dall'annotazione del riconoscimento nell'atto di nascita o dal passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della paternita' o maternita'.

6. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, nei giudizi promossi ai sensi dell'articolo 533 del codice civile, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, si applicano l'articolo 74 del codice civile, come modificato dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, e le disposizioni del libro secondo del codice civile, come modificate dal presente decreto legislativo.

7. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, le disposizioni del codice civile, come modificate dal presente decreto legislativo, si applicano alle azioni di disconoscimento di paternita', di reclamo e di contestazione dello stato di figlio, relative ai figli nati prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.

8. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, le disposizioni del codice civile relative al riconoscimento dei figli, come modificate dalla medesima legge, si applicano anche ai figli nati o concepiti anteriormente all'entrata in vigore della stessa.

9. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, i termini per proporre l'azione di disconoscimento di paternita', previsti dal quarto comma dell'articolo 244 del codice civile, decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo.

10. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, nel caso di riconoscimento di figlio annotato sull'atto di nascita prima dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, i termini per proporre l'azione di impugnazione, previsti dall'articolo 263 e dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 267 del codice civile, decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.

11. Restano validi e non possono essere modificati gli atti dello stato civile gia' formati secondo le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, salve le modifiche risultanti da provvedimenti giudiziari.

 

ARTICOLO N.105

Sostituzione termini

Art. 105

1. La parola: "potesta'" riferita alla potesta' genitoriale, le parole: "potesta' genitoriale", ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".

2. Le parole: "figli legittimi" o le parole: "figlio legittimo", ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente sono sostituite dalle seguenti: "figli nati nel matrimonio" o dalle seguenti: "figlio nato nel matrimonio".

3. Le parole: "figli naturali" o le parole: "figlio naturale", ovvero "figli adulterini" o "figlio adulterino" ove presenti, in tutta la legislazione vigente sono sostituite dalle seguenti: "figli nati fuori del matrimonio" o dalle seguenti: "figlio nato fuori del matrimonio".

4. Le parole: "figli legittimati", "figlio legittimato", "legittimato", "legittimati" ovunque presenti in tutta la legislazione vigente, sono soppresse.

 

ARTICOLO N.106

Abrogazioni

Art. 106

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) gli articoli 155-bis, 155-ter, 155-quater, 155-quinquies, 155-sexies, 233, 235, 242, 243, 261, 578 e 579 del codice civile;

b) gli articoli 34, 124 e 125 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318;

c) l'articolo 34 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

 

ARTICOLO N.107

Clausola di invarianza finanziaria

Art. 107

1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le Amministrazioni interessate provvedono ai compiti di cui al presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

 

ARTICOLO N.108

Entrata in vigore

Art. 108

1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

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Disciplina locazioni e rilascio immobili uso abitativo - Legge n. 431/1998

Legge 9 dicembre 1998, n. 431 (in Suppl. ordinario n. 203/L, alla Gazz. Uff., 15 dicembre, n. 292). - Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.

CAPO I 

LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO ABITATIVO

ARTICOLO N.1

Ambito di applicazione.

1. I contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, di seguito denominati "contratti di locazione", sono stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3 dell'articolo 2.

2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano: (1)

a) ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell'articolo 2 della presente legge;

b) agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;

c) agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.

3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano ai contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile. A tali contratti non si applica l'articolo 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (1).

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta.

(1) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2.

 

ARTICOLO N.2

Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione.

1. Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni (1) .

2. Per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 1, i contraenti possono avvalersi dell'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.

3. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Al fine di promuovere i predetti accordi, i comuni, anche in forma associata, provvedono a convocare le predette organizzazioni entro sessanta giorni dalla emanazione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4. I medesimi accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata (2).

4. Per favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3, i comuni possono deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente al momento in cui le delibere stesse sono assunte. I comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, per la stessa finalità di cui al primo periodo possono derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni (3).

5. I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 5. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.

6. I contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo.

(1) Vedi l'articolo 2 del D.M. 30 dicembre 2002.

(2) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2. Vedi anche gli articoli 1 e 5 del D.M. 30 dicembre 2002.

(3) A norma dell'articolo 2, comma 288, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 il presente comma deve essere interpretato nel senso che le aliquote possono arrivare fino all’esenzione dall’imposta.

 

ARTICOLO N.3

Disdetta del contratto da parte del locatore.

1. Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:

a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;

f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;

g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

2. Nei casi di disdetta del contratto da parte del locatore per i motivi di cui al comma 1, lettere d) ed e), il possesso, per l'esecuzione dei lavori ivi indicati, della concessione o dell'autorizzazione edilizia è condizione di procedibilità dell'azione di rilascio. I termini di validità della concessione o dell'autorizzazione decorrono dall'effettiva disponibilità a seguito del rilascio dell'immobile. Il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui all'articolo 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il proprietario, terminati i lavori, concede nuovamente in locazione l'immobile. Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata.

3. Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.

4. Per la procedura di diniego di rinnovo si applica l'articolo 30 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.

5. Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3.

6. Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

 


CAPO II
CONTRATTI DI LOCAZIONE STIPULATI IN BASE AD ACCORDI DEFINITI IN SEDE LOCALE

ARTICOLO N.4

Convenzione nazionale.

1. Al fine di favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3 dell'articolo 2, il Ministro dei lavori pubblici convoca le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, ogni tre anni a decorrere dalla medesima data, al fine di promuovere una convenzione, di seguito denominata "convenzione nazionale", che individui i criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti. In caso di mancanza di accordo delle parti, i predetti criteri generali sono stabiliti dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, con il decreto di cui al comma 2 del presente articolo, sulla base degli orientamenti prevalenti espressi dalle predette organizzazioni. I criteri generali definiti ai sensi del presente comma costituiscono la base per la realizzazione degli accordi locali di cui al comma 3 dell'articolo 2 e il loro rispetto, unitamente all'utilizzazione dei tipi di contratto di cui all' articolo 4-bis, costituisce condizione per l'applicazione dei benefici di cui all'articolo 8. (1)

2. I criteri generali di cui al comma 1 sono indicati in apposito decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla conclusione della convenzione nazionale ovvero dalla constatazione, da parte del Ministro dei lavori pubblici, della mancanza di accordo delle parti, trascorsi novanta giorni dalla loro convocazione. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di applicazione dei benefici di cui all'articolo 8 per i contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 in conformità ai criteri generali di cui al comma 1 del presente articolo.

3. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2, il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, fissa con apposito decreto le condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 nonché dell' articolo 5, nel caso in cui non vengano convocate da parte dei comuni le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero non siano definiti gli accordi di cui al medesimo comma 3 dell'articolo 2 (2) (3).

4. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 60, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito atto di indirizzo e coordinamento, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti, in sostituzione di quelli facenti riferimento alla legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni, criteri in materia di determinazione da parte delle regioni dei canoni di locazione per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Gli attuali criteri di determinazione dei canoni restano validi fino all'adeguamento da parte delle regioni ai criteri stabiliti ai sensi del presente comma.

(1) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2.

(2) Vedi l'articolo 7 del D.M. 30 dicembre 2002.

(3) Comma modificato dall'articolo 7 del D.L. 13 settembre 2004, n. 240.

 

ARTICOLO N.4 bis

Tipi di contratto

1. La convenzione nazionale di cui all'articolo 4, comma 1, approva i tipi di contratto per la stipula dei contratti agevolati di cui all'articolo 2, comma 3, nonché dei contratti di locazione di natura transitoria di cui all'articolo 5, comma 1, e dei contratti di locazione per studenti universitari di cui all'articolo 5, commi 2 e 3.

2. I tipi di contratto possono indicare scelte alternative, da definire negli accordi locali, in relazione a specifici aspetti contrattuali, con particolare riferimento ai criteri per la misurazione delle superfici degli immobili.

3. In caso di mancanza di accordo delle parti, i tipi di contratto sono definiti con il decreto di cui all'articolo 4, comma 2. (1)

(1) Articolo inserito dall'art. 1, l. 8 gennaio 2002, n. 2.

 

ARTICOLO N.5

Contratti di locazione di natura transitoria.

1. Il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4 definisce le condizioni e le modalità per la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla presente legge per soddisfare particolari esigenze delle parti (1) .

2. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, possono essere stipulati contratti di locazione per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari sulla base dei tipi di contratto di cui all' articolo 4-bis. (2)

3. È facoltà dei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d'intesa con comuni limitrofi, promuovere specifici accordi locali per la definizione, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi del comma 2 dell'articolo 4, dei canoni di locazione di immobili ad uso abitativo per studenti universitari. Agli accordi partecipano, oltre alle organizzazioni di cui al comma 3 dell'articolo 2, le aziende per il diritto allo studio e le associazioni degli studenti, nonché cooperative ed enti non lucrativi operanti nel settore. (1)

(1) Per la durata di tali contratti vedi l'articolo 2 del D.M. 30 dicembre 2002.

(2) Comma modificato dall'art. 2, l. 8 gennaio 2002, n. 2.

 


CAPO III
ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DI RILASCIO DEGLI IMMOBILI ADIBITI AD USO ABITATIVO

ARTICOLO N.6

Rilascio degli immobili.

1. Nei comuni indicati all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo per finita locazione sono sospese per un periodo di centottanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Il locatore ed il conduttore di immobili adibiti ad uso abitativo, per i quali penda provvedimento esecutivo di rilascio per finita locazione, avviano entro il termine di sospensione di cui al comma 1, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche tramite le rispettive organizzazioni sindacali, trattative per la stipula di un nuovo contratto di locazione in base alle procedure definite all'articolo 2 della presente legge.

3. Trascorso il termine di cui al comma 1 ed in mancanza di accordo fra le parti per il rinnovo della locazione, i conduttori interessati possono chiedere, entro e non oltre i trenta giorni dalla scadenza del termine fissato dal comma 1, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell'articolo 11 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94. Avverso il decreto del pretore è ammessa opposizione al tribunale che giudica con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile. Il decreto con cui il pretore fissa nuovamente la data dell'esecuzione vale anche come autorizzazione all'ufficiale giudiziario a servirsi dell'assistenza della forza pubblica.

4. Per i provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il conduttore può chiedere una sola volta, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell'articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione entro un termine di sei mesi salvi i casi di cui al comma 5. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982. Avverso il decreto del pretore il locatore ed il conduttore possono proporre opposizione per qualsiasi motivo al tribunale che giudica con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile.

5. Il differimento del termine delle esecuzioni di cui ai commi 3 e 4 può essere fissato fino a diciotto mesi nei casi in cui il conduttore abbia compiuto i 65 anni di età, abbia cinque o più figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilità, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi, sia portatore di handicap o malato terminale (1).

6. Durante i periodi di sospensione delle esecuzioni di cui al comma 1 del presente articolo e al comma quarto dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982,, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, nonché per i periodi di cui all'articolo 3 del citato decreto-legge n. 551 del 1988 e prorogati, e comunque fino all'effettivo rilascio, i conduttori sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile, una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente; l'importo così determinato è maggiorato del venti per cento. La corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile. Durante i predetti periodi di sospensione sono dovuti gli oneri accessori di cui all'articolo 9 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni. In caso di inadempimento, il conduttore decade dal beneficio, comunque concesso, della sospensione dell'esecuzione del provvedimento di rilascio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55 della citata legge n. 392 del 1978 (2).

7. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 1 del citato decreto-legge n. 551 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1989, nonché quanto previsto dai commi primo, secondo e terzo dell'articolo 17 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, è data priorità ai destinatari di provvedimenti di rilascio con data di esecuzione fissata entro il termine di tre mesi.

(1) Il termine dilatorio di cui al presente comma, non può essere inferiore a nove mesi, mentre l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio già emessi è differita di nove mesi a partire dal 1° gennaio 2000 (art. 1, d.l. 25 febbraio 2000, n. 32, conv. in l. 20 aprile 2000, n. 97).

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 9 novembre 2000, n. 482, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 del codice civile, anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile.

 

ARTICOLO N.7

Condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile.

[1. Condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile locato è la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l'immobile è stato denunciato ai fini dell'applicazione dell'ICI e che il reddito derivante dall'immobile medesimo è stato dichiarato ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi. Ai fini della predetta dimostrazione, nel precetto di cui all'articolo 480 del codice di procedura civile devono essere indicati gli estremi di registrazione del contratto di locazione, gli estremi dell'ultima denuncia dell'unità immobiliare alla quale il contratto si riferisce ai fini dell'applicazione dell'ICI, gli estremi dell'ultima dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è stato dichiarato nonché gli estremi delle ricevute di versamento dell'ICI relative all'anno precedente a quello di competenza. (1)] (2)

(1) Per un'interpretazione autentica del primo periodo del presente comma, vedi art. 1, d.l. 25 febbraio 2000, n. 32, conv. in l. 20 aprile 2000, n. 97.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza n. 333 del 5 ottobre 2001, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo.

 


CAPO IV
MISURE DI SOSTEGNO AL MERCATO DELLE LOCAZIONI

ARTICOLO N.8

Agevolazioni fiscali.

1. Nei comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, il reddito imponibile derivante al proprietario dai contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 a seguito di accordo definito in sede locale e nel rispetto dei criteri indicati dal decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4, ovvero nel rispetto delle condizioni fissate dal decreto di cui al comma 3 del medesimo articolo 4, determinato ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è ulteriormente ridotto del 30 per cento. Per i suddetti contratti il corrispettivo annuo ai fini della determinazione della base imponibile per l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro è assunto nella misura minima del 70 per cento.

2. Il locatore, per usufruire dei benefici di cui al comma 1, deve indicare nella dichiarazione dei redditi gli estremi di registrazione del contratto di locazione nonché quelli della denuncia dell'immobile ai fini dell'applicazione dell'ICI.

3. Le agevolazioni di cui al presente articolo non si applicano ai contratti di locazione volti a soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, fatta eccezione per i contratti di cui al comma 2 dell'articolo 5 e per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 1.

4. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia, provvede, ogni ventiquattro mesi, all'aggiornamento dell'elenco dei comuni di cui al comma 1, anche articolando ed ampliando i criteri previsti dall'articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899. La proposta del Ministro dei lavori pubblici è formulata avuto riguardo alle risultanze dell'attività dell'Osservatorio della condizione abitativa di cui all'articolo 12. Qualora le determinazioni del CIPE comportino un aumento del numero dei beneficiari dell'agevolazione fiscale prevista dal comma 1, è corrispondentemente aumentata, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, la percentuale di determinazione della base imponibile prevista dal medesimo comma. Tale aumento non si applica ai contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del predetto decreto del Ministro delle finanze (1) .

5. Al comma 1 dell'art. 23 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare"..

6. Per l'attuazione dei commi da 1 a 4 è autorizzata la spesa di lire 4 miliardi per l'anno 1999, di lire 157,5 miliardi per l'anno 2000, di lire 247,5 miliardi per l'anno 2001, di lire 337,5 miliardi per l'anno 2002, di lire 427,5 miliardi per l'anno 2003 e di lire 360 miliardi a decorrere dall'anno 2004.

7. Per l'attuazione del comma 5 è autorizzata la spesa di lire 94 miliardi per l'anno 2000 e di lire 60 miliardi a decorrere dall'anno 2001.

(1) Vedi l'articolo 5 del D.M. 30 dicembre 2002.

 

ARTICOLO N.9

Disposizioni per i fondi per la previdenza complementare.

[1. I fondi per la previdenza complementare regolamentati dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che detengono direttamente beni immobili possono optare per la libera determinazione dei canoni di locazione oppure per l'applicazione dei contratti previsti dall'art. 2, comma 3, della presente legge. Nel primo caso, tuttavia, i redditi derivanti dalle locazioni dei suddetti immobili sono soggetti all'IRPEG.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 7, d.lg. 18 febbraio 2000, n. 47.

 

ARTICOLO N.10

Ulteriori agevolazioni fiscali.

1. Con provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il triennio 2000-2002 è istituito, a decorrere dall'anno 2001, un fondo per la copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione, secondo modalità determinate dal medesimo provvedimento collegato, di una detrazione ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in favore dei conduttori, appartenenti a determinate categorie di reddito, di alloggi locati a titolo di abitazione principale, da stabilire anche nell'ambito di una generale revisione dell'imposizione sugli immobili. Per gli esercizi successivi al triennio 2000-2002, alla dotazione del fondo si provvede con stanziamento determinato dalla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

2. Le detrazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili con i contributi previsti dal comma 3 dell'articolo 11 (1) .

(1) Vedi l'articolo 5 del D.M. 30 dicembre 2002.

 

ARTICOLO N.11

Fondo nazionale.

1. Presso il Ministero dei lavori pubblici è istituito il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione annua è determinata dalla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni (1) .

2. Per ottenere i contributi di cui al comma 3 i conduttori devono dichiarare sotto la propria responsabilità che il contratto di locazione è stato registrato.

3. Le somme assegnate al Fondo di cui al comma 1 sono utilizzate per la concessione, ai conduttori aventi i requisiti minimi individuati con le modalità di cui al comma 4, di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili, di proprietà sia pubblica sia privata, nonché, qualora le disponibilità del Fondo lo consentano, per sostenere le iniziative intraprese dai comuni anche attraverso la costituzione di agenzie o istituti per la locazione o attraverso attività di promozione in convenzione con cooperative edilizie per la locazione, tese a favorire la mobilità nel settore della locazione attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione per periodi determinati. I comuni possono, con delibera della propria giunta, prevedere che i contributi integrativi destinati ai conduttori vengano, in caso di morosita', erogati al locatore interessato a sanatoria della morosita' medesima, anche tramite l'associazione della proprieta' edilizia dallo stesso locatore per iscritto designata, che attesta l'avvenuta sanatoria con dichiarazione sottoscritta anche dal locatore (2) (3) (9).

4. Il Ministro dei lavori pubblici, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce, con proprio decreto, i requisiti minimi necessari per beneficiare dei contributi integrativi di cui al comma 3 e i criteri per la determinazione dell'entità dei contributi stessi in relazione al reddito familiare e all'incidenza sul reddito medesimo del canone di locazione .

5. Le risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite, entro il 31 marzo di ogni anno, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. A decorrere dall'anno 2005 la ripartizione è effettuata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base dei criteri fissati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa medesima intesa ed in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome, ai sensi del comma 6 (4).

6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 3 con proprie risorse iscritte nei rispettivi bilanci (10).

7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla ripartizione fra i comuni delle risorse di cui al comma 6 nonché di quelle ad esse attribuite ai sensi del comma 5, sulla base di parametri che premino anche la disponibilità dei comuni a concorrere con proprie risorse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 3. Qualora le risorse di cui al comma 5 non siano trasferite ai comuni entro novanta giorni dall'effettiva attribuzione delle stesse alle regioni e alle province autonome, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, previa diffida alla regione o alla provincia autonoma inadempiente, nomina un commissario ad acta; gli oneri connessi alla nomina ed all'attività del commissario ad acta sono posti a carico dell'ente inadempiente (5) (11).

8. I comuni definiscono l'entità e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 3, individuando con appositi bandi pubblici i requisiti dei conduttori che possono beneficiarne, nel rispetto dei criteri e dei requisiti minimi di cui al comma 4. I bandi per la concessione dei contributi integrativi devono essere emessi entro il 30 settembre di ogni anno con riferimento alle risorse assegnate, per l'anno di emissione del bando, dalla legge finanziaria (6).

9. Per gli anni 1999, 2000 e 2001, ai fini della concessione dei contributi integrativi di cui al comma 3, è assegnata al Fondo una quota, pari a lire 600 miliardi per ciascuno degli anni 1999, 2000 e 2001, delle risorse di cui alla legge 14 febbraio 1963, n. 60, relative alle annualità 1996, 1997 e 1998. Tali disponibilità sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici. Le predette risorse, accantonate dalla deliberazione del CIPE del 6 maggio 1998, non sono trasferite ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e restano nella disponibilità della Sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti per il predetto versamento.

10. Il Ministero dei lavori pubblici provvederà, a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 1, ad effettuare il versamento all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2003 delle somme occorrenti per la copertura delle ulteriori minori entrate derivanti, in tale esercizio, dall'applicazione dell'articolo 8, commi da 1 a 4, pari a lire 67,5 miliardi, intendendosi ridotta per un importo corrispondente l'autorizzazione di spesa per l'anno medesimo determinata ai sensi del comma 1 del presente articolo.

11. Le disponibilità del Fondo sociale, istituito ai sensi dell'articolo 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica al Fondo di cui al comma 1 (7)(8).

(1) Per l'incremento, relativo all'anno 2004, della dotazione del fondo di cui al presente comma vedi l'articolo 1 bis del D.L. 12 luglio 2004, n. 168. Per l'incremento, relativo all'anno 2009, vedi l'articolo 2 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185.

(2) Comma così modificato dall'articolo 7 del D.L. 13 settembre 2004, n. 240.

(3) Per i requisiti minimi dei conduttori per beneficiare dei contributi integrativi a valere sulle risorse assegnate al Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione di cui al presente comma, vedi il D.M. 7 giugno 1999.

(4) Comma sostituito dall'articolo 1 della legge 8 febbraio 2001, n. 21 e successivamente dall'articolo 7 del D.L. 13 settembre 2004, n. 240. Per i criteri di ripartizione delle risorse di cui al presente comma vedi il D.M. 14 settembre 2005. Per il riparto delle risorse del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione vedi: per l'anno 2002, il D.M. 4 dicembre 2002 , per l'anno 2003, il D.M. 5 dicembre 2003 , per l'anno 2004, il D.M. 18 novembre 2004 , per l'anno 2005, il D.M. 28 novembre 2005 , per l'anno 2006, il D.M. 10 novembre 2006 e per l'anno 2007, il D.M. 3 settembre 2007 .

(5) Comma modificato dall'articolo 1 della legge 8 febbraio 2001, n. 21.

(6) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1-bis, del D.L. 20 ottobre 2008, n. 158.

(7) Vedi articolo 1, comma 4, del D.L. 25 febbraio 2000, n. 32, conv. in legge 20 aprile 2000, n. 97.

(8) A norma dell'articolo 6, comma 4, del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013, n. 124, al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e' assegnata una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

(9) Per le modifiche al presente comma vedi l'articolo 2, comma 1, lettera a), del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non ancora convertito in legge.

(10) Per le modifiche al presente comma vedi l'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non ancora convertito in legge.

(11) Per la sostituzione del presente comma vedi l'articolo 2, comma 1, lettera c), del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non ancora convertito in legge.

 


CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI

ARTICOLO N.12

Osservatorio della condizione abitativa.

1. L'Osservatorio della condizione abitativa, istituito dall'articolo 59 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è costituito presso il Ministero dei lavori pubblici ed effettua la raccolta dei dati nonché il monitoraggio permanente della situazione abitativa. Il Ministro dei lavori pubblici, con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce l'organizzazione e le funzioni dell'Osservatorio, anche ai fini del collegamento con gli osservatori istituiti dalle regioni con propri provvedimenti (1) .

(1) Vedi il Comunicato 24 maggio 2005.

 

ARTICOLO N.13

Patti contrari alla legge.

1. È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

2. Nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.

3. È nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.

4. Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale. Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.

5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.

6. I riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso.

 

ARTICOLO N.14

Disposizioni transitorie e abrogazione di norme.

1. In sede di prima applicazione dell'articolo 4 della presente legge, non trova applicazione il termine di novanta giorni di cui al comma 2 del medesimo articolo 4.

2. Con l'attuazione del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nell'articolo 6 e nell'articolo 13, comma 5, della presente legge al pretore si intende sostituito il tribunale in composizione monocratica e al tribunale il tribunale in composizione collegiale.

3. Sono abrogati l'art. 11, d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, nonchè gli artt. 1-bis, 2, 3, 4, 5 e 8, d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. in l. 21 febbraio 1989, n. 61.

4. Sono altresì abrogati gli articoli 1, 3, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 54, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 75, 76, 77, 78, 79, limitatamente alle locazioni abitative, e 83 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.

5. Ai contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data.

 

ARTICOLO N.15

Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dall'attuazione dei commi da 1 a 5 dell'articolo 8, valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1999 e in lire 420 miliardi a decorrere dall'anno 2000, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni per i medesimi anni degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 4 miliardi per l'anno 1999 e quanto a lire 299 miliardi per l'anno 2000, l'accantonamento relativo al Ministero dei lavori pubblici, nonché, quanto a lire 107 miliardi per l'anno 2000, l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a lire 14 miliardi per l'anno 2000, l'accantonamento relativo al Ministero di grazia e giustizia.

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 

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La successione mortis causa

La successione mortis causa è l’istituto giuridico che  determina regole e criteri per assicurare la continuità dei rapporti patrimoniali facenti capo al defunto...

La successione mortis causa è l’istituto giuridico che  determina regole e criteri per assicurare la continuità dei rapporti patrimoniali facenti capo al defunto.

La successione può essere legittima o testamentaria: nel primo caso la successione dei rapporti patrimoniali riferibili al de cuis sono regolati interamente dalle previsioni di legge, nell’altra ipotesi invece è il de cuius attraverso il testamento a determinare quali soggetti saranno destinatari dei suoi rapporti giuridici.

Il testamento pertanto è l’atto con cui una persona fisica dispone il passaggio del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

In mancanza di testamento l’individuazione dei beneficiari sarà determinato dalla legge secondo le regole della successione legittima.

La libertà del testatore è stata però limitata dal legislatore il quale ha previsto che una determinata quota del patrimonio del de cuius (cd “quota di legittima”) deve essere necessariamente destinata a specifiche  categorie di soggetti , parenti prossimi del defunto.

Nell’ipotesi in cui non venga rispettata la quota di legittima nel lascito testamentario, l’atto di disposizione mortis causa potrà essere impugnato.

Le forme di testamento ammesse nell’ordinamento sono tre:

·           Testamento olografo: per detta forma testamentaria devono essere rispettati tre requisiti: il testo deve essere scritto interamente a mano dal testatore, deve essere inserita la data di redazione e il disponente deve sottoscrivere l’atto  apponendo la propria firma in calce.

·              Testamento pubblico: l’atto è redatto da un notaio che ha l’obbligo di conservare il testamento con la massima diligenza sino alla morte del testatore nonché di mantenere la massima riservatezza sia sull’avvenuta redazione dell’atto sia sul contenuto dello stesso.

·             Testamento segreto : l’atto viene scritto dal disponente , non necessariamente a mano, e viene consegnato in una busta chiusa ad un notaio.

Perché la disposizione testamentaria sia valida, il disponente, al momento della redazione, deve essere maggiorenne e capace di intendere e volere.

Si consideri da ultimo che il testamento è sempre revocabile dal testatore; la revoca può avvenire in forma esplicita o in forma tacita. Nella prima ipotesi il testatore redigerà un nuovo atto indicando espressamente che il precedente deve considerarsi revocato; nell’altra la nuova disposizione sarà in tutto o in parte incompatibile con la precedente, e quest’ultima dovrà ritenersi in tutto o in parte abrogata.

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Il cognome materno ai figli non è più un miraggio

A fronte di un vuoto legislativo ancora perdurante, si registra un recente approdo della Corte Costituzionale teso a garantire in maniera ancor più pregnante l’uguaglianza dei genitori nell'ambito della famiglia e nella sfera di diritti e doveri verso i figli: è stata infatti dichiarata illegittima la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo...

A fronte di un vuoto legislativo ancora perdurante, si registra un recente approdo della Corte Costituzionale teso a garantire in maniera ancor più pregnante l’uguaglianza dei genitori nell'ambito della famiglia e nella sfera di diritti e doveri verso i figli: è stata infatti dichiarata illegittima la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo (dunque anche in presenza di adozione), laddove vi sia un’espressa volontà contraria da parte dei genitori.

Ad oggi, quindi, ai genitori non potrà più impedirsi di attribuire il doppio cognome ai figli al momento della registrazione, grazie a quanto statuito nella sentenza della Consulta n.286/2016, in omaggio ad una interpretazione sempre più evolutiva dell’art.29 Cost.

Il caso prendeva origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Appello di Genova, in cui era stato fatto esplicito richiamo alla sentenza della Corte Europea di Strasburgo di condanna dello Stato Italiano sulla questione del cognome materno. Il caso in esame davanti ai giudici di Genova aveva riguardo, infatti, ad un bambino nato nel 2012, di cittadinanza italo-brasiliana, identificato con nomi diversi nei due Stati, relativamente al cognome.

 Ebbene la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt.237, 262 e 299 c.c., nonché dell’art. 72 co.1 RD n.1238/1939; e artt. 33 e 34 DPR  n. 396/2000, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno”. Di conseguenza, la scure dell’incostituzionalità colpisce anche l’art. 299 co. 3 c.c. “nella parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione”.

 Siffatta decisione della Corte, invero innovativa, si trova in linea con due precedenti interventi giurisprudenziali dello stesso organo giudiziario avutisi nel 1988 e successivamente nel 2006: nelle predette decisioni, pur considerando l’attribuzione del solo cognome paterno ai figli quale “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”, di matrice romanistica e ancorata alla ormai desueta potestà maritale, la Consulta caldeggiava l’intervento del legislatore, affinché potesse, nel rispettivo ambito di competenze tra i poteri dello Stato, trovarsi la giusta risposta normativa ad una ormai affermata pariordinazione genitoriale.

Anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo nel 2014 ha considerato discriminatoria la visione patriarcale della famiglia ancora vigente in Italia, nonostante l’evoluzione della società. Proprio a seguito della giurisprudenza della Corte EDU, e in accoglimento dei moniti della Corte Costituzionale espressi già dal 2006, il Parlamento Italiano ha discusso, nel 2014, un disegno di legge che prevede la possibilità di scegliere, tra i cognomi dei genitori, quello da attribuire al figlio legittimo, altresì facoltizzando anche la scelta del doppio cognome, sia materno che paterno.

Tale intervento legislativo, purtroppo ad oggi ancora fermo in Commissione Giustizia al Senato (a causa dei contrasti insorti in seno alla maggioranza politica), non è nuovo al panorama italiano, in quanto circa 40 anni fa è intervenuta la prima proposta parlamentare sulla possibilità di dare ai figli il cognome materno. Ad oggi il Parlamento sente il peso di questa pronuncia della Consulta e, stando agli ultimi dati diffusi, in Commissione Giustizia si è al lavoro su un testo di legge che, nel recepire le indicazioni della Corte Costituzionale, porterebbe l’Italia a dotarsi di una legislazione simile a quella di altri Paesi europei.

Ed invero, in norme di una corretta bigenitorialità e dell’ormai acclarata equi-ordinazione tra i genitori nella sfera di titolarità dei diritti e doveri verso la prole, dovrà darsi preciso rilievo giuridico alla volontà espressa di conferire al figlio, in aggiunta a quello paterno, anche il cognome materno. Ciò appare consono alle esigenze di una moderna società che si regge sul principio dell’uguaglianza anche e soprattutto all’interno della famiglia, in uno al principio della pari dignità morale e giuridica dei genitori, nonché della tutela costituzionalmente garantita della prole: attribuire ad un figlio anche il cognome materno significa, infatti, valorizzare la sua piena realizzazione del diritto all’identità personale. 

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La mediazione e la negoziazione

Gli istituti della mediazione e della negoziazione sono strumenti introdotti dal legislatore per ridurre il contenzioso e consentire la risoluzione delle controversie in via stragiudiziale. La mediazione...

Gli istituti della mediazione e della negoziazione sono strumenti introdotti dal legislatore per ridurre il contenzioso e consentire la risoluzione delle controversie in via stragiudiziale.

La mediazione viene definita dall’art.1 del d.lgs. 28/2010 come “l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”.

La negoziazione consiste, invece, in una procedura basata sulla sottoscrizione, da parte dei confliggenti, di una convenzione di negoziazione (art. 2, d.l. 132/14), mediante la quale le parti convengono di cooperare, in buona fede e lealtà, per risolvere in via amichevole una controversia, vertente su diritti disponibili, tramite l’assistenza degli avvocati.

Pertanto, mentre la procedura della mediazione si svolge dinnanzi ad un soggetto terzo mediatore, deputato anche ad agevolare il dialogo tra le parti facilitando il raggiungimento di un accordo, la negoziazione si sostanzia nel confronto tra le parti e i rispettivi parti.

Più precisamente, chi ha interesse ad attivare la procedura di mediazione, dovrà trasmettere apposita istanza ad un organismo di mediazione abilitato che a sua volta provvederà a nominare il mediatore. Dopo la designazione del mediatore e la fissazione del primo incontro, la medesima parte che ha attivato la procedura dovrà provvedere a notificare l’atto alla controparte.
I predetti istituti di risoluzione stragiudiziale costituiscono condizioni di procedibilità in precise ipotesi tassativamente indicate dal legislatore. 

In particolare la mediazione è obbligatoria per le controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Mentre la negoziazione è obbligatoria nei casi in cui si voglia esercitare in giudizio un'azione in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e nei casi in cui si intenda una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non superiori a € 50.000, fatta eccezione per le controversie nelle quali è prevista la mediazione obbligatoria (art. 3 d. L. 132/2014).

Al di fuori delle ipotesi in cui la negoziazione e la mediazione sono previste come condizioni di procedibilità, le parti possono sempre attivare detti istituti per la risoluzione di controversie in via stragiudiziale (mediazione e negoziazione facoltativa). 

Si specifica, da ultimo, che nell’ipotesi di mediazione obbligatoria le parti possono scegliere di attivare preliminarmente la procedura della negoziazione; nell’ipotesi in cui quest’ultima non abbia esito positivo, le parti sono  comunque costrette ad esperire la mediazione prima di poter procedere in sede giudiziaria.

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Legge sul Divorzio - Legge n. 898/1970

LEGGE 1 dicembre 1970, n. 898 (in Gazz. Uff., 3 dicembre, n. 306). - Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:

Promulga la seguente legge:

 

ARTICOLO N.1

Art. 1.

1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3.

 

ARTICOLO N.2

Art. 2.

1. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.

 

ARTICOLO N.3

Art. 3.

1. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi:

1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l'altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:

a) all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;

b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all'art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione (1);

c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio (2);

d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio (3).

Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.

Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente articolo la domanda non è proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale è ripresa;

2) nei casi in cui:

a) l'altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l'inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;

b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970 (4).

In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta (5);

[ Quando vi sia opposizione del coniuge convenuto il termine di cui sopra è elevato:] (6)

[ad anni sette, nel caso di separazione pronunciata per colpa esclusiva dell'attore; ] (6)

[ ad anni sei, nel caso di separazione consensuale omologata in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge o di separazione di fatto;] (6)

c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;

d) il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;

e) l'altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;

f) il matrimonio non è stato consumato;

g) è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164 (7).

(1) Lettera sostituita dall'articolo 1 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(2) Lettera sostituita dall'articolo 2 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(3) Lettera modificata dall'articolo 3 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(4) Lettera modificata dall'articolo 4 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(5) Capoverso sostituito dall'articolo 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(6) Capoverso abrogato dall'articolo 6 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(7) Lettera aggiunta dall'articolo 7 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.4

Art. 4 .

1. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge (1).

2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.

3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l'annotazione in calce all'atto.

4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli di entrambi i coniugi (2).

5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sè, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.

6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.

7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l'assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All'udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.

8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (3).

9. Tra la data dell'ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell'udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.

10. Con l'ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all'articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. L'ordinanza deve contenere l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all' articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.

11. All'udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l'articolo 184 del medesimo codice.

12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all'articolo 10.

13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l'obbligo della somministrazione dell'assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda.

14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.

15. L'appello è deciso in camera di consiglio.

16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8 (4).

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 23 maggio 2008 , n. 169 (in Gazz. Uff., 28 maggio 2008, n. 23) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole «del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza,».

(2) Comma sostituito dall'articolo 98, comma 1, lettera a), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente: " 4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza dei figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio."

(3) Comma modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera a), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:

"8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile."

(4) Articolo sostituito dall'articolo 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74 e successivamente dall'articolo 2, comma 3-bis del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, con effetto a decorrere dal 1° marzo 2006, come previsto dall'articolo 2, comma 3-quinquies del medesimo D.L. 35/2005.

 

ARTICOLO N.5

Art. 5.

1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.

2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio (1).

3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela (2).

4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti (2).

5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.

6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive (3).

7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione (4).

8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico (4).

9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria (4).

10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.

11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze (5).

(1) Comma sostituito dall'articolo 9 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(2) Comma inserito dall'articolo 9 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(3) Comma sostituito dall'articolo 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(4) Comma inserito dall'articolo 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(5) Comma aggiunto dall'articolo 1 della legge 1° agosto 1978, n. 436.

 

ARTICOLO N.6

Art. 6.

1. L'obbligo, ai sensi degli 315-bis e 316-bis del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori (1).

2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile (2).

[ 3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi. ] (3)

[ 4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. ] (4)

[ 5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento. ] (5)

6. L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L'assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile.

7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della responsabilita' genitoriale sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale (6).

[ 8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all'affidamento familiare di cui all'art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184. ] (7)

[ 9. Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l'audizione dei figli minori. ] (8)

[ 10. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare. ] (9)

[ 11. Nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. ] (10)

[12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.] (11) (12).

(1) Comma modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:

Comma 1. L'obbligo, ai sensi degli articoli 147 e 148 del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.

(2) Comma sostituito dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:

Comma 2. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dichiara a quale genitore i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Ove il tribunale lo ritenga utile all'interesse dei minori, anche in relazione all'età degli stessi, può essere disposto l'affidamento congiunto o alternato.

(3) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(4) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(5) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(6) Comma modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:

Comma 7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi in cui l'esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.

(7) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(8) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(9) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(10) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(11) Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lettera b), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto.

(12) Articolo sostituito dall'articolo 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.7

Art. 7.

Art. 7.

Il secondo comma dell'art. 252 del codice civile è così modificato:

"I figli adulterini possono essere riconosciuti anche dal genitore che, al tempo del concepimento, era unito in matrimonio, qualora il matrimonio sia sciolto per effetto della morte dell'altro coniuge ovvero per pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso".

 

ARTICOLO N.8

Art. 8.

1. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6.

2. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile.

3. Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l'invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente (1).

4. Ove il terzo cui sia stato notificato il provvedimento non adempia, il coniuge creditore ha azione diretta esecutiva nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovutegli quale assegno di mantenimento ai sensi degli articoli 5 e 6 (2).

5. Qualora il credito del coniuge obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia stato già pignorato al momento della notificazione, all'assegnazione e alla ripartizione delle somme fra il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, il creditore procedente e i creditori intervenuti nell'esecuzione, provvede il giudice dell'esecuzione (2).

6. Lo Stato e gli altri enti indicati nell'art. 1 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nonché gli altri enti datori di lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno e l'invito a pagare direttamente al coniuge cui spetta la corresponsione periodica, non possono versare a quest'ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori (2).

7. Per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare l'assegno. Le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno di cui al precedente comma sono soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell'assegno periodico di cui agli articoli 5 e 6 (2).

(1) Comma sostituito dall'articolo 12 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(2) Comma inserito dall'articolo 12 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.9

Art. 9.

1. Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.

2. In caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza (1).

3. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze (1).

4. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità.

5. Alle domande giudiziali dirette al conseguimento della pensione di reversibilità o di parte di essa deve essere allegato un atto notorio, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dal quale risultino tutti gli aventi diritto. In ogni caso, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica la tutela, nei confronti dei beneficiari, degli aventi diritto pretermessi, salva comunque l'applicabilità delle sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci (2).

(1) A norma dell'articolo 5 della legge 28 dicembre 2005, n. 263 per "titolarità dell'assegno ai sensi dell'articolo 5" deve intendersi l'avvenuto riconoscimento dell'assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi dell'articolo 5 della presente legge.

(2) Articolo sostituito dall'articolo 2 della legge 1° agosto 1978, n. 436, e successivamente dall'articolo 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74. Per l'affidamento condiviso dei figli vedi articolo 4 della legge 8 febbraio 2006 n. 54.

 

ARTICOLO N.9 bis

Art. 9-bis.

1. A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro a norma dell'art. 5, qualora versi in stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo conto dell'importo di quelle somme, della entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. L'assegno non spetta se gli obblighi patrimoniali previsti dall'art. 5 sono stati soddisfatti in unica soluzione.

2. Su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno può avvenire in unica soluzione. Il diritto all'assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno. Qualora risorga lo stato di bisogno l'assegno può essere nuovamente attribuito (1).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 3 della legge 1° agosto 1978, n. 436.

 

ARTICOLO N.10

Art. 10.

1. La sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando sia passata in giudicato, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere del tribunale o della Corte che l'ha emessa, all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238.

2. Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciati nei casi rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, hanno efficacia, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.

 

ARTICOLO N.11

Art. 11.

[ Dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, se il tribunale non ha disposto altrimenti, ciascun genitore esercita la patria potestà sui figli affidatigli. Il genitore al quale sono stati affidati i figli ne amministra i beni con l'obbligo di rendere conto annualmente al giudice tutelare e ne ha l'usufrutto fino a quando non passi a nuove nozze. L'altro genitore conserva il diritto di vigilare e il dovere di collaborare alla educazione e all'istruzione dei figli.

L'altro genitore, se ritiene pregiudizievoli per il figlio i provvedimenti presi dall'esercente la patria potestà, può ricorrere al giudice tutelare prospettando i provvedimenti che considera adeguati.

Il giudice, sentito il figlio che ha compiuto il 14° anno di età, dichiara quale dei provvedimenti è adeguato all'interesse del figlio.] (1)

(1) Articolo soppresso dall'articolo 14 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.12

Art. 12.

1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (1) (2).

(1) Articolo sostituito dall'articolo 15 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

(2) Articolo modificato dall'articolo 98, comma 1, lettera c), del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014 come indicato dall' articolo 108, comma 1, del citato decreto. Il testo in vigore fino al 6 febbraio 2014 è il seguente:

Art. 12.

1. Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio naturale si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

ARTICOLO N.12 bis

Art. 12-bis.

1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.

2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio (1).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.12 ter

Art. 12-ter.

1. In caso di genitori rispetto ai quali sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la pensione di reversibilità spettante ad essi per la morte di un figlio deceduto per fatti di servizio è attribuita automaticamente dall'ente erogante in parti eguali a ciascun genitore.

2. Alla morte di uno dei genitori, la quota parte di pensione si consolida automaticamente in favore dell'altro.

3. Analogamente si provvede, in presenza della predetta sentenza, per la pensione di reversibilità spettante al genitore del dante causa secondo le disposizioni di cui agli articoli 83 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (1).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 17 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.12 quater

Art. 12-quater.

1. Per le cause relative ai diritti di obbligazione di cui alla presente legge è competente anche il giudice del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio (1).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.12 quinquies

Art. 12-quinquies.

1. Allo straniero, coniuge di cittadina italiana, la legge nazionale del quale non disciplina lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge (1).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 20 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

 

ARTICOLO N.12 sexies

Art. 12-sexies.

1. Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale (1).

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74

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Legge di Riforma del processo esecutivo

Nuove norme dei pignoramenti presso terzi

Legge n. 82/2014

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Disciplina delle locazioni di immobili urbani - Legge n. 392/1978

Legge 27 luglio 1978, n. 392 (in Gazz. Uff., 29 luglio, n. 211). - Disciplina delle locazioni di immobili urbani. (EQUO CANONE) (1) (2)

(1) A decorrere dal 1° gennaio 1994, il rapporto di locazione avente ad oggetto gli immobili del demanio e del patrimonio dello Stato destinati ad uso abitativo dei dipendenti pubblici è disciplinato dalla presente legge (art. 23, l. 8 maggio 1998, n. 146).

(2) In deroga a quanto disposto dalla presente legge vedi l'articolo 27 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

(Omissis).

 


TITOLO I
DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE
CAPO I
LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE

ARTICOLO N.1

Durata della locazione.

[La durata della locazione avente per oggetto immobili urbani per uso abitazione non può essere inferiore a quattro anni. Se le parti hanno determinato una durata inferiore o hanno convenuto una locazione senza determinazione di tempo la durata si intende convenuta per quattro anni.

Il disposto del comma precedente non si applica quando si tratti di locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.2

Disciplina della sublocazione.

Il conduttore non può sublocare totalmente l'immobile, né può cedere ad altri il contratto senza il consenso del locatore.

Salvo patto contrario il conduttore ha la facoltà di sublocare parzialmente l'immobile, previa comunicazione al locatore con lettera raccomandata che indichi la persona del subconduttore, la durata del contratto ed i vani sublocati.

 

ARTICOLO N.3

Rinnovazione tacita.

[ Il contratto si rinnova per un periodo di quattro anni se nessuna delle parti comunica all'altra, almeno sei mesi prima della scadenza, con lettera raccomandata, che non intende rinnovarlo.

La stessa disciplina si applica ad ogni altra successiva scadenza. ] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.4

Recesso del conduttore.

È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.

 

ARTICOLO N.5

Inadempimento del conduttore.

Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile.

 

ARTICOLO N.6

Successione nel contratto.

In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi (1).

In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo.

In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto (2) (3).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia così convenuto.

(3) La Corte costituzionale, con ssentenza 7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale.

 

ARTICOLO N.7

Clausola di scioglimento in caso di alienazione.

È nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata.

 

ARTICOLO N.8

Spese di registrazione.

Le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali.

 

ARTICOLO N.9

Oneri accessori.

Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell'aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni.

Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore.

Il pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di effettuare il pagamento il conduttore ha diritto di ottenere l'indicazione specifica delle spese di cui ai commi precedenti con la menzione dei criteri di ripartizione. Il conduttore ha inoltre diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese effettuate.

Gli oneri di cui al primo comma addebitati dal locatore al conduttore devono intendersi corrispettivi di prestazioni accessorie a quella di locazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (1).

La disposizione di cui al quarto comma non si applica ove i servizi accessori al contratto di locazione forniti siano per loro particolare natura e caratteristiche riferibili a specifica attività imprenditoriale del locatore e configurino oggetto di un autonomo contratto di prestazione dei servizi stessi (2).

(1) Comma aggiunto dall'art. 67, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. in l. 29 ottobre 1993, n. 427.

(2) Comma aggiunto dall'art. 67, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. in l. 29 ottobre 1993, n. 427.

 

ARTICOLO N.10

Partecipazione del conduttore all'assemblea dei condomini.

Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria.

Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni.

La disciplina di cui al primo comma si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio.

In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario dell'edificio o da almeno tre conduttori.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.

 

ARTICOLO N.11

Deposito cauzionale.

Il deposito cauzionale non può essere superiore a tre mensilità del canone. Esso è produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno.

 

ARTICOLO N.12

Equo canone degli immobili adibiti ad uso di abitazione.

[Il canone di locazione e sublocazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione non può superare il 3,85% del valore locativo dell'immobile locato.

Il valore locativo è costituito dal prodotto della superficie convenzionale dell'immobile per il costo unitario di produzione del medesimo.

Il costo unitario di produzione è pari al costo base moltiplicato per i coefficienti correttivi indicati nell'art. 15.

Gli elementi che concorrono alla determinazione del canone di affitto, accertati dalle parti, vanno indicati nel contratto di locazione.

Se l'immobile locato è completamente arredato con mobili forniti dal locatore e idonei, per consistenza e qualità, all'uso convenuto, il canone determinato ai sensi dei commi precedenti può essere maggiorato fino ad un massimo del 30%.

[Le suddette modalità si applicano fino alla attuazione della riforma del catasto edilizio urbano.] (1)] (2)

(1) Comma soppresso dall’articolo 1, comma 10, del D.L.13 settembre 1991, n. 299 , convertito con modificazioni dalla L. 18 novembre 1991, n. 363.

(2) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.13

Superficie convenzionale.

[ La superficie convenzionale è data dalla somma dei seguenti elementi:

a ) l'intera superficie dell'unità immobiliare;

b ) il 50% della superficie delle autorimesse singole;

c ) il 20% della superficie del posto macchina in autorimesse di uso comune;

d ) il 25% della superficie di balconi, terrazze, cantine ed altri accessori simili;

e ) il 15% della superficie scoperta di pertinenza dell'immobile in godimento esclusivo del conduttore;

f ) il 10% della superficie condominiale a verde nella misura corrispondente alla quota millesimale dell'unità immobiliare.

È detratto il 30% dalla superficie dei vani con altezza utile inferiore a metri 1,70.

Le superfici di cui alle lettere a ), b ) e d ) si misurano al netto dei muri perimetrali e di quelli interni.

L'elemento di cui alla lettera e ) entra nel computo della superficie convenzionale fino ad un massimo non eccedente la superficie di cui alla lettera a ).

Alla superficie di cui alla lettera a ) si applicano i seguenti coefficienti:

a ) 1,00 per l'unità immobiliare di superficie superiore a metri quadrati 70;

b ) 1,10 per l'unità immobiliare di superficie compresa fra metri quadrati 46 e metri quadrati 70 (1);

c ) 1,20 per l'unità immobiliare inferiore a metri quadrati 46 (1).

I coefficienti di cui alle lettere b ) e c ) del quinto comma non si applicano agli immobili il cui stato di conservazione e manutenzione è scadente ai sensi dell'art. 21. (1)] (2).

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 18 giugno 1987, n. 236 ha dichiarato: a) l'illegittimità della lettera b) dell'art. 13, quinto comma, L. 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui, mediante l'applicazione dei coefficienti maggiorativi, consente che il canone relativo ad immobili di dimensioni inferiori ai 70,01 mq possa essere maggiore di quello previsto per immobili compresi nella fascia superiore, anziché equiparato a quello previsto per immobili di mq 70; b) ai sensi dell'art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità della lettera c) dell'art. 13, quinto comma, L. 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui, mediante l'applicazione dei coefficienti maggiorativi, consente che il canone relativo ad immobili di dimensioni inferiori ai 46 mq possa essere maggiore di quello previsto per immobili compresi nella fascia superiore anziché equiparato a quello previsto per immobili di mq 46.

(2) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.14

Costo base.

[ Il costo base a metro quadrato per gli immobili, la cui costruzione è stata ultimata entro il 31 dicembre 1975, è fissato in:

a ) L. 250.000 per gli immobili situati in Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Lazio;

b ) L. 225.000 per gli immobili situati in Campania, Abruzzi, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. La data di ultimazione dei lavori è quella risultante dal certificato di abitabilità o, in mancanza, dal certificato di ultimazione dei lavori presentato agli uffici delle imposte, oppure quella comunque accertata. ] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.15

Coefficienti correttivi del costo base.

[I coefficienti correttivi sono stabiliti in funzione del tipo, della classe demografica dei comuni, dell'ubicazione, del livello di piano, della vetustà e dello stato di conservazione e manutenzione dell'immobile. ](1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.16

Tipologia.

[In relazione alla tipologia si fa riferimento alla categoria catastale con i coefficienti risultanti dalla tabella seguente:

a ) 2,00 per le abitazioni di tipo signorile (A/1);

b ) 1,25 per le abitazioni di tipo civile (A/2);

c ) 1,05 per le abitazioni di tipo economico (A/3);

d ) 0,80 per le abitazioni di tipo popolare (A/4);

e ) 0,50 per le abitazioni di tipo ultrapopolare (A/5);

f ) 0,70 per le abitazioni di tipo rurale (A/6);

g ) 1,40 per le abitazioni di tipo villini (A/7);

h ) 0,80 per le abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi (A/11).

Qualora gli immobili non risultino censiti in catasto, ed ai soli fini del comma precedente, la categoria catastale viene stabilita dall'ufficio tecnico erariale sulla base delle categorie catastali delle unità immobiliari che siano ubicate nella stessa zona censuaria ed abbiano caratteristiche analoghe. A tale fine gli interessati devono presentare all'ufficio tecnico erariale competente per territorio apposita domanda corredata da una planimetria dell'immobile con una sommaria descrizione dell'edificio, delle rifiniture dell'unità immobiliare locata nonchè degli impianti in essa installati. L'ufficio provvede entro novanta giorni dalla richiesta senza obbligo di sopralluogo.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.17

Classe demografica dei comuni.

[In relazione alla classe demografica si applicano i seguenti coefficienti:

a ) 1,20 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 400.000 abitanti;

b ) 1,10 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;

c ) 1,05 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti;

d ) 0,95 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;

e ) 0,90 per gli immobili siti in comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;

f ) 0,80 per gli immobili siti in comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti.

Il numero degli abitanti di un comune è stabilito sulla base degli ultimi dati sulla popolazione residente pubblicati dall'ISTAT.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.18

Ubicazione.

[In relazione all'ubicazione i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti provvedono a ripartire il territorio comunale in cinque zone alle quali si applicano i coefficienti della tabella seguente:

a ) 0,85 per la zona agricola;

b ) 1 per la zona edificata periferica;

c ) 1,20 per la zona edificata compresa fra quella periferica e il centro storico;

d ) 1,20 per le zone di pregio particolare site nella zona edificata periferica o nella zona agricola;

e ) 1,30 per il centro storico.

I consigli comunali devono provvedere alla ripartizione del territorio comunale in zone entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

Nei comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti si applicano le perimetrazioni previste nell'art. 16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, con i seguenti coefficienti:

a ) 0,85 per la zona agricola;

b ) 1 per il centro edificato;

c ) 1,10 per il centro storico.

All'interno delle zone di cui alle lettere b ), c ) ed e ) del primo comma ed alle lettere b ) e c ) del terzo comma i consigli comunali possono individuare edifici o comparti di edifici particolarmente degradati ai quali si applica il coefficiente 0,90, in sostituzione dei coefficienti suindicati.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.19

Livello di piano.

[In relazione al livello di piano, limitatamente alle unità immobiliari situate in immobili costituiti da almeno tre piani fuori terra, si applicano i seguenti coefficienti:

a ) 0,80 per le abitazioni situate al piano seminterrato;

b ) 0,90 per le abitazioni situate al piano terreno;

c ) 1,00 per le abitazioni situate nei piani intermedi e all'ultimo piano;

d ) 1,20 per le abitazioni situate al piano attico.

Per le abitazioni situate al quarto piano e superiori di immobili sprovvisti di ascensore, i coefficienti previsti alle lettere c ) e d ) del comma precedente sono rispettivamente ridotti a 0,95 e 1,10.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.20

Vetustà.

[ In relazione alla vetustà si applica un coefficiente di degrado per ogni anno decorrente dal sesto anno successivo a quello di costruzione dell'immobile e stabilito nel modo seguente:

a ) 1% per i successivi quindici anni;

b ) 0,50% per gli ulteriori trenta anni.

Se si è proceduto a lavori di integrale ristrutturazione o di completo restauro dell'unità immobiliare, anno di costruzione è quello della ultimazione di tali lavori comunque accertato.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.21

Stato di conservazione e manutenzione.

[In relazione allo stato di conservazione e manutenzione dell'immobile si applicano i seguenti coefficienti:

a ) 1,00 se lo stato è normale;

b ) 0,80 se lo stato è mediocre;

c ) 0,60 se lo stato è scadente.

Per la determinazione dello stato di conservazione e manutenzione si tiene conto dei seguenti elementi propri dell'unità immobiliare:

1) pavimenti;

2) pareti e soffitti;

3) infissi;

4) impianto elettrico;

5) impianto idrico e servizi igienico-sanitari;

6) impianto di riscaldamento;

nonchè dei seguenti elementi comuni:

1) accessi, scale e ascensore;

2) facciate, coperture e parti comuni in genere.

Lo stato dell'immobile si considera mediocre qualora siano in scadenti condizioni tre degli elementi di cui sopra, dei quali due devono essere propri dell'unità immobiliare.

Lo stato dell'immobile si considera scadente qualora siano in scadenti condizioni almeno quattro degli elementi di cui sopra, dei quali tre devono essere propri dell'unità immobiliare.

Lo stato dell'immobile si considera scadente in ogni caso se l'unità immobiliare non dispone di impianto elettrico o dell'impianto idrico con acqua corrente nella cucina e nei servizi, ovvero se non dispone di servizi igienici privati o se essi sono comuni a più unità immobiliari.

Il Ministro dei lavori pubblici, con suo decreto da emanarsi entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente legge, indicherà analiticamente gli elementi di valutazione fissati nei commi precedenti. ] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.22

Immobili ultimati dopo il 31 dicembre 1975.

[Per gli immobili adibiti ad uso di abitazione che sono stati ultimati dopo il 31 dicembre 1975, il costo base di produzione a metro quadrato è fissato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con quello di grazia e giustizia, sentito il Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 31 marzo di ogni anno e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Il costo base di produzione è determinato, anche in misura differenziata per regione o per gruppi di regioni, tenendo conto:

a ) dei costi di produzione dell'edilizia convenzionata;

b ) dell'incidenza del contributo di concessione;

c ) del costo dell'area, che non potrà essere superiore al 25% del costo di produzione;

d ) degli oneri di urbanizzazione che gravano sul costruttore.

Se, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o di quella di registro o di altra imposizione fiscale, ovvero relativamente agli oneri delle assicurazioni obbligatorie o in base ad altre documentazioni di origine pubblica, risultano costi maggiori di quelli indicati nel decreto ai sensi delle lettere a ), b ) e d ) del comma precedente, il costo base si modifica nei singoli casi, tenendo conto di tali maggiori costi. Il costruttore, in quanto di sua spettanza, è tenuto a fornire al proprietario tali dati, se la richiesta venga fatta anteriormente al primo trasferimento dell'immobile; in tal caso gli stessi elementi dovranno essere comunicati agli uffici del catasto edilizio urbano. Agli effetti di cui sopra si tiene comunque conto del valore dell'immobile accertato ai fini dell'imposta di registro relativa al suo trasferimento a qualsiasi titolo, in quanto il valore di riferimento per la determinazione del canone è quello dei costi come sopra definiti.

Ai fini della determinazione del canone di locazione per gli immobili urbani ultimati dopo il 31 dicembre 1975, al costo base, determinato a norma del presente articolo, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 15 a 21; nelle ipotesi di cui al precedente comma non si applicano i coefficienti previsti nell'art. 16 nei casi in cui il maggior costo riguardi il costo di produzione.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.23

Riparazioni straordinarie.

[Quando si eseguano sull'immobile importanti ed improrogabili opere necessarie per conservare ad esso la sua destinazione o per evitare maggiori danni che ne compromettano l'efficienza in relazione all'uso a cui è adibito, o comunque opere di straordinaria manutenzione di rilevante entità, il locatore può chiedere al conduttore che il canone risultante dall'applicazione degli articoli precedenti venga integrato con un aumento non superiore all'interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati, dedotte le indennità e i contributi di ogni natura che il locatore abbia percepito o che successivamente venga a percepire per le opere eseguite.

L'aumento decorre dalla data in cui sono state ultimate le opere, se la richiesta è fatta entro trenta giorni dalla data stessa; in caso diverso decorre dal primo giorno del mese successivo al ricevimento della richiesta.

Le disposizioni dei commi precedenti sono applicabili anche quando il locatore venga assoggettato a contributi di miglioria per trasformazioni urbane nella zona in cui è situato l'immobile.

Le controversie derivanti dall'applicazione del presente articolo sono decise con le modalità indicate negli articoli 43 e seguenti. (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.24

Aggiornamento del canone.

[Per gli immobili adibiti ad uso d'abitazione il canone di locazione definito ai sensi degli articoli da 12 a 23 è aggiornato ogni anno in misura pari al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.

L'aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.25

Adeguamento del canone.

[Ciascuna delle parti, in ogni momento del rapporto contrattuale, ha diritto all'adeguamento del canone in relazione all'eventuale mutamento degli elementi di cui agli articoli 13 e 15, escluso il parametro relativo alla vetustà che si applica al momento del rinnovo contrattuale.

L'adeguamento del canone avrà effetto dal mese successivo a quello durante il quale sia stato richiesto mediante lettera raccomandata.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.26

Ambito di applicazione.

[Le disposizioni di cui al presente capo non si applicano:

a ) alle locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, salvo che il conduttore abiti stabilmente nell'immobile per motivi di lavoro o di studio;

b ) alle locazioni relative ad alloggi costruiti a totale carico dello Stato per i quali si applica il canone sociale determinato in base alle disposizioni vigenti;

c ) alle locazioni relative ad alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata (1);

d ) alle locazioni relative ad immobili inclusi nelle categorie catastali A/8 e A/9.

Le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 25 non si applicano alle locazioni concernenti gli immobili siti in comuni che al censimento del 1971 avevano popolazione residente fino a 5.000 abitanti qualora, nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della presente legge, e successivamente ogni quinquennio, la popolazione residente non abbia subito variazioni in aumento, o comunque l'aumento percentuale sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati pubblicati dall'ISTAT.

Il comune provvede a dare pubblica notizia della condizione di cui al precedente comma e delle eventuali variazioni (1).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 11 febbraio 1988, n. 155, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera nella parte in cui non dispone che il canone di locazione degli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata non deve comunque superare il canone che risulterebbe dall'applicazione delle disposizioni del titolo I, capo I, della medesima legge.(1)] (2).

(2) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

 


CAPO II
LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE

ARTICOLO N.27

Durata della locazione.

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili (1).

La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’articolo 1786 del codice civile o all’esercizio di attività teatrali (2) .

Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti.

Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.

Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.

È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata (3) .

(1) Comma sostituito dall'articolo 52 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79.

(2) Comma modificato dall'articolo 7, comma 1, lettera a), della legge 8 febbraio 2007, n. 9 e successivamente sostituito dall'articolo 52 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79.

(3) Vedi, anche, l'articolo 4 del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279 convertito in legge 11 dicembre 2000, n. 365.

 

ARTICOLO N.28

Rinnovazione del contratto.

Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell'articolo 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni, e per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere o all'esercizio di attività teatrali, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all'altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza (1).

Alla prima scadenza contrattuale, rispettivamente di sei o di nove anni, il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all'articolo 29 con le modalità e i termini ivi previsti.

(1) Comma modificato dall'articolo 7, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo.

 

ARTICOLO N.29

Diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza.

Il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza di cui all'articolo precedente è consentito al locatore ove egli intenda:

a) adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;

b) adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell'articolo 27, o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali;

c) demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro, ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i termini della licenza o della concessione e quest'ultima non sia stata nuovamente disposta;

d) ristrutturare l'immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell'articolo 12 della legge 11 giugno 1971, n. 426 e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell'immobile. Anche in tal caso il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella precedente lettera c) (1).

Per le locazioni di immobili adibiti all'esercizio di albergo, pensione o locanda, anche se ammobiliati, il locatore può negare la rinnovazione del contratto nelle ipotesi previste dall'articolo 7 della legge 2 marzo 1963, n. 191, modificato dall'articolo 4-bis del decreto-legge 27 giugno 1967, n. 460, convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1967, n. 628, qualora l'immobile sia oggetto di intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio. Gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella precedente lettera c). Il locatore può altresì negare la rinnovazione se intende esercitare personalmente nell'immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il secondo grado in linea retta la medesima attività del conduttore, osservate le disposizioni di cui all'art. 5 della L. 2 marzo 1963, n. 191, modificato dall'art. 4-bis del D.L. 27 giugno 1967, n. 460, convertito, con modificazioni, nella L. 28 luglio 1967, n. 628.

Ai fini di cui ai commi precedenti il locatore, a pena di decadenza, deve dichiarare la propria volontà di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilità dell'immobile locato; tale dichiarazione deve essere effettuata, con lettera raccomandata, almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza, rispettivamente per le attività indicate nei commi primo e secondo dell'articolo 27 e per le attività alberghiere.

Nella comunicazione deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati nei commi precedenti, sul quale la disdetta è fondata.

Se il locatore non adempie alle prescrizioni di cui ai precedenti commi il contratto s'intende rinnovato a norma dell'articolo precedente.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 9 ottobre 1998, n. 348, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultima parte della presente lettera, nella parte in cui prevede che la scadenza, nel corso del processo, del termine per l'inizio dei lavori, indicato nella licenza o concessione, impedisce l'emanazione del provvedimento di rilascio.

 

ARTICOLO N.30

Procedura per il rilascio.

Avvenuta la comunicazione di cui al terzo comma dell'articolo 29 e prima della data per la quale è richiesta la disponibilità ovvero quando tale data sia trascorsa senza che il conduttore abbia rilasciato l'immobile, il locatore può convenire in giudizio il conduttore, osservando le norme previste dall'art. 447-bis del codice di procedura civile (1).

[La controversia è di competenza del conciliatore qualora il canone annuo non superi lire seicentomila; negli altri casi è di competenza del pretore.] (2).

Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è posto l'immobile. Sono nulle le clausole derogative dalla competenza per territorio.

Alla prima udienza, se il convenuto compare e non si oppone, il giudice ad istanza del locatore, pronunzia ordinanza di rilascio per la scadenza di cui alla comunicazione prevista dall'articolo 29.

L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e definisce il giudizio.

Nel caso di opposizione del convenuto il giudice esperisce il tentativo di conciliazione.

Se il tentativo riesce viene redatto verbale che costituisce titolo esecutivo. In caso contrario o nella contumacia del convenuto si procede a norma dell'articolo 420 e seguenti del codice di procedura civile .

Il giudice, su istanza del ricorrente, alla prima udienza e comunque in ogni stato del giudizio, valutate le ragioni addotte dalle parti e le prove raccolte, può disporre il rilascio dell'immobile con ordinanza costituente titolo esecutivo.

(1) Comma così modificato dall'articolo 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L.4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

(2) Comma abrogato dall'art. 6, l. 30 luglio 1984, n. 399 e dall' articolo 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L.4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.31

Sanzioni.

Il locatore che abbia ottenuto la disponibilità dell'immobile per uno dei motivi previsti dall'art. 29 e che, nel termine di sei mesi dall'avvenuta consegna, non abbia adibito l'immobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, o non abbia adibito l'immobile ad esercizio in proprio di una delle attività indicate all'art. 27, ovvero non abbia rispettato i termini della concessione o quelli del piano comunale di intervento per quanto attiene l'inizio dei lavori di demolizione, ricostruzione, ristrutturazione o restauro dell'immobile ovvero, in caso di immobili adibiti ad esercizio di albergo, pensione o locanda, non abbia completato i lavori di ricostruzione nel termine stabilito dal Ministero del turismo e dello spettacolo, è tenuto, se il conduttore lo richiede, al ripristino del contratto, salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero al risarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto, oltre alle indennità previste ai sensi dell'art. 34.

Il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento del danno, ordina al locatore il pagamento di una somma da L. 500.000 a L. 2.000.000 da devolvere al comune nel cui territorio è sito l'immobile, ad integrazione del fondo sociale previsto dal titolo III della presente legge.

 

ARTICOLO N.32

Aggiornamento del canone (1).

Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira.

Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all'articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (2).

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione stagionale ed a quelli in corso al momento dell'entrata in vigore del limite di aggiornamento di cui al secondo comma del presente articolo (3).

(1) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 9-sexies, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12.

(2) Comma modificato dall'articolo 41, comma 16-duodecies, lettera a), del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(3) Comma modificato dall'articolo 41, comma 16-duodecies, lettera b), del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

 

ARTICOLO N.33

Canone delle locazioni stagionali.

Il canone delle locazioni stagionali può essere aggiornato con le modalità di cui all'articolo 32.

 

ARTICOLO N.34

Indennità per la perdita dell'avviamento.

In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell'articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità.

Il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all'importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.

L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata dall'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui al primo comma. L'indennità di cui al secondo comma deve essere corrisposta all'inizio del nuovo esercizio.

Nel giudizio relativo alla spettanza ed alla determinazione dell'indennità per la perdita dell'avviamento, le parti hanno l'onere di quantificare specificatamente la entità della somma reclamata o offerta e la corresponsione dell'importo indicato dal conduttore, o, in difetto, offerto dal locatore o comunque risultante dalla sentenza di primo grado, consente, salvo conguaglio all'esito del giudizio, l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile (1) (2).

(1) Comma aggiunto dall'art. 9, d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. in l. 21 febbraio 1989, n. 61.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 14 dicembre 1989, n. 542, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede i provvedimenti della pubblica amministrazione tra le cause di cessazione del rapporto di locazione che escludono il diritto del conduttore alla indennità per la perdita dell'avviamento.

 

ARTICOLO N.35

Limiti.

Le disposizioni di cui all'articolo precedente non si applicano in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici.

 

ARTICOLO N.36

Sublocazione e cessione del contratto di locazione.

Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

Le indennità previste dall'articolo 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.

 

ARTICOLO N.37

Successione nel contratto.

In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore alla apertura della successione, hanno diritto a continuarne l'attività.

In caso di separazione legale o consensuale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell'immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all'altro coniuge prima della separazione legale o consensuale ovvero prima dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti.

Nelle ipotesi di recesso del titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani o commercianti. In tal caso il locatore può opporsi alla successione nel contratto, per gravi motivi, con le modalità di cui all'articolo precedente.

 

ARTICOLO N.38

Diritto di prelazione.

Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.

Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli (1) .

Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Nel caso in cui l'immobile risulti locato a più persone, la comunicazione di cui al primo comma deve essere effettuata a ciascuna di esse.

Il diritto di prelazione può essere esercitato congiuntamente da tutti i conduttori, ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai rimanenti o dal rimanente conduttore.

L'avente titolo che, entro trenta giorni dalla notificazione di cui al primo comma, non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione, si considera avere rinunciato alla prelazione medesima.

Le norme del presente articolo non si applicano nelle ipotesi previste dall'articolo 732 del codice civile, per le quali la prelazione opera a favore dei coeredi, e nella ipotesi di trasferimento effettuato a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado.

(1) Vedi l'articolo 10 del D.L. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito in legge 28 febbraio 1992, n. 217.

 

ARTICOLO N.39

Diritto di riscatto.

Qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui all'articolo precedente, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.

Ove sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell'atto notificato con cui l'acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto.

Se per qualsiasi motivo, l'acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.

 

ARTICOLO N.40

Diritto di prelazione in caso di nuova locazione.

Il locatore che intende locare a terzi l'immobile, alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'articolo 28, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza.

Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto di locazione dovuti a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o ad una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, relative al conduttore medesimo.

Il conduttore ha diritto di prelazione se, nelle forme predette ed entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offra condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore.

Egli conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi.

 

ARTICOLO N.41

Norme applicabili.

Ai contratti previsti nell'articolo 27 si applicano le disposizioni degli articoli da 7 a 11.

Le disposizioni di cui agli articoli 38, 39 e 40 non si applicano ai rapporti di locazione di cui all'articolo 35.

 

ARTICOLO N.42

Destinazione degli immobili a particolari attività.

I contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sede di partiti o di sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, hanno la durata di cui al primo comma dell'articolo 27.

A tali contratti si applicano le disposizioni degli articoli 32 e 41, nonché le disposizioni processuali di cui al titolo I capo III, ed il preavviso per il rilascio di cui all'articolo 28 (1) .

(1) Vedi, anche l'articolo 15 bis del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94.

 


CAPO III
DISPOSIZIONI PROCESSUALI

ARTICOLO N.43

Art. 43.

[La domanda concernente controversie relative alla determinazione, all'aggiornamento e all'adeguamento del canone non può essere proposta se non è preceduta dalla domanda di conciliazione di cui all'articolo seguente.

L'improcedibilità è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L.4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.44

Art. 44.

[La domanda di conciliazione concernente la determinazione, l'aggiornamento e l'adeguamento del canone è presentata al giudice competente.

Il giudice convoca le parti, con comunicazione da effettuarsi a cura della cancelleria, per una udienza da tenersi non oltre quindici giorni dalla presentazione della domanda di conciliazione, per l'amichevole componimento della vertenza.

Se le parti si conciliano, viene redatto processo verbale sottoscritto dalle parti e dal giudice e depositato in cancelleria.

Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.

Se la conciliazione non riesce, il giudice ne dà atto nel verbale.

Nell'udienza di cui sopra il giudice può essere affiancato da due esperti, uno per ciascuna delle parti, che possono sceglierli anche nell'ambito delle organizzazioni di inquilini o di proprietari. Le parti possono partecipare all'udienza personalmente o a mezzo di procuratore speciale e possono farsi assistere dal difensore. ] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.45

Ricorso al giudice.

[Se il tentativo di conciliazione non riesce, o comunque decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda di cui all'articolo precedente, le parti possono chiedere al giudice la determinazione del canone.] (1)

[La controversia è di competenza del conciliatore qualora il canone di cui si chiede la determinazione, l'aggiornamento o l'adeguamento non sia superiore a L. 50.000 mensili; negli altri casi è di competenza del pretore.] (2)

[Le controversie relative alle opere di conservazione dell'immobile di cui all'art. 23, alle indennità di cui all'art. 34 e alla indennità per i miglioramenti di cui agli articoli 1592 del codice civile e 12 del regio decreto-legge 18 gennaio 1937, n. 975, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 1937, n. 2651, sono di competenza del pretore qualunque ne sia il valore.] (3)

[Sono nulle le clausole derogative dalla competenza per territorio.] (4)

In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente, quando il valore della causa non eccede lire 50.000 mensili nelle controversie aventi ad oggetto la determinazione, l'aggiornamento o l'adeguamento del canone, e lire 600.000 nelle controversie previste dal terzo comma (5).

Fino al termine del giudizio il conduttore è obbligato a corrispondere, salvo conguaglio, l'importo non contestato.

(1) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

(2) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

(3) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

(4) Comma abrogato dall’articolo 89, comma 3, della legge 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

(5) Comma sostituito dall’articolo 6, comma 6, della legge 30 luglio 1984, n. 399.

 

ARTICOLO N.46

Art. 46.

[ Il procedimento per le controversie di cui agli articoli 30 e 45, per tutto ciò che non è regolato dalla presente legge, è disciplinato dagli articoli 414, 415, 416, 417, commi secondo, terzo, quarto e quinto, 418, 419, 420, 421, comma primo, 422, 424, 429, commi primo e secondo, 430 del codice di procedura civile e dall'art. 431 dello stesso codice, in quanto applicabile. Si applica altresì l'art. 145 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.47

Art. 47.

[ Il giudice può disporre d'ufficio, in qualsiasi momento, l'ispezione dell'immobile e l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonchè la richiesta di informazioni, sia scritte sia orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti. ] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.48

Art. 48.

[Il pretore [o il conciliatore], quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda una delle controversie previste negli articoli 30 e 45, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'art. 420 del codice di procedura civile e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti di cancelleria (1).

[Qualora la causa non rientri nella rispettiva competenza per valore, il pretore o il conciliatore la rimette con ordinanza non impugnabile al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione.] (2)] (3)

(1) Comma modificato dall’articolo 6, comma 8, della legge 30 luglio 1984, n. 399.

(2) Comma modificato dall’articolo 6, comma 8, della legge 30 luglio 1984, n. 399.

(3) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.49

Passaggio dal rito speciale al rito ordinario

Art. 49.

[Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite nel presente capo riguarda una controversia diversa da quelle previste negli articoli 30 e 45, qualora la causa non rientri nella sua competenza, la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito ordinario.

In tal caso le prove acquisite avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.50

(Incompetenza del giudice).

Art. 50.

[Quando una causa relativa alle controversie di cui agli articoli 30 e 45 sia stata proposta dinanzi a giudice incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all'art. 416 del codice di procedura civile, ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di cui all'art. 420 dello stesso codice.

Quando l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.51

Art. 51.

[L'appello contro le sentenze del pretore nei processi relativi alle controversie previste negli articoli 30 e 45 si propone al tribunale (1).

Il procedimento di appello, per tutto ciò che non è regolato dalla presente legge, è disciplinato dagli articoli 434, 435, 436, 437, commi primo, secondo e terzo, 438, primo comma, del codice di procedura civile. È applicabile la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 429 dello stesso codice. ] (2)

(1) Comma sostituito dall’articolo 6, comma 9, della legge 30 luglio 1984, n. 399.

(2) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.52

Cambiamento del rito in appello

Art. 52.

[ Il giudice, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 48 e 49.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.53

Consulente tecnico in appello

Art. 53.

[Il giudice, nell'udienza di cui al primo comma dell'art. 437 del codice di procedura civile, può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre venti giorni.

Il consulente deve depositare il proprio parere non oltre dieci giorni prima della nuova udienza.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 89, l. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.54

Clausola compromissoria.

[È nulla la clausola con la quale le parti stabiliscono che le controversie relative alla determinazione del canone siano decise da arbitri.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431. Successivamente, il citato art. 89, L. 353/1990, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della L. 4 dicembre 1992, n. 477 ha disposto che la presente modifica decorra a partire del 2 gennaio 1994. Infine, il suddetto art. 89, L. 353/1990, come da ultimo modificato dall’articolo 3 del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni dalla L. 6 dicembre 1994, n. 673, ha disposto la decorrenza della presente modifica a partire dal 30 aprile 1995.

 

ARTICOLO N.55

Termine per il pagamento dei canoni scaduti.

La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.

Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta.

In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato.

La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.

Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto.

 

ARTICOLO N.56

Modalità per il rilascio (1) .

1. Con il provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, previa motivazione che tenga conto anche delle condizioni del conduttore comparate a quelle del locatore nonche' delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta, fissa la data dell'esecuzione entro il termine massimo di sei mesi ovvero, in casi eccezionali, di dodici mesi dalla data del provvedimento.

2. Nelle ipotesi di cui all' articolo 55 , per il caso in cui il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell'esecuzione non puo' essere fissata oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso per il pagamento.

3. Qualunque forma abbia il provvedimento di rilascio, il locatore e il conduttore possono, in qualsiasi momento e limitatamente alla data fissata per l'esecuzione, proporre al tribunale in composizione collegiale l'opposizione di cui all' articolo 6, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.

4. Trascorsa inutilmente la data fissata, il locatore promuove l'esecuzione ai sensi degli articoli 605 e seguenti del codice di procedura civile.

(1) Articolo sostituito dall'articolo 7 bis del D.L. 13 settembre 2004, n. 240.

 

ARTICOLO N.57

Esenzioni fiscali ed onorari professionali.

Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle controversie in materia di locazione il cui valore non eccede le lire 600.000, nonché i provvedimenti di cui all'articolo 44, sono esenti dall'imposta di bollo e di registro; negli stessi casi gli onorari di avvocato e procuratore sono ridotti alla metà.

È abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 6, l. 30 luglio 1984, n. 399. Vedi art. 19, l. 13 maggio 1999, n. 133.

 


TITOLO II
DISCIPLINA TRANSITORIA
CAPO I
CONTRATTI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE

ARTICOLO N.58

Durata dei contratti in corso soggetti a proroga.

I contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione e soggetti a proroga secondo la legislazione vigente si considerano prorogati ed hanno la durata prevista nell'articolo 1 con le seguenti decorrenze:

a) dal 1° gennaio 1979, per i contratti stipulati anteriormente al 31 dicembre 1952;

b) dal 1° luglio 1979, per i contratti stipulati fra il 1° gennaio 1953 ed il 7 novembre 1963;

c) dal 1° gennaio 1980, per i contratti stipulati dopo il 7 novembre 1963 (1) (2).

(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 59, n. 1, 65 della medesima legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nn. 2, 3, 6 e 8 in combinato diposto con gli articoli 58, 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Con la medesima sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59nn. 4, 5 e 7 nonché 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato articolo 59, nn. 4, 5 e 7 dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

 

ARTICOLO N.59

Recesso del locatore.

Nei casi di cui all'articolo precedente il locatore può recedere in ogni momento dal contratto dandone comunicazione al conduttore mediante lettera raccomandata e con un preavviso di almeno sei mesi:

1) quando abbia la necessità, verificatasi dopo la costituzione del rapporto locatizio, di destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge o dei parenti in linea retta entro il secondo grado;

2) quando, volendo disporre dell'immobile per abitazione propria, del coniuge o dei propri parenti in linea retta fino al secondo grado oppure quando, trattandosi di ente pubblico o comunque con finalità pubbliche sociali, mutualistiche, cooperativistiche, assistenziali o di culto che voglia disporre dell'immobile per l'esercizio delle proprie funzioni, offra al conduttore altro immobile idoneo per cui sia dovuto un canone di locazione proporzionato alle condizioni del conduttore medesimo e comunque non superiore del 20 per cento al canone del precedente immobile e assuma a suo carico le spese di trasloco. Quando l'opposizione del conduttore all'azione del locatore risulti infondata, questi potrà essere esonerato dalle spese di trasloco;

3) quando l'immobile locato sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore impedisca di compiere gli indispensabili lavori;

4) quando il proprietario intenda demolire o trasformare notevolmente l'immobile locato per eseguire nuove costruzioni o, trattandosi di appartamento sito all'ultimo piano, quando intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge, e per eseguire sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'appartamento stesso;

5) quando l'immobile locato sia di interesse artistico o storico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, nel caso in cui la competente sovraintendenza riconosca necessario ed urgente che si proceda a riparazioni o restauri, la cui esecuzione sia resa impossibile dallo stato di occupazione dell'immobile;

6) quando il conduttore può disporre di altra abitazione idonea alle proprie esigenze familiari nello stesso comune ovvero in un comune confinante;

7) quando il conduttore, avendo sublocato parzialmente l'immobile, non lo occupa nemmeno in parte, con continuità. Si presume l'esistenza della sublocazione quando l'immobile risulta occupato da persone che non sono alle dipendenze del conduttore o che non sono a questo legate da vincoli di parentela o di affinità entro il quarto grado, salvo che si tratti di ospiti transitori. La presunzione non si applica nei confronti delle persone che si sono trasferite nell'immobile assieme al conduttore;

8) quando il conduttore non occupa continuativamente l'immobile senza giustificato motivo.

Nelle ipotesi di cui ai numeri 4) e 5) del precedente comma, il possesso della licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio. Gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella lettera c) dell'articolo 29.

Alla procedura per il rilascio dell'immobile si applicano le norme di cui ai precedenti articoli 30 e 56 (1) (2).

(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 58, 65 della medesima legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 2, 3, 6 e 8 nonché 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Con la medesima sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 4, 5 e 7 nonché 65della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato articolo 59, nn. 4, 5 e 7 dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

 

ARTICOLO N.60

Ripristino del rapporto e risarcimento del danno.

[Il provvedimento che dispone il rilascio dell'immobile in conseguenza dell'esercizio da parte del locatore del diritto di recesso, perde efficacia se il locatore, nel termine di sei mesi da quando ha riacquistato la disponibilità dell'immobile, non lo adibisca all'uso per il quale aveva agito ovvero, nei casi di cui ai numeri 3), 4) e 5) dell'art. 59, non inizi, nel suddetto termine, i lavori per i quali è stata rilasciata licenza o concessione.

Il conduttore ha diritto, nei confronti del locatore e dei suoi aventi causa, al ripristino del contratto di locazione, salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero a sua scelta al risarcimento del danno da determinarsi dal giudice in misura non inferiore a 12 e non superiore a 48 mensilità del canone, oltre ad un equo indennizzo per le spese di trasloco.

Il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento, ordina al locatore il pagamento di una somma da L. 500.000 a L. 2.000.000 da devolvere al comune nel cui territorio è sito l'immobile, ad integrazione del fondo sociale di cui al titolo III della presente legge.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.61

Acquirente dell'immobile locato.

[La facoltà di recesso nel caso previsto dal n. 1) dell'art. 59 non può essere esercitata da chi ha acquistato l'immobile per atto tra vivi finchè non siano decorsi almeno due anni dalla data dell'acquisto.

Il termine è ridotto ad un anno se nei confronti dell'acquirente è in corso un procedimento di rilascio non dovuto a morosità ovvero se l'acquirente è cittadino emigrato in un paese straniero in qualità di lavoratore e intenda rientrare in Italia per risiedervi stabilmente.

Quando l'immobile è stato donato a causa di matrimonio o costituito in fondo patrimoniale e il matrimonio sia stato celebrato, il termine di cui al primo comma si computa dal giorno in cui il dante causa ha acquistato il diritto sull'immobile.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.62

Canone dei contratti soggetti a proroga.

[Il canone di cui agli articoli 12 e 24 si applica ai contratti previsti nell'art. 58 dall'inizio del sesto anno a decorrere dalla entrata in vigore della presente legge ed il canone è adeguato in relazione all'eventuale mutamento degli elementi di cui agli articoli 13 e 15.

Fino alla data suddetta il canone di locazione corrisposto dal conduttore, calcolato al netto degli oneri accessori, può essere aumentato a richiesta del locatore, a decorrere dal primo giorno del quarto mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, nella misura del 20% all'anno per i primi due anni e del 15% all'anno per gli anni successivi della differenza risultante tra il canone definito ai sensi dell'art. 12 ed il canone attualmente corrisposto.

Se il canone attualmente corrisposto è superiore a quello definito ai sensi dell'art. 12 si applicano le disposizioni dello stesso art. 12 e quelle dell'art. 24 a partire dal primo giorno del quarto mese successivo alla entrata in vigore della presente legge.

Ove alcuni parametri, coefficienti o altri elementi necessari per la determinazione del canone a norma dell'art. 12 non siano noti in tempo utile, gli adeguamenti del canone di locazione di cui ai precedenti commi si applicano tenendo conto di tutti gli altri elementi noti, salvo i conguagli che decorreranno in ogni caso dalle date di cui ai commi precedenti.

Le parti possono liberamente concordare modalità diverse sempre che il canone definito non superi quello risultante dall'applicazione degli articoli 12 e 24.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.63

Aggiornamento del canone dei contratti in corso soggetti a proroga.

[Per i primi due anni a decorrere dalla entrata in vigore della presente legge il canone di locazione relativo ai contratti previsti nell'art. 58 non è aggiornato per gli effetti di cui all'art. 24.

Dall'inizio del terzo anno il canone di locazione è aggiornato in base alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nell'anno precedente.

Se le variazioni sono in aumento, di esse si applica soltanto:

il 20% dall'inizio del terzo anno;

il 40% dall'inizio del quarto anno;

il 60% dall'inizio del quinto anno;

il 75% dall'inizio del sesto anno.

In ogni caso con l'integrale applicazione dell'equo canone l'aggiornamento di cui all'art. 24 si applica nella intera misura ivi prevista.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.64

Particolari contratti soggetti a proroga.

[Ai contratti di locazione di cui all'art. 26, comma primo, lettera d ) e comma secondo, soggetti a proroga secondo la legislazione vigente, si applicano per la durata le disposizioni dell'art. 58.

Fino al termine di tale durata il canone può essere modificato a richiesta del locatore mediante aggiornamento annuale, in base al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nell'anno precedente.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.65

Contratti in corso non soggetti a proroga.

[Le disposizioni degli articoli 1 e 3 si applicano anche ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e non soggetti a proroga, detraendosi, per la determinazione della durata prevista all'art. 1, il tempo già trascorso dall'inizio della locazione o, in caso di intervenuto rinnovo contrattuale, dalla data di esso.

La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è in corso procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione.

Il canone di cui agli articoli 12 e 24 si applica ai contratti di cui al presente articolo a partire dall'inizio del secondo anno a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, ed il canone è adeguato in relazione all'eventuale mutamento degli elementi di cui agli articoli 13 e 15.

Fino alla data suddetta il canone di locazione corrisposto dal conduttore, calcolato al netto degli oneri accessori, può essere aumentato su richiesta del locatore a decorrere dal primo giorno del quarto mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge nella misura del 50% della differenza risultante fra il canone definito ai sensi dell'art. 12 ed il canone attualmente corrisposto.

Se il canone attualmente corrisposto è superiore a quello definito ai sensi dell'art. 12 si applicano le disposizioni dello stesso art. 12 e quelle dell'art. 24 a partire dal primo giorno del quarto mese successivo all'entrata in vigore della presente legge.

Ai contratti di locazione di cui all'art. 26, comma primo, lettera d ) e comma secondo, non soggetti a proroga, si applicano le disposizioni di cui ai commi primo e secondo del presente articolo. Fino alla scadenza di cui al primo comma il canone può essere modificato, su richiesta del locatore, soltanto mediante aggiornamento annuale, in base al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente (1) (2).] (3)

(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, dichiara l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 58 E 59, n. 1 della medesima legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo in combinato diposto con gli articoli 58 , 59 nn. 2, 3, 6 e 8 della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Con la medesima sentenza, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58 , 59 nn. 4, 5 e 7 nonché 65 della presente legge, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato articolo 59, nn. 4, 5 e 7 dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

(3) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.66

Oneri accessori conglobati nel canone.

[Gli oneri accessori che, nei rapporti in corso, siano stati posti a carico del conduttore e conglobati nel canone, non possono essere computati in misura superiore al 10% del canone pattuito qualora il contraente interessato non ne provi l'importo effettivo.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 


CAPO II
CONTRATTI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE

ARTICOLO N.67

Contratti in corso soggetti a proroga.

I contratti di locazione di cui all'art. 27 in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge e soggetti a proroga secondo la legislazione vigente si considerano prorogati ed hanno la seguente durata:

a ) anni 4, i contratti stipulati prima del 31 dicembre 1964 (1);

b ) anni 5, i contratti stipulati tra il 1° gennaio 1965 ed il 31 dicembre 1973 (2);

c ) anni 6, i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 1973 (3).

La durata di cui sopra decorre dal giorno e dal mese, successivi alla entrata in vigore della presente legge, corrispondenti a quelli di scadenza previsti nel contratto di locazione; ove tale determinazione non sia possibile, dallo stesso giorno di entrata in vigore della presente legge.

È in facoltà delle parti di stipulare anche prima della scadenza sopra prevista un nuovo contratto di locazione secondo le disposizioni del capo III, titolo I, della presente legge.

(1) A norma dell’articolo 15-bis, comma 1, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, le scadenze dei contratti di cui alla presente lettera, sono ulteriormente prorogate di due anni. Vedi inoltre articolo 15-bis, comma 1, del medesimo Decreto legge. Successivamente, a norma dell’articolo 2, comma 1, della legge 25 luglio 1984, n. 377, sono prorogate sino al 31 dicembre 1984. Da ultimo, sono prorogate fino all'entrata in vigore della nuova disciplina in materia di locazione degli immobili adibiti ad uso diverso dell'abitazione e, comunque, non oltre il 30 giugno 1985 dall’articolo 1, comma 8, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12.

(2) A norma dell’articolo articolo 15-bis, comma 1, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9le scadenze dei contratti di cui alla presente lettera, sono ulteriormente prorogate di due anni. Vedi inoltre articolo 15-bis, comma 1, del medesimo Decreto legge.

(3) A norma dell’articolo articolo 15-bis, comma 1, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9le scadenze dei contratti di cui alla presente lettera, sono ulteriormente prorogate di due anni. Vedi inoltre articolo 15-bis, comma 1, del medesimo Decreto legge.

 

ARTICOLO N.68

Aumenti del canone.

Nei contratti di locazione o sublocazione di cui al precedente articolo il canone corrisposto dal conduttore, calcolato al netto degli oneri accessori, può essere a richiesta del locatore, aumentato a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge per il restante periodo di durata del contratto, nelle misure seguenti:

1) non superiore al 15 per cento all'anno, per i contratti stipulati anteriormente al 31 dicembre 1964;

2) non superiore al 10 per cento all'anno per i contratti stipulati fra il 1° gennaio 1965 ed il 31 dicembre 1973;

3) non superiore al 5 per cento all'anno per i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 1973.

 

ARTICOLO N.69

Diritto di prelazione in caso di nuova locazione e indennità per l'avviamento commerciale.

Nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, di cui agli articoli 67 e 71 della presente legge, il locatore comunica, mediante raccomandata con avviso di ricevimento da inviarsi entro il 28 febbraio 1987, se ed a quali condizioni intende proseguire la locazione ovvero le condizioni offerte da terzi per la locazione dell'immobile.

L'obbligo ricorre anche quando il locatore non intende proseguire nella locazione per i motivi indicati all'art. 29.

Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato al locatore che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto per inadempimento o recesso del conduttore o qualora sia in corso una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, a carico del conduttore medesimo.

Il conduttore deve rendere noto al locatore, entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al primo comma, se intende proseguire la locazione alle nuove condizioni.

Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. Egli conserva tale diritto anche nell'ipotesi di cui al quarto comma dell'art. 40.

Il conduttore, se non accetta le condizioni offerte dal locatore ovvero non esercita la prelazione, ha diritto ad un compenso pari a 24 mensilità, ovvero a trenta per le locazioni con destinazione alberghiera, del canone richiesto dal locatore od offerto dal terzo.

Se il locatore non intende proseguire nella locazione il conduttore può, entro trenta giorni dalla comunicazione del locatore o in mancanza di questa, se dovuta, dalla scadenza del termine di cui al primo comma, offrire un nuovo canone, impegnandosi a costituire, all'atto del rinnovo e per la durata del contratto, una polizza assicurativa oppure una fidejussione bancaria per una somma pari a 12 mensilità del canone offerto.

Se il locatore non intende proseguire nella locazione sulla base delle condizioni offerte, al conduttore è dovuta l'indennità per l'avviamento commerciale nella misura di 24 mensilità, ovvero di 30 per le locazioni con destinazione alberghiera, del canone offerto ai sensi del comma precedente.

In mancanza dell'offerta del nuovo canone da parte del conduttore nonché nei casi di rilascio dell'immobile per i motivi di cui all'art. 29 salvo quelli di cui al primo comma, lettera a ), è dovuta l'indennità per avviamento commerciale nella misura di 21 mensilità, ovvero di 25 per le locazioni con destinazione alberghiera, del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche. In caso di rilascio dell'immobile per i motivi di cui all'art. 29, primo comma, lettera a ), la predetta indennità è calcolata con riferimento al canone corrisposto. L'indennità dovuta è complessivamente di 24 mensilità, ovvero di 32 per le locazioni con destinazione alberghiera, nei casi di cui al secondo comma dell'art. 34.

L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata all'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui ai precedenti commi sesto, ottavo e nono.

Per i contratti di cui agli articoli 67 e 71 le disposizioni del presente articolo sono sostitutive di quelle degli articoli 34 e 40.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività di cui all'art. 27, primo comma, che non comportano contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, di attività professionali e di attività di cui all'art. 42. In tali casi, il compenso spettante al conduttore ai sensi dei precedenti commi sesto, ottavo e nono, è limitato a dodici mensilità. Il compenso non è dovuto qualora il locatore intenda ottenere la disponibilità dell'immobile per i motivi di cui all'art. 29 (1) (2) (3).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 5 ottobre 1983, n. 300 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto del comma 7, nella versione precedente a quella attuale e l’articolo 73 nella parte in cui - relativamente alle ipotesi di recesso del locatore dai contratti disciplinati dall'art. 67 stessa legge 27 luglio 1978, n. 392, motivate con la sopravvenuta necessità di adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti in linea retta entro il secondo grado - prevede che l'indennità per l'avviamento commerciale dovuta al conduttore sia determinata sulla base del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche, anzichè con riferimento all'ultimo canone corrisposto.

(2) Articolo sostituito dall’articolo 1, comma 9-bis, del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12 , convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118 e, successivamente, dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 9 dicembre 1986, n. 832 conv. in l. 6 febbraio 1987, n. 15.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 3 giugno 1992, n. 242, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede che l'obbligo del locatore di corrispondere al conduttore la indennità per l'avviamento commerciale non ricorre quando causa di cessazione del rapporto è un provvedimento della pubblica amministrazione che esclude indefinitamente la utilizzazione economica dell'immobile.

 

ARTICOLO N.70

Immobili destinati a particolari attività soggetti a proroga.

Ai contratti di locazione di cui all'articolo 42si applicano le disposizioni degliarticoli 67 e 68.

 

ARTICOLO N.71

Contratti in corso non soggetti a proroga.

Le disposizioni degli articoli 27 e 42, primo comma, si applicano anche in contratti in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge e non soggetti a proroga legale, detraendosi, per la determinazione della durata prevista in detta disposizione, il periodo di locazione già trascorso dall'inizio della locazione o, in caso di intervenuto rinnovo contrattuale, dalla data di esso.

La durata non può comunque essere inferiore a due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai contratti di cui sopra per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è in corso procedimento per convalida di licenza o di sfratto.

Il canone potrà essere aggiornato annualmente su richiesta del locatore dal giorno della scadenza contrattualmente prevista, in base al 75 per cento della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nell'anno precedente.

 

ARTICOLO N.72

Mutamento della destinazione.

I nuovi contratti di locazione di immobili il cui uso venga mutato da quello preesistente di abitazione non possono prevedere, per un periodo di quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un canone superiore a quello di cui agli articoli 12 e 24, tranne che siano intervenute radicali trasformazioni dell'immobile stesso autorizzate ai sensi delle vigenti leggi.

 

ARTICOLO N.73

Norme applicabili.

Per i contratti previsti negli articoli 67 , 70 e ferme restando le scadenze convenzionali, nell'articolo 71, il locatore può recedere in base ai motivi di cui all'articolo 29 e con il preavviso di cui all'articolo 59 . Nei casi previsti dalle lettere a), e b) dell'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo 29 tale facoltà è riconosciuta soltanto ove ricorra la necessità del locatore o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, verificatasi dopo la costituzione del rapporto locatizio. Si applicano le disposizioni degli articoli 30 e 31 e degli articoli da 35a 39, nonché quelli dell'articolo 69 , settimo, ottavo e nono comma (1) (2) (3).

(1) Articolo modificato dall'art. 1-bis, d.l. 30 gennaio 1979, n. 21, conv. in l. 31 marzo 1979, n. 93.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 5 ottobre 1983, n. 300, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui, relativamente alle ipotesi di recesso del locatore dai contratti disciplinati dall'art. 67, motivate con la sopravvenuta necessità di adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei propri parenti in linea retta entro il secondo grado, prevede che l'indennità per l'avviamento commerciale dovuta al conduttore sia determinata sulla base del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche, anziché con riferimento all'ultimo canone corrisposto.

(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 10 dicembre 1987, n. 562, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non richiama espressamente l'obbligo di corrispondere l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale di cui all'art. 69, settimo, ottavo e nono comma, di questa legge nel testo originario.

 


CAPO III
DISPOSIZIONI PROCESSUALI

ARTICOLO N.74

Rinvio.

Le disposizioni degli articoli da 43 a 57 sono applicabili alle locazioni previste nei capi I e II del presente titolo.

 


TITOLO III
FONDO SOCIALE

ARTICOLO N.75

Istituzione del fondo sociale.

[Presso il Ministero del tesoro è istituito un fondo sociale per l'integrazione dei canoni di locazione per i conduttori meno abbienti.

Tale fondo è costituito da un conto corrente infruttifero sul quale le regioni potranno prelevare le cifre messe a disposizione secondo le modalità di cui agli articoli seguenti.

Il Ministro del bilancio riunisce annualmente la commissione interregionale di cui alla legge 16 maggio 1970, n. 281, e sottopone ad essa una proposta di ripartizione per regione della somma disponibile. Le proposte del Ministro e il parere della commissione sono rimesse al CIPE per le decisioni definitive.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.76

Ripartizione del fondo.

[Le regioni, con provvedimento del consiglio regionale, decidono entro un mese dalla ripartizione dei fondi, le modalità di distribuzione tra i vari comuni tenendo conto delle esigenze esistenti in ciascuno di essi. Le somme così ripartite devono servire a concorrere al pagamento degli aumenti del canone di locazione per i conduttori meno abbienti.

Di norma i comuni, nell'ambito degli stanziamenti assegnati, destineranno le somme secondo i seguenti criteri:

a ) il reddito annuo complessivo, riferito alla somma dei redditi imputati al conduttore ed alle altre persone con lui abitualmente conviventi, non sia superiore complessivamente all'importo di due pensioni minime INPS per la generalità dei lavoratori per nuclei familiari costituiti da uno o due componenti;

b ) al momento dell'entrata in vigore della presente legge, i conduttori siano intestatari del contratto di affitto dell'alloggio, che, per ubicazione, tipologia e superficie, deve essere strettamente necessario alle esigenze del conduttore e delle persone con lui abitualmente conviventi;

c ) i conduttori abbiano ricevuto, per effetto dell'entrata in vigore della presente legge, richiesta di aumento del canone di locazione attualmente corrisposto.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.77

Integrazione del canone.

[L'integrazione del canone di locazione consisterà nella corresponsione di un contributo annuo non superiore all'80% dell'aumento del canone di locazione conseguente all'applicazione dell'equo canone, secondo l'entità e le modalità definite dalla presente legge.

Il contributo di cui al comma precedente non può in ogni caso essere superiore alla somma annua di L. 200.000.

Ai conduttori che usufruiscono del contributo integrativo è fatto divieto di procedere alla sublocazione dell'immobile locato a pena di decadenza dal contributo medesimo.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.78

Copertura finanziaria.

[La spesa di L. 240 miliardi derivante dall'applicazione del presente titolo sarà iscritta nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro in ragione di L. 15 miliardi nell'anno 1978, di L. 25 miliardi nell'anno 1979, di L. 35 miliardi nell'anno 1980, di L. 45 miliardi nell'anno 1981, di L. 55 miliardi nell'anno 1982 e di L. 65 miliardi nell'anno 1983.

All'onere di L. 15 miliardi relativo all'anno finanziario 1978 si provvede con corrispondente riduzione del fondo speciale iscritto al capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.

Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 


TITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI

ARTICOLO N.79

Patti contrari alla legge.

[È nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge.

Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge] (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431, limitatamente alle locazioni abitative.

 

ARTICOLO N.80

Uso diverso da quello pattuito.

Se il conduttore adibisce l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione (1).

Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile. Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, limitatamente alle parole "e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione".

 

ARTICOLO N.81

Pubblicazione dei dati ISTAT nella Gazzetta Ufficiale.

Le variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall'ISTAT sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

ARTICOLO N.82

Giudizi in corso.

Ai giudizi in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le leggi precedenti.

 

ARTICOLO N.83

Relazione al Parlamento.

[Il Ministro di grazia e giustizia, di concerto col Ministro dei lavori pubblici, ogni anno, a decorrere da quello successivo all'entrata in vigore della presente legge, presenta al Parlamento, entro il 31 marzo, una relazione sulla applicazione del nuovo regime delle locazioni, che consenta di valutarne tutti gli effetti, ai fini di ogni necessaria e tempestiva modificazione della presente legge.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'art. 14, l. 9 dicembre 1998, n. 431.

 

ARTICOLO N.84

Abrogazione.

Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.

 

ARTICOLO N.85

Entrata in vigore.

La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 

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I contratti di convivenza: il recente approdo del legislatore

Nel panorama legislativo italiano, si segnala il recente intervento normativo – invero lungamente atteso e molto dibattuto – di disciplina delle unioni civili e dei rapporti patrimoniali fra conviventi di fatto, per rapporti fra soggetti di sesso diverso. È stata infatti approvata dalla Camera la legge...

Nel panorama legislativo italiano, si segnala il recente intervento normativo – invero lungamente atteso e molto dibattuto – di disciplina delle unioni civili e dei rapporti patrimoniali fra conviventi di fatto, per rapporti fra soggetti di sesso diverso. È stata infatti approvata dalla Camera la legge n. 76 del 20 maggio 2016, in vigore dal 5 giugno 2016, rubricata emblematicamente “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”: sulla scorta del recente approdo del legislatore sono stati, quindi, introdotti nel nostro ordinamento sia le unioni civili, quali formazioni sociali cui dare specifico rilievo e tutela, sia le convivenze di fatto, dapprima solo giurisprudenzialmente regolate nei loro effetti. Il primo istituto summenzionato riguarda solo ed esclusivamente le persone dello stesso sesso, mentre la convivenza di fatto può materialmente aversi anche con riguardo ad una coppia eterosessuale, che decide in autonomia di non contrarre matrimonio. Con il termine “convivenza di fatto” o “famiglia di fatto” si è storicamente indicata l’unione di due persone, anche same sex, non fondata sul matrimonio, ma comunque meritevole di tutela sociale ex art. 2 Cost. se caratterizzata da una tendenziale stabilità affettiva e di dimora, da una comunanza di interessi e da una reciproca assistenza morale e materiale. Sulla scorta di tali requisiti – fino ad oggi valorizzati solo da accorta giurisprudenza – il legislatore ha inteso fornire un’ampia regolamentazione del fenomeno de quo, attribuendo a ciascun convivente una serie di diritti valevoli sia nei confronti dell’altro convivente, sia nei confronti dei terzi. Ad oggi, è una convivenza giuridicamente rilevante il rapporto che si instaura tra due persone maggiorenni (eterosessuali o omosessuali), unite stabilmente da legali affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, nonché coabitanti e dimoranti abitualmente nello stesso comune. Tale ultimo requisito si rende necessario al fine di accertare la convivenza stessa, di per sé scevra di qualsivoglia formalizzazione. Vengono finalmente estesi, in virtù del succitato intervento normativo del 2016, anche ai conviventi di fatto, alcuni dei diritti e delle prerogative che la legge riconduceva solo ai coniugi, come ad esempio il diritto di visita, assistenza ed accesso alle informazioni personali in caso di ricovero o malattia, o ancora il diritto di prendere, in caso di incapacità, decisioni per l’altro in materia di salute o post mortem. Cambia anche il fascio di diritti e prerogative sulla casa di abitazione: in caso di morte del convivente proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni, elevati a tre nel caso in cui nella stessa casa coabitino figli minori o disabili del convivente superstite. Ma non solo: novità si registrano, in positivo, anche con riguardo al regime delle locazioni, delle assegnazioni di alloggi di edilizia popolare, di partecipazione ad un’impresa familiare, in analogia ai diritti spettanti ai coniugi. In caso di cessazione della convivenza di fatto, al convivente, sulla base dei presupposti ex art. 438 c.c., possono essere concessi e riconosciuti giuridicamente anche gli alimenti.

Affinché i conviventi possano disciplinare in via programmatica i loro rapporti patrimoniali, la legge n. 76/2016 ha previsto la sottoscrizione di un apposito contratto, definito appunto “contratto (o patto) di convivenza”, da redigere in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico. Di tale contratto viene trasmessa copia al Comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai sensi del regolamento di cui al d.p.r. n. 223 del 1989.

Il contratto di convivenza è nullo se concluso:

  1. in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di altro contratto di convivenza;
  2. fra soggetti  che non hanno instaurato una convivenza avente i requisiti stabiliti dalla legge;
  3. da minori o da interdetti;
  4. da chi è stato condannato per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altro convivente, ex art. 88 c.c.

Il contenuto del contratto di convivenza può essere vario, in quanto deve rispecchiare le esigenze delle parti: può essere indicato il luogo scelto come residenza comune, possono essere precisate le modalità di contribuzione che ciascun convivente accetta di apportare per far fronte alle necessità della vita in comune, può essere indicato il regime patrimoniale della comunione dei beni. Non può, invece, integrare il contenuto del suddetto accordo alcuna pattuizione inerente il rapporto personale dei conviventi. Il contratto – al quale non devono apporsi termini o condizioni di validità – si risolve per accordo delle parti, recesso unilaterale a mezzo di dichiarazione ricevuta da notaio o autenticata da notaio o avvocato, intervenuto matrimonio o unione civile, morte di uno dei contraenti. In tali casi, si scioglie – laddove prevista dalle parti – anche la comunione dei beni, con gli effetti all’uopo previsti dal codice civile, nei limiti di compatibilità di disciplina.

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